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Don Italo, arciprete a Ceccano: dobbiamo essere una sola chiesa, vi considero fratelli oltre che amici
Tanta gente per don Italo Cardarilli, 26° arciprete di Ceccano, che nel pomeriggio di sabato 26 ottobre ha preso possesso delle parrocchie di S. Giovanni, S. Nicola e Sacro Cuore a Ceccano. Dopo una breve sosta a s. Nicola, il nuovo arciprete è stato accompagnato processionalmente a S. Giovanni, piena all’inverosimile. Qui, all’inizio della celebrazione, è stata data solenne lettura del decreto…
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[Coda][Ali Smith]
Coda di Ali Smith racconta una storia sulla libertà di immaginazione e sull'empatia fra esseri viventi come antidoto a un presente di isolamento e barriere.
Nell’Inghilterra post-Brexit in piena pandemia, la pittrice Sandy Gray sta attraversando un periodo di sconforto, aggravato dall’angoscia per le condizioni del padre colpito dal Covid. Una sera, a sorpresa, le telefona un’ex compagna di università che non sente da anni, e le racconta uno strano episodio: mentre era in stato di fermo per un disguido con la polizia di frontiera, chiusa in una…
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#Ali Smith#British Fiction#Coda#Companion Piece#Edizioni Sur#Federica Aceto#fiction#LGBT#LGBTQ#Narrativa#SUR#Sur edizioni
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Il dossier Rachel - Martin Amis - Traduttore: Federica Aceto - Einaudi
Il dossier Rachel – Martin Amis Traduttore: Federica Aceto Einaudi >Poche settimane separano Charles Highway dall’età adulta e molto resta da fare all’ipersolipsistico ed erotizzato protagonista prima che quel funesto traguardo – il ventesimo compleanno – segni irrimediabilmente la fine della libertà adolescenziale e l’inizio della responsabilità matura. Ci sono gli esami da preparare, il corpus…
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[Books] La morte è un gioco di prestigio di Tom Mead
Titolo originale: Death and the Conjuror (A Spector Locked-Room Mystery #1) Autore: Tom Mead Prima edizione: 2022 Edizione italiana: traduzione di Federica Aceto (Il Giallo Mondadori, 2024) Audiolibro: letto da Maurizio Desinan (disponibile su Audible) Continue reading [Books] La morte è un gioco di prestigio di Tom Mead
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Ricordo la prima volta che ho letto un racconto di #AliceMunro. Non sono mai stato un'adolescente della Huron County alla fine degli anni '40, ma quella ragazza ero io. Ricordo quando lessi "Seminario sulla gioventù" di #AldoBusi. Sono eterosessuale, ma tra quelle pagine ero #Barbino dall'inizio alla fine e lo sarò per sempre. Così come una cara amica con cui all'epoca ragionavo senza pace di #CormacMacCarhy mi assicurava di essere stata #JohnGrady per tutto "Cavalli selvaggi" e di esserlo anche mentre mi parlava. Ci trovammo d'accordo, dopo aver letto "Amatissima", sul fatto di essere entrambi #Sethe e #Denver.
La letteratura ha questa forza immutata. Riuscire a far crollare le differenze di nazionalità, di genere, di orientamento sessuale, addirittura di specie e di regno, certe volte. È una forza sempre rivoluzionaria e trasformativa. Non è una questione di contenuti, ma della prossimità, dell'intimità che si riesce a creare, attraverso un testo, tra tu che leggi e la storia.
Non cadete nell'inganno di correre dietro alla carrozza ideologica di chi pensa (a volte questo pensiero diventa una professione e una carriera) che solo i bianchi possano leggere i bianchi, solo i neri i neri, solo i maschi i maschi, solo le lesbiche le lesbiche, solo i gay i gay. Naturalmente vale anche per le traduzioni. Ho letto con molto interesse quanto hanno scritto in questi giorni amiche traduttrici come Martina Testa, Federica Aceto, Ilide Carmignani, Tiziana Lo Porto e altre e altri. Faccio l'esempio di Martina. So che (oltre il genere) molte cose la separano da #CormacMcarthy, eppure la sua traduzione di "Non è un paese per vecchi" è ineguagliabile. In quanto maschio di origini contadine e sottoproletarie nato in un luogo considerato svantaggiato da alcuni (il sud del paese) non ho mai pensato che la mia traduttrice olandese, in quanto donna e geograficamente privilegiata, non fosse in grado di "entrare" nelle storie che racconto.
