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Ecogiustizia Subito: In nome del popolo inquinato. Una mobilitazione per la giustizia ambientale parte da Torino e Casale Monferrato
Mercoledì 27 novembre 2024, la campagna nazionale “Ecogiustizia Subito: in nome del popolo inquinato”, promossa da ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera, prende il via con la prima tappa in Piemonte, tra Torino e Casale Monfe
Mercoledì 27 novembre 2024, la campagna nazionale “Ecogiustizia Subito: in nome del popolo inquinato”, promossa da ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera, prende il via con la prima tappa in Piemonte, tra Torino e Casale Monferrato, per portare l’attenzione su luoghi simbolo dell’inquinamento e dell’ingiustizia ambientale. Un doppio appuntamento per la giustizia…
#ACLI#AGESCI#Alessandria today#ambiente e giustizia#amianto Casale Monferrato#ARCI#assemblea pubblica Casale#Associazioni Ambientaliste#attivismo ambientale#Azione Cattolica Italiana#bonifiche ambientali Piemonte#bonifiche amianto#Casale Monferrato bonifica#Ecogiustizia Subito#Eternit bis#eventi ecologia Piemonte.#flash mob Torino#giustizia ambientale#giustizia climatica#Google News#iniziative ecologiche#inquinamento industriale#inquinamento Piemonte#italianewsmedia.com#Legambiente#Libera#monitoraggio bonifiche#Pier Carlo Lava#politiche ambientali#processo amianto Torino
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ALESSANDRIA. LETTERA ALLA REGIONE PIEMONTE SU INQUINAMENTO DA PFAS
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In Piemonte, cresce la preoccupazione per lo smog e la qualità dell’aria. Da giugno ad oggi, oltre 100mila persone hanno mostrato interesse per l’azione collettiva Aria Pulita, portata avanti dal team di legali di Consulcesi, con un aumento in meno di due mesi pari a circa il +22%. A fare da apripista è la città di Torino, con oltre 65mila persone interessate all’azione collettiva, seguita da Novara con poco meno di 6mila, Asti ed Alessandria con oltre 1.500, mentre Cuneo chiude la classifica delle top 5 con oltre 1.200 cittadini interessati. Non solo, anche dai centri più piccoli, come Biella e Vercelli, si registra un graduale ma costante aumento dell’interesse verso l’azione collettiva Aria di Consulcesi. Se infatti la prima si piazza subito dopo Cuneo con circa 1.170 persone che hanno consultato il sito dedicato e richiesto informazioni su come aderire, la seconda segue con oltre mille, mentre tra Alba, Tortona e Trecate si totalizzano oltre 2.500 interessi. “I cittadini sono sempre più consapevoli dei gravi danni alla salute legati ad un’aria malsana e il crescente numero di persone che decidono di informarsi ed agire, anche attraverso la nostra azione collettiva Aria Pulita, ne è la conferma”, commenta Massimo Tortorella, Presidente del Gruppo Consulcesi. In Piemonte i più comuni inquinati d’Italia Il Piemonte è tra le regioni italiane che ospita più comuni candidabili all’azione collettiva Aria Pulita. Sono infatti oltre 950 i comuni piemontesi eleggibili per l’iniziativa legale tra i 3.384 comuni e città italiane individuate dal team di Consulcesi tra quelli per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre quattro milioni le persone costrette a respirare aria cattiva e potenzialmente dannosa per la loro salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento allo Stato, aderendo all’azione collettiva Aria Pulita di Consulcesi. Per partecipare all’azione collettiva, è sufficiente dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per informazioni su come aderire, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria Pulita: www.aria-pulita.it. La qualità dell’aria in Piemonte: i dati Quanto suggerito dal Presidente Consulcesi, trova conferma nei dati preliminari Arpa Piemonte relativi al 2023 di recente pubblicati come anche nel nuovo Rapporto ASviS Territori 2023. Dalle prime rilevazioni delle centraline Arpa, per il PM10 infatti, “in tutte le stazioni in cui è presente un analizzatore automatico, le concentrazioni medie annue rilevate risultano essere inferiori o uguali a quelle dell’anno 2022 e anche dell’anno 2021. Tutte le stazioni valutate rispettano il valore limite medio annuale previsto dalla normativa pari a 40 µg/m³”, riporta l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Tuttavia, facendo riferimento alla nuova soglia definita dalla Nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria da raggiungere non oltre il 2030, solo 10 su 32 centraline analizzate rispetterebbero i nuovi limiti annui di PM10, contro 22 centraline che si troverebbero invece in violazione, superando i 20 µg/m³ di media annua. Allo stesso modo, dalle analisi preliminari emerge che solo due centraline su 32 monitorate in Piemonte nel 2023 hanno superato il limite di 35 giorni di sforamento consentiti per ogni anno civile secondo la normativa vigente (con una media giornaliera di PM10 superiore a 50 µg/m³). In particolare, il superamento è stato rilevato nelle due stazioni di Torino – Rebaudengo e Settimo Torinese – Vivaldi, rispettivamente con 63 e 55 giorni di sforamento. Anche in questo caso, tuttavia, la situazione appare molto meno rassicurante se si considera che l’Ue fissa la nuova soglia di sforamento a 18 giornate annuali, e l’OMS suggerisce di limitarle perfino a 3, entrambi abbassando altresì le concentrazioni giornaliere a 45 µg/m³. Alle attuali concentrazioni, dunque, oltre un terzo delle centraline piemontesi supera la nuova soglia Ue, mentre solo 8 su 32 rientrerebbero nei limiti OMS. Anche per il PM2.5, tra le centraline analizzate nessuna supera il limite in vigore attualmente e pari a 25 µg/m³. Tuttavia, anche in questo caso il Piemonte risulta lontano dalla nuova soglia: sarebbero infatti 19 su 23 le centraline con un valore medio annuo superiore a 10 µg/m³ (Nuova Direttiva europea, mentre l’OMS fissa la soglia a 5 µg/m³), risultando così fuorilegge, contro solo 4 che risulterebbero entro i nuovi limiti. “Dobbiamo guardare agli obiettivi futuri come qualcosa da raggiungere oggi, quanto prima, poiché la strada è molto lunga – conclude il Presidente del Gruppo Consulcesi – I miglioramenti, lo confermano gli ultimi dati ma anche quelli dell’ultimo decennio, ci sono ma sono troppo piccoli. Molto di più si può e si deve fare per poter garantire a tutti il diritto ad un ambiente salubre”. Fonte
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BLOCCO DEGLI EURO 5 IN PIEMONTE – FACCIAMO CHIAREZZA
Nel Comune di Torino ed in 76 comuni circostanti dal 15 settembre al 15 aprile sarà vietata la circolazione dei veicoli in categoria Euro 5 e inferiori. Automobili perfettamente funzionanti, dotate di sistemi all’avanguardia quanto alla limitazione delle emissioni inquinanti, e spesso ancora da pagare non potranno più essere utilizzate.
