#il rito in poesia
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[r] rinascono i pompieri | ovvero: va bene non ereditare l'anarchia, ma addirittura entrare in seminario... / differx. 2021
[r] rinascono i pompieri | ovvero: va bene non ereditare l’anarchia, ma addirittura entrare in seminario… / differx. 2021
Diciamo che quando nel 2002-2004 io e altri abbiamo iniziato a pubblicare alcune cose, e nel 2005-2007 (anche con Roberto Cavallera e Riccardo Cavallo) abbiamo moltiplicato i blog di materiali sperimentali, nel 2006 fondato gammm, e nel 2009 pubblicato Prosa in prosa, eccetera, insomma, ecco, è un po’ come se avessimo rovesciato non pochissimi altari (e altarini) delle iconiche & malinconiche…
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Le donne sono ossessionate dai viaggetti, poiché in essi scorgono frammenti di sogni dispersi, la promessa di un respiro diverso, un battito d’ali verso l’ignoto. Ogni viaggetto, che agli occhi distratti degli uomini appare come un semplice svago, per loro è un rito segreto, una danza sottile tra il desiderio di evasione e il richiamo di un universo nascosto.
Nell’arte del partire si rifugiano, come sirene ammaliate dal canto del vento, assetate di storie sussurrate dal tempo, e di paesaggi dipinti da mani invisibili. Ogni piccolo viaggio è una tela bianca su cui imprimere ricordi e sensazioni, un attimo di sospensione dove la quotidianità svanisce come nebbia al mattino, lasciando spazio all’inatteso, al mistero, alla seduzione dell’altrove.
E nel fervore di questi viaggi brevi, quasi furtivi, c’è la ricerca di una libertà dolceamara, di un amore sognato, di un’illusione che si fa carne. È nel vagare senza meta che trovano il senso della vita, in quel perdersi che è, in verità, un ritrovarsi. Ogni passo è un respiro nuovo, ogni sguardo un bacio rubato alla realtà.
Non è l’itinerario a chiamarle, né la destinazione a incantarle: è il percorso, quel filo invisibile che le lega all’infinito, alla speranza che ogni viaggetto sia un preludio a qualcosa di eterno. Sanno che, in quei brevi attimi lontani dal mondo conosciuto, si nasconde una promessa segreta, un desiderio sopito che, forse, si avvererà.
E così partono, sempre, con l’anima in tasca e il cuore colmo di attese, pronte a innamorarsi di un tramonto, di una strada sconosciuta, di un attimo che diventa eterno. Perché, in fondo, i viaggetti sono la loro poesia più intima, la loro ribellione più dolce, la loro unica fuga verso un altrove che, forse, esiste solo nei loro sogni.
#citazioni#compagnia#distanza#frasi famose#frasi pensieri#mancanza#nuove amicizie#pagine di libri#sentimenti#tristezza
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mito->poesia->tragedia->metodo scientifico: uno sviluppo straordinario
Il genere tragico in Grecia: riproposizione ed evoluzione del mito arcaico.
La forma della tragedia classica greca è il punto di arrivo di un processo sviluppato a partire da un primitivo nucleo del coro, progressivamente ridimensionato a favore di uno spazio sempre maggiore riservato al dialogo dei personaggi. La tragedia ripropone e riplasma del materiale mitico ereditato dal mondo arcaico. Il suo appellativo si collega etimologicamente alla parola tragos con riferimento al capro, riferimento che è stato interpretato in vari modi quali: a) il sacrificio rituale celebrato alla fine della rappresentazione; b) la maschera indossata dal coreuta, c) il premio dato al vincitore. In ogni caso, si tratta di un riferimento a qualcosa di animalesco, ferino, primitivo, selvaggio (si veda ciò come traccia dell’animalesco selvaggio dionisiaco rispetto all’olimpico armonioso compositore delle passioni rappresentato da Apollo).
La struttura era articolata in un prologo sugli antefatti dell’azione, un parodo, canto di ingresso del coro, gli episodi costituiti da dialoghi con gli stasimi, i canti di stacco tra gli episodi, e l’esodo, canto di uscita. Il coro (12 coreuti ai tempi di Eschilo con uno di loro, il corifeo, dialogante a nome degli altri con gli attori) cantava in armonia con la musica e la danza ( infatti il verbo koreuein significa danzare). Gli attori, tutti di sesso maschile, indossavano maschere, coturni, ovvero alti calzari per essere più visibili agli spettatori e la scena era dotata di macchine teatrali. In genere le rappresentazioni avvenivano in occasioni di feste in onore di Dioniso, dio rurale patrono della fertilità. Erano dei veri e propri festival in cui gareggiavano i poeti tragici con la loro tetralogia (3 tragedie ed un dramma satiresco). C’era una commissione selezionatrice fatta da un arconte ed altri due membri che sceglieva i tre concorrenti per la gara finale, ogni tetralogia veniva rappresentata in una giornata intera e quindi il concorso durava 3 giorni. La giuria per assegnare la vittoria della corona di edera era formata da 1 rappresentante per tribù estratto a sorte da una lista fornita da ognuna delle 10 tribù, che dava una classifica dei concorrenti su una tavoletta, delle 10 poi ne venivano estratte 5 a sorte per avere il vincitore. I contenuti delle opere attingevano ad un patrimonio di racconti mitici tradizionali e la rappresentazione drammatica era fondata sul contrasto, la lacerazione tragica tra protagonista umano e divino e degli uomini tra loro. Tutto il popolo partecipava, lo stato finanziava i poveri con due oboli per indennizzo delle ore di lavoro perdute ed i costi degli spettacolo (scenografia, costumi, attori, coreuti, musicisti) che erano in parte sostenuti anche dalle famiglie ricche, c’era anche un servizio d’ordine dotato di robusti manganelli contro eventuali disturbatori. La partecipazione popolare al "RITO COLLETTIVO" funzionava da presa di coscienza, grazie a questa esteriorizzazione del dramma tragico reso nello spettacolo teatrale, che determinava una presa di distanza, una assunzione di responsabilità collettiva di fronte alle tensioni tremende dell’esistenza umana secondo una visione che affondava le sue radici nei sanguinosi rituali del mondo pre-greco. In questo consiste la CATARSI di cui parla Aristotele: LA RAPPRESENTAZIONE HA UN EFFETTO LIBERATORIO DALLE PASSIONI (i patemata = patemi di animo).
