#influenze campane
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arreton · 1 year ago
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Avevo letto "Ki t'è stra muort"
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fotografoinviaggio · 2 months ago
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Alla scoperta del Bon Gesù do Monte
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Immagina un'alba dorata che si spande su una città incastonata tra le colline, i primi raggi di sole che illuminano un santuario bianco e imponente, il suono delle campane che si diffonde nell'aria fresca del mattino. Questo è il Bon Gesù do Monte, un'esperienza che ti porta indietro nel tempo, un luogo dove la fede e la bellezza si fondono in un'unica, intensa emozione.
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Un pellegrinaggio spirituale
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L'ascesa al santuario è un percorso di scoperta. Iniziando dalla base del monte, ti immergi in un'atmosfera di pace e spiritualità. Il sentiero, fiancheggiato da statue e cappelle che illustrano la Passione di Cristo, è un cammino di riflessione e introspezione. Ogni passo ti porta più vicino al santuario, un vero e proprio capolavoro architettonico in stile barocco. La scalinata, con i suoi 116 gradini, è un simbolo di sacrificio e di cammino verso la redenzione. La vista che si gode dalla cima è mozzafiato, la città di Braga si distende ai tuoi piedi come un tappeto verde, punteggiata da edifici storici e moderni.
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Un viaggio nella storia Il Bon Gesù do Monte è una vera e propria porta sul passato. La sua costruzione, iniziata nel XVII secolo, ha visto l'alternarsi di diverse influenze artistiche, dando vita ad un'architettura maestosa e ricca di dettagli. Il santuario, dedicato a Gesù Nazareno, è un capolavoro di arte sacra, con altari in legno scolpito, affreschi che raccontano la vita di Cristo e un'aura di mistero che cattura l'anima. La cappella del Santo Sepolcro è un luogo di particolare fascino, con la sua atmosfera cupa e suggestiva.  
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Il monte del miracolo La storia del Bon Gesù do Monte è intrisa di leggende e miracoli. Si racconta che, durante l'epidemia di peste del XVI secolo, un miracolo salvò la città di Braga dalla morte. Il santuario divenne un luogo di pellegrinaggio, una speranza per le persone afflitte e un punto di riferimento per la fede. Ancora oggi, molti fedeli si recano al Bon Gesù per trovare conforto e speranza, per chiedere la grazia di un miracolo o per ringraziare per la protezione divina.
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Conclusione Il Bon Gesù do Monte è un luogo unico, un'esperienza che ti cattura l'anima. La sua bellezza architettonica, la sua storia ricca di fascino e la sua aura di spiritualità ti accompagnano in un viaggio indimenticabile. Lasciati trasportare dalla storia, immergiti nella bellezza del luogo, e riscopri il potere della fede in questo santuario che si erge maestoso sulle colline di Braga.     Read the full article
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Ghali esce "Pizza Kebab" vol.1 il disco che torna alle origini
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Ghali esce "Pizza Kebab" vol.1 il disco che torna alle origini Ghali torna alle origini: la trap del 2016 che l'ha proiettato nella stratosfera del pop, dove è stato consacrato con 50 dischi di platino e 15 oro conquistati. Il suo nuovo album, PIZZA KEBAB VOL.1, esce domani venerdì 1 dicembre e si compone di quattordici tracce che sono ritmate e melodiche, introspettive e ultraespressive: diamanti grezzi che brillano al buio dei tempi in cui viviamo. Un tour de force dell'artista che da Baggio ha conquistato il mondo e ora torna alle radici, rivisitando la musica trap nella maniera a tratti adrenalinica e schizzante, a tratti dolente e cullante che è il suo marchio di fabbrica. Canzoni secche e concise di un virtuoso del rap e della trap internazionali. Dopo il lungo viaggio che lo ha portato a Los Angeles e in Corea, Messico, Tunisia, Marocco, Ghali è tornato a Milano pieno d'energia creativa. E ha deciso di mettere insieme talenti e influenze per realizzare un album d'eccezione di puro trap. PIZZA KEBAB VOL.1 è prodotto dagli allievi KIID e Sadturs assieme al rapper di Rabat Draganov e al sound engineer di Los Angeles Night Feelings. Il disco conferma lo status di Ghali come messia della trap italiana e artista capace di parlare diversi linguaggi tanto da raggiunger lo status di icona mondiale della musica urban. L'album contiene featurings d'eccezione come Geolier, fenomeno tra i più clamorosi degli ultimi anni in Italia, il cui ultimo album è il più ascoltato del 2023, nel brano TANTI SOLDI, Luchè, icona del rap nazionale la cui musica non ha confini, in SOTTO CONTROLLO, Tony Effe, Dylan e Side Baby, in PAURA E DELIRIO A MILANO , Simba La Rue in MACHIAVELLI, Soolking in BUONASERA (una trap hit euromed), e Digital Astro in CELINE, oltre alla supercatchy SAFI SAFI con Draganov. STO Ghali torna a trappare. Con STO ovunque, che è l'intro del disco, ma anche l'ultima traccia registrata. Si sente l'energia giusta trovata in studio e la soddisfazione del lavoro concluso. Ghali è fiero del suo nuovo progetto e fiero del progetto decide di aprirlo con un riassunto, dalle origini al comeback. La traccia si apre con una base ipnotica e martellante, un suono di campane apre la coming-of-age-story di Ghali bambino che gli altri vedono come tunisino, che a vent'anni è un ghetto boy, a 25 una star e oggi a 30 fa tabula rasa e riparte dagli inizi: qui sto e qui resto, e l'etichetta Sto significa tutto questo. PAURA E DELIRIO A MILANO (feat. Tony Effe, Dylan, Side Baby) La traccia nasce dall'idea dell'artista di voler riunire i suoi tre amici Tony Effe, Dylan e Side Baby. Tutti e quattro in studio, lavorano congiuntamente alla realizzazione di Paura e delirio a Milano. Una notte incredibile, di grande sintonia tra gli artisti che in puro sciallo chiudono una hit magistralmente prodotta da Sadturs e KIID. I trapper romani cospirano con il muezzin della trap milanese per restituire un ritratto sonoro della Milano allucinata del 2023: non la Las Vegas di Hunter S. Thompson, ma la Milano di oggi, in preda a paranoie securitarie, ostaggio di notti selvagge e giovani dei quartieri. MACHIAVELLI (feat. Simba La Rue) Questa traccia nasce il giorno successivo al rientro dal recente viaggio in Egitto, quando Ghali insieme al producer della sua label KIID e tutto il suo team si sono lanciati nell'impresa di questo disco. Ghali e KIID si incontrano in studio e parte il freestyle. Ghali barra per barra entra in un mondo tutto suo, e ha qui come complice Simba La Rue, l'artista di origine marocchine agli onori delle classifiche e delle cronache. Si tratta di una traccia pesantemente onirica, rappata quasi come in un sogno REM, piena di visioni cupe e criminali, un rosario di angosce represse e rabbie espresse. SOTTO CONTROLLO (feat. Luchè) Continua lo stesso metodo. Beat di KIID, in freestyle al microfono, trap vera. Nello studio passa Luchè, che ascolta il progetto e sceglie di collaborare a questa traccia. Grande sintonia tra i due artisti, che scrivono insieme e chiudono quello che è uno dei pezzi preferiti di Ghali. SOTTO CONTROLLO allude al suo opposto, lo stato di caos e confusione mentale mentre passi da una frontiera all'altra ancora in hangover dalla notte prima. Il ritornello è scanzonato, le rime sono ficcanti, la canzone s'incide nelle reti neurali dell'ascoltatrice/tore. COCO La traccia cambia completamente il registro. Era un provino nato a casa di Ghali, in un periodo di "riscaldamento della scrittura". Ghali registra COCO a casa sua sul beat di Finesse. A pochi giorni dalla chiusura del disco Draganov, producer e cantante marocchino venuto in Italia per impacchettare il disco dell'amico Ghali, svolta la traccia con il tocco che trasforma una canzone bella in una canzone indimenticabile. COCO è il soffio romantico dell'amore sussurrato, una composizione piena di affettuosa nostalgia per una relazione con una ragazza che ha aperto il cuore a Ghali, che la ricorda con tenerezza e gentilezza. TANTI SOLDI (feat. Geolier) La traccia nasce come bisogno di Ghali di descrivere cosa succede nelle strade, lui che ci è cresciuto, ma che fa parte di nessuna "gang". Il pezzo parte con uno storytelling di un beef tra rappers finito male. Ecco un rap classico da origini gangsta rap dove Ghali è assieme a Geolier. Il pezzo si apre con una voce Mina che definisce la scena. Parte Ghali con un incipit quasi omerico, con uno storytelling di un beef tra rapper finito male. Quindi il coro con Geolier e l'epica di un amore contrastato sullo sfondo del cash che piove su giovani rapper che cercano di dare un senso a questa vita, sorprendente e maledetta. ZUPPA DI SUCCO DI MUCCA Un pezzo che resta indelebile nella memoria perché distilla il Ghali sound. Con una base in levare, il genio di Baggio si autoanalizza liricamente mentre prende di mira le ossessioni foodiste della civiltà contemporanea e tesse un elogio della pizza kebab piccante, il cibo della compagnia del parchetto. DIMMI LA VERITA' Una ballata agrodolce in autotune su un amore contrastato ("diamoci un bacio o diamoci un taglio") poi finito male, nel senso che ora frequenta un'altra in giro per la città. Ma in quella che è anche una confessione, Ghali sente dentro di sé una metamorfosi avvenire e al contempo il timore della vita pienamente adulta (vedi lo sfuggente accenno alla paternità come categoria del possibile). Soprattutto, sulla canzone aleggia il sentimento della mancanza ("a letto eravamo fuego"). SAFI SAFI (feat. Draganov) In studio durante una pausa dalle registrazioni, Ghali decide di far tornare Draganov il grande rapper che è. Freestyle al microfono per una grande hit italo-marocchina: cantata in francese e italiano, è un inno alla gioventù multietnica dell'Europa mediterranea. L'espressione vuol dire "ok, va bene così" in arabo marocchino. Cantata in francese e italiano è un inno alla gioventù multietnica dell'Europa mediterranea. C'est fini, cantano i due e alludono alla fase eroica della trap, che si è conclusa con la sua piena legittimazione in quanto prodotto culturale che parla a tutte le città del mondo. CELINE (feat. Digital Astro) Dopo l'inserto sonoro 2:30 AM dove si parla di una Rolls Royce che potrebbe scomparire nella notte brava di Gotham, si apre CELINE CELINE con Digital Astro, membro del vivaio di Ghali che già aveva collaborato a SENSAZIONI ULTRA al brano Peter Parker. Tutti e due davanti al microfono si alternano divertendosi trasportandoci nel mondo della vita da star. Il brand di lusso è in realtà una scusa per un pezzo mesmerico con effetti synth e il ritornello incalzante "mamma non ti preoccupare, continuano ad entrare". SENZA PIETA' Fra sinistri rintocchi di campana, Ghali cantilena l'alienazione di troppi party scialbi e forzati e il disorientamento della condizione giovanile contemporanea. E' un momento senza pietà della storia del mondo e il musicista deve astrarsi da quelli intorno a lui per capire cosa avviene e pensare al nuovo disco. BUONASERA (feat. Soolking) Una traccia reggaeton che va dritta al cuore. Sinuosa e impetuosa, colma di influenze e melodie arabe, è una hit potenziale. Ha ritmo ma è anche venata di poetica malinconia. La sinergia col cantante algerino Soolking è perfetta, quando entra Ghali il binomio scintilla. PECCATI Il pezzo, dolce e freschissimo, è una confessione personale e un'invocazione di perdono. E' l'ammissione di Ghali che ha peccato come una rockstar ma è sempre il ragazzo del quartiere non importa dove va. Ecco perché Ghali è unico, perché è amletico, roso dal dubbio, in bilico fra due mondi in questa esistenza maledetta ma sublime.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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micro961 · 1 year ago
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Blayk - Il singolo “Senza destinazione”
Torna il rapper sulla scena nazionale con un nuovo singolo sugli stores digitali e nelle radio
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“Senza destinazione” è il nuovo e atteso singolo dell’eclettico Blayk sui principali stores digitali e dal 22 settembre nelle radio italiane in promozione nazionale. “Senza destinazione” inizia con la frase: “Basterebbe così poco per far sì che sia equo il mondo, eppure è tutto fuori posto, fuori luogo". Nella quotidianità e con la vita costantemente da rincorrere (dalla frase: "Il tempo mi trovo sempre a rincorrerlo”), si dimentica cos'è davvero essenziale per l'individuo, semplice, felicità quindi pace con se stessi prima e con il resto del mondo poi. “In questo mondo mi sento alieno” è la frase con la quale l'artista fa intuire la totale riluttanza a conformarsi alle regole che trascurano e poco considerano il bene del singolo a cospetto del bene comune. Perdendo la propria identità insieme a se stessi, tra “stress e routine”, in costante competizione e dovendo sempre dimostrare qualcosa, ci si accontenta di vivere una vita normale, lasciandosi trascinare dalla corrente, senza opporsi, perché si sa, è sempre stata la scelta più comoda (“Tra questi automi in continuo aumento con su gli arti i fili in file da evento, lobotomia senza intervento”). Alla fine, l'artista, nonostante tutto riesce ancora a provare emozione scrivendo una canzone.
