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Cittadinanza Sociale: Competenze in Italia, non ci siamo
Ancora una volta, i dati ci mettono di fronte a una realtà difficile da ignorare: sia che si tratti dei test Invalsi o delle rilevazioni Ocse-Pisa, le competenze di base degli italiani risultano ben al di sotto della media internazionale. Ogni nuovo rapporto sembra scatenare qualche giorno di polemiche e riflessioni, ma poi segue un silenzio che lascia tutto invariato. Questa volta, sarà…
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Shirley Chisholm
Voglio essere ricordata come una donna che ha osato essere catalizzatrice di un cambiamento. Non voglio passare alla storia come la prima deputata nera della nazione o la prima donna nera deputata. Mi piacerebbe che dicessero che Shirley Chisholm aveva fegato.
Politica, attivista, educatrice, Shirley Chisholm, è stata la prima donna nera eletta al Congresso degli Stati Uniti.
Unbought and Unbossed, (Non comprata e non comandata) è stato il suo motto che l’ha accompagnata per tutta la vita e che voluto anche sulla tomba.
Prima, durante e dopo i sette mandati alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, dal 1969 al 1983, si è sempre schierata in difesa dei diritti donne e delle minoranze, per la tutela dell’educazione pubblica, dell’infanzia e della sanità, contro le guerre e per giusti salari. Spesso isolata, inimicandosi il suo stesso partito.
Shirley Anita St. Hill nacque a Brooklyn, New York, il 30 novembre 1924, era la maggiore di quattro figlie di genitori immigrati, Charles St. Hill, operaio della Guyana e Ruby Seale, sarta delle Barbados.
Dal 1929 al 1934 ha vissuto dalla nonna in un piccolo villaggio di Barbados, dove ha iniziato le scuole elementari e preso l’accento che l’ha contraddistinta per tutto il resto della sua vita. Tornata a New York ha dovuto affrontare pregiudizi e discriminazioni perché troppo intelligente e troppo combattiva, oltre che nera.
Dopo il diploma alla Brooklyn Girls’ High School, le erano state offerte borse di studio per atenei prestigiosi, ma non potendo gravare sulla famiglia, aveva scelto di frequentare il Brooklyn College, dove si era laureata in lettere con specializzazione in sociologia e spagnolo. All’università aveva vinto diversi premi nella squadra di dibattito e fatto parte della Harriet Tubman Society, dove è iniziato il suo attivismo.
Nel 1949 ha sposato Conrad Q. Chisholm, un investigatore privato da cui aveva preso il cognome che ha portato anche dopo il divorzio, avvenuto nel 1977.
Il suo primo lavoro è stato come insegnante di scuola materna, di sera studiava per il Master in educazione della prima infanzia che ha conseguito alla Columbia University, nel 1951.
È stata direttrice di diverse scuole e poi consulente educativa della New York City Division of Day Care diventando presto un’autorità in materia di istruzione precoce e benessere infantile.
Si è avvicinata alla politica all’inizio degli anni Cinquanta, raccogliendo le istanze delle proteste contro la segregazione razziale e la necessità di portare sempre più donne in rappresentanza.
Ha fatto parte della League of Women Voters, National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), Urban League e della sezione locale dei Democratici, da dove ha iniziato effettivamente la sua carriera.
Il suo equilibrio e intelligenza sono stati fondamentali nel delicato lavoro di far comprendere le urgenze più radicali all’establishment, tanto da diventare l’unica interlocutrice credibile per mediare tra il sistema e gruppi come le Black Panthers.
Nel 1960, ha contribuito a formare The Unity Democratic Club, organizzazione interrazziale tra le cui missioni spiccava l’educazione della cittadinanza al processo politico, per spiegare quanto incidesse sulle loro vite, spingendo le persone a registrarsi e a votare.
Ha aderito all’atto fondativo del movimento femminista National Organization for Women ed è stata presidente della sezione di Brooklyn di Key Women of America.
Teneva insieme la lotta femminista con quella di classe. Portava la sua prospettiva di donna nera, figlia di immigrati della classe operaia.
Nel 1964 si è autofinanziata una durissima campagna elettorale estiva strada per strada con un messaggio chiave: voglio servire la mia comunità da dove si giostra il comando. Ha vinto con 18151 voti, con un margine ampio nella corsa a tre contro il candidato liberale e quello repubblicano.
Un prodotto di quella politica è stato la Bedford-Stuyvesant Restoration Corporation, il primo modello di associazione no profit negli Stati Uniti per lo sviluppo di una comunità, per migliorare le condizioni di vita e le opportunità di occupazione in quell’area depressa di Brooklyn.
Ha fatto parte dell’Assemblea dello Stato di New York per tre legislature dove ha presentato cinquanta progetti di legge, di cui otto vennero approvati.
I programmi del suo Seek (Search for Education, Elevation, Knowledge) sono componenti integranti della vita accademica della City University of New York e della State University of NYC. Ha condotto un’accesa battaglia contro i finanziamenti alle scuole private e si è spesa invano per un progetto di legge che voleva rendere obbligatorio, per diventare poliziotti, la frequenza accademica di corsi sui diritti e sulle libertà civili per una cultura del rispetto delle minoranze e dei rapporti interrazziali.
Nel 1968, è stata eletta come rappresentante del Comitato Nazionale Democratico dopo dieci mesi di campagna elettorale durissima trascorsa a raccontare la sua storia di giovane donna immigrata che aveva deciso di sfidare e battere il proprio grande partito. In quel contesto ha coniato lo slogan: Fighting Shirley Chisholm – Unbought and Unbossed. Un manifesto vincente per dire: il mio voto non è in vendita, sono emancipata dalla schiavitù e dal colonialismo e sono una donna forte che non si fa comandare tanto a casa quanto nell��organizzazione politica.
È stata una delle fondatrici del National Women’s Political Caucus nel 1971 e, nel 1977, la prima donna nera e seconda in assoluto a far parte del potente House Rules Committee la commissione che stabilisce come viene dibattuta e emendata ogni proposta di legge.
Nel 1972 si è candidata alle presidenziali senza riuscire ad aggiudicarsi le primarie del Partito Democratico. In questo periodo, è sopravvissuta a tre tentativi di omicidio.
Era osteggiata dall’establishment del partito che voleva promuovere candidati maschi e dagli stessi uomini della comunità nera, che non vedevano di buon occhio una donna in politica. Aveva contro anche i media che la descrivevano come una femminista nera arrabbiata.
È stata la prima donna a partecipare ad un dibattito televisivo per le presidenziali, solo dopo aver fatto ricorso, perché le venivano negati gli spazi pubblici. “Quando mi sono candidata al Congresso, quando mi sono candidata alla presidenza, ho incontrato più discriminazioni come donna che come nera. Gli uomini sono uomini” ha affermato.
Al Congresso ha lavorato per migliorare le opportunità per i residenti, sostenuto l’aumento della spesa per l’istruzione, l’assistenza sanitaria e i servizi sociali. Si è occupata di garantire il salario minimo e si è concentrata sulla discriminazione contro le donne e sui diritti delle popolazioni native.
Si è spesa per la revoca dell’Internal Security Act del 1950 e si è opposta alla guerra del Vietnam e all’espansione dello sviluppo delle armi. È stata una fervente oppositrice della leva militare e ha chiesto un trattamento migliore per i rifugiati haitiani.
Nel 1979 è stata una delle protagoniste della raccolta di figurine da collezione Supersisters, che aveva l’obiettivo di proporre modelli femminili di successo in campo politico, sportivo, sociale e culturale.
Ritiratasi dal Congresso nel 1983, ha insegnato al Mount Holyoke College, ha contribuito a fondare il National Political Congress of Black Women e l’organizzazione Donne afroamericane per la libertà riproduttiva.
Si è trasferita in Florida e nel 1993, ha rifiutato la nomina di Bill Clinton che la voleva ambasciatrice in Giamaica per problemi di salute. Nello stesso anno è stata inserita nella National Women’s Hall of Fame.
Nonostante l’allontanamento dalla scena pubblica e la salute cagionevole, non ha mai fatto mancare la sua voce su temi importanti.
È morta il 1° gennaio 2005, nella sua casa di Ormond Beach, in Florida.
Sulla sua vita sono stati tratti film e documentari.
Al Brooklyn College c’è un progetto che porta il suo nome per promuovere programmi di ricerca sulle donne. Lo Shirley Chisholm Legacy Project mira a promuovere la giustizia climatica e affrontare le sfide interconnesse tra ambiente, povertà, discriminazione razziale e disuguaglianza di genere.
A Brooklyn c’è una statua che la ricorda.
