#formazione scolastica
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Alessandria Promuove l'Educazione alla Legalità all'Istituto "Umberto Eco"
Un ciclo di incontri per sensibilizzare i giovani su legalità e parità di genere, con storie di rinascita dopo la violenza
Un ciclo di incontri per sensibilizzare i giovani su legalità e parità di genere, con storie di rinascita dopo la violenza. Il Comune di Alessandria ha inaugurato un ciclo di incontri presso l’Istituto d’Istruzione Superiore “Umberto Eco” dedicato all’educazione alla legalità e alla sensibilizzazione sulla violenza di genere. Il primo appuntamento si è tenuto ieri, 28 ottobre, e ha visto la…
#25 novembre#Alessandria eventi#Approccio Multidisciplinare#CICLO DI INCONTRI#comune di Alessandria#coscienza critica#costruzione di una società inclusiva#cultura delle differenze#Diritti delle donne#diritto alla parità#diversità come valore#Educazione alla Legalità#educazione alla parità#Educazione civica#formazione scolastica#Giornata contro la violenza sulle donne#giovani e legalità#impegno scolastico#impegno sociale#incontro con assessora#Istituto Umberto Eco#Pari Opportunità#Parità di genere#pedagogia delle differenze#prevenzione della violenza#promozione dei diritti#rinascita dopo la violenza#rispetto delle differenze#rispetto e dialogo#Roberta Cazzulo
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Basta un battito di ali di farfalla a Pechino (o a Berlino, o a Pachino) che tutte le scuole restano chiuse.
Si teme il peggio perché si sa che si è fatto poco o niente per prevenire gli effetti degli accidenti e per mettere un argine agli uragani, alle catastrofi ambientali, al vento forte o anche solo a qualche minuto di pioggia scrosciante.
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Forse ci sarebbe bisogno di più scuola, invece, soprattutto dove manca già il tempo prolungato anche per le scuole elementari e medie e di scuola se ne fa già poca poca (senza contare che pure in età scolare da queste parti in tanti già le aule scolatiche non la frequentano affatto e per loro piove ogni giorno; e piove sempre sul bagnato, porca miseria!).
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Il percorso universitario continua 📚
Ciao a tutti ho sostenuto da poco altri due esami della magistrale in Dirigenza scolastica e pedagogia clinica (lM 50) ed il mio percorso sta continuando. Parto dal più recente che è stato l’esame di etica della formazione, ovvero un esame dove si parlava di filosofia in particolare del ramo dell’etica e dove gli autori, o meglio i pensatori, approfonditi sono stati i filosofi della scuola di…
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#dirigenza scolastica e pedagogia clinica#educazionesociale#etica della formazione#neuropsichiatria infantile#Università
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Nella hit parade degli avvelenatori della scuola pubblica ha troneggiato la cosiddetta “buona scuola” di Renzi, all’epoca segretario nazionale del PD, madre di tutte le miscele più corrosive: la managerializzazione dei presidi, gettati sul mercato alla ricerca di sponsor privati, utenti e docenti da scegliersi in autonomia negli albi territoriali, in ufficiale deroga ai finanziamenti statali, alle graduatorie pubbliche, a paradigmi di trasparenza e di controllo; lo school bonus e le detrazioni per la famiglie che avessero optato per le paritarie; la premiazione con un bonus di qualche centinaio di euro dei docenti ritenuti da un dirigente scolastico migliori. Insomma la logica degli incentivi, discrezionali, una tantum, ha preso il posto di diritti uguali per tutti. Faceva capolino la divisione dei lavoratori della scuola, all’uguaglianza nella legge e davanti alla legge subentrava l’arbitrio, alla cogestione la competizione. Soprattutto la “pessima scuola” di Renzi introduceva la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, vale a dire l’effettuazione di 400 ore di tirocinio negli istituti tecnico-professionali e di 200 ore nei licei, cioè lavoro giovanile gratuito, pur sotto la veste dell’esperienza professionalizzante. Oggi queste ore sottratte alla conoscenza si chiamano con terminologia altisonante PCTO, “percorsi per il conseguimento di competenze trasversali e per lo sviluppo della capacità di orientarsi nella vita personale e nella realtà sociale e culturale”: restano obbligatori, sono condizione per l’ammissione agli esami di Stato, “non possono essere considerati come un’esperienza occasionale di applicazione in contesti esterni dei saperi scolastici, ma costituiscono un aspetto fondamentale del piano di studio”(legge n. 145/2018). Attraverso l’accoglimento della Raccomandazione del Consiglio del Parlamento Europeo (22 maggio 2018), che invitava a riprogettare la didattica a partire dalle competenze trasversali, funzionali a definire un progetto concordato per la soluzione di un problema, coi PCTO viene perseguito l’obiettivo di sviluppare le attività imprenditoriali“così come effettivamente presenti nella realtà, naturalmente con l’apporto fondamentale del territorio (aziende, enti culturali, professioni etc.)”. In questo contesto il disegno di legge Valditara sguazza a suo agio nella melma dei picconatori del sistema formativo pubblico. Aumenta le ore di PCTO, l’apprendistato è anticipato a 15 anni, affida la definizione dei contratti di prestazione d’opera dei giovani studenti ad accordi di partenariato con i soggetti del sistema delle imprese e delle professioni; inserisce i privati (sempre le imprese) nella programmazione dell’offerta formativa, nelle attività di insegnamento e formazione, nonché di “addestramento”in attività laboratoriali; regionalizza il sistema formativo, in ossequio all’autonomia differenziata; riduce di un anno la formazione scolastica; acuisce la natura classista della scuola, che prevede percorsi troppo differenziati per chi proviene da classi povere rispetto a quelli destinati ai ceti più abbienti.
