#false convinzioni
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ilgiardinodivagante · 9 months ago
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Cos'è davvero l'uguaglianza? È come una chimera, un ideale che sfugge, un concetto che ognuno interpreta a modo suo. Da una parte, c'è chi grida al merito, alla gerarchia, a una sorta di legge della giungla dove vince il più forte. Ma il merito è davvero così oggettivo? Non è che spesso è il frutto di un gioco di carte truccato, dove alcuni nascono già con un asso nella manica? E poi, c'è chi, all'opposto, sostiene che siamo tutti uguali, punto e basta. Ma se siamo tutti uguali, che senso ha valorizzare le differenze? È come dire che un Picasso e un bambino di tre anni che scarabocchia un foglio sono sullo stesso piano.
Io credo che l'uguaglianza sia il fondamento di una società sana, ma non nell'accezione di un livellamento che annulla le individualità. È il diritto di ogni essere umano a partire da una linea di partenza equa, a poter sviluppare i propri talenti, a non essere giudicato per l'origine, il colore della pelle o le preferenze sessuali. Ma questo non significa che tutti debbano fare lo stesso lavoro o raggiungere gli stessi traguardi. Un medico e un poeta hanno ruoli diversi, ma entrambi sono essenziali per la nostra società.
Il problema nasce quando confondiamo l'uguaglianza con l'uniformità. È come se volessimo tutti indossare la stessa taglia di scarpe, senza renderci conto che ognuno ha un piede diverso. Certo, possiamo creare delle scarpe standard, ma poi ci saranno sempre quelli a cui stringono e quelli a cui sono larghe.
La meritocrazia, se intesa nel modo giusto, può essere un motore di crescita. Ma deve essere una meritocrazia inclusiva, che non lasci indietro nessuno. È illogico pensare che un bambino cresciuto in un ambiente privo delle risorse fondamentali possa, senza alcun supporto, raggiungere gli stessi risultati di un suo coetaneo cresciuto in un contesto privilegiato. Dobbiamo creare delle reti di sostegno, delle rampe di lancio per chi parte svantaggiato.
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E poi c'è la questione della libertà di espressione. Certo, ognuno ha diritto a dire la sua, ma non tutte le opinioni hanno lo stesso valore. Un'idea ben argomentata, frutto di una profonda riflessione, è diversa da un'opinione buttata lì tanto per dire. E non dimentichiamo che la libertà di espressione ha dei limiti. Non possiamo gridare al fuoco in un cinema, né diffondere notizie false che possano danneggiare gli altri.
Per costruire una società più giusta ed equa, dobbiamo prima di tutto affrontare le contraddizioni e le sfide che ci troviamo ad affrontare. Come possiamo conciliare il principio di uguaglianza con quello di meritocrazia? Viviamo in un'epoca contraddittoria, dove si invocano i valori di pace e fratellanza, ma si perpetuano le disuguaglianze. Più parliamo di uguaglianza, più il divario tra ricchi e poveri sembra allargarsi.
Ci chiediamo allora: vogliamo davvero una società più equa? E se sì, perché le nostre azioni non corrispondono a questo desiderio? Siamo disposti a mettere in discussione i nostri privilegi per costruire un futuro più giusto? Le risposte a queste domande sono fondamentali per definire le azioni concrete che dobbiamo intraprendere.
Insomma, la strada verso l'uguaglianza è lunga e tortuosa. È un percorso che richiede impegno, dialogo e soprattutto onestà intellettuale. Dobbiamo essere disposti a mettere in discussione le nostre convinzioni, a uscire dalla nostra comfort zone e ad ascoltare le ragioni degli altri. Solo così potremo costruire una società più giusta e più equa, dove ognuno possa realizzarsi e trovare il proprio posto.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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falcemartello · 2 years ago
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a-dreamer95 · 10 months ago
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Per il futuro devo ricordarmi di non investire energie in situazioni davvero senza speranza, evitando di cercare di aggiustarle a tutti i costi. Ogni volta che ci ho provato, ho ottenuto solo illusioni temporanee, che hanno alimentato false speranze e mi hanno portato a provare frustrazione. Ho imparato che a volte, anche con le migliori intenzioni, cercare di risolvere situazioni disperate può portare solo a delusioni. Invece di aggrapparmi a false speranze, è meglio riconoscere quando è il momento di lasciare andare e concentrare le mie energie su situazioni che hanno una reale possibilità di cambiamento. In questo modo, posso evitare di sprecare tempo, energie e risorse in sforzi e/o progetti destinati a fallire e concentrarmi su ciò che davvero può fare la differenza nella mia vita.
