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Lumoris: la civiltà aliena che comunica attraverso la luce (Fantascienza)
Nel vasto universo delle possibilità immaginate dalla fantascienza, la civiltà aliena dei Lumoriani si distingue per la sua straordinaria particolarità: un linguaggio fatto di luce.
Nel vasto universo delle possibilità immaginate dalla fantascienza, la civiltà aliena dei Lumoriani si distingue per la sua straordinaria particolarità: un linguaggio fatto di luce. Originari di un pianeta ricoperto da cristalli bioluminescenti e avvolto da cieli in penombra, i Lumoriani comunicano tramite fasci di luce emessi dal loro corpo, una danza luminosa che trasmette emozioni, pensieri e…
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E se ne stava acciambellato sulla poltrona mentre guardava i suoi compagni girare avanti e indietro per la stanza indaffarati; forse è proprio la mancanza di interesse nella maggior parte delle attività che lo spingeva ad osservare gli altri che sbrigavano la maggior parte delle faccende; per esempio il gruppo sulla tavola che si aiutava nel finire di risolvere la versione di latino; certo, nemmeno a lui dispiaceva in realtà tradurre i testi assegnati per casa, tuttavia si accontentava di una stesura approssimativa e alle volte scopiazzata quando non capiva appieno il significato esatto; "buona la prima" si diceva spesso tra se e se, che per come era fatto, corrispondeva alla migliore versione che potesse offrire; finire il prima possibile per starsene ad osservare gli altri che ancora si dimenavano per finire il meglio possibile; una filosofia un po' sbrigativa e alla carlona; ma forse il suo pensiero lo spingeva a ciò per il fatto che dava il meglio di sé assumendo un atteggiamento distratto e fanciullesco, quasi a dire: "vabè, ma quando arriva la parte divertente?", e il tempo, una volta finito di svolgere le attività, doveva rappresentare per lui quel momento in cui finalmente lasciare spazio alle cose realmente importanti. Tuttavia era l'unico a pensarla in questo modo, e finiva per trascorrerlo fantasticando da solo su cosa avrebbe potuto fare se solo fosse stato in compagnia con altri; così l'osservare gli altri era diventato una sorta di passatempo, causato dal fatto che per quanto potesse fare bene qualcosa, non lo avrebbe comunque soddisfatto a pieno, e anche quasi per ripicca nei confronti degli altri, come per dire: "vabe, l'avrai fatta pur bene, ma a che prezzo? Davvero ne è valsa la pena? Non avresti preferito fare altre cose piuttosto che passare tutto il pomeriggio sul quel compito, a discapito di un ottimo voto?" Chiaro, una mentalità che a breve termine non avrebbe portato a risultati rassicuranti, e infatti quell'anno dovette faticare e non poco per portare la media alla sufficienza; tuttavia era fermamente convinto che sì, un giorno tutto ciò lo avrebbe portato da qualche parte, percorrendo la sua strada; i vecchi compagni certo sicuramente avrebbero raggiunto stabilità e serenità; ma davvero era ciò che volevano? Riempire le giornate di faccende obbligatorie e noiose, con grosse risme di carta da compilare, gente con cui avere a che fare tutti i giorni con le quali non avevano nulla a che fare? L'ennesima giornata da colmare con faccende impostesi da terzi per poter portare a casa la pagnotta.
Altri compagni stavano girando la stanza del soggiorno, col moccio per lavare il pavimento, e gli dovettero chiedere di alzare gentilmente i piedi da per terra per arrivare su tutta la superficie; con molta fatica eseguì gli ordini e ancora una volta se ne stava ad osservare il tutto dalla sua seduta aliena delle faccende domestiche: un'altra attività da svolgere forzatamente a altresì noiosa pensava, "ma davvero devo aiutare anche io?" No, certo che no, me ne starò seduto ancora una volta ad osservare. Ma possibile che tutti qui vogliano fare tutto quello che è normale fare durante la giornata a casa? Per fortuna c'è gente disposta a farle queste cose, io di certo me ne sto qui a pensare ad altro, precisamente a cosa non lo so, ma sicuramente non a questo. Quell'esperienza di gruppo gli aveva fatto capire che effettivamente non condivideva la maggior parte dei pensieri con gli altri, gli è rimasta ancora impressa l'attività di osservare; non è un caso se ancora oggi è praticamente l'unico che consce a memoria tutti i nomi dei nuovi compagni, e rispettivi loro hobby; forse perchè cerca negli altrui atteggiamenti ottimisti la fiducia che in sè non riesce a trovare, e specialmente in chi gli ispira particolarmente tranquilità, trova un senso di gratitudine nel vedere realizzarsi costui.
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Ieri, neanche so perché, mi è tornato in mente il massacro compiuto a Novi Ligure da Erika e Omar. Così ho cominciato a spulciare tutto quel che ho trovato (e che in larga parte già sapevo). Soltanto stamani ho scoperto che sono passati esattamente 21 anni da quel doppio delitto. Era il 21 febbraio 2001. Erika e Omar massacrarono la madre e il fratellino di 11 anni della ragazza. Lo fecero con una ferocia inumana, rivolta soprattutto al fratellino (evito di scendere nei dettagli, ma gente che agisce così su un 11enne ai miei occhi non potrà mai essere perdonabile). I due criminali volevano ammazzare anche il padre di Erika, ma non lo fecero perché Omar - il fidanzatino “soggiogato” dalla compagna - era “stanco” e aveva male alla mano (morsa dal fratellino di Erika prima di morire). I due assassini furono vili anche dopo il delitto. Provarono a pulire maldestramente la casa, poi lei andò per strada tutta insanguinata e disse che era stato un albanese. Presto la verità venne a galla. I due si rimpallarono pateticamente le colpe anche durante il processo. Si comportarono come esseri meschini e rivoltanti. Il padre di Erika, con generosità aliena, è sempre rimasto vicino alla figlia (che lo voleva ammazzare…) per tutto il suo percorso di recupero. Erika fu condannata a 16 anni ed Omar a 14. Una miseria, stante l’enormità del delitto. Ovviamente nessuno dei due ha scontato tutta la pena. Omar è uscito nove anni dopo il delitto (quindi 5 anni prima) per indulto (…) e adesso vive in Toscana: fa il barista, ha una fidanzata e una nuova vita. Erika è uscita nel 2011, quindi ha scontato 10 anni e non 16. Una pena ridicola. Si è diplomata e poi laureata in Lettere e Filosofia. Nel suo percorso di recupero è stata seguita da Don Mazzi, che ne parla benissimo. Si è sposata e vive nella zona del Lago di Garda, dove pare lavorare presso un’azienda enologica. So che il tema è scivoloso, ed io stesso sono combattuto. Se entrambi sono (davvero) riuscito a redimersi, mi fa piacere: se così fosse, sarebbe una vittoria per la società. Al tempo stesso, se penso a come quei due lì abbiano massacrato una donna e un bambino, esibendo una ferocia senza pari, non posso non pensare che 9/10 anni di galera siano una pena ridicola. Saperli già liberi - da dieci anni! - con le loro famiglie e la possibilità di fare quel che vogliono, mi mette non poco imbarazzo. Non poca paura. E - lo ammetto - non poca rabbia. Non riesco a smettere di pensare a come siano morti quella povera madre e quel povero fratellino. Certi reati, per me, non possono non portare al fine pena mai. Vale, per citare un altro caso, anche per l’omicidio di Marco Vannini. Ergastolo e la chiudiamo lì. Ma magari sbaglio io. Andrea Scanzi
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Feuerbach prese posizioni contro la destra hegeliana nel saggio "pensieri sulla morte e sull'immortalità". Negò l'immortalità del singolo e ammise tale fenomeno solo in riferimento all'umanità come elemento collettivo (si ricollega alla filosofia araba del medioevo). Per Feuerbach, infatti, non è Dio a creare l'uomo; ma il contrario: l'uomo pone fuori da sé (aliena) i suoi desideri, le sue qualità e le sue aspirazioni e costruisce la divinità. La religione, dunque, altro non è che una proiezione dell'essenza dell'uomo.
