#insomma fasci
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Complottisti senza se e senza "ma fascisti"
L'attuale governo, con una solida maggioranza e mai aver avuto l'intenzione di "aprire la scatoletta di tonno" o cambiare il sistema, si è allineata alle solite cose imprescindibili, per cui basta dire sostanzialmente siamo ancora l'Italia di Gladio e si è lanciato in una serie di minchiate per coprire il suo totale disinteresse se non il dolo nei confronti dei problemi del paese, dando fondo alla solita retorica dell'ENORME EMERGENZA SOSTITUZIONE ETNICA PER COLPA DELLA TEORIA GENDER e altre fregnacce (grilli, ristoranti italiani certificati, via rasella, lotta a rave e forestierismi...).
Ovviamente gli "woke fasci", i no-vax, no-euro e compagnia cantante, sono rimasti un po' delusi dal fatto che non si sia diventati una colonia della Russia, non si siano spediti gli omosessuali nei campi di concentramento, non si siano affondati barconi e Speranza non sia stato messo al muro come collaborazionista degli alieni.
Il fascismo è stato si in parte una "novità", ma non è di certo stato rivoluzionario per quanto questo facesse parte della sua retorica.
E ovviamente gli "woke fasci", quelli che hanno preso la pillolina del colore giusto, non potevano che notare metà del problema (consciamente o inconsciamente o ipocritamente), che Meloni non si è distaccata poi tanto dalla linea dei governi precedenti (condoni, tassazione iniqua, repressione del dissenso, precarizazione, retorica filo imprenditoriale...) euro, atlantismo, niente lotta a "Soros"...
L'altra metà è che non ha mai smesso di propagandare un modello del mondo fascio e folle ma che a loro piace un sacco.
E quindi si insomma alla fine non si fanno scappare l'occasione per farci sapere che questa Meloni non è poi così male.
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Ancora più bello e simbolico il fatto che il francese preferito del capitano argentino sia una persona nera
lo è davvero perché vedo che tante narrazioni passano da questo...molti fasci in italia hanno celebrato l'argentina perché è una nazionale "bianca" (come se i migranti italiani, bianchi che fossero, non partivano sui piroscafi con stracci e valigie di cartone letteralmente) contro la nazionale francese "dove i bianchi sono una minoranza" (che poi se vai a vedere anche i bianchi in nazionale, praticamente gli unici a non avere radici miste riconosciute sono rabiot e pavard lol, ma quando si tratta di bianchi il problema non si pone ovviamente). Una narrazione veramente strana che s'è venuta a creare, e di contro c'è questa idea del popolo argentino razzista che sta diventando forse una sorta di pregiudizio culturale in misura collettiva, al netto che purtroppo sono un paese in recessione che ha appena votato un folle fascio al potere, ma non dissimilmente da noi e tanti altri paesi........
insomma, i nostri per il calcio e per il sociale 💖
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Tutti fasci 329
‘gnazio ha chiesto scusa, sì scusa un cazzo! Come può un presidente del Senato della Repubblica confondere un plotone di ss altoatesine (o tirolesi meridionali a seconda) con i Pooh che, poveretti, hanno dato addio alle scene e, a tutti gli effetti, sono musicisti in pensione. Insomma per rimediare alla mala parata della sua camerata giorgina merdoni, questo fascio di lungo corso ha fatto una…
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Non sono fascisti ma...
Qua non si tratta più di insistere a cercare di far capire a ⅓ degli italiani che il governo è costituito dalla peggior risma di fasci, che all'occasione buona ricostituirebbero i tribunali speciali e andrebbe in giro a menare e ammazzare gli oppositori politici.
⅓ degli italiani forse è convinto che questi siano metodi con cui alla fine si fanno anche "le cose buone".
E che insomma le accise non le hanno ancora tolte perchè non hanno i "pieni poteri" (Salvini 9/8/2019 o...
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IL CALCIO HA BISOGNO DEL RAZZISMO Troppo fascismo negli stadi per mettersi in ginocchio di Raffaele Crocco L’unica cosa da evitare è stupirci. Se i calciatori della nazionale italiana non si inginocchiano per aderire al Black Lives Matter contro il razzismo non dobbiamo stupirci. Lo stupore, anzi, lo dobbiamo ai cinque che nel giorno di Italia – Galles hanno deciso di farlo, di inginocchiarsi, nonostante la non posizione della nostra Federazione e l’ipocrita frase “sono scelte individuali” espressa qualche giorno prima in conferenza stampa da alcuni calciatori azzurri. Quei cinque - Toloi, Emerson Palmieri, Pessina, Bernardeschi e Belotti – hanno avuto molto più coraggio di quanto si creda. Perché la ragione per cui la nostra nazionale, esattamente come quelle dell’Est Europa, non aderisce alla campagna, è semplice: il tifo nel calcio italiano è in mano ai fascisti. Lo è da sempre, lo è da decenni. Si fa finta di nulla o si dice: sono una minoranza. Non è così. In Italia è fascista il tifo che interessa alle società, cioè il tifo organizzato, quello che – sottobanco – gestisce gli appalti delle pulizie o della vendita di bibite negli stadi, la prevendita dei biglietti, il merchandising. Insomma: la tifoseria organizzata – e fascista – è quella aiuta le società di calcio a fare soldi. Le società, quindi, queste tifoserie le coccolano, minimizzando le questioni sociali e politiche. Certamente non vogliono rendersele