#grande grandezza
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Da grande voglio essere felice.
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RIMPICCIOLIRSI COME GIOVANNI
RIMPICCIOLIRSI COME GIOVANNI, un commento al vangelo della 2a Domenica di Avvento, disponibile anche come audio-commento e con testo tradotto in lingua spagnola, entrando nella sezione "Commenti al vangelo" del menu principale
II DOMENICA DI AVVENTO anno B (2023) Is 40,1-5.9-11; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8 https://predicatelosuitetti.files.wordpress.com/2023/12/ii-domenica-di-avvento-anno-b-2023.mp3 Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore,…
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Le donne spirituali sono come uragani,
per questo fanno paura,
indomite e ribelli, sono connesse
con le forze primordiali di Madre Natura.
Hanno la potenza dell'intero Universo
nello sguardo che arriva dritto all'anima
e scruta l'essenza, la parte più vera,
quella che spesso si cela dietro una
splendida facciata o un'impeccabile figura.
Hanno trasformato le loro profonde ferite
in lezioni di infinita saggezza,
e nonostante abbiano attraversato l'inferno
non hanno perso la loro proverbiale dolcezza.
Hanno ben chiaro il loro valore e
non si mettono mai in competizione,
perché non sono in vendita loro!
Non le compri con oggetti preziosi,
belle parole o con l'adulazione.
Non cercano accessori e abiti firmati
da sfoggiare per darsi un tono,
non hanno bisogno di apparire,
in quanto, profondamente
e felicemente "sono".
Ciò che amano negli altri è solo la sostanza...
la grandezza di un'anima è l'unica cosa
a cui danno importanza.
Le donne spirituali rifuggono dalle tradizioni
e dai canoni sociali, non le puoi ingabbiare,
perché non si lasceranno mai possedere
da cose o persone, né si faranno manipolare.
Hanno una grande, incorruttibile e potente
personalità,
e non cambieranno mai per niente e per sessuno.
Sono quelle bellissime donne che odorano di "dignità"
e lasciano la scia nell'aria al loro passaggio,
di quel raro e pregiato profumo.
(Fiorella Lauricella)
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"A volte, quando accade qualcosa, pensiamo che non sarebbe dovuto andare così. Per questo sentiamo, quando muore una persona cara, quando perdiamo un lavoro, un amico, quando subiamo una qualsiasi sconfitta, che tutto sia finito.
E non è vero!
Quello è sempre l'inizio...
Perché la grandezza si raggiunge, non quando tutto va bene, ma quando la vita ti mette alla prova, quando hai un grande inciampo, quando sei deluso, quando la tristezza ti invade. Perché solo stando nel punto più profondo della valle, si può capire quanto sia magnifico essere sulla cima di una montagna".
Anthony Hopkins (Nixon - Film)
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L'inibizione che sentiamo nel nominare il nostro desiderio più intimo, volendolo più di ogni altra cosa, è connessa con il fatto che, nella nostra cultura, Fare l'Amore è considerato qualcosa di frivolo o di leggermente indecente.
Eppure è l'atto umano più grande.
Nessuna esperienza umana è in armonia più grande con l'ordine e la pienezza della vita.
Niente richiede una responsabilità più grande in questo mondo.
Nessun'altra attività umana dà così tanto piacere alle nostre Anime e risveglia tanta sofferenza.
E' il più memorabile degli atti umani, il più pericoloso e stimolante, e conferisce saggezza e grandezza.
Quando un uomo e una donna si prendono con Amore, le conseguenze sono serie.
Tutte le altre azioni umane non sono altro che una preparazione a questo o una conseguenza di questo, o forse un suo integratore o un suo sostituto.