#filosofia#storia della filosofia#filosofi#pillole di filosofia#modernità#filosofia moderna#cristianesimo#dio#libri#libri da leggere#Feuerbach#Destra#Sinistra#Ateismo#Religione#Divinità#Uomini#Umanità#Alienazione
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I WUMINGHI E IL PASSO INDIETRO
L’articolo di ieri d(e)i Wu Ming - suggeritoci da @nusta - mi ha un po’ ferito nell’orgoglio perché magari tu scrivi un post in cui credi di aver dato fondo a tutta la tua cultura, la tua capacità analitica, la tua proprietà di linguaggio e poi arrivano ‘sti mostri (nel senso latino del termine) che, e grazie ar’cazzo, ti snocciolano una disamina socio-psico-medico-filosofica che ti senti come quello che fa fitness davanti a youtube e si schiocca la banda elastica nei coglioni.
Vorrei potere dire che stavo dicendo le loro stesse cose ma con parole più sconclusionate, però la realtà dei fatti è che loro hanno fatto un ulteriore metafisico passo indietro per guardarle da una prospettiva che la gente comune - me compreso - non ha proprio gli strumenti o la forza intellettiva di raggiungere.
Il grosso problema per l’uomo moderno è che la società a cui appartiene è divisa tra superstizione e scientismo.
Il rapporto di causa-effetto viene considerato come se la prima fosse, rispettivamente, una volontà divina oppure una mera questione meccanicistica, mentre il secondo un inaspettato premio/punizione dall’alto oppure una basilare reazione chimica di laboratorio.
O fideismo o scienza dura, tertium non datur.
Eppure nel mezzo ci sta UN UNIVERSO di capacità interpretative della nostra realtà che però per molti peccano di superbia o di mancanza di rigore scientifico.
Prendete la Biologia: è una scienza dura perché in essa ‘predominano i dati quantitativi, raccolti con misure sperimentali ripetibili, elaborati con formule matematiche e capaci di predire fenomeni verificabili’.
Ok... facile se studi il singolo fenomeno biologico in un essere vivente poco complicato ma quando hai a che fare con la COMPLESSA BIOLOGIA DEL CORPO UMANO come deve essere considerata la Medicina?
Io non mi sento di definirla una scienza dura.
La complessità delle interazioni biologiche in rapporto all’ambiente esterno sono così complicate che il professionista che si approccia a essa (il medico) praticamente fa cose a caso perché ha imparato che la maggior parte delle volte in quel modo si ottiene un dato risultato curativo.
Pensare di padroneggiare il corpo umano con la medicina e come riempire un secchiello di acqua di mare per metterci delle conchiglie e credere di conoscere tutta la fauna sottomarina della Fossa delle Marianne.
Ma è ovvio che si vada avanti a secchiellate e ci sono alcune branche innovative della medicina che prevedono immersioni col boccaglio e persino alcune con il batiscafo per fare delle foto al massimo della profondità (medicina molecolare, ingegneria genetica etc).
Ma ritornando al passo indietro di cui sopra, nella dicotoma dei due approcci citati (fede VS scienza) a poche persone viene in mente di fermarsi e di dire ‘Aspetta... dipende...’ perché nel nostro approcciarsi alla realtà abbiamo bisogno di punti di vista fermi e immutabili sue cui accumulare le nostre successive convinzioni da collezionare.
In realtà in questo momento il pianeta terra è da circa 300 anni avvolto nell’enorme ragnatela di una creatura aracnoide aliena eso-sistema con una carapace di 5000 chilometri di lunghezza che ci ha tutti racchiusi in bozzoli e che ci tiene in vita mandandoci costrutti sinaptici di vita normale... se ci svegliassimo, come civiltà tecnologica saremmo ancora agli inizi del 1700 con i Borboni, i Medici, gli Este e lo Stato Pontificio che sono stati interrotti nella loro partita a Risiko da uno xeno-aracnide che ha oscurato il cielo.
No, scherzo... però me la tengo buona come trama per un racconto.
A volte, per buttare un occhio alla totalità del problema, bisogna fare un salto indietro ma non di fede... di rinuncia alle convinzioni che ci hanno tranquillizzato fino a quel momento.
Mi ricordo, in modo molto pratico, come ci rimasi male quando scoprii che LA DIPENDENZA FISICA DA EROINA NON ESISTE.
Ci feci pure un post parecchio lungo, ricevendo molte critiche e parecchi attacchi in privato, a dimostrazione del fatto che i miei tentativi di spiegazione su come era stato affrontato fino ad allora il problema (con una visione ‘dura’) non erano accettabili da chi conosceva l’argomento solo in modo didascalico e non accettava quindi il cambio di paradigma di visione.
Sociologia, etologia, psicologia e filosofia saranno pure scienze molli (’soft’ nel termine originale, contrapposte a ‘hard’ delle scienze ‘classiche’) ma sono FONDAMENTALI chiavi di lettura che a mio avviso andrebbero, se non preposte, perlomeno accompagnate passo passo a quelle dal rigoroso metodo scientifico, pena un procedere a forasacco, come quelle cazzo di spighe che una volta che entrano nell’orecchio del cane scendono sempre più giù senza ritornare di un millimetro indietro.
Bello progredire ma senza incunearci in intoccabili e indiscutibili dogmi, insomma.
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Il fisico teorico Michio Kaku, professore al City College di New York e noto divulgatore scientifico, sostiene con vigore la teoria delle stringhe.
Kaku ha appena scritto un libro intitolato “The God Equation“, dove mette sotto la lente di ingrandimento la ricerca che vuole combinate la relatività generale di Einstein con la teoria quantistica per realizzare una “teoria del tutto“.
Michio Kaku ritiene che la teoria oggi elaborata dagli scienziati non sia la versione definitiva. Molti premi Nobel hanno posizioni differenti riguardo la teoria delle stringhe, teoria che lui stesso ha contribuito a fondare. SecondoKaku siamo davanti a un nuovo inizio, i prossimi esperimenti che verranno effettuati su aree inesplorate come, ad esempio, la materia oscura potrebbero contribuire alla nascita di una teoria del tutto.