Decidere di arrendersi può essere doloroso ma alle volte ci risparmia ulteriori umiliazioni e sofferenze. A volte è meglio lasciar perdere.
La peggiore perdita di tempo è litigare con lo sciocco che non si preoccupa della verità, ma solo della vittoria delle sue convinzioni e illusioni. Ci sono persone che, nonostante molte evidenze e prove presentiamo loro, non sono nella capacità di comprendere, non sono in grado di capire, e altre sono accecate dall'ego, dall'odio e dal risentimento e l'unica cosa che vogliono è avere ragione anche se non la hanno. Quando l'ignoranza urla, l'intelligenza tace. La tua pace e tranquillità valgono molto di più.
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beautifully-mine · 5 months ago
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«Essere disposti a cambiare
è da persone intelligenti.
L'inconscio governa la nostra vita, e l'inconscio è formato dalle nostre convinzioni, molte delle quali sono false anche se le diamo per certe.
Avere un atteggiamento di apertura prima di tutto e tutti, ci mette in condizioni migliori per continuare a crescere.
Come ha già detto Keynes:
"la cosa più difficile del mondo non è che le persone accettino nuove idee, ma che dimentichino quelle vecchie".
Qualcosa di simile a quello che pensava Goethe:
"Stai attento a ciò che impari, perché non potrai dimenticarlo".
Essere aperti al "disapprendimento" è assolutamente indispensabile affinché il vero apprendimento avvenga.
Molte volte ciò che pensiamo di conoscere è ciò che davvero ci impedisce di imparare».
(Bertrand Arthur William Russell)
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Disinformazione sui cambiamenti climatici: un problema non più invisibile
La disinformazione sui cambiamenti climatici può avere un grande impatto sulla popolazione e sui comportamenti quotidiani? La conclusione tratta dalla Facoltà di Psicologia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Ginevra (UNIGE) in uno studio pubblicato sulla rivista specializzata “Nature Human Behavior” fa pensare proprio di sì. Disinformazione sui cambiamenti climatici: lo studio Per dimostrarlo, i ricercatori hanno messo circa 7’000 partecipanti – provenienti da dodici differenti nazioni – di fronte a informazioni errate. Dal confronto, i ricercatori hanno constatato che la disinformazione ha una presa maggiore sulle convinzioni dei partecipanti e rispettivamente sul loro atteggiamento rispetto alle misure di lotta contro il cambiamento climatico. Si è inoltre constatata una diffusa difficoltà nel riconoscere la disinformazione in quanto tale. Cosa vuol dire? La disinformazione sui cambiamenti climatici è la diffusione di informazioni false o fuorvianti sul cambiamento climatico. Può essere diffusa da individui, gruppi o organizzazioni, e può essere trasmessa attraverso una varietà di canali, tra cui i social media, i media tradizionali e le conversazioni personali. La disinformazione sui cambiamenti climatici può avere una serie di danni, tra cui: - Può ridurre la consapevolezza del pubblico del problema del cambiamento climatico. Quando le persone sono esposte a informazioni false o fuorvianti, è meno probabile che credano che il cambiamento climatico sia un problema reale o serio. - Può incoraggiare le persone a ignorare le soluzioni al cambiamento climatico. Se le persone non credono che il cambiamento climatico sia un problema, è meno probabile che siano disposte a cambiare il loro comportamento o sostenere politiche che affrontano il problema. - Può danneggiare la credibilità della scienza. Quando la disinformazione sui cambiamenti climatici è diffusa, può danneggiare la credibilità della scienza e rendere più difficile per le persone a fare affidamento sulla scienza per prendere decisioni informate La disinformazione sui cambiamenti climatici è un problema serio che può avere un impatto negativo sulla nostra capacità di affrontare il cambiamento climatico. È importante essere consapevoli dei danni che può causare e adottare misure per combatterla. Come si può combattere? Ecco alcuni modi per combatterla : - Educarsi sui cambiamenti climatici. Più sai sui cambiamenti climatici, meglio sarai in grado di identificare e respingere la disinformazione. - Sii scettico riguardo alle informazioni che vedi o senti. Non accettare tutto ciò che leggi o senti come vero. Fai le tue ricerche e verifica le fonti. - Condividi informazioni accurate. Quando vedi o senti informazioni accurate sui cambiamenti climatici, condividile con gli altri. Aiuta a diffondere la verità. Read the full article
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inviaggiocondante · 2 years ago
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E qui si inizia a respirare. Ho iniziato oggi il Purgatorio. Primo canto. Tutto.. dalla descrizione della spiaggia, dell'alba... all'incontro con Catone... il rito di purificazione, i giunchi.. tutto è ora è Luce e Ossigeno.