La scuola al servizio dell’impresa
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“Cosa salveresti della scuola italiana?” Nulla. La rivoluzione si fa in un solo modo: decapitando il re.
Farò imbestialire una marea di persone con questo scritto. Così sia. Qualcuno deve dirlo.
Questi sono i dati, le statistiche e le fonti che dimostrano perché la scuola italiana debba crollare - e crollerà - prima di poter rinascere.
SALUTE MENTALE:
1. La scuola italiana è infelice. Solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi si dice contento di andare a scuola, contro una media europea del 56%. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è impopolare. A 15 anni, il 92% dei ragazzi e il 90% delle ragazze risponde: “No” alla domanda “Ti piace la scuola?” (Fonte: OMS)
3. La scuola italiana è insalubre. Il 51,4% dei ragazzi soffre in modo ricorrente di stati di ansia o tristezza prolungati. Il 49,8% lamenta un eccesso di stanchezza. (Fonte: Agia)
4. La scuola italiana è la più stressante del mondo. Il 46,5% degli studenti dichiara di provare nervosismo costante sui banchi di scuola. La media mondiale è del 37%. (Fonte: WeWorld)
5. La scuola italiana mette a rischio la stabilità psichica degli insegnanti. Quasi la metà degli educatori è a rischio di burnout, o stress lavorativo cronico. (Fonte: Osservatorio sul Benessere dei Docenti dell’Università di Milano-Bicocca)
6. La scuola italiana è insoddisfacente. Meno del 50% degli insegnanti, degli alunni e dei genitori si dice soddisfatto della scuola italiana. È la terzultima in Europa. (Fonte: Save the Children)
INCLUSIONE:
1. La scuola italiana è esclusiva. È al terzo posto in Europa per tasso di dispersione scolastica (9,4%), dietro solo a Germania (12,8%) e Spagna (13,7%). Uno studente su dieci non si diploma. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è discriminatoria. Il 32,5% - uno su tre - degli studenti stranieri non completa il percorso di studi, contro una media europea del 22,2%. (Fonte: MIUR)
3. La scuola italiana è iniqua. Solo sei su dieci tra gli studenti considerati “eccellenti” ma aventi difficoltà socioeconomiche riportano di ambire alla laurea, contro nove su dieci dai contesti più privilegiati. (Fonte: OCSE)
4. La scuola italiana è classista. Ancora oggi i licei, in particolare il classico, rimangono appannaggio dei ceti benestanti. Chi li frequenta proviene da famiglie i cui genitori sono laureati o diplomati e tendenzialmente ottiene i risultati scolastici migliori. Gli altri, spesso provenienti da realtà socioeconomiche più depresse, sono relegati agli istituiti tecnici o professionali, costituendo dei veri e propri “ghetti educativi”. (Fonte: AlmaDiploma)
INSEGNANTI:
1. La scuola italiana è inaccessibile. Il 90% degli insegnanti che hanno partecipato al concorso per l’abilitazione alla docenza di scuola secondaria ha fallito. (Fonte: La Stampa)
2. La scuola italiana è sotto organico. Secondo le stime elaborate da ANIEF, nell’anno scolastico 2024/2025 gli insegnati precari saranno circa 250 mila.
3. La scuola italiana è imprevedibile. Sono solo lo 2,99% gli insegnanti a tempo indeterminato con meno di 35 anni. (Fonte: Openpolis)
4. La scuola italiana è vetusta. Più del 53% degli insegnanti ha superato i 50 anni, contro una media europea del 37%. (Fonte: OCSE)
5. La scuola italiana è datata. Solo il 50,4% degli insegnanti under-35 in Italia ha svolto una formazione completa, contro una media UE del 75%. Inoltre, il 75% dei docenti italiani non ha frequentato corsi di formazione nella scuola in cui insegna dopo l’abilitazione. La media europea è del 58%. (Fonte: OCSE)
6. La scuola italiana è irriconoscente. Gli insegnanti italiani sono i più sottopagati dell’area OCSE e hanno visto una perdita del 6% del potere d’acquisto tra il 2015 e il 2023. (Fonte: OCSE)
7. La scuola italiana non è meritocratica. In molti Paesi europei, se dalla valutazione emerge che un insegnante registra un rendimento insoddisfacente, si applicano misure correttive. Solo in Spagna, Italia e Slovacchia non sono previsti interventi. (Fonte: la Repubblica)
INVESTIMENTI:
1. La scuola italiana è sottofinanziata. La spesa pubblica per l’istruzione è pari al 4% del PIL, contro una media europea del 4,9%. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è inadeguata. Sei strutture su dieci sono prive di agibilità. Ogni tre giorni in una scuola italiana si verifica un crollo di calcinacci da soffitti e pareti di aule, laboratori e palestre. L’80% delle scuole è ubicato in edifici non adeguati. Il Ministro Valditara ha dichiarato l’edilizia scolastica “un’emergenza nazionale”. (Fonte: Avvenire)
3. La scuola italiana è sovraffollata. Più di 5000 aule, le cosiddette “classi pollaio”, ospitano oltre 27 alunni ciascuna su base giornaliera, per un totale di 165 mila studenti costretti a trascorrere l’anno in condizioni di sovraffollamento. (Fonte: MIUR)
RISULTATI:
1. La scuola italiana non aiuta a capire. Un quindicenne italiano su quattro fatica a comprendere testi di complessità elementare, e solo uno su venti riesce a distinguere i fatti dalle opinioni leggendo un testo su un argomento sconosciuto. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è insufficiente. La metà dei maturandi non raggiunge il livello minimo accettabile di competenze in matematica (oltre il 50%) o in italiano (sotto il 50%). (Fonte: Il Sole 24 Ore)
3. La scuola italiana è nozionistica. Gli studenti italiani hanno totalizzato 31 punti su 60 nella risoluzione di problemi in maniera innovativa con il pensiero laterale e divergente. (Fonte: OCSE)
4. La scuola italiana insegna l’individualismo, a scapito del lavoro di gruppo. Gli studenti italiani hanno totalizzato 478 punti contro una media OCSE di 500 punti nella “risoluzione collaborativa dei problemi”, ovvero la capacità di interagire con altri, condividendo sforzi e conoscenze per raggiungere la soluzione. L'Italia si classifica al 26° posto su 32 Paesi. (Fonte: OCSE)
5. La scuola italiana causa avversione al rischio. L’85% dei quindicenni italiani ha paura di prendere brutti voti, contro una media europea del 66%. (Fonte: OCSE)
FUTURO:
1. La scuola italiana è incostante. Mentre alle elementari gli studenti registrano risultati pari, se non superiori, a quelli dei coetanei europei, alle medie e alle superiori le metriche crollano.