La teoria delle stringhe ha certamente incuriosito il grande pubblico di appassionati che aspetta di osservarne gli sviluppi. Dopo 2000 anni stiamo iniziando a sistemare i vari pezzi di un gigantesco puzzle e presto saremo in grado di trovare molte risposte ai misteri insoluti che ci circondano.
Potremo andare oltre le speculazioni rispondendo a domande come il viaggio nel tempo, l’esistenza di ulteriori dimensioni e i wormhole. Altre domande potrebbero trovare una risposta soddisfacente, cosa è successo prima del Big Bang? Cosa c’è dall’altra parte di un buco nero? Nessuna di queste domande può essere risolta dalla teoria della relatività di Einstein, per questo dobbiamo andare oltre.
Michio Kaku ha scritto il suo libro in un periodo drammatico, nel mezzo di una pandemia. Newton nel corso di una pandemia causata dalla peste fu costretto a casa e a soli 23 anni scrisse le leggi che cambiarono per sempre il corso dell’umanità. Come Newton, oggi gli scienziati stanno scrivendo nuove leggi per spiegare ancora meglio la natura che ci circonda.
Oggi viviamo una scissione che non si verificava da decenni. Michio Kaku la paragona alla visione opposta tra Niels Bhor e Albert Einstein riguardo la teoria quantistica. La stessa contrapposizione si manifesta oggi per la teoria delle stringhe che ha fatto nascere un grande interesse ma generato molte critiche.
Oggi, come ai tempi di Newton non vi era certezza della correttezza delle sue leggi, non c’è nulla che dimostri la teoria delle stringhe, ma la matematica è sempre un passo avanti alla sperimentazione.
È qui che entra in gioco il Large Hadron Collide.
Grazie al Large Hadron Collider possiamo testare il modello standard che spiega “quasi tutto”. Secondo Kaku il modello è spettacolare, ma è una delle teorie più brutte mai proposte. La teoria delle stringhe porta al modello standard con facilità e con pochi presupposti. Per questo la teoria delle stringhepotrebbe essere provata proprio grazie agli esperimenti condotti al LHC.
La teoria delle stringhe e il super collisore
Il super collisore, racconta Kaku, venne proposto negli anni ’90. Una macchina immensa, più grande del LHC, purtroppo venne cancellata dal congresso.
In uno degli ultimi giorni di udienze, un membro del Congresso domandò: “Troveremo Dio con la tua macchina? Se è così, voterò a favore. “Il povero fisico che doveva rispondere a quella domanda non sapeva cosa dire. Avremmo dovuto dire, questa è una macchina che creerà le condizioni della più grande invenzione di tutti i tempi: l’universo.
Sfortunatamente, il fisico rispose: “bosone di Higgs”. Il congresso non avrebbe mai stanziato 10 miliardi di dollari per un’altra particella subatomica.
Il super collisore, sostiene Kaku, è stato annullato “perché noi fisici eravamo nella torre d’avorio e non avevamo alcun legame con il contribuente che lo avrebbe pagato”. In passato bastava pronunciare al congresso la parola “Russia” e si sarebbe fatto di tutto per appoggiare qualsiasi tipo di programma, ma ormai la guerra fredda è fortunatamente alle spalle.
Poi è arrivato Stephen Hawking. Ha generato così tanto interesse ed è stato un vero fisico all’avanguardia della scienza, non un semplice “divulgatore”.
Contatto alieno
Tra qualche mese avremo a disposizione il telescopio spaziale James Webbed è per questo che kaku ritiene che le probabilità di entrare in contatto con una civiltà aliena siano piuttosto alte. Ma Kaku non appoggia l’idea di un contatto, ricorrendo all’esempio di Montezuma e all’incontro con Cortés in Messico avvenuto centinaia di anni fa. Kaku ritiene che gli alieni potrebbero essere amichevoli, ma non ne è sicuro al 100%.
Nel suo libro Micho Kaku parla di diversi scienziati del passato ponendo Newton al primo posto. Grazie a lui gli scienziati sono entrati in possesso della matematica adatta a spiegare l’universo, migliorata poi da Einstein che ha in seguito elaborato la curvatura dello spaziotempo e tutto quello che è alla base delle nostre conoscenze.
Le leggi del moto di Newton avviarono la rivoluzione industriale. Una persona del genere, spiega Kaku, nasce una volta ogni diversi secoli.
Micho kaku e la fede
Molti scienziati si professano atei, altri credono in qualcosa di ultraterreno. Hawking, ad esempio, era profondamente ateo, sosteneva che se il Big Bangha creato tutto, anche il tempo, allora non c’era spazio per nessun Dio. Kaku ha un’altra formazione essendo figlio di buddisti che credono nel Nirvana.
Micho Kaku ha frequentato la chiesa presbiteriana e la scuola domenicale e ha studiato la Genesi. Kaku sostiene che con l’idea del multiverso possiamo fondere insieme questi due paradigmi diametralmente opposti. Secondo la teoria delle stringhe, i Big Bang si verificano continuamente.
Secondo Kaku, la genesi avviene ovunque e in ogni istante e l’universo si espande nel Nirvana. Lo spazio a undici dimensioni previsto dalla teoria delle stringhe è il Nirvana e secondo Kaku sia il buddismo che la filosofia giudaico-cristiana possono fondersi in unìunica teoria.
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Cronache di un Mesotes e Filosofia. Alcuni personaggi hanno un forte stampo filosofico, altri meno. Il background di 13 ha forti similitudini con il pensiero di Sartre...
Curiosi di saperne di più?
Preordina una copia di Cronache di un Mesotes
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Aquarion Logos
Questo anime è di una bruttezza rara, e sono arrivata fino al 5° episodio maledicendo tutto e tutti.
Tecnicamente questo dovrebbe far parte della saga di Sousei No Aquarion - anime mandato in onda su MTV in tempi non sospetti cioè anni fa - e Aquarion Evol, seguito di Sousei, che è riuscito nell’epica impresa di mandare a quel paese tutto il suo prequel.
Bravissimo.
Sousei lo ricordo con affetto: mecha, reincarnazioni, filosofie, amori impossibili, angoscia, dramma, psicologie dei personaggi, angeli delle tenebre... il tutto contornato da quei cori angelici molto apocalittici.
Difficile dimenticare l’episodio dove Apollo, Silvia e Reika vengono sbattuti nel mondo dei sogni: un trip allucinogeno, con strade che non portavano da nessuna parte, persone che scomparivano dal nulla e quel senso di oppressione che ti teneva incollato allo schermo. Sono passati diversi anni da quell’episodio, ma ancora è inciso nei miei pensieri.
E poi la sofferenza di Sirius, i dubbi di Reika e il senso di colpa di Apollo...personaggi con psicologie complesse e tanto, tanto angst.
Infine i dialoghi. Sousei ti spiazzava con frasi come:
Oh incantevole rosa in fiore, scarlatti petali che grondano vita, verdi foglie benevole, fragrante e splendido effluvio che si riversa nell'aria, il mio sangue accogli con le tue labbra con la tua lingua assaporane il gusto bagnatene la gola e morente avvizzisci [...] tuttavia la musa svanisce e la mia poesia resta incompiuta. (Sirius)
Ehm...grazie Sirius per la poesia.