nemiche. Lo stesso vale per i calciatori, che sanno benissimo quanto sia difficile la vita di chi si fa arrabbiare i tifosi. E se i tifosi sono fascisti e razzisti – come lo sono la gran parte dei tifosi organizzati italiani – meglio stare in piedi all’inizio della partita e non aderire alla campagna antirazzista. Perché negli stadi italiani il fascismo – con braccia alzate, fasci littori e svastiche, nomi evocativi – è di casa. Ed è di casa, inevitabilmente, il razzismo. Lo abbiamo dimenticato? Si lo abbiamo dimenticato. E allora è meglio ricordare. Nell’ottobre del 2017, i tifosi laziali per offendere i romanisti crearono adesivi con l’immagine di Anna Frank in maglia giallorossa. Qualche anno prima, i tifosi dell’Hellas Verona – si chiamano Brigate Gialloblu in memoria delle Brigate Nere – impedirono alla società di acquistare un giocatore perché nero. I “buu, buu” per imitare le scimmie e le banane lanciate in campo nei confronti di giocatori africani o semplicemente neri si sprecano. Così come le braccia alzate nel saluto romano. I nomi dei gruppi la dicono lunga. Delle Brigate Gialloblu – da sempre vero bacino elettorale per tutta l’estrema destra fascista veronese – abbiamo detto. Ma a Verona esistono anche il Verona front, la Gioventù scaligera, tutte tifoserie storicamente collegate con i bonehead inglesi del Chelsea. A Roma, i tifosi laziali hanno legami con gruppi fascisti di tutta Europa: gli Ultras Sur del Real Madrid, i polacchi del Wisla Cracovia e gli ungheresi del Levski Sofia. Il viaggio prosegue con la Juventus: il Viminale vigila sui gemellaggi con il Legia Varsavia e il Den Haag, dichiaratamente antisemiti. Nell’Inter, dagli skinhead agli irriducibili, la tifoseria nerazzurra è una roccaforte del tifo fascista lombardo. Azione skinhead era strettamente legata prima con gli Skins e poi ai Boys San dell'Inter , dove l'acronimo San si riferisce alle Squadre d’azione di Benito Mussolini. Attualmente è il gruppo degli Irriducibili ad aver raccolto il maggior numero di esponenti dell'estremismo Skin88 legato al tifo interista. Giusto per ricordare: 88 è il numero simbolo di Adolf Hitler. Tornando a Torino, nella tifoseria della seconda squadra della città – il Torino appunto - diversi gruppi ospitano frange neonaziste. Tra questi, i Granata korps e Viking. A Chieti, la tifoseria ospita in curva gli Ultras, gli Sconvolts, i Fedayn e i Viking. Questo il quadro. Potremmo proseguire con squadre di Puglia, Calabria, Sicilia. Secondo le fonti del ministero degli Interni sono 85 le tifoserie di destra o estrema destra fascista negli stadi italiani. Sono vere e proprie organizzazioni gerarchizzate, con capi che hanno rapporti stretti e quasi sempre di affari con le società. Nel 2019, un’inchiesta della procura di Torino sui rapporti fra tifosi e Juventus raccoglieva la testimonianza di un ex dirigente, Francesco Calvo. «Il compromesso è questo – spiegava ai giudici -: per garantire una partita sicura, cedevo sul numero di biglietti, sapendo bene che facevano business. Ho ritenuto che una mediazione con il tifo organizzato fosse comunque una soluzione buona per tutti». Il rapporto è stretto, il legame è quasi mortale. Le società di calcio italiane non possono inimicarsi le tifoserie e i calciatori non possono sfidare il pubblico. Se le tifoserie sono razziste – come la maggior parte di quelle organizzate italiane – è inevitabile che la federazione italiana non prenda posizione e che i calciatori restino in piedi. Il business val molto di più - per loro – del colore della pelle di qualcuno. Raffaele Crocco
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ADATTARSI: sistemare una stanza (o la vita* ndr )
Moquette e carta da parati, piastrelle e intonaco, impianto elettrico, fasci di luce, porte, finestre, tende, cuscini, mobili, piante...
Bisogna decidere il posto degli oggetti, il colore e lo stile. Ciò che è interessante è che non si sa come fare. Imparate ad ascoltare quello che dice la stanza. Ogni luogo vuole una certa forma e una certa sistemazione. Non si può averne una conoscenza globale né razionale. È come se in ogni posto lo spirito del luogo parlasse una propria lingua, che voi dovete imparare utilizzando le vostre risorse. Bisogna quindi lasciarsi impregnare dalle caratteristiche del luogo: volume, luci, superfici, materiali, trama. E poi procedere a tentoni.
Una buona sistemazione non nasce mai da una prima intuizione. Bisogna procedere per approssimazione, passo dopo passo, per tentativi ed errori. Saper tacere e dimenticare, riscoprire, agire al di là delle parole e delle rappresentazioni. Non completamente in modo teorico e astratto. Posate un colore e gli altri tutt'intorno si trasformano. Mettete un mobile e i volumi cambiano, talvolta anche i colori e le luci. Ogni cosa è sempre in stretto rapporto con il resto. Per questo non dovete lasciarvi ingannare, quando non conoscete esattamente l'itinerario da seguire.
L'esperienza obbedisce a regole ogni volta diverse. Voi dovete lasciar fare e agire al tempo stesso. Siete voi al centro delle manovre, ma avrete successo se non im¬porrete nulla. D'altro canto le conseguenze di questa relativa passività saranno in ragione di quello che siete. Ciò che il luogo suggerisce, ciò che esige su misura non è evidentemente identico per tutte le persone: il luogo è la guida, ma siete voi il conducente e non qualcun altro. Non state quindi soltanto arredando una stanza, ma anche voi stessi.