La tragedia si differenzia dal mito per un tratto sostanziale: se nel mito lo scontro è nel mondo divino, qui il piano si sposta sulla violenza tra dei e uomini e degli uomini tra di loro. Questo è testimoniato dal lessico tragico. Sono fondamentali alcune parole chiave ricorrenti nei dialoghi, che mostrano la inconciliabilità nella tragedia di polarità opposte di comportamento: parole da un lato come collera (che però è anche invidia!) (ϕθόνος),e accecamento divino (΄Άτη) , tracotanza (ύβρις), e violenza brutale (βία) , dall’altro legge (νόμος), diritto (δίκη), autorità legale (κράτος), timore (ϕóβος), e pietà (ʹΈλεος), parole che segnano nella loro opposizione il contrasto inconciliabile che caratterizza la tragedia. Viene bollata la tracotanza, si esibiscono i valori morali e le norme etico-sociali cui conformare i comportamenti dei cittadini della polis ed il ricorso al mito serve a rinsaldare il tessuto connettivo della convivenza. Nella trilogia più famosa, l’Orestea, formata da Agamennone, Coefore, Eumenidi, la tragedia si risolve con Oreste portato nella sede suprema della istituzione della polis, l’Areopago, dove Oreste è alla fine assolto e le furiose persecutrici Erinni si trasformano nelle benigne Eumenidi. Si impone la Giustizia, la DIKE, che si esplica nel NOMOS, nella Legge della città, a fronteggiare la violenza, ma ciò non sarà sufficiente se nell’Antigone la legge del cuore e degli affetti si scontrerà con la legge ufficiale della città stessa, che tuttavia prevarrà alla fine. Ma a questo punto, gli Dei c’entrano poco, il conflitto è tra gli uomini, gli Dei sono solo spettatori. I drammi umani riportano le scorie dei drammi divini. Più i conflitti "si umanizzano", più si perde la carica istintiva, travolgente dell’eros e della violenza primitiva e questo porta alla famosa tesi di Nietzsche che ne La nascita della tragedia (1871) vede nelle prime tragedie un equilibrio tra le parti del coro che rappresentano la potenza dionisiaca degli istinti e le parti del dialogo degli attori che moderano con la razionalità apollinea lo scatenamento degli istinti, fino ad arrivare ad Euripide che descrivendo con realismo delle vicende umane fa prevalere il distacco dello spirito superiore ed equilibrato apollineo in contemporanea all’avvento del razionalismo di Socrate in filosofia e la definitiva eclissi del dionisiaco, evento che il filosofo tedesco denuncia come la più grande perdita per tutta la cultura occidentale.
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Più i miti perdono valore di Verità, staccati dal culto dionisiaco, più i paragoni e le similitudini linguistiche, da "strati intermedi" tra il mondo degli dei e quello umano subiranno una trasformazione che costituirà i primi gradini delle deduzioni analogiche di cui il metodo empirico si servirà più tardi.
-Franco Sarcinelli (WeSchool)
-Bruno Snell (le origini del pensiero europeo)
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Negli anni ’90 molte band si spendevano su temi antifascisti. C’erano anche più locali, ambienti più piccoli di condivisione, i concerti costavano meno, c’era più autonomia nell’organizzazione e i mega-eventi non avevano ancora vampirizzato la musica dal vivo. Quale immaginario può offrire la musica a una società disgregata come quella di oggi?
I mega-eventi rappresentano la più autentica manifestazione del capitalismo nell’ambito della musica. È lì che si consuma il triste rito dell’inutile: la musica diventa ciò che il Capitale vuole che sia, semplice merce. Gli «artisti» diventano merce, le loro canzoni, le parole, gli arrangiamenti, e il pubblico, ovviamente. Tutto è reificato, la poesia ridotta a cosa, la speranza a indifferenza. Se osserviamo le classifiche, ci sono i rospi della trap, quelli del turpiloquio che sguazzano nel pantano sintattico di una grammatica mai conosciuta, in cima a tutti. Sono giovanissimi, disagiati, vengono dalle periferie, e invece di reagire all’ingiustizia sociale, come americani qualsiasi in preda all’astinenza, in quell’ingiustizia colgono l’opportunità di arricchirsi di soldi e fama. Poveri schiavi, i tatuaggi resteranno loro impressi sulla pelle per tutta la vita. È il fallimento antropologico-culturale di un paese, e il guaio è che sembra un destino.
Pierpaolo Capovilla
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THoO - DEAR KARMA - Crazy Collection - Eau de Parfum - Novità 2024 -
Karma is a bitch. Karma is about the idea of ‘you get what you give’ that is, in a nutshell, the energy you put into the world, into your interactions with others, the same that will return back to you. If you’re kind and generous, you’ll be rewarded with the same coin. It won’t go easy if you fill your existence with negative energy. Karma knows and will give you what you deserve, be it good or bad.
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Rito, contemplazione, riflessione sul presente per agire, migliorandosi, nel futuro, richiamo alla profondità introspettiva, alla ricerca interiore che produca nuovi moti di energia e positività.
Tanti i percorsi esperienziali, molte le citazioni odorose dal fascino repentino e un’altalena di intriganti frammenti sensoriali da cogliere e assemblare con baldanza in questa nuova creazione THoO, la quinta per la collezione Crazy.