Bert Hellinger - L'amore dello spirito
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Storia Di Musica #332 - Area, Crac!, 1975
Le storie dei dischi dello scatolone del mese di Giugno hanno avuto un grande riscontro, e ne sono particolarmente felice. E per quelle di Luglio vorrei ripartire da quello scatolone, perché conteneva un altro disco, che però rispetto ai 5 scelti avevo già comprato da me. L’ho scelto per tre motivi: perché è l’occasione di parlare di un grande personaggio, che ho citato di striscio nelle storie del mese scorso; perché questo lavoro è un formidabile esempio della grandezza e delle capacità di uno dei gruppi italiani più grandiosi di sempre; perchè il suo titolo mi ha sedotto a trovare altri dischi che hanno nel titolo lo stesso simbolo grafico, il punto esclamativo. Gli Area, che avevano nel nome di gruppo una dicitura chiarissima, International POPular Group, sono stati una delle punte di diamante della musica europea degli anni ’70. Nascono a Milano nel 1972 quando musicisti provenienti da esperienze molto diverse mettono su un gruppo. Il primo nucleo comprendeva il tastierista Patrizio Fariselli, Giulio Capiozzo alla batteria, Johnny Lambizzi alla chitarra, sostituito subito da Paolo Tofani, Patrick Dijvas al basso e Victor Busnello al sassofono, con in più uno studente di architettura di origini greche, alla voce, Demetrio Stratos (psudonimo di Efstràtios Dimitrìou). Convergono nel gruppo esperienze diversissime: Fariselli è diplomato al Conservatorio di Pesaro, Capiozzo ha suonato per anni all’Hotel Hilton de Il Cairo e fu prolifico sessionman per la Numero Uno di Mogol e Battisti, Tofani suonava la musica beat con i Califfi, Stratos aveva avuto un certo successo negli anni precedenti, avendo cantato il brano Pugni Chiusi dei Ribelli, che entrò in classifica nel 1967.
Ma qui è tutta un’altra storia: scelgono una musica totale e creativa, ricchissima di suggestioni, puntando anche sulla “complessità musicale”. Quest’ultimo punto li vide clamorosamente osteggiati durante il loro primo tour a supporto di grandi nomi come Rod Steward e i mitici Gentle Giant, accusati dal pubblico di essere troppo ostici. Poco dopo l’incontro che cambia la loro storia (e in parte anche quella della musica italiana). Gianni Sassi è un fotografo, scrittore, artista bolognese che fonderà una etichetta, la Cramps, che scompaginerà il panorama musicale del tempo. Li mette sotto contratto, dà loro libertà creeativa ma si mette a scrivere i testi, con lo pseudonimo di Frankenstein. Il debutto è leggendario: nel 1973, Arbeit Macht Frei, la beffarda e drammatica scritta che accoglieva i deportati nei lager nazisti, già dalla copertina è un colpo alla coscienza, con un pupazzo mascherato e con un lucchetto, imprigionato tra totalitarismo e sistema del Capitale. La musica è altrettanto dirompente: un jazz rock teso, di caratura internazionale, ma che profuma di mediterraneo, vedasi il suono balcanico del primo pezzo culto, Luglio, Agosto, Settembre (Nero), netta presa di posizione a favore dei palestinesi, e che spesso vira all’avanguardia (L’Abbattimento Dello Zeppelin). Tra tutto, spicca la voce, prodigiosa, di Stratos, non solo per l’estensione o la duttilità, ma per il ruolo che gioca nelle canzoni, e per le straordinarie capacità tecniche (studierà le diplofonie, facendo della sua voce uno strumento aggiunto e inimitabile, arrivando a produrre contemporaneamente fino a 4 note diverse). Busnello e Dijvas lasciano il gruppo, quest’ultimo andrà alla PFM, e entra in formazione Ares Tavolazzi al basso. Nel 1974 arriva Caution Radiation Area (in copertina il simbolo del pericolo radioattivo) e radioattiva è la musica, che abbandona la forma canzone (tranne Cometa Rossa, che sfoggia ancora suggestioni mediterranee) e vira decisamente sull’avanguardia e la sperimentazione. Il pubblico non gradisce, ma dal vivo la band macina concerti su concerti, ad un ritmo forsennato (oltre 200 l’anno) è spesso invitata in contesti internazionali, e chi li ha visti dal vivo assicura che erano straordinari. Dopo aver registrato una versione strumentale de L’Internazionale (con lato b Citazione Da George J. Jackson, con Stratos che recita un famoso discorso del leader delle Pantere Nere) per la liberazione dell’anarchico Giovanni Marini, all’epoca detenuto in carcere per l’omicidio del vicepresidente del FUAN, Carlo Falvella, avvenuto a Salerno nel 1972, nel 1975 arriva l’atteso nuovo disco.