Questa esperienza vi insegna che siete parte integrante dell'ambiente che vi circonda. Non un attore, o un architetto, insomma una volontà esterna che decide solo delle apparenze. Siete un elemento della stanza ed essa diventa uno degli elementi del vostro essere. Se qualcuno vi dice «come è bella la tua casa», potrete percepirla come una banalità oppure pensare che la verità alla lunga produce qualche effetto.
-Roger - Pol Droit, Piccola filosofia portatile. 101 esperimenti di pensiero quotidiano
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PIETRAPERZIA - Le case e il Castello con la vista dell’Etna, il resto del castello, le case e la strada principale, La Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore, il chiostro della chiesa, di nuovo il castello e il borgo vecchio, la festa principale del paese con U Signuri di li Fasci.
Se lasci Caltanissetta e attraversato grandi campi arati vai verso Piazza Armerina, ti troverai presto davanti a te, distesa su un crinale sassoso, Pietraperzia. Se continuassi la strada incontreresti Barrafranca e quindi Mazzarino, tutti i vecchi feudi dei Principi di Butera ereditati grazie alla politica di matrimoni ideata da Donna Dorotea Barrese y Santapau, La Principessa, dopo essersi sposata con il Conte di Mazzarino ed erede dei principi di Butera, non esito, rimasta vedova, a sposare suo cugino Marchese di Mazzarino che aveva l’età di suo figlio. Insomma una donna forte che anteponeva il potere all'amore. Una Principessa comunque fortemente ancorata al paese che i suoi avi avevano ricevuto in feudo dai re normanni. Infatti anche se diventata Viceregina del regno di Napoli, volle farsi seppellire nella chiesa di Pietrperzia a suggello di un amore profondo almeno con la sua terra. Pietraperzia è un insieme di case basse e di vicoli stretti raggruppate sotto il vecchio castello di origine bizantine nelle cui fondamenta sono state trovate tombe greche risalenti al III secolo a.c. Il sito è sempre stato abitato in antichità e non è un caso che Pietrperzia dista solo pochi chilometri dalla celebre Villa del Casale con i suoi preziosi e bellissimi mosaici. Come tutti i paesi siciliani, anche Pietraperzia ha una festa grande che coinvolge tutto il paese ed è unica nel suo genere. La festa è quella di Lu Signuri di li Fasci, dove da un pennone partono numerosi fasci di tela che i paesani tendono, a rappresentare le preghiere verso Dio, o intrecciano a sottolineare l’amore che vi è tra chi li tende. La struttura su cui vi è il pilone a cui sono attaccate le fasce, pesa diverse tonnellate ed è molto ingombrante; viene portata a braccia, con una certa fatica, dagli uomini delle Confraternite del paese lungo le strade del paese per tutta una giornata.
If you leave Caltanissetta and cross large plowed fields go towards Piazza Armerina, you will soon find yourself in front of you, lying on a stony ridge, Pietraperzia. If you continued the way you would meet Barrafranca and therefore Mazarin, all the old fiefs of the Princes of Butera inherited thanks to the marriage policy conceived by Donna Dorotea Barrese y Santapau, The Princess, after having married the Count of Mazarin, heir of the princes of Butera, do not hesitate, once widowed, to marry her cousin Marquis of Mazarin who was the age of her son. In short, a strong woman who put power before love. A Princess, however, strongly anchored to the country that her ancestors had received as a fief from the Norman kings. In fact, even if she became the wife of the Kingdom of Naples viceroy, she wanted to be buried in the church of Pietrperzia as a seal of a deep love at least with her land. Pietraperzia is a set of low houses and narrow alleys grouped under the old castle of Byzantine origin; in whose foundations Greek tombs dating back to the third century BC have been found. The site has always been inhabited in antiquity and it is no coincidence that Pietrperzia is only a few kilometers from the famous Villa del Casale with its precious and beautiful roman mosaics. Like all Sicilian towns, Pietraperzia also has a big Festival that involves the whole town and it also quite unique. The festival is that of Lu Signuri di li Fasci, where numerous bundles of canvas depart from a flagpole that the villagers tend to represent prayers to God, or intertwine to emphasize the love that exists between those who tend them. The structure on which there is the pylon to which the bands are attached weighs several tons and is very bulky; it is carried in arms, with some effort, by the men of the Confraternities of the town along the streets of the town for a whole day.
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Ma vieni qua, stiamo insieme, mi racconti dei tuoi drammi, mi chiedi dei miei drammi, ti rispondo che non cambia mai niente, che non mi frega di cercare situazioni, che non ho sbatti di altra gente. Guarda che non mi frega se non ci amiamo veramente, è che mi piaci quando dici “wow” se mi spoglio e mi piace il caffè che fai e le spremute d’arancia fresca di prima mattina e poi mi piace che c’è sempre lo stesso film di sottofondo e l’acqua della fontanella che si sente dalla strada. Insomma vieni qua che c’ho voglia di baci appassionati e di massaggi alla schiena, che mi dici che sei un casino quando io sono peggio di te e ti fasci la testa e me la fasci anche a me per precauzione ma chi se ne frega, ma ti pare che mi si sfascia questa testa dura che c’ho. io non ho voglia di averci pensieri che tanto se etichetti qualcosa gli dai una data di scadenza, quindi non me ne frega, io non voglio niente di sta roba socialmente consolidata. E vieni qua, che palle, vieni qua che i nodi si sciolgono e almeno ci sfasciamo le teste a vicenda come si deve poi ce le rifasciamo domani ma stanotte; stanotte facciamocela passare nello stesso letto anche se non ci amiamo e non ci vogliamo legare perché chi se ne frega quando poi nuda ti vado bene, quando poi nudo mi vai bene e le fasce alla testa tengono caldo, fanno sudare e sono scomode e non riesco a dormirci, me la rimetto domani, te la rimetto domani, che per sta sera mi frega se vieni qua.