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Chase Russell, il candidato libertario di cui nessuno parla e che prenderà il 2% dei voti (ma almeno in America gli elettori hanno un'alternativa)
Chase Russell Oliver, nato il 16 agosto 1985 a Nashville, Tennessee, è il candidato del Partito Libertario per le elezioni presidenziali statunitensi del 2024. Esponente dell'ala sinistra del partito libertario, viene descritto come un "libertario pro-armi, pro-riforma della polizia e pro-choice, Oliver è noto per il suo attivismo contro la militarizzazione della polizia e per i diritti LGBTQ+.
Posizioni politiche di Chase Oliver:
Aborto: Pro-choice, ma contrario al finanziamento pubblico degli aborti.
Cambiamento climatico: Sostiene che il mercato libero troverà soluzioni per il cambiamento climatico, quindi è contro tutte le sovvenzioni e gli incentivi "green".
Riforma della giustizia penale: Vuole abolire l'immunità qualificata per le forze dell'ordine e la pena di morte.
Economia: Sostiene il libero scambio e un bilancio federale equilibrato.
Istruzione: Propone di abolire il Dipartimento dell'Istruzione degli Stati Uniti e di aumentare le scelte educative a livello statale.
Riforma elettorale: Sostiene il voto a scelta rank (ranked-choice voting) per migliorare le elezioni.
Affari esteri: È contrario agli aiuti militari a Israele e Ucraina e chiede la chiusura delle basi militari americane all'estero.
Diritti delle armi: Sostiene i diritti di possesso di armi e si oppone ai divieti su accessori come i bump stock.
Sanità: Critica l'Affordable Care Act e desidera ridurre il Medicare per i più giovani.
Immigrazione: Favorisce un sistema di immigrazione modello "Ellis Island" e un percorso verso la cittadinanza per gli immigrati non documentati.
Diritti LGBTQ+: Si oppone all'interferenza del governo nelle decisioni sanitarie transgender e sostiene i diritti LGBTQ+.
Privacy e libertà civili: Vuole abolire la TSA e abrogare il Patriot Act.
Sicurezza sociale: Descrive la sicurezza sociale come un "schema Ponzi" e desidera la sua eliminazione per i più giovani.
Guerra alla droga: Sostiene la legalizzazione della marijuana e la decriminalizzazione di tutte le droghe.
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Profili di migliaia di lavoratori ricercati dalle imprese
Lavoro, oltre 500mila assunzioni a gennaio (ma la metà dei profili non si trova). Secondo Excelsior mancano farmacisti, biologi e saldatori. A guidare la domanda di impiego sono i servizi alle persone che recluteranno 70mila persone. A gennaio il “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro interessa 250mila assunzioni delle 508mila programmate (49,2%), soprattutto a causa della mancanza di candidati (31,1%), seguita dalla preparazione inadeguata (14,3%) e da altri motivi (3,8%). A evidenziarlo è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. Dal “borsino” delle professioni risultano difficili da reperire sul mercato gli specialisti nelle scienze della vita (è di difficile reperimento il 91,4% di farmacisti, biologi e altri profili appartenenti a questo gruppo professionale), seguiti dagli operai addetti a macchinari dell’industria tessile e delle confezioni (72,8%), dai fonditori, saldatori, montatori di carpenteria metallica (72,6%), dagli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (71,8%) e dai tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (70,6%). Guidano i servizi alle persone Come detto sono oltre mezzo milione i lavoratori ricercati dalle imprese nel mese e circa 1,4 milioni per il primo trimestre dell’anno. Oltre 4mila assunzioni in più rispetto a gennaio 2023 (+0,9%) e +69mila assunzioni (+5,3%) prendendo come riferimento l’intero trimestre. A guidare la domanda di lavoro sono i servizi alle persone che programmano a gennaio 70mila assunzioni (+10,0% rispetto a gennaio 2023). Seguono commercio (68mila unità; +13,7% su base annua) e le costruzioni (51mila unità; +1,8%). È negativa, però, a gennaio la tendenza prevista delle imprese del turismo e dell’industria manifatturiera (rispettivamente -12,1% e -2,3% rispetto all’anno precedente). Le previsioni nel comparto industriale A gennaio l’industria complessivamente ha in programma 172mila assunzioni (-1,1% su base annua), 121mila delle quali nelle industrie manifatturiere e nelle public utilities, mentre le altre 51mila riguardano il settore delle costruzioni. I servizi prevedono di assumere in totale 336mila lavoratori (+2,0% su base annua). In generale, sono le piccole (10-49 dipendenti) e le medie imprese (50-249 dipendenti) a prevedere per gennaio andamenti di crescita delle assunzioni (rispettivamente +3.300 e +3.800 rispetto a gennaio 2023). Positiva anche la previsione delle grandi imprese con oltre 250 dipendenti (+1.900 assunzioni), mentre le microimprese della fascia 1-9 dipendenti prevedono una flessione pari a circa -4.500 assunzioni rispetto allo stesso periodo del 2023. Contratti a tempo i più proposti I contratti a tempo determinato si confermano la forma maggiormente proposta con circa 206mila unità, pari al 40,5% del totale, sebbene siano in calo rispetto a un anno fa, quando rappresentavano il 41,3% del totale. In crescita, invece, i contratti a tempo indeterminato che passano dai 122mila di gennaio 2023 agli attuali 129mila (+7mila; +5,7%). Con riferimento ai livelli di istruzione, il 19% delle ricerche di personale è rivolto a laureati (97mila unità), il 30% a diplomati (155mila unità) e il 32% a chi è in possesso di una qualifica/diploma professionale (163mila unità). Circa 7mila le richieste per i diplomati Its Academy. Per il 18,1% delle assunzioni (oltre 91mila), le imprese pensano di rivolgersi preferenzialmente a lavoratori immigrati, soprattutto nei settori dei servizi operativi (30,8% del totale entrate), della logistica (29,1%), dei servizi di alloggio, ristorazione, turismo (24,4%), delle costruzioni (21,0%) e delle industrie alimentari, bevande e tabacco (20,6%). Distribuzione territoriale Sono le macro-ripartizioni del Nord-Ovest e del Nord-Est a programmare un maggior numero di assunzioni (rispettivamente oltre 174mila e oltre 118mila), seguite dalle Regioni del Sud (oltre 110mila) e del Centro (circa 105mila). La graduatoria regionale delle assunzioni vede, nell’ordine, Lombardia (circa 123mila), Lazio (oltre 53mila), Veneto (oltre 48mila), Emilia-Romagna (circa 48mila), Piemonte (oltre 38mila) e Campania (circa 35mila). Mattarella: "Il lavoro continua a mancare nonostante l'occupazione" Read the full article
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Sondrio: il Ligari d'argento 2023 assegnato a Gemma Simonini, una vita spesa per gli altri.
Sondrio: il Ligari d'argento 2023 assegnato a Gemma Simonini, una vita spesa per gli altri. La Commissione nominata dal sindaco Marco Scaramellini, che comprende i tre ex primi cittadini, Alberto Frizziero, Bianca Bianchini e Alcide Molteni, tra le diverse candidature pervenute, tutte di elevato profilo, ha condiviso di assegnare il premio "Ligari d'argento" 2023 a Gemma Simonini, classe 1945, infermiera professionale fino alla pensione e volontaria da sempre. Una vita spesa per gli altri, per le persone in difficoltà senza famiglia né casa, promotrice del Centro di prima accoglienza, volontaria della Caritas ma anche consigliere comunale per quattro legislature, dal 1994 al 2018, e presidente della Commissione Servizi sociali. Da quest'anno è impegnata nel "Progetto Betlemme" per dare ospitalità la notte a persone prive di alloggio. Gemma Simonini succede a Maria Pia Bongiascia, insegnante e volontaria della parrocchia Beata Vergine del Rosario, premiata nel 2022. Il premio è stato assegnato con la seguente motivazione. «Nata a Ponte Valtellina il 13 dicembre 1945, residente a Sondrio, è sposata ed è nonna. Dopo 21 anni di attività ospedaliera, infermiera di sala operatoria, presso l’Ospedale civile di Sondrio, ha lavorato alla Casa di Riposo di Ponte in Valtellina. Ha iniziato la sua l’attività di volontariato presso la Parrocchia dei S.S. Gervasio e Protasio di Sondrio dove si occupa ancora oggi dell’assistenza ai numerosi parroci che nel frattempo si sono susseguiti e della pulizia della chiesa stessa. È volontaria della Caritas cittadina da circa 35 anni, si occupa della gestione delle famiglie in difficoltà e dell’assistenza degli immigrati, con o senza permesso di soggiorno. Per otto anni è stata corresponsabile, con il marito, della Casa di Prima Accoglienza. È proprio grazie a lei che è stato realizzato il Centro di Prima Accoglienza per rispondere ai bisogni che erano presenti in città. È stata Consigliere Comunale per quattro legislature, dal 1994 al 2018, e in tutte e quattro ha ricoperto la carica di Presidente della Commissione Servizi Sociali. Nel 2008 ha ricevuto dal Sindaco la delega ai rapporti con le Associazioni di volontariato e di assistenza sociale del territorio. Ha sempre contribuito a sostenere e incrementare le attività svolte dai Servizi Sociali del Comune di Sondrio. Il suo impegno non è ancora terminato, anche in questi ultimi anni segnati dalla pandemia “Covid 19”, la sua insostituibile figura ha continuato a spendersi per i bisogni degli altri, in particolar modo dei più bisognosi. A inizio 2023, il “Progetto Betlemme”, nato su iniziativa di Don Christian Bricola per mettere a disposizione un locale all’oratorio Angelo Custode per ospitare di notte alcune persone costrette a dormire per strada, non l’ha lasciata indifferente e l’ha portata a mettersi ancora una volta a disposizione come generosa volontaria». Il premio "Ligari d'argento" verrà consegnato giovedì 14 dicembre, alle ore 16.30, nel corso di una cerimonia pubblica che si svolgerà nella Sala consiglio di Palazzo Pretorio. Saranno il sindaco Scaramellini, con l'assessore alla Cultura, Educazione e Istruzione Marcella Fratta e gli ex sindaci componenti della Commissione, a premiare Gemma Simonini e a consegnarle una targa d'argento con l'incisione di un disegno del grande pittore.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Alle prossime elezioni del 25 settembre 2022 di sicuro voterò una lista che fa le seguenti proposte:
- uscita dell'Italia da UE, euro, NATO e FMI;
- eliminazione delle sanzioni contro la Russia e di invio di armi e di relazioni diplomatiche all'Ucraina e a Israele;
- lotta al business dell'immigrazione di Ong e Cooperative;
- giusto controllo dell'immigrazione e giusto contrasto a quella di massa;
- più soldi a istruzione e sanità pubblica;
- più soldi ai lavoratori e alle lavoratrici;
- contrasto serio ai parassiti della società (non sono i giovani disoccupati né tanto meno gli immigrati)
- contrasto a ogni estremismo, fondamentalismo e integralismo religioso (non solo quello islamico)
- eliminazione di assurde misure antipandemia.
