#gabbie salariali
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Nel 2021 Ernesto Galli della Loggia e Aldo Schiavone presentano il loro libro Una profezia per l’Italia. Ritorno al sud, a Quante Storie, la trasmissione di Giorgio Zanchin. Nel corso della trasmissione i due autori giungono alle differenze nord-sud e auspicano il ritorno alle “gabbie salariali” visto che la vita al sud costa molto meno che al nord.
Le gabbie salariali, che prevedevano una retribuzione differente in relazione al differente costo della vita, furono introdotte nel dopoguerra e furono abolite alla fine degli anni ’60, perché erano profondamente inique.
Si prendevano in considerazione alcuni parametri, come il costo di un chilo di pane e quello degli affitti, e questo non produceva un aumento degli stipendi di coloro che vivevano in zone considerate più care, quanto una diminuzione degli stipendi di coloro che vivevano in zone considerate meno care.
Per quanti parametri tu possa prendere e per quanto tu ritenga significativi questi parametri, non avrai mai una stima attendibile del vero costo della vita, per cui l’introduzione di retribuzioni differenziate diventa assurda.
Le sigarette, le automobili, i computer, la benzina, e tutto ciò che è affidato alla grande distribuzione costa uguale al nord come al sud, nella grande città come nel piccolo paese.
Se un chilo di pomodoro o un mazzo di cicoria costano meno al sud, perché sono prodotti locali che acquistano prezzi ingiustificabili man mano che giungono nei mercati del nord, considerate che ogni prodotto che giunga al sud dalle fabbriche del nord acquista prezzi ingiustificabili perché passa in molte mani, ciascuna delle quali ci guadagna qualcosa.
Ma la fonte principale di squilibrio non è l’industrializzazione del nord o la vocazione agricola del sud, quanto il fatto che al sud mancano quasi del tutto i servizi, le strutture e le istituzioni che ancora trovi in perfetta efficienza al nord.
Per cui sei spesso costretto a rivolgerti ai privati, con costi notevoli, perché il comune, la provincia o le regioni latitano e nessuno più si aspetta che istituiscano delle cose che funzionano.
Se ti ammali, poi, gli stessi medici di base ti consigliano di rivolgerti alle strutture sanitarie del nord, perché possono contare su medici più bravi e possiedono strutture più moderne per la diagnostica.
Fatti i debiti conti, gli stipendi al sud dovrebbero essere maggiori per far fronte all’inefficienza delle amministrazioni locali, che da queste sorprendentemente traggono il loro potere, essendo nello stesso tempo causa e rimedio di quei problemi.
Il libro non l’ho letto, mi è bastato ascoltarli su questa questione per comprendere la caratura del loro scritto, e d’altronde non puoi leggere tutto.
più recente è la polemica suscitata da Ernesto Galli della Loggia a proposito dell’inserimento nelle classi scolastiche di bambini svantaggiati, che a suo parere ritarda l’apprendimento degli altri bambini ed è gestito malissimo.
Sul secondo punto sarei propenso a dargli ragione, i continui tagli alla scuola e il permanere dell’eterno precariato e sottopagato lavoro dei docenti, non è di buon auspicio per un lavoro di alto livello che auspicherebbe la presenza costante di specifiche figure professionali per seguire l’intero percorso.
introdurre un bambino down, o autistico o con problemi di altro genere rispetto al resto della classe, è inserire un trauma costante in quella classe, sia per gli altri bambini, sia per gli insegnanti, ma anche costringere dei bambini a stare per diverse ore con persone estranee in un posto estraneo è uno stress.
Lo stress programmato è la spinta che stimola le persone ad apprendere, a crescere, a maturare, a migliorarsi, più elevato è lo stress e più è necessario qualcuno che capisca cosa sta avvenendo e che possieda gli strumenti per aiutare anche i più fragili ad andare avanti.
Se lasci una classe in balia di un’insegnante di ruolo e di una di sostegno non adeguatamente formate ad affrontare l’handicap, l’esperimento è destinato a fallire miseramente.
Galli della Loggia si è occupato molto di scuola e di insegnamento, stupisce che sottovaluti in questo modo l’esperienza di crescita e di maturazione personale che tanto i bambini, quanto gli insegnanti possono ricavare dall’esperienza dell’inserimento di un bambino svantaggiato in una classe, anche perché si presuppone che l’insegnamento dovrebbe valutarsi in base all’avanzamento dei più sfortunati e non di quelli più fortunati che quasi non necessitano di stimoli esterni.
Non serve a nessuno stabilire degli aridi parametri numerici (costo della vita, quantità di nozioni apprese) e valutare un’esperienza in base a questi miseri parametri; la sensazione che ne ricavo è di un impoverimento della visione del problemi del’Italia nella sua totalità (nord-sud, benessere-malessere economico), e dei problemi della scuola (superamento delle prove INVALSI a fine anno), e che sfugga il vero senso delle cose (retribuire dignitosamente il lavoro e creare condizioni di maturazione umana per i piccoli della specie umana).
