#insensatezza
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Io più vedo e faccio lavori diversi, più mi sbalordisco della loro insensatezza.
#niente ha senso#sono tutti lavori inutili stupidi e assurdi#eppure i soldi che ti danno cambiano#in base a quale criterio è difficile capirlo#per non parlare dei benefit#dopo essere passata a un campo che mi interessava di più io mi sa che qua ci muoio perchè il cambio è stato solo una delusione#lavoro#insensatezza#my life in tokyo
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A cosa serve tutto questo dolore, tutte le vite cancellate nell’assurdità e insensatezza della guerra.
La presunzione dell’uomo di sapere tutto, quando in realtà non sappiamo nulla.
Ci vorranno milioni di anni per dimenticare tutto il male.
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Michela Murgia ha fatto parte di quella schiera di intellettuali che Preve definiva come "avvelenatori di pozzi" - rivoluzionari in gioventù, rancorosi perché la rivoluzione viene rigettata dalle masse, in punto di morte diventano nichilisti e si premurano che il loro lascito alle nuove generazioni sia disperazione e insensatezza -da qui il matrimonio queer, egualitario nel suo non avere distinzioni tra maschio e femmina, tra invitati e sposi, nel vestiario, e soprattutto infecondo, una grande metafora dell'eroina.
-Il Rabdomante
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Le cose che non posso nominare ad alta voce creano solchi nel mio cuore, mi scavano come gelide gocce di pioggia e lentamente mi consumano l'anima
E lo fanno non senza una dolce malinconia, come una tenera foglia che in autunno abbandona l'albero. Ma in una parte di me non torna mai la primavera, è sempre autunno.
Forse inizio a comprendere il dolore dei miei genitori, il controllo mentale che hanno vissuto, il fatto di essere nati in un regime così oscuro. Forse tutto nasce dall'incomprensione del dolore.
Ma il tuo nome non lo posso nominare ad alta voce, non sarebbe solo che un silenzio fortissimo.
Il tuo nome porta l'infinito del mondo
Questo mondo stupido e meschino
Che ci vomita la sua insensatezza
E spero che un giorno ci vedremo, che sia nella prossima o tra mille anni io quando ti vedrò so che avrò trovato quella cosa che cerco da sempre.
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Io vivo a intermittenza, ci sono giornate intense e dense, meravigliose e ricche, che si alternano a settimane e mesi di insensatezza. Come quando si sente la radio e si sente qualche canzone ma la radio non prende bene e la canzone si sente male, tra un po' di suono e un po' di fruscio di nulla.
Ho paura di cambiare perché ho paura di non trovare più la stazione, di sentire solo fruscio, piattume senza nulla.
In realtà il trucco è assaporare ciò che si sente, anche se non è la canzone che si voleva ma adattarsi al nuovo suono e cogliere il bello da questo.
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Ho due figli. Qui sui social spesso li definisco "figlio 1" e "figlio 2". La numerazione non ha nulla a che fare con preferenze, altezze oppure ordine alfabetico ma è semplicemente cronologia. Hanno 22 mesi di differenza, se preferite un anno e dieci mesi. Classi di nascita A.D. 2003 e 2005.
Per loro è un'età febbrile questa, il passaggio dalle superiori al mondo dell'Università e del lavoro da provare sulla propria pelle, per capire e comprendere le dinamiche della vita.
Due ragazzi che cominciano a lasciare tracce anche nel quotidiano, in casa, con azioni e parole. Non più bimbi e poi adolescenti impegnati nello studio, alla televisione, ai videogiochi e agli amici a cui preparare tutto in casa. Ma individui che cominciano a palesare le loro personalità, le loro peculiarità che fanno capire gli adulti che saranno.
Così le influenze del Politecnico di Milano e dell'Università degli Studi di Milano si diffondo in casa. Ovunque.
Per esempio. Abbiamo in casa un flacone con erogatore, da una vita, dove l'ammoniaca e l'acqua vengono miscelate per le pulizie quotidiane. La MIA scritta con pennarello sul flacone "Acqua e Ammoniaca" è stata cancellata. Ora si legge H₂O + NH3. Stessa cosa a casa di mia madre, la quale mi chiama preoccupata: - Rino non trovo più l'acqua e ammoniaca! - Mamma è nel tuo bagno, come sempre nel suo contenitore. - No, c'è né uno con scritto che ho tre acca. - Che vuoi dire? - Rino, c'è scritto "ho n'accatre" - Ma è passato Gabriele? (figlio 2) - Sì - Niente mamma, tranquilla, dopo passo io e sistemo tutto
Sul quadro del bevitore di vino appeso nel garage, che io attribuivo a Teomondo Scrofalo dai tempi della trasmissione Drive In, ho trovato un'etichetta ben fatta con scritto: "Il Bevitore - De Curtis Giuseppe (Olio su tela fine '800 circa). Mi è crollato un mito.