Un esproprio proletario in salsa ambientalista. Oltre che una violazione del diritto alla libera circolazione nel territorio della repubblica previsto dall’art. 16 della costituzione.
Perché si è arrivati a tanto? Dalla Regione Piemonte fanno spallucce e rispondono con il più classico dei “ce lo chiede l’Europa”. Vediamo come e perché e verifichiamo se ci sono delle alternative.
La questione è stata, da ultimo, oggetto della procedura di infrazione n. 2015/2043 aperta dalla Commissione Europea per la violazione dei vincoli concernenti la salubrità dell’aria, con particolare riferimento al biossido di azoto, previsti da una serie di direttive UE, 96/62/CE, 1999/30/CE, e 2008/50. Dopo una fase precontenziosa la vicenda è finita alla Corte di Giustizia UE nel procedimento C-573/19, deciso con sentenza del 12 maggio 2022 che ha dato torto all’Italia ed ha accertato la violazione delle famigerate direttive. Una precedente procedura di infrazione con oggetto analogo era stata decisa con una sentenza del 10 novembre 2020 sempre con lo stesso esito. Le due procedure di infrazione riguardavano, tra le altre zone della penisola, i 76 comuni degli agglomerati IT0118 (Torino), IT0119 (Piemonte pianura) e IT0120 (Piemonte collina).
Il presidente della giunta regionale piemontese Cirio (smettiamola di chiamarli governatori) ha recitato il solito siparietto dell’inevitabilità delle misure adottate motivando la necessità del blocco con le imperiose richieste di Bruxelles, alle quali, così sembra, è impossibile resistere. Tuttavia, a guardare meglio, ci si accorge che alcune cose non tornano.
Anzitutto va detto che la nostra repubblica delle banane è in buona compagnia per quanto riguarda la violazione degli standard di inquinamento dell’aria stabiliti dall’ineffabile Unione Europea. La stessa, per intenderci, che ha ritenuto opportuno nel 1994 dedicare un regolamento della Commissione al tema bruciante che riguardava le dimensioni e la curvatura delle banane. Sono molti i paesi cui sono state fatte le stesse contestazioni.
Secondo, le sentenze della Corte nulla dicono in merito alle concrete misure da adottare e, in particolare, non prevedono l’allucinante sistema Mo-Ve-In delle quote chilometriche annuali. È una simpatica invenzione dei soloni piemontesi.
Cosa succede se uno stato non adempie le direttive dell’Unione Europea?
La risposta, in sintesi, è che non succede niente. Fino ad ora nessuno stato membro dell’UE è stato mai sanzionato per la violazione delle direttive sulla qualità dell’aria. Si è parlato per il Belgio di una sanzione giornaliera di ben 300 euro, nel caso della Francia vi fu la minaccia di applicare una sanzione di 32 milioni di euro l’anno. Il Dipartimento delle Politiche Europee della Presidenza del Consiglio chiarisce che la sanzione minima per l’Italia è di Euro 8.505,11 giornalieri. Di fatto ad oggi nessuno stato ha mai pagato un euro.
Ora, ipotizziamo il caso peggiore e cioè che in un futuro non lontano i cari amici dell’UE decidano di sanzionarci come la Francia. Ben 32 milioni l’anno. In Italia ci sono 40 milioni di veicoli. Se dividessimo la spesa annua per sanzioni tra tutti gli automezzi verrebbe un costo annuo di 80 centesimi. Ipotizziamo che i mezzi inquinanti siano solo un decimo del parco circolante. Il costo sarebbe di 8 euro l’anno: una spesa che chiunque affronterebbe a cuor leggero pur di non subire l’esproprio del suo autoveicolo.
O meglio: sarebbero dei soldi che si potrebbero prendere facilmente da quanto pagato annualmente dai malcapitati automobilisti per il bollo auto.