#ernesto galli della loggia#aldo schiavone#una profezia per l'italia. ritorno al sud#gabbie salariali#costo della vita#scuola#bambini svantaggiati#inserimento scolastico
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23 apr 2024 16:53
“UMBERTO BOSSI E’ DI SINISTRA, PER QUESTO CE L’HA CON SALVINI” - MASSIMO FINI INFILA LA PENNA NELLE DIVISIONI DELLA LEGA: “BOSSI HA PRESO DECISAMENTE LE DISTANZE DA SALVINI PERCHÉ NON GLI VA A SANGUE LA POSIZIONE DI ESTREMA DESTRA PRESA DALLA LEGA IN UN GOVERNO GIÀ DI DESTRA, NÉ TANTOMENO IL RAZZISMO ANTROPOLOGICO ESPRESSO DALL’ATTUALE CARROCCIO. LA MITICA PADANIA ERA DI “CHI CI VIVE E CI LAVORA”, SENZA FARE ESAMI DEL SANGUE A CHICCHESSIA (INFATTI HA UNA MOGLIE SICILIANA). BOSSI AVEVA UNA VISIONE VISIONARIA E IN ANTICIPO SUI TEMPI…” -
Estratto dell’articolo di Massimo Fini per il “Fatto quotidiano”
Una notte, tanti anni fa, mi trovavo, verso le 3, in una pizzeria affianco di Bossi. Si parlava non solo di politica, ma anche di donne, amori, motori, […] quando gli feci improvvisamente una domanda a tradimento: “Umberto, tu sei più di destra o di sinistra?”. “Di sinistra, ma se lo scrivi ti faccio un culo così”. Va da sé che lo scrissi […]
Di recente […] Umberto Bossi ha preso decisamente le distanze da Salvini e dalla Lega di quest’ultimo. Non gli va a sangue, all’Umberto, la posizione di estrema destra presa dalla Lega di Salvini in un governo già di destra, né tantomeno il razzismo antropologico espresso dall’attuale Lega. La mitica Padania della prima Lega era di “chi ci vive e ci lavora”, senza fare esami del sangue a chicchessia (Bossi, lo ricordo, ha una moglie siciliana). […] Bossi, in concordanza col grande costituzionalista Gianfranco Miglio, aveva, […] una visione visionaria e totalmente in anticipo sui tempi.
Pensava che in un’Europa politicamente unita i punti di riferimento periferici non sarebbero più stati gli Stati nazionali, ma macroregioni coese economicamente, socialmente, culturalmente e anche dal punto di vista climatico. Non c’è nessuna ragione, per fare qualche esempio, che la Liguria di Ponente abbia un regime diverso dalla costa nizzarda o che Alto Adige e Tirolo siano divisi.
Così come, e al contrario, non c’è nessuna ragione per cui poniamo un professore di scuola di Milano guadagni la stessa cifra di uno di Canicattì, dove il costo della vita è il 30 per cento più basso che a Milano. È il principio delle “gabbie salariali” che Bossi voleva introdurre e per cui fu accusato di razzismo antimeridionale.
[…] L’Europa politicamente unita non si è fatta, anzi è più che mai disunita avendo voluto allargarla a 27 Paesi, troppo lontani tra di loro per storia e cultura. Ma, poiché ognuno ha diritto di veto, l’Europa si trova di fatto paralizzata […] La prima Lega di Bossi, essendo sostanzialmente un movimento antipartitocratico, fu ovviamente osteggiata in tutti i modi dai partiti […] L’ascesa della Lega […] si lega […] alle inchieste di Mani Pulite che stavano scoperchiando il vaso di Pandora della corruzione della classe dirigente politica ed economica.
Più i magistrati di Mani Pulite facevano il proprio, doveroso, mestiere, più cresceva la Lega di Bossi, che spezzava finalmente il consociativismo (alleanza, di fatto, fra Dc e Pci/Pds) che garantiva l’impunità alla classe dirigente […] Gli errori di Umberto Bossi furono sostanzialmente due. Il primo, e più grave, è stato unirsi all’avanzante Silvio Berlusconi, che pur Bossi aveva sprezzantemente chiamato Berluscaso, Berluschì, Berluscosa, Berluskaz.