“Le consapevolezze con le quali cresciamo e sulle quali fondiamo le nostre certezze sono in realtà un'illusione e la conseguenza di un malessere al quale non sappiamo dare una risposta concreta. (Crollano ogni giorno più certezze). Un loop dal quale è difficile uscire a meno che non si decida di ascoltare la propria voce interiore non dando ascolto a nessuno (Se sceglierò di amarmi invece, ascolterò la voce e voi tacete).” Blayk
Storia dell’artista
Blayk, vero nome Marco, è un rapper di origini campane che cresce a Roma nel quartiere Casal Bruciato. I primi approcci con la musica Hip-Hop risalgono al periodo adolescenziale; inizia ad ascoltare artisti americani quali, Tupac, Notorius B.I.G., Eminem, 50 Cent, Snoop Doog, Lil Wayne, Rick Ross, Kanye West e Ice Cube, per citarne alcuni. Si appassiona al genere e scopre in seguito il Rap italiano, principalmente quello Underground tramite i collettivi del TruceKlan, Brokenspeakers e Co’ Sang, che senza filtri raccontano la periferia. Le maggiori influenze derivano però dai Club Dogo, Fabri Fibra e Marracash. Di lì a poco inizia a scrivere i primi testi su basi americane, realizzando nel 2008 “Wild Coast mixtape”, un insieme di tracce registrato interamente nella sua cameretta, adibita a “studio” per l'occasione. Sin da subito i contenuti dei suoi pezzi sono caratterizzati da un senso di ribellione e malessere. Nel 2011 resta coinvolto in un incidente automobilistico e nei mesi a seguire, trova conforto nella scrittura; nel 2012 realizza “La Fenice”. Il titolo cita appunto l’uccello mitologico e la sua rinascita dalle ceneri. Il progetto è composto da 16 tracce nel quale si alternano testi riflessivi, in cui rielabora appunto gli stati d'animo provati in quei momenti, ad altri più leggeri, accompagnati da melodie orecchiabili. Negli anni a seguire incide altri pezzi, ma non ne pubblica nessuno. Per un periodo accantona la musica, dedicandosi ad altro. Inizia ad accostarsi al mondo del lavoro ma si rende conto ben presto che quei contesti non fanno per lui. Le varie esperienze di vita che lo hanno segnato, lo portano a tornare ad esprimersi con il Rap. Il 10 maggio 2019 esce così “Transition”, il suo primo album ufficiale, disponibile su tutte le piattaforme digitali! Un viaggio in musica che collega 13 brani l’uno con l’altro e racconta, nella sua spontaneità, la fase di transizione di Blayk, sia come persona che come artista. Nel 2022 pubblica due singoli, “Ci stavo per finire” e “Vivo o morto”, fino ad arrivare a “Senza destinazione” nel 2023. Per la scrittura trova ispirazione un po' dappertutto. Durante le sue giornate appunta idee, frasi o parole, che vengono spesso fuori da conversazioni o situazioni che vive. Questi sono gli input dai quali nascono i suoi testi che generalmente sviluppa di sera o la notte.
Instagram: https://www.instagram.com/therealblayk/
Facebook: https://www.facebook.com/people/Blayk/100063590065520/
YouTube: https://www.youtube.com/@BLAYKOFFICIALCHANNEL
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tarditardi · 2 years ago
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Ferragosto @ Papeete Beach - Milano Marittima (RA)… Sunset Ritual e/o Beach Party? 
Già il 10 e poi dal 12 al 15 agosto, al Papeete Beach, simbolo di sole, mare e divertimento a Milano Marittima (RA), i beach party scatenati si susseguono. Mercoledì 10 agosto l'appuntamento è con Nomad Beach Party, che riempie di ritmo ed energia la spiaggia fino alle 10 di sera. La domenica,  spesso, ai tanti e validi artisti che animano i party di Papeete Beach si aggiungono quelli di Vida Loca. Guarda caso il celeberrimo format pop, hip hop & reggaeton, come ogni anno intorno a Ferragosto fa pure ballare Villapapeete, il giardino notturno e serale di Milano Marittima intorno a Ferragosto. L'appuntamento con Vida Loca a Villapapeete quest'anno è per lunedì 15 agosto.
Ma come sa chi lo frequenta da oltre vent'anni, Papeete Beach non va solo rima con beach party: è prima di tutto una spiaggia per tutta la famiglia  pensata e organizzata per che ha semplicemente voglia di oziare sotto il sole. 
Al Papeete Beach tutto è pensato per dimenticare i problemi di ogni giorno... e farsi coccolare dallo staff del Papeete. I servizi sono all'altezza delle aspettative dei più esigenti e di un pubblico decisamente vasto, che va 0 a 99 anni. 
Al Papeete Beach lo stile c'è, eccome, ma va sempre d'accordo con la qualità. Divertirsi e/o oziare qui è farlo sentendosi al centro della scena. C'è chi, semplicemente, se ne sta al sole o sotto l'ombrellone, scegliendo tra lettini e grandi kingbed da dividere con gli amici. Chi invece non vuol star fermo, entra in acqua e si diverte con divanoni o banana boat. Tra un selfie e una risata, la sera arriva in un attimo.
Andiamo però con ordine: la giornata perfetta, al Papeete Beach, inizia con una colazione da re da gustare in riva al mare, magari con i piedi nella sabbia, accomodati sul proprio lettino. Tra l'altro, il relax al Papeete Beach è decisamente ecologico. Basta seguire le indicazioni insieme al logo "etica eco" nelle diverse  installazioni della spiaggia per fare la propria parte. 
Più tardi, quando il sole è alto nel cielo, è difficile non cedere alla voglia di gustare i piatti di Vincenzo Caputo, al nuovo beach restaurant La Pluma (aperto solo a pranzo). D'origine partenopea, lo chef nei suoi piatti rivisita le ricette simbolo della cucina romagnola, con influenze campane ed internazionali. L'alternativa veloce è una piada, preparata a regola d'arte, in riva al mare o accomodati al Tropical Bar di Papeete Beach.
E al tramonto, dopo un altro bagno di sole, che si fa? Dal lunedì al venerdì, dalle 17:30, per tutta l'estate, ecco Sunset Ritual, l'aperitivo di Papeete Beach da vivere accompagnati dal sound dei dj di Radio Papeete. Se il sabato e la domenica l'atmosfera è scatenata, durante la settimana, mentre ci si lascia cullare dal sound dei dj di Radio Papeete, si gustano cocktail d'eccellenza accompagnati da tapas gourmet.
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Papeete Beach 
Via Terza Traversa Pineta 281
48015 Milano Marittima – RA
https://www.papeetebeach.com
InfoLine: +39 348 9700555
Beach: +39 349 3717477
Ristorante: +39 0544 991208
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Papeete Beach, Villapapeete: two brands, one soul
Papeete mette insieme, a Milano Marittima, la celeberrima spiaggia Papeete Beach e Villapapeete, location open - air serale e notturna aperta solo il sabato notte.  Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... e più tardi dinner show e notti in una location unica. Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta. Tra le novità dell'estate 2022 al Papeete Beach, ecco il beach restaurant La Pluma. Aperto solo a pranzo, propone specialità romagnole, spesso rivisitate dallo chef campano Vincenzo Caputo.
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kamisetanaranja · 4 years ago
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LA MAGICA MUSICA ECOLOGICA DI VENERUS
Un viaggio dentro e fuori da sé, un tuffo nella coscienza più liquida, l’abbandono della soffocante razionalità.
Il 19 febbraio 2021 è un giorno importante. Mentre il nostro paese tira un sospiro di sollievo e si permette di mettere il naso fuori dalla porta con l’arrivo della zona gialla, esce uno tra i prodotti musicali più attesi dell’anno. Andrea Venerus, cantautore e musicista originario di San Siro, pubblica Magica Musica, il suo primo album per l’etichetta Asian Fake (https://www.asianfake.com/), via Sony Music. Un assaggio del suo talento lo si aveva avuto con A che punto è la notte e Love anthem, i primi due EP rilasciati tra 2018 e 2019, dove l’artista aveva già dimostrato di aver imboccato una strada atipica all’interno del mercato musicale italiano, sintonizzandosi su frequenze che svariano dal jazz al soul, dal funk al blues. Dopo un paio di anni trascorsi a suonare e collaborare con varie personalità artistiche in tutta Italia, finalmente il lavoro è pronto: il wonder boy della musica italiana ci regala un ingresso gratuito nel suo mondo.
