#il sapore della vita
Explore tagged Tumblr posts
Text
IL SAPPRE DELLA VITA
Che sapore ha la vita?
Dipende da ciascuno di noi
Per alcuni insipida
Per altri saporita
Sa di montagna
A volte di mare
Che sapore ha la vita?
Dipende da ciascuno di noi
A volte sa di pizza
A volte sa di pazzia
Fino ad arrivare alla follia
Che sapore ha la vita?
Sa di tempesta
Sa di quiete
Sa di tutto
Sa di niente
Che sapore ha la vita?
Sa di malinconia e rabbia
Sa di amore e gioia
Il sapore della vita
È unico
Per tutti noi
22 notes
·
View notes
Text
Il sapore della vita
Cosa significa per me vivere?
Mangiare senza paura di ingrassare.
Avere accanto la persona che si ama. Sdraiarsi sul prato senza pensare che il terreno sot- tostante è inquinato.
Guardarsi allo specchio e piacersi.
Fidarsi senza aspettarsi di esser traditi.
Mettere alle luce un figlio senza preoccuparsi di un mondo che lo distruggerà.
"Pensieri scomposti" - Federica Maneli
#citazioni#citazioni libri#mi nutro di libri#lovebooks#pensieri scomposti#pensieriscomposti#Federica Maneli#federicamaneli#il sapore della vita
1 note
·
View note
Text
Un professore di Lettere e Filosofia del liceo Tasso, Giancarlo Burghi, ha scritto una lettera aperta al ministro dell’Istruzione Valditara che è un autentico manifesto PARTIGIANO di difesa altissima della cultura e della Costituzione.
È lunga, ma merita davvero di essere letta tutta, condivisa, applicata. Fino in fondo.
“Egregio ministro,
Le scrivo di nuovo dalla desolazione della “trincea”: quella in cui ogni giorno, con le studentesse e gli studenti, combattiamo l’eterna guerra contro la semplificazione e la superficialità. Oggi, però, le scrivo per ringraziarla delle Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica che ci ha inviato all’inizio dell’anno scolastico. Da oggi abbiamo un punto fermo nel nostro lavoro di docenti ed educatori: ci dirigeremo nella direzione esattamente opposta a quanto ci indica. L’educazione civica, secondo lei deve «incoraggiare lo spirito di imprenditorialità, nella consapevolezza dell’importanza della proprietà privata». In modo quasi ossessivo nel documento traccia l’idea di una sorta di “educazione alla proprietà ”.
Ma cosa dovremmo farci di questo slogan vuoto? Stiamo oltrepassando finanche il senso del ridicolo, andando oltre la teoria delle tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, impresa, internet). Ai nostri studenti, signor Ministro, l’articolo 42 della Costituzione lo leggiamo e lo spieghiamo: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge […] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere [..] espropriata per motivi di interesse generale". Dice proprio questo la Costituzione! Però non si ispira a Pol Pot ma alla dottrina sociale della Chiesa, al cristianesimo sociale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Nelle Linee guida Lei continua, poi, con l’affermazione di sapore thatcheriano, ma in realtà generica e vuota quanto la prima, per cui dovremmo insegnare che «la società è in funzione dell’individuo (e non viceversa)».
Vede Ministro, se le dovesse capitare di sfogliare la Costituzione italiana scoprirebbe che il termine “individuo” semplicemente non compare. (…) Mi consenta di farle notare che, se sfogliasse la Costituzione, scoprirebbe che il termine “patria” compare solo una volta (perché Mussolini lo aveva profanato e disonorato) e per di più non ha niente a che fare con “i sacri confini nazionali” da difendere o l’italianità quale identità da salvaguardare contro la minaccia della sostituzione etnica.
La patria è il patrimonio dei padri e delle madri costituenti, vale a dire le istituzioni democratiche non separabili dai valori costituzionali: l’eguaglianza, la libertà, la pace, la giustizia, il diritto di asilo per lo straniero «che non ha garantite le libertà democratiche».