No, non è Lega né Fratelli d'Italia. Sono antifascista e antimperialista, non sono un filorusso. Sono stato sempre fedele alle idee socialiste e progressiste, perciò non sono un liberal socialdemocratico. E non voterò nemmeno i partiti di centrosinistra o di sinistra radicale.
Sono pro diritti LGBT+, seria parità dei sessi, contro l'omobitransfobia, contro il razzismo, il sessismo e l'oscurantismo. Se avanzano e si affermano le destre sempre più affine e legate al fascismo, razzismo e oscurantismo, non è la gente poco istruita e ignorante, bensì è il liberalismo che ha permesso la loro avanzata e affermazione.
Vi ricordo che i liberali negli anni '20 del XX° secolo permisero ai fascisti di salire al potere e di insaturare la dittatura che durò un ventennio. Ciò dimostra che la democrazia liberale è il miglior amico del fascismo.
Il pink washing, il red washing e il green washing non sono la soluzione per battere le destre. Serve ben altro (non rompete con questo benaltrismo).
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19 apr 2021 18:10
"LA MAGISTRATURA? UN POTERE AUTOREFERENZIALE PIÙ INTERESSATO ALLA POLITICA INTERNA CHE A QUELLA NAZIONALE" - L'AVVOCATO FRANCO COPPI PRENDE A LEGNATE LE TOGHE: "VEDO TROPPA ANARCHIA NEI TRIBUNALI, OGNI GIUDICE FA QUEL CHE GLI PARE E I PROCESSI SFOCIANO IN SENTENZE IMPREVEDIBILI. AVREI PAURA A ESSERE GIUDICATO DA QUESTA MAGISTRATURA - NON È AMMISSIBILE CHE SI DIVENTI MAGISTRATI, ACQUISTANDO DIRITTO DI VITA E DI MORTE SUGLI ITALIANI, DOPO DUE O TRE COMPITINI DI LEGGE. IL PROCESSO AD ANDREOTTI? NON SI SAREBBE DOVUTO TENERE. QUELLO A BERLUSCONI L'HO VINTO SUI FATTI. LE CENE DI ARCORE? CI SAREI ANDATO, E MI SAREI PURE DIVERTITO"
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Pietro Senaldi per "Libero quotidiano"
«La carriera non può basarsi solo sull' anzianità: il lavoro e le sentenze devono avere un peso negli avanzamenti, sennò anche ad alti livelli ti trovi davanti certa gente...» «Non bastano due o tre esami di diritto per decidere della sorte degli altri per tutta la vita. Vanno testate la morale e l'equilibrio di chi è chiamato a giudicare i cittadini»
«La verità è che la politica ignora i problemi della giustizia, che si abbattono soprattutto sui cittadini comuni, e che ai magistrati interessa più la loro politica interna, correntizia, piuttosto che quella del Palazzo. E la prova è che tutti parlano dei mali dell'amministrazione dei tribunali, però sono discorsi che sento da più di cinquant'anni senza che sia mai stata trovata una soluzione. Anzi, ho l'impressione che, più se ne parla, meno si fa e più i mali della giustizia si aggravano. Prenda la lunghezza dei processi: sembravano eterni già negli anni Settanta, oggi durano ancora di più La ragione di tutto questo? Sciatteria, è la prima parola che mi viene in mente».
C'è un uomo solo che può parlare delle relazioni tra magistratura e politica senza essere accusato di imparzialità, perché ha difeso da pesantissime accuse dei pm i due leader più longevi della storia della Repubblica, Andreotti e Berlusconi, e li ha fatti assolvere, ma non ha mai ceduto alle lusinghe del Parlamento, che pure lo ha corteggiato. La sua toga è immacolata, il suo nome è Franco Coppi.
L'avvocato più famoso d'Italia è disincantato, la passione per il diritto è la stessa di un ragazzino, malgrado gli 82 anni, la disamina è amorevolmente spietata, la diagnosi lascia poche speranze perché non si intravede volontà di ravvedimento operoso. «Riforme ne sono state fatte negli anni», per una volta il tono è quello della requisitoria e non dell'arringa, «ma stando ai risultati sono state quasi tutte inutili, non ho visto miglioramenti».
Franco Coppi, 82 anni, avvocato, giurista e accademico italiano Devo dedurne che la giustizia italiana è irriformabile?
«Nulla lo è, a patto che ci sia la volontà. Riformare davvero richiede il coraggio delle proprie decisioni e la disponibilità a esporsi a critiche anche feroci. Se pensi a quanti voti perdi se separi pm e giudici o se togli l'abuso d' ufficio, non vai da nessuna parte.
Devi fare quel che ritieni giusto, senza curarti delle conseguenze».
I politici dicono che riformare la giustizia è impossibile perché i giudici non vogliono
«Io penso invece che temano di perdere il consenso se toccano la magistratura».
Ma la magistratura non ha perso credibilità negli ultimi anni?
«Comunque meno della politica».
I politici dicono di temere la reazione dei pm, pronti a indagarli se smantellano il suo potere
«Io non credo che ci sia una guerra della magistratura contro la politica tout court. Non creiamo falsi problemi: la magistratura ha un potere enorme ma quello del legislatore è ancora più grande. Se il Parlamento avesse la forza di cambiare la legge, alla fine Procure e Tribunali sarebbero costretti ad assoggettarsi».
Secondo lei quindi è stata la politica a cavalcare la magistratura più che la magistratura a tenere sotto scacco la politica?
«Questa è un'analisi che contiene della verità: certo alcune parti politiche hanno speculato sulle disavventure giudiziarie degli avversari. Sgradevole che quasi sempre sia avvenuto prima della sentenza definitiva, che spesso è stata di assoluzione, come nei processi che ho seguito per Andreotti e Berlusconi. Però, se intendo il senso provocatorio della sua domanda, il fatto che una giustizia così screditata sia in un certo senso funzionale agli interessi della politica è una tesi suggestiva e non infondata».
Ma se la politica non è ferma per timore della reazione della magistratura, perché allora la subisce?
«Sudditanza psicologica? O piuttosto anche una forma strana di indifferenza rispetto ai problemi. Il Parlamento oggi sembra avere dimenticato il motto latino "Iustitia fondamentum regni": con istruzione e sanità, il funzionamento dei tribunali è il cardine di un Paese civile. Noi invece abbiamo messo anche la giustizia in lockdown, ma i danni sono irreparabili».
È così difficile apportare queste modifiche?
«Basterebbero 24 ore. Però temo che uno dei grandi problemi sia il deficit di competenza. La politica in realtà non sa dove mettere le mani per migliorare il diritto. Non ha gli uomini, dovrebbe appaltare la riforma della giustizia a una commissione di una dozzina di giuristi».
I giudici insorgerebbero subito
«Se le proposte fossero concrete e ragionevoli, non potrebbero opporvisi. E anche se lo facessero, chi se ne importa?».