Non puoi combattere il nemico usando le sue stesse armi e il suo stesso linguaggio, altrimenti sei già lui.
Nicola Lagioia
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“Se leggete Lucia Berlin preparatevi a una bella doccia fredda, preparatevi a stare completamente nudi”
Potete leggere i racconti di Lucia Berlin senza conoscere la storia della sua vita e avere la netta sensazione che quello che vi sta passando sotto gli occhi sia totalmente vero, sia autobiografico. Fate bene, alla Berlin potete affidarvi, vi porta nel vero delle cose. Ha uno sguardo fiero e doloroso, una bellezza coraggiosa, non si vergogna di portare in giro quegli occhi che mostrano esattamente quello che provano. Per iniziare a leggere La donna che scriveva racconti (Bollati Boringhieri, 2016; traduzione di Federica Aceto) ci vorrebbe una cintura di sicurezza o almeno un avviso di pericolo. Con la Berlin fai un bagno nella verità, lei ti apre la sua vita come fosse una casa, entri e vivi come lei, senti come lei, diventi lei.
*
Per me è stato abbastanza facile, quasi troppo, dato che lei ha lavorato per anni come infermiera. “Lavoro negli ospedali da anni, ormai, e se c’è una cosa che ho imparato è che più un paziente è malato meno fa rumore. è per questo che ignoro l’interfono dei pazienti”: assurdo, è la prima cosa che mi hanno detto quando sono entrata in ospedale, stare attenta a chi non fa rumore. Sempre in questo racconto, Temps Perdu, la Berlin entra esatta e precisa, senza sbavature, a spiegare che cosa sia davvero l’apparente freddezza di un operatore medico: “Un tempo pensavo che le infermiere fossero rigide e senza cuore. Ma quello che davvero non va è la malattia stessa. Ora vedo che l’indifferenza delle infermiere è un’arma contro la malattia. Combattila, sconfiggila. Ignorala, se vuoi. Ma soddisfare ogni capriccio di un paziente finisce solo per incoraggiarlo ad amare la sua condizione di malato, e questa è la verità”. Appunto, la verità. Lucia Berlin scrive per riportare la verità, per fermarla e restituircela priva di moralità e sentimentalismi inutili.
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Se leggete la Berlin preparatevi a una bella doccia fredda, preparatevi a stare completamente nudi. Siete davanti a una bella scansione a raggi X, non potete portarvi niente dietro, siete da soli coi vostri pensieri, con le vostre debolezze, con i vostri corpi inesatti. La Berlin scriveva quello che riteneva vero, non giusto, non c’è un giudizio nei suoi racconti, lei ti dice quello che è vero anche se non vuoi sentirtelo dire. Basta guardare una sua foto, osservarle gli occhi, per capire che lei era una di quelle scrittrici che registrava la vita attraverso la scrittura.
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Scrivere per la Berlin è prima di tutto un atto emotivo. Scrivere significa fare tre salti: da ciò che sento dentro la pancia, questo fuoco che brucia, lo porto al cuore, con la lentezza che richiedono i sentimenti, e poi alla testa, cerco di trovargli un posto e infine alla lingua, gli do un nome. La scrittura richiede tutta questa fatica, per questo la Berlin non può mentire, per lei è un atto conoscitivo, è qualcosa che ti salva davvero la vita. Ti permettere di renderti altro, trovare la tua isola felice per qualche momento, isolarti fino a diventare solo una voce. Da questa voce che ormai è diventata di tutti, non è più nostra, poi riconoscersi e osservare quello che stiamo facendo e in che direzione stiamo andando.