Crac! è un disco che media tra il primo e il secondo. L’immediatezza di alcuni brani, che furono tacciati di frivolezza (storica la stroncatura di Riccardo Bertoncelli e la contro risposta di Stratos sulla rivista Gong) ma che invece sono una lucida organizzazione del solito alto livello musicale, un formidabile jazz rock al massimo livello, a cui per una volta si aggiunge un giocoso approccio. Crac! si apre con L’Elefante Bianco, che diventerà brano culto, una cavalcata rock con i fiocchi e prosegue con La Mela di Odessa: Stratos che qui fa davvero capire che voce incredibile è stata, è anche famoso perché durante i live Demetrio raccontava la storia che la ispirò. Secondo lui infatti, il testo si baserebbe su un fatto realmente avvenuto nel 1920, e che potrebbe essere uno dei primi dirottamenti marini della storia. Un pittore dadaista tedesco, tale Apple, che intendeva assistere ad una mostra d'arte a Odessa, vi dirottò una nave passeggeri con l'intenzione di regalarla ai russi che avevano da poco fatto la rivoluzione. Una volta a Odessa, Apple venne salutato con feste enormi, che comportarono anche far saltare in aria la nave con tutti i suoi passeggeri tedeschi. Della storia non c’è traccia in nessuna fonte storica e ormai è chiaro che fosse stata inventata per rendere ancora più potente le metafore che il testo sprigiona in un brano “enciclopedia” per la commistione di generi, stili, suoni, un capolavoro assoluto. Megalopoli e Nervi Scoperti spiegano la vita mediterranea al jazz rock. Nel disco c’è anche il brano più famoso degli Area, Gioia E Rivoluzione, che dice “Canto per te che mi vieni a sentire\Suono per te che non mi vuoi capire\Rido per te che non sai sognare\Suono per te che non mi vuoi capire", e che verrà ripresa decenni dopo con successo dagli Afterhours; l’elettro-psichedelia retta dal basso di Implosion e la sperimentazione vocale di Area 5 chiudono l’LP. Il successivo tour verrà ricordato con un live, Are(A)zione, con tre brani noti dai Festival a cui parteciparono, e una nuova suite, omonima al titolo del disco.
La band durerà altri due anni: divisi dal sentirsi alfiere dell’avanguardia musicale, con scelte a volte del tutto incomprensibili, come Event del 1976, una lunga suite sconclusionata, faticosissimo tentativo di cavalcare la tigre del suono, progetti solisti che crearono tensioni, il passaggio dalla Cramps alla CGD di Caterina Caselli, che nel 1978 pubblica Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano, che esce pochi mesi prima che Demetrio Stratos muoia di leucemia fulminante. “Stratos è stato senza dubbio il personaggio più originale e importante nella musica italiana di ricerca degli anni Settanta, proprio per il suo voler sfuggire alle definizioni, per aver saputo, con coerenza e intelligenza, mettere in comune mondi apparentemente lontanissimi.” (Ernesto Assante).