2. La scuola italiana non orienta. Solo il 35,8% dei quindicenni italiani ha accesso a servizi di orientamento professionale nel contesto scolastico, contro una media dell’80-90% in Paesi come la Danimarca e Finlandia, per esempio. (Fonte: OCSE)
3. La scuola italiana non prepara al mondo del lavoro. L’Italia registra il periodo più lungo tra i Paesi del Nord Globale in quanto a transizione dalla scuola al lavoro, un attesa di 5,9 anni nel 50% dei casi. (Fonte: OCSE)
4. La scuola italiana produce analfabeti funzionali. L’Italia è in cima alle classifiche mondiali per analfabetismo funzionale. Il 27% delle persone tra i 16 e i 65 anni non è in grado di leggere un testo e rielaborarlo, capirlo a fondo e usare il proprio pensiero critico per distinguere ciò che è vero da ciò che è falso. (Fonte: OCSE)
5. La scuola italiana non combatte la disoccupazione. L’Italia è il primo Paese di giovani che non studiano né lavorano (NEET) con un tasso del 27,4% contro la media europea del 14%. (Fonte: ISTAT)
La scuola italiana va smantellata fino al suo nucleo e ricostruita da zero.
E credo che accadrà, che ti piaccia oppure no.
Non perché un bel giorno la politica si sveglierà capace e disposta a fare il proprio lavoro in modo adeguato. Ma perché l’intero sistema scolastico collasserà entro il 2050. La natalità in Italia parla chiaro: di questo passo, metà delle scuole in funzione oggi - circa 20.000 - chiuderà entro il 2030. E da lì si è in caduta libera. La disoccupazione e il precariato tra gli insegnanti sarà dilagante. I sistemi a cui ci siamo strenuamente aggrappati verranno abbandonati, e non per scelta, ma per obbligo. Non sarà piacevole. Ma è inevitabile. E questo darà inizio a un’era più prospera per la scuola e i suoi abitanti. E noi saremo lì a raccogliere i cocci. Saremo anche lì a crearli, appena prima.
Siamo in tanti ad aspettare quel giorno. Milioni di insegnanti, genitori, presidi e alunni che, come me, non criticano la scuola perché la odiano, ma perché la amano troppo per accettare il suo disfacimento standosene impalati a guardare.
Saranno proprio queste persone a ricostruirla. Saranno gli insegnanti che rifiutano i suoi limiti. Saranno gli insegnanti che non si danno per vinti. Saranno gli insegnati che ci credono, nonostante tutto. E sono tanti. Siamo tanti. Siamo molti di più noi che la critichiamo amandola di chi, magari difendendola a parole, poi se ne frega. Siamo la maggioranza silenziosa di chi non ne può più ma, nonostante tutto, continua a credere in un domani migliore.
Un domani possibile.
Sogno un domani non lontano in cui tutti noi, insegnanti e cittadini, ci riuniremo attorno al tavolo da disegno e congegneremo la Scuola dei Sogni: una Scuola più umana, felice e migliore.
Dunque, mi correggo: della scuola italiana salvo chi resiste.
P.s. Non critico MAI i singoli individui o le singole realtà. So bene che ce ne sono a migliaia, di insegnanti e Scuole che già incarnano la nostra rivoluzione nella loro esistenza quotidiana. Sono i nostri più grandi alleati sul territorio, infatti. La mia critica è rivolta solo ed esclusivamente al SISTEMA. Un sistema che, anziché valorizzare l’innovazione, la creatività e l’amore per la professione, nel migliore dei casi li ignora, e nel peggiore li penalizza, li sminuisce e li svilisce. Ma il suo tempo è scaduto.
Nicolò Govoni - Fondatore di "Still I rise"
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Aspiè, spiegami che hanno fatto Croce e compagnia 🫨
Qui
Quo
Qua
Un paragrafo che vale per tutti:
Secondo diversi storici e filosofi (es. Giulio Giorello nel 1992[4], Enrico Bellone[96], Armando Massarenti[97]), l'influenza antiscientifica di Croce e di Gentile[98] sarebbe stata fortemente deleteria sia sul piano dell'istituzione scolastica per gli orientamenti pedagogici della scuola italiana, che si sarebbe indirizzata prevalentemente agli studi umanistici considerando quelli scientifici di secondo piano, sia per la formazione di una classe politica e dirigente che attribuisse importanza alla scienza e alla tecnica e portando, per conseguenza, ad un ritardo dello sviluppo tecnologico e scientifico nazionale.
Per colpa di questi soggetti oggi dobbiamo accettare che in Italia ci si caghi sotto quando si sente la parola "logaritmo". Ti pare normale? A me no.
I numeri in dettaglio (l'ultima rilevazione, ma tanto abbiamo fatto sempre schifo).