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Lucia Berlin ha sempre negato che ci fosse una qualche forma di poetica nella sua scrittura, un credo a cui asservirsi. Lei si piega solo alla verità, a nient’altro. Ci piega. Ecco perché leggere i racconti della Berlin è attraversare mondi lontanissimi come fossero quotidiani, vivere esperienze lontane, come un aborto clandestino e vietato, come fossero nostre. La Berlin non ha un progetto, non organizza le storie, le vive e ce le restituisce in quel dono d’amore che è la scrittura. La Berlin vuole essere ascoltata, si scrive sempre perché qualcuno ci restituisca la voce, perché qualcuno ci dica “anche io come te”. Si scrive perché non si può smettere di amare questa vita. E lei lo sapeva bene, dopo tre matrimoni falliti e aver fatto qualsiasi lavoro possibile per mantenere quattro figli, continuare a sentire. Leggete Lucia Berlin se volete capire che cosa è il coraggio di vivere ogni giorno, se volete smettere di sopravvivervi.
Clery Celeste
*In copertina: Lucia Berlin (1936-2004)
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"Asimmetria": Lisa Halliday e la nuova forma del romanzo contemporaneo
“Asimmetria”: Lisa Halliday e la nuova forma del romanzo contemporaneo
Tutto molto bello ma… dov’è il resto del libro?
Non mi considero una lettrice sempliciotta – anche se non mi vergogno di ammettere che mi piacciono i generi definiti “commerciali”, come i gialli e talvolta i chick lit, e non sempre capisco al volo la letteratura “alta” – ma alla fine di “Asimmetria” di Lisa Halliday, edito da Feltrinelli nella traduzione di Federica Aceto, la prima sensazione che…
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di Alceo Lucidi
SAN BENEDETTO – Riapre la stagione teatrale al Concordia, appoggiata come ogni anno dall’Amat (l’Associazione marchigiana per le attività teatrali) e dall’amministrazione comunale. All’esordio – nel week-end appena trascorso, sabato 14 e domenica 15 ottobre – i riflettori si sono subito accesi su una commedia densa, incisiva, per tanti versi dura, come la vita. L’ora di ricevimento di Stefano Massini, portata in scena dal Teatro Stabile dell’Umbria, per la regia di Michele Placido è un’impietosa fotografia della vita di un insegnante che deve fronteggiare, in solitaria, la grande sfida dell’educazione e dell’integrazione culturale in ambienti sociali difficili: le periferie del mondo (banlieu è il sottotitolo o la coda del titolo dell’opera). Quella del prof. Ardeche (un ottimo ed empatico Fabrizio Bentivoglio) è la retrovia angusta di Les Lizards, a Tolosa, dove si imbatte in un’umanità plurima, sempre ribollente e nevrotica.
Scettico, disilluso, cinico al punto da screditare il lavoro di un suo giovane collega – un supplente di matematica appena arrivato dall’università –, asciutto pensatore impregnato di razionalismo illuminista (ama citare Voltaire), in realtà Ardeche, attorno alla cui apparente alterigia, presto incrinata da dubbi ed insicurezze, ruota tutto il meccanismo del testo, è un uomo fragile, che vive in prima persona le contraddizioni di una realtà complessa, dove la scuola dovrebbe giocare una mediazione di primo piano.
E’ quello che cerca di fare nella sua ora di ricevimento – il giovedì di ogni settimana – per parlare con le famiglie della propria classe e tentare di portare ogni suo allievo ad un livello di preparazione consono, senza perderlo per strada nel baratro del degrado (il suo sogno e quello di ogni insegnante che senta la “chiamata alle armi” della didattica!). Così si applica con metodica ed olimpica pazienza (“indianamente” come dice) per trovare i giusti toni concilianti che urtano contro il vortice delle convulse vite dei genitori dei suoi studenti e dei rispettivi pregiudizi che le intrappolano ed investono. Lo stesso Ardeche cadrà del resto vittima di stereotipi e stigme, sospeso dal servizio, a sua insaputa, per la denuncia di un allievo (all’apparenza il più disciplinato), a seguito di una gita scolastica, dove l’insegnante avrebbe versato aceto a base di vino nel piatto di alcuni suoi “ragazzi” di religione mussulmana ed ebraica.
