#foto in scatola
Explore tagged Tumblr posts
Text
No mi son sbagliat* perché ho una memoria di merda, non è su questi consigli che l'ho basato, ho basato il mio San Lang su merchandise, il coniglio su un disegno ufficiale del donghua...? E NON HO NEANCHE UNA FOTO DEL CONIGLIO COMPLETO SOLO LA TESTA 😭
@coffeeworldsasaki dio santissimo siamo tutti così tanto persone di cultura e buon gusto qui (also, manda! Curioso di vedere se possibile!)
#perché non trovo una foto.... ho fatto una fatica assurda per fare il corpo????#purtroppo ho quasi tutta la roba che ho fatto ancora inscatolata dopo l'ultimo trasloco#eccetto il mio binghe plushie quello me lo sono messo nello zaino durante il trasloco perché è il mio capolavoro e col cazzo che lo lasciavo#viaggare nel camion in una scatola
5 notes
·
View notes
Text
Vedendo in giro alcune foto e leggendo i commenti qua' e là, scopro i ricordi di alcuni che poi, alla fine, sono i miei ricordi di bambina e quelli di molti di noi.
Noi, quelli della mia generazione intendo, abbiano avuto la fortuna di nascere e crescere in un'epoca dove abbiamo ascoltato il rumore delle onde, il garrire delle rondini, abbiamo assaporato la frutta dagli alberi. Ci siamo scorticati le ginocchia andando in bicicletta o correndo per non essere scoperti a nascondino.
Ci siamo baciati e ci siamo abbracciati, a volte presi a schiaffi e le facce indignate o sorridenti erano le nostre e non quelle buffe forme che troviamo ed a volte utilizziamo per mostrare i nostri sentimenti nel web.
Ricordo i bagni al mare, non si usciva fino a che le labbra non diventavano blu e le merende che seguivano erano le più buone del mondo perché si era affamati....affamati di cibo ma anche di curiosità e di conoscenza. Ad una meta raggiunta ne seguiva subito un'altra da raggiungere.
Oggi non si ha più fame di nulla, ci riempiamo di ogni cosa, siamo pieni di sovrastrutture che non servono a molto se non a coprire ed a nascondere quello che noi in realtà siamo.....anime in cerca d'amore, chiuse in una scatola di finte certezze che ci rassicura ma che allo stesso tempo ci soffoca.
Quello che abbiamo realmente vissuto, le sensazioni intendo, i dolori, le gioie, i profumi antichi delle cucine delle nostre nonne e dei vasi fioriti delle nostre madri sono dentro di noi ed hanno creato la nostra anima, tutto sta a scoprirla.
Angela P.
33 notes
·
View notes
Text
Prima sono andata a casa di mia madre per prendere in prestito un trapano visto che il mio è in negozio (nb. Scopro che mia madre non ha più il trapano perché ho anche il suo in negozio. Perché? Che cazzo ne so).
Sono scesa al piano interrato e ho cominciato a cercare, cerca di qua, cerca di là, mi sono imbattuta nella scatola con i miei progetti dell'Università, la riapro sempre quando la vedo, sfoglio le prime cose, guardo i vari pezzi di poliplat, ma non arrivo mai al fondo, non voglio rovinarmi la sorpresa perché so che un giorno arriverò al fondo della scatola e penserò "seee vabbè e questo chi se lo ricorda?" oppure "ma quando mai ho fatto sta cosa" o probabilmente "che cacata" ma anche "geniale, che talento sprecato". Poi ho intravisto su un mobile una scatola con scritto "Camera vecchia C'houncazzodicasino". L'ho aperta e ho adorato tutto. I pochi cd originali che avevo, insieme alle varie compilation, la macchinetta portatile con cui facevo le foto in ogni momento ai miei amici, sempre, sempre, ad ogni occasione avevo quella macchinetta in borsa, un soprammobile in resina che raffigura un fungo del mondo degli gnomi con occhi e naso, un vecchio pass per maison et object, i quadernini e le moleskine dove prendevo appunti all'università di storia dell'Architettura (conservati gelosamente), il vecchio lettore mp3 e una scatolina con alcuni ricordi del nonno. Anche qui non sono arrivata al fondo della scatola. Volontariamente.
Quanto mi piacciono quelle cinque sei scatole piene di ricordi e cose che ho sparse per casa mia e casa di mia madre. Mi passano di mente o forse ci penso ogni giorno. Mi passano di mente e ci penso ogni giorno.