Sono due i singoli che precedono l’uscita dell’album. Si tratta di Canzone per un amico, scritta e pubblicata a marzo, durante il primo lockdown, e Ogni pensiero vola, lanciata nell’iperspazio dei digital stores a fine gennaio, esattamente dieci giorni dopo l’annuncio del nome e della data d’uscita del disco. Nel primo singolo è stato facile, quasi naturale, immedesimarsi. Una lettera scritta per un amico (conosciuto in arte come Cleopatria, amico e collaboratore di Venerus dal suo rientro nel Bel Paese) che si presta come strumento universale.
Forse è normale Sentirsi soli in un momento così (Canzone per un amico)
In un momento in cui le relazioni sono state messe a dura prova dalla grave situazione sanitaria era facile scivolare nell’oblio. Mai canzone fu più puntuale: un brano concepito per chitarra e voce, arricchito dal tocco magistrale di Mace, collega ormai fisso del cantante milanese (oltre alle numerose collaborazioni nell’album OBE i due hanno lavorato a 12 dei 16 brani di Magica Musica). Dopo aver appreso quale sarebbe stato il titolo dell’album, ricordo di essermi preoccupato. In un’era in cui il mercato musicale è saturo, dove per essere notato è necessario discostarsi dalla massa e cercare il particolare, l’impatto immediato, partendo dall’attirare il pubblico con nomi accattivanti, ho pensato che un titolo generico come Magica Musica potesse giocare a sfavore. A sciogliere ogni dubbio è stato il secondo singolo, Ogni pensiero vola. Accompagnato dal solito Mace, Venerus sintetizza in 3.53 minuti il messaggio dell’interno album. Sonorità eterogenee provenienti da angoli remoti del mondo. Strumenti che intervengono in modo puntuale e bilanciato. Ora la chitarra, ora il pianoforte, ora le influenze indù, ora le percussioni sintetizzate tipiche del nostro periodo storico. È da questo brano che mi è sopraggiunta quest’immagine; ho dovuto pronunciarla. Questa è musica ecologica.
Perché niente mi è mai chiaro visto da vicino (Ogni pensiero vola)
Le scienze ecologiche si basano sull’approccio sistemico, una metodologia proveniente dalle filosofie orientali dove si rifiuta la visione atomistica del mondo in favore di una visione di insieme. La realtà è vista come una fitta rete di interconnessioni fondamentali e necessarie. Questo pensiero si ripete nei versi successivi.
Ogni filo d'erba è un mondo visto da vicino E un giardino è un universo o poco più (Ogni pensiero vola)
Il ritorno alla natura: la Terra è un’immensa matrioska di ecosistemi che cooperano sinergicamente. Apparteniamo ad un sottolivello che è parte di un’entità più grande di noi. La meraviglia di amare, vivere in sintonia con la biosfera che ogni giorno ci offre un luogo da poter chiamare casa. Per raggiungere questo stato di coscienza Venerus ricorre alla sfera spirituale, all’esoterismo, allo psichedelico e all’allucinogeno, facendo riferimento al contesto iper-demonizzato delle droghe.
Cerco nuove strade per uscire da me, oh-oh Per superare ogni mio limite E scoprire poi al di fuori che c'è […] Se chiudi gli occhi, non sei più qui Scompaiono i confini del corpo E tutto ciò che ti circonda (Ogni pensiero vola)
Superare le barriere, la brama di sapere cosa c’è dall’altra parte, espandere la propria coscienza per eliminare i limiti del proprio corpo ed essere qui e altrove, ovunque e da nessuna parte. Rifiutare le etichette della società per aderire alla fluidità, alla cooperazione e all’integrazione. Raggiungere l’amore che unisce e regola i rapporti.
Forse è che appartengo a un mondo un po' magico Vorrei volare via lontano da qui E a volte sento tutto attorno un po' strano Chissà se qualcun altro è fatto così (Ogni pensiero vola)
Capita a tutti di uscire in una giornata di primavera (magari post-lockdown), prendere un respiro a pieni polmoni e innamorarsi ancora una volta del vecchio abete nel giardino di casa o delle strade che ci hanno insegnato a guidare. Per un secondo tutto ciò che ci appare nocivo sparisce e siamo un tutt’uno con la natura che ci circonda. Si sente un brivido difficile a spiegarsi. È una sensazione strana, quasi imbarazzante, ci si sente piccoli, ma in fondo una risposta non è necessaria. Un biglietto da visita più che valido.
La tracklist conta 16 brani e vari featuring di spessore, per palati sopraffini. Si nota fin da subito che la maggioranza dei titoli rimandano a concetti intangibili. Salvo Appartamento, Sei acqua e Lacrima=piccolo mare, i pezzi rimanenti rimandano alla natura metafisica del Buyo, delle Luci, della Solitudine, o il concetto di Fuori. Il tema ecologico inaugurato in Ogni pensiero vola, prosegue in Brazil, canzone molto internazionale, inserita nelle playlist di New Music Friday di Spotify in diversi paesi extraeuropei già dal giorno successivo alla pubblicazione. Un toccasana per la nostra musica. Oltre a ribadire l’importanza del concetto di rete e il rifiuto del modello cartesiano, spicca un evidente interesse per il tema dell’universo. Viene naturale chiedersi se siamo soli. Soprattutto oggi che conduciamo vite a 120 km/h e non riusciamo a creare legami stabili. Siamo soli anche fra 8 miliardi di persone.
È così umano perdersi Ci vuol poco, credimi (Brazil)
La mente umana non ha limiti: viaggia stando ferma, esplora universi immaginari, si nutre di emozioni reali. Il suggerimento di Venerus è di nuovo quello dell’esperienza extracorporea, che possa guidare il corpo e i sensi in una dimensione sommersa, in totale espansione, ancora tutta da scoprire.
Dopo essersi innamorati della notte più buia che spinge l’artista sempre più Fuori, Fuori, Fuori… e dopo il primo assolo di chitarra che ricorda IoxTe (A che punto è la notte), si ritorna con i piedi per terra. Il primo ospite dell’album è Frah Quintale: invitato nell’Appartamento di Venerus, aiuta a dare forma al primo featuring. La caratura del personaggio (figura ormai affermata del panorama hip-hop italiano) spinge a pensare ad un certo tipo di adattamento a livello di sonorità e testo, ma Venerus dimostra di mantenere le redini e non deraglia. Pur essendo ancora al principio del viaggio si notano due ridondanze che saranno ricorrenti lungo tutto il tragitto: in primis, il mondo, da intendersi come luogo dove semplicemente essere, fuori dal canone di normalità. L’amore, il dolore, la follia, l’eccesso, la poesia, coesistono senza farsi la guerra. In secundis, l’artista di Asian Fake si serve del metalinguaggio per raccontarci quanto la scrittura lo aiuti a conoscere la natura che lo circonda. Un mezzo per fare chiarezza, quindi, il canale comunicativo più adatto per diffondere il messaggio. 
Con Sei acqua si raggiunge una delle tappe fondamentali del disco. L’ascoltatore si confronta con un brano che necessariamente richiede una seconda occhiata al titolo, perché, fin da subito, si ha la netta sensazione di essere testimoni di qualcosa di unico. Negli anni trascorsi a studiare musica a Londra, Venerus racconta di aver avuto l’occasione di assistere ad un concerto dei Calibro 35, collettivo di compositori italiani formatosi nei primi anni 2000. Durante il countdown dell’uscita del disco avvenuto sul canale Twitch di Asian Fake, il ragazzo di San Siro ha raccontato di quanto si sia sentito onorato di aver potuto lavorare assieme ad un’istituzione della storia musicale italiana. Una cooperazione di questa portata dimostra due cose. Venerus è un fenomeno catalizzatore per la musica italiana e la ricerca musicale che c’è dietro al suo disco è la dimostrazione del suo talento. Sei acqua è la punta di diamante del disco, oltre che pezzo di rilevanza internazionale assieme a Brazil.
Il suono delle campane d’apertura è puro risveglio spirituale.
Ho scritto una canzone da dare ai nostri cuori (Sei acqua)
La narrazione, facilmente divisibile in sequenze e accompagnata da una struttura musicale da fiaba, scritta probabilmente nel periodo vissuto a Roma, accarezza la sfera amorosa con grande delicatezza. Un pezzo che racconta come la vita sia eternamente guidata dall’amore, che annulla la distanza tra Terra e Cielo, dimostrando che siamo tutti, inevitabilmente, vittime di problematiche comuni. L’interludio in crescendo apre una sorta di feritoia spazio-temporale che dona all’interprete un momento di chiaroveggenza, in cui tenta di allinearsi con l’Universo. Terminata la trance, il brano ritorna sui binari originari con una nuova consapevolezza, in un’esplosione orchestrale che traghetta l’ascoltatore verso una nuova vita.
Dopo essersi fatti cullare da Una certa solitudine, è il momento di not for climbing e amanda lean, produttori emergenti della scena romana a cui Venerus aveva già dato spazio in Love Anthem. Solo dove vai tu è un sussurro all’orecchio, un momento di estrema sincerità dove si abbatte l’ultima barriera tra la persona che siamo e la persona che vogliamo essere. Si entra sulle punte, con la paura di fare rumore, e si esce senza riuscire a tenere ferma la testa.
Lucy (chiara citazione a Lucy in the sky with diamonds dei Beatles), assieme alla traccia numero 11, Ck, incarna più di tutte l’adesione dell’artista al mondo delle droghe sintetiche e ai suoi effetti. Le lettere LSD tatuate sul piede sono la dimostrazione di come l’artista classe ’92 non abbia mai nascosto di farne uso.
Quello che fai Ha un'eco in tutto ciò che ti sta attorno Ma forse non sai Che esiste un altro lato di quel mondo attorno a te Ma se mai, mai, mai tu vorrai Capirci giusto un po' di più Abbandona ogni struttura per un viaggio, un'avventura Potrai parlare al cielo se lo vuoi (Lucy)
Il groove di Lucy chiede a gran voce di ballare: è la canzone da festival per antonomasia. La natura duale di Ck, originariamente concepita come due brani separati, mette a confronto due mood: uno più sincopato e ansiogeno ed un altro più leggiadro e sonnolento. Se il primo è figlio di una sostanza eccitante, il secondo viene da una sostanza rilassante.
L’arte che permea Magica Musica proviene direttamente dall’Eden. Si tratta di un pezzo che non avrebbe sfigurato all’interno di A che punto è la notte, primo EP dell’artista. Si ricrea infatti un’atmosfera simile a quella di Senzasonno e di Note vocali, in una nuova connotazione cosmica, denotata da echi elettronici e dalla distorsione sulla voce. A dare nuovo umore (altro concetto ricorrente del disco) è l’arrangiamento a cui partecipa Phra dei Crookers, ennesima figura illustre che ha sposato il progetto di Asian Fake.
