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#incastonata
silviadeangelis · 1 year
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SOFISMA DEL GIORNO
Ulcerato quel bricco della mente dall’approdo d’erosioni sanate a fatica. Mobili ascelle premono sull’avambraccio alla ricerca d’un’essenza profumata incastonata nel sofisma del giorno per sconfinare in una gioiosa manfrina che renda soffice il respiro in un infinito si bemolle... @Silvia De Angelis
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pettirosso1959 · 18 days
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"E per strada
Luce verde di giada"
La nuova canzone di Elodie (quella che combatte il patriarcato mostrandosi seminuda sul palco) è diventata disco di platino.
Ho voluto quindi leggere il testo di cotanta poesia, che ci son voluti cinque o sei individui per scriverlo tutto quanto...
BLACK NIRVANA si chiama la canzone, ed a me fa pensare ad una bella fumata di afgano nero.
Ma non è così: il termine Black Nirvana viene usato per indicare uno stato di beatitudine oscuro e intenso raggiunto dopo un'improvvisa avventura con un tipo appena conosciuto. La cosa viene vissuta come un’esperienza trascendentale.
Viene anche infiorettata da qualche riferimento surreale, artistico e mistico: vi sono parole buttate là a caso, tipo "De Chirico", "luna bianca", "mandala" (il disco sacro indiano) "Met Gala", "ubriachi in un attico" tanto per evocare una cornice lussuosa.
Da quello che si capisce, la ragazza che canta ha avuto una di quelle esperienze che negli anni Settanta-Ottanta si chiamavano senza tante chiacchiere "una botta di vita" e questo Black Nirvana mi sa tanto che è un Black Bamboo.
Sarebbe in linea con il personaggio di Elodie, così politicamente corretta!
Volendo operare una specie di "decostruzionismo" per dir così, ho riconosciuto nel testo un solo riferimento culturale: i due versi che ho riportato in alto.
"E per strada
luce verde di giada."
Mi ha ricordato una pagina di Proust, visto che l'estate scorsa ho riletto tutta la "Recherche", dove nell'ultimo libro "Il tempo ritrovato" si descrive una camminata notturna di Marcel a Parigi, d'inverno, quando c'era il coprifuoco in tempo di guerra nel 1918 circa... Egli si era perduto e camminava in mezzo a strati di neve che alla luce verdastra dei lampioni smorzati per il coprifuoco, sembrava verde come giada.
Ecco, una "perla" proustiana incastonata in un disco di platino di una moderna chanteuse....
Povero Proust.
(prima foto: un black mandala, seconda foto: i prosciutti di Proust)
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susieporta · 3 months
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SACRED SECRETS
Osserva come ancora il tuo dolore prevale sulle tue intenzioni
e non ti lascia vedere cosa puoi veramente diventare.
Osserva il rancore che ancora hai per i tuoi genitori, e il fatto che non accetti che anche loro, come te, sono imperfetti.
Osserva come vuoi usare, con la scusa dell’amore, un uomo o una donna, per soddisfare il tuo piacere, i tuoi bisogni, i tuoi desideri.
E in questa smania di appagare, non vedi la gemma incastonata nel cuore e la bellezza della donna o dell’uomo che ti siede di fronte.
Osserva come la mano di Dio è in ogni farfalla, mosca, petalo, colpo di pistola, santo, ladro e puttana.
Osserva come ogni sussurro dell’universo pianifica attentamente il passo successivo per ricondurti a casa .
Osserva come interferisci continuamente con la vita degli altri, dimenticandoti di te, e rubando energia ai tuoi progetti.
Osserva come i viandanti, pazientemente, si siedono e aspettano una briciola di pane o la carezza di un gatto.
Osserva come le acque ritornano alla fonte e come i pesci sfuggono alla presa dei potenti, senza sforzo solo seguendo la corrente.
Osserva i guerrieri, i dottori, gli avvocati,gli insegnanti, i falegnami, i costruttori di case e di strade, come ognuno di noi è indispensabile all’altro e come ogni via si intreccia con i canti delle donne armene e dei sufi turchi.
Osserva il Corano, la Bibbia, le Upanishad e non troverai mai contraddizioni nelle sacre scritture e nelle parole dei maestri.
Osserva la perfezione del tutto anche dal fondo del baratro
Ringrazia ogni cellula
Ogni sasso
Ogni scricchiolío
Ogni errore
Ogni disperazione
Ogni vita sacrificata umana ed animale
Ogni pianto di donna
Ogni figlio disperso
Ogni uomo caduto
Nulla in questa vita è mai davvero perduto finché due cuori si tenderanno la mano .
