#in fondo sempre e solo cazzi miei
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Ho eliminato tutto ciò che era mio e sai perché? Perché questa piattaforma non merita i miei post, questa piattaforma non mi merita, le persone di merda che mi pento di aver conosciuto qui non mi meritano! se pensate che qui si trova l’amore vero avete sbagliato! Se pensate che qui si trova l’amicizia duratura avete sbagliato, se pensate di scopare qui avete cacato proprio!! qui oggi potete solo pagare,sbavare e farvelo in mano, potete solo mettervi col culo di fuori e coi cazzi al vento e nascondervi come conigli! Sto su questo Social da 15 anni quasi, cambiato nomi e blog a manetta, io prima di voi ho fatto il galletto su quella che oggi la chiamo monnezza per essere “popolare” e dove mi ha portato? mi ha portato in alto ma a che prezzo? poi mi sono ricreduto dicendomi “ma che cazzo sto facendo, IO NON SONO QUESTO!” certo voi direte “ma che cazzo mi interessa, tanto qui nessuno mi conosce” però mettetevi in un angolo a riflettere, se non fate quello che fate qui ma chi cazzo vi seguirebbe? provateci a crearlo un blog personale con frasi serie e a postare la vostra vita quotidiana come si faceva una volta e come si fa su ogni benedetto Social serio, e vediamo se qualcuno vi si incula a seguirvi. Qui ho provato anche ad essere un buon’amico ma ho sempre toppato, ho fallito in amicizia figuriamoci in amore! e pensavo che il problema fossi io, mi dicevo “ma come é possibile perché non riesco? forse sbaglio qualcosa? sarò sbagliato?” Ma conoscendovi a fondo mi rendevo conto che quello strano non ero io ma voi! quello pulito ero io e non voi, ho sempre dato il 100% a chi non meritava un cazzo, alla fine sono arrivato alla conclusione che se non esci di casa e vai in strada a conoscere e dialogare con la gente guardandola negli occhi col cazzo che socializzi, col cazzo che distingui la gente vera da quella falsa, e sinceramente non voglio arrivare a 40 anni qui sopra a leggere e a vedere le solite puttanate che repostate, quindi mi disintossico da Tumblr, l’ho amato con tutto me stesso, per me é stata una vera CASA quando ho combattuto la depressione a 15 anni ed ora ne ho 28, e quando postavo i miei problemi venivo capito e compreso, perché c’erano persone, persone che ti ascoltavano, persone che ti facevano innamorare del loro blog solo dal modo in cui scrivevano, ho ancora i loro nomi scolpiti nella mente, di quei pochi, purtroppo chi non c’é più, chi ha abbandonato e c’é chi ha eliminato il blog senza lasciare traccia stanchi di scrivere per dei coglioni che non hanno apprezzato, ma io il blog lo rimango con questo unico post bello fissato in alto! così che chiunque passi di qui possa leggere, aprire gli occhi e forse salvarsi.
Detto questo fate ciò che cazzo vi pare, questa volta non ho fatto un erba un fascio ma scavo direttamente tutto il prato sradicando tutte le radici marce e via! io me ne vado da qui, inizio a guardare in faccia alla realtà e Tumblr non ne fa più parte.
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Viterbo, 19 Febbraio 2023 - Domenica
Ali, you thirsty on Twitter
Ci siamo.
Non vedo l'ora.
Servirebbe un piccolo recap in realtà.
Ci sono posti dove non sto più andando, come per scandire il mio saluto.
Al Bistrot del Teatro, il primo giorno era qualche giorno prima dell'esame di semantica e pragmatica quindi diciamo seconda metà di Settembre e la seconda metà di Febbraio quella in cui con un cappuccino, li ho salutati.
Gelateria Gelart, che mi ha fatto capire che il gelato è buono se lo sai fare e non devi per forza andare da Bonocore a Capri. Preso un Tre meraviglie cono piccolo con doppia panna come mamma mi insegna.
Adieau anche al pizzicarolo sotto casa che è una vita che mi guarda male che pago con la carta, ma dal quale sono riuscita ad assaggiare la mozzarella di Cioffi, stra buona davvero.
Molto probabilmente è stato un saluto anche quello dato ieri al Pokeriño dove quelle tipe non si sa perché mi mandano bad vibes, ma forse hanno solo i cazzi loro.
E sicuramente anche all'Ipercoop, che mi ha vista piangere forte.
Un ultimo saluto in realtà anche al B-Side, che mi ha conosciuta coi capelli+sopracciglia decolorati a caso da sola, fatto in quel Giovedì in cui mi avevano passata a determinato e lì ero davvero sola.
Sono state dolcissime, lo sono state davvero tanto.
Anche la Yogurteria ed il bar Marconi anche se per puro caso è un adieau.
Saluto coperte, cuscini e lenzuola che lascerò qui.
Saluto tutti i piccoli oggettini che regalo a questa casa che mi ha dato tantissimo.
Questo piccolo grande luogo con un'energia enorme mi ha dato tantissimo per davvero.
Mi ha fatta stare bene quando tutto intorno a me non stava andando bene, mi ha fatta respirare quando non ero più capace a respirare.
Mi ha vista fare e disfare valigie, ha visto persone e cose nuove.
Ho dormito e litigato con persone conosciute qui, mi ha sentita piangere e gridare, mi ha sentita ridere, mi ha vista in videochiamata, scrivere, studiare, pensare, piangere soprattutto.
Ha ascoltato la mia musica.
E i miei monologhi.
E ci sono cose mai andate in porto come le sedie o il mobile della sala da pranzo.
Soprattutto mi ha vista fare le unghie hahahahahhaha
E ricevere pacchi Amazon.
Ed iniziare serie tv e psicofarmaci.
Probabilmente altri posti dove non andrò più saranno Il Monastero, 13Gradi, La Cantina dei Papi, Il Labirinto, via dell'Industria, Omu Sushi, Grandori di p.zza della Rocca.
Ci sono posti che mi hanno dato già.
L'Università.
Il 77, che ha toccato il suo fondo ormai (ahimé).
Persone che toglierò dai followers as soon as me ne vado via da sto posto.
Mi ha dato proprio tanto sta Viterbo.
E l'ho odiata come poche cose nella mia vita, ma tanto come sempre, i tempi tecnici li immagini solo a show pronto.
A parte che deve venirmi il ciclo e mi son sparata due EllaOne a differenza di forse 10gg l'una dall'altra pertanto a sto punto non escludo nemmeno che salti e vabbè, la percentuale è davvero bassissima insomma vabbè questo è quanto.
Mi piace un sacco A. e mi fa ridere che anche lui si chiami A. ed è il quarto e boh che dire.
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Mercedes è tua Henry, una lunga intermittenza del cuore
Ricordo ancora quando ero incinta,il mio corpo completamente cambiato, la difficoltà nel camminare gli ultimi mesi, sono rimasta da sola, il lavoro l'ho sempre fatto da casa, il mio pranzo consisteva nella frutta e tanto yogurt, la mia vicina di casa veniva sempre a controllarmi,era terrorizzata, potevo partorire da un momento all'altro, non potevo certo lasciare il mio lavoro, dovevo sempre concludere le mie traduzioni e consegnarle e tra le altre cose seguivo una sezione del National Geographic, quella parte che riguardava lo sci alpinistico, i nuovi traguardi raggiunti dagli sciatori, le interviste che dedicavo a loro,ero semplicemente esausta, sul più bello della nostra relazione Henry Johnson aveva deciso di mollarmi come un sacco di patate,io avevo il pancione al settimo mese, una mattina mi ritrovo un biglietto sul tavolo di casa: Take care my love, devo andarmene, ma rimarrai sempre nei miei pensieri, a quelle parole il sangue era diventato di ghiaccio, non mi aveva lasciato niente,neanche i soldi, sapeva che ero incinta di lui. Da quel giorno mi sono rimboccata le maniche piangendo, il mio lavoro è tutto per me, di lui è rimasto solo un ricordo, so che da qualche parte nel mondo è lì, come si dice: mi hai messa e adesso sono cazzi miei. Il giorno che ho partorito Mercedes, ero da sola, mi hanno portata in Ospedale quello più vicino, quello degli Universitari, è nata Mercedes tra le braccia di una studentessa, io a gambe aperte a urlare dal male, uno studente mi teneva le spalle e le studentesse pronte all'arrivo di Mercedes, quando è arrivata sono scoppiate in lacrime dalla gioia, l'hanno avvolta in un lenzuolo,al polso le hanno infilato un braccialetto di tela con la medaglia di Cristo,me l'hanno consegnata tra le braccia bellissima, da quel giorno io e lei siamo sempre rimaste insieme, me la sono sempre portata dietro,abbiamo dormito ovunque, su una jeep, su un camion,sotto le stelle,purtroppo il mio lavoro mi porta a conoscere direttamente gli intervistati e molte volte raggiungerli non è così semplice. Adesso Mercedes ha cinque anni e di Henry nessuna traccia, io e lei siamo dirette in Bolivia ci rimarremo per almeno un paio di anni,ci sono delle piste da sci e fuori pista spettacolari, come arrivo all'aeroporto c'è una vecchia amica di famiglia ad aspettarmi, entrambe siamo stanche e ci addormentiamo sul sedile posteriore, come arriviamo a Monteagudo ci separano pochi kilometri da Candua, la casa è quella di mia madre,arriviamo ed è quasi sera, scendiamo dalla jeep, Mercedes è esausta, la tengo in braccio, apro la porta principale, la prima stanza è sempre stata aperta alla gente, ci sono poi altre stanze, quella in fondo vicino al bagno è quella dove io e Mercedes dormiremmo, mi avvicino con calma e come la apro ci trovo il letto preparato, sono felice di essere ritornata anche se non per sempre. Io e Mercedes ci addormentiamo. Come mi sveglio al mattino decido di preparare la colazione, sono sicura che la domestica avrà lasciato del cioccolato duro e secco da tritare, vado in cucina e ci trovo del pane fresco, formaggio, marmellata, del latte e il cioccolato, prendo in mano il cioccolato e dei semi di mandorle, in fondo c'è una cucina, in realtà non c'è una porta, lo spazio è aperto, io ho indosso una camicia bianca leggera, a terra ci trovo il motero è rimasto sempre li, da secoli, una pietra piatta e un altra pietra oblunga liscia che serve per moler, ci appoggio il cioccolato ed i semi di mandorle, ci aggiungo alcune gocce d'acqua e comincio a muovere la pietra, è facile, ho le gambe divaricate, continuo a muovere la pietra, aggiungo sempre dell'acqua, sento dei passi e la vedo entrare, è Mercedes nel suo abitino, mi guarda e sorride: mamma cosa stai preparando? io le sorrido e le dico: qualcosa che ti piacerà, era la colazione preferita di Henry, cioccolato con semi di mandorle, si avvicina a me, e dolcemente mi bacia, le sue labbra sulle mie, è dolcissima, il suo amore è incondizionato, mi chiede sempre di Henry, come è fatto, quando tornerà, e se l'ama come lei ama lui, rimane li con me...
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Capodanno?