La scuola, che si vorrebbe fino in fondo laica, in pieno scontro di civiltà e di estremismi religiosi, con lo strascico di conseguenze geo-politiche a noi tristemente noto, fatica in effetti a trovare una voce che parli anche di tolleranza, eguaglianza di trattamento, valutazione del merito.
Il rapporto a due tra il prof. Ardeche ed un suo vecchio allievo, una sorta di confessione, è l’ennesima riprova di quanto l’insegnamento, anche duro nel metodo di tanti docenti, faccia sempre meno breccia negli animi e nelle menti di giovani – spesso e volentieri non per loro colpa –, distratti dalla comunicazione frammentata e pulviscolare deli social media e da tanti falsi profeti delle società 2.0.
Le scenografie spoglie, asettiche (un’aula con finestrone che segue l’andamento delle stagioni in base ai riflessi degli stati psicologici degli attori in campo) rende pienamente conto del clima di depauperamento sociale per l’arretramento della scuola di fronte alle mille, nuove emergenze. Un plauso dunque al regista ma anche all’addetto alle scene, Marco Rossi, all’ideatore delle musiche originali, Luca D’Alberto, alla voce fuori campo Federica Vincenti, otre alla ben assortita compagnia umbra (Giordano Augusta, Arianna Ancarani, Carolina Balucani, Balkiss Miaga tra gli altri) per aver saputo restituire il pathos drammatico dell’incedere della prosa.
Prossimo evento in cartellone, il 9 novembre (data unica), Nudi e crudi (una storia di Alan Bennett) con Nicola Sorrenti e la regia di Serena Sinigallia. Per informazioni e prenotazioni dei biglietti è attiva la segreteria del Teatro Concordia (due giorni prima dello spettacolo dalla 17:30 alle 19:30) al numero 0735 588246 o alternativamente quella dell’Amat (il giorno stesso dello spettacolo) al numero 071 2072439 (prenotazioni online su www.vivaticket.it).
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Opporre resistenza alla bellezza della natura è insano esercizio che precipita nella sfera dell’impossibilità. Conviene abbandonarsi, vivere e perdersi: spalancare gli occhi e godere del profilo del continente, al tramonto, che riposa sul mare dietro la distesa di alberi di arancio; aguzzare l’olfatto e inebriarsi dei profumi agrodolci di una campagna dalle ancestrali empatie. Lasciarsi cullare dalla brezza e ascoltare il vento che fruscia tra le foglie di tredici ettari di agrumeto, percepire il suono che fa zash e che dà il nome a questo avvolgente luogo d’incanto dove il cielo concentra i colori e dove il silenzio è un brindisi alla vita. Si chiama proprio Zash l’affascinante struttura di fine ‘800 all’ombra dell’Etna, di proprietà della famiglia Maugeri, imprenditori di Acireale (Ct), e diretta magistralmente e con spirito di iniziativa da Federica Eccel: è un hotel di charme con dieci camere di design, una deliziosa e funzionale Spa e un suggestivo ristorante fatto di pietra lavica e contemporaneità, frutto di una di ristrutturazione luminosa e illuminata di un antico palmento, storico locale adibito alla produzione del vino fino alla metà del XX secolo. La magia di questa sala è unica: il nero della roccia vulcanica delle pareti si esalta e si arrotonda nella studiata alternanza con il legno vivo dei tavoli, con il bianco di una porta e delle scale e con la soffusa ma efficace illuminazione dei punti strategici; altre luci di Zash sono i piatti dello chef, poco più che trentenne, Giuseppe Raciti, alla guida della cucina dal 2014. Una storia di amore per i fornelli che parte da lontano: «Ho cominciato a lavorare all’età di 13 anni – ricorda lo chef – Tutto il giorno nei mesi estivi e nel fine settimana durante il periodo della scuola. All’inizio è stata dura, ma la voglia di crescere era tale che a 16 anni sono andato