_ClaudiaCrispolti_
©tutti i diritti riservati
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seoul-italybts · 10 years
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[✎ TESTO ♫ ITA] ❛ So 4 More ❜ - BTS, Canzone per il 1° Anniversario dei BTS⠸ 13.06.2014
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[✎ TESTO ♫ ITA] 
❛ SO 4 MORE ❜ by BTS
✨ Decisamente Pronti a Continuare 🌟
Traccia originale: Like water - Pro Era
Testo: RM, SUGA, j-hope
Arrangiamento beat: Slow Rabbit
Melodia: Slow Rabbit & Supreme Boi
Mixaggio & Masterizzazione: Yang Ga @ BIG HIT STUDIO
___ Canzone per il 1° anniversario dei BTS
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Anche quando finirà l'anno
Anche quando ne arriverà un altro,
Voi e noi percorreremo di nuovo insieme la stessa melodia
Anche quando scenderà la notte
Anche quando sarà passata,
I nostri sforzi per una vita migliore continueranno
Cazzo, non voglio mentire, io non dico bugie
Il mio sogno vola alto, oltre la Seoul Tower,
ma la mia mente è sotto, nel seminterrato
Sono ormai ostaggio di questa vita, ma ho scelto d'essere ambizioso
Perdermi e vagare è il mio hobby, ogni giorno, sprovveduto, mi sento sopraffare
Come gli arretrati di un affitto mensile, la mia solitudine non fa che accumularsi
Se qualcuno sa qual è il contrario di solitudine, che me ne presti un po'
Ci son tanti luoghi a cui appartengo
Ma com'è che non riesco a trovare il vero me stesso
Chi lo sa? Tu lo sai? Non lo sai. Io di sicuro no
È già passato un anno, ma per quanto io ci provi, non riesco ad abituarmici
Ogni sera, fermo di fronte allo specchio, un dito all'angolo delle labbra, mi chiedo
“Sei davvero il Kim Namjoon che conosci da sempre?”
Probabilmente dovrei solo lasciar perdere –
Tutte le mie angosce, riflessioni, paure e anche le responsabilità da leader
Tutte quelle cose che conosco così bene e di cui non mi riesco a disfare
Amici di una vita, cui non si può dir no, ma sapete cosa?
Il rap non deve essere veloce per essere tale, lo stesso vale per la vita
Ci sono volte in cui ognunə di noi avrà versato olio nell'acqua
Aspettandomi forse che le montagne che sono i miei obiettivi, successo e sogni
fossero più a portata di mano
Ma ero solo impaziente, l'acqua non si tramutava in fuoco, per quanto provassi
Acqua ed olio, due cose che non si mischieranno mai
Lo sai, è scritto anche nei libri di scienze
Sembrava le cose non sarebbero mai cambiate, ma ora qualcosa è iniziato
Guardatemi, sono in ebollizione
Presto diventerò fuoco
E divamperò le mie fiamme
Anche quando finirà l'anno Anche quando ne arriverà un altro, Voi e noi percorreremo di nuovo insieme la stessa melodia Anche quando scenderà la notte Anche quando sarà passata, I nostri sforzi per una vita migliore continueranno
Un anno privo di conforto, sul filo del rasoio
Non so dove sono diretto
Emozioni sempre in conflitto
Anche se ho lasciato i miei sospiri nel ieri
Non riesco comunque a chiuder occhio
Prevedibilmente sono turbato
Le notti insonni che continuano
L'invidia, la gelosia e la competizione sono una prigione
In cui mi sento spesso oppresso e soffocato
Il mio futuro è come un dipinto ad inchiostro sbiadito
Quella parola a due sillabe incastonata in mente: successo
Ciò che devo fare e ciò che voglio fare
Come Gulliver, sto qui diviso tra i due
Fanculo, non me ne frega un cazzo
Il mio è un sogno realizzato o perso?
Ancora non lo so, ho abbandonato le mie ambizioni di successo?
Dietro al sorriso che mostro scioccamente, c'è una metà di me che piange
A riprova di questa mia [confusa] identità
Tra realtà ed ideale, poco alla volta divento insensibile, frustrato
I miei sospiri sempre più profondi, diviso tra le emozioni contrastanti
e la mia ambizione musicale
Anche quando finirà l'anno Anche quando ne arriverà un altro, Voi e noi percorreremo di nuovo insieme la stessa melodia Anche quando scenderà la notte Anche quando sarà passata, I nostri sforzi per una vita migliore continueranno
Mi rendo conto ora del “tempo scaduto” – preso dalla vita, non me n'ero accorto
Per un anno ho continuato a marciare
Di giorno l'inferno e di notte di nuovo giù a scriver testi
Ogni giorno vivo la mia vita, ed è come una performance live,
non c'è lip-sync/non si può imbrogliare
Grazie a questi sforzi, ho aperto la porta al mio inizio
Più è il sudore che verso, più grande sarà il palco
Le grida ed il plauso, tutto questo supporto è un dono per me
Quanta più l'attenzione, tanta più l'emozione, mi vien da piangere
Ma sono sempre accompagnato da responsabilità e grandi preoccupazioni
Mi sento in debito per tutto l'amore ricevuto
Ogni giorno, sono agitato
Ho un buon presentimento, ma ha un retrogusto amaro¹
Cerco di darmi una stirata, di distendere le pieghe nella mia mente, mi riavvolgo
Nonostante il gran tumulto, i Bangtan mi sanno confortare
I miei passi conducono al successo, è ciò che voglio diventare
Già, sono Sirio e brillo più luminoso di ogni altra stella
Sono ancora un 'born singer (cantante nato)', il microfono stretto in mano
Anche quando finirà l'anno
Anche quando ne arriverà un altro,
Voi e noi percorreremo di nuovo insieme la stessa melodia
Anche quando scenderà la notte
Anche quando sarà passata,
I nostri sforzi per una vita migliore continueranno
Note:
¹ gioco di parole: 감(gam) può significare sia (1) sensazione, presentimento che (2) caco. Ho un buon presentimento, ma ha un retrogusto amaro come un caco non ancora maturo, n.d.t.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS | eng : © doolsetbangtan⠸ Twitter
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michelangelob · 9 months
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25 dicembre 800: l'incoronazione di Carlo Magno sulla Rota Porphiretica nella Basilica di San Pietro
La notte di Natale dell’800, Carlo Magno si inginocchiò sulla Rota Porphiretica incastonata nella pavimentazione della basilica di San Pietro per essere incoronato imperatore da papa Leone III. La basilica era gremita di persone e all’evento presero parte anche il Senato e degli eserciti francesi e italiani. Mentre Carlo Magno chinava il capo per ricevere la corona, il pontefice pronunciò a…
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Assisi è fatta di pietre e di cielo, e la bellezza è incastonata nella bellezza.