Forse la festività più inutile, dopo il ferragosto, che l'umanità abbia messo in calendario. Cosa cambia tra il 30 Settembre e il primo Ottobre e il 31 Dicembre e il 1° Gennaio? Niente, solo il numero dell'anno, come se a fare la differenza sia un numero. Non ricordo un fine d'anno decente, un minimo, niente; dalla cena alle prime ore dell'alba ho solo ricordi pessimi, alcuni proprio da cancellare, altri da ricordare perché non accadano mai più. Ore perse a decidere dove andare a vedere l'alba, per esempio, era una delle cose che mi facevano ammalare fisicamente, infatti ricordo che a tale proposito degli amici che venivano da Gravina un anno tagliarono la testa al toro e mandando tutti a fangù decisero di andare sull'Etna, il che mi lanciai nell'auto e andai con loro, la scelta migliore, ma purtroppo tutto ha un prezzo, c'era la neve e faceva freddo, ma meglio di restare fermi altre 2 ore a dare il proprio apporto e poi sentire :'No, ma la ci sarà tanta gente' oppure 'Ma ci andiamo sempre' ecc ecc, tutto stress che ho iniziato ad evitare e che mi ha fatto capire che certe festività non fanno per me, ci ho messo anni, infatti quell'episodio risale ancora a quando stavo a CT; mentre a Venezia levando quei periodi senza soldi passati in casa con lei a guardarci la tv o a fare sesso, quando lei andò via l'unico passato decentemente fu quando decisi di farmi una cena con i contro fiocchi a casa, una bozza di Brunello, e cannoni, da solo senza nessuno che mi rompesse le palle, quello è fin'ora il capodanno più bello. Negli ultimi anni mi sono restato a casa, non vado dai parenti di lei a frantumarmi i coglioni per poi agganciarli ai fuochi pirotecnici e lanciarli nell'aria, me li tengo nei pantaloni e mi sto per i cazzi miei. Anche quest'anno sarà così ma l'unica differenza è che sono dritto sul cambiamento che sarà e che già è in me da un pò, tornare a suonare e cercare una strada per vendere i miei giochi, solo questo sarà il punto focale. Domani ho l'esame del corso di marketing, so che siccome pago (corso pagato dal fondo di disoccupazione) non credo sarà difficile o sarà una cosa che mi bocciano e quindi non posso ottenere il foglio di carta e devo rifare il corso o l'esame, penso che sarà semplice nei limiti di quello che ho studiato; quello che mi interessa di più in questo momento è aver appreso le meccaniche di un sistema che, in realtà, è unico e devo costruire attorno alle cose che voglio fare, musica e giochi, per il resto il tempo dirà se ho imparato bene o se sono il classico somaro che anche che studia non impara, che è probabile a 50 anni. Sono stanco, stanco di questo mondo che oramai è incentrato sul guadagno, sui soldi; stanco che tutti ti guardano per quello che hai e non per quello che sai fare o che hai dentro; stanco.
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CAPITOLO 10
“Cazzo marcio! La mia non vuol saperne di accendersi!” Imprecò Schizzo, tenendo in una mano la sigaretta e nell'altra il fiammifero acceso.
“Sfido io che non ci riesci, coglione che non sei altro!” Lo rimbrottò, sghignazzando, Tonino, “Mica è un ramo secco! La devi metter in bocca e tirare, tonto!” Concluse, dando il buon esempio e assumendo quell'aria da scafato che io odiavo. Quella di chi crede di saperla sempre più lunga di tutti. Cercammo comunque di imitarlo. Titubanti e maldestri come un branco di elefanti in una cristalleria.
“Come ti senti?” Chiese sottovoce Bomba, seduto al mio fianco.
“Cosa hai detto?” risposi. Ero concentrato sull'operazione e sulle possibili trasformazioni del mio corpo, a seguito di quella prima, clandestina, fumata.
“Ti ho chiesto: come ti senti?” Domandò di nuovo. Stavolta a voce più alta. Talmente alta che tutti si voltarono a guardarlo e scoppiarono in una rombante risata.
“Che c'è, Bomba? Hai fifa? Guarda che mica devi mangiartela!” Lo provocò Sergetto. Ma si vedeva che pure lui era impaurito. Ce lo aveva scritto in faccia.
“Se era da mangiare, un sol boccone e sarebbe sparita! Anzi, si sarebbe pappato anche le nostre sigarette!” Rincarò la dose il Tasso.
Bomba lasciò scivolare a terra le provocazioni. Era turbato, preoccupato, si, insomma, aveva una fifa della Madonna. Tanto che mi chiese, per la terza volta:“Allora, Pietro, me lo dici come ti senti?”
“Che vuoi che ti dica: secondo me non fa un cazzo! A parte la puzza e la bocca cattiva, sto esattamente come prima. Niente di niente.” Era vero. Non riuscivo proprio a capacitarmi del perché si dovesse fumare. Che gusto ci provavano?
“Ma tu, lo mandi giù il fumo?” Chiese l'insegnante Tonino.
“Giù dove? Dove cazzo devo mandarlo?”
“Nei polmoni, tonto! Dove se no? Nel buco del culo? Davi aspirare, mandare giù, trattenere un po’ il respiro e buttarlo fuori così!” Disse, soffiando fuori il fumo dalle narici. Lo guardammo ammirati ed anche invidiosi. Lui si che ci sapeva fare. Si vedeva che non era la prima volta.
“Come cazzo hai fatto?” Gli chiese il Tasso, fissandolo come a carpirne il segreto.
“E’ facile, butti dentro il fumo e respiri col naso. Puoi farcela anche tu!”
“Se sei capace tu, che sei nato stupido e, crescendo sei pure peggiorato, sicuro che ne sono capace anch'io! State a vedere!” Il Tasso si concentrò sulla parte, diede una gran tirata, ma la parte finale non fu mai partorita. Gli si riempirono gli occhi di lacrime, il viso si accese di un rosso violento e iniziò a tossire come il motore della macchina di mio padre quando è ingolfata e di partire proprio non ne vuol sapere. Quello si che era un bell'effetto! Si alzò in piedi e iniziò a girare in tondo piegato su se stesso. Tossiva e sputava, quasi volesse liberarsi pure dei polmoni in fiamme. Alla fine si vomitò pure l'anima.
“Che schifo!” Esclamò Schizzo, inorridito alla vista di quella scena.
“Che succede, Schizzo? Non dirmi ora che ti fa schifo il vomito!” Chiesi.
“Il vomito no, ma questa bestia ha mangiato i piselli. Guardali lì, sono ancora interi! Io i piselli li odio!”
La prima esperienza con le sigarette fu molto istruttiva. Ci insegnò che…facevano vomitare. Ma non mollammo. Da lì a non molto, saremmo diventati, tutti e sei, dei fumatori incalliti. Avremmo scoperto, sempre a posteriori, che anche il vino poteva far vomitare, e la marjuana e le donne, in qualche caso, tuttavia cercammo sempre, con tutta la nostra volontà, di non farci mancare niente di quanto sopra elencato. C'era quasi da credere che vomito e piacere fossero due facce della stessa medaglia.
“Senti, Tonino, dove le hai sgraffignate le sigarette? Dalla giacca di tuo padre?” Domandò Sergetto.
“Mica voglio morire da giovane! Le ho fregate a mio fratello, Francesco.”
“Cosa?” Intervenne preoccupato il Tasso, che ancora sussultava per la tosse, “Ecco perché ho vomitato! Erano drogate!”
“Che cazzo vai dicendo, idiota?”
“Mio padre dice che tuo fratello è un drogato. E che, prima o poi, si metterà nei guai.”
“Certo che sei proprio uno stronzo, Tasso! E pure tuo padre! Anzi no, forse tuo padre non è stronzo, ma un drogato vero!”
“Drogato si, ma di pippe!” confermò sorridendo Bomba.
“Pipparolo! Pipparolo!” Gridammo in coro. In parte per stemperare la situazione, ma molto di più perché niente era così divertente come prendere per il culo qualcuno.
“Fatela finita! Mio padre non è un pipparolo!” Si difese il Tasso, assumendo la tipica posizione da combattimento del suo spirito guida.
“Se è come dici tu, allora perché tutti lo chiamano Pippo?” Chiese Sergetto. Non mollare mai. Era una delle regole fondamentali del gioco.
“Perché è il diminutivo di Filippo, deficiente che non sei altro!”
“Si, ma perché hanno scelto la parte finale del nome? Ci sarà un motivo! Lo avrebbero potuto chiamare Fili!”
“Fili? Hai mai sentito nessuno con quel nome?”
“Sarà pure come dici tu, Tasso, però la faccia da pipparolo ce l'ha davvero. Eccome se ce l'ha!” Sentenziò Schizzo. E l'ilarità toccò di nuovo il suo picco massimo.
“Non prendertela, Tonino,” Dissi, non appena ebbi riacquistato l'uso della parola. “Lo sai come sono fatti i genitori, no? Si preoccupano di tutto, non va mai bene niente e nessuno. Solo loro sono perfetti. Non sbagliano mai, fanno sempre la cosa giusta. Il Tasso non voleva offenderti.”
“Certo che non volevo offenderti! E non volevo offendere nemmeno tuo fratello. Mi sta pure simpatico. Ride sempre e mi saluta, ogni volta che mi incontra. Ho solo detto cosa ne pensa mio padre. Non volevo farti incazzare!”
“Mi dispiace, Tonino, ma anche mio padre dice che tuo fratello si droga. Ma che vuol dire? Io non lo dico! E neanche lo penso!” Disse Sergetto, avvampando di vergogna,
Tonino lo guardò di traverso, ma non replicò. Era diventato improvvisamente triste. Non aveva più voglia di combattere quella battaglia. Poi sapeva che non era con noi che doveva combattere, Noi eravamo i suoi amici. Stavamo dalla sua parte, perdio!
“Non volevo dirtelo, pure a me dispiace, ma mia madre dice esattamente le stesse identiche cose.” Aggiunse timidamente Bomba.
“E tu, Pietro? Che mi dici?” Mi chiese direttamente, Tonino, ma senza guardarmi in faccia. Conosceva già la risposta. Da qualche minuto era impegnato a gettare pietre nell'acqua, cercando di colpire le foglie dei cerri che viaggiavano in balia della corrente. Dava l'impressione che tutto il suo mondo si esaurisse lì. Mi schiarii la voce, avrei voluto indorare la pillola, ma non potevo. Eravamo amici, meritava la verità, per quanto cruda fosse: “Che vuoi che ti dica? Lo conosci mio padre, lo sai come è fatto. Quando ci si mette è il peggio di tutti. Per lui non solo tuo fratello è un drogato, ma lo sono anche tutti i suoi amici. Drogati e scansafatiche. E quelle tre ragazze che stanno sempre insieme a loro sono tre troiette che te le raccomando!” Avevo vuotato il sacco.
Ci fu un attimo di silenzio lungo una settimana. Tonino lanciò l'ultimo sasso, si voltò verso di noi con gli occhi arrossati dallo sforzo di trattenere le lacrime e disse: “ Lo sapete qual è la cosa che mi fa più incazzare? Che anche mio padre, che poi dovrebbe essere anche il padre di mio fratello, la pensa come i vostri genitori. E, ogni tanto, glielo dice pure! si fanno certe litigate che sembrano non finire mai. Prima o poi, andrà a finire che si ammazzeranno di botte. Anzi, andrà a finire che mio fratello ammazzerà di botte mio padre. E io sarò felice! Perché mio padre è uno stronzo, ma mio fratello è un grande! Ecco cosa penso!”
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Disclaimer: questo scritto, pur parlando prevalentemente di cazzi miei, spoilera rivela il finale della serie "Strappare lungo i bordi" di zerocalcare. Aggiungo uno di quei cosi che si cliccano per leggere a vs. tutela.
Ho sempre considerato uno dei principali spartiacque fra gli scrittori da diporto e quelli un minimo seri la capacità di portare a termine la scrittura un'opera letteraria di media lunghezza. Pur essendo una condizione necessaria ma non sufficiente (il mondo è pieno di libri orribili), le capacità necessarie ad articolare una trama, mantenere un livello stilistico moderatamente coerente e la costanza di arrivarci in fondo marcano un po' la stessa differenza fra chi passeggia a cazzo e l'escursionista di media serietà, quello che si porta borraccia e impermeabile e ha una certa idea di dove sta andando.
A me le passeggiate a cazzo piacciono molto e non rinnego neanche mezzo passo. Tocca dire però che non scappo dal più trito cliché dello scrittore amatoriale, ovvero Il Libro Nel Cassetto™. Quella cosa che hai iniziato a scrivere ad un certo punto imprecisato dei vent'anni, poi l'hai abbandonata, poi l'hai ripresa un po', poi l'hai abbandonata e non la butti solo perché un po' di tempo ce l'hai perso e ogni tanto la trama ti fa capolino quando meno te lo aspetti tipo meme del gatto che legge il giornale.