In Dear Karma, si perpetua la gioiosa ricercatezza delle illustrazioni di Cristina Mercaldo, immagini che introducono a questo tour olfattivo senza confini, dentro un paradosso bohémien, tra artisti maledetti ispirati dalla fata verde.
Ed è proprio all’assenzio, nota definita da un’aura dannata, che Dear Karma offre il ruolo da protagonista, una vibrazione aromatica intensa, ghiacciata, consumata nell’accordo con la zolletta di zucchero brûlé, quasi una liturgia ribelle che espone alla dipendenza.
Molto pertinente nell’evoluzione l’accostamento all’incenso le cui volute fluiscono lente in un accordo di vivace freschezza con rosa, neroli e zafferano. Sono fumi mistici e vitali a levarsi e dirigersi nella grande riserva odorosa della facette orientale, ricca di legni ambrati, intrisa di patchouli, rassicurante nell’effetto materico del cuoio, robusto e soffice, in esoterica dissolvenza tra vetiver e muschi.
Pura poesia energetica. Karma sa chi merita cosa.
Creata da Cristian Calabrò.
Eau de Parfum 75 ml. Online qui
Scopri le altre fragranze della Collezione Crazy:
Guilty Crush qui e BonBon Pop, Gambling, Wabisabi qui
©thebeautycove @igbeautycove
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Un amore oltre l'amore sopra il rito del legame, oltre il sinistro gioco della solitudine e della compagnia. Un amore che non ha bisogno del ritorno ma nemmeno della partenza. Un amore non sottomesso ai lampi dell'andare e del tornare, dell’essere svegli o addormentati, del parlare o del tacere. Un amore per stare insieme o per non esserlo, ma anche per tutte le posizioni intermedie. Un amore come aprire gli occhi. E forse anche come chiuderli.
Roberto Juarroz, da Quinta poesia verticale, 1974
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Una serata stupenda per tornare a un rito cui ero mancata nelle ultime edizioni (oltre ai due anni di chiusure covid). C'erano più di centomila persone. Ed è stato bello 💞💞💞 ascoltare voci amiche che incrociandoti di nuovo dopo tanto tempo ti dicono con l'inflessione del dialetto: "Te sei uguale".
Lo scrittore tedesco Rudolf Borchardt, originario di Königsberg, diceva che Pisa era un impero delle vele diverso da tutti gli altri. È vero, quest'anima in alcuni momenti si sente ancora.
Grazie, Pisa, per la bellezza, la poesia e il dono dell'arte che generosamente mi hai offerto.
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A wonderful evening to return to a ritual that I had missed in the last few editions (in addition to the two years of covid closures). There were more than a hundred thousand people. And it was nice 💞💞💞 listening to friendly voices that crossing you again after a long time tell you with the inflection of the dialect: "You are the same". The German writer Rudolf Borchardt, originally from Königsberg, said that Pisa was a sailing empire different from all the others. True, this soul is still felt at some moments. Thank you, Pisa, for the beauty, the poetry and the gift of art that you have generously offered me.
#writing#books and art#art#margininversi#media#poetry#arte#Kunst#Claudia Ciardi#Pisa#museum#June#visit italy#night#Rudolf Borchardt#Miracles Square#leaning tower of pisa#San Ranieri#Königsberg#empire
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Esercizio: punto di vista interno all'azione ma esterno a tutti i personaggi che intervengono.
Spiriti Affini
Salone del Libro, New York
La presentazione del libro del rinomato poeta Moltheni stava terminando, qualche giornalista si stava già alzando, venne scattata la foto di rito accanto al cartonato dell’evento e un gruppo di ammiratrici si mise in fila per salutare l’autore e chiedere un autografo. Una giornalista però alzò la voce sopra il brusio, la vidi alzarsi in piedi per attirare l’attenzione:
- Mr. Moltheni, un’altra domanda prego!
L’agente intervenne prontamente, al suo assistito non piaceva essere al centro dell’attenzione, si vedeva che era davvero una sofferenza per lui parlare in pubblico:
- Miss Print, la prego, la poesia non ha bisogno di tutte queste spiegazioni!
Lui guardò comunque verso il poeta, l’interesse dei giornali era sempre una buona pubblicità e ci contava molto: così Moltheni, con un sorrisino rassegnato, accettò di rispondere a questa ultima domanda. Tutti si sedettero di nuovo e la giornalista proseguì:
- La domanda che ancora non ha risposta è: cosa è successo? Cosa è cambiato? Dopo il boom di qualche anno fa lei è rimasto inattivo per molto tempo, ora torna con questo nuovo lavoro del tutto diverso. Qual è l’ispirazione adesso?
“Bella domanda” pensai, valeva davvero la pena fermare tutto per ascoltare una risposta.
Moltheni si prese il suo tempo per rispondere: aggrottò le sopracciglia, fissò lo sguardo in un punto indefinito e notai come si afflosciò un po’ sulla sedia. Stava decidendo se dire la verità? Stava scegliendo quale parte raccontare? O se raccontarla? Infine lo vidi riprendere forma e sostanza: si sistemò composto, bevve un sorso d’acqua e iniziò.
- L’ispirazione è un mondo parallelo. Non intendo dire che sia un luogo di fantasia, è un mondo che esiste davvero e che mi coinvolge totalmente. Solo resta accanto al mio. E talvolta io ho la necessità di portare qui qualcosa di ciò che provo laggiù. L’arte rende reali anche qui quelle emozioni e sensazioni. L’ispirazione dei miei primi lavori era un mondo piuttosto caotico, di prati falciati e spiagge, sole, pioggia e specchi neri, dove però trovava posto ogni parola, ogni musica ne rappresentava una parte. Ci ho vissuto per anni e non mi sono mai sentito solo. Ma diventa logorante dividersi su due piani così a lungo: alla fine bisogna sempre scegliere se lasciare andare quel mondo oppure realizzarlo in questo. Quando si torna ad un’unica realtà ci si trova cambiati: si notano più cose, si cerca di essere più presenti, si dà un significato profondo ai particolari. Ci vuole tempo per ricrearsi e tempo per affidarsi un'altra volta ad un mondo nuovo. Adesso mi trovo a scrivere di una nuova ispirazione, un nuovo universo parallelo: secondo me più ricco, più intimo, perché contiene tutto quello che sono, compreso tutto quel mondo che avevo lasciato. Un’ispirazione che posso condividere qui (e mi piace farlo, o non ne scriverei affatto) ma che vivo nella piena libertà del mio io.
