#il sapore della vita
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IL SAPPRE DELLA VITA
Che sapore ha la vita?
Dipende da ciascuno di noi
Per alcuni insipida
Per altri saporita
Sa di montagna
A volte di mare
Che sapore ha la vita?
Dipende da ciascuno di noi
A volte sa di pizza
A volte sa di pazzia
Fino ad arrivare alla follia
Che sapore ha la vita?
Sa di tempesta
Sa di quiete
Sa di tutto
Sa di niente
Che sapore ha la vita?
Sa di malinconia e rabbia
Sa di amore e gioia
Il sapore della vita
È unico
Per tutti noi
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booksreadbukowskianalove · 4 months ago
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Il sapore della vita
Cosa significa per me vivere?
Mangiare senza paura di ingrassare.
Avere accanto la persona che si ama. Sdraiarsi sul prato senza pensare che il terreno sot- tostante è inquinato.
Guardarsi allo specchio e piacersi.
Fidarsi senza aspettarsi di esser traditi.
Mettere alle luce un figlio senza preoccuparsi di un mondo che lo distruggerà.
"Pensieri scomposti" - Federica Maneli
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ambrenoir · 1 month ago
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LA LETTERA D'AMORE PIU BELLA CHE IO ABBIA MAI LETTO.
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potr�� mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
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conilsolenegliocchi · 16 days ago
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~ Ancora ~
Conosco il nome del tuo enorme cipresso,
ogni desiderio che alle stelle hai espresso,
nella voce l'accento della terra del sole,
ma, ironia della vita,
non conosco com'è il tuo sapore.
@conilsolenegliocchi 🐞
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angelap3 · 3 months ago
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.... cavillera, voi cavillera? - no, grazie no voi cavillera.... sciucca mano, sciucca mano bello, costa poco, compra sciucca mano..... - no, grazie, non mi serve..... cocco bello, cocco fresco? no, lì di fresco ci vedo poco, poi il cocco non mi piace grazie...... al decimo che passa decido che basta, mi estranio, esco.... non ci sono per nessuno, abbasso il tettino della sdraio e cerco di dimenticare questa afa opprimente, l'odore sintetico dei solari, penso all'inverno e subito mi sento rinfrescata dagli spruzzi saporiti delle onde, dal profumo forte delle mareggiate.... cammino sulla spiaggia piena di legnetti di mare, alghe, pezzi di rete, mi fondo in questo paesaggio, in questi profumi di solitudine, di pace, di silenzio, mi sento integrata, quasi fossi parte di questi colori e di questi odori che sento nei capelli e nelle mani che toccano i sassi umidi e non è per niente triste...... è vita!
Mia foto... passeggiata in un inverno
(Angela P.)
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tulipanico · 2 months ago
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Mi piace, di questo periodo, il fatto che il sole sorga nel momento esatto in cui mi sveglio due volte alla settimana, mi piace soprattutto godere del giorno appena iniziato mentre guido per arrivare all’ambulatorio lontano. Le ombre lunghissime che interrompono la luce sull’asfalto, la terra rivoltata dei campi, pronta ad essere nuovamente madre, che pare fatta d’oro. Le cime di alcuni alberi che iniziano a tingersi di giallo, tutto ha colori così intensi da bloccare le parole poco sotto le corde vocali. Ascolto una canzone dei Canova che mi chiede se ho mai provato la felicità. Allora ci ripenso, rimastico la vita nella bocca e sì, avverto il sapore dolce della felicità sulla lingua, in mezzo agli altri. Indubbiamente pochi attimi, fugaci, ma il miele c’è. L’ho sentito allargarsi nel petto, riempire il cuore, di tanto in tanto. Che poi, si vive per questo, per quel poco di miele.