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SISTER BLISTER
Cara Donna
Educata a stare buona
Educata a sorridere
Educata a essere forte
Mai triste
Mai stanca
A rincorrere la perfezione
Educata che sei mezza
Educata che non ti devi arrabbiare
Devi vestirti bene
Devi essere sexy
Devi pero’ non essere troppo sexy
Devi fare i figli ma non devi ingrassare
Devi essere magra ma non esagerare
Cara donna educata a soddisfare i bisogni del maschio e di una società patriarcale costruita sui bisogni dei maschi,
occorre che ti riprenda i tuoi spazi,
Occorre che dimentichi questa educazione marziale e saturniana e torni a Venere e alla Luna.
E poi a usare tutti i pianeti.
Occorre che ti spettini e se vuoi, puoi urlare.
Se vuoi ti puoi incazzare.
E non devi piacere proprio a nessuno.
E forse e’ il caso che chiuda la porta di casa a chi hai detto troppi si che volevano essere no.
Riprenditi il tuo letto
Le tue antenate
I tuoi poteri
Riprenditi il tuo intero
Che siano tacchi o nike, cammina come stai comoda.
Non rimpicciolire mai la tua grandezza per far sentire più grande un uomo.
Ricorda che il potere e’ nel terzo chakra e non nel primo e nessuna svendita sessuale ti porterà l’attenzione che meriti.
Celebra il sacro femminile
Stai vicino alle sorelle, loro accrescono la tua forza.
Mai competere per un uomo.
Cara donna educata a stare male per amore
A prendere le botte per amore
A sacrificare per amore
Chiudi la porta stanotte.
Senti la notte ululare.
E da domani : non ti scusare .
_ClaudiaCrispolti_
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Karl Jax ha osservato che tra le dee e le eroine d’Omero non ce n’è una che abbia i capelli neri. Odisseo è l’unico eroe omerico bruno, ma l’abitudine a ritrarre gli eroi biondi è cos�� forte che in due passi dell’Odissea (Xlll, 397, 431) anche lui è detto xanthòs. E, d’altronde, Odisseo si differenzia anche per i suoi caratteri psicologici, segnatamente per la sua astuzia: Gobineau vedeva in lui l’eroe “nella cui genealogia il sangue dei guerrieri achei si è fuso con quello di madri cananee”. In genere però, il disprezzo dei Greci d’epoca omerica per il tipo levantino, è scolpita dal loro disprezzo per i Fenici, bollati come “uomìni subdoli”, “arciimbroglioni” (Iliade XIX, 288). Tra gli dei omerici, Afrodite è bionda, come pure Demetra. Atena è, per eccellenza, “l’occhicerulea Atena”. Il termine adoperato è glaukopis, che certo è in relazione anche col simbolismo della civetta, sacra alla dea (glaux = civetta: occhi scintillanti, occhi di civetta), ma che in senso antropomorfico vale “occhicerulea”: Aulo Gellio (Il, 26, 17) spiega glaucum con “grigio-azzurro” e traduce glaukopis con caesia “die Himmelbluaugige“. Pindaro completa il ritratto omerico della dea chiamandola glaukopis e xanthà. Apollo è phoibos “luminoso, raggiante” e anche xoutòs. Era, sposa di Zeus e modello della matrona ellenica, è leukòlenos, “la dea dalle bianche braccia”, tipico tratto della bellezza femminile della razza nordica.
La grande arte classica, che data da questo secolo, ha ritratto quel tipo alto, con tratti fini e regolari, che è proprio della razza nordica, e quale oggi si può trovare compattamente solo in alcune regioni contadine della Svezia. Anche la razza mediterranea ha tratti regolari, ma è di piccola statura, e quell’impronta più fiera, quel modellato più energico del naso e del mento che fanno la fisionomia classica, sono da ricondursi alla razza nordica: “Ancora Aristotele scrive nella sua Etica Nicomachea che per la bellezza si richiede un corpo grande, di un corpo piccolo sì può dire che sia grazioso e ben fatto ma non propriamente bello. Questo corpo piccolo e grazioso è essenzialmente quello mediterraneo, come appare a uomini di sentire nordico. Per la sensibilità nordica il contenuto fisico e spirituale della razza mediterranea non è sufficiente ad attingere la vera ‘bellezza’, perché qui per la bellezza si richiede una certa gravità interiore, una grandezza d’animo che dai Greci di sensibilità nordica fu sintetizzata nel concetto della megalopsychìa… La figura mediterranea agli occhi dell’uomo nordico apparirà sempre troppo leggera e troppo inconsistente perché i suoi tratti fisici siano ammirati come “belli”.