Il terrore di Bossi era la moltitudine di reati da cui era stato investito. La sua Lega non aveva i quattrini sufficienti per farvi fronte. […] Il secondo errore, forse meno perdonabile perché Bossi non vi era spinto da alcuna esigenza, è stato l’atavico familismo italiano, per cui diede al figlio Renzo, il delfino, il “trota” […], il ruolo di consigliere regionale della Lombardia, dove Renzo fu coinvolto proprio in quei reati di appropriazione indebita dei rimborsi elettorali che erano stati una delle basi delle critiche della Lega bossiana a quello che allora si chiamava il “sistema”. […]
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Landini (Cgil): "No alle gabbie salariali. Pronti a mobilitarci ancora"
“Rinnovare i contratti, no alle gabbie salariali: il governo ritiri la legge delega sulla contrattazione. E torni a negoziare con i sindacati per superare la precarietà, fisco giusto, politica industriale. Non c`à una strategia, le privatizzazioni servono solo a fare cassa. La mobilitazione continua”. Lo dice a La Repubblica Maurizio Landini. “La delega sul ‘salario giusto’ va ritirata: non è mai…
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Il 14 dicembre, presso la Sala Convegni Bernardino da Feltre a Roma, si è tenuto un evento di grande rilevanza nel panorama dell'istruzione italiana. L'iniziativa, organizzata da CISL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams, è stata denominata "Un'Agenda Scuola per il futuro del Paese". L'evento ha rappresentato un'importante occasione di confronto tra i sindacati e l'economista ed ex Senatore Carlo Cottarelli. Ivana Barbacci, segretaria generale CISL Scuola, Elvira Serafini, segretaria generale SNALS - Confsal, e Rino Di Meglio, coordinatore nazionale GILDA insegnanti, hanno sottolineato l'importanza di tradurre le dichiarazioni sull'istruzione in scelte di investimento concrete, sfruttando le risorse disponibili dal PNRR, una volta terminata la pandemia. Gli obiettivi immediati puntano a definire un'agenda di obiettivi e impegni a lungo termine, mirando alla valorizzazione delle professionalità nel settore scolastico per garantire pari opportunità di studio in tutte le regioni italiane, anche in quelle più svantaggiate. L'evento ha visto la partecipazione di giornalisti e operatori della comunicazione in presenza, mentre gli organismi statutari nazionali dei sindacati co-organizzatori hanno partecipato in modalità online. Durante il confronto, Ivana Barbacci ha ribadito la necessità di coinvolgere il personale scolastico in ogni riforma, sottolineando l'importanza dell'innovazione autentica costruita con la partecipazione diretta degli insegnanti. Barbacci ha anche affrontato il tema delle "gabbie salariali", sostenendo l'unitarietà della professione e suggerendo una contrattazione di secondo livello coinvolgendo le istituzioni locali. Non è mancato l'approfondimento sul reclutamento, con un'analisi dei concorsi banditi di recente. Barbacci ha esortato a rendere più attrattiva la professione insegnante e ha chiesto maggiori opportunità di stabilizzazione per i precari. “A quanti operano nelle scuole dobbiamo gratitudine, rispetto, sostegno concreto – ha infine concluso il segretario Nazionale confederale della Cisl Ignazio Ganga chiudendo i lavori – con l’impegno di rafforzare garanzie contrattuali, legislative, costituzionali che riconoscano loro la centralità che meritano nelle dinamiche di coesione e sviluppo delle nostre comunità”.
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La provocazione, dato che per quanto argomentata e motivata questo sembra, dell’articolo potrebbe e anzi dovrebbe servire da spunto per una riflessione senza pregiudizi ideologici, meno banale e demagogica su un problema reale, che peraltro non riguarda solo gli insegnanti o i dipendenti pubblici in generale. Il problema di fondo è quello dell’uguaglianza sostanziale e non solo formale, non tanto solo di diritti , e quindi di trattamento, quanto almeno di opportunità rispetto alla reale situazione economica di un paese che effettivamente è già diviso e frammentato. Credo che una possibile soluzione non passi tanto dalla reintroduzione delle “gabbie salariali”, dove ad essere differenziato non deve essere tanto lo stipendio di riferimento, bensì un sistema di perequazione integrativo parametrato alle reali condizioni di vita nei diversi contesti, ovvero welfare aziendale, incentivi e riconoscimenti connessi alla produttività, una quota variabile secondo le necessità e disponibilità. In questo modo si eviterebbero le attuali distorsioni e discriminazioni tra lavoro identico e diverso potere di spesa, in attesa che venga ridotto il divario sociale ed economico tra nord e sud. In conclusione, rammento per i più disattenti, che la perequazione è proprio quel sistema per cui il residuo fiscale positivo di circa 6 regioni italiane, indovinate quali, viene appunto redistribuito alle altre per compensare, redistribuire e appunto perequare le risorse raccolte con la fiscalità generale. Se si ammette da sempre il principio che le regioni più ricche sostengano le più povere, a maggior ragione non dovrebbe scandalizzare se gli stipendi pubblici vengono riparametrati e perequati ai diversi costi della vita. Tutto questo a prescindere che sia una proposta della Lega, perché anche un orologio rotto segna l’ora esatta 2 volte al giorno.