Quella cupezza, quelle rime "aspre e chiocce"... Sono andate. Ora c'è più calma.
Qui le mie solite quattro note sulla lettura del canto di oggi:
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Catone: un pagano suicida.. a custodia del Purgatorio e Dante ci si inginocchia pure davanti. Ed è giusto così. Catone.. che muore per non morire schiavo. Che sceglie la morte per indicare un sentiero di libertà.. Chi vi ricorda?
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Il rito della purificazione viene ORDINATO da Catone. Questo è un rito. Un gesto carico di significato che non viene dal soggetto.. dal suo pensare, arzigogolare con la mente... No. Proviene da un'Autorità che prescrive il Rito come necessario.
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Virgilio che cinge Dante con un giunco... Curioso. Dante una cintura ce l'aveva già... ci voleva catturare la lonza (povero illuso)... gettata via per chiamare Gerione.
Adesso Dante, per la sua scalata, deve fare UNA SOLA COSA: cingersi di Umiltà.
Questo l'ordine.. sbarazzati delle tue false convinzioni, della tua superbia intellettuale, osserva il male, il TUO MALE, tocca con mano il dolore... e poi, con umiltà, accetta la guida di chi sa... e prosegui.
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ambo le mani in su l’erbetta sparte
soavemente ‘l mio maestro pose:
ond’io, che fui accorto di sua arte,
porsi ver’ lui le guance lagrimose:
ivi mi fece tutto discoverto
quel color che l’inferno mi nascose.
***
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sisif-o · 2 years ago
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sebbene questo pensiero parta da presupposti che mi sono stati spiegati essere fallaci, dato che baso e analizzo la felicità su termini esterni che mi sono stati introiettati da genitori e società in tenera età.
l'evasione, da quel che ho capito, non è solo esterna, non è solo fisica, ma dev'essere soprattutto covata e protetta a partire dal mio essere, rompendo quelle false convinzioni critiche e sostituendole con amore, soprattutto per me stesso.
solo allora, quando sarò fuggito dalle convenzioni e dalle aspettative, potrò giudicare con precisione il mondo in cui vivo, con maggiore lucidità e con una prospettiva sicuramente diversa.
ma il detrito che blocca quest'ingranaggio altro non è che la mia incapacità di astrarmi dalla realtà, quella che mi son creato, beninteso, non quella reale e immanente, rimanendo bloccato nel ciclo di autocommiserazione, svalutazione, profonda critica costante di tutto ciò che faccio e sono.
tanti primi passi, però, son stati fatti, uno in fila all'altro, e la semplice consapevolezza della mia condizione mi rende una persona profondamente diversa, quantomeno mi proietto ed impegno costantemente ad abbracciare quel bambino che ero e dargli le attenzioni che avrebbe dovuto avere
realizzo gradualmente che non potrò mai essere intimamente felice nella società in cui sono immerso e mi rassegno al preannuciato fallimento della mia evasione
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ilgomitolodilana · 7 years ago
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La paura è così.
Le false convinzioni sono così.
Eviti in tutti i modi possibili qualcosa, convinto che sia indubbiamente preferibile restare esattamente nelle condizioni di partenza. Un bel giorno poi sei costretto ad affrontare quel qualcosa e magicamente ti accorgi di quanto sia migliore la nuova situazione.
E sapete, io non credo al caso.
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campodiprimule · 7 years ago
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Non è sufficiente disubbidire alle regole, bisogna poterlo fare apertamente, perché è un nostro diritto. «Mia madre ci vietava di fare molte cose, e noi le facevamo lo stesso. Eravamo convinti di essere nel giusto, e non ci sentivamo in colpa a mentire perché lei era dispotica. Questo giustificava le nostre bugie? È un male interno alla nostra società, le vittime finiscono per diventare complici. Perché, al di là di qualsiasi attenuante, tu e io siamo dei bugiardi e degli impostori finché stiamo al gioco. E siamo pure convinti che non ci sia niente di male.»
Azar Nafisi
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scogito · 4 years ago
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Eccola qui, la scalata del successo in tutta la sua illusione.
Opera di  Nikola Miljkovic⁠.
