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VERITÀ O SAGGEZZA?
Esiste il Bene e il Male, nel senso di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato in assoluto?
Cosa vuol dire "in assoluto"? Vuol dire uguale per tutti, valido allo stesso modo per tutti.
Può mai esistere qualcosa che sia valido allo stesso modo per tutti? Può mai esistere ad esempio un modo di vivere che, se scelto, farebbe star bene chiunque?
Oppure dobbiamo ammettere che adottare un certo modo di vita può far star bene qualcuno, mentre qualche altro ci starebbe male e qualcun altro ancora ci starebbe malissimo?
E ancora, ciò che oggi ci fa star bene, domani ci può far star male. Perché? Perché tutto cambia, e anche noi cambiamo nelle nostre esperienze e quindi nelle nostre convinzioni.
Quindi non esistono Bene e Male "assoluti", ma solo convinzioni personali su ciò che è bene e che è male. Ovviamente ognuno può farsi anche convinzioni che riguardano non solo sé stessi ma anche gli altri, il mondo.
La Saggezza della Tradizione ad esempio, è proprio questo. Si tratta di convinzioni che alcuni uomini si sono fatti circa cosa fa stare bene o male gli esseri umani, sulla base di ciò che quegli uomini hanno sperimentato. Non si tratta di "verità assolute", ma di convincimenti il cui pregio risiede semplicemente nell'essere stati derivati dall'esperienza di persone che hanno voluto impegnarsi in cammini seri, profondi, condivisi con altri, sfruttando in profondità le capacità di osservazione, ragionamento e intuizione degli esseri umani.
Questa è la Tradizione. Questo è il patrimonio che ci hanno lasciato Platone, Eraclito, Giordano Bruno, Nietzsche, Jung, l'Induismo, il Buddhismo, il Tao, i Vangeli.
Non verità assolute, insuperabili, statiche. Ma convincimenti validi, perché basati su esperienze, ragionamenti, intuizioni; condivise, continuamente rivisitate, dinamiche e quindi arricchite di epoca in epoca, da sapiente a sapiente. Convincimenti validi ma sempre discutibili, non pretese di verità incontrovertibile. Ma il fatto di essere discutibile non significa che la saggezza di un'intera epoca di pensatori, come ad esempio i pensatori vedici, possa avere lo stesso valore dell'opinione di un presuntuoso Giufà che dice la sua su un social, senza aver compiuto alcun cammino, senza essersi confrontato con nessuno.
Giufà potrà sempre dire ciò che vorrà, ma la validità di ciò che dirà rimarrà sempre quella che si può attribuire a un presuntuoso arrogante, cioè a mio avviso nulla. Domani potrà tranquillamente nascere un Saggio che diffonderà convincimenti che arricchiranno i Veda o i Vangeli, ma dovrà essere davvero un uomo profondo e di valore, e non potrà mai farlo senza confrontarsi con altri uomini profondi e di valore.
Ecco perché accettare che non esiste Verità assoluta non significa essere banalmente relativisti e credere che ogni Giufà abbia il valore di Platone. Platone non possiede la Verità assoluta, ma è infinitamente più saggio di Giufà.
Invece di cercare cose "vere in assoluto", o il Bene e il Male assoluti, gli esseri umani dovrebbero cercare un sapere valido.
Ed è valido solo ciò che deriva dall'esperienza, dal ragionamento e dall'intuizione condivise fra esseri umani che vivono e condividono, cioè che vivono ed amano.
Per questo occorrerebbe avvicinarsi alla Tradizione senza cercare maestri, ma amici saggi.
Accompagnarsi alla saggezza, non all'autorità. E non cercare di camminare sui sentieri degli altri, ma viaggiare il proprio viaggio, possibilmente accompagnandosi di tratto in tratto con buoni compagni, coscienti che per quanto camminiamo in compagnia, il nostro cammino lo fanno sempre i nostri piedi non quelli degli altri.
I buoni compagni, i saggi, sono molto più difficili da trovare dei maestri. La saggezza è molto più difficile da trovare della verità assoluta. Di maestri che vendono verità assolute ce ne sono quanti ne vogliamo, perché il modo più semplice di operare, quello che fa spendere meno energie è proprio quello di convincersi di possedere verità assolute e di venderle agli altri per realizzare un ricavo. Perciò in molti scelgono di operare in modo presuntuoso e arrogante.
Invece di saggi ce ne sono pochi, perché i saggi non vogliono venderci nulla. I saggi, come Socrate, hanno compreso l'unica verità assoluta, che è la negazione di sé stessa: non esiste la verità assoluta, l'unica cosa di assoluto che si può sapere è quella di non sapere nulla di assoluto.
La Saggezza invece esiste, e non è qualcosa che si trova e si possiede, non è qualcosa che qualcuno può insegnarci, trasmetterci, darci.
La Saggezza non è un oggetto, ma uno stato dell'animo, in cui si può entrare in un unico modo: vivendo pienamente, con gli altri, con la Natura.
(Domenico Rosaci)
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Videoclip Brucia - Giufà
Brucia, brucia, brucia l’amore, il sentimento, il peccato e il pentimento, rucia il sole e il peperoncino, brucia la sabbia e il difficile destino, brucia il tradimento, brucia l’estate e il suo vento, brucia il fuco ed i sogni, brucia non avere e non saziare i propri bisogni, brucia chi un amore non ce l’ha, brucia brucia pure Giufà.
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Giufà, la luna, i ladri e le guardie, 1984, Frank Stella
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Tra le cose belle di oggi, c'è la fiaba russa "Caval sauro, caval mauro" che è una specie di crossover tra la gatta Cenerentola e le fiabe di Giufà o Giovanni matto della tradizione nostrana, con Ivan che è il fratello bistrattato che ama stare sulla stufa e che riceve un dono dal padre morto e conquista la principessa Bella-come-nessuna sotto mentite e migliorate spoglie. Scappa e torna a casa e i fratelli non gli danno credito, ma la principessa lo riconosce nonostante si sia di nuovo trasformato nella sua versione sporca di fuliggine e "le cose, dopo, non furono lunghe: un allegro banchetto e poi le nozze".