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Nuova riforma della scuola?
Nuova riforma della scuola in vista? L'ennesima riforma si schianterà nuovamente sulla disastrata scuola italiana? Non sappiamo se sarà una vera riforma di carattere strutturale, speriamo seriamente di no, ma di sicuro le "uscite" del ministro dell' Istruzione e del Merito non lasciano presagire tempi sereni in quanto a proposte che definire in maniera compiuta davvero non sapremmo in questo momento. Già il prof. Valditara, ministro dell' Istruzione e del Merito appunto, aveva esordito con una lettera ad inizio anno scolastico che di per se la diceva lunga su come egli intendesse lo svolgimento dei propri compiti. La lettera agli studenti sui "danni del comunismo" è uno dei documenti ufficiali maggiormente ideologici con cui potesse mai decidere di iniziare il proprio excursus da ministro. Non contento del fatto che questo governo, legittimamente s'intenda, abbia pensato bene di cambiare nome al ministero - che per anni sì è giustamente chiamato della Pubblica Istruzione (ma non più nomato così già da un po' di tempo in verità) - aggiungendovi la parolina 'Merito' tutta da spiegare nell'accezione giusta in cui intenderla ha pensato bene di tirare fuori un paio di proposte davvero fantasmagoriche. Stiamo parlando delle novelle "gabbie salariali" per i docenti e ritirando fuori un vecchio cavallo di battaglia dei precedenti governi di centro destra: i privati nella scuola o diamo la scuola ai privati, in pratica. Che si possa essere sconcertati è dire poco, viste le annose problematiche della scuola da qualsiasi parte la si guardi. Cosa succederà dunque? Lo scopriremo solo vivendo, ma intanto che non è un bell'inizio non è un 'opinione. Foto: Di Lalupa - Opera propria, CC BY-SA 3.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=12205320 Read the full article
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Umiliazione, privatizzazioni, gabbie salariali: l’idea della destra della scuola pubblica è questa
DIRETTA TV 0 CONDIVISIONI Il merito, l’umiliazione, i cellulari, i docenti tutor, i fondi privati, le gabbie salariali. Di tanti temi e questioni su cui la destra sta intervenendo – e in parte è già intervenuta nei primi mesi di governo – ce n’è uno su cui la linea è innegabilmente chiara: la scuola pubblica. Su molti punti che in campagna elettorale sembravano incredibilmente urgenti da…
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Il ministro #Valditara propone le "gabbie salariali", stipendi diversi in regioni diverse, per i lavoratori della scuola.
Entusiasta la #bidellapendolare :
"potrò andare al lavoro con il jet di Stato della #Casellati"
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Lamentarsi delle banche, di google, di amazon, del caporalato... e poi...
I fasci oggi si lamentano di Google e di Facebook (gente che gli ha dato una manona sia con la Brexit che con Trump, prontamente ricambiati con sgravi fiscali da paura [*]) per la questione del lavoro in remoto e del fatto che Google paghi in base al costo della vita dove uno svolge il lavoro... poi per le gabbie salariali invece era tutto OK...
Sempre cose un po’ farlocche, generiche poi se c’è da menare qualcuno sono i bangala o qualche poveraccio.
Però... eh signora mia Gino Strada con la chiave inglese (balla colossale)
[*]
https://it.wikipedia.org/wiki/Scandalo_Facebook-Cambridge_Analytica
https://www.businessinsider.com/trump-gop-tax-reform-bill-may-save-amazon-facebook-google-billions-2017-12?r=US&IR=T
#15th#August#2021#August 15th 2021#google#gabbie salariali#cambridge analytica#fdi#fratelli d'italia#lega#salvini#meloni#gino strada#emergency
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Integrativi ai docenti: governo ai ferri corti
Integrativi ai docenti: governo ai ferri corti
La tensione nell’ultimo vertice di Palazzo Chigi è rimasta altissima
I Cinque Stelle hanno condannato la «voglia di gabbie salariali» della Lega, il leader del Carroccio Salvini ha accusato Di Maio di «voler impedire di mettere un letto in più in un ospedale o un corso in più in una scuola» alle Regioni che hanno i soldi per farlo.