in Svizzera: sentivo il bisogno di formarmi professionalmente e conoscere il mondo, le persone, i sapori». Raciti, pur giovane, vanta diverse esperienze di prestigio tra la Svizzera e l’Italia, è stato capo partita presso l’Antica Osteria del Ponte di Ezio Santin, storico tre stelle Michelin (nel 1990. Fu il secondo in Italia dopo Marchesi, ndr), e si è perfezionato al Principe Cerami di Taormina, insignito di due stelle, al fianco di Massimo Mantarro. «Sono grandi maestri e ho imparato tantissimo solo guardando le cose che facevano – racconta – Ma l’eredità che mi hanno lasciato è soprattutto umana: lavorare con Santin ha migliorato il mio carattere, mi ha dato sicurezza e fiducia in me stesso, mentre Mantarro mi ha insegnato a stare in cucina, a collaborare con i colleghi, a creare armonia e a fare gruppo». Sani principi e buona tecnica: Raciti, coadiuvato dal sous-chef Agatino Bruno e in sala dal maître Giuseppe Romeo, presenta così la carta autunnale. Celebrazione mediterranea, la Trasparenza di gambero rosso di Mazara con limone candito, caviale e arancia bionda è un piatto di bellezza pari alla location: si distingue per l’aromatica cremosità ben supportata da una stuzzicante freschezza agrumata; combinazione intelligente lo Scampo servito su crema di ceci di Leonforte, pancetta, panelle di ceci alla palermitana e limone verdello, incontro di terra e di mare che riesce a bilanciare grassezze e dolcezze con la acidità spinta del limone verdello; più goloso l’Uovo pochè croccante, zucca gialla, fonduta di maiorchino, funghi porcini dell’Etna e rosmarino, opulento e con una divertente croccantezza che snellisce l’assaggio. Poi due primi molto diversi tra loro per composizione e risultato sensoriale: il Risotto mantecato con Mon Pit moscato dell’Etna, pompelmo rosa, rosmarino e astice - elegante, equilibrato e di sorprendente effetto al palato quando il pompelmo rosa, schiacciato in bocca, inonda il risotto mescolando la delicata acidità alle dolcezze dell’amido del riso - e il Raviolo di pasta all’uovo farcito con il prosciutto affumicato Branchi, tartufo nero di Palazzolo Acreide e crema al pistacchio di Bronte, complesso e “barocco” nelle sue rotondità e affumicature. Di respiro internazionale la Pluma cotta a bassa temperatura, liquirizia, aceto balsamico, caffè, porcini e crema di fagioli cannellini: la pluma è un taglio abbastanza piccolo di maialino iberico che ha la forma di una piuma, si trova sotto la coppa ed è ancora più tenero del filetto. È una bella esibizione di cultura tecnica dello chef, che cuoce la carne a bassa temperatura e la serve croccante fuori e morbida e rosa dentro, con un’interessante e speziata la salsa di liquirizia, aceto balsamico e caffè. Ricchi i due dessert: una Spuma al cioccolato bianco, gelato al pistacchio di Bronte, lamponi, olio evo e sale Maldon e una Torta al cioccolato fondente al 72%, riduzione al Nerello Mascalese e gelato alla nocciola dell’Etna. «Mi piace esercitare la fantasia, sperimentare e giocare con la materia prima, ma tutte le mie evoluzioni devono compiersi all’interno delle regole imprescindibili della cucina classica, che rimane il fondamento della mia vita professionale, la sicurezza su cui contare e sentirsi forti». Giuseppe Raciti, tra i quattro chef che il prossimo primo ottobre animeranno le selezioni italiane del Bocuse d’Or, è un giovane cuoco di sostanza e di esperienza, il suo stile è passionale e diretto e si esprime attraverso la contaminazione di materie prime dell’importante tradizione gastronomica siciliana con ingredienti di eccellenza internazionale, proponendo piatti dal gusto pieno e profondo mai privi di equilibrio ed eleganza. Zash, gnam, wow! Bellezza, silenzio e grande cucina.