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“ Degli anni della mia formazione scolastica l’esperienza più emblematica che mi torna in mente è il sabato fascista: le ore che era obbligatorio trascorrere nella sede del fascio per essere indottrinati. Non che allora noi rifiutassimo o aderissimo alla dottrina di Mussolini, semplicemente la imparavamo a memoria, era un compito come un altro. Imparavamo a memoria anche le poesie, e non è che ne capissimo ogni verso. Ancora ricordo l’articolo primo, che era la base di tutto ciò in cui ogni bravo fascista doveva credere: «Lo Stato è un valore assoluto, niente fuori dello Stato, niente contro lo Stato, niente al di là dello Stato, lo Stato è fonte di eticità». È vero che chi non si presentava al sabato fascista, il lunedì non veniva ammesso a scuola ed era redarguito severamente, ma ciò ci appariva una punizione circoscritta all’ambito scolastico, legata al fatto che non eravamo stati buoni scolari, più che solerti futuri camerati. Non bisogna inoltre dimenticare che non tutti gli insegnanti subordinavano il loro dovere di maestri alle imposizioni del regime. Senza contare che quella dottrina era troppo lontana dal nostro mondo, dalla nostra cultura per far breccia dentro di noi, anzi, aggiungerei, era quasi considerata un’eresia. Sentivo a casa mia e in altre famiglie amiche discuterne, criticarla, rifiutarla: nel nostro Veneto cattolico l’eticità delle leggi era avocata a sé dalla Chiesa.
Solo quando lo Stato fascista cominciò ad applicare i suoi principi con mano pesante, a perseguitare, a processare, a deportare in Germania, a eliminare chi non li rispettava, solo quando l’alleanza tra fascismo e nazismo si fece sempre più stretta e infine, dopo l’8 settembre 1943, i nazisti divennero i veri padroni del territorio, solo allora capimmo che quel «fuori», «contro», «al di là» non erano termini con cui si potesse scherzare. Fu così che alcuni discorsi ascoltati nella mia famiglia, quando si era sicuri di poter parlare, e l’esempio di mio padre, le vessazioni che subiva, ebbero un altro valore. Le parole dei nostri parroci che, nelle prediche della domenica e negli incontri con noi giovani dell’Azione cattolica, invitavano all’amore e alla concordia, al rispetto solo dei dogmi della Chiesa, alla professione della fede, uscirono dalle parrocchie, a volte contro la volontà degli stessi preti. E le leggi razziali del 1938 smisero a un tratto di essere qualcosa di stabilito dal fascismo non tanto per intima convinzione quanto per mera opportunità politica, dovuta all’alleanza con Hitler, con il nazismo; infine ne cogliemmo tutta la portata, mentre, per lungo tempo, non avevamo avuto gli strumenti per decifrarle e non eravamo riusciti a immaginare che si sarebbe creato un sistema spietato per farle rispettare. Dopo l’8 settembre non ci fu più alcuna distanza tra le due dittature. E fu impossibile non schierarsi. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 10-11.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
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LINA ALLEMANO: FLIP SIDE
È uscito lo scorso 4 ottobre il nuovo disco di Lina Allemano, trombettista, compositrice, improvvisatrice canadese-berlinese che vede nel CD, oltre che la sua adamantina tromba, Dan Peter Sundland al basso elettrico, Michael Griener, alla batteria e, talvolta ospite in alcuni brani, Andrea Parkins alla fisarmonica, oggetti ed elettronica. Lina e la sua tromba, pur avendo salde basi nel jazz, spaziano in territori liminari alla musica colta o cosiddetta tale. Ad aprire il magnifico lavoro del trio-quartetto “Lina Allemano’s Ohrenschmaus” (che significa smorfia), è il brano dal titolo “Sidetrack” che, in riferimento all’originalissimo nome della formazione, la prima smorfia la offre in apertura con una accattivante “intro” tutta rumorista, con qualche insufflazione di tromba, quasi a voler ingolosire l’ascoltatore su quanto successivamente lo aspetta. E in effetti il brano prosegue, dopo le fascinose titubanze iniziali, con la tromba della Allemano sempre più presente, anche se mai dominante, mentre le atmosfere restano inquiete; anche “Signal” si apre con rumori e percussioni, ma più decisi, come appare più certo e definito il ruolo della tromba. I toni sono rilassati e le parti sembrano più dialogiche, così come il “clima sonoro” in “Heartstrings” è pieno e ben definito, con la tromba che sembra aver preso decisamente il sopravvento o quantomeno, sembra tenere decisamente in pugno la situazione con un rumorismo delizioso, sia all’inizio che al termine del brano. Con “Sideswipe” (primo brano con l’intervento dell’elettronica di Andrea Parkins), il dialogo con la tromba diventa quasi un’invettiva dissacrante per un formidabile calando nelle parte finale dove spatole, carillon e ticchettii introducono l’ultimo lamento della tromba di Lina. Malinconico e lunare “Stricken” serba nel suo ventre un magnifico assolo al basso di Dan Peter Sundland che rende il brano quasi espressionista. “Flip Side”, che dà il titolo all’intero lavoro, è un pezzo sublime, di grandissimo spessore, notturno e solenne, dove le percussioni gravi e profonde sembrano dettare il tempo, un tempo di cupa sontuosità, con l’archetto del contrabbasso che diffonde rasoiate di vibrazioni rendendo ancora più drammatica l’atmosfera, ma sulla quale la tromba di Lina Allemano, ricama un disegno sonoro fatto di pacata leggerezza. È proprio in questo contrasto che vive “Flip Side”, ultimo brano dell’album edito dalla LUMO Records, etichetta della stessa compositrice, registrato dal vivo sul pavimento di una vecchia aula scolastica nel quartiere Schöneweide di Berlino, e non poteva essere altrimenti, poiché oltre ad essersi parzialmente stabilita a Berlino, Lina Allemano, pregna della cultura musicale della vecchia Europa, ha certamente assimilato la lezione della musica colta contemporanea della capitale tedesca, facendola rinascere a nuova vita, grazie allo straordinario sound della sua tromba, le cui radici sono saldamente piantate nella improvvisazione, nella ricerca e anche nel free jazz. Dopo una produzione discografica qualitativamente e quantitativamente notevolissima alla quale si aggiunge questa preziosa perla.