Alessandro Fusillo
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Smog: Torino, il semaforo anti-inquinamento torna bianco
Dopo 5 giorni di arancione (ANSA) – TORINO, 06 FEB – Dopo 5 giorni in arancione, torna bianco il semaforo anti smog della città di Torino. Secondo i dati previsionali forniti oggi da Arpa Piemonte, domani e mercoledì, prossimo giorno di controllo, entrano in vigore le sole misure strutturali di limitazione del traffico, secondo quanto previsto dal livello 0. Viene dunque revocato lo stop…
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...una boccata d'aria, virtuale ovvio. .. Ma a voler cercare un lato positivo (eh si, son fatta cosi, non riesco mai a vedere il bicchiere completamente vuoto), qualcosa di buono questo virus lo ha portato. . .. Intanto ha fatto riscoprire il piacere di leggere un libro senza problemi di orario, ha riportato le persone a casa facendogli riscoprire il gusto della famiglia e dell amicizia attravero i social. . .. Ha fatto riscoprire vecchie abitudini come una cucina semplice con quello che si ha evitando sprechi; a riscoprire un po' se stessi che nella frenesia di tutti i giorni ci eravamo un po' persi. . .. Ha migliorato la qualità dell aria riducendo l inquinamento, anche se al momento non possiamo beneficiarne con lunghe passeggiate o scorrazzate in bicicletta. . .. Ha fatto riscoprire uno spirito patriottico (bada bene Patriottico non nazionalista che è un altra cosa) che speriamo continui anche quando tutto sarà finito, perché l Italia è davvero una grande bellezza tutta, e noi italiani se lo vogliamo, se ci teniamo davvero con lo stesso spirito e amore con cui adesso dai balconi cantiamo l inno, battiamo le mani, balliamo e suoniamo con grande sentimento, allora si saremo un Popolo migliore, più responsabile e attento. . . . #iorestoacasa #mythoughts #coronavirustisconfiggeremo . . . #montagna #alpipiemontesi #piemonte #piemonteturismo #piemonteconte #panorama_italiano #panorama #italia_shotz #italian_place #maref_mf #italianlandscapes #canonphotography #canonwhatelse (presso Piedmont) https://www.instagram.com/p/B9wEyYFg5u4/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#iorestoacasa#mythoughts#coronavirustisconfiggeremo#montagna#alpipiemontesi#piemonte#piemonteturismo#piemonteconte#panorama_italiano#panorama#italia_shotz#italian_place#maref_mf#italianlandscapes#canonphotography#canonwhatelse
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Inquinamento, il Coronavirus “pulisce” l’aria del bacino padano Come già successo in Cina, anche la Pianura padana, tra le zone più inquinate d’Europa, sta traendo giovamento dai blocchi imposti dall’emergenza Coronavirus.
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Polveri sospese
Sono particelle solide disperse nell’aria e derivanti principalmente dal traffico automobilistico ma anche dalle attività industriali e dalle centrali termoelettriche. Le particelle con dimensioni inferiori a 10 micron (PM10) sono le più dannose alla salute perché penetrano nelle vie respiratorie. Provocano seri danni ai bronchi e agli alveoli polmonari, asma, tosse.
Il parametro di valutazione del PM10 è la media giornaliera. Il valore minimo giornaliero previsto dalla legge italiana e di 50 microgrammi per metro cubo di aria e non può essere superato per più di 35 volte nell’anno solare. In molte zone del nord Italia (in particolare nelle regioni della pianura padana) a causa della somma degli effetti generati dalle diverse sorgenti di emissione in atmosfera, dalle condizioni atmosferiche e scarsa circolazione dei venti, spesso si rilevano superamenti del PM10 soprattutto nel periodo invernale, con ulteriori pericoli per la salute.
Ma chi misura i parametri di PM10?
Su tutto il territorio nazionale esistono le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (in acronimo ARPA) che, attraverso le proprie centraline disposte sul territorio, forniscono i dati sui valori di PM10 e di PM2.5 della regione di pertinenza. Sul sito dell’ARPA della vostra regione (Arpa Piemonte, Arpa Veneto, ecc.) potrete vedere il livello di inquinamento quotidiano della vostra regione. Il colore verde indica il livello di allerta 0, in arancione il livello 1 (4 giorni consecutivi di superamento del valore minimo giornaliero), in rosso il livello d’allerta 2 (10 giorni consecutivi di superamento del limite). Il colore giallo indica i comuni che passeranno, il giorno successivo, al livello di allerta arancione.
Nella foto qui sopra l’esempio del 29/10/22 della Lombardia*.
*Fonte: ARPA Lombardia
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Progetti e sperimentazioni per una Torino più efficiente
Il primo approccio al mondo universitario, per i giovani che decidono di continuare gli studi dopo la scuola secondaria, si configura come una delle tappe del passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Si tratta di una fase di grandi cambiamenti: tra tutti, uno dei principali riguarda il proprio stile di vita. Nella maggioranza dei casi, proprio per via dell’università, ci si avvicina a realtà cittadine ben più vaste e popolate rispetto a quelle a cui si era abituati.
Per quanto mi riguarda, qualche mese fa ho cominciato a frequentare Torino quotidianamente. Per questo, è mia intenzione presentare dei possibili scenari futuri, relativi ai progressi che è auspicabile aspettarsi da questa importante città del nord Italia.
Lo skyline di Torino dal Monte dei Cappuccini - Fonte: Wikimedia Commons
Come evidenziato da un articolo del Prof. Marco Gilli, rettore emerito del Politecnico di Torino, pubblicato su La Stampa, tra i motivi per cui Torino è annoverabile tra le città che trarranno maggior vantaggio dalle potenzialità delle nuove tecnologie, vi sono, oltre alle buone competenze nel campo delle ICT di chi vi lavora e alla qualità del suo sistema sanitario: la presenza di due prestigiosi atenei, frequentati da decine di migliaia di studenti, e la buona integrazione tra gli ambienti impreditoriali e quelli di ricerca.