Dici: non avevi millantato di parlare della serie di zerocalcare? Ecco, ci arrivo. Il mio Libro Nel Cassetto™ apparteneva all'abusato sottogenere romanzo-di-formazione-con-toni-particolarmente-leggeri-ma-sottotrama-moderatamente-pesante e nel dettaglio la prima parte era su tre persone che andavano al funerale di una quarta che si era suicidata.
Quindi faccio un po' fatica a valutare "Strappare lungo i bordi" perché mi ha fatto in maniera ancora più esponenziale l'effetto che mi fanno tipicamente le opere di zerocalcare: come se uno tirasse fuori sensazioni/stati d'animo/pensieri da una testa compatibile con la tua, con più ricchezza e lucidità di quella che tipicamente alberga nella tua testa (ma con la stessa cazzonaggine di fondo). Ed è stato anche stranamente liberatorio, catar{t,r}ico, una sorta di funerale vichingo per Il Libro Nel Cassetto™ che in qualche modo non ha più ragione di esistere così ora ho un cassetto da riempire con altre minchiate.
Per stemperare i toni che potrebbero sembrare incensatori verso la serie, aggiungo due critiche: - come puro intrattenimento, volendo restare sull'animazione, mi avevano divertito di più i corti che aveva fatto sul tema pandemia (anche se realizzati in maniera più modesta) - lo dico con tutto l'affetto e la comprensione del mondo (pure io appartengo alla categoria di quelli che quando parlano non si capisce un cazzo): una serie con più di un centello di persone a lavorarci avrà avuto pure il budget per una settimana di corso di dizione o un doppiatore aggiuntivo, cristo, ho dovuto cambiare equalizzazione alla tivù per l’assenza di intelligibilità del parlato.
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Ho pensato di scrivere una lista di cose che mi hanno uccisa, delusa, ferita, umiliata. Così, quando tornerò a pensare che in fondo credo ancora lui sia l’amore della mia vita, potrò rileggerla tutta e, forse, solo così mi renderò conto di quanto in realtà, di amore, la nostra relazione non abbia mai avuto niente.
Quando mi ha chiamata Alessandra all’ikea.
Quando mi ha chiamata Alessandra di nuovo, in macchina.
Quando gli urlavo di andare via nei miei momenti di crisi (sbagliando) e lui, alla fine, non opponeva mai Resistenza. E allora forse sperava davvero che io lo mandassi via una volta per tutte.
Quando ho scoperto che commentava ogni cazzata alla sua amica su Instagram e a me, intanto, diceva “non sono molto social”. A cazzi suoi.
Quando pubblicava raramente foto con me. Lo faceva principalmente quando gli dicevo espressamente che ci stavo di merda.
Quando alla sua ex commentava ogni foto con “sei bellissima” “sei bravissima” bla bla, a me invece molto meno.
Quando con lei aveva creato una pagina Instagram per la loro famiglia composta da lui, lei ed il gatto. E invece il “nostro” gatto lo ha cagato solo i primi 3 giorni.
Quando a lei scattava mille foto in ogni angolazione ed a me, invece, non ne scattava quasi mai. Mi ha fatta sentire mille volte inferiore, mille volte più brutta.
Quando mi ha detto che andava a festeggiare il suo compleanno a mezzanotte da solo e non ha cercato di convincermi più di tanto ad andare con lui.
Quando a maggio ha detto ad un’amica di famiglia “le voglio bene”, come risposta a “che cosa provi per Mik?”
Quando la sua amica gli ha chiesto di andare a bere una birra da soli e lui me lo ha riferito subito per farmi capire che dovevano uscire solo loro due. E noi non uscivamo mai di casa con nessuno. Quindi poteva essere un buon momento per socializzare fuori e fare qualcosa di diverso, insieme.
Quando mentre io avevo attacchi di ansia e di panico in bagno a causa sua, lui continuava a ripetere in loop “vuoi che me ne vada?”
Quando gli ho detto che così avrebbe rovinato la nostra storia è lui ha risposto: sono davanti a due cose che sono importanti per me. Non so cosa scegliere. E alla fine ha scelto il lavoro
Quando, dopo avermi vista stare di merda per due mesi a causa sua, ha continuato ad andare dritto per la sua strada senza minimamente porsi il problema di risolvere con me.
Quando è tornato a dicembre ed ha continuato a fare quelle cose che sapeva benissimo ci avrebbero portato alla rottura totale. Della storia e soprattutto dei coglioni.
Quando sua sorella gli mandava frecciatine su di me e lui stava zitto.
Quando sua sorella gli mandava le case in affitto mentre lui era a casa mia. E lui ha pure chiamato una per avere informazioni.
Quando gli ho detto per l’ultima volta “fai la tua roba e vattene” e lui non se lo è fatto ripetere due volte. In meno di un mese ha trovato anche un’altra casa. Dove? Vicino a sua sorella.
Quando in 3 mesi non si è mai preoccupato realmente di mia figlia e non capisco perché lo faccia oggi.
Quando in 3 mesi, con la sorella che fa i biscotti più cari di tutta Italia, non ha mai avuto la decenza di comprare 5€ di biscotti da portare a mia figlia. Ed i genitori della babysitter, che non l’hanno mai conosciuta, a Natale le hanno mandato un mega pacco di dolcetti natalizi perché “è una bambina”.
Quando l’ho supplicato di farci seguire da un terapeuta di coppia e lui faceva finta di niente. Non si è mai sbattuto per cercare qualcosa.
Quando ha mandato all’aria tutti i nostri progetti, senza prima neanche parlarne con me. Ha preferito parlare con altri, ma non con me.
Quando mi ha lasciata due ore chiusa in una stanza, mentre lui stava con sua sorella. Ed ha pure giustificato la sorella.
Quando è andato dai suoi genitori a dirgli della transizione e non ha parlato, ovviamente, di me. Perché in fondo vengo sempre dopo tutto e tutti.
Quando gli ho chiesto di farsi coraggio e andare da sua nonna, ma non ha mai voluto farlo. Però con la sua ex ci è andato. Sapeva che non lo avrei lasciato solo e che a me avrebbe fatto piacere. In fondo sapeva anche che sua nonna lo avrebbe accettato. Ma no. Non si va da nessuna parte. Io non sono della famiglia. È ancora una volta mi sono sentita inferiore ad Alessandra.
Quando, dopo che mi ha lasciato, ha contattato tutti i suoi amici. E mentre stava con me, invece, non parlava con nessuno. E allora dillo che ti vergognavi di me e di mia figlia, che fai più bella figura.
Quando stava con le cuffie, a leggere e fumare canne legali sul terrazzo, lasciandomi in balia di me stessa, con un altro che mi dava le attenzioni che non mi dava lui.
Quando è stato capace di farmi sentire solo un buco.
Quando non è stato capace di tenermi stretta, perché doveva rendere felice sua sorella. E allora non sapeva cosa fare e di sicuro qui non poteva rimanere.
Quando gli ho detto di andare da uno psichiatra perché avrebbe potuto aiutarlo e non mi ha mai ascoltato. Adesso che mi son tolta dai coglioni io ha capito che forse ha bisogno di un aiuto.
Quando, pur sapendo dei miei disturbi alimentari, non ha perso occasione di pesarsi continuamente davanti ai miei occhi. Sapendo che questo poteva farmi stare male.
Quando, il giorno in cui mia madre aveva la visita ai polmoni, doveva essere a casa ed invece ha dato disponibilità a lavoro. Perché, ancora una volta, tutto veniva prima di me e di noi.
Quando ha detto a mia madre che a dicembre sapeva che tornare non era la cosa giusta da fare, ma lo ha fatto solo perché io lo pressavo.
Quando mi ha detto “non so cosa fare con la residenza, se la tolgo da qui non so dove prenderla” ed infatti è rimasto finché non ha trovato di meglio.
Quando due giorni fa, parlando con il padre di mia figlia, gli ha detto che ha preso casa da solo per farsi i cazzi suoi, confermando ancora una volta che non ha intenzione di tornare indietro.
Quando è consapevole di non voler a nessun costo fare qualcosa per sistemare la nostra storia e costruire davvero basi solide su cui lavorare, ma continua comunque a dedicarmi post e canzoni inutili su tumblr. Dove nessuno della sua gente lo legge.
Quando aveva un impegno di lavoro con me ed all’ultimo mi ha detto “qui siamo nella merda”, facendomi capire che lui era più parte di quello che di noi.
Quando ha avuto il coraggio di dire che non si sente mai parte di niente, mentre i miei lo hanno sempre trattato come un figlio.
Quando oggi dà valore a gente che fino a qualche anno fa si è fatta solo i gran cazzi propri, fregandosene di tutti noi.
Quando siamo tornati insieme e non metteva niente sui social perché “non voglio passare per cornuto” ed invece era perché non aveva detto niente alle sorelle.
Ne avrei ancora da aggiungere. Ma per ora penso possano bastarmi per ricordare, nei momenti di nostalgia, quando questa relazione non abbia fatto altro che rendermi la persona depressa che sono oggi.
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La paura tiene sempre gli occhi aperti
Tutto il giorno
Anche quando dormo
La speranza invece è stanca
Ha sempre sonno
Debilitata e smunta
Un fantasma
Con quali occhi guardo il mondo?
Il mondo non lo guardo
Mi guardo dentro
E guardo dentro a tutti quanti
Mi faccio i cazzi degli altri
Che sembrano sempre meglio dei miei
Ma non è così
Io me li ricordo bene i giorni migliori
Anche se non ne vedo da un po e sembrano tanto lontani
Schiacciati da dolori sopra altri dolori
Ma è per quei giorni
Che ne verrò fuori
Da questa fogna di corpo che m'ammazza
Per quest'ansia di sapere
Di vivere o morire nell'incertezza
E per tutte le volte che sono crollata
Ne sono sicura
che tra un po', Non so quanto
Sarà solo acqua passata
E se così non sarà
Allora diventerò acqua
Quella che spacca i ponti
Perché se il dolore diventasse
Rumore di fondo
Allora Avrò accumulato così tanta rabbia
Da fottermi il dolore, il rumore
E tutto il mondo
Silvia Canonico 🖋❤
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Cara mamma, scrivo questa lettara nel giorno della festa della mamma, io oggi non ti ho dato gli auguri, non perché ti odio, ma perché tu non riesci mai a capire gli altri; pretendi di essere sempre capita perché forse in passato non lo sei stata ma io non voglio e non posso più capirti, sei solamente accecata di odio da tutto, pensi che chiunque ti voglia male e che solo i tuoi fratelli ti vogliono bene ma mi dispiace dirtelo ma sono le uniche persone a non volertene e vuoi sapere perché? Perché loro non ci sono mai stati, non ti hanno mai chiamata, non ti hanno mai considerata, neache quando potevi andare da loro, sei sempre stata tu ad "inbucarti" nelle loro case ma sinceramente a me questo non interessa perché tanto chi li vede più.
Torniamo a noi, sai che non ho mai visto una mamma dire quello che dici tu ai figli? Nemmeno la mamma di Davide che è stata davvero malata, nemmeno lei. Io non so perché tu faccia così, cosa ti sia mancato da bambina per far pagare a me tutto, perché io l'unica sbaglio che ho fatto è stato crescere con un mio cervello che fosse diverso dal tuo. Io ammiro un sacco mia sorella per la sua forza di farsi scivolare tutto addosso, mi sono fatta scivolare tante cose nella vita nonostante abbia vent'anni e tu non sai nulla di tutto ciò, una mamma si dovrebbe accorgere di tutto ma tu non l'hai mai fatto. Sai quante volte sono tornata a casa con le lacrime agli occhi da scuola? Sai quante? No non lo sai, eri sempre distratta e a te bastava che ti dicessi "si va tutto bene", non sono stata una di quelle ragazze che è stata bocciata o è andata male a scuola perché aveva i "problemi", io ingoiavo tutto, come ho sempre fatto, da sempre, mi facevo dei pianti sull'autobus che nemmeno immagini, quando nessuno voleva sedere a scuola vicino a me, quando ho praticamente perso l'unica amica "vera" che pensavo di avere, quando nessuno mi voleva in stanza in gita o quando nessuno voleva uscire con me, non pensare che io sia come dici tu "cattiva" o "presuntuosa" o "cagacazzo", sono semplicemente io, nessuno è uguale e ognuno ha un suo carattere. Alle medie mi hanno fatto i migliori dispetti ma all'epoca si è piccoli quandi non ci si bada neache più di tanto ma a me sono comunque pesate. Ricorda che ogni volta che tu dici che io non ho un'amica, sinceramente ne sono fiera, sono fiera di essere stata me stessa senza cambiare per piacere a qualcuno, per avere un amicizia falsa. Io sono fiera di tutto quello che ho fatto fino ad oggi, l'ho fatto con il mio sudore, con le mie lacrime, e con i miei mille dispiaceri.