24 notes
·
View notes
Text
PEL DI CAROTA
Pochi giorni fa si ricordava la liberazione di Forlì. Come ogni anno, mi piace raccontare un evento legato a quei giorni. La prima frazione a essere liberata fu San Martino in Strada, il giorno prima. Il paese è avvolto dalla nebbia e il caporale Irvine, a capo della 4° divisione inglese, sta avanzando casa per casa. Si avvicina al Mulino de’ Fig’, cioè del fico, per le piante che lo circondano: “Ci fermammo dietro l'ultima casa mitragliata. Entrai con della carne in scatola per fare uno scambio e trovai il vecchio mugnaio. Suo figlio, dalla testa color carota, mi accompagnò di sopra, dove c’era il foro di una cannonata. Il mugnaio disse che era successo la mattina prima e mi resi conto che era stata la 5° squadra a farlo. Un po’ arrossendo glielo spiegai, ma con sorpresa mi diede una pacca sulla schiena e disse “Bravo!” Il fatto aveva scacciato i tedeschi. Tornato fuori, vidi i civili con al braccio la fascia dei patrioti percorrere la strada in bicicletta, ciascuno armato di un fucile. Alle 11 andammo nelle barricate attraverso la foschia. Eravamo a circa a 1 km da Forlì. Per la strada c'erano folle acclamanti che battevano le mani e offrivano vino, una roba terribile, ogni volta che ci fermavamo.” Alcuni anni fa, Bruce Irvine, figlio del caporale, visitò i luoghi del diario del padre. Bussando alla porta dello stesso mulino si ritrovò davanti l'ottantenne Virgilio Gardelli, scoprendo con commozione che si trattava del bambino dai capelli color carota.
foto 3: il foro sul mulino foto 4: Virgilio e Bruce
20 notes
·
View notes
Text
Eredità
Ho visto i visi dei miei antenati fiumi di foto a bruciapelo. I loro erano i volti vivi dei dimenticati i gusci lisi della mia ghianda una storia che passa senza alcuno sguardo, una genealogia rimossa negli atti silenziosi del mio giorno che, come gli altri prima di me, sarà sepolto nelle fratture di tre o quattro generazioni.
I ricordi si insinuano nell’aria fra i tessuti la memoria è una scatola di fallimenti: ci si ricorda solo di ciò che non è mai successo; il legno bruciato di una delusione il rimosso, la vita eccedente.
-Axel Sintoni-
11 notes
·
View notes
Text
È possibile essere tristi e felici contemporaneamente? C'è una parola per descrivere questo senso di boh? Perché mi sento così. È accaduto questo evento che aspettavo e forse temevo da tempo. Insomma anche se ne dimostro meno questa settimana ho compiuto 50 anni. Non so bene come sia successo, mi sembra l'anno scorso che ne festeggiavo volentieri 40 e nella mia testa ne ho al massimo 35, infatti continuo a pensare e fare quasi le stesse cazzate. Non avevo granché voglia di festeggiare, quindi ho fatto le stesse cose standard di tutti i compleanni ma con un lieve strato di malinconia in più, sentimento per me nuovo e che ancora non ho imparato a gestire al meglio. Volevo farmi un paio di regali (un piccolo viaggio, un grande tatuaggio, magari un altro gatto piccolo o grande è indifferente), ma a causa di imprevisti economici non ho potuto, spero di poter recuperare. Nel frattempo proseguo come meglio posso, forse con più consapevolezza. Ah e il Lego della foto l'ho ricevuto come regalo, sulla scatola è scritto 18+ quindi per me è perfetto!
31 notes
·
View notes
Text
sono andata a rinnovare la patente, stupidamente ho dimenticato la foto da turbo fregna da metterci.
me l'ha fatta la signora dell'aci con il tablet con spiccate doti da fotografa tipo "mettiti sul bianco e guarda qui".
no va beh raga sarò tipo mega cessa in sta patente, punto tra 10 anni ad averne una con la scatola del Pandoro in testa
25 notes
·
View notes
Text
Questo weekend ho fatto una delle cose che mi ero ripromessa di fare più spesso, anzi due: passare del tempo con le mie amiche di persona e dedicare di nuovo attenzione all'antropologia, che dopo la tesi ho messo un po' troppo in disparte.