Nell’attuale giunta comunale della Città di Torino, l’assessore Paola Pisano ricopre proprio l’incarico di responsabile del Progetto Smart City e delle questioni relative all’innovazione. Si tratta della figura chiave del Team per l’innovazione della città, che già da alcuni anni sta definendo una strategia efficace per perseguire l’obiettivo della trasformazione di Torino in una città “smart”, diversa, innovativa, in cui è il cittadino a rivestire il ruolo più importante: le esigenze degli abitanti, così come quelle degli imprenditori e delle aziende, devono essere costantemente soddisfatte, per favorire un miglioramento della qualità della loro vita nel contesto urbano.
L'attuale assessore all'innovazione del Comune di Torino, Paola Pisano - Fonte: Flickr
Per il suo significativo e proficuo operato come assessore all’innovazione, a Paola Pisano è stato perfino conferito il titolo DigiWoman 2018, cioè di donna più influente nell’ambito del digitale in Italia, per altro battendo, nella sfida per aggiudicarsi il titolo, nomi del calibro di Samantha Cristoforetti, astronauta, e Milena Gabanelli, giornalista freelance.
Spesso ci dicono che avremmo dovuto aspettare il momento migliore per fare certi progetti, ma noi non possiamo aspettare, bisognava partire subito. Abbiamo iniziato a pensare a quale doveva essere il nostro futuro, considerando che alcuni trend sono già sotto gli occhi di tutti: le città diventeranno più popolate, l’età media si alzerà e nello stesso vi è la necessità di sempre maggiore inclusione e rispetto dell’ambiente. Da lì ci siamo mossi.
Paola Pisano, intervista di Chiara Caratto, 19 gennaio 2019
Tra le iniziative già in atto nel capoluogo piemontese vi è l’estensione della rete Wi-Fi cittadina, con lo scopo collaterale di ridurre il fenomeno del digital divide che inevitabilmente affligge i quartieri più periferici e screditati. L’obiettivo della copertura totale del territorio urbano è quello di consentire sia ai cittadini di usufruire più agevolmente dei servizi, sia alle aziende (in particolar modo alle start-up) di sfruttare l’infrastruttura per poter sviluppare progetti innovativi.
In molte città del mondo, le reti Wi-Fi estese per tutto il territorio cittadino sono già una realtà; nell'immagine, un cartello che segnala la possibilità di usufruire del Wi-Fi pubblico a Moncton, in Canada - Fonte: Wikimedia Commons
Un’altra interessante modalità attraverso cui gli amministratori della città hanno pensato di favorire l’innovazione tecnologica, è l’adesione ad un network di città, lo STIRx, appendice europea di un’iniziativa prettamente statunitense, lo STIR (Start-up in Residence), che si prefigge l’obiettivo di introdurre l’innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione e di trovare soluzioni ai principali problemi che affliggono l’ambito urbano, uno fra tutti l’inquinamento, attraverso una modalità particolare.
Il Comune individua una sfida ed invita le start-up a proporre soluzioni; coloro che presentano i progetti migliori vengono poi invitati a svilupparli per 16 settimane, aprendo alle stesse start-up una porta verso un nuovo mercato, quello della pubblica amministrazione, consentendo, contestualmente, ai dipendenti comunali che partecipano congiuntamente allo sviluppo della soluzione proposta, di sperimentare innovative modalità di lavoro.
Il servizio di bike sharing ToBike è attivo sin dal 2010, ha una presenza capillare sul territorio cittadino e garantisce la possibilità di conoscere, in ogni momento ed in tempo reale, quante biciclette sono disponibili ad ogni stazione, utilizzando un'applicazione per smartphone apposita oppure il portale Web Muoversi a Torino. Si tratta di uno dei molteplici servizi di sharing cittadini, i quali proiettano Torino verso una mobilità futura basata, forse, sulla condivisione dei mezzi - Fonte: Pixabay
A testimoniare la circostanza che la “corsa” verso l’ideale di smart city da parte della Città di Torino sia iniziata già molti anni fa, è stata la presentazione, nel dicembre 2013, del masterplan Smile: un progetto a cui 350 persone hanno lavorato per circa cinque mesi, con l’obiettivo di ideare un percorso di trasformazione della città, migliorandone la mobilità, riducendone l’inquinamento ed il dispendio di energia non rinnovabile, con il fine ultimo di incrementare la qualità della vita nell’ambito urbano, favorendo, nel contempo, l’attrattiva turistica.
Da tutte queste considerazioni non si può che trarre una semplice conclusione: i progetti innovativi che condurranno al raggiungimento dell’ideale di città intelligente possono realizzarsi soltanto attraendo competenze e con il fondamentale apporto delle università, dei centri di ricerca e delle start-up.
Giorgio Senatore
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TAV: l'indottrinamento inizia dalla scuola | notav.info
È di ieri la notizia del convegno “Il treno del green deal” organizzato al Castello di Novara a cui hanno partecipato il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati e a distanza l’assessore ai Trasporti Marco Gabusi.
Il convegno ha battuto parole di ferro principalmente su due punti: la fantomatica direttrice ferroviaria Lisbona-Kiev e la gigantesca bufala che con il Tav Torino-Lione si raggiungerebbe l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico prodotto dai gas di scarico che oggi producono i camion che trasportano le merci oltralpe.