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non me ne vogliano le tappe brune...;-)
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In tutta la mia vita, l'unica certezza in cui ripongo fede è Dio. Quando tutto intorno a me sembra vacillare, quando le ombre si allungano e il silenzio diventa assordante, è in Lui che trovo rifugio. Le strade che percorro possono essere impervie, le tempeste possono scuotere il mio cammino, ma c'è una luce che non si spegne mai. Nei momenti di gioia e in quelli di dolore, sento la Sua presenza accanto a me. È il soffio leggero del vento tra le foglie, il calore del sole sulla pelle, il sorriso di uno sconosciuto che passa per strada. È in ogni battito del cuore, in ogni respiro che mi tiene in vita. Non mi affido alle cose effimere di questo mondo, né alle promesse che svaniscono come la nebbia al mattino. L'unica verità che mi sostiene è quella che non posso vedere con gli occhi, ma che sento profondamente nell'anima. È una forza silenziosa che mi guida, una melodia che mi accompagna nel viaggio. Anche quando le ombre si fanno più scure e la solitudine mi avvolge, so che non sono mai veramente solo. C'è una mano invisibile che mi sostiene, un amore infinito che avvolge ogni cosa. È in questa consapevolezza che trovo la pace, nel sapere che c'è un disegno più grande, una speranza che non delude. Le stelle nel cielo notturno mi ricordano la Sua grandezza, il mare infinito racconta della Sua maestà. Ogni dettaglio dell'universo sussurra il Suo nome. Quando guardo negli occhi un bambino e vedo la purezza del suo sguardo, riconosco la scintilla divina che abita in ogni creatura. Il mondo cambia, le persone vanno e vengono, le certezze si sgretolano come castelli di sabbia, ma la Sua presenza rimane immutabile. È l'ancora che mi tiene saldo nelle tempeste, il faro che mi guida attraverso le tenebre. In Lui trovo risposte alle domande più profonde, conforto nelle ferite più dolorose. Non pretendo di capire tutti i misteri, né di avere tutte le risposte. Ma so che la fede non è cieca, è una visione oltre il visibile, un ascolto oltre il silenzio. È una mano tesa nell'oscurità, una promessa che risuona nel cuore. E così, nel fluire dei giorni, nel succedersi delle stagioni, continuo il mio cammino con fiducia. Perché so che, al di là di tutto, c'è un amore che non conosce fine. E questa è la verità a cui mi aggrappo con tutto me stesso.
Empito
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Questa mattina è accaduta una cosa meravigliosa, una delle più belle in assoluto da quando esiste il nostro blog: vi chiediamo di leggere questo post, anche per capire lo straordinario significato di questa foto.
Ousmane Diop è un giocatore della Dinamo Sassari, un ragazzo di 23 anni con una storia complicata alle spalle. Ha lasciato la famiglia in Senegal a 13 anni facendo una promessa a mamma e papà: "Tornerò quando diventerò un giocatore di basket e avrò i soldi per comprarvi una vera casa".
A 13 anni, in Italia, ha dormito per la prima volta in un letto da solo: prima lo condivideva con due fratelli.
Tra Udine, Torino e Sassari, è esploso il suo talento che gli ha permesso di diventare un grande giocatore di Serie A.
L'anno scorso, dopo non aver visto la sua famiglia dai 13 ai 22 anni, è tornato in Senegal e ad accoglierlo c'erano i genitori in lacrime davanti alla porta di quella nuova casa comprata dal loro bambino, nel frattempo diventato uomo.