Tu parli di me senza sapere nulla, senza conoscermi, senza esserti mai interessata davvero a come stavo, ti accontentarvi sempre del "sto bene" e io andavo avanti, andavo avanti tra le lacrime come stasera da sola in bagno a scrivere perché è l'unico modo che riesco ad utilizzare e che mi fa stare bene, non sai neache che io ho un blog dove scrivo i miei pensieri ed è anche molto seguito da persone che mi conoscono attraverso la scrittura che non mi hanno mai visto, gli piaccio per quel che scrivo, e non sai che da grande avrei voluto fare la scrittrice perché io amo scrivere, invece tu l'ultima volta che hai letto qualcosa, mi hai detto che non so scrivere e che era sbagliato, wow grazie come sempre di sminuirmi ogni volta.
Riguardo altre cose che non sai boh forse che io con Luca stavo bene ma non eravamo fatti per stare insieme; la confidenza che tu avevi dato ad Enrico, come ti avevo detto anch'io non era giusta, solo che tu volevi parlare con qualcuno, anche in buona fede ma lui non aveva la buona fede e all'epoca tu le amiche non le avevi. Poi passiamo a Lorenzo che gli ho voluto davvero bene e sono stata malissimo quando lui mi ha lasciato, mettendomi le corna, per poi lasciarmi così, ed è inutile che tu continui a dire che c'entra Alessandro ecc perché io con Alessandro non ci ho fatto assolutamente nulla, a parte qualche bacio, perché si mi piaceva ed è un bel ragazzo ma era un passatempo, non come fidanzato, non aveva la testa. Di Lorenzo all'epoca mi piaceva la trasgressione, si lo ammetto, era il periodo in cui disubbidire era figo, ma poi con il tempo le cose non funzionavano, non c'erano argomenti. Parliamo di Giuseppe, di lui non ho molto da dire a parte che non sono davvero andata a Roma per lui, anche se fossi andata ad Ancona ci sarei potuta arrivare con l'autobus o lui con il treno (a parte che l'università ad Ancona sta su un colle ed era scomodissima e menomale che non ci sono andata perché si sono trovati tutti male) ma non è questo l'importante, Giuseppe era il classico ragazzo, campo sui genitori e io non faccio nulla, non aveva dato gli esami, non aveva la patente, per andare in giro si doveva uscire in 4 ma come cazzo si fa, poi aveva pretese di comando su di me, e quindi no. Arriviamo a Davide che ogni volta dici che mi deve lasciare perché secondo te, mi deve capitare quello che è successo a te, invece di farti un esame di coscienza sugli errori, commessi da entrambi, no macché, inveiamo contro la figlia maggiore. Vabbè sti cazzi tanto quando leggerai questa lettera tu sarai andata via e io e te avremmo chiuso per sempre, com'è giusto che sia. La cosa che più mi mancheranno mamma, saranno gli abbracci, quelli di un tempo, quelli delle medie, dove io ero piccola e tu non mi odiavi, e non dire che non mi odii perché è palese, se ne sono accorti tutti, anche se continuano a di dire che tu mi vuoi bene ecc; papà stasera mi ha detto che ti dovevo venire a dare gli auguri perché lui in fondo ci spera ancora e continua a dire "la mamma è sempre la mamma", ma io non ci credo più, e papà non fa altro che ripeterlo da sempre ma tu hai sempre detto che lui ti diceva male... Non ti sei sempre comportata bene tu ma neache io, ci sono volte in cui ho esagerato con le parole perché magari ero allo stremo, altre volte in cui l'hai fatto tu ma comunque, io non sarei mai arrivata a far dire da un fratello che se vedeva tua figlia, la uccideva, ci sono cose che io non cancello, mai, ci sono cose troppo gravi. Tu non ci hai saputo insegnare cos'è la famiglia, com'è quell'ambiente sereno, che qualcuno chiama casa, ogni volta che tornavo a casa dalle superiori speravo di andarmene all'università per non tornare più; io per tre anni di università non volevo tornare a casa perché c'eri tu, io non so se ti rendi conto, quando tutti vogliono tornare, io avrei preferito andare più lontano possibile. Hai reso la mia vita un inferno, e l'unica colpa che ho è quella di essere nata, perché io mi ricordo tutto, e sinceramente la nonna non c'entra nulla, ha solo cercato di fare il bene della casa perché si usava così, poi che tu ogni volta che scendevi gli dicevi male e ti mettevi a litigare dove IO ti dovevo fermare, con le unghie e con i denti, sono sempre stata io a mettermi in mezzo a te e papà per evitare tragedie, eh si perché potevano accadere tragedie, perché tu porti una persona a un livello di esasperazione allucinante. Vuoi sapere cos'ho imparato da Davide, ad essere forte, a rialzarmi, a pensare positivo, a fare tutto perché un domani andremo via dalle nostre case, ed è una cosa orrenda da pensare ma è così.
Poi inoltre parli in continuazione di me, male con chiunque, chiunque, ma un po' di vergogna non la provi, per sangue sono tua figlia, io non direi mai male a mia figlia, manco se fosse una drogata, io boh senza parole comunque ma tanto a te non interessa, né dei figli, né di nessuno, solo della tua bellissima vita che dovrai fare a cinquant'anni, insieme ai tuoi fratelli che non ti hanno cagato mai. Ma io queste cose te le ho sempre dette in faccia, tu invece dietro, come con il tuo avvocato che è una persona spregevole e cerca soldi, e tu solo con una persona simile a te potevi diventare amica perché quando si lavora, si mantiene un certo distacco con le persone, funziona così, ma tu il mondo non l'hai mai voluto capire, ti è estranea proprio l'idea che non funziona come al rione delle case popolari, il mondo esige Intelligenza, cultura, ambizione ecc cose che tu non hai e che non hai manco voluto acquisire e non prenderla a male perché io queste cose te le ho dette anche in faccia.
Io vado all'università, come dici tu "scienze delle merendine", ma cara mia io guadagno già da ora e tu non potresti manco parlare dato che non sai manco come si accende un PC, figuriamoci creare qualcosa, ma a te piace quella ragazza che fa la ragazza che vive alla giornata, io non sono quella, io sto costruendo un futuro, mi laureò e inizierò a lavorare (la tua simpatia per Serena che non fa nulla nella vita, fuma e beve è sempre più per me un mistero, una persona stupida come una capra però vabbè); la cosa bella mamma di tutto ciò è che sinceramente sarà già un po' che non ci sentiamo e ricordati che i figli non hanno bisogno del genitore per essere tali ma il genitore ha bisogno dei figli e questo non dimenticarlo mai. Sicuramente non verrò da te a farmi tenere i figli, si li conoscerai ma sai come una nonna lontana che verrà magari a qualche ricorrenza, perché io ho deciso di crescere e di crearmi una famiglia lontano da te, dal tuo modo di essere, dal tuo odio e dalla tua maleducazione, chissà se quando avrai 60/65 verrai a reclamare i nipoti, avrai quelli di giada e forse ti accudirà anche lei ma io di certo no. Per quanto riguarda la nonna, io spero viva per sempre, la nonna mi ha insegnato tanto, mi ha insegnato ad essere donna, mi ha insegnato che nella vita bisogna lavorare ed avere ambizione per costruirsi qualcosa, mi ha insegnato che la famiglia è una cosa che comunque vada ti accoglie sempre e non ti lascia mai indietro, mi ha insegnato tante cose, anche ad essere forte perché sapeva che saremmo rimaste da sole, io la nonna l'ammiro molto sia come donna che come imprenditrice, come moglie nonostante il nonno sia stato un uomo difficile e di altri tempi, come mamma perché ha saputo insegnare alla zia come si costruiva una famiglia, per papà, il mio caro papà, un papà che tu in primis mi hai rovinato, un papà che spero sappia insegnare a giada tutto quello che ha insegnato a me, un papà di cui io ho un ricordo bellissimo, ma che tu hai sempre descritto come un mostro, non l'hai fatto rispettare e l'hai deriso, non l'hai fatto rispettare dai tuoi fratelli in passato perché eri tu la prima a non rispettarlo; sono due anni e passa che io sto con Davide e l'unica cosa che non è mai mancata tra di noi è il rispetto reciproco come ho rispettato sua mamma e suo padre quando sono andata da loro, come ho rispettato sua zia che praticamente è diventata anche la mia (mi scrive tutti i giorni e mi aspetta sempre).
Aspetta ma tu hai anche (forse) qualche non colpa, non è colpa tua se tua mamma non ha saputo fare la mamma, non è colpa tua se tuo padre è morto giovane, non è colpa tua se ai tuoi fratelli mancano molte rotelle in testa, uno peggio dell'altro (forse si salva Benito ma per il semplice fatto che è stato con Giusi e quindi stando con persone che stimolano la tua intelligenza, si diventa intelligenti wow), a te non è mai interessato rapportati con gente colta, intelligente, per bene, ti piaceva andare con i poveretti che non ti potevano dare nulla a livello intellettuale, perché si, si frequentano le amicizie, le persone perché ti arricchiscono mentalmente, non ti devono impoverire. Una cosa la so però che tu non sarai mai la donna che io voglio essere da grande, non sarò mai la mamma che sei stata con me, non sarai mai la persona a cui ambirò perché? Perché cara mamma tu non hai arricchito me, mi hai impoverito, mi hai resa nervosa, schiva, maleducata, poco cordiale, intollerante alle cazzete, non sopporto le bugie (ne ho sentite troppe da te), insicura, ecc e io so che non sono così perché Davide parla sempre di me e forse lui ha visto qualcosa che nemmeno io non ancora riesco a vedere, so solo che sono sola, mi sento sola, mi sento più che è abbandonata, forse questa sensazione cambierà ma adesso è così. Vorrei aver avuto una famiglia diversa; mi brillavano gli occhi ogni volta che andavo a casa di qualche amica e i genitori erano così genitori, apprensivi, cordiali, sorridenti, mentre tu agli occhi degli altri appari un angelo ma quando non c'è nessuno dai il meglio di te. Mi ricordo ancora quando mi menavi, perché si tu mi menavi ma non come si menano ai figli, tu mi hai preso a calci, fatto sbattere la testa contro il muro e contro la finestra, ne hai fatte tu eh, ora con giada ci parli? Perché non hai parlato anche con me? Perché io avevo sempre la peggio anche quando non c'entravo nulla? Perché? Spiegami il motivo, io ero piccola, non avevo una grande forza, e tu mi facevi tutto questo. Ho anche molti ricordi belli di te, ma la maggior parte vengono offuscati da questi, da questo odio e rancore che provo anch'io ora, per avermi privato della spensieratezza, per avermi privato di non avere problemi per la testa, invece dovevo sempre stare a pensare "speriamo che a casa nessuno ha litigato", uscivo con questo pensiero e rientravo con questo pensiero, tu le cose non le sai, non le hai volute capire e quindi te le sto scrivendo, ti sto scrivendo tutto quello che non sono riuscita a dirti perché con te non si riesce a parlare, con te si litiga solo anche se nessuno vuole litigare, tu litighi da sola. Mi piacerebbe che un giorno tu ti renda conto della figlia che hai e smetta di sminuirla ed offenderla sempre, mi auguro che prima o poi con la lontana questo avvenga, ci spero sempre, ci ho sempre sperato che tu ti accorgessi di me, di come sono fatta e di come rispetto alle altre ragazze sia stata una brava figlia, ci spero davvero.