Ma il dato più inquietante è quello per cui Cirio sostiene che ci sia la necessità di cominciare dai banchi di scuola per spiegare ai ragazzi l’importanza del viaggio su rotaia e di quanto sia idilliaca la favoletta “il treno inquina meno del camion”. E se in linea di logica generale è certamente un’affermazione corretta, il Presidente Cirio si dimentica volutamente di indicare che per costruire il Tav Torino-Lione le emissioni di Co2 sono estremamente fuori misura. Come indicato benissimo anche dalla Corte dei Conti Europea nella relazione dello scorso giugno, che demolisce le stime di progetto, indicando il livello delle merci sovrastimato e quello delle emissioni per la costruzione della linea sottostimato, tanto che – sempre la Corte dei Conti Euoropea – indica che ci vorranno almeno 50 anni dal termine della grande opera per rientrare dell’inquinamento prodotto durante la costruzione della linea ferroviaria.
Inoltre sempre il Presidente Cirio e la cricca Sì Tav, omette di buon grado il fatto che esiste già una linea ad alta velocità, mista per passeggeri e merci che, per quest’ultima, è utilizzata ad oggi solo al 20% della sua capacità.
Senza un briciolo di vergogna Cirio è ritornato a parlare della direttrice Lisbona-Kiev, pur essendo più che consapevole che tale direttrice è solo un’idea eterea poiché il Portogallo ha fatto baracche burattini ed è uscito dal progetto Tav già nel 2012 (ben otto anni fa) e l’est europeo fino a Kiev non ha nemmeno preso in considerazione l’idea di una linea ferroviaria ad alta velocità.
Sembra un costante viaggio avanti e indietro nel tempo. Potrebbe essere il 1991 (29 anni fa) quando La Stampa con un articolo firmato da Beppe Minello titolava cubitale “Treni ad Alta Velocità subito o sarà tardi” oppure potremmo tornare a “Binario Morto” quando Luca Rastello e Andrea De Benedetti, nel 2012 (8 anni fa) erano partititi, con un pacco di caffè, in viaggio da Lisbona per dirigersi a Kiev e scoprire che per migliaia di chilometri non solo non si discuteva nemmeno di treni ad alta velocità, bensì non esistevano nemmeno progetti o progettucoli in tal senso.
Oggi, inoltre, provano a giocarsi la carta “Green Deal” e lo fanno mettendo di mezzo gli studenti proprio perché nell’ultimo anno e mezzo, con la nascita del movimento Fridays For Future e degli importanti contenuti sollevati inizialmente da Greta Thunberg e poi abbracciati da milioni di giovani e giovanissimi, il rispetto e la tutela dell’ambiente sono diventati oggetto di grande discussione tra quelle che sono le nostre generazioni del futuro.
Così, sempre ieri, arriva anche Mauro Virano a dire la sua, tutto giulivo esulta dietro alla conquista per il progetto Tav Torino-Lione del “marchio” Green Deal, proprio come fanno i ragazzini davanti ad un’esilarante buona notizia. Peccato che quello che di nuovo questi stanno cercando di vendere alla popolazione e ancor peggio ai giovani, linfa di questo Paese, è ben più grave di inutile fumo, bensì sono visioni vecchie e spregiudicate.
Andare in una scuola e raccontare che il treno inquina meno del camion è una semplificazione estremamente grave se utilizzata per strumentalizzare i giovani. Forse questi barbagianni dovrebbero anche dire che sono trent’anni che parlano di urgenza ogni volta che qualcuno di nuovo conquista la poltrona politica più alta, ma che poi questa urgenza si arena una volta stanziati i fondi alle ditte appaltatrici che, guarda un po’, non solo sono quasi sempre in mano ai soliti grandi gruppi edili, ma in più, diverse volte, alcune delle aziende sono state successivamente stralciate poiché colluse con la ‘ndrangheta.
E nel mentre che questa cricca di vecchi borbottoni continua a battere su idee vetuste, il Pianeta ci dice che abbiamo solo più 11 anni, per prendere una direzione netta verso l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico. Insomma non si possono utilizzare retoriche di discorsi puri come quelli portati in piazza dai giovani del Fridays For Future, per vendere la storiella che il Tav non inquina. Soprattutto in un momento come questo con l’emergenza sanitaria che spinge come un moloc di fronte ad una sanità pubblica e territoriale depredata da chi sceglie di stanziare miliardi di euro in una grande opera che metterà a serio rischio la salute, fregandosene totalmente dell’urgenza espressa da chi lavora nel settore medico sanitario, che urla ad una maggiore prevenzione. Come si possono prevenire malattie respiratorie se per 30anni si effettuano lavori inquinanti, si spostano materiali contaminati come lo smarino e lo si fa in più con metodi di controllo definiti “alla chetichella”.
Ma il ritornello di Cirio non si ferma solo alle bubbole anti inquinamento, il fenomeno continua sulla follia del vantaggio per il mondo del lavoro. Peccato che ormai sia chiaro anche ai sassi della Val Clarea, che non esisterà alcun incremento lavorativo reale per nessuno, se non per le mafie del tondino e del cemento. Anche perché – e sono i dati a dirlo – il commercio transfrontaliero è in netto calo da vent’anni, come ben evidenziato sempre dalla Corte dei Conti Europea che definisce sovrastimato il calcolo delle percentuali di merci che necessitano del passaggio oltralpe.