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mynameis-gloria · 1 year ago
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Svegliarsi alle otto e trenta anche la domenica mattina, ancor prima della sveglia, ieri sera ho preferito andare a letto rassegnata a quello che era decisamente un sabato no. Caffè, fette biscottate e burro d'arachidi, scarpette e felpa in vita pronta per una corsetta, che poi si è trasformata in mezza camminata, ho cambiato pure giro, avevo bisogno di stimoli nuovi, di addentrarmi nel fittobosco (idea non molto geniale essendo giorno di caccia) ma per la mia testa ed il mio corpo è stato decisamente un toccasana. Tornata a casa ho svolto pure gli esercizi. Per pranzo mi attende un super risotto ai funghi. Questa domenica ha un buon sapore
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sciatu · 2 months ago
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CERAMICA DI SANTO STEFANO DI CAMASTRA
Anche oggi non ti ho detto che ti amo, Preso dagli affanni del giorno, dal leccare la vita per capirne ipocrisie e falsità, ho dimenticato di dirti che ti amo. O meglio, nel silenzio del giorno e nel nulla dei suoi attimi, non ho trovato tra le sue ombre e le parole vuote del mondo, il momento giusto per parlare al tuo cuore, per dirti di quanto ci lega, per confessare quello che ferma il tempo per creare un istante, un minuto delle nostre vere vite. Non volevo sconsacrare le parole che dovevo dirti, non volevo svendere il tesoro che mi doni, liquidare tutto nella banalità del quotidiano, per amarti per contratto, o glorificarti per noia. Non volevo svendere per poco, quello che sarebbe diventato il senso del giorno, nascondere tra consigli per gli acquisti e stragi degli innocenti, l’unico respiro dell’anima mia. Era troppo importante, anche se era naturale, era troppo semplice anche se è un giuramento quotidiano fatto alla tua vita perché sia la mia vita. È troppo banale sprecare quello che vuol dire amarti, è infantile ripeterlo, è assurdo pretenderlo anche se è necessario confermarlo ogni giorno, scriverlo nell’aria che ci divide, sognarlo nelle nostre notti, scambiarcelo nelle nostre carni, così che i nostri corpi siano il forziere, la vigna ed il mare di quello che proviamo, dell’ebrezza che ci scambiamo, delle emozioni su cui navighiamo. Un altro giorno muore senza averti detto che ti amo, Un altro giorno scivolato via senza sapore, diventato un anonimo giorno di pieno inverno, dove non vi sono colori, il sole è malato, il vento impazzisce e il mare diventa nemico. Eppure lo so, lo so bene, che solo quando ti dico che ti amo, il tempo ha un altro sapore, i miei affanni si sciolgono e tu mi rivesti con i sorrisi della primavera. Perché l’amore è un assegno in bianco che qualcuno ti dà e che tu devi spendere il giorno stesso perché domani non avrà più lo stesso valore e nessuno ti potrà garantire che domani ce ne sarà uno eguale. Un assegno gratuito che devi spendere in quel momento scrivendo il valore che tu dai a chi te lo ha dato. Ma se scrivi troppo o troppo poco, sei tu dopo, che dovrai pagare il doppio della cifra che hai scritto. Per questo, non dirti oggi che ti amo, è tenersi in mano quell’assegno incapace di spenderlo, incapace di sognare, incapace di volare, incapace di trasformare il grigiore dei palazzi in un intimo paradiso
Even today I didn't tell you that I love you, Caught up in the worries of the day, in licking life to understand its hypocrisies and falsehoods, I forgot to tell you that I love you. Or rather, in the silence of the day and in the nothingness of its moments, I didn't find among its shadows and the empty words of the world, the right moment to speak to your heart, to tell you how much binds us, to confess what stops time to create an instant, a minute of our true lives. I didn't want to desecrate the words I had to say to you, I didn't want to sell off the treasure you give me, liquidate everything in the banality of everyday life, to love you by contract, or glorify you out of boredom. I didn't want to sell off for a little, what would have become the meaning of the day, hide among shopping tips and massacres of innocents, the only breath of my soul. It was too important, even if it was natural, it was too simple even if it is a daily oath made to your life for it to be my life. It is too banal to waste what it means to love you, it is childish to repeat it, it is absurd to demand it even if it is necessary to confirm it every day, to write it in the air that divides us, to dream it in our nights, to exchange it in our flesh, so that our bodies are the treasure chest, the vineyard and the sea of ​​what we feel, of the intoxication we exchange, of the emotions we sail on. Another day dies without having told you that I love you, Another day slipped away without flavor, become an anonymous day in the middle of winter, where there are no colors, the sun is sick, the wind goes crazy and the sea becomes an enemy. And yet I know, I know well, that only when I tell you that I love you, time has another flavor, my worries melt away and you dress me with the smiles of spring. Because love is a blank check that someone gives you and that you have to spend that same day because tomorrow it will no longer have the same value and no one can guarantee you that tomorrow there will be an equal one. A free check that you have to spend at that moment by writing the value that you give to the one who gave it to you. But if you write too much or too little, it is you later, who will have to pay double the amount you wrote. For this, not telling you today that I love you, is holding that check in your hand incapable of spending it, incapable of dreaming, incapable of flying, incapable of transforming the grayness of the buildings into an intimate paradise
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raccontidialiantis · 24 hours ago
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Ciò che ho amato di lei
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La trovai qualche anno fa, senza neppure cercarla. In panetteria. Come capita con tutte le cose veramente importanti delle nostre vite: scelgono loro dove trovarti e quando, perché semplicemente ti devono arrivare. Fu, la nostra, una storia qualsiasi. Tra due anime a caso su sette miliardi. In questo emisfero terrestre, nello stesso quartiere. Si sviluppò da subito una fortissima e magnetica attrazione, tra noi. Ne apprezzavo la discrezione e i sorrisi imbarazzati, sottintesi.