Questa mattina, all'Istituto Comprensivo San Donato, la scuola e il rione più multietnico e problematico di Sassari, le maestre hanno proiettato in classe il video che abbiamo realizzato due mesi fa nel quale Ousmane racconta la sua storia: il video è questo https://youtu.be/TWrFqCzKsUM
Nella saletta-cinema della scuola c'erano un centinaio di bambini dai 6 ai 13 anni.
L'obiettivo era quello di dare un messaggio di speranza a dei bambini che vivono in condizioni non facili.
Alla fine della proiezione alcuni di loro si sono commossi, altri erano impazziti per la presenza di Ousmane "il gigante".
Il bambino al centro della foto è un bambino di 6 anni di origini nigeriane, che è rimasto particolarmente colpito dalla storia di Ousmane.
Ousmane, vedendolo piangere, è corso ad abbracciarlo.
Anche lui, alla fine, si è commosso.
L'abbraccio che vedete in questa foto testimonia la straordinaria grandezza dello sport.
Lo sport abbatte confini, è inclusivo, facilita i legami, è amicizia, è speranza, permette ad adulti e bambini di parlare la stessa lingua, di capirsi, di abbracciarsi, di condividere gioie ed ostacoli.
Ringraziamo LBA che ci ha dato la possibilità di realizzare questo video che ha colpito molte persone. Ringraziamo la Dinamo che ha dato una grande mano affinché si realizzasse questo incontro, e la Biblioteca Popolare dello Sport - Sassari che per prima ha avuto l'idea di portare il nostro video in una scuola.
Se qualcuno ci ponesse oggi la domanda "Ma perchè 12 anni fa avete creato un blog di basket?", risponderemmo mostrando questa foto.
@la giornata tipo su FB
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non è tanto la grandezza delle delusioni, ma la piccolezza di chi credevi fosse grande
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https://roma.corriere.it/notizie/politica/24_dicembre_22/bella-chat-giannini-naufragio-fe81b63c-f015-4742-a5b6-d41106da9xlk.shtml
E pure Bella chat, alla fine, è stata travolta dalla maledizione della Favola delle api. L’ha scritta Bernard de Mandeville, nel 1705. L’alveare prospera, sotto il tallone di un lavoro spietato, con pochi che si arricchiscono sfruttando i più, tra vizi, imbrogli, miserie, lussi e disperazione. Eccola allora la rivoluzione dei probi: ora l’onestà regna, l’uguaglianza tra le api pure, ma, rapidamente, più nessuno fa nulla, tutto decade, l’alveare crolla. Avverte il filosofo: «Abbandonate dunque le vostre lamentele, o mortali insensati! Invano cercate di accoppiare la grandezza di una nazione con la probità. Occorre che esistano la frode, il lusso e la vanità, se noi vogliamo goderne i frutti».