E se per un soggetto come Mauro Virano, che nel 1948 aveva quattro anni e i treni al tempo viaggiavano ad un massimo di 90 km/h e la poesia dell’immaginario poteva anche spingere verso l’idea di un treno supersonico per andare ovunque, visto che nel primo dopoguerra i mezzi erano veramente limitati, i giovani di oggi hanno solamente poco più che una manciata di anni per spingere il mondo politico verso una netta presa di responsabilità per un serio utilizzo delle – ormai poche – risorse che il nostro Paese dispone.
Non lasceremo il partito unico del TAV indottrinare ragazzi e ragazze senza che sia possibile ascoltare una voca contraria. Se pensano di poter fare una tranquilla passerella aziendale nelle scuole possiamo già promettere che le cose andranno ben diversamente e saranno gli alunni in prima persona a ribellarsi a questa teatrino per pretendere un’informazione corretta.
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Cambio al vertice dei Carabinieri Forestali ad Asti: il Capitano Valeria Delponte subentra al Capitano Claudia Santonocito
Nuove sfide e continuità nell’impegno per la tutela ambientale in provincia di Asti.
Nuove sfide e continuità nell’impegno per la tutela ambientale in provincia di Asti. Asti, settembre 2024 – Avvicendamento importante al Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale (NIPAAF) della provincia di Asti: il Capitano Claudia Santonocito ha ceduto il comando alla collega Capitano Valeria Delponte, in arrivo dalla provincia di Pavia. Il Capitano Santonocito,…
#aggressione patrimonio naturalistico#Alessandria news#Alessandria today#ambiente e legalità#ambiente e sicurezza#Asti#azione contro inquinamento#Biodiversità#cambio comando Carabinieri#Carabinieri Forestali#Carabinieri Forestali Piemonte#carabinieri investigazione#carabinieri Liguria#Claudia Santonocito#contrasto reati natura#controllo CITES#controllo territorio.#Convenzione di Washington#crimini ambientali#danni paesaggistici#Delta 3 Edizioni#difesa ambiente#difesa ecosistemi#eventi settembre 2024#fauna e flora selvatica#formazione ufficiali Carabinieri#Google News#italianewsmedia.com#lotta inquinamento#monitoraggio forestale
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Alessandria, scoperta discarica di auto abbandonante
Alessandria, scoperta discarica di auto abbandonante. I Carabinieri della Stazione Forestale di Casale Monferrato, coordinati dalla Procura della Repubblica di Vercelli, a seguito di specifiche attività di indagine nell’ambito della tutela ambientale, hanno deferito in stato di libertà il legale rappresentante di una autocarrozzeria del casalese. I fatti A seguito di accertamenti documentali e del controllo diretto presso un’area in uso alla società, i Carabinieri rilevavano la presenza di centinaia di veicoli in evidente stato di abbandono e per questo assimilabili a rifiuti pericolosi, classificati come tali anche grazie all’ausilio tecnico di personale dell’ARPA Piemonte. Il sito, di circa 2.500 metri quadrati, ubicato ai margini di un’area industriale, mimetizzato grazie anche alla presenza della fitta vegetazione, era privo dei requisiti minimi volti a impedire il potenziale inquinamento del suolo e delle falde acquifere. L'inquinamento era dovuto al continuo sversamento di liquidi inquinanti rilasciati dai veicoli, che non avevano subito il necessario trattamento per la rimozione delle componenti pericolose per l’ambiente. La situazione I veicoli erano accatastati gli uni sugli altri e risultavano evidentemente abbandonati da molto tempo, in quanto completamente avvinti dalla vegetazione. Alla luce di quanto riscontrato, i Carabinieri procedevano ad applicare la misura cautelare del sequestro preventivo dell’intera area e di tutti i rifiuti presenti, successivamente convalidato dal Tribunale di Vercelli, contestando all’indagato la realizzazione di una discarica non autorizzata di rifiuti pericolosi. La bonifica Al termine delle attività di indagine, è stato interessato il competente Comune al fine di provvedere all’emissione di un’ordinanza per la rimozione dei rifiuti inquinanti e per la successiva bonifica dei terreni interessati. Read the full article
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Sulla Tav, e più in generale sulle opere infrastrutturali, si sta giocando una partita delicata nel governo. Anche qui si nota la differenza tra il “rito ambrosiano”, fatto di concretezza, visione e coraggio (...) e quello romano, fatto di vertici che non servono a prendere decisioni, ma a fare dirette Facebook. Non c’è un solo valido motivo per non farla, la Tav: è una linea ferroviaria, non una super-autostrada-che-porta-inquinamento, il traffico lo toglie. E’ utile al Piemonte, al nord e all’Italia, visto che inserisce il nostro Belpaese nel sistema dei “corridoi europei” ovest-est. Da ministro dell’Interno avevo contrastato le violenze (fisiche) dei No Tav, a cui ora si aggiungono quelle (verbali) di Beppe Grillo: sul suo blog elenca i 9 buoni motivi (buoni per lui) per dire no alla Tav. Segnalo l’ultimo dei “vaffa” che dovrebbero convincere Di Maio & Co. a dire no all’opera: “Il progresso non deve essere confuso con la crescita infinita”. (...) Occhio: la decrescita non è mai felice, anzi (...). E allora forza Lega, forza Salvini, prima gli italiani (e se è ancora consentito prima il nord): mandiamo un bel vaffa ai vaffa che vogliono un futuro al lume di candela.
R.Maroni via https://www.ilfoglio.it/barbari-foglianti/2018/08/08/news/tav-mandiamo-un-bel-vaffa-ai-vaffa-209194/
Soprattutto, non dovrebbe esser consentito al Partito dei Teroni (c) di metter bocca sulle priorità che il Nord si dà, gestite dal suo Partito dei Polentoni (c).