E i nuovi testi, figli dell’ultimo giro di…
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VOLEVANO SOLO POCHE CENTINAIA DI LIRE IN PIÙ I BRACCIANTI CHE SCIOPERAVANO INSIEME ALL’INTERO PAESE, MA LA POLIZIA, Il 2 DICEMBRE DEL 1968, LI PRESE A MITRAGLIATE. STORIA DELL’ECCIDIO DI AVOLA
Correva l’anno 1968, l’anno dei movimenti giovanili, delle occupazioni, delle lotte studentesche, ma anche dell’eccidio di Avola. Il 2 dicembre in questa città siciliana, nota per le mandorle e gli ortaggi, era in corso uno sciopero generale promosso dal movimento bracciantile. Gli obiettivi erano ottenere l’abolizione delle gabbie salariali dentro la stessa provincia ( i lavoratori di Avola erano pagati meno di quelli di altre zone), combattere il caporalato e ottenere 300 lire di aumento. Obiettivi legittimi per chi, con il proprio lavoro, faticava a vivere mentre i latifondisti locali e la criminalità si arricchivano grazie ai prodotti della terra. Gli agrari avevano risposto alle rivendicazioni decidendo di rifiutare anche solo un incontro con le sigle sindacali e così i lavoratori abbandonarono i campi e iniziarono la mobilitazione. Molte vie della città a partire dal 25 novembre vennero bloccate e il sindaco decise di sostenere le manifestazioni nonostante le pressioni della prefettura che lo invitavano a intervenire. Il 2 dicembre i manifestanti, con famiglie al seguito, decisero di bloccare la statale 115 verso Siracusa. A quel punto arrivano circa novanta agenti dal capoluogo, armati di mitra e lacrimogeni.
L’ufficiale che li comanda ordina agli scioperanti di rimuovere il blocco e, di fronte al rifiuto, fa sparare i gas a cui segue un fitto lancio di pietre da parte dei braccianti. Il vento contrario fa si che la nube invece di investire la gente torni contro gli agenti stessi mentre altri braccianti accorrono dal paese. Quando i manifestanti sembrano in grado di mettere in fuga i poliziotti, quest’ultimi iniziano ad aprire il fuoco. Sparano i mitra e sparano le pistole. Il terreno si riempie di bossoli; il deputato del PCI Antonio Piscitello, accorso sul luogo, ne raccoglierà più di due chili.
Muoiono due lavoratori: Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, moltissimi rimangono feriti.
La scena che avranno di fronte i giornalisti al loro arrivo sarà quella di una battaglia, con auto e moto crivellate di colpi, circa cinquanta feriti, tra cui alcuni gravi.
La vicenda che rimbalzerà in tutto il paese provocherà una poderosa ondata di scioperi e manifestazioni, con i braccianti di tutta Italia in prima linea e con la grande partecipazione degli studenti e degli operai.
web (fb)
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2 dicembre 1968 ad Avola, in provincia di Siracusa, una manifestazione a sostegno della lotta dei braccianti per il rinnovo del contratto di lavoro finisce nel sangue: la polizia apre il fuoco e due lavoratori – Giuseppe Scibilia, di 47 anni, e Angelo Sigona, di 25 – vengono uccisi. Quarantotto i feriti, di cui due gravi.
Un tragico episodio che sul piano storico lascia ancora un interrogativo: l’aggressione poliziesca quale ultimo strascico delle lotte bracciantili che si erano svolte nel Sud Italia a partire dagli anni’50 e che avevano avuto negli episodi di Portella della Ginestra, Melissa, Montescaglioso i loro momenti culminanti? Oppure si è trattato dall’avvio della nuova fase di repressione e di strategia della tensione destinata a contenere e soffocare l’ondata di libertà che arrivava dal ’68 che poi sarebbe diventato, in Italia, il 1969 dell’autunno caldo?
Il dicembre 1968 rappresenta un momento di grande tensione nel Paese:sono in corso imponenti lotte sindacali e si sta spingendo molto per l’unità delle tre grandi sigle CGIL-CISL – UIL.
Si sta formando un nuovo governo di centro sinistra presieduto da Mariano Rumor nella cui compagine assumerà l’incarico di ministro del Lavoro il socialista Giacomo Brodolini, padre dello Statuto dei Lavoratori cui si accennerà più avanti, che come primo atto del suo mandato si recherà ad Avola ad incontrare i contadini protagonisti di quelle rivendicazioni sindacali che avevano dato luogo alla dura reazione voluta dal Questore.
Ma in quale Italia si svolsero i tragici fatti di Avola?
Era ancora l’Italia delle “gabbie salariali”: le gabbie salariali nascono con un accordo firmato il 6 dicembre del 1945 tra industriali e organizzazioni dei lavoratori, per la parametrazione dei salari sulla base del costo della vita nei diversi luoghi. Entrate in vigore nel 1946, all'inizio furono previste solo al nord, e solo in seguito estese a tutto il paese. In origine, la divisione era in quattro zone, ciascuna con un diverso calcolo dei salari. Nel 1954 il paese intero viene diviso in 14 zone nelle quali si applicano salari diversi a seconda del costo della vita. Tra la zona in cui il salario era maggiore e quella in cui il salario era minore la distanza poteva essere anche del 29%. Nel 1961 il numero di zone fu dimezzato, si passò da 14 a 7, e la forbice tra i salari passò dal 29% al 20%. Il sistema delle gabbie salariali incontrò una progressiva e sempre più forte opposizione di sindacati e lavoratori, che le consideravano discriminatorie e poco eque. Il sistema fu abolito nel 1969 sulla spinta di forti mobilitazioni operaie. L'abolizione fu graduale e fu completata nel 1972 .