(Fabrizio Caramagna)
Assisi
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musicaintesta · 2 years
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«Aveva la testa di Antinoo e occhi dalle scintille d'oro. Non somigliava assolutamente a nessuno al mondo. La sua voce mi è rimasta sempre nella memoria. Lo sapevo povero e non si capiva di che vivesse; come artista, nemmeno un'ombra di riconoscimento»
(Anna Achmatova)
“Sono io stesso lo strumento delle potenti forze che nascono e muoiono in me.”
Amedeo Modigliani
L’ultimo romantico”,
lo chiama Corrado Augias nel bel libro uscito nel ’98 (Mondadori).
“Perla e porco” lo chiamava l’inglese Beatrice Hastings, una delle sue amanti più appassionate durante il soggiorno
parigino.
”Mostro ubriaco” diceva di lui il poeta russo Nikolaj Gumilev.
Era irruente e timido, insicuro e bello, aggressivo, talvolta supponente (gli piaceva declamare Dante),
gelosissimo delle proprie opere al punto da coprire la tela con la mano, quando era all’accademia,
per non far vedere
quello che stava disegnando.
Spesso e volentieri era insopportabile.
Le donne lo amavano.
“Di sicuro vede le cose in modo diverso
da noi” diceva la poetessa Anna Achmatova.
Con i capelli ricci e neri, gli occhi grandi e scuri,
insofferente alle regole ma attento nel vestire (e anche pulitissimo: nei suoi
infiniti traslochi parigini si portava puntualmente dietro la vasca da bagno di zinco), Modigliani incarna ai nostri occhi quell’ideale di
personaggio solitario e frainteso, che nonostante tutto ci piace ancora far coincidere con l’idea di artista puro.
da "La vita di Amedeo Modigliani"di Roberta Chiti
"Noto anche con lo pseudonimo di Dedo, iniziò a dipingere nello studio del pittore livornese Guglielmo Micheli, dove ebbe modo di conoscere Giovanni Fattori e la pittura dei Macchiaioli.
Proseguì la sua formazione artistica a Firenze e a Venezia, ma è a Parigi, dove giunse nel 1906, che l'arte di Modigliani ebbe una svolta radicale avvicinandosi alle avanguardie pittoriche di Henri de Toulouse-Lautrec e Paul Cézanne.
Tra i pittori di Montmartre sviluppò uno stile assolutamente personale e unico. I suoi dipinti pur contemporanei al cubismo esularono dalle regole del movimento, mentre le sue sculture risentirono dell'influenza dell'arte africana e primitiva.
Nel 1917 si tenne la sua prima personale a Parigi, ma la polizia chiuse la mostra per lo scandalo suscitato dai suoi “nudi”.
L'apprezzamento critico per le opere di Modigliani, tuttavia, crebbe notevolmente così come la fama di artista maledetto. La salute cagionevole e gli eccessi di una vita sregolata tra alcol e droghe lo condussero ben presto ad una morte precoce a soli 35 anni.
Una passione che tesse le sue trame nella cornice di un’esorbitante disperazione e di un inestricabile attaccamento reciproco pervaso da una demoniaca inquietudine, quasi morbosità; una relazione incastonata nel labirinto della dedizione perpetua dell’uno nei confronti dell’altra, ma anche imprigionata nelle brame della solitudine; un amore “che condusse ad una morte” nel caso di Jeanne. Il 22 gennaio 1920, Amedeo Modigliani viene colto da un violento attacco di tubercolosi, la malattia che aveva seguito le sue orme per tutta la sua vita, e il 24 gennaio chiude gli occhi per sempre. Jeanne, incinta al nono mese della seconda figlia di Modì, il giorno seguente si butta dal quinto piano della casa dei suoi genitori."
RIP
❤️🎶🌹
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Cos'è per te un eroe?
Forse mio nonno, che quando ero bambina mi leggeva le poesie, e io le ascoltavo con attenzione, anche se non le capivo, perché mi piaceva il modo in cui il suo volto veniva modellato dalle cose che amava, come i suoi occhi si illuminavano e si riempivano di rughe mentre sorrideva, abbassando la voce come se mi stesse raccontando un segreto che solo io sarei stata in grado di custodire.