Se ancora non fosse stata percepita l’impronta spirituale dell’album, ecco Namastè, introdotta da percussioni esotiche e fiati orientaleggianti. Sopra una melodia che ricorda San Siro di Franco126, Venerus si diletta assieme al collega e amico Rkomi, figura camaleontica che è riuscita a coniugare alla perfezione l’hip-hop con il pop, vantando featuring assieme a grandi artisti come Ghali, Sfera Ebbasta ed Elisa. Dopo averli ascoltati in Non vivo più sulla Terra, uno dei pezzi di spicco di OBE, tornano a lavorare assieme confermando una straordinaria intesa: l’anagramma di Mirko si cala in modo eccezionale nell’immaginario di Venerus tracciando parallelismi tra il terreno e il metafisico, rimanendo allo stesso tempo fedele alla dialettica che lo ha reso un punto di riferimento per il grande pubblico.
Il cielo è il grembo, lei è la luna La vedo anche con le palpebre unite da una graffetta […] Le onde spezzano il tuo corpo, quel fuoco non vuole spegnersi Amore, cosa ci prende? (Namastè)
La già citata Ck è seguita da un intermezzo strumentale. Cosmic interlude è una traccia che i fan di Venerus aspettavano con trepidazione. Date le notevoli capacità compositive dell’artista, pare riduttivo incontrare un solo brano di questo genere. Le note dell’organo elettrico scivolano e si rincorrono. All’armonica rispondono suoni sintetizzati, sparati come raggi laser in uno scenario che rimanda a 2001: Odissea nello spazio. Tre livelli sonori che dialogano in un linguaggio ancora tutto da decodificare. Raggiunto il picco intensivo, l’astronave comincia a planare e atterra dolcemente, mentre qualcuno fa partire un carillon. Gli occhi sono ormai serrati, ma siamo vigili. Vogliamo sapere come va a finire, quanto ancora c’è da dire. Ancora non ci è dato sapere se la sonda inviata è stata in grado di trovare nuove forme di amore nell’universo.
Lacrima=piccolo mare, prodotta assieme a Vanegas e Mace, è un pezzo ingannevole: il ritmo inciampa ogni volta che le parole sembrano andare fuori tempo. A completare il quadro, l’intervento del sax di Coltreno, membro imprescindibile della band durante i concerti live.
Mentre il viaggio volge al termine, alla traccia 14 si trova l’ultimo featuring cantato. Vinny condivide il palco con l’icona del rap, nonché grande amico, Gemitaiz in Buyo. Tra violenti bending di chitarra e samples che si alternano e si sovrappongono, il rapper porta con sé gli 808 che recentemente hanno dominato le produzioni. Ancora una volta, Magica Musica. Tra i fumi della marijuana, in una dimensione onirica, i due mischiano i problemi della dipendenza a quelli d’amore con disarmante onestà, dimostrando quanto labile sia il confine fra le due sfere. In un momento di lucidità, Venerus fa scivolare sopra al tavolo un’eterna verità:
In amore non vince il più forte Ma chi è disposto a perdere (Buyo)
Nonostante l’hating per Gemitaiz nel web, il risultato finale è un pezzo di spessore.
Nel brano di chiusura, come vuole la tragedia greca, si raggiunge la catarsi. Luci è la canzone che tutti si aspettavano di trovare in Magica Musica. Un’ouverture che sembra riprendere il motivo del brano precedente (Canzone per un amico) allarga le braccia per cullarci un’ultima volta. Tra echi naturali e suoni che si riverberano, il pezzo esplode in un assolo di chitarra viscerale. C’è bisogno del ritorno della voce per risentire la terra sotto i piedi e riprendere coscienza. L’arpeggio che introduce l’outro è qualcosa di primordiale, come se esistesse da sempre all’interno della mente umana. Si diventa spettatori e attori allo stesso tempo: dentro al mondo creato da Venerus riusciamo ad ascoltare la colonna sonora, infrangendo le convenzioni del cinema. Ancora una volta, non si sa dire con precisione dove ci si trovi: sentiamo dei piedi calpestare pozze d’acqua, ma sentiamo anche riverberi cosmici; siamo qui e siamo altrove; siamo sulla Terra e siamo nello spazio; siamo la parte e siamo l’insieme.
Se mi pensi forte, io ti sento da qui (Luci)
Dopo aver viaggiato in lungo e in largo, la sonda è atterrata. Ora potrà finalmente riposarsi.
Difficile non commuoversi quando la puntina raggiunge il centro del vinile. La mole di sensibilità necessaria per tale lavoro non è quantificabile. Non si insegna, si invidia. Ogni tema è esposto in modo chiaro: l’interesse per l’universo, che torna anche nell’intervista a Franco Malerba (primo astronauta italiano a viaggiare nello spazio) a una settimana dalla pubblicazione del disco; l’amore per la natura, evocata nei testi e nelle sonorità che trasportano l’ascoltatore ora nella foresta, ora in un bazar, avvicinando l’immagine dell’artista a quella di un guru; l’acuta spiritualità e l’esoterismo, mai nascosti anche in relazione ai viaggi ultracorporei;  l’aura pan-amorosa in un revival del sentimento hippie anni 60. Venerus dimostra a tutti di essere in grado di navigare abilmente nel mare dei generi musicali senza perdere la rotta. Timbro immediatamente riconoscibile, flow cangiante, sicurezza nell’uso dell’autotune, senza alcuna ostentazione. Sacro e profano si mescolano senza obiezione. Ancora più intrigante è la ricerca del suono, la sperimentazione, il bagaglio di studio e di esperienza alle spalle, la volontà e la necessità di saperne sempre di più. Un album che non ha la pretesa di individuare singoli, di porre una canzone più in alto di un’altra. Anzi, tutte le canzoni sono “singolabili”, ma il concept dell’album le tiene unite in un’unica indivisibile realtà. Non si conosce pratica che divida la parte dall’insieme. In un’era in cui si discute se sia ancora lecito parlare di generi musicali per incasellare la musica in raccolte da propinare al grande pubblico, Venerus sintetizza un genere tutto suo catalizzando funk, jazz, blues, soul, sonorità hip-hop, senza la pretesa, ma la certezza, di arrivare alle porte del pop. Le radio che in questi giorni stanno trasmettendo la sua musica ne sono la dimostrazione. Il virtuosismo che contraddistingue Magica Musica è una boccata d’aria fresca per il nostro paesaggio musicale, da tempo troppo statico e schiavo di influenze esterne. Con questo disco Venerus si propone come ambasciatore della transizione musicale italiana, pronto non a settare un nuovo standard, quanto un nuovo metodo di fare musica. In attesa di poterci ritrovare (e perdere) ad un concerto, l’invito è quello di continuare ad esplorarci: andare sempre più a fondo nella nostra coscienza, scuoterla come una palla di vetro alla ricerca dell’ennesima Magica Visione.
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clacclo · 4 years ago
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La stringa
Strambotto anonimo del XV-XVI secolo
E levate la stringa da lo petto
e lassame mira' quelle viole
e lassa sta' er paradiso aperto,
dove la luna se leva cor sole!
Er sol se leva e la luna se posa,
daje la bona sera a quella rosa.
Daje la bona sera e il buon dormire,
chi usa falsità possi morire!
Possi mori' e fa' la mala morte*
o sta' 'n prigione e fa' la mala sorte!
*La mala morte è morire uccisi.
In "Antologia cronologica delle canzoni di Roma - ROMANA" Giuseppe Micheli riporta «Così canta un disperato amante che nella tristezza della sua prigione rievoca le bellezze della donna amata. È uno dei primi strambotti, o villanelle, o arie alla romana, che si incontrano in un codice del Cinquecento dove sono raccolte altre canzoni romane a varie voci, com'era nell'uso del tempo». Invece in "Canzoniere della malavita romana. Stornelli, canzoni e storie", Nuovo Almanacco - Editoria Musicale e Libraria, Roma, 1995: «Canzone popolare romana ottocentesca con chiare influenze campane, segnalata e cantata da Riccardo Masi a Roma (1988)».
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fondazioneterradotranto · 6 years ago
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/04/10/viaggiatori-tedeschi-nel-sud-italia/
Viaggiatori tedeschi nel Sud Italia
di Paolo Vincenti
L’interesse dei tedeschi per il sud Italia parte da lontano. Già nel Cinquecento, Paul Schede detto Melissus (1539-1602) parlò di Rudiae negli Epigrammata in urbes Italiae del 1585 (1). Johann Heinrich Bartels (1761-1850) visita il Sud ma solo la Calabria e la Sicilia, verso la fine del Settecento, e documenta il suo viaggio nell’opera Briefe über Kalabrien und Sizilien. Dieterich, Göttingen 1787–1792 (2). Nel Settecento, arrivano in Italia il Barone von Riedesel  e il pittore Jacob Philipp Hackert. Abbiamo già detto del tedesco Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach (1740-1785) e del suo libro, Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann, che è, come dice il titolo, un’opera epistolare, diretta al famoso archeologo Winckelmann (3).
Diplomatico e ministro prussiano, Riedesel aveva conosciuto a Roma e frequentato il Winckelmann, il quale gli aveva fatto da guida nella esplorazione dei monumenti della città. Il suo libro divenne un punto di riferimento in Germania e fu molto letto, anche da Goethe, che lo elogia nella sua opera “Viaggio in Italia”, in cui sostiene di portarlo sempre con sé, come un breviario o un talismano, tale l’influenza che quel volume, per la puntigliosità e l’esattezza delle notizie, esercitava sugli intellettuali (4).
Jacob Philipp Hackert (1737-1807), nella sua opera pittorica I porti delle Due Sicilie (Napoli 1792) inserì i porti di Gallipoli e di Otranto. Il grande artista divenne pittore di corte del re Ferdinando IV di Napoli e in questa veste fu in Italia con molti incarichi come quello di supervisionare il trasferimento della collezione Farnese da Roma a Napoli. Fu amico di Goethe che scrisse di lui nella sua opera “Viaggio in Italia”. Ma l’incarico più prestigioso che il pittore ricevette dal re Ferdinando IV fu la commissione del famoso ciclo di dipinti raffiguranti i porti del Regno di Napoli.
Le numerose vedute dei porti si articolano in tre gruppi suddivisi tra le vedute campane, pugliesi, calabresi e siciliane. Per eseguire i disegni preparatori si recò così in Puglia e in Campania. La serie comprende 17 quadri e si trova ancora oggi custodita alla Reggia di Caserta; vi sono raffigurati esattamente i porti di Taranto, Brindisi, Manfredonia, Barletta, Trani, Bisceglie, Monopoli, Gallipoli, Otranto.