Con la mia vecchia compagna di studi siamo andate a seguire degli incontri a Pistoia, organizzati proprio sul tema dell'antropologia dell'alimentazione, sulla cultura e sulle retoriche del cibo, sulle pratiche e i miti più o meno recenti che gravitano intorno alla cucina e alla produzione di ciò che mettiamo a tavola. Bellissimo *_*
Purtroppo siamo riuscite a stare solo una giornata su tre, e abbiamo perso uno degli interventi che avremmo voluto seguire di più, ma non si può avere tutto (e proprio la "temperanza" era uno dei concetti cardine di uno degli interventi che abbiamo ascoltato, quindi abbiamo cercato di contenere la delusione u_u)
Questi sono i miei appunti sparpagliati rimuginati tra ieri e oggi, in attesa di rimettere ordine nei miei pensieri:
* Sullo Sprecometro di Andrea Segrè gli astronauti della stazione spaziale sarebbero sempre ai primi posti di tutte le classifiche, ma quanto è difficile essere parsimoniosi senza un team alle spalle
* Chissà se Stefania De Pascale ha visto "For all Mankind" e quanta fantascienza c'è stata nell'infanzia di chi lavora in questo campo - chissà che ne penserebbero Fabio Dei (ricordando sua lezione dal Festival di antropologia di Bologna) e Dario Bressanini
* Se la tavola serve al dialogo e dialogare a tavola e sulla tavola serve a tutti noi, seguire il filo dei discorsi di Marino Niola e Enzo Bianchi è un viaggio nel linguaggio più suggestivo tra metafore e allegorie, una serie di immagini potentissime
* La concretezza dei numeri sulla produzione di carne di Stefano Liberti è agghiacciante anche dopo aver scritto una tesi su questi argomenti ed è tra i migliori esempi della complessità dei mondi culturali di cui parlava Adriana Destro nel mio primo libro di antropologia
* Chissà se la dimensione relazionale delle scelte alimentari collettive di cui ha parlato Adriano Favole ci porterà verso un equilibrio sostenibile prima o poi - sarebbe meglio prima che poi... - tra i paradossi dell'abbondanza e i limiti della memoria storica e la costruzione di nuove abitudini a tavola (quando ha parlato della neo-tipicità della carne in scatola in polinesia e al paragone con l'importazione della pizza in Italia non ho potuto fare a meno di pensare ad Alberto Grandi)
* Alla ricerca delle foto di Marco Aime, abbiamo visitato alcuni locali tra i vicoli e le piazzette di Pistoia, incrociando insegne di "corsi di recupero per vegani" e mostre fotografiche dedicate alla "fame chimica": sulla sola retorica sul cibo ci sarebbero ore di dialoghi da fare
* Grande emozione incontrare al volo Massimo Montanari e ringraziarlo per aver dato il via alla passione per questi argomenti 20 anni fa, ancora più bello farlo insieme alla mia amica considerato che la nostra amicizia è nata proprio tra i banchi di quel corso
* Quanti libri vorrei leggereeeee
* Per fortuna ci sono i video su youtube per recuperare gli incontri persi
Comunque non potevo non prendere appunti, ovviamente u_u
Questa invece sono io che aspetto il treno per rientrare con 50 minuti di ritardo, ma niente può guastare questo weekend cominciato con gli gnocchi fatti in casa dalla mia amica u_u
E comunque ne ho approfittato per cominciare un libro che sembra proprio bellissimo *_*
8 notes
·
View notes
Text
Al doganiere dichiaro
una scatola d'ovomaltina,
frutta secca, piselli sottovuoto;
a mio modo solenne, poi,
due bottiglie di vino.
Taccio invece di te, della tua foto
nascosta fra i documenti.
Annuisce contento:
mi crede sano.
Fabio Pusterla
33 notes
·
View notes
Text
Il mistero del peperone
Al dì 11 settembre, giorno funesto, capo mi ha chiesto di preparargli 60 PZ di un prodotto perché li avrebbe dovuti portare alla riunione di oggi. Ok, preparo e metto in una scatola, l'ho lasciata aperta perché tanto non andava spedita. Ho messo la suddetta scatola sotto la mia scrivania perché c'era gente in azienda e non mi andava di lasciarla in giro in bella vista. Alle 18 il capo ha chiesto "giu' la scatola dei 60 PZ è questa?" "Si si". Bene, l'ha presa e se l'è portata dietro, non so se subito in macchina o altrove.