#deepinmyboness#me#alaska#moonchild#not in love#personal#come here#stay#idc idc idc#i dont care#i care about you
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Emozioni vicarie.
Ma vieni qua, stiamo insieme, mi racconti dei tuoi drammi, mi chiedi dei miei drammi, ti rispondo che non cambia mai niente, che non mi frega di cercare situazioni, che non mi importa della gente. È che mi piaci quando dici “wow” se mi spoglio e poi mi piace che c’è sempre la stessa musica di sottofondo. Insomma vieni qua che c’ho voglia di baci appassionati e di mani sulla schiena, che mi dici che sei un casino quando io sono peggio di te e ti fasci la testa e me la fasci anche a me per precauzione ma chi se ne frega, ma ti pare che mi si sfascia questa testa dura che c’ho. Io non ho voglia di averci pensieri che tanto se etichetti qualcosa gli dai una data di scadenza, quindi non me ne frega, io non voglio niente di sta roba socialmente consolidata. E vieni qua, che palle, vieni qua che i nodi si sciolgono e almeno ci sfasciamo le teste a vicenda come si deve poi ce le rifasciamo domani ma stanotte, stanotte facciamocela passare nello stesso letto anche se non mi ami e non ci vogliamo legare perché chi se ne frega quando poi nuda ti vado bene, quando poi mi vai bene e le fasce alla testa tengono caldo, fanno sudare e sono scomode e non riesco a dormirci, me la rimetto domani, te la rimetto domani, che per stasera mi frega se vieni qua.
23/11/19
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Evidentemente va bene così... non va bene così... ma insomma ormai ci avete creduto e oltre alle cose che non vanno bene così, non vorrete anche darvi il dispiacere di riconoscere che essere fasci non è servito a un cazzo.
E quindi questi della Regione... con il presidente quello de "enorme emergenza sostituzione etnica per colpa della teoria gender" ce lo teniamo, anzi, proprio per non darci il dispiacere di essere fasci senza aver portato a casa un cazzo, meglio convincerci che dobbiamo essere ancora più fasci.
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Il partito di estrema destra hanno scelto il 23 marzo per la manifestazione "Salvare l'Italia" contro la cosiddetta "invasione" dei migranti. Ma dal primo cittadino Biffoni all'Anpi fino alla diocesi si è levato un appello perché si annulli tutto. Ma al momento le autorità hanno deciso di non decidere 19 Marzo 2019 L’hanno chiamata “Salvare l’Italia” contro “l’invasione” dei migranti. E per la manifestazione non hanno scelto una data casuale: il 23 marzo, centenario della costituzione dei Fasci di combattimento. Forza Nuova ha organizzato per sabato alle 15.30 un corteo nazionale a Prato a cui parteciperà anche il suo leader e fondatore, Roberto Fiore, ma la città negli ultimi giorni si è ribellata: il sindaco Matteo Biffoni ha chiesto alla Questura di bloccarla e ieri la Chiesa pratese ha lanciato un appello contro il corteo perché “a Prato non ci può essere spazio per culture sovraniste e xenofobe”. Nel frattempo, su change.org è stata lanciata una raccolta firme dal titolo “Fermiamo la manifestazione fascista a Prato” che in pochi giorni ha già raccolto quasi 15mila firme. Lunedì il Comitato provinciale per la sicurezza pubblica avrebbe dovuto prendere una decisione sulla fattibilità della manifestazione ma tutto è saltato a data da destinarsi. “Auspico e spero che la manifestazione alla fine non si svolga – dice a ilfattoquotidiano.it il sindaco Biffoni –. Un conto è lasciare libertà di espressione ad una forza politica che legittimamente si candida alle elezioni ma in questo caso la questione è più seria: la nostra Costituzione vieta espressamente di celebrare l’ideologia fascista e quello di sabato sarà un corteo per onorare la nascita dei fasci di combattimento. E non si può fare, punto”. “Poi – conclude il sindaco – c’è anche un motivo di sicurezza: Prato non è Roma o Milano, ha un centro storico anche piccolo e rischiamo infiltrazioni di ogni tipo”. Il corteo nazionale di Forza Nuova a cui sarà presente anche il leader Roberto Fiore prevede il ritrovo alle 15.30 in Piazza della Stazione a Prato per manifestare contro “l’invasione afroislamica e cinese” che tende ad “annientare ogni nostra tradizione culturale, etnica e religiosa e la “sostituzione etnica di un’intera popolazione di una città”. Ma c’è anche un motivo di stringente attualità: la visita dei prossimi giorni del presidente cinese Jinping “assieme a 70 super imprenditori cinesi pronti (con il consenso dell’attuale governo gialloverde) a saccheggiare a suon di miliardi le ultime ricchezze rimaste alla nostra nazione”. Forza Nuova insomma vuole “rivendicare il principio di sovranità nazionale”. Il volantino distribuito in città e sui social network mette in contrapposizione una manifestazione della comunità cinese con quella dei militanti di Forza Nuova. E in fondo alla pagina il numero fatidico: “100”, in onore della nascita dei Fasci di Combattimento. Da quando è stata annunciata la manifestazione, le istituzioni e la società civile di Prato si sono opposte pubblicamente. Dopo l’indignazione dei giorni scorsi del sindaco del Pd Biffoni che aveva chiesto alla Questura di ripensarci e impedire il corteo, lunedì si è aggiunta la Chiesa cittadina: i quattro uffici della Diocesi (Caritas, Ufficio per l’Educazione e la Scuola, Migrantes e Ufficio di Pastorale e Sociale del Lavoro) hanno lanciato un appello per dire no alla parata. “Perché avete scelto Prato per ricordare il vostro anniversario di violenza politica di 100 anni fa? – si legge nell’introduzione del documento – Non si festeggia un anniversario portando divisioni in una comunità pacifica. Non si festeggia un anniversario senza il gradimento della comunità che ti deve accogliere”. La nota della Diocesi va oltre: “A Prato non può esserci spazio per culture sovraniste, xenofobe, egoistiche, intransigenti che non mettono l’amore per l’altro al primo posto la solidarietà, il lavoro, il bene di tutti. Al cuore di principi della convivenza a Prato non ci sono la violenza, il respingimento, il razzismo e il ‘prima i pratesi’”. L’appello sarebbe condiviso anche dal vescovo di Prato, Franco Agostinelli. Oltre all’Anpi di Prato (sulla cui sede martedì mattina è comparsa una svastica con la scritta “Dux”) che ha organizzato una contromanifestazione, mercoledì scorso “Prato Antifascista” ha lanciato la petizione su change.org per bloccare il corteo e in sei giorni le adesioni si sono moltiplicate. “Riteniamo che l’appuntamento nazionale di Forza Nuova nella nostra città sia un chiaro e inammissibile sfregio ai valori dell’antifascismo degnamente rappresentati da Prato, Medaglia d’argento della Resistenza – si legge nella petizione sottoscritta anche da Anpi, Cgil, Arci e Libera –. Non possiamo consentire che a Prato sfilino con i simboli del ventennio i neofascisti in esplicita opposizione al pluralismo e ai valori democratici tutelati dalla Costituzione”. Per questo le associazioni chiedono che vengano revocati i permessi concessi a Forza Nuova ma durante l’incontro congiunto di lunedì tra Questore e il Prefetto non è stata presa alcuna decisione ufficiale. Per adesso, quindi, tutto rimane com’è: la manifestazione neo-fascista di sabato si farà. https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/19/prato-forza-nuova-in-corteo-per-i-cento-anni-dei-fasci-citta-in-rivolta-dal-sindaco-al-vescovo-ma-la-questura-non-lo-vieta/5048105/
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Di pensieri limpidamente veritieri e reali
Scrivere comunicati e articoli inerenti agli sviluppi sulla ricerca medica per la Sma, il tutto per conto di una Onlus di cui faccio parte da sempre, vuol dire informarsi, leggere e frequentare costantemente tutti quei siti super aggiornati e riviste scientifiche, in particolar modo di matrice oltreoceano, dove l’informazione non è soggetta a censure di alcun tipo.
Se c’è una cosa che ho imparato in questi 24 anni di convivenza con la mia “coinquilina invadente”, è quanto l’ipocrisia e i taciti silenzi di un’informazione incompleta o nel peggiore dei casi menzognera, possano fare più danni della patologia stessa. Quanto l’illusione arrechi più ferite di un corpo nel tempo soggetto a perdite.
Quando avevo circa 6 mesi di vita, non reggendomi nemmeno sulle punte e crollando ogniqualvolta i miei tentassero di mettermi in piedi, il pediatra dopo varie insistenze da parte dei miei genitori e specialmente di mia mamma (una madre certe cose le sente), decise d’indagare su questa mia lassità e quest’apparente pigrizia - lo dico sempre di essere nata stanca -, mandandoci da uno dei massimi esperti in elettromiografia a quei tempi. Ora, per chi non ha la più pallida idea di cosa sia un esame elettromiografico, si immagini dei sottili aghetti a fior di pelle che rilasciano scariche elettriche a dei fasci nervosi specifici osservando le reazioni degli stessi e i segnali che mandano alle fibre muscolari.
A farla breve, una vera e propria tortura, pure abbastanza lunghetta nei tempi, un qualcosa che ancor oggi, pur essendo oramai cresciutella, mi crea numerose ansie e paure, manco se dovessero farmi l’elettroshock 🙈.
Deviazione a parte, la diagnosi arrivò subito: come una doccia fredda, anzi no che dico, come una cascata di ghiaccio su un corpo nudo, i miei si sentirono dire che la loro secondogenita era affetta al 90% da Atrofia Muscolare Spinale, una patologia genetica neurodegenerativa che loro, essendone portatori sani, le avevano lasciato in “eredità”. Una coppia non poi così giovanissima, con un figlioletto di 5 anni a malapena, si ritrovò completamente spaesata nello scoprire che quella figlia tanto attesa e desiderata, fosse in realtà malata. È un brutto termine, lo so, ma è così ed io amo essere schietta nel parlare di me stessa.
Disorientati, decisero di rivolgersi ad un altro luminare il quale, dopo un’iniziale derisione circa la diagnosi del suo collega, dovette ricredersi agli esiti di un’ulteriore elettromiografia (cazzo non puoi sottoporre una bimbetta di 6 mesi a due elettromiografie nel giro di poche settimane) e confermare la diagnosi asserendo che, nel migliore dei casi, avrei raggiunto i 10 anni in uno stato di completa immobilità, attaccata h24 ad un respiratore e alimentata artificialmente.
Qui sfido chiunque a non entrare nel panico più totale, a non vedersi il mondo crollare addosso e se non fosse stata per la grossa componente di grinta di cui la mia famiglia è portatrice malata (ironia della sorte eccoti 😂), ora non credo sarei qui a parlarne apertamente e allegramente.