Poi venne Aquarion Evol, il sequel, e qui cominciarono i dolori. Poichè riprendeva alcuni elementi di Sousei ne era chiaramente un suo proseguimento. E non era male.
Bei personaggi - apparte i due protagonisti che li avrei presi a mazzate - e combattimenti affascinanti. Certo non c’era più tutta la filosofia del vecchio Aquarion, ma poteva andare.
Peccato nel nel finale venga detto che il protagonista di Sousei che sapevamo tutti essere la reincarnazione di Ali del Sole, in realtà non fosse tale personaggio...ma il suo cane.
Il cane.
IL CANE.
E quindi inevitabilmente ti vai a rivedere tutto Sousei no Aquarion per capire se sei stata sempre poco sveglia tu o all’Evol è preso un infarto.
La fortuna di averti incontrato/a, la sfortuna di averti incontrato/a. [...] Sarebbe stato meglio se non ti avessi mai incontrato/a... (Apollo/Apollonius e Silvia/Celiane)
Acclarato quindi che il finale dell’Evol rovina il suo prequel e la sua stessa base, avranno giustamente pensato:-” Perchè non fare un terzo Aquarion?”
CONSIDERAZIONI
Gli element non hanno poteri che non siano la propria voce
Almeno negli altri Aquarion i protagonisti avevano dei superpoteri che li aiutavano a contrastare i nemici. Dall’invisibilità alla psicocinesi...e anche chi ne era sprovvisto aveva comunque caratteristiche tali da permetterti di capire la loro presenza sul campo di battaglia ( Tsugumi in Sousei ad esempio)
Oddio... in Evol c’èrano due personaggi di cui uno aveva il potere di fare buchi e l’altro di riempirli.
Qui invece i personaggi vengono scelti come Element in base al potere della voce, che mi sembra una cosa veramente tirata su con la gru.
A lezione di calligrafia
Nel primo Aquarion i nemici erano gli Angeli delle tenebre che risucchiavano gli essere umani per il loro sostentamento. In Evol i cattivi erano una razza aliena. In logos gli avversari sono... le lettere. La calligrafia in realtà.
Grazie ad un virus che viene iniettato nel kanji, quel kanji prende vita diventando cattivo e facendo del male alle persone. Ad esempio il kanji di malattia infetto fa si che la gente si ammali.
uau sento il brivido dell’epicità.
Sousei no Aquarion che abbiamo fatto di male per passare da Toma all’alfabeto giapponese?!
Akira è... Fudo?
Apparte che Akira è il protagonista più antipatico di tutti gli Aquarion messi insieme: serio, perfetto, diligente, sa sempre cosa fare, non sbaglia un colpo, ha sempre le parole giuste, sbuca fuori all’improvviso.
Questa sua perfezione infatti, varie volte mi ha ricordato il mai troppo compianto Comandante Fudo delle precedenti edizioni. Ci manca solo che Akira sia la reincarnazione del Maestro delle Tre Frecce e siamo apposto.
I personaggi
Tranne Maia, tutti gli altri sono dimenticabilissimi.
Maia si salva da questo piattume perchè è un personaggio quantomeno originale e abbastanza tosto. Certo, la sua decisione di passare dal lato dei buoni in una puntata è abbastanza ridicola, ma lasciamo passare.
L’altra protagonista che tecnicamente dovrebbe formare il tipico triangolo amoroso è di una noia mortale: rappresenta il tipico personaggio timido che per colpa di qualche trauma non riesce a tirare fuori la voce ( giusto per restare in tema). Probabilmente nasconderà un potere immenso e una volta sbloccata, farà il culo a tutti.
Perchè lo dico? Perchè è esattamente come la protagonista di Evol. Identica.
I comprimari invece sono trascurabili, con un forse sulla bambina appena arrivata che pare un pò più sveglia degli altri.
Il contesto
Mi fa piacere sapere che la Deava, che nel primo Aquarion era praticamente una base militare, ultima spiaggia contro i potentissimi angeli adesso sia...un negozio.
Il suo comandate è una tizia che di giorno, fa la ragazza immagine del locale e quando le lettere attaccano..si toglie il vestito e tramite pannelli iper tecnologici trasforma il posto in un’area militare.
Per inciso questo non aumenta il dramma.
Non mi fa pensare che state combattendo seriamente.
l’amore
Non è un anime di robottoni che si menano per la salvezza del mondo, senza la sua buona dose di ship. Ma qui si esagera: già nel 5 ° episodio abbiamo il triangolo amoroso e un mezzo inciucio tra la Comandante e quello che vuole fare il politico. Troppo frettoloso. E forzato.
I combattimenti
Brutti. Velocissimi e senza un minimo di pathos. Il mio cuore ha sussultato un attimo nel vedere nella prima puntata il Pugno Infinito - chiaro richiamo al primo Aquarion - per poi morire di noia nelle battaglie successive.
le teste dei personaggi
Questa è una domanda in realtà: perchè le teste dei personaggi sono a punta? perchè hanno quella forma strana?
IN CONCLUSIONE: Non credo che continuerò a guardarlo perchè mi fa stare male vedere tutte queste brutture. Sembra pure sparito il concetto di reincarnazione che tanto avevo amato nei primi Aquarion, per far posto ad un anime di tizi che combattono il male in modi sempre più assurdi.
Voto: 3 + ( il + è per Maia)
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Max Stirner i la naturalesa de la individualitat
Stirner s’ha convertit en una inspiració personal, el seu pensament sobre la moral de la individualitat és reconfortant quan un és jove, i es qüestiona la naturalesa de les coses. Max Stirner és el portador del culte a la personalitat i a la llibertat personal del món occidental modern. El concepte que potser m’ha cridat més l’atenció del seu llibre més famós és el de la naturalesa humana o més ben dit individual, a partir del qual intentaré explicar la filosofia de vida que ell intenta transmetre i la que jo he comprés, davant la gran càrrega intel·lectual del llibre “El Único y su Propiedad”.
En la seva obra, Stirner, reconeix que l’espiritualitat (el valor metafòric o ideal) que li donem a les coses legitima allò que és material. Així, un humà qualsevol té valor i és reconegut com a tal per que té una sèrie de drets inherents ( el dret a la dignitat, a la vida etc.), sinó tingués això se’l tractaria com a un animal i no passaria absolutament res, no tindria el maltractador un ressentiment moral per què seria com qui aixafa una formiga, però Stirner diu: i perquè a una formiga sí i a un ximpanzé no? Perquè el ximpanzé té un Esperit, un valor intrínsec a les idees que li donem nosaltres i fa que el protegim.