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vividiste · 2 years ago
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Le differenze sono solo delle false convinzioni......💚😘 "Buon appetito" a chi decide per la vita altrui!
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Fonte fb
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andrealego · 2 years ago
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Forse hai ragione tu ad avere paura ,io così instabile, irresponsabile e disordinata. Io che vivo la notte e sogno durante il giorno . Così sensibile da piangere per una canzone d amore così forte da affrontare,se pur con timore ,ogni difficoltà. Guardami mentre asciugo sola le mie lacrime e col tormento nel cuore indosso il mio miglior sorriso.
Stanca di combattere desidero solo farla finita perché di questo mondo sbagliato io sono la regina
Perdo l equilibrio cercando di restare in piedi ma mi ritrovo in ginocchio a imprecare quel Dio che da tempo mi ha condannato
Troppo disillusa per rinunciare all idea di un domani migliore, troppo debole per affrontare ogni nuovo giorno
Persa, fra utopiche certezze e false convinzioni,mi aggrappo,ogni sera,a desideri e fantasie che lievi svaniscono ad ogni alba
Abituarmi a sentire quel gelo fra le lenzuola, nello stesso letto poco prima scenario di giochi romantici.
Scusa se ti parlo tremando ,ti bacio per poi distruggerti con uno sguardo, ti sfioro nascondendo la rabbia . Assaporo le tue labbra per poi dirti addio a voce bassa.
Quando nuda ed indifesa rimango a guardarti,mentre ti rivesti, allacciando, bottone dopo bottone, quella camicia bianca che ti dà l aria da uomo per bene
Vorrei strapparmi la pelle per non sentire più i brividi che una tua carezza mi provoca
Con la mente offuscata cedo al dolore per combattere il dolore stesso
Mi sento sbagliata , inutile, indegna di attenzione o rispetto
Mi odio quando, debole,trovo sollievo nell osservare come ogni goccia di sangue colora il mio corpo
Una macabra opera d arte, dolorosa e liberatoria al tempo stesso
In silenzio,nuovamente sconfitta, premo più forte su quelle nuove future cicatrici
Mi domando se davvero vale la pena di mettersi in gioco pur consapevole dei reali pericolosi rischi
Sicuramente meglio provare qualsiasi sentimento, anche se maledettamente doloroso, piuttosto che accontentarsi ad una falsa idea di benessere
Faccio tesoro di ogni esperienza traendo da essa il massimo degli insegnamenti
Infinita sembra la notte,alla ricerca di risposte, sorseggiando un calice di vino sperando di perdere i sensi
Quella strana sensazione di contrasto che acchiappa l anima saltellando tra una personalità e quella opposta
"E guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere
Se poi è tanto difficile morire"(cit)
Domandarsi inevitabilmente se si stia vivendo o semplicemente sopravvivendo.
Incazzata,calpestata, incompresa, mi addormento desiderando di non svegliarmi domani per poi aprire gli occhi odiando il nuovo giorno
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corallorosso · 4 years ago
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L’idea di far pagare le terapie intensive ai non vaccinati è semplicemente delirante. Delirante e abominevole. Gino Strada curava i talebani, loro propongono di ridurre sul lastrico uno che, magari, aveva solo una paura fottuta di vaccinarsi (le terapie intensive hanno dei costi giornalieri a dir poco mostruosi). È il frutto dell’incattivimento progressivo della dialettica no vax/si vax, uno scontro che ormai sta assumendo dei toni da vera e propria apocalisse della ragione. Sarebbe come dire che chi fuma dovrebbe pagare di tasca propria le cure ospedaliere per un eventuale tumore. Sarebbe come se, dopo un infarto, uno si vedesse consegnare il conto dall’ospedale perché ha mangiato troppi cibi ricchi di colesterolo: “Mi dispiace, ma lo sapeva benissimo che troppe fritture di pesce le avrebbero occluso le arterie, tenga, sono 100.000€. Bancomat o carta?”