Era solito ripetermi di impararle a memoria, perché così un giorno me le sarei potute portare con me, ovunque sarei stata.
Ad oggi, c’è un posto speciale nel mio cuore, in cui spesso mi rifugio, e la sua voce, incastonata nei miei ricordi, si sovrappone alla mia, mentre le recito.
Mio nonno mi ha insegnato a vedere la bellezza nella poesia, ed ora, in ogni poesia, io vedo lui.
Aveva ragione; posso portarmelo sempre con me, ovunque sono.
Scrivetemi che ore sono e a che cosa state pensando
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oscuroio · 2 years
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Ti volevo così. ... Incastonata come un diamante.... Il mio diamante per sempre...
OscuroIo
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klimt7 · 2 years
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DARE ALLA LUCE
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Il Natale è il compleanno di tutti e ciascuno, perché ci faremmo i regali altrimenti?
L’ho capito meglio guardando un capolavoro di Raffaello in mostra al Museo diocesano di Milano per il periodo natalizio. Si tratta di un rettangolo di legno (predella) diviso in tre scene che faceva da base al dipinto collocato nella cappella degli Oddi in San Francesco a Perugia, da dove fu rubato dai Francesi a fine 1700, per poi finire a Roma nel secolo successivo. La pala lignea era stata commissionata nel 1502 al 19enne Raffaello da Alessandra Baglioni, moglie di Simone degli Oddi, per la cappella dove un giorno avrebbe voluto la sua sepoltura. L’artista, in piena fioritura, consegnò l’opera due anni dopo, dipingendo nella parte verticale la tomba vuota di Maria assunta in cielo, nella base orizzontale le tre scene del Natale: annunciazione dell’angelo (concepimento), adorazione di Magi e pastori (nascita) e presentazione al tempio (introduzione del bambino nella comunità). Lo spettatore vede quindi una giovane ragazza che dà alla luce un bambino a cui molti fanno festa. E che cosa ci sarebbe di straordinario? Raffaello mi ha risposto nella prima delle tre scene. Come?
Nella prima scena Raffaello dipinge la figura più bella di tutta la predella, quella di un ragazzo che entra di corsa nella stanza di una ragazza. Entrambi hanno l’indice alzato, segno che stanno parlando.
Al centro della scena non ci sono loro ma uno spazio vuoto, che permette di guardare, attraverso una finestra spalancata, il paesaggio retrostante nel quale si intravede un ponte che conduce verso le torri di una città incastonata tra le colline.
Di che parlano? Il messaggero (in greco angelo) le propone di diventare madre e lei chiede spiegazioni non essendo sposata. Nel mito antico quando un dio vuole una donna se la prende con la forza, qui no: dialogano. Lo spazio vuoto (innovazione di Raffaello: la tradizione pittorica voleva che al centro ci fosse un personaggio) che separa il messaggero e la ragazza è la libertà: la Vita propone, l’uomo dispone.
quel verbo presente in ogni uomo o una bianca fuga dalla realtà.
Tempo fa ho scoperto che la mia parola-azione era già nel mio nome, Alessandro, in greco protettore dell’uomo: vengo al mondo, cioè nasco ogni giorno di più, nella misura in cui provo, con i miei limiti, a custodire il destino di persone (a scuola, nelle amicizie, in amore) e di personaggi (nei libri). Così pro-creo, mi salvo (mi compio) e salvo (compio) un po’ di mondo. Il Natale resiste nei secoli perché ci ricorda che c’è un verbo, parola-azione, che vuole farsi carne in noi: Natale è quindi fare spazio, liberarsi dalle menzogne di destino, ricevere l’ispirazione autentica e portarla al mondo nella propria carne. Non c’è Natale, nascita, senza con(ce)pimento: una ragazza qualunque di duemila anni fa mi ricorda che esistere non è «venire alle luci della ribalta» ma «dare alla luce nella carne».
Raffaello mi conferma che ogni persona è luce del mondo, lui che a 12 anni aveva risposto alla sua chiamata, cambiando città, per andare a bottega dal maestro migliore (Perugino), per poi affrancarsene e compiere il suo Natale terreno a soli 37 anni, come dice provocatoriamente un personaggio nei Demoni (coloro che vogliono «salvarsi» da soli) di Dostoevskij:  «Io dichiaro che Shakespeare e Raffaello stanno al disopra dell’affrancamento dei contadini, del nazionalismo, del socialismo, della chimica, di quasi tutto il genere umano, perché sono già il frutto, il vero frutto di tutto il genere umano! Sono una forma di bellezza già raggiunta, senza la quale io, forse, non accetterei neanche di vivere. Senza gli Inglesi l’umanità può ancora vivere, senza la Germania può vivere, senza i Russi può vivere anche troppo bene, senza la scienza può vivere, senza pane può vivere, ma senza la bellezza no, perché allora non avrà assolutamente nulla da fare al mondo! Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui! Senza la bellezza, lo sapete, voi che ridete, che non inventerete nemmeno un chiodo?»