I patrioti non sono quelli che impediscono lo sbarco dei migranti, ma coloro che ogni giorno testimoniano il rifiuto della discriminazione. Cosi come patrioti non erano i fascisti che hanno svenduto la patria a Hitler e l’hanno profanata costringendo milioni di italiani ad offendere altre patrie, ma i membri dei GAP (che non erano i “gruppi di azione proletaria” come ebbe a dire, per dileggio, Berlusconi), ma i “gruppi di azione patriottica (appunto), che operavano nella Brigate Garibaldi dei patrioti comunisti italiani, protagonisti della Resistenza quale secondo Risorgimento.
Ci consenta di formare i nostri studenti ispirandoci a chi di patria si intendeva: non a Julius Evola o Giorgio Almirante, ma a Giuseppe Mazzini che ha ripetuto per tutta la vita che la patria non è un suolo da difendere avidamente ma una «dimora di libertà e uguaglianza» aperta a tutti: «Non vi è patria dove l’eguaglianza dei diritti è violata dall’esistenza di caste, privilegi, ineguaglianze. In nome del vostro amore di patria, combattete senza tregua l’esistenza di ogni privilegio, di ogni diseguaglianza sul suolo che vi ha dato vita. (Dei doveri dell’uomo). Mazzini non contrapponeva la patria all’umanità, ma la considerava il mezzo più efficace per tutelare la dignità di ogni essere umano: «I primi vostri doveri, primi almeno per importanza, sono verso l’ Umanità. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte per il diritto, per il giusto, per il vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall’errore, dall’ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli. (Dei doveri dell’uomo)
E ci consenta, da educatori democratici, di trascurare le sue Linee guida, per illuminare le coscienze dei giovani con le parole di don Milani: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Egregio Ministro, dal momento che la costruzione di una cittadinanza consapevole avviene anche attraverso l’esercizio della memoria storica e civile, Lei ci ha inviato a una circolare con cui ha bandito un concorso per le scuole con lo scopo di celebrare la «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo». Il titolo del concorso: «1945: la guerra è finita!» Incredibile! Il 25 aprile 1945 che, prima dell’era Valditara, era semplicemente e banalmente la «liberazione dal nazifascismo» ora diventa un momento della «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo».
Cosa dovrebbero ricordare le giovani generazioni nella sua bizzarra idea di memoria civile? Ecco il suo testo: «Il popolo che ha subito sulla propria pelle gli orrori di quel tremendo conflitto, dai bombardamenti degli alleati alle rappresaglie nazifasciste [equiparati !] fino agli ordigni bellici inesplosi che, nei decenni a venire, hanno continuato a produrre invalidità e mutilazioni». E tutto per andare «al di là della tradizionale lettura vincitori-vinti», opposizione che attentamente sostituisce quella di antifascisti/liberatori e fascisti. Si tratta dunque, secondo lei, di ricordare una guerra tra tante, quasi un ineluttabile evento naturale in cui tutti sono cattivi (i liberatori, gli aguzzini e i partigiani) e dunque tutti ugualmente assolti nel tribunale della neostoria. Del resto, Ministro, devo darle atto di una certa garbata compostezza sulla memoria del 25 aprile. La sua sottosegretaria (la nostra sottosegretaria all’Istruzione) Paola Frassinetti la Festa della Liberazione l’ha festeggiata al campo 10 del Cimitero maggiore di Milano per onorare i volontari italiani delle SS. È immortalata in un video in mezzo a un drappello di camerati che sfidano, tra insulti e minacce, alcuni manifestanti antifascisti. Frassinetti si lascia andare alla rabbia ed esclama “ma vai aff…”.