. I no vax, in massima parte, sono gente spaventata. Gente che spesso viene inconsapevolmente utilizzata dalla destra estrema e viene esaltata e incattivita da una serie di notizie false che tendono a confermare le loro paure. E allora si arriva alla violenza, alle minacce ai virologi considerati “nemici” e “servi di Big Pharma” come Bassetti e Pregliasco, ai gazebo distrutti e ai cronisti presi a pugni. Ogni animale, quando si sente messo nell’angolo e ha paura, reagisce nel modo peggiore possibile. E noi, nonostante tutte le sovrastrutture, siamo animali. Ho diversi amici, anche stretti, che non hanno la minima intenzione di vaccinarsi. Gente tutto fuorché ignorante o poco intelligente. Gente a cui voglio un mondo di bene e alla quale non rispondo più ai messaggi su whatsapp, perché so che non porterebbero altro che liti (nel 99% dei casi si tratta di bufale conclamate o interpretazioni fantasiose di dati che significano tutt’altro, ma che vengono letti come la conferma che è in corso una strage dovuta ai vaccini). Da tempo ho rinunciato all’idea di essere in grado di far cambiare idea a chi ormai ha sedimentato dentro di sé una serie di convinzioni inscalfibili su questi temi. Non ci riescono i virologi più titolati del mondo, gente che studia la materia da anni, come potrei riuscirci io che a malapena distinguo un’aspirina da una pasticca per la gola e, proprio per questo, mi affido totalmente a chi conosce meglio l’argomento? Se parlano di Covid e vaccini, quindi, io non rispondo e parlo di altro. Mi fa rabbia, mi mordo la lingua, la vivo come una sconfitta personale ogni volta, ma purtroppo sono giunto alla conclusione che è l’unico comportamento che mi permette di non perdere delle persone a cui voglio bene. I no vax, spesso, non sono quelli di Forza Nuova in piazza. Non sono quelli che picchiano e mostrano i denti. Sono le nostre zie, i nostri nipoti e cugini, i nostri amici e le nostre amiche. E mi fa orrore che siamo arrivati al punto in cui un medico o un politico possa solo ipotizzare di contravvenire all’idea stessa di “sanità pubblica”, proponendo che quelle persone siano condannate a “pagare i danni” per non aver fatto qualcosa che, nel nostro paese, non è neanche obbligatorio fare, come il vaccino. Fermiamoci tutti, questa cosa è decisamente andata già troppo in là. C’è il serio rischio che, dopo, non si riesca a tornare più indietro, anche su concetti basilari come la sanità pubblica e gratuita per tutti. Fermiamoci adesso. Emiliano Rubbi
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kon-igi · 5 years ago
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storiadiunimpiegato
Scusate l’intromissione ma l’argomento mi interessa e da genitore l’ho voluto approfondire, non bene come alexc1ting, ma tramite associazioni che la gente chiama erroneamente NO VAX. Queste associazioni, di solito, sono di INDENNIZZATI DAI DANNI VACCINALI, ad esempio la CORVELVA. Ho spiegato altre volte su Tumblr che non siamo contro le vaccinazioni, ma contro le vaccinazioni fatte alla cazzo di cane. Ed è ben diverso. C’è da discutere su molte cose..... Ma vedo che si fa prima a liquidare le discussioni dando del terrapiattista all’interlocutore. Certo vi farei conoscere qualche genitore che ha visto la vita della figlia rovinata per colpa di una vaccinazione fatta a caso.... 500€ al mese, così è stato quantificato il danno vaccinale. Date del complottista al padre di quella creatura se vi basta il coraggio...
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Chiariamo una cosa @storiadiunimpiegato... la conoscenza - sanitaria o di qualsiasi altro ambito - non è appannaggio esclusivo dei medici e chiunque ha il diritto di procurarsi i 17 metri di pila di tomi che ogni studente di medicina colleziona nei suoi 10 e passa anni di università e studiarseli tutti per avere le conoscenze necessarie a capire come funzioni un vaccino.
Se non si ha tempo e voglia (e spesso intelligenza), però, si deve basare l’acquisizione delle proprie conoscenze sull’appoggio a qualcuno che te le spieghi nella maniera più coincisa e semplice possibile.
Se questo qualcuno è MOLTO bravo e rigoroso, riesce a delinearti un quadro di massima che ti consente di essere persona non addetta ai lavori ma informata dei fatti, che conosce i termini, i meccanismi base di azione e poter sostenere così una discussione semplice sull’argomento vaccini.
Si chiama DIVULGAZIONE SCIENTIFICA e deve essere fatta da persone serie.
Se la persona non è seria - in buona fede perché ammalata di protagonismo e rema contocorrente o in cattiva fede perché ha un tornaconto personale ad appoggiare certe teorie - per te finisce la possibilità di sviluppare un senso critico sull’argomento perché dal qul momento lì in poi la conoscenza della questione e tutte le discussioni in merito verteranno sul dimostrare la presunta ‘verità’ tenuta nascosta e sbugiardare le affermazioni per te false che i più fanno.