Ritiene che le toghe siano troppo politicizzate?
«Di magistrati ne ho conosciuti tanti. Sono una piccola parte quelli condizionati dalla politica».
Captatio benevolentiae?
«Guardi, ho visto molti più giudici influenzati dall'opinione pubblica, dai giornali o dalle mode che dalla politica. C'è chi mi ha confessato, prima dell' udienza, di essersi fatto un'opinione guardando i talkshow».
Le intercettazioni di Palamara però hanno rivelato che Salvini è a processo perché ritenuto un avversario politico e non un sequestratore di immigrati
«Sarebbe una cosa spregevole».
Cosa pensa di quello che sta venendo fuori sulla magistratura?
«Non tutto è una novità, di certe cose si parlava da tempo. La cosa più sgradevole è il sistema di nomine, tutte raccomandazioni, dispute, calcoli: se fosse davvero così, sarebbe sconcertante».
Che quadro ne emerge della magistratura?
«Un potere autoreferenziale concentrato su se stesso, più interessato alla politica interna che a quella nazionale».
Vede segnali di pentimento nella casta in toga?
«Vedo imbarazzo nei molti magistrati onesti. È auspicabile che l' intera categoria si senta ferita».
Cambierà qualcosa?
«Per cambiare serve volontà. Quel che vedo non mi fa essere ottimista».
Bisognerebbe abolire l'Associazione Nazionale Magistrati?
«L' abolizione del parlamentino delle toghe è un problema che non mi sono mai posto. La sua esistenza mi lascia indifferente: se c'è, è naturale che si divida in correnti, ma i problemi veri della magistratura sono altri».
Quali, secondo lei?
«Vedo troppa anarchia nei tribunali, ogni giudice fa quel che gli pare e i processi hanno spesso sviluppi cervellotici, sfociano in sentenze imprevedibili. Avrei paura a essere giudicato da questa magistratura».
Colpa del Consiglio Superiore della Magistratura?
«Il Csm non può intervenire sui processi ma sui comportamenti deontologici dei giudici. È il capo degli uffici, il Procuratore o il Presidente del Tribunale che deve far lavorare i suoi sottoposti e mettere un argine a decisioni e comportamenti stravaganti. Solo che, appena lo fa, si parla di attentato all' indipendenza del giudice. Invece secondo me è indispensabile un capo che riprenda e metta ordine».
La sua ex collaboratrice, Giulia Bongiorno, ha detto che nell' esame di magistratura bisognerebbe inserire un test psicologico. Lei sarebbe d' accordo?
«Sono d' accordo che servirebbero mezzi di selezione più rigorosi. Non è ammissibile che si diventi magistrati, acquistando diritto di vita e di morte sugli italiani, dopo due o tre compitini di legge. Ci vorrebbero esami più articolati attraverso i quali saggiare anche la preparazione morale e spirituale e l' equilibrio psicologico e politico del candidato».
Ipotizza anche verifiche nel corso della carriera?
«Queste dovrebbero farle i capi dei giudici. In realtà credo che bisognerebbe dare più importanza alla produzione di un giudice per valutarne gli avanzamenti di carriera. Oggi si procede solo per anzianità, ma questo ti porta in processi importanti, magari in Cassazione, a trovarti davanti a giudici che mai avresti immaginato a certi livelli. Dovrebbero contare anche i processi vinti o persi e le sentenze impugnate o cassate. Come in tutti i lavori, il risultato deve avere un peso nella carriera. Trovo molte diversità nei livelli di preparazione di una toga rispetto a un'altra».
Si dice che i giudici non pagano mai per i loro errori
«Lavorare sotto il timore di uno sbaglio che può costare caro toglie serenità e distacco».
Però lei se sbaglia, paga
«Io non ho mai desiderato fare il giudice perché mi angoscerebbe l'idea di decidere sulla sorte di un uomo. Pensi che ci sono certi processi, dove non sono riuscito a far assolvere imputati che ritenevo innocenti, per i quali ancora non dormo la notte a distanza di anni».
Che qualità dovrebbero essere indispensabili per un giudice?
«A parte la preparazione tecnica, che non sempre riscontro, un giudice deve avere equilibrio e umanità, per ricostruire i fatti e valutarli. Deve essere dotato di un alto valore morale e sociale, perché diventa interprete della realtà che sta vivendo».
Si ha l'impressione che certe sentenze vogliano cambiare la società anziché seguirne l'evoluzione
«Talvolta nelle motivazioni dei verdetti c'è la volontà di impartire qualche lezioncina. Però quando parlo di valore morale non voglio dire intento moralizzatore, che è una cosa dalla quale il giudice dovrebbe sempre rifuggire».
Le mutazioni della società hanno portato anche a una proliferazione delle fattispecie di reato
«Alcuni nuovi reati sono inevitabili, come quello che punisce le comunicazioni sociali che manipolano il mercato. Altri sono gratuiti».
Tipo il femminicidio o i reati della legge Zan?
«Talvolta introdurre un nuovo reato serve al legislatore per levarsi il pensiero. C'è un problema sociale? Creo un reato e sparo una condanna, così ho la coscienza a posto e mi mostro sensibile. La realtà è che bisognerebbe depenalizzare, non creare nuovi reati; oggi abbiamo liti di condominio che finiscono in Cassazione».
Com'è cambiata la giustizia da che ha iniziato lei?
«Essendo anziano non vorrei passare per un laudator temporis acti, ma non posso evitare di constatare un degrado generale, nella magistratura quanto nell'avvocatura. Ricordo che un tempo, quando andavo ad ascoltare i grandi per imparare, c'erano livelli di discussione giuridica ben più alti. Oggi, a causa anche del carico di lavoro eccessivo, i tribunali sono diventati delle fabbriche del diritto, le sentenze vengono scritte in fretta. Ma sono nostalgico anche per quanto riguarda la cifra stilistica: girando per le aule mi sembra che manchino l'eleganza e il decoro di un tempo».
È stato più facile far assolvere Andreotti o Berlusconi?
«Quello di Andreotti è un processo che non si sarebbe dovuto tenere».
E quello di Berlusconi, l'ha vinto in punta di diritto?
«No, l'ho vinto sui fatti: quelli contestati non configuravano un reato».
Però si era messa male
«Per vincere non ho dovuto scalare le montagne, molto lavoro era stato fatto dai miei predecessori, io ho dovuto solo convincere i giudici che la qualificazione giuridica dei fatti portava necessariamente all' assoluzione».
Fortuna che quella volta non si è imbattuto in un giudice moralista?
«Non sono un mondano, la sera preferisco stare a casa con mia moglie e le mie figlie, abitiamo tutti vicini. Però alle cene di Arcore ci sarei andato, e mi sarei pure divertito».
Perché ha chiamato il suo cane Ghedini?
«Perché me l' ha regalato proprio Niccolò. Io sono un grande cinofilo. Il cane si chiama Rocki, io gli ho dato un cognome, ma è un gesto d' affetto verso chi me l' ha donato. Mi ha fatto un regalo che mi ha commosso e del quale gli sarò sempre grato».
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Nave con emigranti Italiani, Biglietto per la nave da Genova a Buenos Aires, cartellone dei piroscafi verso gli Stati Uniti, disegno da giornale americano in cui gli emigranti sono rappresentati come topi anarchici, socialisti e mafiosi. Il Secolo Illustrato in cui vengono descritti gli avvenimenti accaduti a New Orleans nel marzo 1891, immagine dal Corriere della Sera dove è descritto il linciaggio di New Orleans. Giornale tedesco dove si descrive l’arrivo degli italiani in Germania, il titolo dice “Per 60 marchi hai un italiano”.