In questi giorni mi stanno passando per le mani i miei millemila libri e la tentazione di fermarmi a leggere tutto è estenuante. Resisto solo perché so che prima o poi li tirerò di nuovo fuori dalle scatole in cui li sto chiudendo. Una fiaba ogni tanto però me la devo concedere, altrimenti scoppio XD
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L'incontro tra due voci incredibili della narrativa italiana: Luciano Funetta dialoga con Andrea Esposito, autore di Voragine (@ilsaggiatoreed ) Un incipit che lascia senza fiato: "Sono venuti a scacciarli. Giovanni aveva cinque anni e il fratello sette e il padre li ha portati via senza dire niente. Hanno dormito in case sconosciute. Passavano da una casa all'altra senza sapere nemmeno il nome di chi li ospitava. Cadevano come una bottiglia rotola giù per una scala. Quando sono venuti a chiamarli il padre parlava solo con sussurri e si mordeva le labbra e le dita fino a farsi uscire il sangue. E per la prima volta Giovanni ha visto i fratelli del padre alti e magri come lui. Con il freddo era morto il padre del padre e i fratelli si erano spartiti le sue cose e al padre di Giovanni era toccata la casa tra una ferrovia morta e le mura di un acquedotto romano.il padre ha pulito e costruito e ha buttato e bruciato e ha chiuso e rimpiazzato. Sono entrati un giorno nella casa dove il padre sarebbe impazzito. Sono entrati insieme nella casa in cui il fratello sarebbe morto. Sono entrati in silenzio nella casa che Giovanni avrebbe visto inghiottita." (presso Giufà Libreria Caffe') https://www.instagram.com/p/Bepi-htHeu4Te8GwGXN8vberyWiFqGg0qqJnPg0/?utm_medium=tumblr
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👁️🗨️ Buongiorno followers. Con enorme gratitudine vi comunichiamo che anche @canicola_edizioni ha deciso di adottare Spine come ha fatto ieri @erisedizioni. "vista la situazione generale ci siamo chiesti se i libri fossero un bene di prima necessità tale da giustificare la movimentazione dei corrieri e siamo andati in un corto circuito etico. Poi abbiamo deciso di proseguire, capiremo fino a che punto avrà senso questa operazione in relazione agli sviluppi complessivi. Di che si tratta? 🔴 Dal 25 marzo Canicola adotterà una libreria / fumetteria / negozio di dischi + fumetti / libreria per bambini e ragazzi, al giorno nella speranza che anche altre case editrici scelgano di aderire a questa iniziativa e più in generale che tutti insieme possiamo interiorizzare la delicatezza del momento." Risma bookshop, Libreria piccoloblu, Giufà Libreria Caffe', Spazio bk, Belleville Comics, Torino, Libreria modo infoshop, SPINE Bookstore, Volume - dischi e libri, Libreria Castello Di Carta, Libreria MarcoPolo #adottaunalibreria . . #spinebookstore #Spine #Bari #Puglia #Italia #libri #fumetti #autoproduzioni #smallpress #albiillustrati #microproduzioni #editoria #edizioni #italiane #estere #stampe #graphicnovel #illustrazione #arte #poster #bookshop #indipendente #independentbookshop #illustration #Europe #presentazioni #autori (presso SPINE Bookstore) https://www.instagram.com/p/B-HB3MmgmT4/?igshid=1hgzkwc75s39m
#adottaunalibreria#spinebookstore#spine#bari#puglia#italia#libri#fumetti#autoproduzioni#smallpress#albiillustrati#microproduzioni#editoria#edizioni#italiane#estere#stampe#graphicnovel#illustrazione#arte#poster#bookshop#indipendente#independentbookshop#illustration#europe#presentazioni#autori
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21/01/20 : TELLING STORIES
AIMS OF THE LECTURE
- To introduce and discuss theories around narratives and stories
- To practise the ability to critique images and artefacts
- To develop the ability to make links between culture and arts practice
- To develop the ability to communicate a response to material shown
We are surrounded by stories in day to day life
Linking towards social media - says something about you and how you communicate
If today you post a Facebook or Instagram update, you are telling a story. The story you want the world to know. Instagram and Facebook both have a platform called Stories, where snippets of our day represent the narrative action we want to share with our followers and friends.
Storytelling is the thing of today. Brands tell stories. Politicians want us to know their stories. Artists live their stories in their art
‘Texts’ that could hold a narrative?
…novels, comics, films, tv series, plays, films, children’s books, animation, games, photographs, news stories, magazine covers, folktales and myths, book covers, paintings, editorial illustrations, window displays, packaging, logos…
poetry
Songs - music videos
Social media
Visual image can be ready as text
Each and every individual could be a narrative constructing our own narrative
Plato mentions old women going down to the harbour to comfort the victims bound for the Minotaur’s table by telling them stories… This is partly a point about social history: people told stories before mass literacy; but it is also about desire: what is loved in stories is often an imagined link to a long, living lineage.
Marina Warner, Once upon a Time
Athenian Girls Drawing Lots to Determine which among them Shall Be Sent to Crete for Sacrifice to the Minotaur
Jean-François-Pierre Peyron (1744–1814)
- Every individual can view a different narrative/story
- blue was the most expensive colour to be worn
- semiotic understanding
- immediate emotional response
- each generation can hold and change the narrative to fit them
A need to tell and hear stories is essential to the species Homo sapiens – second in necessity apparently after nourishment and before love and shelter. Millions survive without love or home, almost none in silence; the opposite of silence leads quickly to narrative, and the sound of story is the dominant sound of our lives, from the small accounts of our day's events to the vast incommunicable constructs of psychopaths.
Edward Reynolds Price
Questions that we were asked within the lecture:
What’s the first story you remember being told?
My grandmother used to tell me the myth that if I ate apple seeds that an apple tree would begin to grow in my belly.
What’s your favourite story?
I believe the my favourite stories stemmed from my childhood as I trust that is when stories are most impactful on yourself as an individual
Stories that we wish to tell over and over again
- an element of nostalgia
- possibly about morals and values
- passing down messages using universal metaphors
- being re told though many different dynamics
William Shakespeare’s Romeo and Juliet (1595)
Warm Bodies 2013
West side story 1961
Gnomeo and Juliet (2011)
Private Romeo (2012)
Same Old Story
The Taming of the Shrew (1967)
10 Things I hate about you (1999
CULTURAL STORIES
Cultural narratives are stories that help a community structure and assign meaning to its history and existence. Cultural narratives include creation stories, which tell a story about the community's origins, and fables, which help teach moral values and ethical behavior. Cultural narratives help a community reinforce societal norms, preserve its history and strengthen its identity through shared knowledge and experience.
Juha and his Donkey
Juha first appeared in an Arabic book of the ninth century, though this was likely adapted from an older oral tradition. From there, Juha quickly splintered to the far ends of the Mediterranean world. He followed the Arabs to Sicily, where he became known as Giufà. In Turkey, his legend merged with a Sufi mystic called Nasruddin, while the Ottomans exported him to the Balkans. Some even claim that Juha inspired Cervantes’s “Don Quixote���
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STORIES AND NARRATIVES
- What is the difference between ‘story’ and ‘narrative’?