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IL PAKISTAN CANCELLA L’OBBLIGO DI IMPARARE IL CORANO
l Ministero federale dell’Istruzione e della formazione professionale del Pakistan ha approvato il “Curriculum per l’educazione religiosa” che abolisce l’obbligatorietà di dover seguire gli studi islamici per gli studenti dalla prima elementare alla scuola superiore.
La notifica annunciata ufficialmente dal governo riguarda il percorso educativo degli studenti pakistani che appartengono a religioni diverse dall’Islam e che potranno seguire dei percorsi più generici e non coercitivi per sviluppare l’educazione religiosa e morale. D’ora in poi, gli studenti non dovranno più necessariamente studiare il Corano e impararlo a memoria come una materia scolastica obbligatoria che influiva sui voti e sulla promozione. “Dal 2004 lavoriamo sul tema dell’educazione religiosa per gli studenti delle minoranze. Dopo una lotta durata 20 anni in cui ci siamo appellati a diversi organismi, istituzioni, governi e alla Corte Suprema, il governo pakistano ha finalmente riconosciuto questo diritto. Siamo grati alla Segreteria del Consiglio Nazionale e a tutte quelle organizzazioni che, come noi, si impegnano a garantire che tutti gli studenti abbiano uguali diritti e opportunità senza discriminazioni e che il pluralismo sia preservato” ha dichiarato Anjum James Paul, insegnante a capo dell’Associazione degli insegnanti delle minoranze pakistane. “Secondo l’articolo 22 della Costituzione pakistana”, ha detto il professore, “nessuna persona che frequenta un istituto scolastico è obbligata a ricevere un’istruzione religiosa, a partecipare a cerimonie religiose o a seguire un culto religioso diverso dal proprio”. “Il governo in Pakistan deve proteggere questo articolo al fine di eliminare ogni forma di intolleranza”.
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Fonte: Ministry of Federal Education of Pakistan; Fides; foto di Alena Darmel
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50 nerbate.
Espulso per sempre da tutte le scuole nazionali.
2 anni di galera, per adulti, non minori.
Al resto ci pensa Dio.
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Se questa è la scuola, meglio chiuderle tutte
A Fabriano alcuni studenti maltrattano e fanno morire un agnellino. Non ci sono più regole: ora punizione esemplare
di Francesco Teodori 24 Giugno 2024
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A volte è necessario anche per l’Inattuale abbandonare per un momento gli avvenimenti internazionali e abbassare lo sguardo verso la vita quotidiana, fonte inesauribile di indignazione. Il nostro sdegno si volge oggi verso la scuola e la sua squallida decadenza.
Alcuni studenti dell’istituto tecnico agrario di Fabriano, piccola e splendida città nelle Marche, mentre stavano svolgendo un periodo di alternanza scuola-lavoro all’interno di un’azienda agraria che ospita animali da allevamento (nello specifico pecore) hanno pensato bene di maltrattare un po’ le povere bestie. Uno di loro in particolare le ha aggredite calciandogli ripetutamente addosso un pallone. Mentre le pecore scappavano impaurite uno degli studenti ha catturato un agnellino, anch’esso in fuga per la paura, e l’ha lanciato al di fuori del recinto dove erano tenuti gli ovini.
Dopo aver rincorso la povera bestiola lo stesso studente lo ha acciuffato nuovamente, scaraventandolo all’interno del recinto da cui l’aveva prelevato. Il tutto sotto lo sguardo divertito del gruppo. L’agnello, secondo il verbale del direttore dell’azienda agraria indirizzato al dirigente scolastico della scuola, a causa del trauma subito ha riportato la paralisi di tutti e quattro gli arti ed è in seguito morto dopo una tremenda agonia.
Tutta la scena è stata ripresa dalle telecamere installate all’interno dell’azienda agricola. Da quanto abbiamo appreso da una docente dell’istituto, la quale ci ha anche raccontato per prima questa triste vicenda, al momento la decisione sulla sanzione da infliggere ai ragazzi (quasi tutti minorenni) responsabili di questo gesto efferato non è stata ancora presa. Nel frattempo, è stato chiesto ai carnefici di redigere un “tema” in cui avrebbero dovuto riportare una riflessione su quanto accaduto.
Da molti anni ormai osserviamo un rapido ed inesorabile disfacimento dell’istituzione scolastica in Italia, un declino a cui nessuno sembra voler prestare adeguata attenzione e che passa non tanto dalla, in genere pessima, preparazione degli studenti italiani, quanto proprio dall’incapacità della scuola di agire sulla formazione del carattere dei ragazzi. Questo sconcertante episodio ne è la prova.
Un agnello, simbolo dell’innocenza, è stato fatto oggetto della più assurda e gratuita brutalità. Una crudeltà senza scopo e dunque ancora più inquietante. Uccidere per gioco. Seviziare per il semplice gusto di farlo. Per di più un animale destinato ad essere parte di una fattoria didattica, dove le bestiole vengono allevate e curate dalla nascita fino alla morte naturale.