Stamattina il capo manda una foto alla capa di questa scatola con dentro i 60 PZ + UN PEPERONE. Non so se mi stessero vagamente accusando di aver messo UN PEPERONE nella scatola perché la cosa mi ha fatto molto ridere internamente, ma 1) non vado a mettere peperoni nelle scatole e 2) la scatola è rimasta sotto la mia scrivania, in un ufficio in cui chiaramente non circolano peperoni. Fatto sta che il mistero rimane: come ci è finito il peperone lì? Molteplici sono le opzioni, una è la verità, nessuno la conosce.
23 notes
·
View notes
Text
da quando te ne sei andato, ho tolto tutto di te
sei finito in una scatola conservata nel mio armadio, una scatola che ho persino paura di guardare
come se eliminare ogni traccia di te potesse bastare a cancellarti.
vorrei che fosse così, ma non lo è.
mi sei in testa, sempre.
i ricordi mi tagliano dentro, e io non voglio più pensarti.
non voglio più questo dolore che mi hai lasciato.
mi chiedo se finirà mai.
se smetterai mai di mancarmi. se smetterò mai di aspettare un tuo messaggio. se un giorno, guardando le tue foto, non piangerò più.
se, guardando quella scatola, non sentirò più dolore.
ti cerco ovunque.
mi illudo di mancarti, di essere nei tuoi pensieri, ma so benissimo che non è così. come se questo potesse proteggermi e ammortizzare il dolore.
sai..quando vivi un giorno bello, ridi e pensami
2 notes
·
View notes
Text
Alla fine del XIX secolo, c'era una ragazza di nome Emily, rinomata nella sua piccola città vittoriana per il suo particolare hobby di collezionare tesori. A differenza di altri bambini della sua età che collezionavano bambole o biglie, i tesori di Emily erano le reliquie dimenticate del passato: chiavi antiche, lettere sbiadite, gioielli rotti e vecchie fotografie. Aveva una particolare predilezione per le carte degli armadietti, quelle robuste fotografie montate su cartone spesso che erano popolari nel 1800.
Il fascino di Emily per questi artefatti non riguardava solo il loro aspetto. Sentiva un profondo legame con le storie che avevano. Ogni fine settimana, vagava tra mercatini delle pulci e vendite immobiliari, i suoi occhi brillavano con la possibilità di scoprire un nuovo pezzo da aggiungere alla sua collezione. Puliva meticolosamente e catalogava ogni oggetto, immaginando la vita delle persone che un tempo li possedevano.
Un giorno, rovistando in una soffitta polverosa, Emily si imbattì in un album fotografico pieno di cartoncini. Ogni foto mostrava individui dalla faccia severa in rigido abiti vittoriani. Tra di loro, spiccava una foto, una foto di una ragazza della sua età, con in mano una scatola decorata. Gli occhi della ragazza sembravano brillare di un segreto, un'intesa condivisa attraverso i secoli. Incuriosito, Emily iniziò a indagare sull'identità della ragazza. Ha scoperto che la ragazza, di nome Margaret, era conosciuta come la "collezionista di tesori" del suo tempo.
Emily sentiva una parentela con Margaret, come se fossero spiriti affini separati dal tempo. Ispirata, ha deciso di scrivere un diario, documentando le sue scoperte e le storie immaginate delle persone nelle fotografie. La sua collezione crebbe, e con essa, la sua comprensione del passato. La caccia al tesoro di Emily era più di un hobby; era un ponte che la collegava a un mondo lontano, ma vividamente vivo nella sua immaginazione.
3 notes
·
View notes
Text
Croci
Ogni anno la sera del Ringraziamento seguivamo come un gregge papà che trascinava il vestito da Babbo Natale in giardino e lo sistemava su una specie di crocefisso che aveva costruito con un palo di metallo. La settimana del Super Bowl la croce portava una maglia da football e il casco di Rod, e Rod doveva chiedere il permesso a papà se voleva riprendersi il casco. Il Quattro Luglio la croce diventava lo Zio Sam, il giorno dei caduti un soldato, ad Halloween un fantasma. La croce era l'unica concessione di papà all'entusiasmo. Potevamo prendere solo un pastello per volta dalla scatola. Una volta la notte di Natale papà sgridò Kimmie perché aveva sprecato uno spicchio di mela. Quando versavamo il ketchup ci ronzava intorno dicendo: Basta, basta, basta. Le feste di compleanno erano a base di merendine, niente gelato. La prima volta che ho portato a casa una ragazza lei mi ha detto: Perché tuo padre ha messo quei due pali in croce?, e io non sapevo dove guardare.