- Story = a sequence of events (plot)
- Narrative = the way those events are put together to be presented to an audience.
narrative
/ˈnarətɪv/
noun
a spoken or written account of connected events; a story.
"a gripping narrative"
story
/ˈstɔːri/
noun
noun: story; plural noun: stories
an account of imaginary or real people and events told for entertainment.
"an adventure story"
NEWS STORY
- all telling the same story
- however, the narrative changes within each one
- narrative changes depending on values and political values
Narrative Theory
“Narrative theory starts from the assumption that narrative is a basic human strategy for coming to terms with fundamental elements of our experience, such as time, process, and change, and it proceeds from this assumption to study the distinctive nature of narrative and its various structures, elements, uses, and effects….More specifically, narrative theorists study what is distinctive about narrative (how it is different from other kinds of discourse, such as lyric poems, arguments, lists, descriptions, statistical analyses, and so on), and how accounts of what happened to particular people in particular circumstances with particular consequences can be at once so common and so powerful... ....Narrative theorists, in short, study how stories help people make sense of the world, while also studying how people make sense of stories”.
The Ohio State University
If you re-shuffled a story’s events you would essentially have the same story, with a new narrative – a new way of representing the storyTherefore, Narrative Theory explores the construction of the story ie. the way it has been put together, not the story itself.
Matt Madden,
99 ways to tell a story
(the basic/ template story)
Matt Madden,
99 ways to tell a story
(fixed moment in time)
Matt Madden,
99 ways to tell a story
(single image)
Matt Madden,
99 ways to tell a story
(style and genre)
Nathan Pyle
Narrative of the Image
Dorothea Lange
1936, California, US Lange’s most famous photograph was taken in a pea-picker camp in Nipomo, California. The woman’s name was Florence Thompson. She is the mythical mother, the unshakable fortress-refuge of our childhood fantasies, the one to whom we can turn when there is no one else.
Photograph: Dorothea Lange/Hulton Archive/Getty
The picture of revellers in Manchester, captured by Joel Goodman in the early hours of New Year’s Day 2016, became a viral sensation, retweeted 29,000 times, after the BBC’s Roland Hughes noted on Twitter that it resembled a beautiful painting.
The Fibonacci sequence
Renaissance artists would use the ratio with the visual aid of the Fibonacci spiral, which is created by drawing circular arcs connecting the opposite corners of squares in the Golden Rectangle. It was devised by mathematician Leonardo Fibonacci in the year 1202.
Pictures like this are often described as "accidental Renaissance", indicating that they inadvertently conform to traditional Renaissance ideas of beauty and symmetry. They often seem to fit the principle of the Golden Rectangle – a rectangle (shown below in pink) used by Renaissance artists where the longer side (a) plus the shorter side (b) divided by the longer side (a) is equal to the longer side (a) divided by the shorter side (b).
Narrative in a Digital Age
“The computer and the screen have revolutionised book production, but the prophet in me sees another more radical revolution, and it has to do with the nature of language itself. With the predominance of textual language we forget that language was first meant to be spoken not written and read. In the beginning was the Word and the Word was spoken. Stories were told. Instructions were given. Then the stories and instructions were memorised and passed down not in scrolls and scriptures, but by word of mouth. Stories were dramatised and then became dramas that were acted out. The actors memorised and passed the text on to the next generations through the formal traditions of drama, storytelling, teaching and memorisation.”
Longenecker (2018)
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Accidental storytelling… Never, ever read the comments!
“There are multiple belief patterns in our society and many different types of narratives; however, the majority of these are repressed. The dominant classes have created a norm, a standard that is passed off as “natural” instead of as a social construction. This standard is reinforced by institutions, such as the church, schools, and government. However, this dominant ideology excludes many peoples, their culture, and their ideas. Outsider art and subjugated narratives have been continually produced as a response to the dominant ideology. What are some of these subjugated narratives and what forms do they take?”
Outsider Art
ART THERAPY PROCESS
The Palestinian Trail of Fish: Artist's Graffiti Dives Into Heart of Refugee Struggle.
Albaba leaves behind familiar Palestinian symbols, opting instead for his 'trail of fish,' a metaphor for refugees as fish out of water. “Keep in a dry and cool place far from the sun’s rays,” and below it is a comment in smaller letters: “Date of manufacture – 1948.” Alaa, The work is part of a series called the “Route of the Fish,” which depicts the tragedy of the Palestinian people in this country not through the traditional association with the land, but rather via the experience of being cut off from the sea. The Palestinian refugees who long to return are represented as fish out of water, hung up to dry, or squeezed into a can of sardines like those that were distributed by the UN Relief and Works Agency for Palestine Refugees after 1948. It deals directly with the Palestinian Nakba (or “catastrophe,” when more than 700,000 Arabs fled or were expelled from their homes during the 1947-49 Israeli War of Independence) and the refugee experience.
Alaa Albaba (image taken 2015)
Prison Tattoos
Graffiti
Narrative - Jason S Polley
“My tattoos, or, rather, my single narrative tattoo, essentially charts the Eastward migration of Buddhism from its Hindu sources in India through its multiple manifestations / incarnations / influences in Tibet, Myanmar, Thailand, Indochina, China, and, finally Japan. Not unlike Shakespeare’s Parolles, from the ironically (at least from Parolles’ point of view) titled All’s Well that Ends Well, before I put my once-discrete tattoos into dialogue, into the development of classical narrative arcing, I was a “man of shreds and patches.” A tattoo here, a tattoo there. I found my nine scattered tattoos aesthetically unsightly. So over an 18-year period I worked (with the help of tattooists from Canada, Thailand, Colombia, India, Israel, Vietnam, and Hong Kong) on establishing an interconnected narrative. A story. But a postmodern story: one that includes, among other things, fragmentation, flashback, back story, interruption, and openendedness. There’s no single reading of my story of Buddhist passage.”
The nesting place of the storyteller, Walter Benjamin pointed out, are in the loom shed and at the spinning wheel, in the fulling barn and the kitchen when doing tedious tasks - shelling peas in readiness for storing, sorting pulses for bagging, bottling and preserving. Stories were told to alleviate harsh labour and endless drudgery - and they were passed between generations - by the voice of experience, filled with the laughter of defiance, and the hope of just deserts.
Marina Warner, Once upon a Time
Narrative Fashion
- The art of creating the blouse passed from generation to generation. Women kept the tradition of sewing from mother to daughter.
- Embroidery designs can identify a region of the country or contain a special meaning - while decorative, they are also symbols of cultural beliefs and heritage.