Accadde tutto nella notte dell’11 Marzo 1891. A quel tempo gli abitanti di New Orleans erano circa 270.000 di cui circa l’11% erano italiani e per la maggior parte siciliani. Due famiglie di malavitosi (i Provenzano e i Matranga) si contendevano il controllo delle aree degradate dove vivevano gli immigrati siciliani che per la maggior parte erano pescatori. Le due famiglie si facevano la guerra con morti e sparatorie per le strade. Il capo della polizia era pagato dai Provenzano e quindi si schierò apertamente a loro favore finendo ucciso per strada. Allora gli immigrati italiani non erano visti di buon occhio in quanto era tutta gente disperata senza cultura e istruzione che era fuggita alla fame e ai soprusi dei latifondisti italiani. Per cultura e necessità si isolavano dal resto della cittadinanza per mantenere la lingua e le tradizioni ed essendo poverissimi vivevano in condizioni precarie. La buona società americana li vedeva con un certo disgusto perché non si adattavano alla cultura dominante. Inoltre anche gli "scienziati" del nord Italia avevano più volte affermato che il cranio dei meridionali è meno sviluppato di chi nel nord Italia aveva sangue celtico e quindi erano più stupidi e dediti alla malavita. Lo stesso avrebbero detto gli "scienziati" tedeschi nei confronti degli ebrei e negli anni sessanta qualche "scienziati" americano nei confronti degli uomini di colore. A questo la buona società americana ci credeva fermamente, per questo quando il capo della polizia fu ucciso arrestarono subito una decina di siciliani e gli fecero un processo che sia per assenza di prove, sia perché la giuria era stata corrotta, furono assolti. L’opinione pubblica ne restò scandalizzata mentre i pescatori siciliani festeggiarono issando sulle loro barche la bandiera siciliana. Questo offese mortalmente i benpensanti americani che assalirono armati la prigione ed uccisero gli imputati che, malgrado l’assoluzione, erano rimasti in prigione. Alcuni di loro erano dei pregiudicati altri erano stati arrestati solo perché siciliani. Ora, io non voglio dire che quei siciliani sono stati delle vittime, dico che ogni società, anche quella che ha una costituzione che incomincia dichiarando che ogni uomo (siciliani, neri, messicani, nord africani compresi) ha diritto alla ricerca della felicità, ha paura di chi è diverso, di chi non si adegua alla sua cultura e storia, di chi non può non credere e seguire la storia da cui deriva. Io dico che è facile per chi ha la pancia piena puntare il dito su chi ha fame e ha solo bisogno. E’ facile essere violenti e vestirsi da Caino, costruire mura e recinti come ad Aushwitz per tenere da parte chi temiamo. Dico che è più facile uccidere gli innocenti che accettarli e dico tutto questo oggi, nel giorno in cui Martin Luther King è nato per essere ucciso da chi non voleva ascoltare e accettare. Ucciso come oggi sono stati uccisi in mezzo al mediterraneo cercando quel diritto alla felicità che anche i siciliani di New Orleans cercavano. Ucciso nell’anima e nel corpo come i tanti che moriranno al confine tra la miseria del sud america ed un grande sogno americano che sulla sua moneta afferma di confidare in Dio. Ma in quale Dio?
It all happened on the night of March 11, 1891. At that time the inhabitants of New Orleans were about 270,000, of which about 11% were Italian and mostly Sicilian. Two families of criminals (the Provenzano and the Matranga) contended for control of the degraded areas where Sicilian immigrants lived, most of whom were fishermen. The two families waged war with deaths and shootings on the streets. The police chief was paid by Provenzano and then sided openly in their favor and ended up killed in the street. Then Italian immigrants were not frowned upon as they were all desperate people without culture and education that had fled hunger and the abuses of Italian landowners. For culture and necessity they isolated themselves from the rest of the citizenship to maintain the language and the traditions and being very poor they lived in precarious conditions. The good American society saw them with a certain disgust because they did not adapt to the dominant culture. In addition, even the "scientists" of northern Italy had repeatedly stated that the skull of the South is less developed than those in northern Italy had Celtic blood and therefore they were more stupid and devoted to the underworld. The same would have been said by the German "scientists" towards the Jews and in the sixties some American "scientists" against black men. To this the good American society firmly believed in it, for this when the chief of the police was killed arrested immediately a dozen Sicilians and they did a trial that is for lack of evidence, both because the jury had been corrupted, they were acquitted. The public opinion was scandalized while the Sicilian fishermen celebrated hoisting the Sicilian flag on their boats. This mortally offended the right-wing Americans who attacked the prison and killed the defendants who, despite the acquittal, remained in prison. Some of them were prejudiced others were arrested just because they were Sicilian. Now, I do not want to say that those Sicilians were victims, I say that every society, even the one that has a constitution that begins by declaring that every man (Sicilians, blacks, Mexicans, North Africans included) has the right to the pursuit of happiness, has fear of those who are different, of those who do not adapt to their culture and history, of those who can not but believe and follow the history from which it derives. I say it's easy for those with a full stomach to point the finger at those who are hungry and just need it. It is easy to be violent and dress up like Cain, to build walls and fences like in Aushwitz to keep aside those we fear. I say that it is easier to kill the innocents than to accept them and I say this today, on the day when Martin Luther King was born to be killed by those who did not want to hear and accept. Killed as today people are killed in the middle of the Mediterranean looking for the right to happiness that the Sicilians of New Orleans were looking for. Killed in the soul and in the body like the many who will die on the border between the misery of South America and a great American dream that on its currency claims “in God we trust”. But in what God?
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“Nessun male sociale può superare la frustrazione e la disgregazione che la disoccupazione arreca alle collettività umane”
- Federico Caffè
“Sono 816 mila gli italiani che si sono trasferiti all'estero negli ultimi 10 anni.Oltre il 73% ha 25 anni e più; di questi, quasi tre su quattro hanno un livello di istruzione medio-alto. Lo riferisce il report sull'immigrazione dell'Istat. Il calo degli immigrati in Italia provenienti dal continente africano nel 2018 è pari al -17%.
Ci si continua a spostare alla ricerca di un lavoro dal Sud verso il Settentrione e il Centro Italia e il fenomeno è in lieve aumento. Secondo il rapporto Istat sulle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente, nel 2018, sono oltre 117 mila i movimenti da Sud e Isole che hanno come destinazione le regioni del Centro e del Nord (+7% rispetto al 2017). A soffrire di questi esodi sono soprattutto la Sicilia e la Campania, che nel 2018 perdono oltre 8.500 residenti laureati, età media 25 anni."
- Ansa
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LA RABBIA
Stefano cucchi e gli elettori di Lega Nord sono due facce della stessa medaglia, solo che non ce ne rendiamo ancora conto. Da una parte l'errore giudiziario e i personaggi controversi, quelli con cui il sistema sbaglia più facilmente, ma non paga, dall'altra persone che non si sentono difese da ladri, immigrati, incapaci di accettare i tempi che cambiano, la fine di un'era, invocano Salvini che faccia da tramite perché i paesi del nord tornino con una popolazione bianco candido, immacolato, senza questi neri che si aggirano intorno alle case.Siete ancora confusi? OK, proviamo così.
Chi sono i personaggi controversi con cui lo Stato sbaglia più spesso? Vi faccio un elenco per capire meglio:
a) donne che denunciano violenze domestiche ai carabinieri che non intervengono in maniera tempestiva
b) Donne che hanno paura ad andare in giro da sole il sabato sera, anche fosse per 100 mentri e che non denunciano alla polizia che " Anche loro sono uomini", e poi " Fanno commenti". Perchè no, una donna se il sabato sera viene minacciata, non può andare in minigonna a denunciare, sennò l'apuntato si arrapa.
b) manifestanti in oni occasione, soprattutto al G8. Se dico Diaz vi viene in mente qualcosa?
c)Tutti gli Andrea Alongi del mondo che incontrano il pulotto che ce l'ha a morte con tutti gli Andrea Alongi del mondo e tratta tutti gli spacciatori come merda. Che poi anche se uno vende eroina ai 12 enni e nel tempo libero stupra le 13 enni se non fa resistenza il pulotto non ha nessun diritto di picchiarlo.
d) Transessuali picchiati brutalmente in tangeziale, senza nessuno che li aiuti perchè sono stati picchiati su ordine e sìinterviene solos e da quel qualcuno arriva l'ok per chiamare l'ambulanza, altrimenti si nasconde il corpo
e) La palese connivenza tra forze dell'ordine e malavita in certe zone d'Italia.
In sintesi nello stato Italiano sono legittimati a non avere paura solo quelli che non sono un maschio bianco, adulto, benestante e sano. Io ad esempio sono l'unico nel mio paese a fumare la pipa. Pipa con tabacco, non uso droghe. Più volte la polizia ha fermato questo strano tipo con la pipa, una volta mi hanno ribaltato la tabacchiera a terra e buttato via il contenuto. Non avete idea della paura che ho, basta una pacca troppo forte sulla schiena e io non ci capisco più niente dal dolore, poi lì strillo e da lì ad offesa a pubblico ufficiale è un attimo.
Questo primo punto illustra il collasso di una parte fondamentale dello Stato: quella di difendere TUTTI i cittadini, senza guardare al colore della pelle, all'orientamento religioso o sessuale. Questo è un DOVERE da parte dello Stato, non un servizio che si eroga a seconda se i servizi di Quarta Colonna sugli immigrati. Le forze armate da questo lato cascano male perché siamo nell'epoca dove la reputazione che si ha presso le persone è fondamentale. Ed è importante difenderla con i fatti e con le parole. Se la polizia di Stato non si dota di un servizio per mostrare quello che fa, se non riesce a creare un'immagine obbiettiva e credibile dei servizi che offre, se li offre, se non la smette di auto giustificarsi con la famosa frase " non ci sono i fondi" il ricordo mediatico che resterà più impresso nei giovani è Stefano Cucchi a pochi anni dalla Diaz, casi unici in Europa di violenza da parte delle forze dell'ordine sui cittadini.