Sempre a proposito di Linee guida per l’educazione civica… Da sottosegretaria del suo Ministero Paola Frassinetti, il 28 ottobre del 2024, anniversario della marcia su Roma, ha celebrato il “fascismo immenso e rosso”. Capisce, signor Ministro, perché ci sentiamo soli nella trincea? E perché le ho detto che è “passato al nemico” (il nemico è la parzialità, la manipolazione, la contrapposizione faziosa). Ma noi siamo combattenti testardi. Non avendo capi politici da lusingare, la nostra coscienza e la Costituzione antifascista sono le nostre uniche e inderogabili “linee guida” da seguire nel formare cittadine e cittadini liberi e consapevoli. Egregio Ministro, spero che queste parole non mi costino quella decurtazione dello stipendio che ha inflitto a un mio collega per aver pronunciato delle parole che Lei non ha gradito. Sarebbe non solo grave ma anche di cattivo gusto anche perché di recente insieme ad altri ministri lei lo stipendio ha cercato di aumentarselo.”
P. S. Le sue Linee guida stanno conseguendo i primi risultati. Qualche giorno fa uno studente che aveva studiato la divisione dei poteri di Montesquieu ha osservato che se un ministro fa una manifestazione sotto un tribunale per difendere un altro ministro sotto processo viola la separazione dei poteri. Aggiungendo che un ministro non è un semplice cittadino ma un membro dell’esecutivo, cioè di un potere dello stato. Gli ho risposto che ha ragione e gli ho dato un ottimo voto in educazione civica.
Con cordialità, prof. Giancarlo Burghi.
89 notes
·
View notes
Text
Rito del mattino
(Foto: cafeseins)
Era quello scoprirsi ancora sul pianeta Terra dopo il volo notturno, era verificare ogni volta che si ritrovavano sempre lì entrambi a godere del loro rapporto, del contatto della pelle nuda, dei loro sorrisi muti e del sapore del primo, agognato caffè. Era quello, l'amore vero. Il resto avrebbe potuto pure cambiare: casa, lavoro, figli. Amici e città. Scenari di contorno.
(Foto: cafeseins)
Erano le loro anime affamate l'una dell'altra, la forza che li teneva in vita veramente, per scoprire ogni giorno un'altra possibile, nuova maniera di manifestare la voglia di ritrovarsi a sera. Un messaggino, una nota vocale, un pensiero semplice. Mentre il sapore di un altro caffè nella pausa pranzo scenderà dritto al cuore, a ricordare che domattina saranno di nuovo lì, con una tazzina d'amore liquido forte e nero tra le mani. Zucchero q.b.
(Foto: cafeseins)
RDA
70 notes
·
View notes
Text
LA LETTERA D'AMORE PIU BELLA CHE IO ABBIA MAI LETTO.
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch��io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
51 notes
·
View notes
Text
(Foto: volodiunacapinera - my edit)
Al solo pensarti, ho l'acquolina in bocca. Il tuo sapore è indimenticabile. Nel tuo sudore c'è il sale della mia vita. Sei entrata pian piano nella mia vita. Ora in me sei un pensiero costante e prepotente.
(Foto: coffeefueleddreams Alex Lim - my edit)
Col primo, delicato bacio a fior di labbra, hai iniziato a farmi schiudere il cuore. Oggi devo dire che non aspetto altro che vederti e aprirmi per farti fare ciò che desideri. Che poi è quello che desidero anche io.
Aliantis
(Foto: volodiunacapinera - my edit)
37 notes
·
View notes
Text
~ Ancora ~
Conosco il nome del tuo enorme cipresso,
ogni desiderio che alle stelle hai espresso,
nella voce l'accento della terra del sole,
ma, ironia della vita,
non conosco com'è il tuo sapore.
@conilsolenegliocchi 🐞
21 notes
·
View notes
Text
.... cavillera, voi cavillera? - no, grazie no voi cavillera.... sciucca mano, sciucca mano bello, costa poco, compra sciucca mano..... - no, grazie, non mi serve..... cocco bello, cocco fresco? no, lì di fresco ci vedo poco, poi il cocco non mi piace grazie...... al decimo che passa decido che basta, mi estranio, esco.... non ci sono per nessuno, abbasso il tettino della sdraio e cerco di dimenticare questa afa opprimente, l'odore sintetico dei solari, penso all'inverno e subito mi sento rinfrescata dagli spruzzi saporiti delle onde, dal profumo forte delle mareggiate.... cammino sulla spiaggia piena di legnetti di mare, alghe, pezzi di rete, mi fondo in questo paesaggio, in questi profumi di solitudine, di pace, di silenzio, mi sento integrata, quasi fossi parte di questi colori e di questi odori che sento nei capelli e nelle mani che toccano i sassi umidi e non è per niente triste...... è vita!