Non sono capace a scrivere della mia vita, posso solo parlare di quello che sento, ecco qual è la mia ispirazione.
Si appoggiò di nuovo allo schienale e tutti restarono in silenzio qualche istante a cercare di capire queste sue parole. L’impressione generale era che avesse parlato in codice, ma che loro non ne avessero la chiave. Potere della poesia!
La giornalista aveva l’aria perplessa, si aspettava qualcosa di diverso: chissà, magari voleva sentire un cenno sulla famiglia del poeta, oppure l’idea di una musa ispiratrice… invece niente, era così geloso della sua privacy! La vidi abbassare lo sguardo delusa.
- Grazie, mr. Moltheni. – mormorò.
A questo punto l’agente a fianco dell’autore si alzò, chiese se c’erano altre domande e mise fine alla conferenza stampa, stavolta davvero.
Subito si formò la fila per chiedere gli autografi. Ci pensai un po’, poi decisi di fermarmi anche io: valeva la pena salutare un collega che a qualunque domanda rispondeva in poesia. Quando il suo agente mi riconobbe nella fila gli brillavano gli occhi! Stava di sicuro già pensando a future collaborazioni, eventi, pubblicazioni… Mi venne male quando mi corse incontro e mi trascinò via. Io e Moltheni ci scambiammo uno sguardo pieno di comprensione mentre venivamo presentati.
Forse non eravamo solo colleghi. Piuttosto spiriti affini.
"È una questione di qualità La tua presenza Rassicurante e ipnotica Mi affascina"
G.
SGN, 04/05/2023, 10:14
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Non ero la persona che ero stato, né la persona che speravo di diventare quando avevo lasciato Brooklyn. Finalmente ero stato imbottito di esperienze, eppure, nel mezzo del tragitto, mi ero anche svuotato. Eliot affermava che la crescita poetica richiedeva “una continua estinzione della personalità”, ed è quello che cominciavo a sentire durante quelle sere: un annientamento di qualcosa di essenziale dentro di me. Il mio mondo era cambiato, all’inizio gradualmente, ma ora, quasi da un giorno all’altro, in maniera sismica. Se il mio “rito dell’innocenza non era ancora sommerso*”, stava tremando sotto l’acqua.
*Riferimento alla poesia di William Butler Yeats Il secondo avvento. “L’onda fosca di sangue dilaga, e in ogni luogo / sommerge il rito dell’innocenza”
#dark academia#citazioni#citazione#citazioni libri#citazione libro#libri dark academia#narrativa#il frutteto#Il frutteto#David Hopen#david hopen#The Orchard#libri letti#the orchard#libri#frasi#letteratura#amore
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L'evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso
Un universo imprevedibile L'evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso edito da Infinito Edizioni è una raccolta di tredici storie, tutte ambientate in un possibile futuro, una cornice per raccontare innanzitutto il mondo interiore dei personaggi. Creature di un’altra galassia si impossessano del nuovo mondo e non resta che opporre “resistenza” per sopravvivere. Molti, però, falliranno, perché non si può mai combattere da soli nella vita. L’uomo è un essere sociale e anche i suoi demoni interiori vanno sconfitti con l’aiuto degli altri. Nell'Evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso il lettore può percepire il richiamo a molti grandi scrittori, tra cui, ad esempio, il poeta e saggista cileno Bolaño, al quale Emmanuel si è ispirato per caratterizzare i personaggi nella loro grande umanità. All’interno dei racconti, oltre all’universo delle intere emozioni e contraddizioni umane, c’è anche spazio per temi di grande attualità come l’ecologia, la guerra e la pace. Come di consueto, ringraziamo Emmanuel Di Tommaso per questa bella intervista che ci ha permesso di sviscerare alcuni argomenti del libro e di approfondire il suo rapporto con la scrittura e i generi letterari. L'evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso Salve Emmanuel, domanda di rito per tutti gli scrittori nuovi qui a Cinquecolonne Magazine: ci racconta brevemente cosa fa nella vita e quali sono le sue passioni? In questa fase della mia vita vivo a Bologna dove lavoro per l’Alma Mater Studiorum nella creazione e gestione di progetti di ricerca in ambito umanistico. La mia più grande passione è la letteratura, che vivo nel doppio ruolo di lettore e di scrittore. Leggo di tutto (dai fumetti ai classici della letteratura russa, finanche alle biografie degli artisti), anche se i miei scrittori preferiti restano Ursula K. Le Guin, Margaret Atwood, Dostoevskij e Roberto Bolaño. Scrivo soprattutto racconti e poesie, e in passato mi sono anche dedicato alla critica musicale e di letteratura. Faccio tutto questo con grande passione ma senza prendermi mai troppo sul serio: concepisco la letteratura come un gioco per comprendere il mondo attraverso la riflessione e il sogno. Lei è autore di numerose poesie e racconti ma non si è mai cimentato nel romanzo? Le interessa oppure è un tipo di scrittura che non le è congeniale? Quando scrivo non mi preoccupo minimamente della forma che assumerà il testo su cui sto lavorando. Credo che le distinzioni tra forme di scrittura come la poesia, i racconti e i romanzi siano ormai superate. Si tratta di categorizzazioni imposte dal mercato editoriale perché per vendere un prodotto occorre prima di tutto definirlo. Per me all’origine della scrittura c’è un desiderio primordiale di smarrirsi in sé stessi per giungere attraverso il lavoro sul linguaggio a una visione più nitida delle