2)L'elettore di Lega Nord che lamenta da parte della difesa dello Stato:
la mancata difesa della proprietà privata ( se vengono i ladri la polizia arriva troppo tardi)
Le violenze che gli immigrati perpetuano in giro. Cosa non vera è stat maggiore la percentuale di italiani che hanno effettuato uno stupro rispetto agli immigrati. Quello che volevo far notare è che sia il vecchio sia la giovane non si sentono sicuri per e strade
I vitalizi: Lega Nord nasce come un partito antisistema " Stricieremo fino ad arrivare alle poltrone di Roma!" ( Bossi)
In questo caso l'uomo medio di provincia si sente solo e abbandonato dalle autorità coi propri problemi di fronte allo sfarzo della politica e al suo solito "Lo Stato s'indigna, s'impegna e poi getta la spugna con gran dignità" ( De Andrè).
Questi volti opposti dell'Italia raccontano una verità, la profonda crisi non solo politica, ma di ciò che dovrebbe difendere la politica, la difesa interna. Siamo un popolo stufo di discorsi da piazza di promesse fatte emai mantenute. Gli esempi che ho fatto sopra sono persone vere, persone come Francesca, Laura, Sofia, Asia, Gennaro, Ivo, Ahmed, che hanno una vita in pericolo o il lavoro di unavita in pericolo, e nessuno li tutela. Persone con un contratto precario che non possono permettersi una visita in clinica e per una in ospedale devono aspettare dei mesi, persone che non avranno la reversibilità e nemmeno la pesione, persone che hanno lavorato una vita e si sono ritrovati senza niente perchè qualcuno gli aveva portato via tutto, e non potevano farci niente.
Io da parte mia, ho 24 anni, e l'anno scorso il mio 730 si è preso i pochi presunti incassi di un anno da freelance. Non ho un giorno di pensione nè ho assistenza da parte dello Stato per la mia malattia. Allora penso che mia madre è disabile al 90% ha una carrozzina da 5000 euro con cui gira il mondo, e non la venderebbe per pagarmi le cure nemmeno se le puntassi una pistola alla testa. Sono tutti così, egoisti. Me l'ha detto una delle ragazze che ho intervistato anni fa per le violenze da parte dei titolari nei balneari " è tutto inutile, non puoi chedere aiuto a nessuno. L'unica cosa che puoi fare è trovare una soluzione". Tra un mese parto, vado a lavorare fuori. Aprirò un conto fuori dall'Italia e non verserò più un euro nelle casse di questo paese che non è più capace di darmi nè protezione, nè sanità, nè una buona istruzione. E non perchè faccia schifo, ma perchè tutti insieme, NOI ITALIANI FACCIAMO SCHIFO. Perchè questo fallimento è un nostro falliemento, qualcosa che non siamo riusciti a migliorare.
Vado fuori anche per non pagare le pensioni agli sbirri. Ho pensato che potevo andare a manifestare contro di loro, ma poi ho pensato a Stefano Cucchi.
#stefano cucchi#italia#difendersi#lgbtq#donne#polizia#stato#difesa#servizi#salvini#scrivere#rabbia#emigrare#andarevia
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Opinione | Gli immigrati possono aiutare la nostra economia #Opinione #Gli #immigrati #possono #aiutare #nostra #economia #vistoe1 #vistoe1 #vistousa #vistostaiuniti #vistoamerica #visto #immigrazione
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Opinione | Gli immigrati possono aiutare la nostra economia Con il declino della loro popolazione nativa, Canada, Francia e Germania hanno iniziato ad accogliere migranti che hanno istruzione, competenze o semplicemente una forte etica del lavoro. Accogliendo i migranti, i responsabili politici riducono anche la carenza di manodopera. L’amministrazione Biden dovrebbe fare lo stesso. Con un…
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Il 24 gennaio 2019 si celebra per la prima volta la Giornata Mondiale dell’Educazione voluta dall’UNESCO per sottolineare l’importanza della scuola. La scuola ricopre un ruolo primario nella crescita dei bambini e degli adolescenti: aiuta infatti i ragazzi a prendere consapevolezza delle proprie potenzialità che, opportunamente sviluppate, diventano abilità e competenze di un futuro cittadino.
Se da un lato può aiutare gli studenti a raggiungere il loro pieno potenziale e a sviluppare i loro talenti e le loro abilità, dall’altro rischia di rinforzare il divario e le ineguaglianze.
Gli studenti che maggiormente rischiano di far parte di quei fenomeni che oggi si definiscono ‘dispersione scolastica’ o ‘fallimento formativo’ sono i bambini e gli adolescenti stranieri. Uno degli elementi attraverso cui comparare il percorso scolastico degli studenti italiani e stranieri consiste nell’analisi degli esiti scolastici. I risultati scolastici, infatti, forniscono un quadro articolato sul livello e sulla qualità delle competenze acquisite dagli studenti. I risultati degli studi internazionali di valutazione degli studenti PISA (Programma per la valutazione internazionale degli studenti) mostrano che gli studenti immigrati hanno prestazioni generalmente inferiori rispetto agli studenti italiani.
“Garantire entro il 2030 ad ogni ragazza e ragazzo libertà, equità e qualità nel completamento dell’educazione primaria e secondaria che porti a risultati di apprendimento adeguati e concreti” Obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile, 2015, Obiettivo 4.1 -
Rendimenti scolastici inferiori per gli studenti immigrati nei paesi più ricchi
L’UNICEF ha svolto uno studio sui 41 paesi più ricchi del mondo, inclusa l’Italia, per cercare di capire la relazione tra disuguaglianza e fattori come la situazione socio-economica familiare, il contesto migratorio, il genere dello studente e le caratteristiche degli istituti scolastici. Il contesto migratorio è stato identificato come un fattore centrale per la performance degli studenti: gli studenti che si trasferiscono in un paese nuovo si trovano a dover affrontare problematiche che incidono (direttamente o indirettamente) sul loro progresso educativo.
Le problematiche che devono affrontare gli studenti stranieri includono l’adattamento ad un diverso stile di vita e ad un nuovo sistema scolastico, la necessità di imparare una nuova lingua e la difficoltà di fare nuove amicizie. Bisogna poi considerare l’aspetto psicologico ed emotivo: gli studenti potrebbero avere avuto traumi prima o durante il viaggio, oppure potrebbero essersi dovuti confrontare con pregiudizi e reazioni negative all’arrivo nel nuovo paese. Anche i figli di immigrati si trovano ad affrontare alcune di queste problematiche. Qual è quindi il rendimento scolastico dei ragazzi immigrati o dei figli di immigrati nei paesi ricchi?
Basandosi sui dati PISA [1] del 2015, il grafico sottostante mostra la percentuale di quindicenni che non ha raggiunto il livello base di capacità di lettura nella lingua di svolgimento dei test suddivisi per status migratorio (non immigrati, seconda generazione, prima generazione). Vengono considerati i paesi in cui almeno il 5% dei bambini è nato all’estero e i paesi sono classificati in base al divario assoluto tra non immigrati e immigrati di prima generazione.
Nella maggior parte dei paesi, i ragazzi immigrati di prima generazione [2] ottengono punteggi significativamente più bassi in lettura rispetto agli studenti non immigrati (definiti come bambini o ragazzi che hanno almeno un genitore nato nel paese, indipendentemente dal fatto che essi siano o meno nati in quel paese).
In 15 paesi su 25, gli studenti immigrati di seconda generazione [3] riportano punteggi considerevolmente più bassi in lettura rispetto agli studenti non immigrati.
Detto ciò, ci sono alcuni paesi, come l’Australia, la Nuova Zelanda e il Canada, in cui la differenza tra ragazzi immigrati e i loro coetanei nativi non risulta statisticamente significativa. In casi eccezionali, i risultati dei ragazzi immigrati sono addirittura migliori rispetto agli studenti nativi. Le differenze dell’Australia e del Canada possono essere spiegate riflettendo sui modelli storici di immigrazione tipici di questi paesi. L’OCSE infatti identifica l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda come “paesi di insediamento”, dove l’immigrazione fa parte del patrimonio del paese, e dove spesso gli immigrati possiedono un elevato livello di istruzione e condividono l’inglese come prima lingua.
In Italia, secondo il Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca [4], nel complesso si conferma una netta tendenza: gli studenti italiani ottengono punteggi superiori alla media nazionale, in ogni livello scolastico e in tutte le prove rispetto ai loro compagni immigrati. Inoltre, coloro che provengono da stati non UE ottengono risultati di gran lunga inferiori a quelli degli studenti italiani.
Fonte: Unicef
L’ipotesi della ‘generazione ponte’
Secondo Paolo Barabandi [5], il gap di apprendimento è più marcato tra studenti nativi e studenti immigrati di prima generazione rispetto alle differenze tra studenti nativi e immigrati di seconda generazione.