Se la scuola non è in grado di far comprendere a chi la frequenta la distinzione tra bene e male, tra civiltà e barbarie, allora tanto vale rinunciarvi definitivamente. Si chiudano tutte le scuole e si lasci che siano i social network, la strada, la musica o i siti porno ad educare i ragazzini. Se i risultati sono quelli che vediamo, almeno si risparmierebbero soldi pubblici, non più sprecati in inutili programmi educativi.
Ci domandiamo, dunque, se questa è la scuola. Se in un paese che si dica civilizzato sia possibile tollerare episodi del genere senza procedere, una volta appurati i fatti con certezza, ad una punizione esemplare, ammesso che ve ne siano per un gesto tanto crudele.
Così come ci domandiamo come sia possibile che un insegnante guadagni quanto un netturbino, che si possa dare delle “puttana” ad una professoressa senza temere alcuna conseguenza, che quasi la metà degli studenti al termine della scuola superiore non capisca un testo scritto in italiano. E nonostante ciò vengano promossi anche a pieni voti. In attesa di conoscere quale sia l’esito di questa tragica storia che abbiamo raccontato, ci auguriamo che il sacrificio involontario di quel povero agnellino serva quantomeno a far riflettere chi dovrebbe riflettere. E a far vergognare chi dovrebbe vergognarsi.
Francesco Teodori, 24 giugno 2024.
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Non ci sono parole, per di più frequentano una scuola ad indirizzo agrario.
Sarà un caso isolato di giovinastri senza educazione, cultura, formazione civica e formazione genitoriale? Non credo, è la china in discesa che hanno preso questi piccoli delinquenti da quattro soldi.
Ma forse anche sui genitori si dovrebbe indagare a fondo.
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Controlli nel novese con i cani del Nucleo Cinofili di Volpiano. (Foto e video)
Le scuole al centro del progetto sulla legalità dei Carabinieri con i Dirigenti Scolastici
Le scuole al centro del progetto sulla legalità dei Carabinieri con i Dirigenti Scolastici. Novi Ligure – I Carabinieri novesi, in collaborazione con i Dirigenti Scolastici delle scuole superiori, hanno avviato una serie di controlli antidroga volti a garantire la sicurezza negli istituti scolastici. Tra gli istituti coinvolti, l’I.I.S. “Ciampini Boccardo” è stato oggetto di un intervento…
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La scuola è ormai ricominciata e tra qualche giorno finisce un'altra estate anche per il calendario.
Davanti a noi un nuovo anno col suo carico di impegni, soddisfazioni e frustrazioni.
Io, dal canto mio, cercherò come sempre di fare in modo che il tempo che passerò con i miei alunni possa risultare significativo e memorabile tanto per loro quanto per me.
E mi auguro che riusciremo anche a divertirci ed emozionarci, ogni tanto, magari pure spesso, ma senza mai perdere di vista l'acquisizione di fatti, nozioni e strumenti per capire e cambiare noi stessi e il mondo di cui siamo parte integrante e osservatori esterni.
Per come stanno andando le cose, c'è molto da fare. E bisogna arrivarci preparati e capaci di lavorare insieme.
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L'illustrazione che ho scelto quest'anno è un olio su tavola del 1927 di Felice Casorati.
Si chiama "Gli scolari" ed è conservato nella Galleria Civica d'Arte Moderna di Palermo.
L'ho scelto per la sua aria rarefatta e un po' misteriosa e per la sua sospensione tra antico e contemporaneo, che ci fa interrogare su come sarà questo nuovo anno di formazione scolastica in un mondo che cambia in fretta.
E poi mi piace molto quel ragazzino in primo piano che ci fissa negli occhi, la ragazza con le trecce concentrata in un suo pensiero e l'insegnante che li osserva di sbieco come colta di sorpresa da una foto scattata prima di quanto lei si aspettasse.
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Il primo “pilastro” riguarda la trasformazione fisica degli ambienti di apprendimento (100.000 aule) grazie a una forzata iniezione di tecnologia di ultima generazione: device informatici personalizzati, schermi multifunzione, intelligenza artificiale, realtà aumentata, stampanti 3D, ecc. È il cespite più consistente dell’iniziativa: circa i ¾ degli investimenti previsti. Entro Natale 2022 tutte le scuole sono state “caldamente invitate” dal Ministero a fare incetta di strumentazioni high tech per il massimo degli stanziamenti virtuali disponibili (cioè a contribuire sconsideratamente al Debito pubblico), indipendentemente dalle dotazioni pregresse, dalla reale capacità di fruizione delle nuove, dalla loro utilità per il tipo di scuola, ecc. Il resto dei finanziamenti servirà per “smontare” le aule tradizionali e riqualificarne l’apertura al mondo attraverso banchi a rotelle, aule-laboratorio, ambienti virtuali, ecc. L’approccio generale sarà work based learning e gli spazi scolastici dovranno essere disegnati “come un continuum fra la scuola e il mondo del lavoro”.
la Scuola sarà svilita a componente della riforma del lavoro, sollevando le aziende dall’onere di selezionare e formare il proprio personale. La riforma introduce infatti nella Scuola superiore di primo e secondo grado due nuove figure di insegnanti (la seconda grande novità): il docente Orientatore e il docente Tutor. Con compiti, l’uno, di aiutare lo studente nella scelta precoce della futura professione e, l’altro, di consigliarlo nei percorsi di apprendimento liberi ad essa più adeguati. Nella nuova Scuola, infatti, non tutti studieranno ancora le stesse materie o nello stesso modo, ma ciascuno studente seguirà un iter di apprendimento personalizzato volto a fargli conseguire le conoscenze e le abilità specifiche per la sua futura professione.