Ma esiste una categoria di persone ancora più ‘pericolose’, sia per se stesse che per gli altri, e guarda che non lo affermo come accusa denigratoria ma come constatazione sociale: le associazioni di persone che discutono di un problema senza avere gli strumenti per farlo in modo efficace.
Bada bene che se sono stato brusco e schietto con il tipo sopra (di cui mi auguro mai arriverai a eguagliare la ‘profondità’ delle conoscenze) è perché ho riconosciuto la presuntuosa saccenza di chi parte con la pretesa di correggere i miei sbagli pluridecennali... se mai il mio interlocutore dovesse star soffrendo per la patologia di un figlio che lui imputa a un vaccino, chiuderei subito la discussione e continuerei a parlarci in privato. Come faccio ogni giorno in misura dieci volte maggiore dei post pubblici che leggete.
Un genitore dubbioso come eri tu che entra in un’organizzazione composta da genitori con figli ‘danneggiati’ dai vaccini e la cui ragione di essere si basa sulla richiesta di indenizzo...
Non credi che più della conoscenza sull’argomento voi cerchiate un colpevole da additare partendo dal presupposto di essere accomunati dai vaccini nell’indubbiamente triste esperienza?
Il dolore di un genitore deve sempre essere compreso e lenito perché la sofferenza di un figlio è un qualcosa che annulla ogni capacità critica (lo dico per esperienza diretta, purtroppo) ma allo stesso tempo se per vaccini fatti alla cazzo di cane questo genitore intende eseguiti senza i famosi e costosi ESAMI PREVACCINALI (che non esistono) o inoculati quando ‘troppo piccoli’ (peccato che certe malattie non aspettino che il bimbo cresca) o una delle tante trovate senza alcun fondamento scientifico ma basate sul passaparola dei genitori che si rinforzano nelle loro dolorose convinzioni a vicenda, ecco, questo genitore non arriverò a definirlo terrapiattista perchè ho empatia verso l’altrui dolore ma di sicuro una persona lasciata sola che ha bisogno di un aiuto diverso da quello che esige.
Però devi capire che le sue parole NON HANNO lo stesso valore di quelle di un medico che ha studiato anni per arrivare a parlare di quello che sa... perché anche se un giudice dà ragione al genitore sul risarcimento del danno vaccinale, la scienza non cambia le sue leggi in base al potere legislativo o giudiziario e in merito ti ricordo che certi giudici di certi stati americani hanno costretto i presidi a inserire il creazionismo all’interno del sistema scolastico... se un giudice dice che i fossili dei dinosauri sono stati messi sottoterra il 26 ottobre del 4004 a.C. alle 9 di mattina da dio in persona che cazzo vogliono i paleontologi?!
Comunque - e con questo concludo - sul sito della tua associazione viene pubblicizzata un’intervista esclusiva ad Andrew Wakefield (non uso il titolo di ‘Dottore’ perché è stato radiato dall’ordine dei medici) il delinquente fraudolento a cui dobbiamo l’invenzione della correlazione tra vaccini e autismo per poter vendere i suoi, pubblicizzati come sicuri.
Non una delle migliori garanzie di serietà, fattelo dire. 
Buona ricerca della verità, che non sarò certo io a ostacolare.