Non sto qui a dirvi che il pronostico dei 10 anni fu più che abbondantemente errato, che il deficiente di luminare di sto cavoletto si era basato su un’enciclopedia medica aggiornata all’anteguerra e che mi aveva diagnosticato la forma severa di Sma, pur io reggendomi seduta e gattonando a mio modo (l’adattativa è una mia prerogativa 😌). Infatti dopo lo sconcerto iniziale, non demordendo i miei venirono a conoscenza di un’equipe medica che studiava e trattava la Sma a Bologna, città che negli anni si sarebbe trasformata nella nostra seconda casa; catapultati in una grande famiglia composta da tanti bimbi e genitori all’avanscoperta di questo nuovo mondo fatto di tutori, doccette, bustini, cerotti antidolorifici al mentolo che non facevano un accidente, gioie date da quei micro passetti compiuti a malapena o ancora nello scoprire quante cose può fare un figlio pur da seduto (sono tante ed alcune anche piuttosto spericolate se si ha un fratello maggiore come il mio 🙊).
Nel gennaio ‘95 poi, qualche settimana dopo il mio primo compleanno - sì so’ capricorno 🤷🏻♀️ -, arrivò la tanto attesa notiziona: in un laboratorio francese avevano isolato il gene che causa la Sma (la prima goccia nel mare infinito delle cause e concause che caratterizzano la mia patologia). Sembrava una super notizia, quella che da lì a poco avrebbe portato alla soluzione del problema. Mi prelevarono un pezzetto di muscolo dalla coscia per accertare finalmente la diagnosi conclamata, sembrava davvero che la soluzione ad ogni problema fosse vicina e che un giorno non molto lontano i medici avrebbero chiamato i miei genitori per dire loro: “Signori salite immediatamente a ritirare la dose per vostra figlia e date via tutti quei passeggini, girelli, tutori e doccette varie che tanto non serviranno più”.
Eppure 23 anni dopo quel gennaio ‘95, son qui a scrivere seduta comodamente sulla mia fedele 4ruote, con una bella protesi nella colonna e tutti gli effetti tanto carucci che mi ha regalato la stessa alla tenera età di soli 11 anni.
Sti cazzi però Ilaria, i pronostici tu li disintegri come castelli di sabbia sotto il sole cocente d’agosto. Ma che dobbiamo farci, amo stupire tutti come quella volta in cui, con una calma serafica, avvertii mia mamma di avere una buccia di pomodoro incastrata sull’epiglottide (giuro di averlo annunciato proprio in questi termini). Insomma, con me non ci si annoia mai, è tutto un continuo stravolgimento di piani e quando credi di essere arrivata in pianura, ecco che si ripresenta l'ennesima discesa a precipizio.
Tutto questo per dire che negli ultimi due anni la ricerca pare aver fatto passi da gigante; eppure se ti soffermi ad osservare con occhio lucido e critico gli scenari che si stanno alternando, capiresti quando in realtà tutti quei bei paroloni, non sono altro che fumo rarefatto e stantio, un qualcosa che annebbia la vista, quando basterebbe accendere i “fari fendinebbia” per scorgere che la strada è ancora tutta in salita.
Sarò pure una fedele realista, il più delle volte sul baratro del pessimismo, ma preferisco essere così piuttosto che alimentarmi di false speranze e sogni irreali.
Amo sì sognare, ma con le ruote ben piantate per terra, e forse è questa la mia vera forza.
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I due arrestati di CasaPound per stupro dovrebbero essere liberati o comunque assolti. Per una questione di coerenza. Sono due persone a cui lo Stato italiano ha sempre lasciato libertà di professare l'ideologia fascista. E adesso non può metterli in galera sol perché hanno messo in pratica quell'ideologia fascista che lo Stato ha sempre concesso loro di professare. Perfino nelle Istituzioni. L'ideologia fascista si fonda - sia da un punto di vista ideologico che storico e pratico - sull'esaltazione dell'uso della violenza (in teoria contro tutti, ma storicamente solo contro chi è più debole, indifeso o inerme); e sulla negazione forzata della libertà e dei diritti di chi non obbedisce. E cos'è lo stupro di una donna da parte di due signori se non, appunto, un atto di violenza e di privazione forzata della libertà contro un soggetto inerme e indifeso che si rifiuta di obbedire? Cosa è stato il Fascismo, nei fatti, storicamente, se non questo? L'invasione di una nazione debole e disarmata come l'Etiopia, l'invasione della Francia solo dopo che Hitler l'aveva fiaccata, le leggi razziali contro il popolo ebraico, le deportazioni di donne e bambini, e prima ancora le violenze e le uccisioni delle Squadracce contro politici e sindacalisti aggrediti in gruppo, la chiusura dei giornali, dei sindacati, dei partiti, la negazione di ogni libertà. Il Fascismo e la violenza non sono separabili. Il Fascismo stesso nasce dai "Fasci di combattimento". La violenza è il suo DNA. Tutto ciò che il Fascismo ha sempre fatto è stato questo: violenza contro soggetti soli, inermi, indifesi e privazione con la forza delle loro libertà. Lo diceva, lo esaltava e lo ha fatto. In fondo cosa diceva Benito Mussolini delle donne se non che "le donne devono obbedire" ("Colloqui con Mussolini", E. Ludwig 1932. Per la precisione Ludwig riportò la frase come "la donna deve essere passiva", ma Mussolini corresse personalmente la bozza cancellando "essere passiva" e sostituendola con "obbedire). Il Fascismo è geneticamente, ideologicamente e orgogliosamente violenza di gruppo, bullismo, sopraffazione dell'inerme. Quando ogni giorno lo Stato italiano consente a sempre più politici e persone di esaltare impunemente il Fascismo e il suo Capo, sta permettendo di esaltare e professare tutto questo. Lo Stato non può quindi poi cadere dalle nuvole e punire quelle stesse persone se danno seguito alle loro parole, se aggrediscono persone sole, se bullizzano, se usano violenza. Insomma, loro lo hanno sempre detto. O credete davvero che chi esalta il Fascismo è solo folclore? No, non lo è. E uno Stato serio o punisce chi professa il Fascismo e chi lo applica, o non punisce nessuno. Altrimenti è solo un Stato ridicolo. Emilio Mola
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La strana casetta
.Erix_Pasta.