Questo perché, secondo Colombo (2014: p. 69), «vengono meno le barriere linguistiche, in alcune famiglie si assume l’abitudine di parlare la lingua del paese di arrivo in coincidenza con la crescita dei figli, i genitori stessi tendono a migliorare la propria posizione sociale aumentando gradualmente reddito, livello occupazionale e in qualche caso anche il capitale culturale (attraverso la partecipazione a programmi di alfabetizzazione e formazione degli adulti)»
Anche secondo lo studio del Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca, la differenza è più marcata tra nativi e studenti stranieri di prima generazione, mentre rispetto alle seconde generazioni il gap è più ridotto. Anche se in nessun caso gli alunni stranieri riescono a ottenere un punteggio simile a quello ottenuto dagli studenti italiani, sono gli studenti di seconda generazione a conseguire risultati più simili (seppure sempre inferiori) ai nativi, rispetto alle prime generazioni.
Cosa si può fare per ridurre la disuguaglianza a scuola?
Lo studio dell’UNICEF mostra che i paesi possono avere prestazioni educative medie molto simili ma livelli di disuguaglianza educativa decisamente diversi. Questo dato suggerisce che ridurre le disuguaglianze è possibile.
Alcuni principi generali suggeriti per ridurre le disparità tra studenti nativi e stranieri sono: 1. Garantire istruzione e cura di alta qualità nella prima infanzia a tutti i bambini - Garantire che tutti i bambini abbiano accesso a opportunità di apprendimento prescolare di alta qualità svolge un ruolo importante nel ridurre le disuguaglianze socio-economiche esistenti all’inizio del percorso scolastico. 2. Assicurare che tutti i bambini raggiungano un livello minimo di competenze di base adeguato - Un test chiave per qualsiasi sistema educativo è verificare che fornisca a tutti i bambini le competenze di base necessarie per partecipare pienamente alla società. 3. Produrre dati e statistiche migliori - Non ci sono sufficienti studi e statistiche per capire come le disuguaglianze si sviluppano e persistono in diversi contesti. SI profila quindi la necessità di produrre dati oggettivi di alta qualità, transnazionali e comparabili.
Nella pratica, alcune raccomandazioni alle scuole includono: 1. Fornire supporto linguistico agli alunni stranieri. La barriera linguistica è uno dei maggiori fattori che provoca la mancanza di interesse e la scarsa motivazione degli studenti. Di conseguenza, promuovere l’insegnamento della lingua italiana per gli alunni stranieri potrebbe rendere a loro partecipazione in classe effettiva ed efficace. 2. Evitare l’elevata concentrazione di ragazzi stranieri nelle classi. I peggiori rendimenti scolastici degli alunni stranieri sono correlati principalmente ad una alta concentrazione nelle classi di studenti provenienti da famiglie con condizioni socioeconomiche svantaggiate. Di conseguenza, nella formazione di una classe si dovrebbe tener conto non soltanto della presenza di alunni stranieri ma anche sulle condizioni socio-economiche degli studenti. 3. Coinvolgere le famiglie degli alunni immigrati e impiegare i mediatori culturali. Le famiglie sono di solito più restie all’integrazione completa o incontrano più difficoltà nell’adattarsi alla nuova cultura rispetto ai figli. La famiglia ricopre un ruolo importante nella vita dello studente
Per maggiori informazioni: L’articolo della Repubblica Sul sito di UNICEF Italia
BIBLIOGRAFIA Barabandi P. La disuguaglianza di performance tra studenti nativi e stranieri in Italia e nell’UE. Uno studio attraverso l’indagine OCSE-PISA 2012.
Chzhen, Yekaterina; Gromada, Anna; Rees, Gwyther; Cuesta, Jose; Bruckauf, Zlata (2018). An Unfair Start: Inequality in Children’s Education in Rich Countries, Innocenti Report Card no. 15, UNICEF Office of Research - Innocenti, Florence.
Colombo M. (2014), Gli esiti scolastici degli alunni con cittadinanza non italiana, in MIURFondazione ISMU (2014), Alunni con cittadinanza non italiana. L’eterogeneità dei percorsi scolastici. Rapporto nazionale a.s. 2012/2013, Fondazione ISMU, Milano, pp. 69-89.
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2016) Rapporto nazionale. A.s. 2014/2015. Alunni con cittadinanza non italiana La scuola multiculturale nei contesti locali.
OCSE, PISA 2015 Results, Vol. I: Excellence and Equity in Education, OECD Publishing, 2016.
Note
[1] L’indagine PISA (Programme of International Students Assessment), promossa dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha una cadenza triennale ed intende monitorare le competenze dei quindicenni in alcuni ambiti fondamentali, necessari per formare cittadini attivi, giovani e poi adulti capaci di affrontare le sfide della società moderna e in grado di apprendere lungo tutto il corso della vita. Gli ambiti valutati sono lettura, matematica e scienze.
[2] (ovvero i bambini e ragazzi di origini straniera i cui genitori sono entrambi nati all’estero)
[3] (ovvero coloro che sono nati nel paese da genitori nati entrambi all’estero)
[4] Il Rapporto nazionale ‘Alunni con cittadinanza non italiana: La scuola multiculturale nei contesti locali’, realizzato da un gruppo di lavoro composto dai ricercatori della Fondazione Ismu e dai rappresentanti del Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca, si propone di approfondire, con analisi statistiche puntuali, le caratteristiche della presenza degli alunni con cittadinanza non italiana in tutti i livelli scolastici
[5] Basandosi sui dati PISA del 2012, Paolo Barabandi ha analizzato le disuguaglianze sociali legate allo status di cittadinanza degli studenti nel contesto formativo italiano
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Chieti, il comune entra nella rete SAI di accoglienza profughi
Chieti, il comune entra nella rete SAI di accoglienza profughi. C’è anche Chieti fra gli 81 progetti approvati della rete SAI per l’accoglienza di profughi, categoria "Ordinari". Si tratta di risorse governative dedicate, che consentiranno l’accoglienza di 2.066 persone che si trovano nello status di profughi, pari a 30.836.651,30 di euro. Il via libera al progetto del Comune arriva con il decreto pubblicato sul sito istituzionale del Ministero dell’interno in questi giorni. "Grazie al nostro progetto avremo fondi per 826.086,28 euro che ci consentiranno di accogliere, ospitare e integrare 55 famiglie – illustrano il sindaco Diego Ferrara e l’assessore alle Politiche Sociali Mara Maretti – fra queste 25 potranno essere nuclei monoparentali. La grande novità è che di fatto il Comune di Chieti aderisce alla Rete SAI (Sistema Accoglienza Immigrazione) per la prima volta e vede subito approvata la proposta fatta. Una considerazione che fa forza alla nostra azione di accoglienza profughi, che in poco meno di un anno si è rodata velocemente con i corridoi umanitari per i profughi afgani e per quelli ucraini, già arrivati in città, integrati a scuola e nella vita sociale e culturale cittadina. Chieti è infatti anche la città che a maggio è riuscita ad adottare un’orchestra ucraina, salvando tutti i musicisti e le loro famiglie dalla guerra e dal fronte e consentendo loro di continuare le proprie attività musicali nella residenza artistica del no0stro Teatro marrucino. Abbiamo già integrato 11 famiglie ucraine con Arci, togliendo tutti dal grande albergo. Con queste premesse abbiamo partecipato al bando, anche per le numerose sollecitazioni che ci pervengono dal territorio per via dell’incremento del numero di migranti, specie durante la pandemia, sia, come detto, per le situazioni di crisi internazionale che hanno visto mobilitazioni istituzionali in Italia, come nell’Europa tutta. Grazie alle risorse ministeriali, lavoreremo su più piani e insieme a diversi partner che ci vedono già operativi nelle varie reti di intervento attive in città a vantaggio di soggetti sensibili, indigenti e vulnerabili, come: il Centro Servizi Immigrati di Chieti Solidale, il progetto Donna-Hub del Terzo Settore per l'empowerment delle donne, la Cooperativa Alpha che già gestisce il Centro Antiviolenza e il Centro polivalente immigrati. Saranno poi coinvolti mediante protocolli d'intesa anche l'ente d'ambito, gli enti di formazione accreditati, gli enti datoriali, quali Caritas e Comunità Papa Giovanni Paolo XXIII, CPIA Chieti-Pescara, gli istituti Comprensivi del territorio e Croce Rossa per le azioni specifiche settore per settore. Il progetto darà accoglienza, quindi vitto, alloggio, copertura sanitaria, scolastica e formazione ai 55 nuclei famigliari beneficiari, inoltre gli adulti saranno inseriti in specifici percorsi di italiano o iscritti a corsi di istruzione per adulti, grazie alla sinergia con il CPIA locale, così come i minori saranno inseriti nei contesti scolastici del territorio e inseriti nei corsi di allenamento sportivo presenti in città. Il progetto promuoverà anche percorsi finalizzati all'acquisizione di competenze teorico/pratiche necessarie per lo svolgimento di specifiche professioni e a tal fine verranno promossi corsi di formazione professionale con qualifica regionale negli enti di formazione accreditati in Regione Abruzzo. Chi arriverà a Chieti, diverrà parte integrante della comunità cittadina, perché il progetto prevede anche attività di animazione socio-culturale ed educative, realizzate tutte in sinergia con gli enti del terzo settore locali impegnati nell'ambito dell'accoglienza, volte a facilitare il dialogo tra beneficiari e comunità cittadina. Questo perché il progetto vuole costruire un sistema di tutela psico-socio-sanitaria integrato per le persone accolte. Inoltre, le donne saranno protagoniste di un percorso di accoglienza integrata che favorirà la valorizzazione delle capacità relazionali, culturali, lavorative e organizzative delle beneficiarie. Sarà concesso uno spazio specifico a donne vittime di violenza domestica poiché sul territorio è già attiva una rete di protezione delle stesse che opera in sinergia con il Comune di Chieti e promuove azioni mirate alla protezione e al sostegno delle donne, finalizzata all'uscita dei circuiti della violenza, che vanno dal supporto psicologico e psicoterapico, alla mediazione familiare sia relazionale che legale, nonché lo specifico supporto sanitario, l’accesso al consultorio multietnico presente sul territorio, il sostegno individualizzato ad eventuali figli, nonché servizi di mediazione familiare, relazionale e legale, all’occorrenza".... Read the full article
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Tutti bravi a indignarci della Meloni e di Salvini, ma nessuno si indigna di Renzi, Letta, Calenda e compagnia bella? Quei "liberal democratici" che pur di non far governare le destre hanno fatto cose da destre, cioè ridurre i salari dei lavoratori e i loro diritti, privatizzare tutto ciò è collettivamente utile e che dovrebbe rimanere un servizio statale, obbedire alle istituzioni della comunità europea, a Washington, a Zelensky e far arricchire sempre di più i ricchi?