Ciao mamma.
Martina
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SUCCHIERESTI UN CAZZO PER UN MILIONE DI EURO? (#1 standupcomedy)
Ciao. Come state? Ce ancora qualcuno tra di voi che gioca ancora al gioco: succhieresti un cazzo per un milione di euro? Nessuno. Ok. A tu? Ok. Se ce qualcuno che non conosce questo gioco, fondamentalmente funziona così: quando sei in compagnia con i tuoi amici arriva uno e ti dice: oh zio succhieresti un cazzo per un milione di euro? E tutti mentono dicendo…NO. Ma siamo sinceri: certo che succhierei un cazzo per un milione. A dire la verità potrei persino farlo per 50 mila.
La mia opinione è cambiata riguardo a quel gioco: quando ci giocavo alle superiori, dicevo sempre di no, ma davvero ci credevo, e sapete perché? Perché vivevo con i miei genitori. Avevo cibo, vestiti, una tv, la playstation, insomma non avevo bisogno di succhiare un cazzo!
Ora…ora vivo da solo. Due cazzi all’anno, sono un ragionevole importo di piselli che potrei succhiare. Un bel pisello per l’estate così vivi un’estate Sammontana, la vera estate italiana, e un bel pisello prima d’inverno per scaldarti la gola! Altro che braulio!
Non ce niente di male.
So che qualcuno di voi sta pensando, ah ma allora sei gay! No, sono un uomo d’affari!
Poi certo ci possono essere degli imprevisti. Ad esempio se dovessi succhiare il pisello del mio amico Carlo. Ah, quello sarebbe tosto. Voi non conoscete Carlo ma potete capire la mia preoccupazione dal suo soprannome. Il K2.
Insomma questo forse sarebbe un po’ difficile, però così almeno potrei risolvere i miei problemi di masticazione.
Ah cazzo, bei tempi quelli quando la mia unica preoccupazione era succhiare un cazzo per un milione di euro. Ora esco con una ragazza. Quando hai una ragazza l’unica cosa che fai è andartene a casa. Tutto qui. Torni a casa e rispondi alle sue domande. Questo è la definizione di vero amore.
No comunque lei è fantastica. Poi una volta a casa mentre i miei amici sono ancora in giro a fare festa, possiamo finalmente fare del sesso. Il problema è che non sono molto bravo. Sono stato per molto tempo senza scopare e ogni volta che lo facciamo lei mi dice sempre: tutto qui?
Si cazzo! Sono ancora in allenamento. Insomma è come se un calciatore riprendesse a giocare con la palla dopo un infortunio, non giocherebbe mai come Maradona!
Ecco a che punto sono ora. Il mio sesso è paragonabile alle hit dell’estate: un ritornello ragaetoneggiante che dura due minuti e 50 secondi. Però dai in fondo anche i Boomdabash hanno fatto delle belle canzoni quindi fanculo!
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In questa storia che fa troppo male mettere a fuoco, il male si aggrega. Quattro contro uno, lottatori allenati, ipertrofici e smaniosi di accanirsi, contro un ragazzino preso alla sprovvista, ma non solo.
Perché oggi ci è toccato leggere anche le frasi abominevoli che abbiamo letto, i commenti disumani postati o pronunciati ai microfoni, parole che hanno scavato più a fondo, ci hanno fatto sprofondare ancora più in basso.
E a chi sta pensando 'balordi', 'eccezioni', 'bandiamo le arti marziali', vorrei dire: cazzate. Gli episodi come questo sono le eruzioni dei vulcani tra i quali viviamo, tra i quali io e moltissim* come me siamo cresciut*. Ci sono posti – cortili, quartieri, interi paesi – in cui vige quella legge lì, in cui il corpo è percorso da energie che la città con la -c maiuscola difficilmente conosce, dove le mani, le braccia, le gambe – di uomo soprattutto, ma inevitabilmente anche di donna – traboccano di furia e desiderio di fartela pagare. Per cosa? Per tutto. Per tutto quello che senti non sarà mai tuo – o perché così hai sempre visto fare, ti è stato in qualche modo insegnato. Sono posti in cui la violenza è un dialetto domestico e pubblico, che arreda le case e solca le strade, e in cui quasi tutti tacciono – io mi faccio i cazzi miei – perché quello è il modo in cui si sopravvive, perché è sempre andata così, e altri modi di essere e stare insieme non si vedono, non sono mai neanche stati immaginati.
All'esterno ci si mobilita quando va a finire male troppo male, com'è accaduto ora, ma delle migliaia di vite che vanno avanti in questo modo, sempre, tutti i giorni, a volte schivando, a volte incassando in silenzio, da domani o dopodomani riprenderà a non saper nulla nessuno.
Johnathan Bazzi, fb
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Sono pronto
00:27 - 31 dicembre 2020
Appena finito di scrivere gli obiettivi per il prossimo mese nel mio amato Moleskine. Acquistato nell’ormai lontano 2015 come regalo per me e per il mio primo fidanzato. Attualmente lo posseggo quel quaderno nero in pelle, lui non so se c’è l’ha ancora. Con il passare degli anni ha cambiato spesso la sua ragione di utilizzo e negli ultimi mesi per me rappresenta a colpo d’occhio tutti gli obiettivi mensili che con il tempo prefisso di volta in volta.
Non sempre li ho rispettati, ma sto cercando di non esagerare con i desideri e sceglierne tre, così da non confondermi e semplicemente stilare una lista della spesa di obiettivi che poi non sono in grado di rispettare. Quest’anno, come d’altronde per tutti, è stato atipico. Non mi sento di definirlo complessivamente negativo, mentirei. Sicuramente ha messo alla prova la capacità di adattamento ed apertura mentale di ogni essere umano nello stesso tempo. Tutti insieme a lottare contro l’imbattibile incertezza del divenire. Disarmati e con le spalle al muro cercando di lottare un nemico invisibile. Questo è quello che la maggior parte delle persone afferma nella maggior parte delle conversazioni quotidiane. Premetto di essere fortunato e quindi questi ragionamenti fanno capo alla personale realtà che ho vissuto in questi ultimi 365 giorni. Mi sono reso conto che per me è stato un periodo di grande riflessione e, nonostante tutto posso tranquillamente dichiarare che questa situazione abbia rallentato il mio processo di laurea. Ma d’altra parte tutto sommato mi sento cresciuto e sicuramente più stabile di quanto lo fossi precedentemente. Saranno gli ultimi giorni in cui cerco di mettere in ordine tutti i lavori e sforzi degli ultimi mesi per tirar fuori un progetto di tesi che possa soddisfare le mie aspettative; ma sono felice di dove mi trovo. Ritengo, seppur trascorrendo la totalità delle mie giornate tra un letto ed una scrivania, di aver acquisito maggiore consapevolezza di chi sono e fiducia nelle mie potenzialità. Forse è solo autoconvinzione personale. Non scontrandomi quotidianamente con altre realtà più grandi di me, vedremo, ma sento dentro di me la forza e soprattutto la voglia di ricominciare. Mettermi in gioco e mettere la faccia in quello che voglio realizzare. Il prossimo mese ho intenzione di riprendere duramente a lavorare e rifinire l’idea iniziale che ho avuto lo scorso novembre 2019 riguardo al mio progetto di tesi. Per adesso posso dire che mi rende carico e con la voglia di scoprire il mondo che mi circonda ancora di più. Ho 22 anni, sto crescendo e noto i cambiamenti che avvengono costantemente dentro e fuori di me. Sono certo, come lo sono sempre stato, che ho voglia di continuare a lottare per la mia indipendenza. Sotto ogni punto di vista, costi quel che costi. So che sono in grado di farcela ed aspetto con fiducia il momento in cui mi renda conto di avercela fatta. Voglio aiutare la mia famiglia e poter ripagare i loro sacrifici per avermi permesso di studiare e farmi vivere nella città che avevo scelto quel lontano giorno in cui l’ho visitata per la prima volta. Beh, non vedo l’ora di poter viaggiare di nuovo ed avere la possibilità di farlo, esplorare ed imparare quante più nozioni e lezioni di vita possibili. Voglio riprendere contatto con me stesso e anche iniziare un percorso di crescita personale, semmai affiancato da persone competenti che possano darmi ancora più fiducia e forza nei miei confronti e delle persone che mi circondano.
Si tratta naturalmente di un flusso di coscienza senza limiti e sono consapevole che tutto ciò è utile in primis a me che in futuro rileggerò quanto appena scritto e, semmai qualcuno dovesse leggerlo, spero possa essere utile. Uno stimolo personale e per le poche persone che potranno leggere i pensieri di un ragazzo che si prepara, come sua abitudine, ad affrontare l’inizio di un nuovo anno. Ricorda di amarti sempre e non cercare di mantenere ogni aspetto della tua vita sotto controllo. Hai imparato benissimo, soprattutto lungo il corso dell’ultimo anno che per quanto tu avessi creato lo schema più preciso del tuo futuro può succedere di tutto. Tieniti pronto e sappi sempre dove vuoi andare, che è ciò che ti differenzia rispetto agli altri, ma sì pronto ad accettare cambi di rotta improvvisi senza alcun avviso. Non dimenticare che anche tu sei un essere umano e qualche volta non essere in vena o non produrre quanto ti aspettavi di ottenere non è la fine del mondo, accade a tutti. Prenditi meno sul serio che in fondo anche tu sai essere simpatico. Se vorrai sperimentare nuove cose, lanciati. Non pensare alle conseguenze o soprattutto di non essere all’altezza perché non rispecchi determinati standard imposti da te. Raggiungere livelli alti in qualsiasi cosa tu voglia fare è un’ottima caratteristica ma non far si che questo diventi un limite così forte da precluderti di vivere nuove esperienze. Farai una figuraccia perché hai sbagliato qualcosa? Sti gran cazzi, fregatene. Qualcun altro avrà fatto il tuo stesso errore, forse anche peggio. Amati e non dimenticare di farlo mai, ogni giorno o ogni qual volta che ne avrai bisogno concediti del tempo per rientrare nel tuo mondo, ti sarà utile. Mi raccomando, la prossima volta che leggerai questo testo spero avrai risolto il tuo problema con la guida. Sai benissimo che sei in grado di guidare, non è un dramma se qualche volta la macchina si spegne o impieghi trenta secondi in più per parcheggiare, affronta le tue paure e supera i tuoi limiti.
Amati, amami.
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Storia #2
Ho trentuno anni e mai come ora faccio i conti coi miei primi trent'anni. Ripenso che in fondo non son stati malvagi e che bene o male se scrivo è perché sono sopravvissuto e questo non è certo poco. Sono stato adottato e benché quei primi sette anni della mia vita sembrino irrilevanti, in confronto agli altri ventiquattro, non posso non pensarli come costitutivi la mia persona. Costituenti i miei desideri e bisogni.
Poi ho fatto la scuola elementare, la scuola media e superiore senza particolari sconvolgimenti. Non sono stato capace di abbordare nessun ragazzetto. Non sono stato capace di capire che potevo spendere quegli anni più serenamente, più stupidamente.
Invece maturava, forse difensivamente, il bisogno di scrivere, di portare nero su bianco ciò che mi succedeva, ciò che vivevo. Così ho cominciato anche a cantare e a occuparmi, già da quando avevo circa dieci anni, di musica. Mi compro una chitarra e faccio così le mie prime canzoni: le prime sciocchezze, banali, insulse, inutili eppure necessarie per me, per quella sopravvivenza di cui parlavo prima. Li dentro ci scrivo dei miei umori, dei fantasmi che vivevano in me e in ogni caso del dolore che può conoscere un ragazzetto di dieci anni, poi di undici, poi di dodici e cosi via. Arrivo così a scrivere canzoni sempre meglio, con software sempre più complessi sempre più rispondenti ai miei bisogni. Nascono però anche le prime cotte. A 13 anni il cuore mi esplode dal petto quando conosco Loris. Sembra condividere quanto provavo. Ma poi, dopo più di due anni, quando intuisce, ciò che mi muoveva, non può che insultarmi, non può che dire che <non sono mica frocio>. Li scrivo, compongo, regalo musicalità al cazzo di dolore che mi porto.