Ed era l’Italia dove non era stato ancora approvato lo Statuto dei Lavoratori: La legge 20 maggio 1970, n. 300 - meglio conosciuta come statuto dei lavoratori - è una delle principali normative della Repubblica Italiana in tema di diritto del lavoro. Introdusse importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori con alcune disposizioni a tutela di questi ultimi e nel campo delle rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l'ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro in Italia. Modernizzando finalmente il mondo del lavoro anche nel nostro Paese.
Torniamo però a raccontare Avola, in quel giorno di dicembre 1968.
Così, sei giorni più tardi, Rassegna Sindacale riporta l’accaduto: “L’eccidio di Avola ha destato in tutta Italia, in primo luogo, naturalmente, fra i lavoratori e le loro organizzazioni, un moto profondo di collera”. Appena informata dei gravissimi avvenimenti, la segreteria della Cgil esprime, per mezzo di un comunicato, “l’indignazione e la condanna dei lavoratori italiani per l’eccidio compiuto dalla polizia in armi contro i braccianti di Avola”.
“Due morti e numerosi feriti gravi – scrive ancora Rassegna citando il comunicato della confederazione – sono il tragico risultato di un’aggressione della forza pubblica contro i lavoratori agricoli, in lotta unitaria per il rinnovo del contratto di lavoro nella provincia di Siracusa. Bombe lacrimogene e raffiche di mitra hanno violentemente represso una manifestazione sindacale e popolare causata dall’atteggiamento provocatorio degli agrari, i quali venerdì non si erano neppure presentati alle trattative convocate dal prefetto. La Cgil, mentre chiama i lavoratori alla protesta più larga e unitaria in Sicilia e in tutto il Paese, richiama i democratici tutti alla vigilanza contro questi metodi indegni di un Paese civile, e ripropone la necessità di un immediato disarmo della polizia e dei carabinieri in servizio di ordine pubblico e particolarmente durante le lotte di lavoro”.
Torniamo alle fonti e riproduciamo in questa sede, senza commento, l’articolo apparso l’8 dicembre 1968 sulle colonne dell’Espresso (all’epoca ancora “formato lenzuolo”) e firmato da Mauro De Mauro: due anni dopo De Mauro sarà rapito, presumibilmente dalla mafia, e il suo corpo mai più ritrovato. Uno dei delitti più misteriosi di quel torbido periodo.
Ecco l’articolo: per non dimenticare.
Senza commento se non per ricordare la rabbia e la tristezza di allora che oggi si rinnova.
I contadini uccisi ad Avola
Volevano solo trecento lire in più
di Mauro De Mauro
Sono morti in due. Gli hanno sparato con i mitra. Protestavano per avere una paga uguale a quella dei braccianti di un paese vicino
Avola – Al ventesimo chilometro della statale 115, quasi alle porte di Avola, non si passa più. Bisogna scendere dalla macchina e proseguire a piedi verso il grosso borgo che si intravede poco al di là della curva, quasi di fronte al mare. È difficile mantenersi in equilibrio sull’asfalto di pietre e di bossoli. È uno spettacolo desolante; si ha la precisa sensazione che qui, per diverse ore, si è svolta un’accanita battaglia. In fondo al rettilineo la strada è parzialmente ostruita dalle carcasse ancora fumanti di due automezzi della polizia dati alle fiamme. Sull’asfalto, qua e là, delle chiazze di sangue rappreso. Anche un autotreno, messo di traverso dagli operai in sciopero per bloccare la strada, è sforacchiato dai colpi e annerito dal fuoco. Proprio come una R4 e una decina di motociclette dei braccianti sui cui serbatoi i poliziotti hanno sparato per impedirgli di andarsene.
Sono le dieci di sera di lunedì 2 dicembre. Giornalisti e fotografi, accorsi da tutta l’Italia, stanno raggiungendo un paese il cui nome resterà a lungo nella storia delle lotte sindacali italiane.
È una prospera cittadina, a pochi chilometri da Siracusa, al centro di una ricchissima zona di orti e di agrumeti. Fino a ieri era noto come il “posto delle mandorle”, le buone, dolcissime, tenere mandorle di Avola. Da oggi non si potrà più nominare senza venir colti da un senso di sgomento e di profonda amarezza.