Adesso che ci saranno le elezioni il 25 settembre, questi "progressisti" e "democratici" bollano come "fascista" e "populista" chi si oppone all'UE, all'euro, alla NATO, alle sanzioni contro la Russia e alle armi all'Ucraina. Si preoccupano soltanto dei diritti civili, ma trascurano e anzi distruggono i diritti sociali dei lavoratori e delle lavoratrici, i precari e i disoccupati lasciandoli alle destre sempre più reazionarie, oscurantisti, fasciste e razziste.
Nemmeno io voglio un governo della destra a trazione Lega e Fratelli d'Italia perché il loro fascismo fa veramente ridere, ma quei governi liberal democratici e progressisti che abbiamo avuto non sono mica tanto migliori di quelli di Berlusconi o di Andreotti. Quando li abbiamo avuti, si sono susseguite repressioni contro le lotte sociali dei lavoratori, degli studenti e degli immigrati sfruttati, la riduzione o privazione dei diritti sociali, la concessione della piena libertà dei dirigenti e manager di grandi aziende di licenziare e di sfruttare i loro dipendenti, il taglio a sanità e istruzione pubblica, ecc. Questo è il vero fascismo, quello mostrato dalle istituzioni.
Non sono un nostalgico del PCI e della prima repubblica democristiana o della seconda repubblica berlusconiana, ma la mancanza di una vera e propria forza politica che rappresenti le classi sociali quelle popolari e sfruttate e che porti avanti le loro lotte sociali è un grande dramma che ha portato alla riabilitazione delle destre oscurantiste, razziste, fasciste e reazionarie.
Queste elezioni saranno l'ennesima sconfitta per queste classi sociali, per la gente realmente onesta e leale e l'ennesima vittoria del malaffare e del servilismo alla finanza globale.
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No, gli immigrati non ci pagheranno le pensioni
(...) Boeri ha (...) omesso di precisare qualche dettaglio non di poco conto. Anzitutto è bene precisare che Boeri si riferisce solo a quegli immigrati regolari che, da tempo in Italia, hanno un lavoro regolare che paga loro tutti i contributi. Sono esclusi dal calcolo, dunque, gli stranieri irregolari che svolgono lavori in nero (che per definizione non pagano tasse) ma che usufruiscono dei servizi pubblici come sanità e istruzione. A maggior ragione non sono inclusi nel calcolo i 123mila richiedenti asilo arrivati in Italia nel 2016 (il 60% delle loro domande esaminate è stata respinta e solo il 5% ha ottenuto lo status di rifugiato in senso stretto). Un’emergenza costata ben 4 miliardi di euro: soldi arrivati in gran parte dalle tasche dei contribuenti italiani, visto che nel 2015 l’Ue ha destinato all’Italia appena 560 milioni di euro all’Italia per sostenere l’emergenza migranti fino al 2020, ovvero appena 93 milioni di euro l’anno.
Non solo. Boeri ha omesso di precisare che, essendo quello italiano un sistema a ripartizione, i contributi versati oggi dagli immigrati regolari verranno in futuro da loro riscossi grazie ai versamenti dei nuovi contribuenti, italiani o stranieri che siano. Se oggi sono pochi gli stranieri ad aver raggiunto la soglia della pensione (considerando un arco contributivo medio di 40 anni, prendono la pensione solo gli stranieri che lavorano in Italia da prima del 1977) in futuro non sarà più così. Il rapporto dare/avere dei cittadini stranieri propenderà così a favore del secondo verbo, a meno che i nuovi arrivati siano sempre più numerosi e trovino tutti un buon lavoro regolare. La prima condizione sembra suffragata dai fatti: fra il gennaio e il giugno di quest’anno sono arrivati in Italia 72.744 migranti. Ciò significa che, se si terrà questo trend anche negli ultimi sei mesi dell’anno, a fine 2017 saranno arrivati in Italia oltre 145mila migranti, 22.500 in più del 2016. La seconda condizione è tutt’altro che probabile se consideriamo che, ancora oggi, il nostro Paese vede la disoccupazione viaggiare attorno all’11,5%, percentuale che sale a oltre il 35% nel caso dei giovani. Come possiamo pensare che, in una tale situazione economica, tutti i nuovi arrivati trovino un lavoro stabile in grado di consentir loro di pagarsi in pieno la pensione futura?
Impossibile, anche considerando che i cittadini stranieri hanno di media un reddito molto inferiore rispetto agli italiani. Secondo uno studio della fondazione Leone Moressa, basato sui redditi del 2014, i contribuenti immigrati erano 3 milioni 458mila (l’8,6% del totale) e hanno dichiarato nel complesso redditi per 45,6 miliardi di euro, pari a una media di 13.180 euro lordi pro capite. Gli italiani invece erano 36 milioni 941mila e hanno dichiarato nel complesso redditi per 765,16 miliardi, pari a 20.710 euro lordi pro capite.
Chi guadagna appena 13.180 euro lordi, soprattutto se ha coniuge e figli a carico, ha detrazioni tali da azzerare l’Irpef. Di fatto non paga alcuna tassa diretta e, inoltre, prende gli assegni familiari che nel 2017 ammontano 326,67 euro per chi ha un figlio a carico e a 523,33 per chi ne ha due. Una situazione in cui, di fatto, il lavoratore prende uno stipendio netto più alto del lordo ribaltando a proprio vantaggio il rapporto dare/avere. Non solo. Oltre a prendere più soldi il nucleo familiare usufruisce di tutti i servizi pubblici, dei servizi sociali e delle agevolazioni previste per le famiglie a basso reddito (esenzione del ticket sanitario, sussidi per le tasse universitarie ecc). Anche nel caso in cui i contributi Inps siano superiori agli assegni familiari – erogati sempre dall’Inps – ciò non significa che il cittadino straniero stia salvando il sistema, dal momento che sta solo accantonando un credito pensionistico che riscuoterà in futuro. Certo, c’è il caso del manager inglese che guadagna un milione di euro o dell’ingegnere indiano che arriva a 90mila euro l’anno e che, con un reddito simile, pagano molte più tasse di quanto ricevano in prestazioni e servizi. Ma sono casi limite e isolati che non spostano certamente i grandi numeri.
Un conto è dire che gli immigrati servono a ripopolare un paese che non fa più figli (anche fosse avrebbe più senso incentivare le famiglie italiane), ma dire che gli immigrati stanno salvando le pensioni è – caro Boeri – una solenne fregnaccia. Sarebbe come dire che dipendenti pubblici e pensionati stanno salvando i conti pubblici dal momento che, al contrario dei lavoratori in proprio, non possono evadere le tasse. Trascurando che costoro altro non versano al fisco che una parte dei soldi ricevuti dal fisco stesso.
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