cose. Partiamo dal titolo del suo libro per incuriosire un po’ i nostri lettori. Perché “L'evocatore”? a cosa si riferisce il termine? “L’evocatore” è il titolo di uno dei racconti che compongono il libro. Ho scelto di inserirlo anche nel titolo del libro perché trovo che sia il racconto più completo e complesso che io abbia mai scritto: è una storia gotica ma con elementi fiabeschi e di realismo magico. L’epicentro da cui parte la narrazione è un paese in Nord Africa in cui gli abitanti hanno improvvisamente smesso di sognare durante il sonno. Si tratta di un’allucinazione collettiva o di un maleficio? E ancora, è solo il piccolo paese di Chefchaouen ad essere minacciato da queste forze oscure o è il mondo intero? In questo racconto la storia e il destino dell’umanità si mescolano alle memorie individuali e collettive, e non è un caso che il protagonista narrante sia uno sconfitto, uno dei tanti marginalizzati costretti a vivere relegati nella sala d’aspetto della Storia. Tutte le vicende narrate hanno al centro l’uomo con le sue emozioni e conflitti. In base alla sua esperienza, cos’è che cattura di più il lettore? Una buona storia o il racconto del turbinio interiore dei personaggi? In questo caso rispondo da lettore e senza alcun dubbio: il turbinio interiore dei personaggi. La dimensione introspettiva, ciò che i personaggi di una storia pensano e sentono, è in fin dei conti ciò che più ci cattura mentre leggiamo perché ci permette di immedesimarci, di porci delle domande, di riflettere sul senso del nostro transitare per il mondo. Le tredici storie dell’Evocatore e altri racconti sono ambientate in un mondo fantastico. E’ la prima volta che sperimenta questo genere? Lo farà ancora? Durante uno dei primi incontri con il pubblico che sto organizzando per promuovere il libro, un amico molto caro mi ha fatto notare come l’universo a cui ho dato vita nell’Evocatore è molto simile a quello del mio primo libro pubblicato 10 anni fa che si intitolava “Il luogo dei teschi”. Non ci avevo fatto caso ma ciò mi ha fatto comprendere come il mio immaginario sia da sempre costituito sì da elementi e temi fantastici ma anche spietatamente reali e credibili. In questo momento sto scrivendo dei nuovi racconti sul tema della cura (o dell’assenza di cura) nei confronti di noi stessi e degli altri e delle cose che ci circondano. Non è facile ma mi piacerebbe elaborare questo tema all’interno di un mondo fantastico. Per il resto non saprei: quando si impugna la penna non si sa mai in che mondi si può sprofondare, ed è questo per me l’aspetto più affascinante della scrittura. Read the full article
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Lo sapete, la Fotografia è intrinsecamente fedele.
Alla realtà, fedele.
Ciò a cagione della neutralità che gli deriva dall'elaborazione motu proprio.
Ma quanto motu proprio?
Intendo:
se alcune fasi del processo sono indelegabili (dopo aver pigiato il bottone succedono cose dentro su cui non abbiamo facoltà d'influenza) su altre possiamo intervenire.
Qual'è allora il limen, il discrimine?
Il limen che separa la fedeltà dalla snaturalità.
Si è sovente propensi a considerare l'istanza postproduzionale come il luogo della stregoneria:
si era fatta una cosa in situ, la si è modificata a casa.
Come dire:
l'obiettivo non mente, il computer sì.
Ma ora riavvolgiamo il nastro, se V'aggrada farlo.
Torniamo eddunque al momento dello scatto.
Non si aveva alterato ancora niente, in quella fase.
Niente che riguardasse il file, almeno.
Dietro l'obbiettivo ...obiettivo - se mi consentite questo gioco di parole tra aggettivo e sostantivo - un sensore incontaminato.
Sì, in purezza, senza regolazioni extravaganti, come direbbe un canonista medioevale.
Ma anche nell'attimo fatidico impulsi premono.
Vengono da testa e mano, quegli impulsi (e sono benedetti, tra poco lo vedremo).
Marko Polonio è abile anche di mano.
Lo è in quanto Maestro d'ICM (Intentional Camera Movements).
Non è facile agire così, tecnicamente.
Quando ci si riesce, è subito Arte.
E Marko ben ci riesce.
Al servizio di cosa?
Di una virtuosa celazione.
Luci erano, sono divenute filamenti.
Steli, saette.
Alberi, sinanco soldati.
Vive e vivide traettorie, contrappuntano il resto del contenuto come orazione anelante il cielo.
L'opera di Teddy Hariyanto è al servizio di ulteriore Arte, ma di segno opposto:
in luogo di celare, disvela.
C'è un lavoro d'Alto Artigianato, con Teddy.
Alto Artigianato che si fa Rarefatta Poesia.
Incantevole per minimalistico nitore, l'esito che Teddy sortisce.
E' come un fine cesellatore di vetro a Murano, Teddy.
La sua acqua - sì, è "sua" - ci elargisce la moderna scena di un interno di bar.
L'avventore s'approssima al tavolino per il laico rito del brunch.
Oppure no, è un architetto.
E lampada da tavolo quella ch'insistendo assiste l'inclinata superficie.
O fungo è, il centrale oggetto.
Ma l'omino indossa tunica.
Monaco allora, e quella lampada non è da tavolo, bensì un ardente lume che rende possibile il notturno lavoro di un amanuense (non fosse scandito dal ritmo di una Compieta).
Marko, Teddy.
L'uno cela, l'altro disvela.
Ma non sono traditori del reale, loro.
Sublimano il reale, loro.
E' una trasformazione che trasfigura, la loro.
Sì, trasfigurare dalla latina etimologia (trans +figurare).
Danno altra forma, loro.
Forma più alta, nobilitata.
Come Raffaello con l'omonimo dipinto a tempera grassa su tavola.
La direzione di pensiero è quella.