Poi a 16 anni è il turno di idillio. E' il turno dei suoi occhi scuri, dei suoi capelli neri, lisci e lunghi, fino alle spalle. E’ il turno delle sue mani che mi toccano dietro la schiena, dietro il collo. Collo su collo. Ma lui non capisce chi sono, lui non capisce la sua confusione e mi lascia andare senza farsi accorgere, senza sapere <il vuoto dentro ogni mio respiro, dentro ogni attimo> senza sapere che lo amavo piangendo sangue e dolore come solo un adolescente sa fare.
Poi comincio a mentirmi, a credere che forse fosse il caso di stare con una ragazza. Riesco nell'intento. Riesco a fidanzarmi e malgrado tutto a starci pure male per non farmi mancare niente. Ne deduco che più di una storia avevo bisogno di condividere almeno un pezzo della mia vita con un altro essere umano. Ne escono cosi altre canzoni, altri dolori, altri veleni che non fanno che chiudermi in me stesso.
A 19 anni poi, con l'università, comincio a ribellarmi. Comincio a uscire con tanti ragazzi. Ci baciamo, ci parliamo, ci scopriamo ma non andiamo mai oltre. Conosco il mio ragazzo. Una storia durata quasi un anno la cui fine fa deragliare il mio pensiero, la mia vita, i miei progetti. Tutte le canzoni ne sono la prova, una semplice, stupida prova.
Poi arriva il secondo ragazzo, quello con cui la vita sembrava poter finalmente virare verso la direzione giusta. Quello che mi ha fatto fare i pensieri più belli e coraggiosi. Ma è finita anche quella perché stavolta ero io quello spaventato, ero io quello che non riusciva a vedersi troppo al di là, quello che voleva ancora cazzeggiare.
Poi, ancora, storie occasionali, storie che han fatto più bene che male, storie che han fatto vedere tanto marcio e l'impressione che l'altro fosse un tentativo di dar senso alla noia, alla solitudine al malessere. Scopro però corpi meravigliosi. Cazzi che sembrano disegnati da menti dal gusto architettonico sopraffino. Culi la cui bellezza è ancora impressa nelle mie mani, nei miei occhi, nella mia bocca. Talenti che un'essere umano pensavo non potesse avere e le cui capacità di far godere sono un segno distintivo di energia vitale. Nessuno però riesce a rimanere, a darmi altro di più oltre la "dionisità delle carni”.
Poi arriva l'ultimo ragazzo e di anni ne ho 28. Lui all'inizio pensa - visto che voglio portarlo subito a letto - che sono uno come un altro. Ma gli piaccio. Mi piace. Ci mettiamo insieme. Ma la sua diffidenza iniziale si rivela essere qualcosa di diverso da ciò che pensavo. Non era segno della sua maturità, della paura che non fossi "quello giusto". Questa diffidenza nasconde una immaturità che lo porta a controllarmi, a non fidarsi, a fare di ogni sua azione un possibile gesto di martirio. Mi condanna così a non essere me stesso tanto da non riuscire nemmeno più ad avere una comunicazione capace di coinvolgerci, di lasciare il segno. Decido così, con tutta la sofferenza che gli procuro, di porre fine stavolta all'"altro martirio", quello mio benché il suo corpo non mi lascia dormire in pace, mi rapisce in tutti i sogni che faccio. Arrivo al presente e al dolore che han portato queste parole, questa retrospettiva.
Quest'ultima relazione ha portato con sè un dolore che non riesco a scrivere, a pensare, a colmare. Non sembro capace di accettare che possa essere finita tra il silenzio. Ma forse questo silenzio si porta dietro la fallibilità della vita umana, del tempo che obbliga alla fretta, ad una risoluizone. Questo silenzio, che ha lasciato quest'ultima relazione si trascina il fallimento delle mie aspettative, della mia voglia di sentire di essere amato da una persona matura, capace di venire a capo dei problemi insieme a me. Mi ritrovo più solo ora, con più tristezza nel cuore, con meno voglia di capire che diventa sempre più difficile sostenere una relazione, congiungere i miei anni con quelli di un'altra persona. Mi ritrovo con un crescente senso di insoddisfazione datomi dalle illusioni, dal non sapere se il prossimo ragazzo sia quello giusto o l'ennesimo passo falso. Mi ritrovo a fare i conti solo con me, a credere di aver fallito tutto quando invece sarebbe stato bello organizzarmi per gli anni che sarebbero venuti insieme al mio ragazzo.
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"Ecco Bomba!” Annunciò Sergetto, indicando una figura massiccia che proveniva ciondolando dal corso. Non aveva un bell'aspetto, almeno da lontano. Sembrava stanco, o triste, o incazzato, o tutte e tre le cose insieme. Camminava curvo, con lo sguardo a terra e le mani insaccate per bene nelle tasche dei pantaloni. Non era uno spettacolo che trasmettesse proprio allegria. “Che ti succede, Bomba? hai una faccia!” Chiesi. “Mi girano i coglioni!” “Allora non è un gran danno. Con quelle palline piccole che ti ritrovi, nemmeno dovresti farci caso.” Lo punzecchiò Tonino. Bomba non lo degnò di una risposta, neanche di uno sguardo. La situazione doveva essere grave. Si sedette pesantemente sugli scalini e si prese il viso tra le mani, sprofondando in pensieri che sembravano belli pesanti. Era il momento di farci sentire. Di dimostrargli che il branco era con lui e che non l'avrebbe lasciato solo. Di qualsiasi cosa si trattasse. “Cosa c’è che non va, amico?” Chiesi di nuovo. “Niente va!” rispose rabbioso, “Ieri sera sono tornato a casa mezzo morto dalla fatica. Mezzo morto, ma felice. Sapevo che stavo facendo la cosa giusta. Che stavamo facendo la cosa giusta. Ero fiero di me stesso come non lo sono mai stato e volevo che anche mia madre lo sapesse. Volevo che, in qualche modo, anche lei fosse fiera di me. Di me e di voi, amici miei. Sono entrato in casa e lei era lì, è sempre lì, tutto il santo giorno!” “Lì dove?” Domandò il Tasso per tutti noi. Bomba si voltò a guardarlo, come se fosse la domanda più stupida del mondo, poi realizzò che noi non potevamo sapere, così ce lo spiegò: “Davanti all'altarino di mia sorella, quella che è morta. Ci passa quasi tutta la giornata, sembra sia l'unica cosa che le interessi. E ci parla pure! Parla più con lei che con me. Anzi, con me, evita proprio di parlare, quasi fossi io il morto!” Iniziò a singhiozzare, il pianto stava prendendo il sopravvento, ma non aveva ancora finito di parlare. C'era altra merda da far venire a galla. “l'ho salutata, ho provato a dirle qualcosa, ma, non appena ho aperto bocca, lei mi ha fissato con aria di rimprovero e mi ha fatto segno di tacere. É tornata a parlare con la mia sorellina, le sorrideva anche. In quel momento, incazzato com'ero, sono stato quasi contento che fosse morta. Poi però mi è subito dispiaciuto e mi è venuto da piangere.” “Lo dico sempre che tua madre è una stronza!” disse soddisfatto il Tasso. “Piantala, coglione!” Lo rimproverai cattivo. “No, no, lascialo stare, Pietro, forse ha ragione lui. Poi non ho finito.” Tirò fuori dalla tasca uno di quei fazzoletti di stoffa che, ora, non esistono più, perché estinti a causa di quelli di carta, si asciugò, alla meglio, le lacrime, si soffiò rumorosamente il naso e proseguì:“ Visto che non mi cagava, me ne sono andato in cucina e mi sono preparato un bel panino. mi era venuta una fame della Madonna.” “Cazzo, Bomba, quando ti hanno fabbricato, si sono dimenticati di farti il fondo!” Lo rimproverò Sergetto. “Ma come avevi fame? A casa del Maremmano, se non scappavano, ti mangiavi anche i suoi genitori!” rincarò la dose il Tasso. “Avevo fame e basta! Non mi va di discutere, ora! Avevo appena dato il primo morso che entra in cucina quella testa di cazzo di mio padre. Ogni volta che ti vedo, stai con qualcosa in bocca! Guardati come sei diventato, sei grasso come un maiale. E sei pure sporco e sudato come un maiale, si può sapere dove sei stato? Mi ha detto, con aria schifata. Io non ci volli far caso, nonostante tutto, ero ancora troppo contento per come era andata la giornata. Avevo ancora voglia di raccontare e lo feci, ora so che non è stata una buona idea. Lui si versò un bicchiere di vino e ascoltò tutto, senza fiatare…” “Un bicchiere di vino? Un altro?” Commentò Schizzo. Lo fulminai con gli occhi, avevo proprio voglia di dargli una bella strigliata, sapevamo tutti come stavano le cose, non dovevamo, per questo, sbattergliele in faccia. Era da stronzi. Fui stoppato da Bomba stesso, che mi aveva capito al volo. “Lascia stare, Pietro, Schizzo ha ragione. Sono stanco di far finta di niente e non ho più voglia di difenderlo. Non si merita niente! Ha ascoltato per intero e, quando ebbi finito di parlare, mi ha guardato con compassione e disprezzo. Si è acceso un sigaro e mi ha detto: siamo sicuri che sei figlio mio?” “Ma che bastardo!” mi scappò detto. Me ne pentii subito, in fondo, era sempre suo padre. Bomba non se la prese affatto, mi sorrise, mi cinse le spalle con uno dei suoi enormi braccioni e confermò: “Proprio così: un vero bastardo! Ha anche aggiunto che avrei fatto meglio a starmene zitto, perché solo un idiota come me poteva essere felice di lavorare senza essere pagato. Come me e come voi. Ha concluso dicendo che sarebbe andato a cercare il padre del Maremmano e gliene avrebbe dette quattro a quello sfruttatore di ragazzini.” Aveva ripreso a piangere. Ormai aveva rotto gli argini e, tra le lacrime, arrivava a valle anche una montagna di rabbia repressa. “E tu cosa hai detto?” Chiese Sergetto. “Mi sono incazzato come un lupo! Ero triste, ero deluso, ero impaurito, piangevo anche, ma soprattutto ero incazzato nero! Gli ho urlato che non aveva alcun motivo per trattarmi così e che ci sarei tornato pure oggi. Che nessuno me lo avrebbe potuto impedire. Al che lui mi si è fatto sotto e mi ha mollato una sberla in faccia, dicendomi che io potevo fare solo quello che decideva lui. E lui aveva deciso che non sarei più tornato dal Maremmano, altrimenti sarebbero stati cazzi miei. E anche vostri, visto che mi ci avevate trascinato voi.” “E tu cosa gli hai risposto?” “Niente, non me ne ha dato il tempo. Fatta la sua predica se ne è andato, convinto di aver sistemato le cose.” “Quindi non puoi venire?” “Certo che vengo! E’ questa la mia risposta! Che se ne vada affanculo, lui e i suoi ordini!” Concluse, alzandosi in piedi, determinato come non l'avevamo mai visto prima. Lo abbracciammo tutti, complimentandoci con lui e ripetendogli che era un grande. Stavamo trasformando il senso di impotenza e la rabbia in festa, come solo i ragazzini sanno fare. Fu proprio abbracciati, che ci trovarono il Maremmano e suo fratello quando arrivarono inattesi. “Possiamo unirci anche noi?” Disse Antonio, sovrastando il nostro vociare scomposto. Ci bloccammo all'istante, la nostra attenzione, ora, era tutta per i nuovi arrivati. Non ricordo se fossimo più stupiti, o più felici di vederli. “Cosa stavate festeggiando?” “Non stavamo festeggiando, stavamo consolando Bomba.” Rispose Schizzo. “Consolando? Per cosa?” “Perché suo padre è un pezzo di