Mia foto... passeggiata in un inverno
(Angela P.)
26 notes
·
View notes
Text
Mi piace, di questo periodo, il fatto che il sole sorga nel momento esatto in cui mi sveglio due volte alla settimana, mi piace soprattutto godere del giorno appena iniziato mentre guido per arrivare all’ambulatorio lontano. Le ombre lunghissime che interrompono la luce sull��asfalto, la terra rivoltata dei campi, pronta ad essere nuovamente madre, che pare fatta d’oro. Le cime di alcuni alberi che iniziano a tingersi di giallo, tutto ha colori così intensi da bloccare le parole poco sotto le corde vocali. Ascolto una canzone dei Canova che mi chiede se ho mai provato la felicità. Allora ci ripenso, rimastico la vita nella bocca e sì, avverto il sapore dolce della felicità sulla lingua, in mezzo agli altri. Indubbiamente pochi attimi, fugaci, ma il miele c’è. L’ho sentito allargarsi nel petto, riempire il cuore, di tanto in tanto. Che poi, si vive per questo, per quel poco di miele.
35 notes
·
View notes
Text
Ci sono giorni che cominciano così,
con la voglia di gustare il sapore della vita.
Tania Memoli
20 notes
·
View notes
Text
Ferma così!
Resta immobile. Non puoi muoverti, il tuo destino per stasera è segnato. Sei mia, mia e basta. Hai fatto i salti mortali, per poter venire qui; di nascosto dalla tua vita perfetta di promessa sposa-modello tra meno di un mese da oggi. Ma in te non percepisco alcun timore, scrupolo di coscienza, senso di vergogna o del peccato. Piuttosto, dal tuo basso ventre nudo ed esposto totalmente al mio volere, emana prepotente l'odore del desiderio, della voglia più oscena e indecente. Bricconcella: ti conosco bene e ti darò ciò che cerchi. Tutto ciò che il tuo ragazzo nemmeno immagina poter esistere.
E poi un po' di più. Ancora non lo sposi e già prendi chilometri e chilometri di cazzo non suo ovunque, nel tuo corpo. Ti farò nuovamente mia, ma solo fra un po'. Adoro la tua fica stretta e la tua bocca espertissima, ragazzina. Però adesso mi piace solo guardarti da vicino, odorarti a lungo e farti morire dalla voglia di essere scopata, mentre ammiro la perfezione del tuo corpo. E godo dello spettacolo bellissimo del liquido che già ti brilla tra le cosce, tanto mi vuoi. Te la lecco, centellino il tuo sapore più intimo. Liquore che distilli in diretta solo per me; assaporo e infilo la mia lingua nel tuo ano, per poi ritrarla immediatamente.
Gemi, mugoli e coli ancora di più. Ti allarghi al massimo usando anche le mani e se col viso mi ritraggo dalle tue natiche, cerchi di raggiungere la mia bocca col tuo culo aperto come un libro. Spingi le natiche in alto verso di me, come a dirmi "eccomi, non vedi che sono già aperta ovunque per te? Inculami..." Spudorata femmina, grandemente e sempre affamata di cazzo. Godo moltissimo anche leccando e ingoiando la saliva che ti scende dalle labbra mentre te le mordi e lecchi per provocarmi. Puttana: ti darò trenta euro, stasera. Così sarai meretrice certificata. E ridi sguaiatamente, perché sai che è vero.
Intanto che ti contemplo e mi eccito, tu con voce resa affannata e roca dalla passione e dalla brama, mi chiedi senza mezzi termini e zero imbarazzo di muovermi a prenderti. Sul seno profumi di buono e di innocenza, ma dalla tua fica sale l'inconfondibile aroma del sesso più sporco. Ah, quanto adoro farti smaniare, pregare, implorare l'amore. Ecco: adesso mi spoglio. Preparati, mia troia adorata; futura ingenua, tenera, deliziosa e delicata sposina novella di un povero giovane, futuro potenziale grandissimo cornuto. Per iniziare, adesso alza i fianchi e apri il tuo culo al massimo, troia.