- Narrative in Clothing
- Traditional Romanian Peasant Blouse
“EVERYONE tells stories. Narratives powerful like ancient Greek myths and the Bible have taught us how to relate to certain values and how the impact of stories shape our lives. When fashion designers and brands use these very same narratives, they become the storyteller, the expert of storytelling and apparel comes alive.”
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Crafting Narrative
Exploring how makers and designers are using objects and making ,to tell stories.
CRAFTING NARRATIVE AT PITZHAN
MANOR GALLERY (2014)
Swedish graduate Hilda Hellström contacted the last person still living inside the evacuation zone, Naoto Matsumura, and collected soil from his rice fields that can't be farmed due to contamination.
Hellström hopes the vessels - as unsuitable for food storage as the fields are for growing - will act as symbolic objects to help people understand the enormity of the disaster.
Craftsmen usually imitate antique vases in a batch and highly standardized way. I was anxious to criticize the current situation of imitation and even plagiarize and compare it with the situation in Chinese feudal period and the situation in other countries. However, a graduate work from Hao zhen-han (2013) called ‘Imitation, imitation’ made me have a critical thinking about Chinese imitation culture. It is a video documented different people work on ceramic industry and view it in a historical context. This work uncovers the social, political and economic implications of Chinese imitation culture. Hao's unique idea that has a positive attitude toward imitation made me reflect on the ceramic industry in Jingdezhen from an object and historical view.
IMITATION IMITATION, ZHENHAN HAO, 2013. PART OF CRAFTING NARRATIVE AT LONDON DESIGN FESTIVAL 2014
Task
Based on today's lecture, find examples of relevant work in your discipline and apply this to your reflection; consider how you would explore some of these themes in your own work.
References:
http://livedoor.blogimg.jp/mement_mori_6/imgs/1/e/1ebc1252-s.jpg
http://dujye7n3e5wjl.cloudfront.net/photographs/1080-tall/time-100-influential-photos-dorothea-lange-migrant-mother-23.jpg
https://www.shwrm.com/themagazine/five-beautiful-fashion-narratives/
https://blouseroumaine-shop.com/en
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«L’involuzione della politica del Pd sui diritti umani e di cittadinanza costituisce per me un ostacolo non più sormontabile.»: la lettera di Gad Lerner sul naufragio del PD
«L’involuzione della politica del Pd sui diritti umani e di cittadinanza costituisce per me un ostacolo non più sormontabile.»: la lettera di Gad Lerner sul naufragio del PD (di Gad Lerner, fonte Nigrizia) Correva l’anno Duemila, lo stesso anno in cui ho cominciato a scrivere Giufà, la rubrica per Nigrizia, quando ho sentito per la prima volta un noto leader politico italiano proporre al telegiornale: “Dobbiamo sparare sulle imbarcazioni degli scafisti, affondiamole!”. In quel momento dirigevo il Tg1 e mi toccò dargli qualche minuto di gloria, pur sapendo entrambi che la sua sparata avrebbe lasciato il tempo che trovava. Nei diciassette anni successivi, tale ideona bellicosa è stata replicata infinite volte, sempre con la medesima prosopopea e in favore di telecamera, da leader di opposti schieramenti (dal centrodestra, al centrosinistra, ai grillini). Non mi stupisce, dunque, se quest’estate un tipo come Salvini, che sempre deve manifestarsi il più assatanato di tutti, sia giunto a chiedere anche l’affondamento delle navi delle organizzazioni non governative (ong), colpevoli di supportare gli scafisti. La falsa emergenza che descriveva la penisola italiana invasa da orde incontenibili di migranti, smentita dalle cifre ma alimentata dai giornaloni che si trincerano dietro alla scusa del “percepito”, e così manipolano la realtà, si rivela per quello che è: non una “emergenza migranti”, ma una “emergenza elezioni”. Se i giornaloni e le televisioni fanno da megafono a chi sproloquia di invasione, e gli italiani si sentono invasi, ahimè in automatico i politici di ogni ordine e grado innescano il refrain “stop all’invasione”. Questo sta succedendo, e dobbiamo trarne le conseguenze. Per me la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la campagna di denigrazione mossa contro le ong impegnate nei salvataggi in mare. Culminata in accuse di complicità con gli scafisti e tradotta nella pretesa governativa di sottometterle a vincoli non contemplati dal diritto internazionale né dai codici di navigazione. Scusate se approfitto, forse impropriamente, di questo spazio che mi è tanto caro. Ma è venuto il momento di formulare anch’io un mio bilancio di fine legislatura su una materia, quella dei diritti umani, dei diritti di cittadinanza, dei rapporti presenti e futuri fra le due sponde del Mediterraneo e di un contrasto efficace al terrorismo, che considero di importanza cruciale. Non solo in quanto ebreo, ex apolide, figlio fortunato di più migrazioni. Ma proprio come cittadino italiano che, dieci anni fa, è stato fra i promotori di un Partito democratico i cui valori fondativi vedo oggi deturpati per convenienza. Metto in fila l’operato degli ultimi tre anni. La revoca dell’operazione Mare Nostrum con la motivazione che costava troppo e con limitazione del raggio d’azione della nostra Marina Militare. La mancata abrogazione del reato di immigrazione clandestina, per ragioni di opportunità. La soppressione, solo per i richiedenti asilo, del diritto a ricorrere in appello contro un giudizio sfavorevole. La promessa non mantenuta sullo ius soli temperato. E, infine, la promulgazione di questa inedita oscena fattispecie che è il “reato umanitario” mirato contro le organizzazioni non governative. Dietro a questa sequenza si riconosce un vero e proprio disarmo culturale. Vittimismo. Scaricabarile. Caricature grossolane della complessa realtà africana con cui siamo chiamati a misurarci. Il tutto contraddistinto da una impressionante subalternità psicologica alle dicerie sparse dalla destra. Lo scorso 13 agosto, sul Corriere della Sera, Luciano Violante raccontava di essere rimasto senza parole davanti a un vecchio calabrese che, indicandogli un gruppo di africani, si lamentava: «Per loro lo stato spende 35 euro al giorno, per mio figlio disoccupato, invece, non fa niente». Ecco, mi lascia costernato che neanche un uomo delle istituzioni come Luciano Violante si mostri capace di far notare a quel cittadino che, per fortuna, lo stato ha speso e continuerà a spendere molto, ma molto di più per suo figlio che non per gli immigrati. Ne ha perso forse contezza, l’ex presidente della Camera? Ho ben presente l’importanza dell’unità dentro un partito grande e plurale. So anche che nel Pd continuano a essere numerosi coloro che hanno a cuore gli ideali oggi deturpati. Ma io che avevo visto male la scissione, né ho considerato motivi sufficienti per un divorzio le riforme istituzionale e il jobs act, ora, per rispetto alla mia gerarchia di valori, mi vedo costretto a malincuore a separarmi dal partito in cui ho militato dalla sua nascita. L’involuzione della politica del Pd sui diritti umani e di cittadinanza costituisce per me un ostacolo non più sormontabile.