Així tota persona està posseïda per aquestes idees fixes que regulen el nostre comportament, la “bona educació”, l’ideal de bona persona … perquè des de petits ens han ensenyat a assimilar aquesta espiritualitat que ens és aliena, i que no forma part de nosaltres ni representa la nostra causa individual; Stirner es refereix a conceptes limitadors del nostre comportament com podrien ser l’ideal de Justícia, de Veritat, d’Humanitat, de Déu…
De la mateixa manera Stirner ens diu que tota persona es egoista, per demostrar això diu que un cristià, preferirà la fe cristiana a la budista per què serà la que a ell li interessi o li doni més plaer assumir, encara que se’ns ofereixin dos camins que ens portin a la mateixa meta sempre agafarem el que preferim segons els nostres interessos i això és egoisme.
L’Unic d’Stirner ha de ser un individu anàrquic no anarquista, en tant que el sufix –isme comporta un sistema, una societat subjugada a la anarquia. Aquell individu que esdevé anàrquic es rebel per naturalesa i no li interessa més que l’apropiació del seu propi Esperit, que és el que el definirà i el que el realitzarà, el seu egoisme(sistema del ego) es basa en l’anarquia com a punt de partida i no com a una finalitat. L’emancipació personal a través de l’egoisme ètic per assolir la llibertat individual.
Necessitem ser un egoista conscientment egoista en definitiva. Com diu Stirner “No necessito res que estigui per sobre de mi”, per tant cal destruir les idees fixes que ens limiten per acabar amb el que ell anomena “tirania de l’esperit” i el que Nietzsche anomenava “matar a Déu”, per a ser realment lliures i poder desfer-nos de les causes inherents a les idees fixes que ens aixafaven com a individus. Justament per a poder saber i crear la nostra pròpia causa i basar-la en nosaltres mateixos.
Però després ens apareix aquella frase de “Todo ser superior a mí, ya sea Dios, ya sea el Hombre, debilita el sentimiento de mi unicidad y empalidece sólo con el sol de esta conciencia. Si fundo mi causa en mí, en el único, entonces se ha fundado en lo pasajero, en su creador mortal que se consume a sí mismo, y yo puedo decir: He fundado mi casusa en nada”. Amb això vol dir que encara que per fi podem sentir-nos realitzats un cop siguem lliures i treballant per la nostra pròpia causa, tots morim algun dia així que la nostra causa no val res. Aquí el punt nihilista d’Stirner fa ressò de la intrascendencia de la nostra presència en aquest món així que com tard o d’hora morirem, la nostra causa s’acabarà amb nosaltres i no farà esclava a ningú com si fos una idea fixa.
Així ell propugna “Tienes el derecho de ser lo que tú tienes poder de ser. Sólo de mí deriva todo derecho y toda justicia: tengo el derecho de hacerlo todo, en tanto que tengo el poder para ello».
I responent a com encarar llavors la vida ell postula: “cómo se aprovecha? Gastándola o consumiéndola, al igual que la vela se consume al encenderla. Se utiliza la vida y, por consiguiente, lo viviente, al consumirla y consumirse. El goce de la vida es el empleo de la vida”. Aquesta serà doncs la rebel·lió permanent de la que parla Stirner, la llibertat a través de l’autorealització i l’autoapropiació d’un mateix i d’allò que pot apropiarse’n.
El seu llibre més famós, “El único y su propiedad” comença i acaba amb una frase de Johann Wolfang von Goethe que diu “ He fundado mi causa en Nada”. En el poema “Vanitas” de Goethe la frase segueix “ i el món ha estat meu”.
Pau Poblet Torrejón
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APPUNTI PER UN ROMANZO – ROBERT MUSIL (Klagenfurt, 6 novembre 1880 – Ginevra, 15 aprile 1942)
“Perfino nelle fotografie in cui cerca di ostentare la più respingente delle albagie e di fissare uno schermo fra sé e gli altri, segno di un distacco e di una impermanenza assoluta, Musil non riesce a nascondere la dolcezza di uno sguardo melanconico; lo sguardo di chi, salvo da qualsiasi sentimentalismo, partecipa, con pienezza di sentimenti, alle sorti umane. È lo stesso tipo di partecipazione, aliena e incomprensibile ai più, che Musil vive per i personaggi dei suoi romanzi. Robert Musil mancava del tutto di quella disposizione a congetturare l’improbabile sul proprio conto; era privo di quella presunzione dietro la quale i più si barricano per mettersi al riparo da depressioni e ansie e angosce (o altre forme di coscienza della realtà). A Musil non piaceva affatto presumere. Questo lo portò ad affermare: “la filosofia mi irrita””.
Testo di Pier Paolo Di Mino.
Illustrazione di Veronica Leffe.
https://www.libroazzurro.it/index.php/note/appunti-per-un-romanzo/502
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Como eu me sinto?
Sinceramente, me sinto perdido em relação a mim mesmo, sinto que estou perdendo minha essência e me tornando mais uma maquininha do sistema, sei que entrei no jogo, mas o que me incomoda é o fato de isto estar influenciando na minha pessoa, no meu jeito de agir, este ano está sendo um ano de descobrimento do meu eu interno, estou descobrindo muitas coisa sobre mim que eu não sabia, por exemplo, comecei a aceitar que sou introvertido, que tenho medo de falar com pessoas novas, ou até mesmo as que conheço, não consigo conversar direito, aceitei que sou raso em relação a sentimentos, filosofias, etc. Tudo! Alias disso, descobri que pelo medo que eu tenho de lidar com as pessoas no ramo pessoal eu acabo tendo medo de enfrenta-las, descobri que eu engulo tudo que me deixa mal e deixo pra mim, que não adianta fingir quem eu não sou. Sinto medo também de não ter nada material e nem sentimental, tenho vinte anos, pago uma faculdade e um curso de inglês que nem faço mais direito, passo a maior parte do tempo jogando ou no meu quarto, em suma, não consigo mais desenvolver relações pessoais, além disso, o que me intriga é minha posição no trabalho, sinto que estou caminhando para um cargo sem volta e um cargo desconfortável o qual não serei respeitado. Sinto também que as pessoas não me respeitam, me julgam pela aparência, pela forma com a qual eu me expresso e fisionomia. Estou cansado de ser julgado e desrespeitado por isso, sinto também que por causa desses julgamentos estou me tornando arrogante ou cabeça erguida, não sei. Em toda minha vida tentei ser carismático, simpático e legal, é que depois do ensino fundamental as meninas começaram a me evitar, eu sempre tive vergonha de falar com meninas, chavecar, etc. Aprendi a ser muito direto, e agora percebi que isso não adianta nada, mas ainda tenho medo de chavecar, e quando entro em contato com uma garota, pode ser até um whatsapp eu fico assustado e não consigo conversar, ano passado era pra ser meu ano, transar um quatrilhao de vezes, foram varias que eu cheguei na fase do “chaveco” pelo zap e acabei morrendo nesta fase, as meninas que mais me marcaram foi: Natalia e Bianca, a primeira, morena de cabelos longos, de 1.56+- de altura, com um sorriso que me deixava anestesiado, a segunda uma ruiva ( cabelo pintado), com 1,60 de altura e cheia de ideia que fazia meu estilo, ela era sempre oque procurei, infelizmente não consegui com nenhuma, e me sinto um lixo por ter perdido a chance de entrar na vida dessas meninas, o motivo de eu não conseguir? Foi falar muita coisa sem graça ou sem sentido. Portanto, esse ano estou mais com a autoestima baixa, desconfiado, com medo e raiva. Com isso, este ano aprendi a manipular meus sentimentos e a esconde-los. Aprendi a sorrir, a evitar os cantos da boca pra baixo e a cara de triste, criei minha mascara.