RDA
58 notes
·
View notes
Text
Svegliarsi alle otto e trenta anche la domenica mattina, ancor prima della sveglia, ieri sera ho preferito andare a letto rassegnata a quello che era decisamente un sabato no. Caffè, fette biscottate e burro d'arachidi, scarpette e felpa in vita pronta per una corsetta, che poi si è trasformata in mezza camminata, ho cambiato pure giro, avevo bisogno di stimoli nuovi, di addentrarmi nel fittobosco (idea non molto geniale essendo giorno di caccia) ma per la mia testa ed il mio corpo è stato decisamente un toccasana. Tornata a casa ho svolto pure gli esercizi. Per pranzo mi attende un super risotto ai funghi. Questa domenica ha un buon sapore
103 notes
·
View notes
Text
CERAMICA DI SANTO STEFANO DI CAMASTRA
Anche oggi non ti ho detto che ti amo, Preso dagli affanni del giorno, dal leccare la vita per capirne ipocrisie e falsità, ho dimenticato di dirti che ti amo. O meglio, nel silenzio del giorno e nel nulla dei suoi attimi, non ho trovato tra le sue ombre e le parole vuote del mondo, il momento giusto per parlare al tuo cuore, per dirti di quanto ci lega, per confessare quello che ferma il tempo per creare un istante, un minuto delle nostre vere vite. Non volevo sconsacrare le parole che dovevo dirti, non volevo svendere il tesoro che mi doni, liquidare tutto nella banalità del quotidiano, per amarti per contratto, o glorificarti per noia. Non volevo svendere per poco, quello che sarebbe diventato il senso del giorno, nascondere tra consigli per gli acquisti e stragi degli innocenti, l’unico respiro dell’anima mia. Era troppo importante, anche se era naturale, era troppo semplice anche se è un giuramento quotidiano fatto alla tua vita perché sia la mia vita. È troppo banale sprecare quello che vuol dire amarti, è infantile ripeterlo, è assurdo pretenderlo anche se è necessario confermarlo ogni giorno, scriverlo nell’aria che ci divide, sognarlo nelle nostre notti, scambiarcelo nelle nostre carni, così che i nostri corpi siano il forziere, la vigna ed il mare di quello che proviamo, dell’ebrezza che ci scambiamo, delle emozioni su cui navighiamo. Un altro giorno muore senza averti detto che ti amo, Un altro giorno scivolato via senza sapore, diventato un anonimo giorno di pieno inverno, dove non vi sono colori, il sole è malato, il vento impazzisce e il mare diventa nemico. Eppure lo so, lo so bene, che solo quando ti dico che ti amo, il tempo ha un altro sapore, i miei affanni si sciolgono e tu mi rivesti con i sorrisi della primavera. Perché l’amore è un assegno in bianco che qualcuno ti dà e che tu devi spendere il giorno stesso perché domani non avrà più lo stesso valore e nessuno ti potrà garantire che domani ce ne sarà uno eguale. Un assegno gratuito che devi spendere in quel momento scrivendo il valore che tu dai a chi te lo ha dato. Ma se scrivi troppo o troppo poco, sei tu dopo, che dovrai pagare il doppio della cifra che hai scritto. Per questo, non dirti oggi che ti amo, è tenersi in mano quell’assegno incapace di spenderlo, incapace di sognare, incapace di volare, incapace di trasformare il grigiore dei palazzi in un intimo paradiso
Even today I didn't tell you that I love you, Caught up in the worries of the day, in licking life to understand its hypocrisies and falsehoods, I forgot to tell you that I love you. Or rather, in the silence of the day and in the nothingness of its moments, I didn't find among its shadows and the empty words of the world, the right moment to speak to your heart, to tell you how much binds us, to confess what stops time to create an instant, a minute of our true lives. I didn't want to desecrate the words I had to say to you, I didn't want to sell off the treasure you give me, liquidate everything in the banality of everyday life, to love you by contract, or glorify you out of boredom. I didn't want to sell off for a little, what would have become the meaning of the day, hide among shopping tips and massacres of innocents, the only breath of my soul. It was too important, even if it was natural, it was too simple even if it is a daily oath made to your life for it to be my life. It is too banal to waste what it means to love you, it is childish