Barret vive in campagna, in un paesino sulle colline di nome Porton, dove ci sono poco piú di un centinaio di persone. Barret piú o meno conosce tutti, è un paese ospitale ma di mentalita un po all'antica. C'è molto verde intorno a casa di Barret ma ha anche cinque vicini a poco da lui, molte volte parla con loro dal balcone di casa. Ci sono pochi ragazzi a Porton ma Barret non parla mai con nessuno di loro. Barret ha sui 19 anni anche se ne dimostra di piú e tutti glielo fanno presente. Gli piacciono molto gli animali, possiede una vasta campagna quindi ha spazio per tanti animali. Va spesso a fare passeggiate con i suoi quattro cani per i boschi di Porton, e in mezzo a uno dei soliti boschi in cui va, ci sono delle fasce coltivate, circa sette o otto fascie coltivate, nella prima fascia (quella piú in alto) c'è una baracca, le solite baracche dove i contadini tengono zappe e altri utensili utili al loro lavoro, o almeno è quello che suppone Barret ogni volta che passa di lì. Ci passa molte volte davanti insieme a tutti i suoi cagnolini, ma non ha mai visto realmente cosa c'è dentro. Poco piú avanti un'altra baracca, pero questa è messa male, è in lamiera, è arrugginita ed è situata abbastanza in alto (su una fascia), è piú piccola rispetto all'altra baracca poco piú inditro, è su una fascia vuota, senza coltivazioni e senza alberi, però è frequentata dato che l'erba è sempre allo stesso livello, ciò fa capire che qualcuno la taglia. Solo che Barret non ha mai visto nessuno lì. Sono le 19:30, Barret sta mangiando con la sua famiglia: suo padre Bart, sua madre Emy e sua sorella Maty. Bart ha sempre abitato a Porton fin da piccolo, così Barret gli chiede informazioni riguardo a quella baracca. Bart gli risponde che è li da sempre, e che non si è mai interessato su chi fosse o chi è il proprietario. Anche Bart non ha mai visto nessuno in quel luogo. Barret è curioso, se c'è una cosa che non sa lui la deve sapere, così ha deciso di andare a vedere cosa c'è dentro quella strana casetta. Finito di cenare Barret va in camera sua e prende una torcia e un coltello a scatto dato che non si sa mai. E’ notte sono le 21:30, oltre che alla torcia e il coltello Barret ha preso anche un accendino e il suo cellulare anche se molte volte a Porton c'è poco campo. Non ha i cani con sé dato che non va a fare una passeggiata ma va semplicemente a soddisfare la sua curiosità del momento. Come sempre c'è la prima baracca, dato che sta andando a spiare dentro un'altra baracca tanto vale spiare anche in questa. Scavalcate le prime cinque fasce tenendo la torica in bocca accesa dato che non c'è neanche una luce li visto che è in un bosco, la torcia deve rimanere perennemente accesa, il che consuma le batterie. Barret è davanti alla porta della prima baracca, anche se lui le ha sempre chiamate casette pur sapendo che sono baracche. Aperta la porta della prima casetta Barret si spaventa, c'è uno spaventapasseri infondo alla casetta, insomma oltre all'infarto preso a causa dello spaventapasseri, nella prima casetta non c'è nulla di interessante apparte stracci e i soliti utensili da contadino, Barret conosce bene il proprietario della prima casetta, quindi nel caso non sarebbe finito nei guai. Rimane quandi la strana casetta da visitare. Sono le 22:05 Barret è quasi davanti alla seconda casetta. La porta è scorrevole ed è leggermente aperta, aperta quanto basta per sentire uno strano odore e vedere del liquido sul pavimento. Non resta che entrare, Barret ha un po di timore a farlo ma dato che è lì ormai tanto vale. La porta è aperta, c'è sangue ovunque, ci sobo arti, teste mozzate e corpi appesi. Barret ha i colati di vomito e una paura talmente grande che gli tremano le mani e suda freddo. « E’ buio, c'è silenzio… Ma tu interromperai questo silenzio tra poco» . Questa voce arriva dalle spalle di Barret… E’ un essere, non si capisce se è un uomo, è alto, è grosso, ha una maschera di cuoio, ha dei guanti con delle lame leggermente arrugginite ai lati delle dita, ha una voce cupa e profonda. Barret urla, urla fortissimo ma l'essere gli tappa la bocca, lo prende per la maglia e lo scaraventa sul fondo della casetta, Barret ha le guance e le labbra tagliate e sanguinanti a causa dei guanti con le lame, « Chi sei? Perchè fai questo? Chi sono queste persone?» . Gli domanda Barret, L'essere non risponde e gli va incontro, ha un respiro davvero pesante e la maschera lo rende affannoso, prende un bastone di metallo appuntito e lo tira verso Barret coficcandoglielo nella spalla, l'essere ha lanciato il bastone con una tale forza da farlo uscire dalla parete bloccando Barret, l'essere sembra si sia messo a ridere, è una risata convulsa e malata, Barret apre il suo coltello a scatto tenendolo nascosto dietro la schiena. L'essere è a due passi da Barret…1…1 «MMMMMH!» L'essere sta urlando, sembra che tiene la bocca chiusa mentre urla, Barret gli ha conficcato il coltello nell'occhio, l'essere allora estrae in modo violento il bastone dalla spalla di Barret e cerca di conficcarglielo in testa ma Barret riesce a schivarlo, così si alza e prende una pietra che sembrava avere come utilizzo polverizzare le ossa delle