La difesa del merito – di studenti e insegnanti – è in effetti il terzo pilastro della riforma, come del resto propagandisticamente annunciato dal Governo Meloni fin dal nuovo nome del Ministero dell’Istruzione, divenuto pure “del Merito”. Si tratta della pretesa non nuova di misurare la capacità didattica dei docenti, fingendo di non sapere che ad insegnare si arriva vincendo concorsi per titoli ed esami. In realtà, è fin troppo chiaro quale siano le vere finalità di questo sbandierato progetto di valorizzazione del merito. In primo luogo, acquisire un’arma di ricatto contro quella libertà professionale dei docenti (art. 33 Cost.), che nel quadro attuale costituisce un ostacolo insormontabile alla rimodulazione indotta del loro insegnamento. Alla condizione di assoggettamento etico e professionale degli insegnanti cui mira la riforma si arriverà probabilmente correlando al merito lo stipendio, il punteggio interno alla scuola e quello esterno per i trasferimenti. In secondo luogo, spingere gli insegnanti a divenire organici alla riforma stessa: con quelli “contrastivi” relegati in fondo alla graduatoria, essere docenti “meritevoli” significherà né più né meno che assecondare in modo acritico la visione sociopedagogica che essa sottende.
Le finalità umanistiche e “liberali” dei tradizionali curricoli scolastici lasceranno il posto a quelle utilitaristiche della formazione tecnologica, funzionale alla creazione di un vasto proletariato di nuova concezione. Anche gli insegnanti dovranno adeguarsi ai tempi, adattando la loro didattica agli strumenti e alle finalità delle nuove onnipresenti tecnologie informatiche, secondo i voleri insindacabili dell’UE (vedi Quadro di riferimento europeo per le competenze digitali dei docenti, il “DigCompEdu”). Inseriti in un sistema europeo di riconoscimento delle competenze digitali, saranno valutati (e domani stipendiati) secondo una precisa scala di bravura, con tanto di titolo distintivo: A1) Novizio; A2) Esploratore; B1) Sperimentatore; B2) Esperto; C1) Leader; C2) Pioniere. In altre parole, non saranno più riconosciuti come professionisti tutti ugualmente “sapienti” nelle loro rispettive materie, ma incardinati in una gerarchia di valore (e di diritti) di natura prettamente tecnica, che confonde i fini del loro lavoro con gli strumenti utilizzati per conseguirli. Ci chiediamo: valeva la pena percorrere tutto il cerchio dell’ideale democratico per tornare al “MinCulPop”, ai Balilla e ai Lupetti da cui proveniamo? – E allora vogliamo pure i Colonnelli!
-Marco Bonsanto, insegnante di Storia e Filosofia
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p.s: testata che si dichiara "ostinatamente laica, dissidente e di sinistra". Lo sconquasso basilare, eppure silenzio.
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Intervista al personaggio
Oltre 100 domande per aiutarti a intervistare il tuo personaggio
Quanto conosci i tuoi personaggi? Come il palmo della tua mano, dici? Conosci il colore degli occhi del tuo eroe? Sai dove è andato a scuola il cattivo? Conosci il momento più imbarazzante della tua eroina? Puoi snocciolare un elenco delle idiosincrasie del tuo personaggio principale? Espressioni tipiche? Storia romantica?
Se una di queste domande ti ha fatto rimuginare per una risposta, allora stai perdendo un'ottima opportunità per approfondire i tuoi personaggi ed espandere la tua storia. Nel corso degli anni, uno degli strumenti più utili in cui mi sono imbattuto è l' intervista al personaggio. La mia lista è iniziata con una ventina di domande di base riguardanti l'aspetto fisico e i problemi di personalità. Ora contiene oltre cinquanta domande precise e penetranti, progettate per far fluire i miei succhi cerebrali e far parlare i miei personaggi.
L'altro sistema si basa sulla costruzione dell'arco di vita del personaggio tramite gli Arcani Maggiori dei Tarocchi (sarà argomento di un articolo futuro).
Intervistare i tuoi personaggi può diventare una parte vitale del tuo processo di preparazione e progettazione. Spesso riempio mezzo quaderno con le risposte narrative alle domande più impegnative sulle relazioni, le credenze e i segreti dei miei personaggi. Faccio costantemente riferimento a queste liste durante tutto il processo di scrittura, non solo per trarre ispirazione sul momento, ma anche per verificare i fatti (Quanti anni aveva quando sua madre è morta? Si è rotto la gamba sinistra o la destra in quell'incidente d'auto? ).
Per la lista delle possibili domande mi rifaccio a K.M.Weiland e in particolare ad alcune risorse:
La sua lista è molto completa, io sono pigro e non vado spesso così nel dettaglio ma alle volte, anche solo leggendo l'elenco possono uscire idee interessanti.
Una lista completa e dettagliata si può trovare sull'e-book gratuito Crafting Unforgettable Characters oppure sul libro Outlining Your Novel e ancora in Outlining Your Novel Workbook software.
Altre opzioni per intervistare i tuoi personaggi
Potresti anche tenere a mente molte altre tecniche utili, tra cui l' Enneagramma, un test della personalità che allinea i tratti caratteriali a una delle nove categorie e delinea i punti di forza e i difetti. Non solo è una lettura interessante, ma può anche aiutare a completare un personaggio e riassumere la sua personalità. Qualcosa che ho trovato particolarmente utile è il 'difetto fatale' che accompagna ogni personalità che può diventare direttamente il difetto fatale del personaggio con poche o nessun cambiamento.
Se dovessi imbatterti in un personaggio taciturno che si 'rifiuta' di farti entrare nella sua psiche più profonda, prova un 'intervista a mano libera'.