Siamo andati via di casa, ci siamo sposati, siamo diventati genitori, abbiamo scoperto che il seme della grettezza fioriva anche dentro di noi. Papà ha cominciato a decorare la croce con più complessità e con una logica più ermetica. Il Giorno della Marmotta l'ha coperta con una specie di pelliccia e ha trascinato fuori un riflettore per creare un effetto ombra. Quando c'è stato un terremoto in Cile ha abbattuto la croce e dipinto una crepa per terra con lo spray. E' morta mamma e ha mascherato la croce da Morte e sul braccio orizzontale ha appeso le foto di mamma da piccola. Passavamo a salutarlo e trovavamo strani talismani della sua gioventù disposti ai piedi della croce; medaglie dell'esercito, biglietti del teatro, vecchie felpe, cosmetici di mamma. Un autunno ha pitturato la croce di giallo vivo. E in inverno l'ha coperta di ovatta per tenerla al caldo e fornita di prole piantando col martello sei mini croci in giardino. Ha passato pezzi di spago tra la croce e le mini croci e ha attaccato lettere di scusa, ammissioni d'errore, richieste di comprensione, tutto su cartellini scritti con mano affannosa. ha dipinto e appeso alla croce un cartello con la scritta AMORE, poi un altro che diceva PERDONARE? e poi è morto con la radio accesa e abbiamo venduto la casa a una giovane coppia che ha sradicato la croce e l'ha lasciata sul ciglio della strada perché la portasse via il camion dell'immondizia.
- George Saunders, Dieci dicembre
(Uno dei racconti più belli degli ultimi anni)
12 notes
·
View notes
Text
Ero arrivato all'indirizzo e avevo suonato il clacson. Dopo aver aspettato qualche minuto, suonai di nuovo. Visto che quella sarebbe stata la mia ultima corsa del turno, pensai di andarmene, ma invece misi la macchina in parcheggio, mi avvicinai alla porta e bussai. 'Un attimo,' rispose una voce fragile e anziana. Sentii qualcosa trascinarsi sul pavimento.
Dopo una lunga pausa, la porta si aprì. Davanti a me c'era una piccola donna sui novant'anni. Indossava un vestito a fiori e un cappellino con un velo appuntato, come qualcuno uscito da un film degli anni '40.
Accanto a lei c'era una piccola valigia di nylon. L'appartamento sembrava disabitato da anni. Tutti i mobili erano coperti da lenzuola.
Non c'erano orologi alle pareti, né soprammobili o utensili sui ripiani. In un angolo c'era una scatola di cartone piena di foto e oggetti di vetro.
'Potresti portare la mia valigia alla macchina?' disse. Presi la valigia e la portai al taxi, poi tornai ad aiutarla.
Mi prese per il braccio e camminammo lentamente verso il marciapiede.
Continuava a ringraziarmi per la mia gentilezza. 'Non è niente,' le dissi. 'Cerco solo di trattare i miei passeggeri come vorrei che trattassero mia madre.'
'Oh, sei un bravo ragazzo,' disse. Quando salimmo in taxi, mi diede un indirizzo e poi chiese: 'Potresti passare per il centro?'
'Non è la strada più breve,' risposi rapidamente.
'Oh, non importa,' disse. 'Non ho fretta. Sto andando in un hospice.'
Guardai nello specchietto retrovisore. I suoi occhi luccicavano. 'Non ho più famiglia,' continuò con voce dolce. 'Il dottore dice che non mi resta molto tempo.' Spensi il tassametro in silenzio.
'Quale percorso vuoi che faccia?' chiesi.
Per le successive due ore, guidammo attraverso la città. Mi mostrò l'edificio dove aveva lavorato come operatrice di ascensori.
Passammo per il quartiere dove lei e suo marito avevano vissuto da novelli sposi. Mi fece fermare davanti a un magazzino di mobili che un tempo era stata una sala da ballo dove andava a ballare da ragazza.
A volte mi chiedeva di rallentare davanti a un particolare edificio o angolo e restava a fissare nel buio, senza dire nulla.