Senza bellezza, che è vita concepita e salvata (compiuta), non c’è nulla da fare al mondo, manca l’ispirazione anche solo per un chiodo, figuriamoci per vivere. Le luci del Natale che, sin dai tempi antichi, segnalavano il rinnovato prevalere della luce sul buio nelle 24 ore del giorno, ci aiutano, una volta l’anno, credenti o no, a prendere in considerazione che ogni singola vita è fatta per venire alla luce, essere parola-azione, pro-creazione e salvezza del mondo.
Il Natale che tutti, volenti o nolenti festeggiamo, è iniziato nella stanzetta di una ragazza di un villaggio sperduto di due millenni fa. Se prendessimo la e le vite con la stessa serietà di questo racconto, quanto Natale concepiremmo ogni giorno! E poi quanta luce daremmo al mondo e quanto mondo daremmo alla luce!
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[ A. D'avenia - Corriere della sera del 12/12/2022 ]
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morelin · 2 years
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Chiese di Castelvetrano
A Castelvetrano (Trapani) ci sono diverse chiese. Ho avuto modo di visitarne 3 che ritengo essere davvero delle chicche imperdibili. La prima è la chiesa di San Domenico, considerata la “Cappella Sistina della Sicilia” quindi dovete assolutamente vederla! E’ una delle più alte espressioni del manierismo siciliano, decorata con marmi e stucchi. La vostra attenzione sarà attratta in particolare dal grandioso Albero di Jesse e dalla cappella del coro.
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La seconda è la Chiesa Madre che nonostante sia meno decorata rispetto alla chiesa di San Domenico, presenta due ricchi archi trionfali composti da frutta, fiori e putti.
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Infine la chiesa della SS. Trinità di Delia, incastonata in un giardino ricco di cicas, dracene, alberi secolari e palme. 
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E’ costruita secondo i canoni dell’architettura normanna-bizantina quindi dimenticate stucchi e ricche decorazioni ma meravigliatevi davanti alla bellezza di arcate, nicchie e finestrelle.
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Particolari le diverse porte d’entrata previste dal rito greco: dalle porte laterali accedevano gli uomini, che prendevano poi posto nelle corrispondenti navate laterali, mentre la porta centrale veniva destinata alle donne, che si posizionavano in una zona riservata delimitata da transenne lignee.
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conilsolenegliocchi · 2 years
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~ Lo strano caso della signora Posillipo ~
La vista che si godeva da quel punto della città avrebbe fatto la fortuna di un albergo. Invece, a godersi l'ampio panorama del pittoresco golfo ai piedi del Vesuvio erano i clienti di una clinica privata. Salivo a piedi il ripido viale che portava all'ingresso con la voglia di chi deve, sorretta da silenziosi incitamenti mentali giacché il mio accompagnatore mi era di conforto quanto una zavorra. L'ingresso della clinica era una moderna vetrata automatica, incastonata nell'immobile con cognizione di causa, in modo da non stonare con la facciata del palazzo stile neoclassico, perfettamente tenuta, con tanto di cornicioni decorativi originali risalenti all'epoca in cui fu edificata dal barone tal dei tali.
Entro e ovviamente cerco subito l'accettazione. Quel posto sembrava uno scherzo: a destra corridoi ultramoderni, segnaletica dei reparti, luminosità a giorno, a sinistra un'ampia ala con bancone arredata con librerie e mobili antichi di noce scuro, austeri, pesanti, scarsamente illuminata. Mi avvicino un poco titubante e chiedo ad un giovane uomo seduto ad una scrivania più interna, dietro al bancone, se quella fosse l'accettazione. Mi fa cenno di sì col capo. "Ho un intervento programmato per oggi con il dott. Esposito" - "Non deve parlare con me. La signora sta arrivando". Quale signora? Mi volto e vedo avanzare a fatica verso di noi, attraverso la penombra, una donna sui generis che pareva appena uscita dal set di una pellicola noir. Molto anziana, vestita con un lungo abito nero, magrissima e diafana, i capelli bianchi, con a tratti ciocche ancora grigie, raccolti in una crocchia molto elaborata leggermente spettinata.
Se non avessi avuto massima fiducia nel chirurgo che doveva operarmi, rinomato per essere tra i migliori della regione, sarei andata via.
Io e mio marito ci lanciavamo occhiate rapide condividendo telepaticamente lo stesso pensiero "Gesù, ma dove siamo capitati?". Ci siamo salutate molto ossequiosamente e le ho detto perché ero lí. Ha controllato su un registro la mia prenotazione e poi ha iniziato la redazione preliminare della mia cartella clinica, chiedendomi con voce tremula i dati che trascriveva nei vari campi con una calligrafia perfetta a dispetto della tremolante mano ossuta. Ogni tanto mi guardava di sottecchi facendomi sentire più a disagio di quanto non fossi già. Nonostante glielo avessi ripetuto più volte non riusciva proprio a capire il mio indirizzo. Ho guardato il giovane uomo, seduto più in là all'austera scrivania, pensando che sarebbe venuto in aiuto della signora, ma è rimasto al suo posto impassibile. Così le ho chiesto se potessi aiutarla io a scriverlo. Mi avvicina il modulo e anche se ero nel verso contrario del foglio, senza girarlo, ho scritto per bene il mio indirizzo. Lei annuisce e mi guarda sorridente, con una strana luce in quegli occhi piccoli e vivaci che aveva a dispetto del viso rugoso. Poi mi dice che ero una persona bella, di quelle che non si incontrano facilmente. Avevo scritto per bene al contrario, questo faceva di me una persona che sapeva adattarsi e questa è una grande qualità. Ma si dispiaceva per me perché avrei "pagato a caro prezzo in questo mondo la mia signorilità". Mi ha lasciata un attimo interdetta e senza parole, ma onestamente in quel momento non avevo la lucidità per elaborare quella strana situazione, ero troppo in ansia per l'intervento e volevo solo che quel passaggio burocratico si concludesse il prima possibile. Mi sono limitata pertanto ad annuire imbambolata e ad un sorriso di circostanza. Ho pensato, tra l'altro, che quelle parole facessero parte di un marketing adulatorio vecchio stampo, che lei tenesse quell'atteggiamento con tutti i clienti e, lì per lì, non mi è sembrato nemmeno strano che dicesse ad una ragazza, che doveva essere dello staff parasanitario stando alla divisa, che ero sua amica e perciò di accompagnarmi alla stanza più bella da dove si vedeva il mare.