O si crede nel rilancio di una Unità (super)Nazionale moderna e funzionale, cioè ognuno decide a casa propria, in armonia federale estesa a livello europeo (più AlpeAdria e Occitanie, meno Cermanie e Itaglie), oppure ognun per sé e Dio per tutti.
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19 feb 2021 12:26
UN PRETESTO PER INDAGARE SI TROVA SEMPRE: OGGI LO SMOG, DOMANI L'AFA? - LA SINDACA DI TORINO, CHIARA APPENDINO, E IL PRESIDENTE DELLA REGIONE PIEMONTE, ALBERTO CIRIO, INDAGATI NELL'AMBITO DELL'INCHIESTA DELLA PROCURA DI TORINO SULL'INQUINAMENTO AMBIENTALE - AVVISO DI GARANZIA ANCHE PER I LORO PREDECESSORI, FASSINO E CHIAMPARINO…
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(ANSA) - La sindaca di Torino, Chiara Appendino, e il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, sarebbero tra i destinatari degli avvisi di garanzia nell'ambito dell'inchiesta della procura di Torino sull'inquinamento ambientale. Secondo quanto si apprende, analogo provvedimento sarebbe stato notificato ai loro predecessori, Piero Fassino e Sergio Chiamparino, oltre agli assessori all'Ambiente che si sono succeduti negli ultimi anni.
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Il 60% delle acque Italiane sono chimicamente inquinate
Dagli antibiotici ai pesticidi: ecco la chimica che inquina il 60% delle acque italiane. Anche microplastiche e creme solari: tante le sostanze e i composti chimici di quotidiano utilizzo che inquinano i corpi idrici. Un dossier di Legambiente fotografa l'inquinamento industriale.
Il fiume Seveso (foto: Mauro Lunardi, via Wikimedia Commons) Nei giorni del lockdown abbiamo visto le acque più limpide, dai fiumi alla Laguna. Ma cosa c'è che le inquina? E con quali impatti su salute e ambiente? Il dossier di Legambiente dal titolo "H2O – la chimica che inquina l’acqua" (qui il .pdf) fa il punto sulle sostanze inquinanti immesse nei corpi idrici, con numeri, dati e un focus dedicato alle sostanze emergenti: tra queste fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, microplastiche. Sono 46 le storie raccolte a testimonianza della contaminazione. Lo sversamento incontrollato In Italia circa il 60% dei fiumi e dei laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Su dati del registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register), l’associazione ambientalista calcola inoltre che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici. Acque inquinate d'Italia: il dossier di Legambiente Alla vigilia della Giornata mondiale dell’Ambiente, l’associazione ricorda che la corretta gestione e la cura della risorsa idrica devono essere una priorità del Paese insieme alle bonifiche e al rafforzamento della Direttiva Quadro Acque per mantenere gli obiettivi, senza nuovi slittamenti e sotto la revisione degli Stati membri. E
lancia un appello al Governo, affinché una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall’Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano per favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e acquedottistica, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico. "Per anni utilizzati come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali, i nostri fiumi, laghi, acque marino-costiere e falde sotterranee sono stati contaminati da scarichi inquinanti: ma oggi, alle minacce di ieri se ne aggiungono di diverse e non meno insidiose". L'obiettivo, in questa Fase 2 che vede ripartire la gran parte delle attività, è imporre una ripartenza diversa. A cominciare delle industrie che continuano a perseguire metodi e attività incompatibili con la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche in particolare, come dimostrano casi ancora aperti quali gli sversamenti illeciti nel fiume Sarno, in Campania, il più inquinato d’Europa, o quello del bacino padano, area di maggiore utilizzo europeo di antibiotici negli allevamenti, i cui residui si ritrovano nelle acque. I laghi dei veleni alle pendici del Vesuvio: il videoreportage sull'inquinamento del Sarno "La riapertura delle attività produttive – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – ci ha restituito in diverse situazioni anche la riattivazione di scarichi inquinanti nelle acque. Un fenomeno che ha un impatto notevole su corpi idrici in molti casi già compromessi da decenni di inquinamento e oggi minacciati anche dalla presenza dei nuovi 'contaminanti emergenti', un rischio per la salute, oltre che per l’ambiente. Di certo non può essere il lockdown la misura per restituirci acque limpide, ma ora che abbiamo tutti visto come sia possibile ritornare ad avere fiumi e laghi puliti, occorre puntare sulle giuste politiche e misure a livello nazionale fin da questa fase di ripartenza".