Dare sostanza al sogno, altrimenti esplicitato.
All rights reserved
Claudio Trezzani
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Le donne vanno bene solo per essere portate a letto.
Ogni momento trascorso con loro è un viaggio verso un mondo di passione e bellezza. Immagina, se puoi, il dolce abbandono di una notte condivisa, dove ogni sussurro è un segreto rivelato, ogni tocco una promessa di piacere.
In quel sacro letto, le donne diventano dee della notte, incarnazioni viventi del desiderio e dell'amore. I loro corpi, come morbidi paesaggi di seta, invitano a perdersi, a esplorare ogni valle e ogni collina, a scoprire i misteri nascosti sotto la superficie. Ogni curva è una poesia, ogni respiro un canto che risuona nell'anima.
Portarle a letto non è solo un atto fisico, ma un rito di connessione profonda, un incontro di anime che si cercano e si trovano nella calda intimità della notte. Le loro risate, i loro sospiri, i loro gemiti sono le note di una sinfonia che risveglia i sensi, che incendia il cuore e l'anima.
Il letto è un altare sacro, dove ogni donna si trasforma in un'opera d'arte vivente, un capolavoro di emozioni e sensazioni. E io, umilmente, mi inchinerei davanti alla sua bellezza, adorando ogni istante trascorso insieme, ogni attimo di intimità che ci unisce in un abbraccio senza fine.
E in questo dolce pellegrinaggio, ogni notte sarebbe un viaggio verso l'eternità, dove il tempo si ferma e l'universo intero si riduce alla magia di due corpi che si cercano, si trovano, si amano. La mia donna sarebbe il mio paradiso terrestre, il mio rifugio perfetto, il mio sogno che diventa realtà.
#citazioni#compagnia#distanza#frasi famose#frasi pensieri#mancanza#nuove amicizie#pagine di libri#sentimenti#tristezza
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Napoli, al via la 2a edizione di Sottencoppa, il Carnevale sonico
Napoli, al via la 2a edizione di Sottencoppa, il Carnevale sonico Il 10, 11 e 13 febbraio 2024 torna "Sottencoppa", il Carnevale promosso dal Comune di Napoli. Tre giorni di festa sonora tra i marmi della Chiesa di San Potito e le volte della Galleria Principe di Napoli, con aree destinate a laboratori aperti a cittadini e visitatori di ogni età. Un Carnevale sonico, organizzato da Ravello Creative L.A.B. con la direzione artistica di Giulio Nocera, che vuole abbracciare una mondialità musicale, suoni capaci di popolare la città a partire da profonde specificità, come paradigma accogliente e molteplice. Tenendo assieme – tra le altre – vibrazioni turche, voci e sperimentazioni statunitensi, esperienze musicali italiane, canti egiziani, ritmi panafricani, mistiche persiane. "Giunge alla sua seconda edizione il Carnevale organizzato dal Comune di Napoli, nel segno della programmazione culturale, continua e destagionalizzata, sostenuta dal Sindaco Gaetano Manfredi – dichiara il coordinatore per le politiche culturali Sergio Locoratolo – Un rito che si rinnova, creando senso di appartenenza, condivisione e incontro tra culture e generazioni diverse. Un momento di gioia e divertimento, ma anche di rinnovamento e riflessione in cui si ricorre al linguaggio universale della musica come potente mezzo di coesione sociale, in grado di superare qualsiasi barriera culturale e linguistica. Spazio, anche quest'anno, alle attività per bambini e ragazzi che potranno vivere l'anima della festa partecipando attivamente ai laboratori sui trucchi e costumi e ingegnandosi nella costruzione di maschere in cartapesta". "Il Carnevale è una festa sovversiva che punta a rovesciare i paradigmi nel segno della rigenerazione, per questo l'Amministrazione comunale ha voluto promuoverla anche quest'anno come una sorta di evento sonoro e visivo paradossale e beffardo, nel quale le scene underground e le avanguardie potessero contaminarsi con le tradizioni del folklore globale in un grande gioco istrionico in grado di distoglierci, per un momento, dalla nostra realtà – commenta il consigliere per le biblioteche e la programmazione culturale integrata Andrea Mazzucchi – Sottencoppa è una proposta che non mira a sostituire ma ad aggiungersi alla già ricchissima offerta di parate in maschera dei Carnevali autonomi di quartiere che sono la vera anima del Carnevale napoletano". "Un Carnevale sonico – sostiene il direttore artistico Giulio Nocera – è un modo per ripensare, attraverso il potente simbolo della maschera, i concetti di identità e di cultura: i suoni, le voci, gli strumenti, i generi, quelli della città e quelli lontanissimi - dall'Egitto all'Iran, dall'Uganda alla Bosnia, dallo yaybahar al setar - sono maschere sonore, storie acustiche dell'umano che si traveste e che attraverso il gioco della voce festeggia e protesta. Insieme, nella ripetizione del ritmo, si ritrova il sacro e si ripensano le forme tradizionali, riscrivendo la propria storia". Carnevale ribalta e ridefinisce l'ordine costituito. Saltano le distinzioni e si esaltano le intenzioni. "L'ambizione è generare uno spazio di trasformazioni e mascheramenti sonori in cui possano convivere pop, avanguardia, musiche della tradizione, poesia sonora, strumenti antichi, strumenti inventati, strumenti elettronici. Uno spazio di liberazione e rigenerazione che stabilisce la simbiosi di ritmi fratelli e l'incontro di scenari espressivi distanti", aggiunge Nocera. Il programma è immaginato come una parata di maschere sonore. Apparizioni che manifestano una drammaturgia tesa a guidare gli spettatori in una avvincente scoperta di diversità e somiglianze. Aprono le danze nella Chiesa di San Potito sabato 10 febbraio, il gruppo Tenore Supramonte di Orgosolo con il suo canto misterioso, nato probabilmente in tempi antichissimi dall'imitazione di versi di animali e suoni della natura e inserito dall'Unesco nei patrimoni orali e immateriali dell'umanità. Dal canto sardo alla musica persiana con Kiya Tabassian e Benham Samani che presentano Splendours of Persian Music, un concerto in cui i musicisti si