Quando l'alba iniziava a intravedersi all'orizzonte, disse improvvisamente: 'Sono stanca. Andiamo ora.'
Guidammo in silenzio fino all'indirizzo che mi aveva dato. Era un edificio basso, simile a una piccola casa di riposo, con un vialetto che passava sotto un portico.
Appena arrivammo, due inservienti uscirono dal taxi. Erano premurosi e attenti, osservando ogni suo movimento. Dovevano aspettarla.
Aprii il bagagliaio e presi la piccola valigia. La donna era già seduta su una sedia a rotelle.
'Quanto ti devo?' chiese, mettendo mano alla borsa.
'Niente,' dissi.
'Devi guadagnarti da vivere,' rispose.
'Ci sono altri passeggeri,' replicai.
Quasi senza pensarci, mi chinai e la abbracciai. Mi tenne stretta.
'Mi hai regalato un piccolo momento di gioia,' disse. 'Grazie.'
Le strinsi la mano e poi mi allontanai nella luce fioca del mattino. Dietro di me, una porta si chiuse. Era il suono della chiusura di una vita.
Non presi più passeggeri per quel turno. Guidai senza meta, perso nei miei pensieri. Per il resto della giornata, riuscii a malapena a parlare. Cosa sarebbe successo se quella donna avesse avuto un autista arrabbiato o impaziente di finire il turno? E se avessi rifiutato la corsa, o avessi suonato il clacson una volta, poi me ne fossi andato?
Ripensando a tutto, non credo di aver fatto nulla di più importante in vita mia.
Siamo abituati a pensare che le nostre vite ruotino attorno a grandi momenti.
Ma spesso i grandi momenti ci sorprendono, splendidamente avvolti in quello che altri potrebbero considerare un piccolo gesto.
LE PERSONE POTREBBERO NON RICORDARE ESATTAMENTE COSA HAI FATTO, O COSA HAI DETTO MA RICORDERANNO SEMPRE COME LE HAI FATTE SENTIRE.
In fondo a questa grande storia c'era una richiesta di inoltrarla - ho eliminato quella richiesta perché se hai letto fino a questo punto, non avrai bisogno di essere invitato a passarla oltre, lo farai spontaneamente...
La vita potrebbe non essere la festa che speravamo, ma mentre siamo qui possiamo anche ballare...
Da Marco Gigli.
5 notes
·
View notes
Text
BUMBLEBEE ( Deluxe ) Studio Series GAMER EDITION 01
Fra i nuovi Studio Series Gamer Edition non poteva mancare la versione videoludica di BUMBLEBEE, esordito nell'ormai classico e mitico War for Cybertron, ed anche per lui si pone giocoforza il confronto con il modellino originale Generations del 2010.
Iniziamo bene dalla modalità veicolare di AUTO CYBERTRONIANA, davvero fedele nella sua forma di mouse con le ruote, indovinato già nel suo design originale che richiama le forme di quella che diverrà la forma terrestre di Maggiolino: ovviamente il Deluxe del 2010 parte avvantaggiato, e non solo per la stazza maggiore, ma anche per i finestrini laterali in plastica trasparente ed i cerchioni delle ruote idem con l'effetto "Tron" efficacissimo per questi veicoli.
Ma nel suo piccolo il SS GE si difende bene, risultando compatto e fedele, e pure con qualche dettaglio in più… magari non sulle ruote, ma le strisce rosa neon ci sono anche sui fari frontali, ecco, anche se poi non hanno manco dipinto il lunotto posteriore, vabbè! ^^'
Il veicolo può ospitare le 3 armi accessori di cui è provvisto il modellino, con l'arma leggera nascosta sotto l'auto, quella pesante sopra il tettuccio ( ma volendo vi si può posizionare quella leggera, ma non il contrario ), mentre la spada si attacca sul retro negli appositi perni… non il massimo, ok, ma almeno ha un posto dove stare.
La TRASFORMAZIONE a grandi linee è come il Deluxe originale, col muso che si abbassa a divenire il petto del robot, le ruote anteriori che finiscon sugli avambracci e mentre la parte posteriore laterale diventa le gambe, ma il COME è ben diverso, con soluzioni niente male sia nelle gambe che sopratutto nelle braccia, che risultano più game accurate e snelle.