Due chili di bossoli
Giuseppe Scibilia, di quarantasette anni, era nato qui. Angelo Sigona, di ventinove, era nato a pochi chilometri di distanza, a Cassibile, il paese dove, nel settembre del ’43, il generale Castellano firmò l’armistizio per l’Italia sotto la tenda del generale Eisenhower. Ora sono tutti e due distesi nella sala mortuaria dell’ospedale civile di Siracusa. Gli hanno sparato poliziotti di ogni grado, appartenenti al battaglione mobile di Siracusa, con armi diverse: dai mitra corti in dotazione agli agenti, alle pistole calibro 9, 7.65 e 6.35 in dotazione a sottufficiali, ufficiali e funzionari di Pubblica Sicurezza. Una parte delle centinaia di bossoli raccolti poco fa sul campo di battaglia sono in possesso della Federbraccianti. Qualcuno, il deputato Antonino Piscitello, che si trovava sul posto al momento dell’eccidio, li ha anche pesati: erano più di due chili. Il piombo delle forze dell’ordine ha ridotto in fin di vita altri quattro braccianti. Uno di essi, Giorgio Garofalo, nato ad Avola trentasette anni fa, ha tredici pallottole nel ventre.
Fa freddo. La statale 115 è in parte gelata. Ma dà un senso di gelo maggiore il doversi occupare ancora, dopo venticinque anni di lotte sindacali, di braccianti caduti sotto le raffiche della polizia. Stavano scioperando per difendere diritti e interessi elementari. Il presidente della Confagricoltura, conte Alfonso Gaetani, era in viaggio alla volta di Siracusa per contendere a questi uomini il miglioramento che reclamavano, ma la battaglia del chilometro 20 ha interrotto il suo viaggio.
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Tutto cominciò dieci giorni fa, quando i braccianti agricoli aderenti alle tre maggiori organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil) decisero d’intraprendere una grande azione unitaria. Si trattava di ottenere un aumento del 10 per cento sulle paghe, ma soprattutto il riconoscimento di un elementare diritto fino ad oggi negato: la parità di trattamento salariale tra addetti a uno stesso lavoro in due zone diverse di una stessa provincia. Questo infatti è un paese in cui si può ancora morire battendosi non per equiparare i salari di Avola a quelli di Milano, ma per ottenere che il bracciante di Avola abbia un salario non inferiore a quello del bracciante di Lentini. Perché la provincia di Siracusa è divisa in due zone: la zona A, che comprende i braccianti di Lentini, Carlentini e Francoforte, in cui la paga giornaliera è di 3480 lire; e la zona B, con Siracusa e i restanti comuni della provincia, in cui la paga è di 3110 lire.
Tutto questo, nonostante che la provincia di Siracusa sia una tra le più floride della Sicilia. Florida cioè per i proprietari terrieri, che da ogni ettaro di agrumeto riescono a trarre annualmente un reddito netto che varia tra le 600 e le 800 mila lire. In realtà, il reddito medio pro capite in provincia di Siracusa è tra i più bassi d’Italia. E se la media statistica crolla a questi valori da mondo sottosviluppato, è per le condizioni di vita del bracciantato locale. Per questo già due anni fa ci furono rivendicazioni e proteste, e a Lentini una serie di gravissimi incidenti con poliziotti e carabinieri. Anche allora si trattava di un’azione sindacale originata dal rinnovo del contratto di lavoro. Ma allora c’erano stati dei feriti. Oggi si piangono i morti.
Di fronte al rifiuto degli agrari di prendere contatto con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, il 25 novembre scorso, lunedì, 32.000 lavoratori agricoli incrociano le braccia abbandonando i “giardini” dove in questi giorni maturano gli aranci. All’azione partecipano, consapevoli dell’importanza del problema, tutti i sindaci dei paesi interessati, socialisti, democristiani, comunisti. Ma i proprietari non cedono, rifiutano l’incontro e la contrattazione, adottano ogni sorta d’espediente per prendere tempo. Così, dalle piazze dei paesi i braccianti in sciopero dilagano lungo le strade provinciali, innalzano blocchi di pietre nella speranza che le interruzioni del traffico attirino l’attenzione del governo. E infatti qualcuno si accorge delle pietre, dei blocchi delle strade, del traffico difficile: ma non del problema per il quale ci si batte. Il prefetto di Siracusa convoca il sindaco socialista di Avola e lo invita a intervenire perché i blocchi vengano rimossi e il traffico possa riprendere immediatamente. «Lei è il primo cittadino di questo paese», dice in sostanza il prefetto, «e il suo dovere è dunque quello di indossare la fascia tricolore e di raggiungere gli scioperanti per convincerli a sciogliere la manifestazione». Ma il sindaco Danaro non è affatto d’accordo. «Indosserò la fascia tricolore», risponde, «e andrò a unirmi agli scioperanti per presentarmi alla polizia e intimarle di abbandonare il paese».