La serie è stata in mostra, dal 20 giugno al 5 novembre 2017, presso la Sala Ennagonale del Castello di Gallipoli (Lecce).  L’esposizione intitolata “I porti del Re”, a cura di Luigi Orione Amato e Raffaela Zizzari, prodotta dal Castello in collaborazione con la Reggia di Caserta e il Comune di Gallipoli, ha visto all’inaugurazione l’intervento dello storico dell’arte Philippe Daverio e del direttore generale della Reggia di Caserta, Mauro Felicori (5). Nel giugno 2018, si è tenuta a Brindisi la grande mostra: “Brindisi: Porto d’Oriente”, a  Palazzo Nervegna, dove è stato possibile “ammirare per la prima volta  il celebre quadro ‘Baia e Porto di Brindisi’ che il vedutista prussiano Jakob Philipp Hackert realizzò nella seconda metà del ‘700 su incarico del re Ferdinando IV di Borbone. L’esposizione è stata organizzata nell’ambito del progetto ‘La Via Traiana’ e comprendeva una serie di opere che raccontano la storia della città attraverso alcune vedute del porto, fatte dai viaggiatori del ‘700” (6). Anche lo scrittore Johann Wilhelm von Archenholtz (1741-1813), famoso politologo, era stato in Italia ma egli, pur essendo tedesco, aveva pubblicato un’opera intitolata England und Italien, nel 1785, nella quale contrapponeva i due paesi, appunto il Regno Unito e l’Italia, con due sistemi politici diversi, propendendo decisamente per l’Inghilterra. Tuttavia nelle critiche feroci che Wilhelm fa a Genova, Venezia, allo Stato della Chiesa e al Regno di Napoli, è facile scorgere una larvata accusa alla sua Germania (7). Il poeta Friedrich Leopold Stolberg (1750-1819) nella sua opera Reise in Deutschland, der Schweiz, Italien und Sicilien in den Jahren 1791 und 1792, 4 voll., 1794, documenta il suo viaggio nel sud Italia dove però manifesta una posizione anticlassica e irrazionalistica, che provocò la sdegnata reazione di Goethe.
L’opera è stata recentemente tradotta in italiano da Laura A. Colaci, che scrive: “Dopo il viaggio nel Sud della Germania e della Svizzera col fratello e con Goethe, Stolberg ne intraprese uno più lungo in compagnia della moglie Sophie von Redern, del figlioletto, di G.A. Jacobi e G.H.L. Nicolovius attraverso la Germania, la Svizzera e l’Italia.
Frutto di questo viaggio è il volume Reise in Deutschland, der Schweiz, Italien und Sicilien in den Jahren 1791 und 1792. Viaggiò in Puglia dal 3 al 17 maggio del 1792”(9).  Si tratta di un’opera epistolare, composta cioè delle lettere che egli aveva inviato durante il suo soggiorno nel nostro Paese a vari corrispondenti tedeschi. Queste lettere però vennero rielaborate per la loro pubblicazione e ciò portò ad una certa stilizzazione, soprattutto in quelle che hanno un maggiore contenuto politico religioso. Egli visitò Brindisi, Lecce, Otranto, Gallipoli.
Il compagno di viaggio di Stolberg, Georg Arnold Jacobi (1768-1845), al ritorno dal suo viaggio pubblica Briefe aus der Schweiz und Italien nel 1796-7, ossia una raccolta delle sue lettere inviate da Brindisi, Lecce e Gallipoli.  Sempre di un’opera epistolare dunque si tratta, ma le lettere dello Jacobi sembrano essere più in presa diretta, ovverosia meno stilizzate, di quelle del suo compagno di viaggio Stolberg, e soprattutto si nota in lui una minore componete polemica, pur essendo protestante e classicista anch’egli. È molto più critico però nei confronti del governo di Napoli e del malcostume che in quella città allignava. Mentre la prosa dello Stolberg è più accattivante, controllata e in qualche modo romantica, avendo egli rimaneggiato le lettere, quella dello Jacobi è invece più scarna e realistica. Entrambi i viaggiatori comunque sono attratti dai resti dell’antichità classica, per cui, specie quando giungono in Puglia, a partire da Taranto, la loro attenzione si sofferma sulle influenze greche della nostra civiltà. Stolberg sente tutta la civiltà europea tributaria della cultura classica. Il suo classicismo però è filtrato dal cristianesimo. Questo lo porta a vedere l’Italia, e in particolare il Sud, in quanto più diretta emanazione di quella cultura, come una sorta di paradiso perduto che, con antesignano gusto romantico, egli idealizza, dandone una visione edenica, certo lontana dalla realtà. “Pur vivendo nel clima del classicismo winckelmaniano, lo Stolberg è distante dall’dea di classico alla Winckelmann”, scrive Scamardi (10).  Dunque egli ripudia ogni idea dell’arte che non sia classica, per esempio il barocco leccese. “l ruderi classici evocano, sì, l’idea della caducità della vita umana, un elemento, questo, certo presente in tanta poesia sulle rovine della fine del Settecento, solo che lo Stolberg oppone la certezza della fede cristiana[…] In questo lo Stolberg anticipa non solo taluni stilemi di un certo romanticismo, ma anche un certo kitsh romantico. Si può concordare, in definitiva, col giudizio di Helga Schutte Watt secondo la quale lo Stolberg in Italia ritorna ai fondamenti classici della cultura europea e della sua stessa formazione intellettuale e non solo non scorge alcun conflitto tra classicismo e cristianesimo, ma vede in quest’ultimo una forma di coronamento, di inveramento del primo” (11).
A Taranto sono ricevuti dal Vescovo Giuseppe Capecelatro, uomo di vastissima cultura, lo stesso che accompagnò il viaggiatore svizzero Carlo Ulisse De Salis Marschlins (1728-1800 ) nel suo viaggio in Puglia. Come già Eberhard August Zimmermann (1743-1815), naturalista e geografo, che venne in Puglia su incarico del Regno di Napoli per studiare la nitriera naturale di Molfetta (12),  anche il conte svizzero era accompagnato dall’Abate Fortis e i suoi interessi principali erano volti all’agricoltura e all’allevamento. Abbiamo già detto del De Salis Marschlins, che pubblica per la prima volta le sue impressioni di viaggio in tedesco in due volumi a Zurigo nel 1790 e nel 1793.  La prima pubblicazione del libro in lingua italiana viene fatta nel 1906 (13),  con la traduzione di Ida Capriati De Nicolò (ottima traduttrice anche delle memorie di Janet Ross)(14), e poi viene più volte ripubblicato (15).
Lo storico Ferdinand Gregorovius (1821-1891) visse più di vent’anni in Italia, soprattutto a Roma. Pubblicò i suoi resoconti di viaggio in Italia nell’opera  Wanderjahre in Italien tra il 1856 e il 1877,  in cui fa una descrizione analitica, davvero minuziosa delle condizioni di vita del nostro popolo in quegli anni. Il suo è un interesse erudito, per cui alle note naturalistiche, si accompagnano le descrizioni artistiche e letterarie e soprattutto sociologiche. L’opera si compone di cinque volumi ed è nell’ultimo volume, con il titolo Apulische Landschaften, (Lipsia, F. A. Brockhaus, 1877) che si occupa del nostro territorio. Gregorovius venne in Puglia due volte, nel 1874 e 1875. La prima traduzione della sua opera è di Raffaele Mariano nel 1882 (16).  L’itinerario si snoda attraverso le città di Lucera , Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Andria, Castel del Monte, Lecce e Taranto.
“Il Gregorovius seguiva con interesse la ricezione della cultura tedesca in Italia e intratteneva rapporti cordiali con chiunque in qualche modo se ne occupasse. Ma è soprattutto la scuola filosofica hegeliana che attrae l’attenzione dello storico tedesco che, come è noto, aveva egli stesso studiato filosofia all’Università di Konigsberg. Fu proprio attraverso il Rosenkranz, suo maestro a Konisberg, che conobbe lo storico del cristianesimo e filosofo Raffaele Mariano, con cui oltre a compiere i viaggi in Puglia intrattenne sempre rapporti di amicizia. Il Mariano tradusse in italiano le  Apulische Landschaften. Nell’introduzione alla sua traduzione, nella quale il Mariano ricostruiva, attingendo alla pubblicistica meridionalistica di Pasquale Villari e Raffaele De Cesare, la situazione politico-sociale della Puglia, l’autore non nascondeva una certa animosità nei confronti dei pugliesi, che suscitò le forti proteste di Niccolò Brunetti…”. Così scrive Scamardi (17), che pubblica nel suo libro anche i Diari inediti di Gregorovius del secondo viaggio in Puglia (1875)(18).  Si rimproverava cioè al traduttore e quindi all’autore un punto di vista troppo “tedescocentrico”.
In realtà, Gregorovius dimostra grande interesse nei confronti dell’Italia meridionale, dei suoi punti di forza ma anche delle sue mancanze. Si appassiona della questione meridionale, si rammarica dell’arretratezza delle infrastrutture, si intrattiene sulla rete viaria e quella ferroviaria, sul porto di Brindisi, parla della mafia e della lotta dello stato contro la criminalità, ecc. Da storico non può non essere attratto dal fascino della storia millenaria, soprattutto a Roma, sua città elettiva. “In una pagina delle Wanderjahre in Italien fa una digressione sui paesaggi storici italiani dove si avverte, più che altrove, il respiro del passato. Dai monumenti emana come una forza elettrica per la quale il Gregorovius conia l’espressione ‘magnetismo della storia’”(19).  A lui si deve la definizione di Lecce come  “Firenze del Sud”. Gregorovius non amava il romanico e prediligeva il gotico. Il tedesco Gustavo Meyer Graz (1850-1900), corrispondente del Sclesische Zeitung di Breslavia arriva nel 1890 per raccogliere i canti della Grecia Salentina. I suoi articoli di viaggio vennero poi tradotti da Cosimo De Giorgi (che lo accompagnò nel viaggio) nel 1895 per “Il Popolo Meridionale”, rivista leccese, e poi successivamente in volume (20).   Gli articoli si intitolano: “Da Brindisi a Lecce”; “Lecce-San Nicola e Cataldo”; “Da Lecce a Calimera”; “Taranto”.  Il Meyer è molto preoccupato dal fatto che la lingua greganica vada persa a causa dell’incuranza dei governi.
Taranto nel 1789, Incis. da Hackert
Venne in Italia anche lo storico dell’arte Paul Schubring (1869-1935) corrispondente del giornale “Frankfurter Zeitung”, il quale mandava i suoi reportage di viaggio descrivendo minuziosamente la nostra regione. I suoi articoli vennero poi raccolti in volume da Giuseppe Petraglione (21).  Secondo il traduttore, gli articoli di Schubring  potrebbero essere considerati un ampliamento del libro del Gregorovius in quanto vi sono menzionati alcuni monumenti lì assenti, come la Chiesa di Santo Stefano in Soleto, e approfonditi altri di cui era stato fatto solo un fugace cenno, come la chiesa di Santa Caterina e la Cattedrale di Troia.
Note
[1]Raffaele Semeraro, Viaggiatori in Puglia dall’antichità alla fine dell’Ottocento: rassegna bibliografica ragionata, Schena, 1991, p.73.