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Fake News su Facebook: il primato europeo va all'Italia
Un recente rapporto della Commissione europea ha rilevato che l'Italia è il paese europeo con il maggior numero di fake news rimosse da Facebook nel primo semestre del 2023. In totale, sono stati rimossi oltre 45.000 contenuti, che rappresenta circa il 33% del totale rimosso in tutta l'Unione Europea. I contenuti falsi rimossi da Facebook in Italia riguardavano una vasta gamma di argomenti, tra cui la pandemia di COVID-19, le elezioni politiche, le questioni sociali e la guerra tra Ucraina e Russia. Tra le bufale più diffuse vi erano quelle che sostenevano che il vaccino contro il COVID-19 fosse pericoloso, che le elezioni politiche fossero state truccate o che il conflitto russo-ucraino stesse per spostarsi anche su altri fronti. Il primato italiano delle fake news su Facebook è un dato preoccupante, che evidenzia la necessità di intensificare gli sforzi per contrastare la disinformazione online. Cause del fenomeno delle fake news su Facebook Ci sono diverse ragioni che possono spiegare il primato italiano delle fake news su Facebook. Innanzitutto, l'Italia ha una popolazione di oltre 60 milioni di abitanti, di cui oltre 41 milioni sono utenti attivi di Facebook. Questo significa che il social network è molto diffuso nel nostro paese, e quindi è più facile che le fake news vengano diffuse. In secondo luogo, l'Italia è un paese con un clima politico polarizzato, in cui le persone sono spesso più propense a credere a notizie che confermano le loro convinzioni. Questo rende più facile diffondere fake news che sono in linea con le idee di un determinato gruppo di persone. Infine, l'Italia ha una cultura digitale meno matura rispetto ad altri paesi europei. Questo significa che le persone sono meno consapevoli dei rischi della disinformazione online, e quindi sono più propense a credere a notizie false. Conseguenze del fenomeno Le fake news possono avere gravi conseguenze, sia a livello individuale che sociale. A livello individuale, le fake news possono portare a decisioni sbagliate, che possono avere un impatto negativo sulla salute, sulla carriera o sulla vita personale. A livello sociale, le fake news possono creare divisioni e polarizzazioni, e possono anche essere utilizzate per diffondere odio e violenza. Contrastare il fenomeno Esistono diversi modi per contrastare il fenomeno delle fake news su Facebook. Innanzitutto, è importante che le persone siano consapevoli dei rischi della disinformazione online. È necessario imparare a riconoscere le fake news, e a verificare le fonti delle informazioni che si ricevono. In secondo luogo, è importante che le piattaforme social come Facebook si impegnino a contrastare la diffusione delle fake news. Facebook ha già adottato alcune misure per combattere la disinformazione, come l'utilizzo di algoritmi per identificare e rimuovere i contenuti falsi. Tuttavia, è necessario che queste misure siano ulteriormente rafforzate. Infine, è importante che le autorità pubbliche si impegnino a contrastare la disinformazione online. Le autorità possono adottare misure legislative per punire la diffusione di fake news, e possono anche promuovere campagne di sensibilizzazione per informare le persone sui rischi della disinformazione. Un problema serio Il primato italiano delle fake news su Facebook è un problema serio che deve essere affrontato con urgenza. È necessario che le persone, le piattaforme social e le autorità pubbliche si impegnino a contrastare la diffusione delle fake news, per proteggere la società dai loro gravi rischi. Foto di WOKANDAPIX da Pixabay Read the full article
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inbiancamagliadortiche · 4 years ago
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“È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre fin qui sperimentate”. Così, letteralmente, Winston Churchill fissava un principio fondamentale di supremazia storica del regime democratico nel discorso rivolto alla Camera dei comuni alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1947. A questa concezione relativistica della democrazia come “male minore” si richiamano un po’ tutte le analisi e le teorie moderne, di scienza politica o persino di filosofia, ispirate alla metodologia del “realismo”: da Machiavelli a Sartori, passando per Weber e Schumpeter, si cerca di capire cosa effettivamente sia la democrazia, come funzionino concretamente i suoi processi e i suoi attori, inevitabilmente controllati e influenzati da élite e gruppi di potere in competizione fra loro.
Ma persino ai tempi della sua fondazione concettuale e pratica, “democrazia” era una parola ambigua. In quanto forma “virtuosa” di governo era chiamata piuttosto politia, qualcosa che si avvicina molto al sistema di democrazia liberale fondata sul patto costituzionale e sul principio di rappresentanza. Quando ci si voleva riferire alla forma “deviata” di democrazia, la si definiva invece olocrazia, il governo delle masse senza distinzione alcuna, secondo gli schemi più vieti del populismo.
Prima ancora di Aristotele, Platone aveva fermato un criterio inderogabile per molti altri pensatori e teorici dei sistemi di governo: la politica è un affare troppo serio e complicato perché possa essere lasciato alla cura della gente comune; il potere politico deve essere gestito dai “sapienti”, da coloro che “sanno” e hanno le necessarie competenze. Questo modo di vedere le cose è chiamato comunemente “sofocrazia” o “noocrazia” (governo dei sapienti o dei capaci) e ha ispirato numerose scuole di pensiero politico in epoca moderna. Secondo Platone, una moltitudine non è mai in grado di amministrare uno Stato, a meno che non ci si trovi  in un contesto di estrema corruzione.