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I modi controllati e assolutamente raffinati. Pian piano, l’aiutai a liberare in lei la sua versione più istintuale, soffocata e ingabbiata. Dai pregiudizi e dal bisogno di essere accettata dai suoi genitori, dai suoi modelli di vita. A Lucia ho insegnato che non deve nulla a nessuno, tranne che forse alla sua vera natura e ai suoi desideri. Che tutte le voglie sono lecite, sacrosante e vanno soddisfatte, a meno che non siano dannose per qualcuno.
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E quindi giù domande:
-e allora l’amore? Se poi improvvisamente amo qualcun altro e poi tu soffri?
-fallo: lasciami. Capirò.
-ma che dici, scemo… e la lealtà, la coerenza, il rispetto…
-tutte cazzate messe su carta da chi non ha mai amato. L’amore è l’unica variabile caleidoscopica, imprevedibile e spietata nelle nostre vite. Nessuno che se ne sia mai lamentato, però…
-la gratitudine?
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-certo: la gratitudine deve essere ovvia, ma non può trasformarsi in una invisibile ma pesante catena che ti condizioni nelle scelte, nei gusti; qualcosa che ti impedisca di vivere da donna libera, che ti faccia sentire vincolata a chi ti ha fatto del bene. Aiutare, fare del bene significano infatti semplicemente rendere libero qualcuno; nel corpo e nella mente. Solo questo. Altrimenti non è fare del bene: è mettere delle ipoteche sul cuore e sulla vita di quella persona. Pretendendo poi di riscuotere di continuo dei dividendi. Potremmo chiamarlo strozzinaggio dell’anima, direi. Ecco, si! Quindi, anche se si tratta di forzare la tua natura gentile, alla fine se proprio devi, per tagliare i legami tossici della mente sentiti pure libera di alzare il dito medio a chi ti ha ingabbiata nella sua rete di follia mentale. Credendo magari di farlo “per il tuo bene” e addirittura in buona fede.
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Mi ascoltava e beveva le mie parole. “Un uomo è già mezzo innamorato di una donna che lo ascolti.” Certo: è proprio vero, giuro. E io quindi l’amavo ogni giorno di più. Crebbe anche sessualmente. Moltissimo. Sapeva fare cose che neanche una contorsionista innamorata... Lasciai il mio monolocale e mi trasferii da lei, nel suo appartamento più grande del mio, per vivere insieme. Iniziai a sentirmi sempre meno il maestro e ogni giorno di più l’allievo.
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Era divenuta esperta nella stimolazione erotica: visiva e sensoriale in genere. Mi insegnava cose incredibili. Mi faceva godere da matti. Si dice che ogni uomo cerchi solo una donna bella e che voglia fare tanto sesso, fino a quando… non la trova! Comunque, posso dire che ci siamo amati senza barriere, limiti, pregiudizi o gelosie. Non volevo che lei.
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Non cercavo che il suo corpo. Non amavo altre cose che non fossero il suo odore, le sue forme. Il suo seno poi era per me una vera fissazione. Lucia lo sapeva e ogni tanto, a tradimento e con la scusa di dover prendere qualcosa, mi sfiorava coi capezzoli turgidi il petto, il viso o la schiena. Questo dava regolarmente inizio a una mia incontenibile eccitazione. Non c’era pomeriggio in cui non finissimo a letto per amarci prima di cena. Anche quando avevamo avuto di che discutere. Anzi: quello dava più sapore all’amore.