(di Gad Lerner, fonte Nigrizia) Correva l’anno Duemila, lo stesso anno in cui ho cominciato a scrivere Giufà, la rubrica per Nigrizia, quando ho sentito per la prima volta un noto leader politico italiano proporre al telegiornale: “Dobbiamo sparare sulle imbarcazioni degli scafisti, affondiamole!”. In quel momento dirigevo il Tg1 e mi toccò dargli qualche minuto di gloria, pur sapendo entrambi…
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Domenica 29 gennaio, dalle ore 13 alle ore 19:00, presso lo Spazio sociale 100celleaperte in Via delle Resede 5, a Roma, si terrà il Pranzo solidale con e per il Baobab. Nato nel 2004, il Centro Baobab, una vecchia vetreria abbandonata situata in via Cupa 5 tra il piazzale del Verano e la stazione Tiburtina, negli ultimi anni è stato utilizzato per attività culturali e di prima accoglienza. Dal 12 giugno 2015, questa struttura è diventata un contesto di azione autogestita da parte di liberi cittadini che spontaneamente hanno prestato il loro tempo per accogliere migranti o rifugiati in transito sul territorio romano. Dal 30 settembre 2016, dopo il secondo importante sgombero avvenuto a via Cupa (noi ne avevamo parlato qui e qui), i volontari e attivisti di Baobab Experience hanno dato vita a un nuovo presidio presso la stazione Tiburtina. Un collettivo, quindi, formato da cittadini, lavoratori, disoccupati, studenti, medici, artisti e persone di ambo i sessi, di ogni ceto sociale e di ogni generazione che da mesi si stanno mobilitando per i diritti dei migranti e il loro libero transito. Appuntamento, quindi, per domenica 29 gennaio alle ore 13 per un pranzo “Vegan- Meticcio”. A seguire il BAOBAB SI RACCONTA. INCURSIONI MUSICALI. Parteciperanno i musicisti: Luca PAGLIANI, Nicola PUGLIELLI, Giufà GALATI, Alberto POPOLLA, Fabio GUANDALINI, Adriano LANZI… (la lista, in ordine di partecipazione, è in continuo aggiornamento) La sottoscrizione al buffet vegan del pranzo andrà interamente a sostegno del collettivo Baobab. Clicca qui per l’evento Facebook
https://m.facebook.com/events/764237697058101/
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Giufà Live @ Paléo Festival, Nyon - Dalla Grecia Alla Sicilia
Nella cultura popolare siciliana Giufà è un personaggio delle farse paesane, un contadino che dietro un apparente bonarietà è furbo e grazie alla furbizia riesce a districarsi dalle situazioni più difficili. Alle volte Giufà appare solo come il contadinotto stupido ed ingenuo che compie sempre disastri a rappresentare come senza furbizia nessuno può sopravvivere nell'isola. Il gruppo musicale i Giufà, partendo dalla tradizione siciliana si allargano a suoni e temi dell’area balcanica, in un continuo rimando ed assimilazione dove l’elemento estraneo diventa elemento siciliano come per secoli è sempre stato nella nostra cultura.
In Sicilian popular culture Giufà is a character of village farces, a farmer who is cunning behind an apparent good nature and thanks to cunning he manages to extricate himself from the most difficult situations. Sometimes Giufà appears only as the stupid and naive peasant who always makes disasters to represent how without cleverness nobody can survive on the island. The musical group i Giufà, starting from the Sicilian tradition, widens to sounds and themes of the Balkan area, in a continuous reference and assimilation where the foreign element becomes a Sicilian element as it has always been in our culture for centuries.
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Giufà, la luna, i ladri e le guardie, 1984, Frank Stella
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Critica al romanzo anti-Salvini. “Il censimento dei radical chic” di Giacomo Papi, ovvero: se la letteratura fosse l’ovvio dei popoli, questo romanzo meriterebbe il Nobel
A quale libro e autore pensiamo quando sentiamo la parola distopia? A 1984 di George Orwell, a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, a Sottomissione di Michel Houellebecq o alla trilogia Hunger games di Suzanne Collins. Tutte storie che trasportano il lettore in un futuro nel quale le tendenze sociali hanno condotto a scenari estremi, società invivibili, apocalissi di ogni genere. Uno scrittore di romanzi distopici è come un agricoltore che vede un seme di gramigna e, disperato, avverte i suoi vicini del pericolo che l’erba, serpeggiando, infesti tutti i campi.
Il censimento dei radical chic, Feltrinelli, 13 euro (al mio paese è il prezzo di una pizza e birra media), celebrato da diversi critici come un avvertimento per le generazioni future, non possiede una scrittura di catastrofe e non mette il lettore sull’orlo dello spaventoso abisso tra presente e futuro che fa tremare le vene e i polsi. È un romanzo molto sciatto che non provoca paura né risate. È un già detto, un già sentito, già urlato nelle piazze e giudicato in centinaia di articoli, interviste, trasmissioni televisive.
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C’è un buono, Giacomo Prosperi, un intellettuale che, da giovane papà, faceva addormentare la figlia leggendole Le streghe di Roald Dahl e, anni dopo, all’uscita di un liceo, invece di chiederle: “Com’è andata?”, cercava di farle capire il giudizio sintetico a priori di Kant.
C’è un cattivo, un “Primo ministro dell’Interno” che, dopo avere ottenuto “pieni poteri” dagli elettori grazie a uno slogan molto furbo: “Prima gli italiani”, chiude porti e aeroporti e impone dazi in entrata e uscita.
C’è Olivia, la figlia dell’intellettuale, che da anni vive a Londra e, rientrando per il funerale, trova un’Italia che non riconosce.
E dunque c’è del marcio… no: c’è dell’ovvio in Danimarca, avrebbe detto il Bardo. Ovvi i personaggi, ovvia l’ambientazione, ovvia la trama.
Il buono, il papà con le Clarks ai piedi (altro picco di audacia scritturale, sic!) muore prima che il romanzo inizi, e questa è una furbata: un paio di pagine ancora e qualche lettore avrebbe manifestato il desiderio di farlo fuori (io, ad esempio, lo trovo amabile come un chiodo arrugginito ficcato nei talloni).