pongono di fronte all'ignoto ed esplorano letteralmente i suoni in ogni istante invitando il pubblico alla ricerca di uno stato di estasi che avvicini all'invisibile. Si procede così dalla sgangherata e tragicomica poesia di Uomo Uccello, al secolo Claudio Montuori, artista di strada che assume le vere e proprie sembianze di un uccello regalando un delicatissimo spettacolo musicale capace di far innamorare adulti e bambini, a Holland Andrews, che attraverso l'uso di tecniche vocali complesse evoca paesaggi sonori di vulnerabile bellezza. Spazio allo yaybahar, strumento post-tradizionale inventato dal turco Gorkem Sen e capace di emettere un suono dalla parvenza quasi digitale, senza l'uso di alcun tipo di elettrificazione, e poi ai virtuosismi del bosniaco Mario Batkovic dedito all'estensione dell'universo della fisarmonica oltre i limiti dell'immaginabile nel solco della lezione della continuous music e dei grandi minimalisti americani. Sarà inoltre il tempo della poesia e delle voci sublimi dell'egiziano Abdullah Miniawy (scrittore/cantante/compositore/ attore), che presenta per la prima volta in Italia il suo nuovissimo progetto in solo per voce ed elettronica. Dopo una prima edizione dedicata al sollevamento in superficie dell'underground e dell'emergente, Sottencoppa 2024 sceglie di includere nella sua programmazione un artista internazionale affermato come Josiah Wise, in arte serpentwithfeet, icona musicale queer e del soul/r'n'b contemporaneo – da alcuni definito come il perfetto incrocio tra Nina Simone e Bjork – in Europa per questa esclusiva tappa napoletana a pochi giorni dal lancio del suo ultimo album. Anche la scena musicale partenopea più giovane è chiamata a partecipare alla festa: dal rap viscerale e travolgente dei Laxxard al rock-noise dolcemente alienante dei Radford Electronics, fino alla prima esecuzione a Napoli di "doppiopasso", creazione per 10 ottoni firmata dal compositore napoletano Renato Grieco che gioca a smontare lo stereotipo della banda. A loro si aggiunge la compositrice, produttrice e cantante capitolina Francesca Palmidessi, portatrice di sperimentazione pop non convenzionale e il duo Abidjan Centrale che propone una selezione di rarissime musiche legate a riti e feste del continente africano. Continua anche in questa edizione la collaborazione con il collettivo panafricano Nyege Nyege, questa volta attraverso la presenza dirompente di HHY and the Kampala Unit che, con i loro ritmi percussivi mutevoli, generano una continua e contagiosa tensione tra rottura e stabilità. Oltre ai concerti, grande attenzione verrà posta ai laboratori dedicati a bambini e ragazzi con la costruzione di maschere utilizzando materiali di riciclo e con laboratori dedicati al teatro delle guarattelle e al travestimento tout court. Il programma SABATO 10 FEBBRAIO 2024 - Chiesa di San Potito - dalle 18.00 alle 24.00 - Tenore Supramonte Orgosolo - Görkem Sen - Kiya Tabassian & Behnam Samani: Splendours of persian music - Holland Andrews - Mario Batkovic - Abidjan Centrale / djset: musiche per riti trasformativi dal continente africano DOMENICA 11 FEBBRAIO 2024 - Galleria Principe di Napoli Laboratori - 11.00 Vorrei essere... Laboratorio di trucchi e costumi per bambini - A cura di Giusi Russo - 16.30 Ho perso il filo Laboratorio di costruzione di maschere in cartapesta - A cura di Claudio Cuomo - dalle 18.00 alle 24.00 Radford Electronics, Tenore Supramonte Orgosolo, Laxxard, Uomo Uccello, Francesca Palamidessi, Abdullah Miniawy, serpentwithfeet, HHY & The Kampala Unit MARTEDÌ 13 FEBBRAIO 2024 - Galleria Principe di Napoli 11.00 Laboratorio teatrale per riscoprire la propria essenza giocosa - A cura di Federica Martina (dai 6 ai 16 anni) 12.00 Pulcinella incontra l'Uomo Uccello - per attori, burattini e musica 19.00 Renato Grieco: doppiopasso - composizione per 10 ottoni - costumi di Canedicoda Gli eventi sono a capacità limitata - L'ingresso è libero fino a esaurimento posti Indirizzi: - Galleria Principe di Napoli / Via Broggia 7 (Ingresso solo da Via Broggia) - Chiesa di San Potito / Via Salvatore Tommasi 1 Per informazioni: - Web - Facebook - Instagram - Mail: [email protected] ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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SHISEIDO - GINZA INTENSE - Eau de Parfum Intense - Novità 2023 - Petali rossi e daishō di samurai. Cuore di Passione. Stilla di Emozione. Passa tutto da qui, ogni volta, la prima volta. Forse basterebbe un Haiku per riassumere la tensione olfattiva della nuova creazione Shiseido - Ginza Intense - poesia dell'anima che cita un frammento di vita, la magia del quotidiano trasformata in un verso (solo 17 sillabe in metrica 5-7-5) protratto all'infinito, parole che richiamano emozioni dell'umano sentire tra natura e stagioni, un lento, raffinato esercizio di stile, sintesi, meditazione. Qui l'IA nulla potrà sul bizzarro estro della fantasia. Mai. È che non voglio scrivere cose intelligenti. Voglio scrivere cose emozionanti. Riferire sogni, dialogare per immagini, sondare col cuore, vedere traboccare quei pensieri sparsi tra sensazioni a picco e in volo. Osservare sguardi profumati, occhi serrati dal piacere, abissi di emozioni come dentro specchi trasparenti e scorgere un puntino lontanissimo, lampo nel buio, la conquista di una nuova luce, di consapevolezza interiore, nella ricchezza della conoscenza. Ispirata alle antiche arti giapponesi Ikebana (la disposizione dei fiori recisi) e Kōdō (il rito dell'incenso), Ginza Intense, elabora un penetrante accordo floreale ambrato. Provocante e passionale svetta questa rosa damascena, carezza di velluto e sospiri di spezie, tanto più audace nel fraseggio fruttato piccante con ribes nero. Come lama liquida affonda nella profondità aromatica dell'accordo boisè, caldo e seducente, di patchouli e vaniglia, a saturare di energia il suo sillage. Il rosso le si addice, potente, sensuale, come un'emozione inarrestabile che esplode spontanea.