merda.” Schizzo si guardò in giro con fare distratto, si guardò a lungo le mani, poi aggiunse: “ Anche se, pure il mio, non scherza!” Antonio rimase perplesso, logico, non poteva capire. Mica lo sapeva come stavano le cose, così esortai Bomba a raccontare tutto anche a loro; dovevano sapere, c'entravano anche loro. In principio fece resistenza, non voleva starci, si vergognava, aveva paura che si arrabbiassero, o, peggio ancora, che si offendessero. Insistemmo e, alla fine, cedette, si decise a spifferare tutto. Alla fine del riepilogo, Antonio abbozzò un lieve sorriso, anche se, a me, sembrò triste e amareggiato; e aveva tutte le ragioni per esserlo. Abbracciò Bomba, probabilmente facendo attenzione a non stritolarlo, e disse: “Su, caccia via quelle lacrime, amico mio, non dare troppo peso a questa faccenda. Forse tuo padre era stanco, o già arrabbiato per motivi suoi e non ha capito. Io sarei stato fiero di te! Io sono fiero di tutti voi. E sono convinto che il mio fratellino non avrebbe potuto trovare amici migliori.” “Grazie, Antonio, io solo questo volevo. nient'altro. Non c'era neanche bisogno che dicesse qualcosa, figurarsi se mi aspettassi un complimento, o una parola buona..da mio padre. Mi sarei accontentato di una faccia soddisfatta. Una faccia che mi avesse fatto capire che… insomma, che ero stato bravo. Tutto qui. Sono sicuro che i loro padri, quella faccia, l'hanno fatta.” Concluse, indicandoci con il mento. Ci fu un momento di imbarazzo, chi per un motivo, chi per un altro, non avevamo tanta voglia di rispondere; ma ci aveva chiamati direttamente in causa, non potevamo sottrarci. “In effetti, mio padre, mi ha abbracciato e mi ha detto che ero stato in gamba.” Disse sottovoce Tonino, non voleva ferire ulteriormente Bomba, il confronto tra i loro genitori era improponibile. “Il mio, per la prima volta da quando mi ricordo, ha detto che era orgoglioso di me. E di voi. mi dispiace, Bomba.” Sussurrai, quasi a scusarmi del privilegio. “Non devi dispiacerti, Pietro, tuo padre è uno in gamba. Anche tu devi essere orgoglioso di lui.” Rispose, ma si vedeva bene che era ancora triste. “Io con il mio non ci parlo mai. non ho detto niente, tanto sarebbe stato come parlare al vento.” Confessò Sergetto. E lo fece col tono di chi dice qualcosa di scontato, qualcosa che, in fin dei conti, non lo riguarda più di tanto. Il tono del Tasso, invece, viaggiava a metà tra l'esagerato ed il divertito, quando disse: “Adesso ti tiro su io il morale, Bomba! Ieri sera, anch'io, come tutti voi, ero felice e non vedevo l'ora di tornare a casa per raccontarlo a qualcuno. Raccontare di quanto ero stato bravo. Sono entrato di corsa in cucina, ma mia madre non c'era, c'era solo mio padre, stravaccato sulla poltrona, davanti al televisore. Beh, meglio di niente, ho pensato e gli ho detto: papà, lo sai dove sono stato oggi? E lui, senza neanche guardarmi: no! E non lo voglio sapere! Ora togliti dai coglioni, che devo guardare il telefilm! Che dici, Bomba? Si fa a cambio? Mio padre in cambio del tuo, ci stai?” La spontanea e travolgente risata di Bomba fu la più bella delle risposte. Era rimasto solo Schizzo. Era naturale che rivolgessimo la nostra attenzione verso di lui. Schizzo ci guardò ad uno ad uno, poi chiese a bruciapelo: “ E allora? Che cazzo volete da me, adesso?” Inutile dire che ridemmo di nuovo. Tutti, anche il Maremmano e Antonio, che doveva aver iniziato a capire come era fatto quello strano essere. “Su, dicci di tuo padre. Che ti ha detto?” Lo incalzò Tonino. Schizzo fece un salto improvviso e andò a nascondersi dietro l'albero più vicino. Si guardò furtivamente intorno poi chiese a bassa voce: “Dove sta mio padre? Dove l'avete visto? Non posso farmi vedere insieme a voi. Dice che non ci state tanto con la testa e che, se continuo a frequentarvi, va a finire che divento scemo pure io!” “Allora vieni qua, idiota, che il danno già è stato fatto!” Gli gridò contro il Tasso. “E sembra pure irreparabile!” Aggiunse Tonino. Antonio se la rideva come fosse uno di noi e dava certe manate sulla pietra della fontana che sembrava volesse ucciderla. D'un tratto si fece serio, ci chiamò a raccolta, aspettò che rientrassimo nei ranghi e ci parlò. “Ho delle cose da dirvi, ragazzi. Il nostro vecchio è rimasto molto impressionato dal vostro gesto. Avete fatto centro. Era davvero commosso e ha deciso di togliere, a Pietro, la punizione. Avete saldato il debito. Non solo, visto che avete lavorato sodo, ha anche deciso che meritate di essere pagati. La paga di un giorno di lavoro nei campi.” Mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni, tirò fuori il portafoglio e ne estrasse un mazzetto di banconote da mille. “Ecco, lui dice che duemila a testa dovrebbero andare bene. altrimenti non vi resta che rivolgervi ai sindacati.” Cazzo, duemila lire? Ciascuno? erano una fortuna! Nessuno di noi aveva mai posseduto quella cifra tutta insieme. A Natale, forse, sommando le mance. Mance che, regolarmente, ci passavano sotto gli occhi e messe via subito dopo dai nostri genitori, per quando ci sarebbero serviti, dicevano. Pure se, a noi, sicuro, sarebbero serviti immediatamente. Restammo a bocca spalancata ed occhi sgranati per un bel po’, offrendo un inaspettato, forse anche gradito, ricovero a tutti gli insetti di passaggio in quel momento. Il primo a riaversi dalla sorpresa fu il Tasso, che si avvicinò ancor di più ad Antonio e disse:“ Fammi capire bene, gigante, tuo padre ti ha dato quei soldi per noi?” “Esattamente, mio giovane amico.” “Duemila lire a testa per quella stronzata di lavoro?” “Questo è ciò che ha stabilito il grande capo bianco. Se vi sembra poco prendetevela con lui, non con me. Io non c'entro, ho solo fatto una commissione.” “Prendermela con te? Ma tu: ti sei mai guardato allo specchio? Cazzo, sarò stupido, ma non fino a questo punto! Non ti direi niente neanche se uccidessi mio padre. Anzi, pur di non farti arrabbiare, ti farei anche i nomi di tutti i miei parenti. Anche i loro indirizzi ti darei! Volevo soltanto dire che, se il tuo vecchio paga così bene, abbandono subito la scuola e vengo a lavorare da voi. Tanto più che la scuola mi fa cagare.” E sembrava che stesse valutando sul serio la possibilità. Antonio si inginocchiò, gli lisciò la testa quadrata e gli disse calmo: “Forse è meglio che continui la scuola, giovanotto, per lavorare c'è sempre tempo. Devi studiare e mettici impegno, così, da grande, non ti farai fregare da quelli che hanno studiato. Ora avvicinatevi tutti, ho da darvi quello che vi spetta. Su, non fatevi pregare!” Certo che non ci facemmo pregare, in mezzo secondo eravamo appiccicati ad Antonio, pronti a ricevere la nostra, inaspettata parte. ci strinse la mano, uno per uno, e ci diede le duemila lire pattuite. L'ultimo era Bomba, quando toccò a lui, il gigante lo fissò, si alzò in piedi, rimise in tasca i soldi e:“A te niente.” Disse. Bomba fece una faccia che… che erano cento facce insieme, con la sorpresa che dominava su tutte le altre. Anche noi eravamo stupiti non poco, come? A Bomba niente? Antonio ci lasciò in sospeso per qualche istante, godendosi le nostre facce smarrite, poi prese il nostro amico per mano e gli parlò. “Andiamo, anche tu, chiaramente, come gli altri, ti sei meritato la tua parte, ma voglio dartela davanti a tuo padre, che sappia anche lui quanto sei stato in gamba.” Fece per muoversi, ma si bloccò subito dopo. si guardò in giro con aria smarrita e domandò: “ Dove lo troviamo tuo padre? Dov'è che lavora?” “Lavorare? Il padre di Bomba? Cazzo, Antonio, questa si che fa ridere di battuta!” lo prese in giro il Tasso. “Piantala, coglione!” Ruggì Bomba, recuperando, vai a capire da dove, un pizzico di amore filiale. “Visto che ti piace fare lo stronzo, perché non ci dici dove lavora il tuo di padre?” Il Tasso non rispose subito, si grattò la testa, poi il mento, poi le orecchie, con tutte due le mani, voleva farci credere che ci stesse pensando su, ma, a noi, sembrò soltanto che avesse la rogna. Il Tasso che pensava, chi mai ci avrebbe creduto! “Un po’ qui e un po’ là.” rispose, “Ma la maggior parte del tempo la passa con tuo padre. Diciamo pure che sono colleghi!” “E dove li posso trovare?” Insistette Antonio. “Al loro cantiere preferito. Al Bar di Piazza. Tressette e vino bianco, si fanno certe sudate!” “Bene, allora andiamo dal tuo genitore, giovanotto. Sistemiamo questa faccenda.” Disse ancora il gigante, avviandosi e tenendo sempre Bomba per mano, che sembrava un filo imbarazzato. “Possiamo venire anche noi?” Chiese Schizzo con una vocetta supplicante. “Grazie dell'aiuto, ma non è necessario. Possiamo farcela anche da soli.” “Eccome se è necessario!” si intromise di nuovo il Tasso, “Casomai tu, per spiegargli bene le cose, fossi costretto a suonargliele, io voglio esserci!” “Ma io non devo picchiare nessuno. Voglio soltanto far capire al papà di questo ometto che figlio in gamba che ha.” “Si, ma ammettiamo che proprio sia duro, che proprio non voglia capire e tu debba aiutarti con qualche sganassone, io devo esserci, non ci sono santi! Devo perché, almeno, potrei indicarti anche mio padre, vorrei che spiegassi la stessa cosa anche a lui. E con lo stesso metodo!” “Bene, mi arrendo, non posso farcela contro di voi. Ma avete la mia parola che non ci saranno violenze. Non servono. Tra persone civili, bastano le parole.” E ci fece segno di seguirlo. Certo, facile per uno come lui, pensai, chi era quel matto che avrebbe voluto farci a pugni? Meglio parlarci, perdio! Molto meglio! Come previsto, li trovammo al bar, a giocare a carte. C'erano sia il padre di Bomba, che quello del Tasso, più altri due anziani che conoscevamo solo di vista. Purtroppo Antonio aveva ragione: niente violenza. niente cazzottoni, o tavoli sfasciati in testa, come nei film di Bud Spencer. Bastò la sua ingombrante presenza a far si che si cagassero sotto; tutti e quattro. Non potevo certo dar loro torto. Il gigante si presentò, strinse loro le mani e, credo, esagerò un po’, vista la faccia sofferente che fecero. Ci venne da ridere, ma ce ne guardammo bene dal farlo. Una volta ottenuta l'attenzione, si piazzò di fronte a quel fifone tremolante del padre di Bomba, elogiò a lungo il nostro amico e lo ringraziò pubblicamente, il messaggio era chiaro: chi lo toccava avrebbe dovuto, necessariamente, fare i conti anche con lui. Alla fine, a scanso di equivoci, pretese di pagarlo. Lì, di fronte a tutti. Non ci furono obiezioni. Salutò cordialmente, offrì un giro di bevute ai presenti e uscì con molta calma dal locale. Noi dietro, come fedeli cagnolini, scodinzolando festosi e al sicuro. “Certo, Bomba, che tuo padre ha fatto una gran bella figura di merda!” Sibilò, felice, il Tasso. “Perché il tuo, invece, che figura ha fatto?” “Di merda! Anche il mio! Ma, a me, fa più ridere quella che ha fatto tuo padre!"