Apesar do chroro, tenho um sentimento que arde em meu peito, aquele sentimento que me faz acordar todos os dias e pensar: “ eu preciso fazer algo”, todos os dias eu penso em maneiras que eu possa mudar, quebrar está raiz do mau e sair do ciclo vicioso do cotidiano que me aliena e me torna mais um zumbi vazio por dentro. Com está descoberta interna, aprendi muito sobre empatia, respeito e paciência, sou muito mais organizado e eficiente que no ano passado. Uma pergunta, a crise dos vinte existe? Aceitei meus problemas e agora pretendo trabalha-los vou fazer de tudo para melhorar e ser feliz novamente. Claramente tenho muito mais o que dizer, pode parecer superficial o que sinto, mas é muito mais profundo que eu mesmo desconheço.
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Generazione 90210 (1/3)
“Lo studio dell’economia non sembra richiedere alcuna dote particolare in quantità inusitate. Si tratta dunque di una disciplina molto facile, a confronto delle branche più elevate della filosofia e delle scienze pure? Una disciplina molto facile nella quale solo pochi riescono a eccellere! Questo paradosso trova spiegazione, forse, nel fatto che un grande economista deve possedere una rara combinazione di doti: deve essere allo stesso tempo e in qualche misura matematico, storico, politico e filosofo; deve saper decifrare simboli e usare le parole; deve saper risalire dal particolare al generale e saper passare dall’astratto al concreto nelle stesso processo mentale; deve saper studiare il presente alla luce del passato, per gli scopi del futuro. Nessun aspetto della natura dell’uomo o delle istituzioni umane gli deve essere aliena: deve essere concentrato sugli obiettivi e disinteressato allo stesso tempo; distaccato e incorruttibile, come un artista, ma a volte anche terragno come un politico” (J. M. Keynes)
Nella mia tesi di laurea avevo cercato di dimostrare come l’azione umana dipenda dalle nostre narrative di riferimento e che quindi, dato che è a mio avviso impossibile approcciarsi allo studio delle scienze sociali senza partire da una teoria dell’azione, è necessario riuscire ad interpretare i sogni e le paure della popolazione per capire cosa possa derivarne in termini di “scelte” (di consumo, di voto ecc…). Cercare di capire come cambiano sogni e paure può essere anche molto divertente, a patto che si prenda in considerazione un lasso di tempo adeguato. Qualche sera fa, navigando su YouTube, mi sono imbattuto in un video della vecchia serie televisiva Beverly Hills 90210, un cult, un simbolo degli anni ’90. Tra i pochi ricordi diretti che ho, ricordo l’incredibile popolarità della serie e che le mie compagne di classe stravedevano per Dylan, il tenebroso; a dirla tutta io avevo un debole per Brenda, interpretata da Shannon Doherty, ma non dilunghiamoci.
Il punto è che (invecchiando succede) si diventa sempre più nostalgici e per me la nostalgia sono gli anni ’90, i più spensierati e felici, quando ancora non immaginavo che avrei dovuto versare i contributi per una pensione che non vedrò mai. Ho una sfilza di ricordi che affiorano di qua e di là, quasi tutti belli e positivi (l’unico neo è forse rappresentato dal rigore di Baggio a Pasadena nel 1994), ma credo che la cosa valga un po’ per tutti. Perché gli anni ’90 sono stati veramente il decennio dell’ottimismo, anche per una serie di circostanze fortunate e irripetibili; se parlate con un economista, per esempio, vi dirà che negli anni ’90 si verificò una grande impennata nel commercio mondiale (soprattutto grazie al crollo del comunismo ed alla sempre maggiore delocalizzazione), un aumento della produttività con pochi precedenti storici (grazie all’ICT) e si assistette alla graduale scomparsa dell’inflazione (per un insieme di fattori che ora non aprrofondirò). Le banche centrali iniziarono qui ad alimentare freneticamente le loro bolle speculative tagliando il costo del denaro.
Il mondo era davvero cambiato, come auspicato da Rocky Balboa in Rocky IV. Il muro di Berlino era caduto un anno dopo il profetico discorso di Ronald Reagan e le Germanie si erano riunite, come temuto da molti: “amo talmente la Germania che preferivo averne due”, disse un sibillino Giulio Andreotti. Dopo la parentesi Bush senior, Bill Clinton era diventato presidente degli Stati Uniti d’America a 46 anni ed era il simbolo del nuovo che avanzava anche sul fronte politico, in concomitanza, in Italia, con la crisi della “Prima Repubblica” affossata da Tangentopoli. Nelson Mandela era finalmente libero ed alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992 anche il Sudafrica tornò a fare la sua apparizione. Comunismo e razzismo sembravano colpiti a morte; gli Stati Uniti erano l’unica superpotenza rimasta in piedi ed una serie di eventi sparsi qua e là resero l’ultimo decennio del XX secolo decisamente indimenticabile.
Dal Dream-Team di Michael Jordan e Magic Johnson all’estremo sacrificio del T-800 in Terminator 2. Dallo sport al cinema, il messaggio lanciato fu oltremodo chiaro: nulla può fermare l’ottimismo. Molti ricorderanno Indipendence Day, nel quale neppure la superiorità tecnologica degli alieni riesce a piegare Will Smith e compagni, ma io mi ricordo anche delle tonnellate di film con Steven Seagal ed il suo codino; film nei quali il copione è grossomodo sempre lo stesso: l’eroe, che può contare solo su una “improbabile” spalla (un facchino di colore con un discutibile senso dell’umorismo, una lap dancer sbucata da una torta, un’infermiera molto attraente), riesce a capovolgere a suo favore situazioni disperate senza neppure spettinarsi, il tutto dopo aver spezzato ossa qua e la. E se in Italia cantanti come Marco Masini ce la mettono tutta per contrastare questa ondata di positività (non ascoltate mai una canzone di Masini se siete tristi, mai), nulla impedisce a Il ciclone di Pieraccioni di diventare campione d’incassi. Persino la Vita è bella tratta un tema come quello dell’olocausto con leggerezza, almeno nella prima parte; Philadelphia (a proposito, siete tutti invitati a spiegarmi per quale motivo l’Oscar se lo sia portato a casa Tom Hanks e non il grandissimo Denzel Washington) e Schindler’s List sono insomma pellicole un po’ a parte, capolavori fuori dal tempo. Il mood del decennio è rappresentato appieno dalla pubblicità del Maxibon da un giovane Stefano Accorsi: ‘Two gust is megl che one’. alla domanda “Tutto bene?” (pubblicità Roberts Noir) di George Weah si può solo rispondere “sì”. Tutto è troppo bello per essere vero.