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Quella donna era un raro compendio di grazia, bellezza, forza e infine fiera, conscia sottomissione. La donna perfetta. Per me che sono pieno di difetti, fisse e debolezze atroci che mi mangiano da dentro. Durò fino a quando due anni fa per l’università non venne a vivere con noi Elena, sua sorella minore. Fui stoico: resistetti fino a che mi fu possibile. Ma quella ragazza era attraente nell'anima, oltre che nel corpo; mi prese il cuore da subito e pian piano me lo accartocciò.
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Con un semplice sguardo mi passava da parte a parte. E lo sapeva, la piccola maliziosa. Mi fece a pezzi i ventricoli, dopo avermeli virtualmente leccati a lungo. Ogni tanto, se eravamo soli, si scopriva il seno, poi apriva la bocca e cacciava tutta la lingua fuori, nella posizione di ricevimento del seme per dieci secondi. E mi guardava fisso negli occhi. Oppure mi faceva vedere le sue grazie in trasparenza. Una dolce tortura. Restavo senza fiato e lei si divertiva. 'Ma io scherzavo', diceva. Per me lei invece costituiva un'inversione dei poli dell’asse terrestre.
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Elena era fidanzata, al paesello. In città perciò si sentiva più libera. In breve, divenni segretamente cotto di lei. Be’, tra noi in ogni caso ci fu solo un bacio; languido e dolcissimo. Me lo diede lei a tradimento, in un pomeriggio in cui probabilmente sentiva un po’ più di trasporto verso di me. Io non riuscii a fare nulla per impedirlo. Non che l’avrei voluto, devo dire. Poi sorrise e come se avesse semplicemente bevuto un bicchier d’acqua se ne andò al cinema con gli amici. Io rimasi con un incendio nella mente e nell’anima. S’era prodotta una crepa, nel cemento armato che sino a quel momento mi univa a Lucia, la mia donna.
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Cercavo di nasconderla. Maldestramente. Lei però se ne accorse immediatamente. Le confessai che amavo quella giovane Venere, che quella cerbiatta incosciente mi teneva in pugno senza forse neanche immaginare che uragano aveva scatenato in me. Un amore improbabile, disperato e impossibile. Destinato a squagliarsi, alla fine: te lo giuro! Ma lei niente.
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Mi si negò da subito. Iniziò a darsi piacere da sola, per farmi morire di passione. Lo faceva piangendo, nel nostro letto. La sentivo, gemeva ma non mi consentiva neanche di toccarla. Per me era una vera tortura guardarla spogliarsi, averla vicina ogni sera più bella della precedente, calda e non poterla neppure sfiorare. Sentivo il suo odore trovare le mie narici e arrivare al centro esatto del mio desiderio.
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Sentivo l’aroma meraviglioso della sua pelle di seta e dormendo spesso me la sognavo. Soffrimmo entrambi da cani. Il calvario durò solo sei giorni e poi tra me e la sorella infine Lucia non ebbe esitazioni: scelse quest’ultima. Mi buttò fuori senza tanti complimenti. Pur non avendo io fatto nulla di concreto. L’amore esce fuori dai tuoi pori.
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Se ne accorgono tutti. Più è impossibile, scorretto e proibito, più ti cresce dentro. I limiti, le imposizioni e i divieti sono proprio ciò che lo fa lievitare maggiormente. Amare è il vero pane quotidiano degli esseri umani. A volte è un pane amaro ed è protetto da una spessa vetrina di convenzioni. O da un chiaro “non ti voglio più.” E allora sono guai.
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RDA
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qualbuonvento · 3 months ago
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Quando ero piccolo e frequentavo l’orto di mia nonna, mi sembrava un luogo perfetto, dove tutto era equilibrato perché semini, cresce l’ortaggio, lo mangi, risemini e così via all’infinito. A volte mi tuffavo in quel campo per divorare le fragole che venivano sempre piantate in una zona a parte. Divoravo le fragole così com’erano, anche mezze coperte di terra mi rendeva felice il sapore genuino della vita che entrava in me, sentivo di averne bisogno.