Il WfC Generations originale era davvero ben fatto, dicevamo, ed anche il ROBOT non era da meno, ma era parecchio fuori scala nel suo essere un Deluxe bello "pieno" con di fianco il collega Optimus della stessa classe, mentre ora questo Bumblebee è giustamente più basso di una testa di un Dlx medio ( ma non meno pesante, almeno! ) e ancor meglio hanno reso Prime un Voyager!
Ma tornando a Bee, nonostante la statura ridotta si presenta ben strutturato e simile al modello in CGI, meglio in alcune parti come le braccia, meno in altre come le gambe, che hanno sì una trasformazione interessante, si diceva più su, ma a scapito di una resa estetica un po' piatta, soprattutto rispetto al Generation del 2010, con le ruote che guarano all'interno delle caviglie ma senza più i dettagli in rilievo sulle gambe.
La zainata sulle spalle è meno ingombrante, sempre rispetto al primo Generations, mentre è un bel tocco il fatto che le spalle, con il disegno dei vetri, diventino parte della carrozzeria laterale, mentre sul design delle gambe ci ritorniamo in seguito, ma il vero elefante nella stanza è il muso del veicolo a mo' di panza che si ritrova, fermo restanto che, a dispetto delle foto promozionali pure sul retro della scatola, almeno le parti laterali esterne rientrano un po'!
Il problema non è tanto quanto è pronunciato tale muso, che visto in alcune angolazioni è anche un po' sopportabile da vedere, quanto che ha pure lo stomaco inglobato all'interno, dandogli un'aria ulteriormente tozza. E sopratutto se di fianco si ritrova il modello precedente, ben più proporzionato a livello di busto.
Vorrei dire che almeno lo SS ha qualche articolazione in più rispetto al suo predecessore di 14 anni fa, ma neanche, anzi peggio, visto che gli manca quella della rotazione dei pugni, e tecnicamente pure l'inclinazione delle caviglie verso l'interno, data la disposizione delle gambe, che a sto punto mi viene da chiedermi se non siano sistemate rovescie per sbaglio di default, allorchè bisognerebbe ruotare il bacino e le cosce di 180° ciascuno per avere la posabilità cavigliare e pure delle gambe più eleganti a vedersi, senza le cerniere a metà polpacci!
Interessante il discorso di avere due blaster diversi ed una spada come accessori, quest'ultima pure davvero ben scolpita con tanti ghirigori sulla lama: se la spada s'impugna normalmente, le armi da fuoco vanno sistemate sostituendo il solo braccio destro, come già visto per Optimus, solo che tale arto poi però non trova più posto nel robot, come invece era per Prime che se lo poteva almeno appendere… dietro il sedere, e quindi resta orfano e abbandonato a se' stesso! ^^'
( Perlomeno entrambe le bocche di fuoco posso appendersi dietro la schiena, dai!! ^^''' )
Insomma, per questo o per quello manca un tanto così perchè questo Bumblebee WfC sia un bel modellino a tutto tondo, che su alcune lacune ci si può passar sopra, non sia mai, ma altre magari sono proprio fastidiose sopratutto se si considera che NON è la prima incarnazione modellistica del giocattolo ED è pure fatta in una linea filologica per collezionisti dove la regola numero 1 dovrebbe essere la somiglianza alla controparte filmica / cartoonesca / videoludica che sia.
Per fortuna, ripeto, ci sono soluzioni innovative interessanti a livello di trasformazione o estetica del veicolo e robot, ma queste sono poi bilanciate in peggio da altre peggiorative, quindi direi che chi ha già il Deluxe del 2010 e non gli interessa la scala, può tranquillamente tenerselo stretto, mentre questo SS può andar bene a che non ha l'originale WfC e comunque ama alla pazzia i personaggi di quel videogioco e quindi vorrà collezionare tutte le uscite.
#transformers#hasbro#generations#autobot#autorobot#wfc#recensione#review#bumblebee#maggiolino#war for cybertron#studio series#gamer edition
3 notes
·
View notes
Text
La scatola che mi hai regalato per i 19 è diventata una scatola dei ricordi in cui ho fatto entrare tutte le nostre foto.
Ogni anno mi riprometto di buttarla via, ma puntualmente non ci riesco. C'è ancora quel piccolo telescopio con sopra il tuo biglietto. Vorrei bruciarlo, vorrei bruciare tutto quello che c'è all'interno, ma c'è sempre qualcosa che mi spinge a non farlo.
3 notes
·
View notes