Creata da Karine Dubreuil-Sereni e Maïa Lernout. Eau de Parfum Intense 30, 50, 90 ml. ©thebeautycove @igbeautycove
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esercizio di versificazione
Quanti saccenti che non sanno niente Quanti visionari Quanti veggenti Che riempiono di fiamme e di fumo le loro parole E offuscano il senso e la direzione del loro percorso Per sembrare più interessanti Innanzitutto a se medesimi Dando l’impressione che hanno da dire Molto di più di quanto hanno da dire
Guardateli Stanno dicendo ora stesso Molto di più di quello che stanno dicendo Ma il mondo distratto Non riesce a sentire Tutto quello che hanno da dire Signora mia
Ascoltateli La gran parte di loro Non ha nulla da dire Ma lo dice Andando insistentemente da capo Prima che si arrivi alla fine del rigo
Pare che questo sia Il primo motore della poesia Signora mia Immutato dal tempo che fu (Ancor prima che sia nato Gesù) Con tutto lo spreco di carta Che ne deriva e comporta
Ma questo Alla poesia Cosa diavolo importa? Il buon poeta e il poeta buono Sono poco versati nelle circostanze effimere dell’attualità e Nelle problematiche della vita sociopolitica della gente comune
È d’uopo altresì rifuggire la rima Che conferisce al testo Un sapore di buone cose di pessimo gusto
“Meglio un albero senza fusto Meglio un ramoscello o un arbusto Che un caffè dall’aroma robusto Infarcito di un linguaggio frusto trito e ritrito Fatto di formulette che puoi ripetere a menadito Per sfornare il tuo piatto adusto” E fare in modo che Come da rito Nessuno legga Con dovuta attenzione Né possa esservi qualcuno che regga Tutta intera La lettura della composizione
E poi è d’obbligo suonare esoterici e oscuri Ma questo credo di averglielo già detto Signora mia
Oppure giocare a fare i banali Per nascondere quanto banali si sia per davvero Dietro un muro di simpatiche anafore Infarcite di battute ad effetto E colpi di teatro Fatti per essere detti in pubblico Tra il rumore dei bicchieri e qualche rutto che dia ritmo alla serata
O anche (E con questo passo e chiudo) puntare a più amplie platee Discettando di natura a chi vive in città E darsi pose da provinciale universale Essendo trito ed essendo banale Come il pane senza sale Che ti danno in ospedale Per accompagnare la pastina e il merluzzo (E se ti va bene Arriva anche una mela Avvolta in una bustina di plastica Trasparente ma opaca )
Per il resto Le consiglio di seguire il mio laboratorio di poesia Costa pochissimo e le assicura un posto in prima fila Nel nulla della poesia contemporanea Nel quale m’onoro di naufragare Come chi ha di fronte un bicchiere E si sente nel mare
Il che (non) è norMale Signora mia
-https://aitanblog.wordpress.com/2022/06/
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Un caffè e...
L’idea non è mia ed è per questo che vado a scrivere queste poche righe introduttive: per certificare ed evidenziare come io mi stia appropriando di un delizioso e piccolo modulo compositivo che .@myorizuru ha creato, anzi, che ha tirato fuori da quella enorme borsa stile Mary Poppins con cui mi piace pensare si accompagni. Ne ha scritti tantissimi, lei, tutti splendidi e tutti volti a metaforizzare, ad allegorizzare, quel piccolo rito di accompagnare al caffè mattutino, per tanti di noi una necessità, un qualcosa che lo rendesse capace a risolvere, se non altro nel brevissimo istante del suo consumo, tutti i nostri guai. Nel tempo di un caffè, proprio come @neltempodiuncaffe, che è stata, con scritti, titolo del blog e scelte editoriali ulteriore fonte di ispirazione. Ed infine @vefa321, che leggo, ogni volta che pubblica il suo editoriale mattutino, proprio mentre il caffè lo sto prendendo e che, anche lei, del caffè e delle riflessioni che induce è una esploratrice.
E poi @gatta-tequila, @molecoledigiorni, @susysworld, @susy-71-blog, @lampisenzarumori , @bicheco, @sullen-snowflakes , @silentaalienation , @portamiaguardareilmare, @lanuovapelledimarvin, @thymos-00, @petunia76love, @panecarasau, @marengolamarengola, @malefica67, @instabileatrofia, @corallorosso, @curiositasmundi, @clouddep, @senzametablog, @ilguardianodelfaro, @giuliopaolocesare, @simolegheg75, @divononcasto, @trepuntini, @guidogaeta, @x-yanara-x, @lanymphedaphne, @sig-pioggia, @nicolamazzilliliberopensatore, @occhietti, @pervincadelleforre, @perpassareiltempo, @bo-bo-kaminsky, @cloverviola @solosilvia, @cool-l-incantatrice, @ilfascinodelvago e tutti quelli che sto dimenticando, i cui blog frequento con piacere, quasi fossero riti quotidiani, alla caccia di poesia, opinioni, aneddoti, compagnia, confronto e chi sa che altro
Questa mattina, quindi, per iniziare: un caffè e la vostra compagnia, graditissima se non indispensabile, grazie.
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