Andrea Mati,
Salvarsi con il verde. La rivoluzione del metro quadro vegetale
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parlamitucheiononmiparlopiu · 2 months ago
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pensavo, perché ultimamente non faccio altro; mi perdo tra le onde dei miei pensieri dissociandomi completamente dalla realtà. Presa in ostaggio dalla mia mente.
Pensavo, ho questo blog dal 2013, ero una bambina, non avevo idea di come mi avrebbe cambiata la vita, quante volte avrei preso porte sbattute sul muso da chi amavo. Avevo tredici anni ed avevo ancora tutto, solo che non lo sapevo. Mio padre era ancora al mio fianco e nonostante il nostro rapporto complicato e travagliato, ero contenta fosse lì per tutte le volte in cui, non sapendo risolvere un problema, interveniva con il suo sostegno. Avevo una casa, da chiamare casa, da sentire casa, mura salde e stabili, sicure e calde, un posto in cui correre dopo ogni giornata storta. Avevo un sorriso, le persone più vicine a me avevano un sorriso. Avevo tredici anni e soffrivo perché provavo un amore platonico per una persona conosciuta qui, nel pieno della sua adolescenza, nel pieno della mia infanzia. È stata la prima volta che ho capito cosa significasse non essere amati. Avevo quattordici anni quando il mio mondo, la mia casa, le persone a me più vicine sono crollate. Avevo quattordici anni e cercavo me stessa sotto le macerie di ciò che era rimasto cercando di rimettere in piedi ciò che non avevo apprezzato abbastanza. Sono rimasta qui, a scrivere, anno dopo anno, passo dopo passo, mattone dopo mattone, ho ricostruito la mia vita, ho costruito il mio dolore, forte e potente come mai nessuno è riuscito ad amarmi per poterlo cancellare o, almeno, lenire.
Ora ho ventiquattro anni, metto le mie fragilità in piazza, perché essere fragili è diverso dall'essere deboli. Metto le mie fragilità in piazza cosicché, chi come me, possa non sentirsi solo. Ho ventiquattro anni, sto per laurearmi, lavoro, ho un nome, sono cresciuta. Ma c'è una cosa che non è cambiata dai tredici ai ventiquattro, ed è che so perfettamente come ci si sente a non essere amata. So come ci si sente a togliere da se stessi tutto il bene per donarlo all'altra persona, per poi vedere che l'altra persona non valorizza nemmeno una briciola di tutto ciò che gli hai dato. Dai tredici ai ventiquattro ho amato persone che non mi hanno amata, ho amato chi mi ha usata, chi mi ha tormentata, chi ha giocato a calcetto con il mio cuore, chi non ha mai desiderato avermi accanto ma stava lì solo per prendersi ciò che davo.
Ho ventiquattro anni e conosco il dolore in ogni forma, in ogni colore, in ogni modo ed in ogni sapore. Ma dell'amore reciproco, io non ne so proprio niente.
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amoilnero · 1 month ago
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Ho tatuato la tua rugiada sulla soglia della lingua come mio più intimo volere. Ho scritto nell'anima il sapore unico del tuo fiore scivolando e assaporando con mano sinuosa l'organo della vita... Hai affondato le unghie sul mio petto... mentre nella penombra i miei occhi trasmigravano la tua danza. China su me hai preteso il mio assenso come tuo vorace banchetto... E lo sai... che ora non puoi più farne a meno...
A.