Le discussioni a tavola mentre si cena, si parla anche di social. - Pa' ho visto che su Tik Tok non hai pubblicato video... - Si, faccio parte della resistenza - Che vuoi dire? - Che non ho stimoli per fare un video sciocco - Guarda che puoi anche pubblicare qualcosa di intelligente, eh?! - La mia intelligenza è ancora incartata, non l'ho ancora aperta
Se ruttano lo fanno declinando l'alfabeto greco, se emettono peti lo fanno in alfabeto morse e a me queste cose fanno venire l'orticaria in codice Braille. Ragazzacci.
Studiano. Sono caparbi. Da questo punto di vista un po' li invidio, ma poco. Per il resto li ammiro, tanto.
Lavorano. Si guadagnano soldi per essere un po' autonomi. Notano già le ingiustizie nei posti di lavoro. Anche il quoziente intellettivo di colleghi che potrebbero essere loro padri, come età, che litigano e si fanno ripicche creando danni alle aziende per cui lavorano. Mi sembra di essere al tavolo con due sindacalisti a volte.
Sembra fatta, penserete, sono lanciati verso il loro futuro quasi autonomi, no... credo di avere ancora molto lavoro come padre.
Per esempio voglio insegnare loro a essere critici in maniera costruttiva, non distruttiva. Che a volte ci vuole un po' di leggerezza nella vita, il che non è sinonimo insensatezza. Ma bisogna saper essere anche responsabili, il che non vuol dire di essere per forza duri.
Quando li saluto, prima che escano di casa, gli dico sempre: "Stai attento, fai il bravo". C'è dentro tutto in quelle parole: impegno, attenzione, rispetto, prudenza e correttezza. Spero mi ascoltino.
Io che non ascoltavo mai nessuno, perché nessuno mi diceva qualcosa. A parte un "fa' mia öl loc", detto da mio padre sempre stanco, che era un aut aut a non essere sciocco. Che poi, riflettendoci oggi e da padre, anche quella frase in bergamasco conteneva un mondo.
Un mondo che forse mi manca, ma che cerco di evitare di non farmi investire. Altrimenti per via dei rimpianti per me sarebbe finita.
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I giovani, anche se non sempre lo sanno, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive ed orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui. [...] Bisogna educare i giovani a essere se stessi, assolutamente se stessi. Questa è la forza d'animo. Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la propria ombra. Di forza d'animo hanno bisogno i giovani soprattutto oggi perché non sono più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell'esistenza e incerta s'è fatta la sua direzione. [...] Alla base dell'assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell'alcol, c'è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c'è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita.
#Umberto Galimberti#citazioni#citazione#riflessioni#pensieri#umberto galimberti#Il nichilismo e i giovani#nichilismo#vita
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I giovani, anche se non sempre lo sanno, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, fiacca la loro anima, intristisce le passioni. Bisogna perciò educare i giovani a essere se stessi, assolutamente se stessi.
Questa è la forza d'animo. Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la propria ombra. Di forza d'animo hanno bisogno i giovani soprattutto oggi perché non sono più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell'esistenza e incerta s'è fatta la sua direzione.
Alla base dell'assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell'alcol, c'è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c'è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita.
Umberto Galimberti, Il nichilismo e i giovani.
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Mi sono improvvisamente ricordata.di un aggwttivo che ti sentivo attribuire spesso a persone che consideravi di poco senso. L'idea della sensatezza è dell insensatezza negli ultimi tempi w non voglio quantificare i giorni, perché sono i giorni del tuo dolore, mi è tornata spesso in mente, perché di sensato c'è poco o nulla in quello che ti è successo e in molte circostanze della tua vita. Ti parlo come se fossi qui, perché nella mia testa tu ci sei ancora, presa in una cosa delle tue che spesso io non ho capito, né condiviso. E questo è. Ci conoscevamo bene in fondo, tu sapevi di me e dei miei limiti e io di te e del tuo coraggio per me a volte al limite del comprensibile. Ma era la tua forza e il tuo mistero e mi mancherai per sempre e questo è un dato di fatto.
A C.
C. se ne è andata e a me manca un altro pezzo di terra sotto ai piedi. Hanno chiesto chi volesse scrivere qualcosa per il suo saluto e o lo metto qui perché non so se troverò il coraggio di salutarla in questo modo.
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Ci vorrebbe un amico qui per sempre al mio fianco
C’è questa isoletta irlandese sulla quale l’esistenza degli abitanti scorre immota e perfino un poco monotona e ripetitiva. Detto in termini brutali: non succede mai un cazzo. Almeno fino a quando Colm decide, letteralmente dall’oggi al domani, che il suo migliore amico Padraic non gli va più a genio. Perché lo distrae dalle sue ambizioni artistiche. Da quel momento, qualcosa nella coscienza degli abitanti va in pezzi. Ne risulta una paradossale reazione a catena che ne travolge la quotidianità, generando una serie di piccoli conflitti paralleli alla guerra civile che infuria sulla terraferma. Nonostante l’ironia con cui tutto sommato vengono raccontate le ripicche nella piccola comunità, aleggia su tutto e tutti un senso di insensatezza della tragedia. Da una parte la teatrale coerenza di un uomo che pur di convincere l’ex amico a non rimpergli più le palle è disposto a mutilarsi in maniera irreversibile. Dall’altra l’infantile ostinazione di un altro uomo che non intende rassegnarsi alla perdita dell’amicizia, più per puntiglio, temo, che per reale dispiacere. Ci saranno dei morti. E delle incomprensioni. E dei distacchi più dolorosi delle amputazioni di cui sopra. Perché su quest’isola uomini e soprattutto animali si sentono spaventosamente soli. Niente, comunque, sarà più come prima. Senza, poi, dei gesti effettivamente eclatanti. Gli spiriti dell’isola è un film inconsueto. Spesso non capisci se rattristarti o divertiti. Va preso per quel che è. Come tutto ciò che ci circonda, in fondo.