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Scorrono i capitoli e Papi non osa fare pubblicamente il nome del Primo ministro (perdindirindina, che suspence!) ma lo addita come il mandante morale di tutte le aggressioni e le morti che avvengono nel romanzo. Scrive che gli intellettuali “radical chic” non sono le uniche vittime degli amici del ministro: “All’inizio se la sono presa con i clandestini, poi con i rom, dopo è venuto il momento dei raccomandati e degli omosessuali, e ora si mettono ad attaccare gli intellettuali”. Qui forse il diavolo ci ha messo lo zampino, perché la presenza di quel “raccomandati” mi fa credere che esista un mondo di intellettuali raccomandati… ma cosa dico? Bugia, bugia! Mannaggia al diavoletto che mi ha fatto pensare male!
Scorrono altri capitoli e Papi semina indizi come un Giufà che pensa di averla fatta grossa e si nasconde dietro un germoglio di quercia. Dice che il cattivone ha una squadra di professionisti del web che lavora tutta la notte ai tweet e ai post del giorno dopo. E quando viene attaccato dagli intellettuali, li chiama con disprezzo “professoroni”.
Qui il coro dei lettori erompe in un canto di stupore: “Dove l’abbiamo già sentita questa?”.
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Forse perché preda di un attacco di secca creativa, a un certo punto Papi decide di riempire due pagine di romanzo elencando tutti i sostenitori del Primo ministro: panettieri, pizzicagnoli, netturbini dell’Ama, tranvieri dell’Atac, ciclisti di Foodora, casalinghe del Mic, tassisti della Tam, baristi e banchieri dell’Abi, farmacisti della Fofi, disoccupati organizzati e disoccupati disorganizzati, impiegati dei ministeri in pausa caffè, baristi in pausa ministero, senza casa e senzatetto, cani sciolti, meteorine, letteronze, colf filippine, camerieri polacchi, lavoratori dei call center e negozianti cinesi, funzionari del Cnel, consiglieri del Censis, notai, bottai, bottonieri, la squadra di calcio della Lazio. E poi, gli intellettuali poveri: filosofi frustrati, filologi depressi, filogenetici rabbiosi, laureati in scienze delle comunicazioni che non comunicavano niente perché non avevano mai trovato lavoro o ne avevano trovato uno che non ritenevano all’altezza, telefonisti afoni, insegnanti in attesa di abilitazione, assenteisti in attesa di abilitazione, precari quarantenni, stagisti cinquantenni e cottimisti sessantenni, tutte persone che non avendo ottenuto quello per cui avevano studiato, si erano illividite e incazzate.
Mi domando: nelle intenzioni dello scrittore, questa lista dovrebbe far sorridere? Dire che i funzionari del Cnel, sopravvissuti a Renzi, votano a destra, è una battuta? Le letteronze sono ancora innamorate del Berlusca? I notai votano Lega? Trasecolo. E i banchieri? Ma dài! Anni di ironie su Maria Etruria Boschi e poi si scopre che i banchieri hanno cambiato casacca? Anche i filosofi e i filologi strizzano l’occhio a Salvini (Tiè, l’ho detto! Sono certo che nessuno di voi c’era arrivato), ma solo se frustrati e depressi, perché sulle teste di quelli appagati e allegri continua a splendere il rosso sol dell’avvenire. E la Lazio? Sappiamo che ha gli ultras più a destra di tutti, ma perché non accanirsi sulla squadra preferita dal Primo ministro? Forse Papi vive a Milano e non vuole inimicarsi il suo barbiere milanista, o ha paura che il macellaio con la fissa per Ibrahimović possa vendergli tagli di seconda o terza scelta. Comunque sia, la lunga elencazione è solo un modo per esprimere pensieri che i radical chic rimuginano da anni: gli elettori di destra sono tristi, frustrati, depressi, rabbiosi, cattivi, fascisti, analfabeti, votano di pancia e bla e bla e bla.
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Di ovvietà in ovvietà, il romanzo ci regala un’altra chicca: la notizia che una commissione ministeriale per la semplificazione della lingua italiana ha redatto un elenco di parole da vietare perché troppo complicate (due pagine di elenco, e qui vi svelo un segreto del mestiere: è così che noi scrittori allunghiamo il brodo).
Questa ennesima lista mi ha fatto pensare alle #paroleorrende che l’editor Vincenzo Ostuni raccoglie da anni. Poiché Ostuni è uno che nel suo profilo Facebook si definisce “comunista”, ho il sospetto che lui e Papi si conoscano e si prestino idee e golfini di cachemire.
Il resto della trama non lo svelo, ma se chiedessi cos’altro vi aspettate dopo cotanta ovvietà, sono certo che mi rispondereste: “Una storia d’amore combattuta”.
Bingo! C’è anche quella.
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In un’intervista al Sole 24ore, la giornalista Alessandra Tedesco ha chiesto al Papi: “Ti sei ispirato alla realtà?”. E lo sventurato ha risposto: “Assolutamente sì”.
Ma dài, non è possibile! Chi lo avrebbe mai pensato?
Potremmo infine ringraziare Papi di averci risparmiato le sardine? Sì, ma senza merito. Quando il romanzo è stato scritto, Mattia Durban’s Santori era un oscuro impiegato part-time in una società di ricerca nel settore dei mercati energetici. Non scendeva in piazza e nel tempo libero si dedicava al frisbee.
Poiché sono sicuro che i fan di Paci, irritati dalla stroncatura, mi inviteranno a praticare l’ippica, chiudo il pezzo con una metafora equestre. A questo romanzo manca il coraggio di saltare lo steccato del reale. È come quei cavalli che prendono una lunga rincorsa e poi si piantano di fronte all’ostacolo, mandando a gambe all’aria il fantino.
Rialzati, scrittore! Anche per te arriverà un tempo in cui, come diceva Byron, il destino cambia cavalli.
Francesco Consiglio
L'articolo Critica al romanzo anti-Salvini. “Il censimento dei radical chic” di Giacomo Papi, ovvero: se la letteratura fosse l’ovvio dei popoli, questo romanzo meriterebbe il Nobel proviene da Pangea.