Invece di costringere il tuo personaggio alla rigidità delle domande prefissate in un'intervista regolare, gettalo sulla pagina e inizia a fargli domande: cosa ti succede? Cosa mi nascondi? Sarai sorpreso di quello che puoi trascinare fuori dai tuoi personaggi usando questo metodo.
Tutti e tre questi strumenti, usati insieme, possono fare miracoli nell'infrangere i muri tra autore e personaggio e costringere i tuoi personaggi a rivelare le loro viscere e rivelare le loro motivazioni più profonde. Inoltre, è molto divertente!
Di seguito un elenco di possibili domande/elementi da usare durante le interviste
Intervista al personaggio
Nome:
Breve background:
Luogo di nascita:
Genitori:
Fratelli:
Origine etnica:
Luoghi vissuti:
Indirizzo e numero di telefono attuali:
Formazione scolastica:
Materia preferita a scuola:
Addestramento speciale:
Lavori:
Stipendio:
Viaggi:
Gli amici:
Nemici:
Incontri, matrimonio:
Figli:
Cosa le persone ammirano di più:
Rapporto con la religione:
Visione generale della vita:
Cosa gli piace di più di se stesso:
Cosa gli piace meno di se stesso:
Cosa, se non altro, vorrebbe cambiare della sua vita:
Sta mentendo a se stesso su qualcosa?
Come viene visto dagli altri:
Aspetto fisico:
Struttura fisica:
Postura:
Forma della testa:
Occhi:
Naso:
Bocca:
Capelli
Pelle:
Tatuaggi/piercing/cicatrici:
Voce:
Destro o mancino:
Handicap visibili:
Handicap non visibili o che nasconde:
Salute/disabilità:
Intolleranze e allergie:
Cosa noti per primo:
Stile di abbigliamento:
Come si descriverebbe:
Caratteristiche:
Tratti caratteriali più forti
Tratti caratteriali più deboli:
Quanto autocontrollo e autodisciplina ha:
Paure:
Orientamento politico:
Talenti:
Cosa piace di più alla gente di lui:
Interessi e preferenze:
Cibi e bevande:
Musica:
Libri:
Film:
Sport, tempo libero:
Ha fatto sport a scuola:
Colore:
Il modo migliore per trascorrere un fine settimana:
Un grande regalo per questa persona:
Animali domestici:
Veicoli:
Espressioni tipiche:
Quando sei felice:
Quando arrabbiato:
Quando triste:
Idiosincrasie:
Ride o si fa beffe di:
Modi per rallegrare questa persona:
Modi per infastidire questa persona:
Speranze e sogni:
Qual è la cosa peggiore che abbia mai fatto a qualcuno e perché:
Il più grande successo:
Il trauma più grande:
Cosa gli interessa di più al mondo:
La cosa più imbarazzante che gli sia mai capitata:
Ha un segreto:
Cosa gli piacerà di più degli altri personaggi principali:
Cosa gli piacerà di meno degli altri personaggi principali:
Se potesse fare una cosa e riuscirci, quale sarebbe:
È il tipo di persona che:
Perché il lettore simpatizzerà subito con questa persona:
Storia:
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Nuovo regolamento CONSAP per i Periti Assicurativi
Abbiamo letto il nuovo regolamento che ci riguarda che sostituisce quello del 2015. Non abbiamo fatto un confronto parallelo come avevamo intenzione di fare, perché da una prima lettura non è emerso nulla di nuovo. Non si parla di Ordine o Collegio dei Periti Assicurativi, non si parla di Cassa Mutua, previdenza, formazione scolastica come per tutte la altre specializzazioni dei Periti…
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Paola Mattioli - Il nuovo libro “Paola, Io”
La raccolta poetica che coinvolge ogni emozione
La scrittrice Paola Mattioli pubblica la sua nuova raccolta di poesie “Paola, Io” con le Edizioni We. Si tratta di un libro intimo, personale, dove la carica emotiva è portata ai massimi livelli: ogni essere umano può sentirsi vicino alle tematiche trattate ed è stimolato alla riflessione. L’anima dell’artista è messa a nudo e, attraverso le parole, desidera farsi conoscere da un pubblico di lettori sensibili, capaci di accogliere la profondità del suo messaggio. I versi, oltre ad abbracciare argomenti a Lei cari, sono anche dedicati a personaggi realmente esistiti, che vengono omaggiati con assoluto rispetto. Ogni poesia merita di essere letta con attenzione, empatia e raffinatezza, al fine di poter ricavare un’esperienza completa, capace di arricchire l’esistenza di ognuno.
Acquista il libro
Storia dell’artista
Paola Mattioli è nata a Bologna il 27 novembre del 1972. È cresciuta in un ambiente stimolante, con i genitori e la sorella Silvia: la precaria condizione di salute, tuttavia, l’ha costretta a vivere sotto una campana di vetro. La scuola magistrale è un punto di svolta nella sua vita, poiché inizia ad uscire dal bocciolo della timidezza, iniziando a fiorire. In questo periodo, si appassiona alla scrittura di poesie, facendo scivolare liberamente le parole sul foglio. La formazione scolastica prosegue con la frequentazione di un corso professionale serale per Assistente di Comunità Infantili (due anni in uno). Subito dopo il diploma, intraprende una fase lavorativa da impiegata precaria, che danneggia la speranza di poter costruire un futuro. Nel ‘95, Paola partecipa ad un concorso per Educatori Nido, risulta idonea e viene assunta dal comune di Bologna, diventando di ruolo nel 2007. Dopo la morte della madre, riprende a scrivere costantemente, avvertendo il bisogno di esprimere i suoi sentimenti più profondi. È così che nascono i suoi componimenti in età matura, dove si alternano momenti di silenzio e di euforia e viene a galla, con una vena malinconica, l’irrinunciabile bellezza della vita e dei suoi aspetti.
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