Cinico e iperbolico, de Mandeville, ma sta di fatto che anche l’ultimo tentativo di far nascere l’Uomo Nuovo (o la Donna Nuova), con una chat creata da Massimo Giannini il 25 aprile scorso, ha fatto naufragio, sfregiato soprattutto, in conclusione, da liti feroci su Israele. È proprio il fondatore ad abbandonare la nave: «Amiche ed amici, con grande dispiacere e rammarico, vi informo che dopo quest’ultimo messaggio lascio questa chat. L’idea che l’aveva fatta nascere era un’altra, ma constato che nel tempo si è irrimediabilmente perduta, sicuramente anche per responsabilità di chi l’aveva lanciata. Per quanto mi riguarda, mi fermo qui». Ma insomma, che accidenti è successo? La partenza era stata in grande spolvero. Un confronto per la democrazia e contro le tentazioni di rigurgiti neofascisti. Già si parlava di organizzare convegni, e c’era pure chi immaginava la nascita di un nuovo partito. Un migliaio di partecipanti, tanti nomi prestigiosi, non facile dire se con il ruolo di promotori o invece di semplici invitati. Carlo De Benedetti, Romano Prodi, Massimo D’Alema, Giuseppe Sala, Stefano Bonaccini, Pierluigi Bersani, Fausto Bertinotti, Walter Veltroni, Elsa Fornero, Sigfrido Ranucci, Corrado Formigli, Concita De Gregorio, Bianca Berlinguer, Donata Scalfari e tantissimi altri. A dire la verità già all’inizio gran parte dei nomi più noti si guardavano bene dall’intervenire. E anzi, sconcertati dalla valanga di Bip! che inondavano i cellulari, in parecchi, con garbo, auguravano buon lavoro a tutti e si staccavano dalla chat. Anche perché l’unanimità si era raggiunta soltanto contro l’Autonomia differenziata, e per il resto l’effetto sfogatoio, pieno di frecciatine, non aveva faticato a prendere il sopravvento. Ed è vero anche che si trattava di una chat aperta, dove ognuno poteva invitare chiunque, l’amico, il vicino, il parente, e guai a dire di no alle masse. Ma va da sé che l’effetto stadio si moltiplica. E quindi, dopo un po’ di complimenti reciproci, perché era proprio ora, c’era davvero bisogno che qualcuno alzasse la voce, si era rapidamente passati, come da tradizione, a discutere sulle colpe storiche di una sinistra che ha smarrito principi e ideali, per diventare piaciona e salottiera, se non affarista e attaccata alle poltrone. Ma è soprattutto sulla tragica vicenda mediorientale che la chat è esplosa. David Parenzo contro le «teste di Gaza». Rula Jebreal pubblica foto di bambini palestinesi uccisi: «Ecco cosa vi dovrebbe offendere! Provate a misurare la vostra moralità e umanità». Tal Simone: «Lei mi ha dato del genocida e ora dovrei vergognarmi io». «Vergognati!». «Lei ci ha insultati tutti. Basta». Emanuele Fiano: «Io sono il presidente di Sinistra per Israele e sono stato accusato di essere “per il genocidio”, accusa infamante». Rula Jebreal: «C’è un ampio consenso popolare per il genocidio a Gaza». «Lei insulta. Ogni tanto chiedere scusa non è una vergogna. Ci provi». «Sostenere uno Stato che sta commettendo uno sterminio è direttamente proporzionale a sostenere lo sterminio». «Ma veramente non capisci il valore di quello che dici?». E addio al proposito della chat di stringere nell’angolo Giorgia Meloni. Va da sé che basta, non poteva durare e forse, con il senno di poi, non doveva nemmeno cominciare. Anche l’ultima utopia, per quanto relegata nell’ambito virtuale di una chat, va in soffitta. L’aveva predetto Jean-Jacques Annaud, il regista del film Il nemico alle porte, sulla battaglia di Stalingrado. Eccolo il monologo del commissario politico, prima di morire vittima consapevole del proiettile del cecchino nazista: «Sono stato così sciocco Vassili. L’uomo sarà sempre l’uomo. Non esiste l’uomo nuovo. Con tanta fatica abbiamo provato a creare una società che fosse giusta, dove non c’è niente da invidiare al tuo compagno, ma ci sarà sempre qualcosa da invidiare: un sorriso, un’amicizia, qualcosa che non hai e di cui ti vuoi appropriare. In questo mondo ci saranno sempre i ricchi e i poveri. Ricchi di talento, poveri di talento. Ricchi d’amore, poveri d’amore».