[2] Johann Heinrich Bartels, Lettere sulla Calabria Viaggio in Calabria Vol III, Catanzaro, Rubettino, 2007.
[3] Johann Hermann von Riedesel ,Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann, Prefazione e note di Luigi Correra, Martina Franca, Editrice Apulia, 1913, poi ristampata in Tommaso Pedio, Nella Puglia del 700 (Lettera a J.J. Winckelmann), Cavallino, Capone, 1979.
[4] Teodoro Scamardi, La Puglia nella letteratura di viaggio tedesca. Riedesel Stolberg Greborovius, Lecce, Milella, 1987, pp.35-58.
[5] http: www.famedisud.it/il-sud-settecentesco-di-philipp-hackert-in-mostra-a-gallipoli-i-porti-…
[6] http:www.brundarte.it/2018/03/23/baia-porto-brindisi-jakob-philipp-hackert/
[7] Teodoro Scamardi, op. cit., p.64.
[8] Friedrich Leopold Graf Zu Stolberg, Reise In Deutschland, Der Schweiz, Italien Und Sizilien In Den Jahren 1791 Und 1792 1794 Con traduzione italiana a cura di Laura A. Colaci, Edizioni Digitali Del Cisva, 2010.
[9] Carlo Stasi, Dizionario Enciclopedico dei Salentini, 2 voll, Lecce, Grifo, 2018, p.1128.
[10] Teodoro Sacamardi, op. cit., p.76 .
[11] Idem, p.77.
[12] Idem, p.24.
[13] Carlo Ulisse De Salis Marschlins, Nel Regno di Napoli : viaggi attraverso varie province nel 1789, Trani, Vecchi, 1906.
[14] Janet Ross, La terra di Manfredi, traduzione dall’inglese di Ida De Nicolo Capriati, illustrazioni di Carlo Orsi, Trani, Vecchi, 1899, poi ripubblicato in Eadem, La Puglia nell’Ottocento : la terra di Manfredi, a cura di Maria Teresa Ciccarese, Lecce, Capone, 1997.
[15] Fra gli altri, in Carlo Ulisse De Salis Marschlins, Viaggio nel Regno di Napoli, Galatina, Congedo, 1979, con Introduzione di Tommaso Pedio, e in Idem, Viaggio nel Regno di Napoli – che riproduce la prima traduzione italiana di Ida Capriati De Nicolò -, a cura di Giacinto Donno, Lecce, Capone, 1979 e 1999, e ancora in Idem, Nel Regno di Napoli Viaggi attraverso varie provincie nel 1789, Avezzano, Edizioni Kirke, 2017.
[16] Ferdinand Gregorovius, Nelle Puglie (1877), versione dal tedesco di Raffaele Mariano con noterelle di viaggio del traduttore, Firenze, G. Barbera, 1882.
[17] Teodoro Scamardi, op.cit., p.97.
[18] Idem, pp.137-147.
[19] Idem, p.127.
[20] Gustavo Meyer-Graz, Apulische Reisetage, a cura di Cosimo De Giorgi, Martina Franca, 1915. Poi ristampato in Idem, Puglia . Sud (1890), a cura di Gianni Custodero, traduzione di Cosimo De Giorgi, Cavallino, Capone Editore, 1980.
[21] Paul Schubring ,La Puglia: impressioni di viaggio (1900), traduzione e introduzione di Giuseppe Petraglione, Trani, Vecchi, 1901.
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emptylights-world · 5 years ago
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L' ATHAME: Uno strumento dell'elemento Fuoco o aria Un pugnale rituale a doppio taglio, tradizionalmente con un'elsa nera usata per i cerchi di protezione, bandisce l'energia negativa e carica e consacra gli oggetti. LA CAMPANA: Uno strumento di invocazione, le campane sono spesso utilizzate per bandire le influenze negative e per la pulizia dello spazio all'inizio dei rituali. IL BESOM: Una scopa usata per purificare i rituali e le aree di celebrazione spazzando via simbolicamente energie negative. I Besom sono anche usati per proteggere dalla negatività e dagli attacchi psichici. IL CALDERONE Uno strumento dell'elemento Acqua Una pentola o un vaso usato nella preparazione di birre e pozioni e nella fabbricazione di piccoli fuochi per alcuni riti magici. I calderoni possono anche essere usati per scopi divinatori e sono un simbolo di morte, nascita / rinascita e grembo della Dea. L'INCENSIERE Uno strumento dell'elemento aria. Un contenitore, di solito con una maniglia per il trasporto, utilizzato per bruciare incenso durante rituali e celebrazioni. IL CALICE Uno strumento dell'elemento Acqua.Usato per simboleggiare sia il contenimento che l'utero della Dea.Il calice viene anche usato per contenere acqua benedetta, libagioni o vino durante i rituali. IL PENTACOLO Uno strumento dell'elemento Terra Un disco solido rotondo fatto di pietra, legno o metallo con un pentagramma scolpito o disegnato su di esso. LA BACCHETTA Uno strumento dell'elemento Fuoco o aria è uno strumento di invocazione, le bacchette vengono utilizzate per caricare oggetti, conferire benedizioni, disegnare la luna durante rituali e celebrazioni e per evocare il Dio e la Dea. Le bacchette possono essere fatte di legno, vetro o vari metalli e talvolta sono inclinate su una o entrambe le estremità con un cristallo o una pietra preziosa. Buon pomeriggio! Queste sono gli oggetti essenziali delle Streghe e degli Wiccan!🖤 Spero che la traduzione vi sia stata utile (anche perché ci ho messo quasi tre ore🤣🤣) e bho vi lascio ciaoooooo! _Crow🐱 https://www.instagram.com/p/B3w3kRXCWzQ/?igshid=1tdjzc0tvrmp7
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sciscianonotizie · 7 years ago
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Giò di Sarno: "La musica? Mi ha donato la libertà di amare" http://ilmonito.it/index.php/magazine/2978-gio-di-sarno-la-musica-mi-ha-donato-la-liberta-di-amare?utm_source=dlvr.it&utm_medium=tumblr
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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Lonely Planet: la prima guida dedicata alla Campania
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I luoghi della cultura ancora poco noti al grande pubblico, passeggiate suggestive lungo sentieri affascinanti, tour enogastronomici ed esperienze destinate sia a chi non conosce ancora la regione sia a chi la vive quotidianamente. Questo e altro nella prima guida dedicata all’intera regione realizzata dalla casa editrice Lonely Planet, società che pubblica le guide più vendute in Italia e nel mondo. Il progetto è stato promosso con il contributo della Regione Campania tramite Scabec, Società Campana Beni Culturali, che ha supportato la realizzazione del testo nell’ambito del progetto campania>artecard, il pass regionale che racchiude l’intera offerta del patrimonio culturale campano e che offre la possibilità a turisti e a residenti di accedere a castelli e dimore storiche, chiese e complessi monastici, musei e parchi archeologici, parchi e grotte naturali. NAPOLI  “A Napoli si viene per il suo fascino cangiante, frutto forse delle tante influenze culturali o del ritmo pulsante che scandisce la vita dei suoi sagaci abitanti, abituati a improvvisare e a badare più alla sostanza che alla forma.” È questo l’incipit con cui inizia nella Lonely Planet dedicata alla Campania il percorso letterario nel capoluogo di provincia. Una visita che va oltre la bellezza già apprezzata del centro storico, il cuore viscerale della città. Un viaggio che conduce nella storia dei principali luoghi della cultura della Nea Polis, dei suoi quartieri più veraci, dell’incontro tra sacro e profano dei vicoli e delle strade, del suo street food e dei murales urbani. Non solo Napoli ma anche Campi Flegrei, il Vesuvio, la Penisola Sorrentina, le isole del Golfo. Territori toccati a fondo, fino a raggiungere l’anima di un luogo sospeso tra il mito e la leggenda. “Napoli è un pezzo unico: un viaggio verticale dalle tenebrose catacombe e dai tunnel segreti fino ai quartieri alti dove tutto risplende, un’avventura che dal mare e dalle coste assolate conduce ai chiaroscuri del centro storico, autentico spaccato di vita tra miseria e nobiltà, e all’incontro con musei di portata mondiale”. SALERNO “Se siete interessati alle meraviglie della natura, allora il Cilentano non mancherà di sorprendervi”. È dalla costa cilentana che prende il via il tour della Lonely Planet nel salernitano per poi risalire in città, tra “le viuzze stropicciate del centro storico, con il loro tripudio di archi, odori marinareschi, chiesette profumate di antico, insegne vintage, colonne romane che fanno capolino dalle facciate scrostate delle case, dove si alternano alle architetture contemporanee che hanno rinnovato l’identità della città”. Una tappa che anticipa altre bellezze racchiuse in questa provincia, come la divina Costiera Amalfitana, il Vallo di Diano e gli Alburni. AVELLINO Poi è il turno di Avellino dell’Irpinia, “di una bellezza non convenzionale e tutt’altro che trendy, non per tutti”, una dimensione di unicità che si traduce in uno dei “pochi territori che sono in grado di trasmettere in egual misura la forza dirompente del proprio carattere: nessun evento sismico ha svilito le suggestive tradizioni radicate nei secoli; villaggi abbandonati e castelli in rovina sembrano rianimarsi sullo sfondo di una natura grandiosa, fatta di boschi, verdi vallate, montagne solcate da eremi, colline accarezzate da filari di vite o ulivi”. Un aspetto peculiare che si può ammirare non solo in città, una carica fortemente evocativa che si respira anche in siti culturali quali il Santuario di Montevergine, l’Abbazia del Goleto o l’area naturale di Mefite, luoghi che accendono atmosfere mistiche, suggestioni pagane e pura poesia. BENEVENTO “La provincia di Benevento non sfoggia località patinate come altre aree della Campania e non ha il mare azzurro e capolavori archeologici di risonanza mondiale. Tuttavia, non c’è bisogno di uno spiccato anticonformismo per innamorarsi del territorio: il capoluogo, per esempio, è una cornucopia di testimonianze artistiche di epoche diverse, e se fosse collocato in una regione meno affollata di meraviglie potrebbe certamente ambire a una più ampia notorietà”. È così che prende il via un’allegorica sfilata di borghi sanniti di “grandissima personalità”, un percorso che prende il via dalla scenografica “Sant’Agata de’ Goti, titanicamente aggrappata a una rupe di tufo, passando per Cerreto Sannita, con la secolare lavorazione delle ceramiche, e arrivando a Telese Terme, conosciuta per le terme e i ristoranti gourmet”. CASERTA Chiude il valzer delle province campane Caserta: qui “la fama della Reggia supera di molto quella della città, cresciuta nei secoli all’ombra di quella che è una delle residenze più sontuose della Penisola. Ma la provincia di Caserta ha un’offerta turistica tanto varia da poter accontentare le esigenze di qualsiasi viaggiatore”. Ci sono le immancabili rovine - “la Campania ha un passato davvero straordinario” - sparse tra Capua e Santa Maria Capua Vetere, ma anche l’archeologia industriale, a San Leucio. C’è la montagna immacolata del Parco Regionale del Matese e il silenzio conturbante dei villaggi