to repeat it, it is absurd to demand it even if it is necessary to confirm it every day, to write it in the air that divides us, to dream it in our nights, to exchange it in our flesh, so that our bodies are the treasure chest, the vineyard and the sea of what we feel, of the intoxication we exchange, of the emotions we sail on. Another day dies without having told you that I love you, Another day slipped away without flavor, become an anonymous day in the middle of winter, where there are no colors, the sun is sick, the wind goes crazy and the sea becomes an enemy. And yet I know, I know well, that only when I tell you that I love you, time has another flavor, my worries melt away and you dress me with the smiles of spring. Because love is a blank check that someone gives you and that you have to spend that same day because tomorrow it will no longer have the same value and no one can guarantee you that tomorrow there will be an equal one. A free check that you have to spend at that moment by writing the value that you give to the one who gave it to you. But if you write too much or too little, it is you later, who will have to pay double the amount you wrote. For this, not telling you today that I love you, is holding that check in your hand incapable of spending it, incapable of dreaming, incapable of flying, incapable of transforming the grayness of the buildings into an intimate paradise
15 notes
·
View notes
Text
Verso le nove il sole del mattino entra dalla finestra e si posa sul divano, faccio il caffè e lo bevo seduta lì, nell'angolino scaldato dalla luce. Ho una tazza nuova, bella, color sabbia e verde chiaro. Attraverso la tenda vedo l'ombra del pettirosso che vola e saltella beccando il pane. Piccolo, dolce, panciuto pettirosso, quando lo vedo mi si apre il cuore; piccolo lui, grande l'ombra, questo pensiero potrà servire in futuro. Il sole resterà fino alle 11:00 poi la vecchia casa disabitata lo nasconderà; tornerà più tardi per il caffè del pomeriggio. Pochi metri quadri di sala-cucina sembrano una reggia. Ogni mattina ringrazio per questa gioia. In poco spazio la colazione, il caffè, una lettura sul divano e la coperta, la ginnastica sul tappeto, la preparazione del pranzo, mangiare con la tavola apparecchiata oppure, ogni tanto, all'orientale inginocchiata davanti al tavolino basso. Non amo molto lavare i piatti, vorrei poter chiudere gli occhi, muovere il naso come in "Vita da strega" e trovarli già puliti ma non funziona così. Lavare i piatti per chi è pigro può essere un esercizio spirituale. Quando è tutto pulito e accatastato per l'asciugatura il sole fa capolino sull'altro lato della vecchia casa e delicato entra ad appoggiarsi sul mobile della sala. Posso fare il secondo caffè, leggero, però, perché ormai apprezzo più il rito del sapore e mi è sufficiente poca polvere. Basta che sia caldo e profumato. In questa meridiana domestica mi piazzo sul pouf, appoggio la schiena al mobile, anche la testa e chiudo gli occhi. Un sorso di caffè e poi di nuovo gli occhi chiusi: la luce attraversa le palpebre rendendo giallo-arancione il buio dietro gli occhi. Potrei essere in Grecia, su una spiaggia assieme a Leonard Choen oppure al fiume, chissà dove. Questa cosa dei pochi metri quadri mi affascina molto ma temo non sarebbe la stesa cosa senza la luce diretta del sole. Potremmo farne un'analisi interiore. Potremmo. Se ho l'ispirazione giusta il pomeriggio posso giocare un po' con la terra e fare oggettini, così cucina e sala diventano un mezzo laboratorio, mezzo tavolo della cucina per fare la lastra e poi il tavolo basso davanti al divano per sistemare i dettagli. Dal computer esce la voce di Marguerite Yourcenar che racconta della sua vita e di Adriano, Micia sonnecchia sul divano, sembra aderire con piacere a questa vita di cose semplici. Siamo fortunate. Fuori fa freddo. C'è chi non ha pochi metri quadri, il dolore gronda ovunque, terribilmente bussa alle porte, si appoggia con mani pesanti e stanche agli stipiti delle finestre. Abbiamo fatto sempre la guerra, sempre. E dentro me? Quanta guerra c'è? Tanta mioddio, tanta. Tanta da fare paura. Ora cerco di capire come posso fare a darmi pace. Ora.