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FEYRA presentano il loro nuovo video "La cumbia dell'amor"...
special guest la band di Barcellona Che Sudaka
https://youtu.be/gcU-IuA_T6E
Intro al video “La cumbia dell’amor” - Feyra
I “Feyra” ormai consacrata band siciliana continua a sorprenderci con musica frizzante dai ritmi latini, questa volta lo fa con un brano dal titolo “La Cumbia dell’Amor”. A poco più di un mese dall'uscita del loro primo singolo “Cambiamenti” i FEYRA tornano sulla scena musicale con un feat che sancisce una importante collaborazione con la nota band barcellonese "Che Sudaka", diretti figliocci di "Manu Chao". Questo è il primo dei due feat internazionali che i FEYRA hanno voluto fortemente inserire nel loro nuovo progetto. Ne "La Cumbia dell'amor", il sodalizio tra le sonorità delle due band sembra quasi ripercorrere in musica la storia di una dominazione spagnola che oltrepassa l'oceano e ritorna nel mediterraneo. Lo stile è tipicamente sud americano: percussioni colombiane, Tres ritmicamente graffianti, chitarre elettriche pungenti giocano e strizzano l’occhio alla Cumbia colombiana cosí come al Vallenato che fanno da perfetto ponte agli interventi freestyle/pop in lingua spagnola ed inglese dei Che Sudaka. Infine il coro nella parte finale ci ricorda i Beatles con Love in chiave reggae moderno. Un lavoro potente e incalzante un missaggio impeccabile a cura di Adrian Noroña e Giovanni Buzzurro di Antarrec Mexico, collaborazione con quest’ultimo che va avanti da anni.
Un pezzo estivo, fresco e divertente che sprizza allegria da tutti i pori inneggiando all’amore e alla pace tra i popoli.
Per sottolineare il mood spagnolo, I FEYRA hanno deciso di raggiungere nella città di Barcellona i Che Sudaka e reallizare così un fantastico videoclip tra le strade della metropoli spagnola e all'interno del famosissimo Bar "Mariatchi", storico punto di ritrovo di Manu Chao, dove infine i FEYRA hanno avuto il piacere di esibirsi.
Biografia Feyra
Nati e cresciuti nel profondo sud della Sicilia, nella provincia di Agrigento, i Feyra sono una delle realtà musicali di maggiore spicco del panorama siciliano e italiano. Così come la Sicilia è stata terra di conquista e incontro di culture, la musica dei Feyra è una fusione di sonorità dal sapore latino, ska, reggae e pop; un sound unico e riconoscibile che prescinde dal genere musicale suonato.
I Feyra nascono ad Agrigento come “Siciliano Sono” nel 2009 e dopo essersi affermati nei club in giro per la Sicilia nel 2012 pubblicano il loro primo album “Siroko” (Scirocco) che, in piena linea con l’originario nome della band, rappresenta il biglietto da visita al grande pubblico e premessa del vero debutto discografico. Ben presto grazie al successo di brani come “Di neve non ne cade mai”, “Scappa scappa” e “Canto” si affermano nei club più famosi dell’isola.
Nel 2016 pubblicano il secondo progetto discografico “Mundo Malo” missato e masterizzato a Città del Messico da Taño Aneiro, tecnico messicano che vanta collaborazioni internazionali tra le quali "Buena Vista Social Club". “Mundo Malo”, contenente undici tracce delle quali quattro in lingua spagnola, è figlio di una visione fuori dai confini nazionali, una direzione globalista e un concept album con uno sfondo sociale dal gusto sarcastico e al contempo leggero. Con questo lavoro discografico, che vanta anche la collaborazione di Giovanni Buzzurro celebre bassista della cantante messicana Lila Downs, si delineano i nuovi impulsi che iniziano a farsi strada all’interno del sound dei Feyra rappresentando una decisa maturazione nello stile musicale e nei testi. L’album desta immediatamente un grande interesse da parte di pubblico e critica e contiene alcuni dei brani divenuti presto veri e propri cavalli di battaglia (Mundo Malo, Come Nacquero le corna, Balla, Giufà ).
Il 2017 è un anno ricco di soddisfazioni per la band: a marzo è la volta di “Esperanza” un brano prevalentemente acustico, una rumba dalla melodia malinconica che accompagna il racconto di una storia d’amore spezzata dalle recenti tragedie tra neve e terremoti di Rigopiano.
A novembre dello stesso anno pubblicano “Mala Politika”. Entrambi i singoli non hanno particolari pretese ma sono frutto di un percorso emozionale e di una visione globale dell’Italia di quel periodo.
Simultaneamente iniziano a lavorare ad uno show energico, inusuale, creato in collaborazione con Adrià Salas Viñallonga frontman della band catalana de “La Pegatina”. Grazie anche alla successiva e fortunata tournée “Fiesta Total” ne hanno esaltato la potente anima live.
Nel giugno 2018 esce "On the road" un progetto itinerante con una serie di performance live rigorosamente in acustico che ha toccato alcuni dei luoghi più rappresentativi della Sicilia.
Nel maggio del 2019, a testimonianza dell’incredibile successo del progetto, la svolta artistica della band si fissa nel cambio del nome in “Feyra”. Una scelta quasi naturale, ma necessaria, per chiarire quel dubbio che accostava erroneamente il nome “Siciliano Sono” alla musica folk.
Con tale scelta, volta a comunicare l’evoluzione e l’identità musicale acquisita in dieci anni di carriera, i Feyra annunciano l’uscita di un nuovo album d’inediti ricco di ospiti internazionali quali "Che Sudaka", band catalana internazionale con collaborazioni del calibro di “Manu-Chao” e “Olinka" cantante, attrice e compositrice messicana della scena reggae messicana.