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allecram-me · 5 days ago
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Prospettiva di notte, #47
Mancava la notte, in questo mosaico di piccoli tormenti, di occasioni speciali lasciate a maturare - e poi a macerare, incolte. Mancava la spina dolce della nostalgia di una vita che, in tutta onestà, oramai nemmeno ricordo, eppure era già completa di tutto. I miei vent’anni che sembrava non sarebbero mai potuti essere diversi dai futuri trenta, o mille. La tragedia sottile di una velleità in costruzione che andava dispiegandosi nel cantiere a cielo aperto di certi sogni ubriachi, sogni privati e, lo avrei capito dopo, sogni di tutti. Come vedere il cerchio e respirare l’aria pulita e fredda dell’essere fuori dal coro (coro muto, solerte, ciononostante sterile di canzoni). Come la lucidità misteriosa di conoscere un corpo altero, la magnificenza della rabbia, l’incosciente tenerezza. I ciottoli sulla strada li ho carezzati tutti, erano miei, erano umani, erano disparati: pochissimi fiori sono sbocciati, solo quelli che mi hanno chiesto di ballare con voce ferma ed occhi stropicciati da un qualche dolore. Poi ero soprattutto io, ancora in silenzio: lo specchio, il muro screpolato, il bicchiere vuoto, un sipario quasi sempre calato, tantissima notte. La notte non ha più sapore: adesso. Il sale è diluito da una pioggia impercettibile, l’umidità dell’aria. Quando penso, oggi, penso pensieri sintetici privi di scadenza organica, sono sempre lucida ossia priva di alcun mistero: ad annientarmi la notte non più l’irriducibile distanza tra pensiero e azione (tra il silenzio ed il coro), piuttosto una folla di si deve, un parlamento di corvi in attesa del proprio tavolo, formula business e poi si torna ciascuno alla propria giusta occupazione. Quello che varrebbe la pena di essere, mi sembra, è invece questo: affascinata, intensa, e giovane.
Ma quale silenzio, quale canto, quale fascino e destino? Qui la pioggia cade anche se non ti bagna. Siamo una lotta impari, perduta in partenza. Siamo la schiera dei momenti goduti e poi perduti, siamo tutti. Siamo il coro che conosce la vicenda e ancora dal cerchio la osserva, l’occhio di chi partecipa al mondo, il braccio che si alza e poi si abbassa nel fare quotidiano. Il becco tagliente, che conosce e riserva giudizi, l’azione collettiva che arriva con la violenza della normalità. Siamo la strada quando non sai di camminarla, alla notte ti ritiri, da noi poi ritorni - e con noi, alla fine, canti.
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sophie-blanceur · 3 months ago
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Ci sono giorni che cominciano così,
con la voglia di gustare il sapore della vita.
Tania Memoli
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angelap3 · 1 month ago
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"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller.
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worldofdarkmoods · 6 months ago
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DEPRESSIONE...
Come posso descriverti?? Non saprei nemmeno da dove iniziare… Perché ci sono cose che entrano nella tua vita di forza, ma con prepotenza, senza che tu te ne renda conto.
Mi ricordo quando alle sedute mi veniva chiesto se riuscissi a ricordare un momento nella mia vita dal quale ho cominciato a stare così. Quindi, da quando cara depressione, io e te, stiamo qui? A guardarci allo specchio senza trovare risposte?So solo che è stato difficile accettarti nella mia vita. Anzi per non prenderci in giro ancora oggi non l’ho fatto. 
Come posso descriverla? È un inverno senza Natale, una strada vuota, palazzi senza portone, una strada senza vicoli. Ma non è una strada, è una stanza e ci sei solo tu. La cosa più mortificante della nostra relazione è che tu mi fai vedere le cose in un modo, ma la realtà è diversa. Sembra un inverno senza Natale, ma in questo continuo roteare senza destinazione, le stagioni passano tutte solo che non me ne rendo conto. E quante persone sono passate. Quante possibilità sprecate. Ma io non potevo farci niente, semplicemente non le vedevo. Perché, a differenza di quello che gli altri pensano di te, tu non fai sentire le persone tristi e malinconiche. Sta proprio qui l’errore che non permette agli altri di comprenderti. Tu mi rendi incapace di sentire proprio niente. Non sei grigia o nera, non hai colore, forma, peso. Sei due occhi sbarrati sotto una coperta, che si chiedono che sapore abbiano le proprie lacrime. E quegli occhi non riescono a guardare oltre. Il futuro non è una promessa “figuriamoci di guarigione” il futuro semplicemente non esiste come dimensione. Nel senso che non mi dai uno scopo, non c’è orizzonte che possa diventare destinazione per me. È come se non ci fossero strade da prendere.
Sai dove fai più male? Nel rendermi incapace di farmi amare dalle persone che lo vorrebbero fare, perché rendi me inadeguata ad amare me stessa e loro. Eppure vorrei solo riconoscere quella mano che sfiora dolcemente la mia mentre quella voce mi sussurra “Andrà tutto bene”. Vorrei sentirla. Vorrei lasciarti. Vorrei andasse tutto bene. 
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