dita, e con la pietra in mano Barret colpisce la faccia mascherata dell'essere facendolo cadere a terra. Barret esce correndo dalla casetta, è tutto buio la torcia era caduta in mezzo al sangue e le budella sul pavimento della casetta così ora deve correre alla cieca usando solo la torcia del cellulare, Barret corre verso la discesa da cui era salito, scivolando e aprendosi ancor di piú la ferita nella spalla, Barret non riesce a trattenere le grida e sente poco piú lontano da lui i pesanti passi, Barret non ha scelta deve rialzarsi e correre con la spalla aperta e i tagli in faccia maggiormente aperti dalla caduta. Preso dall'ansia corre nella direzione opposta a quella di casa sua, Lessere ha in una mano il basttone appuntito e nell'altra tre coltelli da caccia, l'essere emette come un ruggito e tira addosso a Barret il bastone sfiorando il suo polpaccio, gli ha fatto un taglio non tanto profondo ma abbastanza forte da farlo cadere. L'essere è davanti a lui e tira addosso a Barret un coltello colpendolo al fianco , ma Barret non vuole morire, e se proprio deve morire lo fa lottando. Così tutto dolorante si alza, estrae il coltello dal suo fianco e si scaglia non tanto violentemente contro l'essere dato le ferite, ma viene spinto contro un muretto in pietra, allora Barret prende una pietra non molto grande e la lancia contro l'essere colpendolo alla spalla e ferendolo,Barret si rialza e con il coltello che aveva nel fianco si scaglia contro l'essere ricevendo un pugno dritto alla spalla ferita, ma non c'è tempo per sentire dolore, Barret deve agire, riesce a saltare contro l'essere spingendolo contro un castagno, ma l'esere è forte così tira un calio dritto in pancia a Barret facendogli perdere momentaneamente i sensi, una volta a terra riceve due pugni sulle guance ferite. Ormai Barret è spacciato, non ha piú speranze… Ma nonostante tutte le condizioni in cui era ha ancora il coltello, così non appena l'essere prese il bastone poco piú avanti per conficcarlo nel cranio di Barret, Barret si alza e conficca il coltello nella schiena dell'essere piú volte ripetutamente, l'essere si accascia in ginocchio e riceve una sassata in testa, così una volta a terra del tutto Barret sfonda a calci il cranio dell'essere. Barret ha perso i sensi, ma ha vinto. Sono le 17:32 Barret è in ospedale, ha la spallla tutta fasciata, cerotti in quasi tutte le guance, labbra cucite e fianco fasciato e cucito, Barret è salvo, ha sconfitto quell'essere di natura sconosciuta. Solo una domanda però, una domanda a cui Barret vorrebbe avere risposta… Chi era o cos'era quell'essere, di chi erano quei resti nella casetta e sopratutto è possibile che nessuno si sia mai chiesto niente su quella casetta e che nonostante tutti quei corpi Porton è sempre rimasta in silenzio… Questo be questo non lo sappiamo ancora… E sopratutto, chi era quell'essere.
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ADATTARSI
Moquette e carta da parati, piastrelle e intonaco, impianto elettrico, fasci di luce, porte, finestre, tende, cuscini, mobili, piante... Bisogna decidere il posto degli oggetti, il colore e lo stile. Ciò che è interessante è che non si sa come fare. Imparate ad ascoltare quello che dice la stanza. Ogni luogo vuole una certa forma e una certa sistemazione. Non si può averne una conoscenza globale né razionale. È come se in ogni posto lo spirito del luogo parlasse una propria lingua, che voi dovete imparare utilizzando le vostre risorse. Bisogna quindi lasciarsi impregnare dalle caratteristiche del luogo: volume, luci, superfici, materiali, trama. E poi procedere a tentoni. Una buona sistemazione non nasce mai da una prima intuizione. Bisogna procedere per approssimazione, passo dopo passo, per tentativi ed errori. Saper tacere e dimenticare, riscoprire, agire al di là delle parole e delle rappresentazioni. Non completamente in modo teorico e astratto. Posate un colore e gli altri tutt'intorno si trasformano. Mettete un mobile e i volumi cambiano, talvolta anche i colori e le luci. Ogni cosa è sempre in stretto rapporto con il resto. Per questo non dovete lasciarvi ingannare, quando non conoscete esattamente l'itinerario da seguire. L'esperienza obbedisce a regole ogni volta diverse. Voi dovete lasciar fare e agire al tempo stesso. Siete voi al centro delle manovre, ma avrete successo se non im¬porrete nulla. D'altro canto le conseguenze di questa relativa passività saranno in ragione di quello che siete. Ciò che il luogo suggerisce, ciò che esige su misura non è evidentemente identico per tutte le persone: il luogo è la guida, ma siete voi il conducente e non qualcun altro. Non state quindi soltanto arredando una stanza, ma anche voi stessi. Questa esperienza vi insegna che siete parte integrante dell'ambiente che vi circonda. Non un attore, o un architetto, insomma una volontà esterna che decide solo delle apparenze. Siete un elemento della stanza ed essa diventa uno degli elementi del vostro essere. Se qualcuno vi dice «come è bella la tua casa», potrete percepirla come una banalità oppure pensare che la verità alla lunga produce qualche effetto.
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