di Sessa Aurunca. Troverete monasteri affrescati, castelli e borghi medievali. “Quella che per molti anni è stata solo la ‘terra dei fuochi’ oggi esibisce il fuoco della passione, con un brulicare di attività artigianali e sociali, che si pongono come rivincite nei confronti del grigio passato e promettono vittorie nel futuro”. La guida, di 432 pagine, è disponibile nelle principali librerie italiane, su lonelyplanetitalia.it e presso gli store online al costo di 24€. Gli autori che hanno realizzato la guida raccontando le bellezze delle nostre cinque province sono: Remo Carulli (Sorrento e la Costiera Amalfitana; Salerno e il Cilento; Avellino e l’Irpinia; Benevento e il Sannio beneventano) La sua passione per i viaggi è certificabile dall’età di cinque anni, quando, scommettendo con la sorella su quale fosse la capitale della Mongolia, vinse una caramella gommosa. Come psicoterapeuta, invece, si occupa di un altro genere di viaggi: quello delle persone che vogliono conoscere più a fondo se stesse. Tiene corsi di scrittura, gruppi di conoscenza sulle tecniche meditative, e insegna Psicologia Clinica all’università IUSTO di Torino. Ha pubblicato il romanzo Pensieri di un terzino sinistro (Zona Editrice, 2009) e il saggio La letterarietà del mestiere di psicologo (libreria universitaria, 2020), ed è stato coautore di svariate guide Lonely Planet alle regioni italiane. Luigi Farrauto (Campi Flegrei; Pompei, Ercolano e il Vesuvio; Sorrento e la Costiera Amalfitana; Capri, Ischia e Procida; Caserta e provincia) Ha un PhD in Design, ma visto lo scarso senso dell’orientamento disegna solo mappe. Ha vissuto a Porto, Amsterdam e Doha, è stato visiting researcher al MIT di Boston e docente a contratto in varie università italiane. Oggi vive a Milano, dove scrive guide Lonely Planet e testi di geografia per le scuole e reportage. Insieme ad Andrea Novali ha aperto il 100km studio, specializzato in segnaletica, mappe e wayfinding. Appassionato di cartografia antica e Medioriente, nel tempo libero studia l’arabo e il cinese. Adriana Malandrino (Napoli) Nata ad Ancona ma di sangue partenopeo, vivrebbe in un paese caldo circondata da animali, tavolette di cioccolato, carciofini sott’olio e leggendo libri lievi. Il viaggio per lei è sempre una sfida e un ritorno. Dopo molti colori di capelli, ha messo la testa a posto ed è rimasta un innocuo peperino, ama fare l’orto, raccogliere asparagi e fare ordine nel disordine per disordinare di nuovo. Dai sei anni ha sognato di fare l’etologa, la ballerina, la guardia forestale, la regista, ma è finita a organizzare festival e a fare la giornalista scrivendo di cibo (ama mangiare, non cucinare), teatro e viaggi, tentando di restituire l’anima dei luoghi e della gente, anche a chi potrà solo leggerne. Poteva andarle peggio. Read the full article
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mikecage1976 · 7 years ago
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Emerson, Lake & Palmer - Brain Salad Surgery
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I cari e vecchi ELP, tra i gruppi più ingiustamente bistrattati e bollati da tutti come pretenziosi per la loro ipertecnicità e la mancanza di atmosfere eteree, a differenza dei cosiddetti mostri sacri del genere.
La risposta è molto semplice, gli ELP non hanno mai voluto essere Prog, non sono il classico gruppo che si limita a prendere dai King Crimson e metterci due robine sue.
Affatto, gli Emerson, Lake & Palmer vogliono mettere in evidenza quello che fanno loro, e quello che fanno è distruggere gli standard di qualsiasi genere tocchino, con assoluta genialità.
Tutte queste particolarità di possono vedere nel loro album magno "Brain Salad Surgery" che mostra come le dinamiche prese dalla Classica e dal Jazz si sposino perfettamente con la complessità esecutiva, di cui Emerson è un grande fan, e l'appariscenza stando in un equilibrio sempre precario tra stupore e pomposità.
Giusto per rendersi conto del lavoro che vi era dietro e quanto sperimentavano anche solo per una traccia da 3 minuti come Jerusalem basti sapere ci vollero più di 50 ore di registrazione e riregistrazione per rendere ben distinte le varie le linee di ogni membro e aggiungere tutta l'effettistica.
Linee che per molti rimangono difficilmente digeribili dato lo stile che rende ogni membro "distaccato" dagli altri due, che sia Emerson con le tastiere fulminanti e rapide che martella l'ascoltatore con scale che riprendono da Tchaikovsky o Palmer che non lascia respiro con la batteria rimanendo in un perenne assolo il tutto con Lake che con la sua voce valorizzata dai vari filtri e modulazioni dà una atmosfera praticamente cyberpunk, molto evocativa.
Anche Toccata è uno dei brani che mostra la vena sperimentale e avanguardistica del trio.
È infatti ispirato al IV movimento del primo concerto per piano di Ginastera un compositore sudamericano.
L'inizio turbolente e aggressivo ti immerge in un'atmosfera di cupa elettronica che in poco diventa una bufera di suoni che colpiscono violentemente l'ascoltatore.
Palmer dà spettacolo attraverso campane tubolari (citazione non voluta ma fregacazzi Tubolar Bells Rules) e timpani
L'innovazione principale a livello di strumentazione sono dei sibili a intermittenza ottenuti grazie a delle percussioni elettroniche mai usate prima.
La ballata Still...you Turn me on" è la dimostrazione di come gli ELP riescano a rendere un arrangiamento complesso fatto di Synth, Clavicembali barocchi e Chitarre effettate davvero di facile ascolto, la voce di Lake prende il ruolo di protagonista e si riconferma una delle più belle del panorama.
Nella successiva Benny The Boucer invece è Emerson con i suoi tempi impossibili a prendere tutte le attenzioni, seguito a ruota da Palmer che da un senso davvero spensierato al tutto con l'utilizzo delle spazzole per suonare.
Ora arriva uno dei momenti più alti di tutto il Prog: Karn Evil 9.
La canzone definitiva di Emerson, Lake & Palmer.
Dove ogni sorta di divisone tra generi viene distrutta, annichilita.
Emerson intreccia Moog e Hammond stando in un quasi perenne assolo, Palmer sostiene una cavalcata con un uso estremo di piatti e rullante, il tutto viene esaltato dagli arrangiamenti che si infittisce minuto dopo minuto mostrando la magistrale bravura nella costruzione di geometrie compositive derivanti dalle influenze di Janáček e Mussorgsky all'interno di brani perfettamente congegnati per poter mostrare al meglio questo lucido piano atto a confluire tutto l'intricato intreccio architettonico delle composizioni fino ad un tappeto di rullante accompagnato da una lieve ma importante e in alcun modo sacrificabile presenza di Synth assieme al basso sintetizzato di Lake.
Il tutto poi viene ripreso ancora e ancora creando una sinuosa linea di esaltazione e ricercatezza che in pochi attimi permettono alla magica voce di Lake di essere ancora più varia e ulteriormente sospinta verso una sempre più ammaliante esecuzione.
Si arriva poi alla parte pianistica pura dove Emerson costruisce con il perenne e immancabilmente perfetto accompagnamento di Palmer una variazione al Minimoog di St. Thomas con una particolare influenza di non so esattamente che genere, ha un andamento davvero particolare, simile alla musica di Tobago, non so se avete presente.
Rapidamente ci si sposta su temi più lugubri dove il basso intona accordi tombali dando un senso gotico alla sezione, il tutto contornato da suoni sinistri e dai fraseggi per nulla rassicuranti del piano.
Altra sezione spettacolare quella nella quale fa la sua praticamente unica comparsa il Lyra, strumento donato al gruppo da Robert Moog in persona.
Questa parte ha un andamento molto scanzonato che ricorda certi arrangiamenti di fine '400 resi magnificamente dall'Hammond che poco dopo l'inizio si cimenta in un super assolo sempre con la presenta del sostegno di Palmer che alterna più sezioni ciascuna con tempi sempre diversi che rendono vario l'altrimenti monotono riffing che invece risulta sempre emozionante e ammaliante.
Il tutto si conclude con un duetto di Lake e Emerson il quale ha una distorsione elettronica alla voce e successivamente a ciò il Moog dà il via alle ultime note che sentirete in questo brano, che conducono in un ossessivo loop fino al tilt conclusivo.
Tutto ciò è solo una microscopica parte di ciò che la suite (o i brani) propongono in questo album.
Sì! Perché una parte fondamentale di questa epopea è il testo che ad differenza di molti altri brani del trio è assolutamente da non trascurare, infatti in questo caso è una fetta importantissima per capire bene il senso di tutto quello che è stato costruito attorno.
Le liriche si interlacciano perfettamente alla musica grazie al senso dell'umorismo filo grottesco di Lake, aiutato in questa stesura da Peter Sinfield, da poco uscito dai King Crimson.
La prima impressione di KE9 narra di un futuro dove il genere umano ormai è sopraffatto da violenza e crudeltà per colpa dell'ego smisurato.
La metafora di un "circus of oddities" nel quale gli spettatori annegano nel loro voyeurismo osservando morbosamente deformi creature torturate ed esposte.
Emblema del disfacimento avvenuto sulla terra è il mostrare l'ultimo filo d'erba rimasto, diventato ormai un misero oggetto da cui non si può più generare altra vita ma solo profitto.
Nella costruzione di questa ambientazione lugubre, paradossale e grottesca i due mostrano, più o meno velatamente, riferimenti al Grand Guignol parigino, personalmente un punto a loro favore.
L'impressione conclusiva è però l'esempio migliore dell'intreccio liriche-musica all'interno di questo album.
Infatti al "duello" sonoro tra il basso di Lake e i Synth di Emerson si contrappongono le liriche di una umanità schiavizzata dalle macchine che tenta una rivalsa, fallendo.
Con la vincita assoluta delle macchine si conclude questa fantastica suite e questo incredibile album.
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micro961 · 1 year ago
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Blayk - “Tutto o niente”
Il singolo del rapper sui principali stores digitali e nelle radio
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“Tutto o niente” è un singolo di Blayk, prolifico rapper cresciuto a Roma, sui principali stores digitali e nelle radio in promozione nazionale. “Tutto o niente” è un estratto dell'album “Transition” di Blayk pubblicato il 10 maggio 2019.