Certo che desideravo poter vedere il mare, e che mare direi, ma non ci vogliono grandi qualità divinatorie per immaginare che chiunque si trovi lì speri di beccarsi una delle stanze panoramiche per addolcire, diciamo così, la pillola della degenza.
La stanza era essenziale, asettica, triste. C'era la TV e mio marito si mette subito comodo sul letto a scegliere qualcosa da guardare. D'altronde cos'altro poteva fare, lo aspettavano ore di attesa. Prima di eseguire tutte le prescrizioni ricevute dall'infermiera circa la mia preparazione pre-operatoria, mi affaccio al balcone e mi beo del tepore del sole e di una vista degna di una cartolina. Guardandomi intorno noto altri palazzi ed alcune abitazioni e penso a che fortuna hanno quelle persone a poter guardare quel panorama tutti i giorni a tutte le ore. Torno dentro per fare quello che devo fare, di lì a poco sarebbe arrivato l'anestesista a parlarmi, meglio farmi trovare pronta.
Sento della musica rock e due voci maschili che parlano e ridacchiano mentre mi sistemano qualcosa addosso. Cerco di ricordarmi dove sono e cos'è quella luce fortissima che mi acceca. "Bentornata!" il faccione del chirurgo mi sovrasta e mi ripara un poco dalla luce, così che riesco a riconoscerlo e a ricordarmi chi sono, dove e perché. Che strana sensazione quel salto spazio temporale che crea l'anestesia: sembra che venga premuto il tasto off/on. Un momento prima ci sei, un momento dopo sei completamente inattiva nel corpo e nella mente. "È andato tutto bene, stiamo per spostarla in stanza. Dovrà restare un paio d'ore in osservazione... dopodiché se riesce a fare pipì potrà anche andare a casa se vorrà". Sì che voglio.
Le due ore di attesa più interminabili di sempre. Finalmente ricevo l'ok tecnico del dottore e mi rivesto, anche se ho l'agilità di un bradipo dovendo fare attenzione ai punti. È sera ormai quando scendo in accettazione e ci trovo una ragazza con quel che sembra il mio dossier già pronto. Mi guardo intorno e, non so perché, mi viene di chiederle se la signora anziana che avevo incontrato la mattina avesse finito il turno. Lei ride divertita e poi, sporgendosi un poco verso di me, dice sottovoce, come se mi stesse confessando chissà quale segreto"La signora è sempre di turno... È la proprietaria di questa clinica". E infatti, nemmeno finisce di parlare che la signora appare, ma stavolta non l'avevo vista arrivare. Mi guarda con aria molto compassionevole e mi chiede come sto. Libera la ragazza e mi dà le fatture da saldare, per le quali inizio a compilare assegni che poi le passo chiedendo di controllare se vanno bene. Mi dice che si vedeva che ero una persona precisa e sicuramente quello che avevo fatto era fatto bene, infilando poi gli assegni nel mio dossier senza nemmeno girarli per dare un'occhiata veloce. Le chiedo il certificato di degenza da presentare come giustificativo a lavoro e nel mentre che lo compila chiacchieriamo del più e del meno. Nel salutarci mi dice "Sono stata veramente felice di conoscerti, però figlia cara ascoltami bene, se continui così tra dieci anni morirai. Abbi più cura di te". Ma perché dovevo morire? Non l'ho capito né ho chiesto, archiviando la strana nonnina come un po' fulminata. Però sulla strada di casa, ripensandoci, mi pentii molto di non aver chiesto in base a cosa dicesse così, almeno per curiosità, hai visto mai che la signora avesse un terzo occhio. Chissà perché non siamo mai perfettamente coscienti di quello che ci succede mentre ci succede.
Sono passati cinque anni da quel giorno. Se ha avuto ragione, me ne restano altri cinque.
@conilsolenegliocchi 🐞
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All'amore, alla passione.....
Sabati di Jorge Luis Borges
a C.G.
Là fuori c’è un tramonto, gemma oscura
incastonata nel tempo,
e una profonda città cieca
di uomini che non ti videro.
La sera tace o canta.
Qualcuno libera gli aneliti
crocifissi in un piano.
Sempre, la numerosa tua bellezza.