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Venerdì 21 Giugno a @spinebookstore @officina.degli.esordi in occasione della lunga notte di @lettidinotte vi invitiamo ad una serata lunghissima. 👽 #PRESENTAZIONE DI "UMBERTO" Alle ore 19, conosceremo "Umberto", l'alieno di Uranio. A presentarcelo saranno il suo creatore Antonio Holdenaccio Rossetti @holdenaccio90 Holdenaccio e @salmodugno. Umberto è il primo romanzo grafico di Holdenaccio ed è disponibile in libreria grazie a @baopublishing . ⚽ #TORNEO A seguire V edizione del BILIARDINO LETTERARIO Ideato dagli amici romani di Giufà Libreria Caffe' , dopo qualche anno di silenzio SPINE Temporary Small Press Bookstore ne promuove la quinta edizione! Le regole sono semplici e sempre le stesse! PER ISCRIZIONI: messaggio privato alla pagina Spine oppure scrivici [email protected] PADRINO D'ECCEZIONE: HOLDENACCIO IL LIBRO: Umberto è una lettera d’amore ai teen action movie degli anni Ottanta, stemperata nella dolcezza delle interazioni tra i protagonisti e intrisa di una persistente vena di critica sociale. Umberto è un abitante di Urano, pianeta che la terra sfrutta per le sue risorse energetiche, mentre allo stesso tempo ne demonizza gli abitanti, cercando di trattarli come “migranti clandestini”. Un gruppo di ribelli vuole esporre le malefatte del capo della Urangas, la gigantesca azienda multiversale che de facto controlla i due pianeti, e manda Umberto sulla terra con un prezioso floppy disk di informazioni che potrebbero costare la leadership al perfido Dottor Bonucci. La prima cosa che Umberto fa appena atterra sul nostro pianeta è perdere il dischetto. Il resto lo scoprirete tra le pagine di questo debutto straordinario! #spinebookstore #Spine #Bari #Puglia #Italia #libri #fumetti #autoproduzioni #albiillustrati #microproduzioni #editoria #edizioni #italiane #estere #booking #internazionali #stampe #graphicnovel #illustrazione #arte #poster #bookshop #indipendente #independent #illustration #Europe #pres (presso SPINE Temporary Small Press Bookstore) https://www.instagram.com/p/By5zq_woSqT/?igshid=1xw5m23m6i1p5
#presentazione#torneo#spinebookstore#spine#bari#puglia#italia#libri#fumetti#autoproduzioni#albiillustrati#microproduzioni#editoria#edizioni#italiane#estere#booking#internazionali#stampe#graphicnovel#illustrazione#arte#poster#bookshop#indipendente#independent#illustration#europe#pres
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special guest la band di Barcellona Che Sudaka
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I “Feyra” ormai consacrata band siciliana continua a sorprenderci con musica frizzante dai ritmi latini, questa volta lo fa con un brano dal titolo “La Cumbia dell’Amor”. A poco più di un mese dall'uscita del loro primo singolo “Cambiamenti” i FEYRA tornano sulla scena musicale con un feat che sancisce una importante collaborazione con la nota band barcellonese "Che Sudaka", diretti figliocci di "Manu Chao". Questo è il primo dei due feat internazionali che i FEYRA hanno voluto fortemente inserire nel loro nuovo progetto. Ne "La Cumbia dell'amor", il sodalizio tra le sonorità delle due band sembra quasi ripercorrere in musica la storia di una dominazione spagnola che oltrepassa l'oceano e ritorna nel mediterraneo. Lo stile è tipicamente sud americano: percussioni colombiane, Tres ritmicamente graffianti, chitarre elettriche pungenti giocano e strizzano l’occhio alla Cumbia colombiana cosí come al Vallenato che fanno da perfetto ponte agli interventi freestyle/pop in lingua spagnola ed inglese dei Che Sudaka. Infine il coro nella parte finale ci ricorda i Beatles con Love in chiave reggae moderno. Un lavoro potente e incalzante un missaggio impeccabile a cura di Adrian Noroña e Giovanni Buzzurro di Antarrec Mexico, collaborazione con quest’ultimo che va avanti da anni.
Un pezzo estivo, fresco e divertente che sprizza allegria da tutti i pori inneggiando all’amore e alla pace tra i popoli.
Per sottolineare il mood spagnolo, I FEYRA hanno deciso di raggiungere nella città di Barcellona i Che Sudaka e reallizare così un fantastico videoclip tra le strade della metropoli spagnola e all'interno del famosissimo Bar "Mariatchi", storico punto di ritrovo di Manu Chao, dove infine i FEYRA hanno avuto il piacere di esibirsi.
Biografia Feyra
Nati e cresciuti nel profondo sud della Sicilia, nella provincia di Agrigento, i Feyra sono una delle realtà musicali di maggiore spicco del panorama siciliano e italiano. Così come la Sicilia è stata terra di conquista e incontro di culture, la musica dei Feyra è una fusione di sonorità dal sapore latino, ska, reggae e pop; un sound unico e riconoscibile che prescinde dal genere musicale suonato.
I Feyra nascono ad Agrigento come “Siciliano Sono” nel 2009 e dopo essersi affermati nei club in giro per la Sicilia nel 2012 pubblicano il loro primo album “Siroko” (Scirocco) che, in piena linea con l’originario nome della band, rappresenta il biglietto da visita al grande pubblico e premessa del vero debutto discografico. Ben presto grazie al successo di brani come “Di neve non ne cade mai”, “Scappa scappa” e “Canto” si affermano nei club più famosi dell’isola.
Nel 2016 pubblicano il secondo progetto discografico “Mundo Malo” missato e masterizzato a Città del Messico da Taño Aneiro, tecnico messicano che vanta collaborazioni internazionali tra le quali "Buena Vista Social Club". “Mundo Malo”, contenente undici tracce delle quali quattro in lingua spagnola, è figlio di una visione fuori dai confini nazionali, una direzione globalista e un concept album con uno sfondo sociale dal gusto sarcastico e al contempo leggero. Con questo lavoro discografico, che vanta anche la collaborazione di Giovanni Buzzurro celebre bassista della cantante messicana Lila Downs, si delineano i nuovi impulsi che iniziano a farsi strada all’interno del sound dei Feyra rappresentando una decisa maturazione nello stile musicale e nei testi. L’album desta immediatamente un grande interesse da parte di pubblico e critica e contiene alcuni dei brani divenuti presto veri e propri cavalli di battaglia (Mundo Malo, Come Nacquero le corna, Balla, Giufà ).
Il 2017 è un anno ricco di soddisfazioni per la band: a marzo è la volta di “Esperanza” un brano prevalentemente acustico, una rumba dalla melodia malinconica che accompagna il racconto di una storia d’amore spezzata dalle recenti tragedie tra neve e terremoti di Rigopiano.
A novembre dello stesso anno pubblicano “Mala Politika”. Entrambi i singoli non hanno particolari pretese ma sono frutto di un percorso emozionale e di una visione globale dell’Italia di quel periodo.
Simultaneamente iniziano a lavorare ad uno show energico, inusuale, creato in collaborazione con Adrià Salas Viñallonga frontman della band catalana de “La Pegatina”. Grazie anche alla successiva e fortunata tournée “Fiesta Total” ne hanno esaltato la potente anima live.
Nel giugno 2018 esce "On the road" un progetto itinerante con una serie di performance live rigorosamente in acustico che ha toccato alcuni dei luoghi più rappresentativi della Sicilia.
Nel maggio del 2019, a testimonianza dell’incredibile successo del progetto, la svolta artistica della band si fissa nel cambio del nome in “Feyra”. Una scelta quasi naturale, ma necessaria, per chiarire quel dubbio che accostava erroneamente il nome “Siciliano Sono” alla musica folk.
Con tale scelta, volta a comunicare l’evoluzione e l’identità musicale acquisita in dieci anni di carriera, i Feyra annunciano l’uscita di un nuovo album d’inediti ricco di ospiti internazionali quali "Che Sudaka", band catalana internazionale con collaborazioni del calibro di “Manu-Chao” e “Olinka" cantante, attrice e compositrice messicana della scena reggae messicana.
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