11 notes
·
View notes
Text
Quando ero piccolo e frequentavo l’orto di mia nonna, mi sembrava un luogo perfetto, dove tutto era equilibrato perché semini, cresce l’ortaggio, lo mangi, risemini e così via all’infinito. A volte mi tuffavo in quel campo per divorare le fragole che venivano sempre piantate in una zona a parte. Divoravo le fragole così com’erano, anche mezze coperte di terra mi rendeva felice il sapore genuino della vita che entrava in me, sentivo di averne bisogno.
Andrea Mati,
Salvarsi con il verde. La rivoluzione del metro quadro vegetale
12 notes
·
View notes
Text
pensavo, perché ultimamente non faccio altro; mi perdo tra le onde dei miei pensieri dissociandomi completamente dalla realtà. Presa in ostaggio dalla mia mente.
Pensavo, ho questo blog dal 2013, ero una bambina, non avevo idea di come mi avrebbe cambiata la vita, quante volte avrei preso porte sbattute sul muso da chi amavo. Avevo tredici anni ed avevo ancora tutto, solo che non lo sapevo. Mio padre era ancora al mio fianco e nonostante il nostro rapporto complicato e travagliato, ero contenta fosse lì per tutte le volte in cui, non sapendo risolvere un problema, interveniva con il suo sostegno. Avevo una casa, da chiamare casa, da sentire casa, mura salde e stabili, sicure e calde, un posto in cui correre dopo ogni giornata storta. Avevo un sorriso, le persone più vicine a me avevano un sorriso. Avevo tredici anni e soffrivo perché provavo un amore platonico per una persona conosciuta qui, nel pieno della sua adolescenza, nel pieno della mia infanzia. È stata la prima volta che ho capito cosa significasse non essere amati. Avevo quattordici anni quando il mio mondo, la mia casa, le persone a me più vicine sono crollate. Avevo quattordici anni e cercavo me stessa sotto le macerie di ciò che era rimasto cercando di rimettere in piedi ciò che non avevo apprezzato abbastanza. Sono rimasta qui, a scrivere, anno dopo anno, passo dopo passo, mattone dopo mattone, ho ricostruito la mia vita, ho costruito il mio dolore, forte e potente come mai nessuno è riuscito ad amarmi per poterlo cancellare o, almeno, lenire.
Ora ho ventiquattro anni, metto le mie fragilità in piazza, perché essere fragili è diverso dall'essere deboli. Metto le mie fragilità in piazza cosicché, chi come me, possa non sentirsi solo. Ho ventiquattro anni, sto per laurearmi, lavoro, ho un nome, sono cresciuta. Ma c'è una cosa che non è cambiata dai tredici ai ventiquattro, ed è che so perfettamente come ci si sente a non essere amata. So come ci si sente a togliere da se stessi tutto il bene per donarlo all'altra persona, per poi vedere che l'altra persona non valorizza nemmeno una briciola di tutto ciò che gli hai dato. Dai tredici ai ventiquattro ho amato persone che non mi hanno amata, ho amato chi mi ha usata, chi mi ha tormentata, chi ha giocato a calcetto con il mio cuore, chi non ha mai desiderato avermi accanto ma stava lì solo per prendersi ciò che davo.
Ho ventiquattro anni e conosco il dolore in ogni forma, in ogni colore, in ogni modo ed in ogni sapore. Ma dell'amore reciproco, io non ne so proprio niente.
13 notes
·
View notes