 
Anche quando non ami
la tua bellezza
prodiga il suo miracolo nel tempo.
Sta in te la gioia
come la primavera nella foglia tenera.
Io non sono più niente,
soltanto un desiderio
smarrito nella sera.
La delizia sta in te
come la crudeltà sta nelle spade.
 
La notte opprime l’inferriata.
Nell’austero salone
come ciechi si cercano le nostre solitudini.
Sopravvive glorioso all’imbrunire
il candore della tua pelle.
Nel nostro amore c’è una pena
che assomiglia all’anima.
Tu,
ieri soltanto tutta la bellezza
sei anche tutto l’amore, adesso.
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stefy191 · 2 years
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L'esiliato
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Le torri si stagliavano contro il sole cocente di metà primavera nella vallata, o almeno, in quella che molti secoli prima era probabilmente considerata una vallata.
L’uomo si chiedeva perché avesse deciso di passare per quella strada, pur sapendo che si sarebbe trovato in quella situazione e che non avrebbe mai potuto trovare riparo dal clima ostile all’interno delle alte torri di sabbia.
Se solo gli amministratori non fossero così pazzi…, pensò l’uomo mentre scrutava le torri con il suo cannocchiale da sotto il tessuto refrigerante a quest’ora sarei al fresco a sorseggiare acqua cristallina senza perdere nemmeno una goccia di sudore.
Osservava quegli enormi colossi di sabbia gialla arancione: erano una decina con pochi metri di vuoto a separarli uno dall'altro, di quando in quando un piccolo ponte coperto collegava i vari edifici disposti a formare un cerchio. Ognuno di essi era costellato da centinaia di piccoli forellini, che dovevano essere le finestre delle varie stanze, e in cima si potevano intravedere i tendaggi delle capanne colorate del mercato coperto. Questa notte sarà un vero spettacolo da osservare, anche perché non ci sarà la luna…, rifletté.
Nonostante il calore, anomalo anche per clima, il vecchio riuscì a farsi passare la giornata, per lo più raccogliendo la poca condensa e controllando le razioni di cibo. Si fece sera e anche se sapeva che l’essere individuato dalle sentinelle potava essere un bel rischio, decise di spostarsi per poter osservare meglio le torri durante la notte.
Trovò un altro riparo dietro una grande roccia incastonata in una duna abbastanza alta da permettergli una buona visuale, fortunatamente la roccia era parzialmente ricoperta da un duro strato di sabbia che gli permise di scavare un poco, creando un rifugio perfetto anche per non essere individuato. Riuscì a ricavare un piccolo foro nello strato di sabbia più spessa che gli permise di vedere fuori, ciò che si trovò ad osservare lo lasciò senza fiato.
Quelle che poche ore prima erano alte torri gialle adesso erano sparite, se non sapevi dove guardare certamente non le avresti viste e saresti facilmente finito addosso alle sentinelle e, di conseguenza, nelle loro celle per gli interrogatori. Il solo pensiero di quel posto gli diede un brivido che lo percorse dalla punta dell’alluce fino a sotto il cuoio capelluto. Dalle piccole finestre usciva la fioca luce delle candele a combustibile riciclato che, viste da quella distanza, le rendeva assolutamente uguali a delle piccole costellazioni.
Non sapeva se lo estasiava di più il fatto che le torri potessero rendersi assolutamente invisibili all’occhio degli sconosciuti, o il modo in cui l’essere umano era riuscito a trovare la maniera di ottenere questo risultato rimanendo sempre fedele al giuramento del rispetto stipulato ere fa. Probabilmente è per questo motivo che gli estranei non sono ben accetti all’interno delle torri, anche i commercianti fanno molta fatica ad ottenere il permesso e comunque non hanno mai accesso alle stanze più interne, pensò.
L’essere umano ha di certo imparato molto negli ultimi secoli, ma certamente la condivisione non è una qualità che siamo predisposti ad accettare, soprattutto se siamo noi quelli con la cosa che gli altri vorrebbero.
L’uomo sospirò : « Non impareremo mai… »
Poi un minuscolo, quasi impercettibile movimento attirò la sua attenzione verso una delle finestrelle.
Aggiustò le impostazioni del suo cannocchiale così da poter vedere meglio e più nel dettaglio, ringraziando sé stesso dell’ottimo acquisto nonostante l’ingente somma di denaro che aveva dovuto spenderci. Notò che ad una delle finestrelle era spuntata una specie di grande davanzale sospeso sul vuoto e assicurato alla parete della torre da spesse corde, su questo strano ripiano era seduto un bambino che lasciava dondolare le gambette quasi come se fosse su un’altalena. Pensare a quanto in alto si trovasse quel bambino lo fece nuovamente rabbrividire, non era una persona che amava le altezze, figuriamoci poi l’essere sospeso ciondolante nel vuoto, assicurato solo da due corde incassate nella sabbia!
Deglutì e continuò ad osservare il piccolo umano.
Sembrava pensieroso, come se avesse un segreto che non voleva svelare a nessuno o che forse sentiva di non poter svelare a nessuno…Guardava il cielo e sospirava: aveva una camicia azzurrina, palesemente troppo grande per la sua età, dei pantaloni gialli come la sabbia delle torri e i piedi scalzi. Mi sembra giusto, pensa se ti cadesse una scarpa da quella altezza: recuperarla sarebbe certamente complicato! rifletté l’uomo.