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La nuova melanconia si disgiunge da quella freudiana a partire dal suo contenuto extra-morale. La centralità della colpa viene sostituita dalla centralità del peso della vita. Senza la spinta propulsiva del desiderio la vita tende infatti ad appassire, a ritirarsi da se stessa. Diventa un peso morto da trascinare. Ma non è un peso che lacera il soggetto. Piuttosto lo sprofonda, lo inabissa in un vuoto infinito, in una sensazione diffusa di insensatezza.
Massimo Recalcati, "Le nuove melanconie. Destini del desiderio nel tempo ipermoderno", Raffaello Cortina, Milano 2019
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Tutto non è che fastidio e follia e insensatezza, ovunque volgi lo sguardo.
Knut Hamsun, Sotto la stella d’autunno, trad. it. di Fulvio Ferrari, Iperborea, 1995
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Ninfettin, se posso chiedere, come ti hanno comunicato il tuo disturbo della personalità?
Al PS dopo il primo tentativo di suicidio e qualche domanda di una psichiatra (ero strafatta e mi ricordo poco). A dire la verità continuo a sospettare che lo sapessero già tutti i miei psicocosi precedenti (raccontavo che avevo degli impulsi che non riuscivo a frenare, del senso di vuoto e insensatezza costanti ecc) ma non avessero voluto esplicitarmi la diagnosi
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Sento forte il desiderio di svelare la mia fragilità, di mostrarla a tutti coloro che mi incontrano, che mi vedono, come fosse la mia principale identificazione di uomo, di uomo in questo mondo.
Un tempo mi insegnavano a nascondere le debolezze, a non far emergere i difetti, che avrebbero impedito di far risaltare i miei pregi e di farmi stimare. Adesso voglio parlare della mia fragilità, non mascherarla, convinto che sia una forza che aiuta a vivere. La mia fragilità mi porta ad amare, dunque l'amore è la risposta a un bisogno, nato dalla fragilità, dalla percezione che senza l'altro il mio essere nel mondo è votato solo alla morte, al non esserci; e la solitudine dell'uomo di vetro è la peggiore delle malattie, delle malattie del vivere. Ho dedicato il mio tempo alla follia, al dolore mascherato di insensatezza, di depressione; alla sofferenza che si fa silenzio, che sdoppia le identità e fa di un uomo uno schizofrenico. Un lavoro che molti ritengono esclusivo dei forti, degli uomini di ferro che magari si piegano ma non si rompono, degli uomini di pietra cui il vento rende liscia la pelle, che cambiano forma, ma non perdono mai la durezza e il destino fissati per sempre. La fragilità richiama il tempo e la caducità del tempo, del tempo che passa. Ebbene, se sono stato, e sono, un buon psichiatra, se ho aiutato i miei matti, ciò è avvenuto per la mia fragilità, per la paura di una follia che si annida dentro di me, per la fragilità che avverto capace di sdoppiarmi, di togliermi la voglia di vivere e di rendermi simile a un depresso che chiede soltanto di scomparire per cancellare il dolore di cui si sente plasmato.
E il dolore è una qualità dell’essere fragile. Ecco perché voglio gridare la mia fragilità, dirlo ai miei matti, a tutti coloro che corrono da me per ancorarsi a una roccia. Devono sapere che semmai si attaccano a un vetro di Boemia, a un vaso di Murano, colorato, magari soffiato in forme curiose e piene di fascino. Come un vetro io, psichiatra fragile, tante volte ho corso il rischio di rompermi. Una gracilità che però aiuta l’altro a vivere, che mi ha permesso di capire la fragilità e di rispettarla, di stare attento a non manipolare gli uomini, a non falsificarli. Ho amato persino i frammenti di uomo, mi sono dedicato con pazienza a metterne insieme i suoi pezzi.
La fragilità rifà l’uomo, mentre la potenza lo distrugge, lo riduce a frammenti che si trasformano in polvere.
Vittorino Andreoli. Psichiatra - da L'uomo di vetro
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Un istante di insensatezza può essere il nostro momento più bello. 😈
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"Oriente e Occidente, come due draghi scagliati in un mare agitato, lottano invano per riconquistare il gioiello della vita […]. Beviamo, nel frattempo, un sorso di tè. Lo splendore del meriggio illumina i bambù, le sorgenti gorgogliano lievemente, e nella nostra teiera risuona il mormorio dei pini. Abbandoniamoci al sogno dell’effimero, lasciandoci trasportare dalla meravigliosa insensatezza delle cose."
Okakura Kakuzō - Lo zen e la cerimonia del tè
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