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⠀ ‘En el régimen neoliberal la explotación ya no se produce como alienación y desrealización de sí mismo sino como libertad, como autorrealización y autooptimización. Aquí ya no existe el otro como explotador que me fuerza a trabajar y me aliena de mí mismo. Más bien, yo me exploto a mí mismo voluntariamente creyendo que me estoy realizando. Así es también la primera fase de euforia del proceso de burnout o ‘síndrome del trabajador quemado’. Me lanzo eufórico a trabajar hasta que al final me derrumbo. Me mato a realizarme. Me mato a optimizarme... A causa de la alienación en la situación laboral no es posible que el trabajador se realice. Su trabajo es una continua desrealización de sí mismo’.⠀ ⠀ Así describe Byung-Chul Han lo que él denomina la pérfida lógica del neoliberalismo en ‘La expulsión de lo distinto’ (Editado por Herder, 2017).⠀ ⠀ El individuo se lanza de cabeza a una nueva forma de alienación autodestructiva, la alienación de sí mismo que se desarrolla dentro de los procesos de autorrealización y autooptimización, que le dirigirán a sentirse forzado a mostrar sus propios rendimientos en una espiral constante de autoexplotación.⠀ ⠀ A esta lógica de autoexplotación se sumaría la autoculpabilización que se producirá si los resultados esperados no alcanzan nuestras propias exigencias y expectativas. ⠀ ⠀ Conceptos hasta ahora relacionados con el marketing como son el de ‘precio’ y ‘valor’ adoptarán un nuevo significado desde el momento en que nos permitimos mutar de sujeto a producto. ¿Qué precio estaríamos dispuestos a pagar para poder seguir comprando aquello que creemos necesitar? ¿Qué valor le damos a nuestra vida, a nuestro tiempo...? ⠀ ⠀ Una “libertad” así hay que entrecomillarla por tratarse de una falsa ilusión, un sucedáneo, porque estaríamos devaluando nuestra libertad a cualquier precio.⠀ ⠀ #byungchulhan #filosofia #psicologia #pensamientoherder #fitovazquezhumorgrafico #humorgrafico #libertad #felicidad #consumo #smi #trabajo https://www.instagram.com/p/B00EyyGFR-F/?igshid=16b59r9rerg0m
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Oggi, sull’aereo, c’era una coppia di inglesi con un bambino piccolo. La donna mi ha chiesto di cambiare il posto perché potesse stare vicino all’uomo. L’ha chiesto senza punto interrogativo, col tono secco di un ordine. Mi ha infastidito, avrei voluto rifiutare: ma sono troppo vecchio per queste cose.
Dire che si odiano i bambini è d’effetto, di moda. Io non li odio, e in effetti mi chiedo come si possano odiare queste non-persone, questi avanzi d’aborto. Soltanto, per loro non riesco a provare la compassione che provo per gli animali, i poveri, i vecchi, i morti. Questa compassione assoluta e dolorosa oltre la quale si apre il baratro gelido della mia anaffettività. Se non provo compassione per loro, forse è perché temo vivranno più di me: un morto, che compassione può avere dei vivi?
Più in fondo, non tollero che siano iper-amati, la loro essenza di gorghi che attirano l’amore umano. Di fronte alla più pura equanimità, sono come ladri che derubano i poveri, i vecchi, derubano quel lombrico che, con molte lacrime infantili ho seppellito un giorno in un vaso di fiori, per quanto avessi venticinque o ventisei anni. Provo per i bambini solo una sorda inimicizia, forse il mio stato naturale di relazione con l’altro. Qui naufraga la mia ricerca del mistero della santità, oltre amate i vostri nemici ma prima di amate chi non ne ha bisogno.
Quanto ai due inglesi, lei sfogliava una rivista chiamata Parenting, registrava sul cellulare i cambi di pannolino. Era così precipitata nel suo ruolo, così caricaturale da sembrare il personaggio di un cattivo scrittore. Lui leggeva un libro, del quale scorgevo solo la quarta di copertina. Doveva essere uno di quei libercoli di auto-aiuto. C’era scritto, sul retro: fitness, money, wisdom, here you’ll find the keys.
Il trittico mi è parso significativo. Come se a chi è palestrato e ricco occorresse una qualche saggezza d’accatto, una ribollita di rimasugli di filosofia, per non finire come Patrick Bateman, quello di American Psycho. Ho pensato che proprio così la società occidentale, questo fungo maligno che infesta la superficie del mondo, sopravvive all’orrore che produce: agghindandolo di buon senso, di famigliole inglesi e riviste per genitori, di coltri gentili da calare su occhi vuoti.
Nel reader avevo i libri di Ivan Illich, quest’uomo che io amo, quest’uomo che avrebbe odiato le mie idee. Il volto luminoso di questo prete, il suo lavorio quieto di libertà. E io, questo agnostico che vorrebbe trasformare il mondo in un monastero, accendere roghi nei cieli al tramonto. Solo gli imbecilli credono che sia la fede a condurre al fanatismo: è, invece, l’angoscia delle possibilità crollate, l’asfissia d’assoluto. Attraverso la fede, perché la fede non è bastata. Oltre i forsennati pogrom della natura e dell’uomo (l’inquietudine crescente delle donne che ti amano, il cancro delle lacrime non piante, la rivista Parenting e i libri di auto-aiuto e le palestre e i soldi), per svuotare la specie di questa respirazione aliena, questo bisogno insaziato di cose che non sono al mondo, comunque sia la mia razza sopravvive boccheggiando.
Perché, signor giudice, ho accumulato tanta bile e tanto odio, io, contro tutta questa schifosa umanità, che veramente credo d’avere ormai in questi occhi la potenza di far crollare dalle fondamenta una intera città.
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Battaglia del GP2, ecco la posta in gioco
Nella battaglia per il controllo dell'Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia, si scontrano due linee teologiche contrapposte: quella di Wojtyla-Caffarra-Melina, che poggia la teologia morale sulla rivelazione e sulla metafisica dell'essere e della persona, e quella della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, che parte da una visione storicistica che ripudia dottrina e norme morali assolute.
di Stefano Fontana (01-08-2019)
La linea teologica espressa dall’Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia, così come voluto da Wojtyla-Caffarra-Melina, era contrapposta a quella portata avanti dalla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. “Anthropotes”, la rivista del GP2 faceva il controcanto a “Teologia”, la rivista di Piazza Paolo VI (in precedenza ironicamente Piazza delle Crociate) di Milano.
La prima radicava la teologia morale, matrimoniale e della sessualità umana nella rivelazione e nella metafisica dell’essere e della persona, e quando parlava di matrimonio e di sacramento non temeva di adoperare il termine “ontologia”. La seconda era invece impostata sul superamento del rapporto tra natura e sopra-natura, considerate categorie superate e non più in grado di parlare all’uomo d’oggi, a vantaggio invece di una visione storica ed esistenziale ove fosse possibile parlare di percorsi nella complessità e non di “dottrina”, “norme morali assolute”, “condizioni oggettive di peccato”. Se il GPII sfidava la modernità, proponendo una maggiore ragione che non quella moderna a sostegno del bene morale dei coniugi e della famiglia, la Facoltà milanese assumeva come propria la prospettiva moderna e intendeva fare emergere lo specifico cristiano dalla dimensione storica del vissuto umano. Si tratta di un contrasto di linea di vecchia data, almeno dal Vaticano II in poi.