Qualcosa all’interno della stanza sembrò attirare l’attenzione del bambino, che parve rispondere a una chiamata; quindi, si mise in piedi e saltò nuovamente dentro la finestra per poi ritirare dentro la pedana e chiudere le imposte.
In quel momento il solitario osservatore ripose il cannocchiale.
«Noi, al di fuori delle torri, vogliamo sapere cosa nascondono perché da qui sembra tutto migliore della nostra situazione…non pensiamo mai che, magari, alcuni di quelli che vivono lì dentro vorrebbero uscire fuori e vedere come viviamo noi»
Eh sì, perché se sei nato nelle torri, muori nelle torri. Si possono contare sulle dita di due mani le persone che hanno deciso di abbandonare le torri e stai pur certo che nessuno, alla fine, sia stato completamente felice di averlo. Chi è il pazzo che lascerebbe un luogo sicuro e piacevole, dove non manca nulla, ma proprio nulla, per vivere felicemente? Chi è lo stolto che lascerebbe di sua sponte una fonte certa di cibo e di acqua, un tetto sopra la testa sempre assicurato, insomma una vita agiata per l’ignoto?
«Già, chi sarebbe il pazzo…» sospirò lasciandosi andare al sonno.
Il mattino seguente lo svegliarono i suoni provenienti da una carovana di mercanti in uscita dalle torri e diretta verso la sua postazione. Ne riconobbe i paramenti e decise che avrebbe percorso l’ultima parte del suo viaggio in compagnia di qualche amico, così magari si sarebbe scrollato di dosso quella sensazione di malinconia. Quando la carovana fu abbastanza vicina, l’uomo uscì dal suo nascondiglio e si incamminò verso la parte centrale della fila di carretti a carrozze, diretto verso uno in particolare che gli sembrava familiare.
«Guarda un po’ che topo saltellante spunta dalla sabbia!» esclamò un uomo molto alto e molto robusto.
«Uno che nonostante tutto non riesce ad abbandonare il proprio passato» rispose l’osservatore.
«Non pensavo che ti avrei trovato qui, mi fa piacere Ben»
«Io invece sapevo che in questo periodo dell’anno saresti passato da queste parti Koll; quindi, ho deciso di passare e aspettare di vedere se ti avrei trovato con la carovana»
Si diedero qualche pacca sulla schiena e dopo i classici convenevoli, il mercante di ferro Koll si fece serio e disse:
«Ho visto tuo nipote ieri…e anche tuo figlio…stanno bene»
Ben lo osservò in silenzio per un istante, poi sorrise e rispose:
«Grazie, ho visto il bambino ieri sera era sulla finestra ad osservare il cielo…»
«Tuo figlio dice che ti assomiglia troppo, credo che tu gli manchi Ben»
Ben rise.
«Lo so e loro mancano a me, ma sai le regole delle torri: o sei dentro o non sei mai esistito…e io non potevo fare finte che la madre di mio figlio non fosse mai esistita…Loro se la sanno cavare, posso già essere felice per il fatto che almeno non mi portino troppo risentimento.!»
«Già…» commentò Koll «a proposito, hai novità nella ricerca? Io ho provato a fare qualche domanda nei vari mercati, ma nessuno sa mai dirmi nulla»
«Più o meno, ho seguito la sua pista fino alle pendici della Grande Cresta, ma poi nessuno ha saputo dirmi più nulla. Credo infatti che prossimamente mi addentrerò tra le montagne se non riuscirò a trovare nessuna nuova pista»
Si interruppe improvvisamente sentendosi osservato
«Ma adesso basta parlare del passato Koll! Parlami di te e delle tue avventure da mercante, gli affari vanno bene?» disse Ben a voce piuttosto alta.
Koll lo guardò stranito, ma non si fece troppe domande ed inizio a parlare dell’andamento del mercato del ferro e la sensazione spiacevole di Ben pian piano sparì.
La carovana viaggiava tranquilla addentrandosi sempre di più nel deserto e a poco a poco, anche le immense e magnifiche torri di sabbia, divennero solamente dei ricordi persi nell’orizzonte lontano.
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sinapsimagazine · 5 days
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Alla 26° Sagra del Fungo Porcino di Castelpagano arrivano le streghe e il maialino ‘nero a metà’.
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Nella suggestiva cornice di Castelpagano, fiorente cittadina in provincia di Benevento, incastonata nell’Alto Tammaro ai confini con la regione Molise, è tornato in scena il fungo porcino con la rinomata sagra giunta quest’anno alla 26° edizione. Un connubio incredibile di enogastronomia, cultura, tradizioni e folklore, Castelpagano si ripropone al turismo di massa con una dieci giorni alla…
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adrianomaini · 6 days
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Nella parte di levante - quasi pietra incastonata sul citato mezzo anello - di Via Gradisca (ancora a Nervia di Ventimiglia) è da tempo sbarrato il passaggio al greto del torrente, che, come già raccontato, consentiva tante possibilità, ad esempio, il lavaggio più o meno lecito di automobili (Arturo Viale docet!)...
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