"Servono un sistema di controllo e monitoraggio sempre più accurato e uniforme su tutto il territorio nazionale e un’azione di denuncia degli scarichi illegali. - prosegue Zampetti - Per questo abbiamo deciso di iniziare a raccogliere le segnalazioni sugli scarichi inquinanti da parte delle persone che continueranno ad essere sentinelle sul territorio. Le storie che abbiamo raccolto in questo dossier ben ci raccontano le pratiche legali e illegali che tutt’oggi continuano ad avvelenare acque, persone e territori. Condotte che non sono più tollerabili, specie in settori che dovrebbero essere protagonisti di una nuova fase di transizione ecologica”. La Direttiva Acque e gli obiettivi mancati "Il raggiungimento di una buona qualità ecologica e chimica dei corpi idrici in Europa, che la Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) aveva fissato al 2015, non è più procrastinabile – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente –– Diverse le cause del mancato conseguimento dei risultati, tra cui gli scarsi finanziamenti erogati, un’attuazione troppo lenta della direttiva da parte degli Stati membri e un’insufficiente integrazione degli obiettivi ambientali nelle politiche settoriali. L’Italia, da questo punto di vista, è in forte ritardo. La piena attuazione della Direttiva Acque, peraltro, è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici: serve a migliorare lo stato ecologico dei corpi idrici, restituire spazio ai fiumi, mitigare il rischio alluvioni ed evitare alterazioni dei corridoi fluviali rispettando la naturalità. Per una ripartenza post-Covid, occorre che anche le aziende facciano la loro parte”. L'effetto cocktail
L’Ue ha individuato inoltre 45 sostanze prioritarie che rappresentano un "rischio significativo per l’ambiente acquatico o proveniente dall’ambiente acquatico" che gli Stati membri sono tenuti a monitorare: per lo più nelle nostre acque se ne individuano due famiglie, sostanze organiche e metalli pesanti, immesse tramite i processi produttivi o gli impianti di depurazione delle aree urbane. Non meno impattanti, ma considerati emergenti, sono invece le migliaia di contaminanti cui Legambiente dedica un capitolo a parte: inquinanti dai potenziali effetti avversi su salute e ambiente stimati in oltre 2.700 in commercio, in gran parte non regolamentati. Tra questi, fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, additivi plastici industriali, prodotti per la cura personale, nuovi ritardanti di fiamma e microplastiche. Sostanze magari presenti nelle acque in piccole concentrazioni, ma che interagendo per molto tempo possono creare un 'effetto cocktail'. Allarme pesticidi
Sono 130 mila all’anno, invece, le tonnellate di pesticidi usate nella filiera agricola italiana: secondo l’Ispra, quantità significative di principi attivi e metaboliti di questi fitofarmaci si ritrovano in acque superficiali (67%) e sotterranee (33%), evidenziando la correlazione fra chimica nelle filiere tradizionali e impatti negativi sul sistema idrico, come sostenuto da sempre anche da Legambiente. Altro rischio sanitario deriva dai contaminanti nelle attività agrozootecniche: una ricerca pubblicata da The Lancet nel 2018 rivela che in Italia avviene un terzo delle 33 mila morti annue nell’Ue da infezioni da Amr (agenti resistenti agli antimicrobici). Nel 2019 l’Agenzia Europea del Farmaco ha evidenziato un uso di antibiotici sproporzionato nei nostri allevamenti: 1.070 tonnellate all’anno, il 16% dei consumi Ue, con il bacino padano area di maggiore utilizzo europeo.
La mappa dei casi italiani di acque inquinate non è affatto rassicurante. Il dossier fotografa casi che da decenni aspettano bonifiche e riqualificazioni. Partendo da Porto Marghera in Veneto, primo sito nazionale da bonificare individuato nel 1998, passando per la Sardegna con il forte inquinamento da metalli pesanti nella zona industriale di Portoscuso e quello da sostanze organiche, solventi clorurati e idrocarburi nella zona industriale di Porto Torres, per arrivare in Sicilia, a Milazzo, Gela, Augusta Priolo e Melilli, devastate dalle industrie del petrolchimico. In mezzo, tanti altri siti d’interesse Nazionale: dalla laguna di Grado e Marano in Friuli alla Caffaro di Brescia in Lombardia; dai siti toscani di Piombino, Livorno e Orbetello a quelli marchigiani di Falconara Marittima; dalla Valle del Sacco nel Lazio ai siti pugliesi di Brindisi, Taranto e Manfredonia. Tutte aree dove IPA, PCB, metalli pesanti, diossine, pesticidi e idrocarburi hanno portato a problemi sanitari oltre che ambientali. E ancora, la Campania, con l’inquinamento del fiume Sarno e delle falde del Solofra, e la Terra dei Fuochi; la contaminazione del lago Alaco in Calabria, quella delle acque potabili dei comuni metapontini in Basilicata, del lago d’Orta in Piemonte o dell’acquifero del Parco Nazionale del Gran Sasso, in Abruzzo, dove Legambiente è parte civile nel procedimento penale in corso. L'emergenza Pfas
Sono solo alcune delle decine di casi segnalati nel dossier, che si avvale dell’apporto dei circoli locali e regionali di Legambiente. Come per il focus sui pesticidi e sul glifosato in Emilia Romagna. O, ancora, per gli approfondimenti sull'inquinamento da Pfas (composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili ad acqua, sporco e olio), con i casi della provincia d’Alessandria, dove è in fase di autorizzazione un progetto che prevede l’utilizzo di una nuova sostanza (cC604) dagli effetti potenzialmente dannosi in un’area in cui “l’eccesso di ricoveri e di mortalità è segnalato da anni”; del Veneto dove l’inquinamento da Pfas è storicamente dovuto allo scarico di un’industria chimica e interessa le province di Vicenza, Verona e Padova, minacciando la salute di 300 mila persone; della Lombardia, dove l’Arpa ha rilevato Pfas in tutti i bacini della pianura. Le proposte di Legambiente Oltre all’appello al Governo, l’associazione ambientalista rilancia alcune sue proposte. Secondo Legambiente, le microplastiche devono rientrare tra i criteri di valutazione del buono stato delle acque interne. Serve, inoltre, dare spazio all’innovazione tecnologica e ridurre drasticamente l’uso di sostanze di sintesi pericolose in agricoltura. Per farlo occorre approvare i decreti attuativi della Legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale (Snpa), consentendo di potenziare, uniformare e migliorare i controlli sul territorio incidendo sulla prevenzione dall’inquinamento. Read the full article
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