In questo pezzo possiamo cogliere sonorità più “leggere” che richiamano quelle estive. L’artista in questo caso ha cercato di “alleggerire” il testo, accompagnandolo appunto ad un sound più orecchiabile. Sentirsi diverso e di conseguenza non omologato ai propri simili, la libertà di potersi esprimere liberamente, i racconti di vita vissuta, personali ed intimi stati d’animo e di consapevolezza, sono i temi che vengono affrontati all’interno del brano e sono parte di quelli che troviamo all’interno di tutte le 13 tracce presenti nel disco. Nel ritornello, ad esempio, possiamo desumere quanto l’artista si senta fuori ed escluso da una gran fetta di persone che non sente il bisogno di progredire e migliorare se stessi e che quindi lui lascerà indietro: “E pare così in alto quasi il cielo abbraccio, la metà non sa nemmeno di che parlo, il resto chiude il cerchio e non ci sono dentro, farò che lascio tutti voi dietro”.
“Non è sempre facile migliorarsi e lavorare su stessi, fa parte di un processo di crescita che come tutte le cose esterne alla propria zona di confort, porta a fallimenti soprattutto in partenza; spesso si dà tutto ed in cambio non si riceve nulla ma il segreto è non scoraggiarsi!
Dalle   parole   del   ritornello   appunto: Non    conta   quanto   tu   corra   ma   quando   arrivi avrai poi la stessa fame degli inizi? Dai tutto, hai niente, partenza stenta, stecca quasi sempre!” Blayk
Storia dell’artista
Blayk, vero nome Marco, è un rapper di origini campane che cresce a Roma nel quartiere Casal Bruciato. I primi approcci con la musica Hip-Hop risalgono al periodo adolescenziale; inizia ad ascoltare artisti americani quali, Tupac, Notorius B.I.G., Eminem, 50 Cent, Snoop Doog, Lil Wayne, Rick Ross, Kanye West e Ice Cube, per citarne alcuni. Si appassiona al genere e scopre in seguito il Rap italiano, principalmente quello Underground tramite i collettivi del TruceKlan, Brokenspeakers e Co’ Sang, che senza filtri raccontano la periferia. Le maggiori influenze derivano però dai Club Dogo, Fabri Fibra e Marracash. Di lì a poco inizia a scrivere i primi testi su basi americane, realizzando nel 2008 “Wild Coast mixtape”, un insieme di tracce registrato interamente nella sua cameretta, adibita a “studio” per l'occasione. Sin da subito i contenuti dei suoi pezzi sono caratterizzati da un senso di ribellione e malessere. Nel 2011 resta coinvolto in un incidente automobilistico e nei mesi a seguire, trova conforto nella scrittura; nel 2012 realizza “La Fenice”. Il titolo cita appunto l’uccello mitologico e la sua rinascita dalle ceneri. Il progetto è composto da 16 tracce nel quale si alternano testi riflessivi, in cui rielabora appunto gli stati d'animo provati in quei momenti, ad altri più leggeri, accompagnati da melodie orecchiabili. Negli anni a seguire incide altri pezzi, ma non ne pubblica nessuno. Per un periodo accantona la musica, dedicandosi ad altro. Inizia ad accostarsi al mondo del lavoro ma si rende conto ben presto che quei contesti non fanno per lui. Le varie esperienze di vita che lo hanno segnato, lo portano a tornare ad esprimersi con il Rap. Il 10 maggio 2019 esce così “Transition”, il suo primo album ufficiale, disponibile su tutte le piattaforme digitali! Un viaggio in musica che collega 13 brani l’uno con l’altro e racconta, nella sua spontaneità, la fase di transizione di Blayk, sia come persona che come artista. Nel 2022 pubblica
due singoli, “Ci stavo per finire” e “Vivo o morto”, fino ad arrivare a “Senza destinazione” nel 2023. Per la scrittura trova ispirazione un po' dappertutto. Durante le sue giornate appunta idee, frasi o parole, che vengono spesso fuori da conversazioni o situazioni che vive. Questi sono gli input dai quali nascono i suoi testi che generalmente sviluppa di sera o la notte.
Instagram: https://www.instagram.com/therealblayk/
Facebook: https://www.facebook.com/people/Blayk/100063590065520/
Spotify: https://open.spotify.com/track/5yszNeBhGAAqs9FLU2lrPK?si=e2ad9c601ec54e59
YouTube: https://www.youtube.com/@BLAYKOFFICIALCHANNEL
TikTok: https://www.tiktok.com/@therealblayk?lang=it-IT
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sounds-right · 2 years ago
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Papeete Beach: sulla spiaggia di Milano Marittima beach party e non solo!
Da oltre vent'anni Papeete Beach, dal mattino all'ora del tramonto, è perfetto per chi ha voglia di rilassarsi a Milano Marittima (RA). I celebri beach party del weekend sono solo una delle tante proposte di questa spiaggia, in cui tutto è pensato per dimenticare i problemi di ogni giorno... e farsi coccolare dallo staff del Papeete. I servizi sono all'altezza delle aspettative dei più esigenti e di un pubblico decisamente vasto, che va 0 a 99 anni. 
Al Papeete Beach lo stile c'è, eccome, ma va sempre d'accordo con la qualità. Divertirisi e/o oziare qui è farlo sentendosi al centro della scena. C'è chi, semplicemente, se ne sta al sole o sotto l'ombrellone, scegliendo tra lettini e grandi kingbed da dividere con gli amici. Chi invece non vuol star fermo, entra in acqua e si diverte con divanoni o banana boat. Tra un selfie e una risata, la sera arriva in un attimo.
Andiamo però con ordine: la giornata perfetta, al Papeete Beach, inizia con una colazione da re da gustare in riva al mare, magari con i piedi nella sabbia, accomodati sul proprio lettino. Tra l'altro, il relax al Papeete Beach è decisamente ecologico. Basta seguire le indicazioni insieme al logo "etica eco" nelle diverse  installazioni della spiaggia per fare la propria parte. 
Più tardi, quando il sole è alto nel cielo, è difficile non cedere alla voglia di gustare i piatti di Vincenzo Caputo, al nuovo beach restaurant La Pluma (aperto solo a pranzo). D'origine partenopea, lo chef nei suoi piatti rivisita le ricette simbolo della cucina romagnola, con influenze campane ed internazionali. L'alternativa veloce è una piada, preparata a regola d'arte, in riva al mare o accomodati al Tropical Bar di Papeete Beach.
E al tramonto, dopo un altro bagno di sole, che si fa? Dal lunedì al venerdì, dalle 17:30, per tutta l'estate, ecco Sunset Ritual, l'aperitivo di Papeete Beach da vivere accompagnati dal sound dei dj di Radio Papeete. Se il sabato e la domenica l'atmosfera è scatenata, durante la settimana, mentre ci si lascia cullare dal sound dei dj di Radio Papeete, si gustano cocktail d'eccellenza accompagnati da tapas gourmet.
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Papeete Beach 
Via Terza Traversa Pineta 281
48015 Milano Marittima – RA
https://www.papeetebeach.com
InfoLine: +39 348 9700555
Beach: +39 349 3717477
Ristorante: +39 0544 991208
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Papeete Beach, Villapapeete: two brands, one soul
Papeete mette insieme, a Milano Marittima, la celeberrima spiaggia Papeete Beach e Villapapeete, location open - air serale e notturna aperta solo il sabato notte.  Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... e più tardi dinner show e notti in una location unica. Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta. Tra le novità dell'estate 2022 al Papeete Beach, ecco il beach restaurant La Pluma. Aperto solo a pranzo, propone specialità romagnole, spesso rivisitate dallo chef campano Vincenzo Caputo.
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tarditardi · 2 years ago
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Papeete Beach - Milano Marittima: beach party e tanto relax… pure a settembre!
Che succede al celeberrimo Papeete Beach di Milano Marittima (RA) a settembre '22? La proposta dell'hot spot romagnolo continua a mettere insieme scatenati beach party pomeridiani nel weekend, ovvero ad esempio sabato 3 e domenica 4 settembre… e, durante la settimana, la giusta dose di  relax, con il giusto mix di sole, mare e coccole. E a fine giornata, un altro regalo per tutti gli ospiti del Papeete. l'ormai consolidato Sunset Ritual. Riassumendo, se la stagione di Villapapeete, il giardino musicale di Milano Marittima (RA) si è conclusa con successo, quella di Papeete Beach continua.
Andiamo però con ordine: la giornata perfetta, al Papeete Beach, inizia con una colazione da re da gustare in riva al mare, magari con i piedi nella sabbia, accomodati sul proprio lettino. Tra l'altro, il relax al Papeete Beach è decisamente ecologico. Basta seguire le indicazioni insieme al logo "etica eco" nelle diverse  installazioni della spiaggia per fare la propria parte. 
Più tardi, quando il sole è alto nel cielo, è difficile non cedere alla voglia di gustare i piatti di Vincenzo Caputo, al nuovo beach restaurant La Pluma (aperto solo a pranzo). D'origine partenopea, lo chef nei suoi piatti rivisita le ricette simbolo della cucina romagnola, con influenze campane ed internazionali. L'alternativa veloce è una piada, preparata a regola d'arte, in riva al mare o accomodati al Tropical Bar di Papeete Beach.
E al tramonto, dopo un altro bagno di sole, che si fa? Dal lunedì al venerdì, dalle 17:30, per tutta l'estate, ecco Sunset Ritual, l'aperitivo di Papeete Beach da vivere accompagnati dal sound dei dj di Radio Papeete. Se il sabato e la domenica, anche a settembre, l'atmosfera è scatenata (confermati i beach party di sabato 3 e domenica 4 settembre), durante la settimana, mentre ci si lascia cullare dal sound dei dj di Radio Papeete, si gustano cocktail d'eccellenza accompagnati da tapas gourmet.
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Papeete Beach 
Via Terza Traversa Pineta 281
48015 Milano Marittima – RA
https://www.papeetebeach.com
InfoLine: +39 348 9700555
Beach: +39 349 3717477
Ristorante: +39 0544 991208
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Papeete Beach, Villapapeete: two brands, one soul
Papeete mette insieme, a Milano Marittima, la celeberrima spiaggia Papeete Beach e Villapapeete, location open - air serale e notturna aperta solo il sabato notte.  Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... e più tardi dinner show e notti in una location unica. Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta. Tra le novità dell'estate 2022 al Papeete Beach, ecco il beach restaurant La Pluma. Aperto solo a pranzo, propone specialità romagnole, spesso rivisitate dallo chef campano Vincenzo Caputo.
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allnews24 · 7 years ago
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“Pollino More Experiences”, viaggio in Calabria e Basilicata
Cosenza – La Calabria e la Basilicata, due regioni del Sud Italia diverse tra di loro. La Basilicata con forti influenze pugliesi e campane; la Calabria, invece, terra di confine complessa e variegata spesso “isolata” dal resto dell’Italia. Per mescolare insieme tradizione, storia e paesaggio nasce il progetto “Pollino More Experiences”, un’iniziativa pensata per raccontare il turismo…
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