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Posso solo, in questa sede, offrirvi la mia confessione per quanto possibile sincera: quando io ho accettato lavori mal pagati o da case editrici con una cattiva fama, o lavori che mi hanno costretto a un tour de force che non valeva la candela l’ho fatto per un solo motivo: la paura. La paura che un no detto da me a un editore potesse trasformarsi in mille no degli editori a me, la paura di perdere un contatto o un autore. La paura non è una buona consigliera in queste cose, ma va riconosciuta per quello che è. Io, come tanti miei colleghi, ho fatto scelte stupide e dannose nel corso della mia carriera. Ammettiamolo: come primo passo per uscire dal meccanismo malato dobbiamo smetterla di ragionare in termini di colpe, perché non ne verremo mai fuori, ma parliamo di responsabilità, parliamo di causa ed effetto. E soprattutto chiamiamo le cose col loro nome. La paura è paura, la scarsa autostima è scarsa autostima, la poca informazione è poca informazione. Non chiamiamo queste cose passione bruciante per i libri, desiderio di fare esperienza o necessità di arricchire il curriculum. Non facciamo scelte suicide oggi in nome di un futuro migliore che non verrà mai.
Federica Aceto
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Ceccano, sospeso il sindaco Caligiore, subentra Federica Aceto
Da oggi pomeriggio, 25 ottobre, Federica Aceto svolge le funzioni di sindaco a Ceccano: è l’effetto del provvedimento di sospensione adottato dal prefetto Liguori nei confronti di Roberto Caligiore. La sospensione riguarda anche l’incarico di consigliere provinciale. E’ il primo provvedimento adottato dall’autorità nei confronti degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulla corruzione per i…
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[Uno shock][Keith Ridgway]
Uno shock Keith Ridgway è un romanzo fatto di nove storie che si sfiorano e si intersecano in un quartiere popolare del sud di Londra in via di gentrificazione
Un romanzo fatto di nove storie che si sfiorano e si intersecano in un quartiere popolare del sud di Londra in via di gentrificazione; storie bizzarre, inquietanti, sorprendenti di persone del tutto comuni o assolutamente eccentriche; storie di solitudine, di malintesi, di incontri mancati, di sesso ed esperienze lisergiche, di amicizia e di tradimento; storie spesso vissute o raccontate al…
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#2023#A Shock#Edizioni Sur#Federica Aceto#fiction#Irlanda#James Tait Black Prize#Keith Ridgway#LGBT#LGBTQ#Londra#Narrativa#Uno shock
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Il dossier Rachel - Martin Amis - Traduttore: Federica Aceto - Einaudi
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«Per me tradurre Hotel world è stato un grande piacere, ma anche una grande responsabilità. E questo per molti motivi, ma soprattutto perché la vera protagonista del romanzo è la lingua, la lingua inglese. Eppure tu lasci molta libertà ai tuoi traduttori. Sei stata tradotta in diverse lingue, molte delle quali a te sconosciute, tipo il cinese e il giapponese. Hai mai paura che, nonostante ci sia il tuo nome in copertina, il libro tradotto non sia realmente tuo?» Federica, se ti devo dire la verità credo che neanche il libro inglese sia realmente mio.
[Federica Aceto intervista Ali Smith]
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Ceccano, botti di capodanno, non sottovalutare le conseguenze, il messaggio dei carabinieri
Ieri mattina, presso gli istituti Itee e Ipsseoa di Ceccano, l’amministrazione comunale rappresentata dal Vicesindaco Federica Aceto e dal consigliere comunale Simona Sodani, Sara Protani, Presidente dell’associazione Serotonina e la stazione Carabinieri Ceccano con il Comandante Fabio Laurentini, il maresciallo capo Serena Bruschetta, hanno promosso una serie di incontri volti alla…
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[Estate][Ali Smith]
Estate è il quarto volume della tetralogia di Ali Smith dedicata alle stagioni: romanzi che raccontano in tempo reale le crisi del nostro presente ma attraverso una chiave universale: quella dell'incontro salvifico e generativo con l'altro
Estate è il quarto volume della tetralogia di Ali Smith dedicata alle stagioni: romanzi che raccontano in tempo reale le crisi del nostro presente (la Brexit, il sovranismo, l’immigrazione, i cambiamenti climatici, la pandemia) ma attraverso una chiave universale: quella dell’incontro salvifico e generativo con l’altro, che sia una persona conosciuta per caso o l’opera di un artista geniale.…
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