Così avviene, infatti. E così, nel primo pomeriggio di lunedì, mentre un centinaio di braccianti agricoli sono intorno a uno sbarramento di pietre eretto al 20° chilometro della statale 115, poco prima del bivio per il Lido di Avola, nove camionette cariche di agenti, per complessivi novanta uomini, arrivano da Siracusa e si arrestano di fronte al blocco intimandone lo smantellamento immediato. Sono novanta uomini col mitra in mano, il tascapane pieno di bombe lacrimogene, l’elmetto d’acciaio col sottogola abbassato. È quanto basta perché i braccianti esasperati reagiscano con un primo lancio di pietre. I poliziotti sbandano. L’ufficiale che li comanda grida un ordine secco, e una prima scarica di bombe piove sul gruppo degli scioperanti sprigionando una densa nuvola di fumo bianco. Ma il gas, invece di intossicare gli operai, investe, trasportato dal vento, gli stessi poliziotti i quali vengono contemporaneamente respinti da una seconda bordata di pietre. I piani di battaglia elaborati al tavolino dai comandanti delle forze dell’ordine sono travolti dagli avvenimenti. Da uno scontro frontale la battaglia si frantuma in una serie di piccoli episodi di violenza, uomo contro uomo, e dalla strada si trasferisce nei campi circostanti.
Altri braccianti accorrono dal paese e dalle case coloniche vicine. Disseminati e privi di collegamento tra loro, i poliziotti rischiano di venire sopraffatti. Perdono la testa. Qualcuno comincia a sparare. In pochi secondi le grida che fino a quel momento avevano dominato il campo di battaglia vengono coperte da una serie di scariche frastornanti, ininterrotte, un inferno che soffoca il gemito dei primi feriti. Le file dei braccianti indietreggiano, gli uomini si danno alla fuga, la polizia rimane padrona del campo. Ma è una vittoria talmente amara e tragica, che le forze dell’ordine non se la sentono di presidiare il campo di battaglia. Dopo aver operato una diecina di fermi e aver smantellato il blocco stradale, gli agenti abbandonano la zona e lo stesso centro di Avola, consapevoli che la loro presenza potrebbe scatenare reazioni.
Adesso, alle undici di sera, Avola sembra un paese di fantasmi. Dalle due del pomeriggio la vita si è fermata, i negozi hanno abbassato le saracinesche in segno di protesta e di lutto, le due sale cinematografiche hanno chiuso. Una folla immobile e muta indugia sulla piazza principale dove poco fa il sindacalista Agosta ha tenuto un comizio a nome della Federazione dei braccianti. In giro non si vede neppure una divisa. È come se l’intero paese stesse aspettando di riprender contatto con una realtà che tuttora appare incredibile. Ma il cordoglio, come del resto la destituzione del questore di Siracusa Vincenzo Politi o le deplorazioni ufficiali, evidentemente non bastano.
Franco Astengo
Fonteemail: [email protected]
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Nuova riforma della scuola?
Nuova riforma della scuola in vista? L'ennesima riforma si schianterà nuovamente sulla disastrata scuola italiana? Non sappiamo se sarà una vera riforma di carattere strutturale, speriamo seriamente di no, ma di sicuro le "uscite" del ministro dell' Istruzione e del Merito non lasciano presagire tempi sereni in quanto a proposte che definire in maniera compiuta davvero non sapremmo in questo momento. Già il prof. Valditara, ministro dell' Istruzione e del Merito appunto, aveva esordito con una lettera ad inizio anno scolastico che di per se la diceva lunga su come egli intendesse lo svolgimento dei propri compiti. La lettera agli studenti sui "danni del comunismo" è uno dei documenti ufficiali maggiormente ideologici con cui potesse mai decidere di iniziare il proprio excursus da ministro. Non contento del fatto che questo governo, legittimamente s'intenda, abbia pensato bene di cambiare nome al ministero - che per anni sì è giustamente chiamato della Pubblica Istruzione (ma non più nomato così già da un po' di tempo in verità) - aggiungendovi la parolina 'Merito' tutta da spiegare nell'accezione giusta in cui intenderla ha pensato bene di tirare fuori un paio di proposte davvero fantasmagoriche. Stiamo parlando delle novelle "gabbie salariali" per i docenti e ritirando fuori un vecchio cavallo di battaglia dei precedenti governi di centro destra: i privati nella scuola o diamo la scuola ai privati, in pratica. Che si possa essere sconcertati è dire poco, viste le annose problematiche della scuola da qualsiasi parte la si guardi. Cosa succederà dunque? Lo scopriremo solo vivendo, ma intanto che non è un bell'inizio non è un 'opinione. Foto: Di Lalupa - Opera propria, CC BY-SA 3.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=12205320 Read the full article
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