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Ciò che mi caratterizza fisicamente di più, ciò che le persone guardano di più è il mio seno.
Ho un rapporto particolare, con il mio seno.
Da piccola mi fasciavo perché mi vergognavo, mi sentivo così “diversa” da tutte le altre decenni del vicinato. Mi sentivo un mostro. Io avevo queste cose grandi, più grandi delle mie amiche. I familiari mi sottoponevano alle palpatine di ricognizione: “ahhhhhhh, ti stanno crescendo le tettine!”. Erano familiari donne, che non vedevano questi gesti come una violazione del mio corpo, a inizi anni ‘80 non c’era ancora questa cosa della violazione del corpo. Almeno, in famiglia, le nonne, le zie, le amiche delle zie, potevano permettersi di prenderti in braccio e strizzarti quelle tettine che stavano crescendo. Tu, però, non potevi permetterti di dire che la cosa ti infastidiva e anche parecchio.
A dieci anni io non capivo perché mi crescessero i peli pubici. Non sapevo che fossero peli pubici. Fatto sta che io già tre anni prima, mi rifiutavo di fare il bagno con l’aiuto di mia madre, perché avevo dentro di me il senso di privacy, che si capirà che a fine anno ‘70 e inizio anni ‘80, la privacy in famiglia era un concetto aleatorio. Anche perché in casa mia non esisteva una vera e propria privacy. Mia madre entrava in camera mia senza bussare. Una cosa, questa, che mi ha sempre infastidito. Vuoi perché appunto, purtroppo il post precedente è stato oscurato, a dieci anni, ma anche prima, cominciavo l’opera masturbatoria, senza sapere che quella fosse masturbazione -sapevo solo che toccarmi quelle tette che crescevano e che mi rendevano un mostro comunque mi procuravano un piacere “lì” e quel piacere beh mi piaceva assai-, vuoi perché magari ero immersa nei pensieri dei fatti miei -come il chiedermi cosa ci fosse di sbagliato in me perché mi piaceva toccarmi le tette, che comunque mi rendevano mostruosa-.
La mancanza di privacy in famiglia però non voleva dire che si potessero affrontare discorsi di questo genere. Anzi! Quindi, mi tenevo per me i turbamenti indotti dai disegni di Milo Manara e dalle foto da “LEspresso” che mio padre comprava (bei tempi, gli anni ‘80, dove sulla copertina de “L’Espresso” c’erano sempre donne nude, creandomi ancora più confusione. Grazie, eh!) e mi guardavo il seno che cresceva e che le amiche mi invidiavano. Facevano i giochi a toccarcele, credo come rito di iniziazione. Io sono dell’avviso che le tette piacciano a tutti, uomini e donne, ma che molte donne si vergognino di ammetterlo.
E non parliamo di Samantha Fox, vi prego. Lei, e Sabrina Salerno, con il video con quel costume bianco a fascia che le scivolava e le spuntava il capezzolo, creandomi. Inondazioni che non capivo cosa fossero, ma Samantha a Fox e Sabrina Salerno furono causa dei miei turbamenti sessuali da dodici/tredicenne, e non osavo raccontarlo alle amiche. Siamo, in fondo, ancora negli anni ‘80. Era tabù. Era tabù guardare sessualmente (non sapendo che fosse sessualmente) le compagne di squadra mentre facevamo la doccia, perché poi allo stesso tempo ti piacevano i ragazzi e ti sentivi ancora diversa, ipersessualizzata, perché a dodici/tredici anni avevi una voglia di imparare a fare sesso, e a dodici/tredici anni ti insegnano che le brave ragazze non si masturbano, non fanno pensieri sconci con i ragazzi -tipo toccare loro l’uccello- e men che meno con le ragazze -farti una pomiciata con le tue amiche sotto la famosa doccia dello spogliatoio-. A dodici/tredici anni mi sentivo un mostro. E un mostro pieno di sensi di colpa. Perché pensavo a tutte le cose sbagliate.
A me piacciono, le donne. Mi sono masturbata millemila volte su vari calendari di Max -ringrazio ancora il mio fidanzatino di allora che me lo fece scoprire- e anche su giornali soft-core (il porno non mi eccita, sebbene lo abbia guardato, amo fantasticare dal lato estetico dell’erotismo). A me piacciono gli uomini. Ma nei miei pensieri masturbatori, ci sono le donne, principalmente. Anche gli uomini, ma in genere arrivano dopo, nelle mie fantasie.
Non riesco a definirmi con un’etichetta, etero, omo, bi, pan.
Ma so che mi piacciono gli uomini, così come le donne.
E mi piacciono le tette. Dopo anni di lotte con me stessa, e con loro, le ho usate, le ho fatte usare, ci ho fatto fantasticare mezzo mondo web, ci ho fatto realizzare vari sogni erotici, ci ho fatto giocare, e ci ho giocato -ci gioco ancora-, le ho viste come strumento puramente sessuale, erotico, pornografico. Le ho fotografate, da sola o con uomini, con cazzi in mezzo, con sperma addosso, con lingue di donne.
Le mie foto le ho mandate a tanti.
Adesso? Adesso ancora un po’ mi piace esibirle, perché sono parte di me, rappresentano in un certo senso una repressione che ho sempre avuto, e che deve uscire fuori.
Non capisco perché i capezzoli vengano segnalati su piattaforme come questa. Perché, dicono, possono essere erotici. E allora? Un capezzolo di un bel seno è un dono. Io credo, almeno. Che se un ragazzo o una ragazza ci si masturbino sopra, non vedo quale sia il problema. Il problema sta nella perversione, e la masturbazione non è una perversione, a me hanno rovinato la vita con questo, non in un seno, o un capezzolo. Al massimo, sono io, che voglio pubblicarlo, a risponderne.
Se a farlo sono io, e non mi sento oggettificata da ciò, non vedo il problema. Trovo, ad esempio, molto più eccitante un vedo-non vedo, che un capezzolo al vento.
Le tette sono belle. Anche i culi. Il corpo è bello, che sia da guardare esteticamente o eroticamente, non fa differenza.
Io sono fiera sostenitrice del movimento di liberazione del capezzolo.
Il mio seno è bello. Adesso siamo amici. Lo uso quasi esclusivamente a scopo sessuale. Ma va bene così
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25.1.2020
Let's get real, let's get it all out.
⚠️⚠️TRIGGER WARNING: se siete tristi, di cattivo umore, vi odiate, mi odiate, avete voglia di litagare, non vi piace l'onestà, avete voglia di polemizzare in qualunque modo su questo post, volete dirmi quanto peggio vada a voi o quanto meglio vada a voi, volete screditare qualunque delle cose che io dirò, volete dirmi che sbaglio o sono sbagliata o pensiate che sono una stupida pazza menefreghista... non leggete grazie, sono cazzi miei⚠️⚠️
Ho mangiato pasta per la prima volta dopo 25 giorni e sto malissimo. Mi si è gonfiato lo stomaco, ho nausea, ho mal di testa e brividi. Oltre alla pasta ho mangiato un biscotto e delle patate.
Troppi
Zuccheri
Devo trovare il modo di riuscire a fare capire a me stessa e alla gente che devo prendere questa cosa più seriamente. Devo trattarla come se fosse un'intolleranza. Cioè devo imprimermi in testa che se prendo peso perdo ogni possibilità di essere fertile. Devo imprimermi in testa che calorie derivanti da zuccheri=calorie che il mio corpo non riesce a metabolizzare e che quindi o mi tolgono tutte le energie o mi fanno ingrassare. Perché non riesco a rendermi conto di questa cosa? Perché non mi basta vedere come mangiando mille calorie scarse al giorno a novembre ho preso 4kg mentre ora, mangiando 500 calorie in più ma tenendo i carboidrati sotto i 30g ne ho persi 3? La tua salute non è una cagata Martina, grazie ciao.
Parliamo dell'uni già che ci siamo. Come sta andando? Beh, dipende dai punti di vista. Sto passando tutto da quanto so. I lavori di gruppo, i saggi, le ricerche mi vanno molto bene, ho voti sul 29/30, peccato che contino il 10% e i miei voti nei parziali siano 22, 23, 21, 18, 19, 26. Penso di essere comunque meglio di buona parte della popolazione italiana? Certo. Studio in un'università con una percentuale di ammissioni del 19,45%, in una facoltà che aveva 45 posti disponibili per gli italiani e che è anche la facoltà più difficile (anche se ancora per poco, hey there BAI). La media dei voti delle classi è fissata sempre a 25 e sono in classe con gente che parla fluentemente 6 lingue, gente che studia economia da quando aveva 6 anni, gente che è stata ammessa in tutte le Ivy School del pianeta. Questo ambiente mi fa sentire piccola, stupida e insignificante? Certo anche questo. Però uscire da 3 anni di università sapendo parlare 4 lingue e con un posto assicurato in un pezzo grosso come Amazon, IBM, Google, Facebook, Microsoft e chi ne ha più ne metta, forse ne vale la pena, no?
Cosa faccio nella vita? Studio e parlo con una testa di cazzo. Una testa di cazzo che forse tanto testa di cazzo non è. Perché posso lamentarmi quanto voglio ma c'è per me per cose per le quali nemmeno i miei stessi genitori ci sono mai stati.
Un paio di volte a settimana vado in palestra. È tutto meno che per l'estetica. Non faccio niente per dimagrire, non mi piace, non mi soddisfa. Faccio cose che mi facciano sentire forte. Sembreranno cazzate ma riuscire a portare 2 cassette d'acqua invece che una sola o non stancarmi le braccia usando il phon sono cose che mi fanno sentire meglio. Ma anche più banalmente riuscire a fare 10 flessioni in croce.
Le persone non fanno altro che deludermi
Non ho più voglia di fare tante cose
Senza certe cose, certe abitudini e certe persone vivo molto più serena. Non bisogna per forza salvare tutto ciò che un tempo era bello solo perché un tempo era bello
Certe cose, certe abitudini e certe persone mi mancano
Voglio un ragazzo fiorentino e lo avrò
Se non avrò quel ragazzo fiorentino non voglio avere una relazione seria fino a dopo la laurea e ciò non mi impedirà di scopare perché siamo nel 2020 e sinceramente non c'è veramente niente di male.
A proposito, qualche volta mi masturbo (getto della doccia love u). E soprattutto mi chiedo perché pensavo fosse una cosa sbagliata. Perché sinceramente non ha il minimo senso non farlo se lo si vuole fare.
Milano sushi e coca non è solo una canzone di myss keta. Qua la droga è ovunque, un giorno o l'altro proverò lsd e meth. Tutto il resto non mi interessa e non lo farò mai.
Da febbraio inizierò a investire in criptovalute per creare un fondo per una mia startup. Ho un'idea che vale oro.
Voglio andare a Porta Venezia, ubriacarmi a merda, ballare, limonare con una ragazza e misteriosamente instagrammare una certa canzone di katy perry.
Sono 100% sure di essere etero e cis se ve lo steste chiedendo.... but hey, the taste of her cherry chapstick.
Voglio viaggiare il mondo senza programmi e senza la mia famiglia, voglio vivere ogni luogo come ho vissuto la scozia.
Voglio. Altri. Tatuaggi.
Voglio imparare a suonare uno strumento musicale, so già quale e so già qualcosa.
Voglio quella cazzo di internship, lunedì inizio l'application. E no me zava rinunciare all'estate per averla.
Una volta che i miei soldi arriveranno da me stessa e non dai miei, devo rifarmi il guardaroba con cose che mi piacciano veramente e non cose che rientrino in uno standard.
Ma soprattutto voglio riuscire a volermi bene, ad essere una persona migliore, a non sputtanare le persone per intrattenimento, a spendere con più senso, a far valere la mia opinione, ad aiutare la gente che ne ha bisogno e a non avere paura ad essere me stessa.
Se leggendo qualcosa hai pensato "omG miLAnO Ti hA cAMbiAtA" allora mi spiace dirti "omg non mi hai mai capita"
E a te che capisci. Ti voglio bene. Sei importante. Trova chi sei e non avere paura di essere te.
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