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Fosse solo per la natura il sud conquista immediatamente, aggiungi poi quella patina di cultura, la Magna Grecia, su cui ormai le pro loco locali campano di rendita aggrappate all'ultimo brandello di grandezza che fu sorvolando su tutto il resto, sulla munnezza, la cronica penuria d'acqua e le autoclavi. Inglesi e tedeschi e popoli settentrionali si erano inventati il Grand Tour, la meglio gioventù anglosassone calava dalle sue tetre spelonche per apprendere il sole e la classicità appena inventata da Winckelmann, Goethe a Roma trovava la sua Faustina, il richiamo sensuale del meridione riecheggia anche in Nietzsche, il tedesco erotico par excellence, che trasvalutando tutti i valori geografici poneva i settentrionali iperborei nella penisola ellenica. Goethe, passando per Caltanissetta, giunge a Catania, Taormina e Messina e ne rimane estasiato:
«L'Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto. […] La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l'unità armonica del cielo con il mare e del mare con la terra […] chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita.»
Il mio personale Grand Tour si è interrotto leggermente più a nord e non prevede ritorno, per sempre avvinto al meridione, tramonto di Zarathustra.
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Ieri sera ho visto Inside Out 2, e mi è venuta una appucundria paterna mai vista, per due punti, di fondo, ma ne parlo nella sezione nascosta, per non fare torto a chi non l'ha ancora visto.
La storia narra di Riley che ha ormai 13 anni, e arriva il periodo della pubertà.
La prima cosa che mi ha rattristato è vedere come l'isola dell'amicizia fosse ormai di diversi ordini di grandezza più grande di quella della famiglia, e infatti il padre le manda i bacini e lei non se lo caga più :(
Ma la mazzata finale è arrivata quando lei, con le amiche più "cool", nel dover fare un esempio di musica "cool" che ascolta, avendo già provato imbarazzo per aver citato una band giudicata troppo infantile per quell'età, inizia a pescare tra i ricordi e dice
posso mai citare questa roba soft rock che ascolta mio padre?
Ho passato il resto del film ad accettare il fatto che mi restano soltanto 9 anni. 9 anni. Pochi, pochissimi, niente.
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"Non dimenticatemi"
Massimo Troisi ❤️
Camminando sulla spiaggia nera del Pozzovecchio, aleggia ancora l'anima di un personaggio forse tutt'oggi ancora troppo poco apprezzato nella sua vera grandezza.
Nn a Procida però, dove il suo ricordo è ancora vivo.
Diverse persone durante le riprese del "Il Postino" si accalcavano fuori le ringhiere del set per rubargli uno sguardo.
A Massimo.
Sempre gentile, simpatico, dicono.
Ma anche molto silenzioso.
Che si faceva vedere poco, e che aveva una controfigura per le scene in cui il postino andava in bicicletta, anche tra altre strade, oltre a quelle di Salina.
Quando a Corricella, Massimo ha girato la sua ultima scena, a fine set, tutti gli applausi sono per lui.
Massimo sorride, ringrazia.
Poi sale su un gozzo che lo sta per portare via.
Si gira verso il molo della Corricella.
"Nn dimenticatemi.", dice.
Saluta con la mano, sorride un'ultima volta.
Il giorno dopo, a Ostia, si spegne nel sonno.
Il tempo di lasciarci un'opera indimenticabile.
Che nn riesce a vedere realizzata.
Ultima di pochi film, ma sempre pieni di pensiero.
In una Napoli dove il sole, il famoso sole, c'è e nn c'è, dove un ragazzo nn vuole emigrare ma solo "viaggiare, conoscere...", dove se il Napoli perde col Cesena è un bel problema, dove basta perderti nella campagna per ritrovarti nel 1492 ("quasi millecinque"), o sederti su una sedia a rotelle perché nn sai affrontare la vita, dove parli dell'amore in tutte le sue forme, provando a pensare fino alla fine che sia soltanto "un calesse".
"Nn so cosa teneva d'int 'a capa", diceva Benigni.
Ma sicuramente "ha fatto più miracoli il suo verbo di quello dell'amato San Gennaro".
Il 4 Giugno 1994 ci lasciava il Grande Massimo❤️
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