Possiamo dire che questa contrapposizione sia stata rappresentata durante il Sinodo sulla Famiglia degli anni 2014 e 2015 dal cardinale Kasper da un lato e dal cardinale Caffarra dall’altro e che le due visioni si siano scontrate soprattutto a proposito dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, che ha sconfessato la linea del GPII, richiedendo un nuovo paradigma di teologia morale, che soprattutto la Facoltà milanese ha cercato di portare avanti. Questa si condensa nella centralità della “conversione pastorale”, che consiste nel partire dall’esistenza e dalla storia, e non dalla dottrina, per fare del dialogo nella storia la fonte stessa della dottrina.
Giuseppe Angelini, Walter Kasper, Maurizio Chiodi, Bruno Seveso, Luca Bressan, Paolo Carrara, Giacomo Canobbio, Franco Brambilla, Andrea Bozzolo hanno avviato sulle pagine della rivista “Teologia”, dal 2014 ad oggi, la teorizzazione della “conversione pastorale” nella nuova accezione storicistica, una lettura rivoluzionaria di Amoris laetitia rispetto ad Humanae vitae e a Veritatis splendor, una rinnovata teologia della “Chiesa in uscita” secondo le indicazioni di Evangelii gaudium, una teologia nuova della sinodalità, una sostanziale revisione della teologia del matrimonio, una ridefinizione della famiglia.
L’incompatibilità con il GP2, già presente in epoca precedente, è stata fortemente galvanizzata dal pontificato di papa Francesco. Al punto che perfino dentro l’Istituto della Lateranense ci sono stati docenti sensibili al nuovo corso, come Gilfredo Marengo, docente di antropologia teologica al GP2, che ha fatto propria la prospettiva aliena rispetto all’Istituto di appartenenza nel libro Chiesa senza storia, storia senza Chiesa. L'attuale modernità del problema Chiesa-mondo (Studium, Roma 2018): il libro comprova il suo passaggio al fronte opposto. La linea dell’Istituto però non cambiò.
Considerando la nomina a nuovo Preside del nuovo GP2 di Pierangelo Sequeri, già preside della Facoltà milanese, concedendo credibilità alle voci che parlano della imminente nomina di Maurizio Chiodi, leggendo quanto scritto il 30 luglio su La Stampa proprio dal summenzionato Gilfredo Marengo (clicca qui), si consolida l’idea che con Paglia si sia voluto fare di Roma Milano, ossia che la linea teologica imposta al nuovo GP2 sia quella della facoltà teologica milanese.
Poiché si tratta di impostazioni di pensiero di carattere accademico, il rinnovamento passa attraverso nuovi docenti e nuovi insegnamenti. In questo quadro, la soppressione nel nuovo piano degli studi del GP2 della Teologia morale fondamentale risulta funzionale a questo progetto di sostituzione di Roma con Milano. La teologia morale fondamentale pone in relazione la teologia con la ragione e quindi con la filosofia e la metafisica, secondo l’impostazione della Fides et ratio. La sua abolizione fa emergere l’importanza delle scienze sociali rispetto alla ragione filosofica e alla stessa teologia. Ma ciò è appunto in linea con la “conversione pastorale” e con la prospettiva storicistica ed esistenziale del nuovo corso: prima si entra in rapporto con le situazioni concrete, e ciò sarebbe permesso (il condizionale è d’obbligo) dalle scienze empiriche, e da ciò potranno poi derivare percorsi di discernimento e di dialogo. Partire dalla teologia vorrebbe dire continuare con una prospettiva deduttiva e astorica (sic).
Anche il nuovo insegnamento di Teologia fondamentale della forma cristiana risponde a questa nuova esigenza. Sul numero 2 del 2016 della rivista “Teologia”, Luca Bressan scriveva della “Fatica della forma” sostenendo che gli insegnamenti di papa Francesco ponevano il problema di una nuova “forma” della Chiesa cattolica: non spazi e geografie ma operazioni e processi, non organizzazioni ma operazioni, non muri ma ponti, non un popolo reso tale da una chiamata dall’alto ma un popolo le cui differenze si armonizzano dal basso in un percorso comune, non difesa della propria identità cristiana ma gesti e azioni capaci di trasformare il contesto, rifiuto dei giochi legati alla propria immagine. Sarà questa la nuova forma milanese del GP2?
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26 luglio 2019, ore 23:35
Mon dieu, alla bellezza dei venti anni compiuti da poco e trascorsi da completa astemia, stasera qualcuno è riuscito a farmi assaggiare per la primissima volta la birra!
Il che è un po' un controsenso a rifletterci bene, dal momento che Liam mi ha invitata ad uscire per parlare a voce del mio precedente incontro con Adam. Adam di cui mi sono "lamentata" per i modi di fare in quel volermi convincere a provare la sua sigaretta. Tempo 24 ore e Liam è riuscito nell'impresa. Ho bevuto giusto un paio di sorsi, ma visti i miei precedenti, direi che ho fatto passi da gigante. E ancora effettivamente non so se mi sia piaciuta o meno così di primo impatto.
Sono davvero un disastro >.< a sapermi astemia Liam ha fatto una faccia che mi ha fatto sentire alla stregua di una aliena. Sarei sprofondata volentieri sotto terra dall'imbarazzo!!!
E forse, ma dico forse, Adam non ha tutti i torti. Cosa sto aspettando? Pur essendo lontana da casa, non riesco a comportarmi una normale ragazza della mia età. Non ho da nascondermi da nonna, non sono nemmeno più minorenne da due anni. Eppure... eppure continuo a stare chiusa nel mio guscio, fatto solo di studio e rare interazioni sociali.
Uff...
Ma che ho che non va?
Va beh, torniamo alla serata appena trascorsa con Liam e alla sua poca simpatia nei riguardi di Adam. Diciamo che mi ha rassicurata sul non essere un tipo pericoloso (mi ha pure proposto di fare una cosa che mi ha lasciata perplessa. Non capisco mai quando sia serio o meno) e prima di andare via mi ha messa al corrente del fatto che Adam è stato il ragazzo di Nadia (magari da qui quel complimento affatto carino? Non che andrebbe a giustificare la mancanza di tatto...)
Uh-uh! Ennesimo colpo al cuore per la sottoscritta e ai problemi che sto suscitando con la mia somiglianza a lei. Sarei dovuta rimanere in Francia, un pensiero sfuggito davanti a Liam che mi ha sorpresa con la sua rassicurazione. Ho apprezzato, molto.
«Sei nel posto dove dovresti essere, semplicemente perché ti ci trovi e sei il risultato delle tue scelte. Non stare a dannarti l’anima soltanto perché un inquietante figlio di puttana ti ha proposto di fumare una sigaretta. Ok?»
Grazie, Liam. Cercherò di tenerlo a mente e prendere con diversa filosofia questa somiglianza. Cercherò.
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