Per molto tempo a seguire, e ancora oggi, il modello della Repubblica di Platone, basato sul governo degli “esperti”, è stato considerato l’antitesi del modello democratico. Popper contrappone il “totalitarismo” platonico, prototipo dell’assolutismo moderno, all’idea di “società aperta”, fondata sui principi di libertà e pluralismo e praticata nella democrazia ateniese all’età di Pericle. In fondo, questa antinomia anticipa e radica il contrasto dei nostri giorni fra democrazia e tecnocrazia.
Ci sono poi le correnti dell’elitismo vecchio e nuovo: si tratta di variegate correnti di pensiero tutte nettamente contrarie alla democrazia parlamentare, e che concordano sulla tesi che il governo di una società debba essere retto da una classe “scelta” e necessariamente ristretta di individui.
Nel concetto moderno di democrazia confluiscono in sintesi due accezioni rilevanti della sua stessa storia: un’accezione “procedurale” (il rispetto delle regole del gioco) e l’altra “sostanziale” (la garanzia dei diritti di libertà e uguaglianza). Nella scienza politica contemporanea si guarda ormai a questa sintesi come al concentrato delle caratteristiche delle “qualità” democratiche ovvero delle caratteristiche che devono avere le democrazie “di buona qualità”, esprimibili in altrettante categorie osservative almeno in parte empiricamente controllabili.
Dovremmo chiederci a questo punto se esistono alternative praticabili e migliori rispetto alla democrazia rappresentativa. Secondo Norberto Bobbio, la risposta era negativa. La recente tesi “epistocratica” lanciata nel libro Contro la democrazia (LUISS University Press 2018) da Jason Brennan, filosofo della Georgetown University, non sembra affatto mettere in discussione il modello della democrazia rappresentativa quanto piuttosto le modalità del suo funzionamento: il problema e la crisi della democrazia non sono legati al principio della rappresentanza ma piuttosto alla indiscriminata estensione dei diritti di voto, attivo e passivo, promossa dal suffragio universale, che consente a una massa di elettori che non si interessano o non sanno nulla di politica di conferire il potere di legiferare e governare a una minoranza di eletti per lo più incompetenti e corrotti.
Brennan sostiene che vi siano almeno due versioni di populismo, una positiva (dare voce e risorse ai più deboli) e una negativa, quando tendiamo a considerare come populisti quei movimenti e individui che si ribellano contro i politici corrotti o incompetenti. Ma così facendo diamo loro più credito di quanto non meritino, perché tralasciamo il fatto che i loro elettori sono poco informati e molto inconsapevoli. Una ricerca dell’ANES – American National Election Studies – ha rivelato che gli elettori americani sanno a mala pena chi è il presidente in carica, non hanno nemmeno un’idea vaga di quale sia la percentuale di disoccupazione nel paese, né di quanto spenda il governo all’anno: un terzo di questa popolazione pensa che il versetto degli Atti degli Apostoli “da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”, reso celebre da Marx, faccia parte della Costituzione degli Stati Uniti. La stessa percentuale non sa citare i tre poteri dello Stato, e non conosce nemmeno il nome dei propri rappresentanti a Washington.
Come funzionerebbe l’epistocrazia
Brennan tiene a sottolineare che gli elettori disinformati e privi di cultura politica non siano affatto stupidi: semplicemente sono disinteressati agli affari politici e di governo e sanno di poter persistere in questo atteggiamento di rifiuto e ignoranza, o indulgere a convinzioni politiche false e irrazionali senza che tutto ciò si ripercuota sul loro diritto di voto. Ma secondo il nostro autore, per essere ammessi a scegliere con il voto se confermare o mandare a casa questo o quel rappresentante in Parlamento o in Comune, l’uno o l’altro candidato alla Presidenza, occorrerebbe dimostrare di sapere almeno chi abbia ricoperto ruoli elettivi di potere nel precedente mandato, quali fossero i mezzi reali a sua disposizione, quali le possibili opzioni politiche e di governo, a quali risultati avrebbero portato scelte diverse. Ed è questa, in sostanza, la proposta contenuta nel suo modello di epistocrazia.
Come lo stesso Brennan riconosce, montagne di prove dimostrano che la democrazia generalmente opera meglio di una dittatura o di un’oligarchia. Ma egli sostiene che queste non sono le sole possibili alternative alla democrazia. C’è anche l’”epistocrazia” – il “governo di coloro che conoscono”. L’elettorato potrebbe prendere decisioni migliori se fosse limitato per renderlo più consapevole e meno prevenuto. Per la maggior parte delle persone, le idee come quella di epistocrazia suonano come difesa del governo di una piccola élite, che potrebbe facilmente abusare dei suoi poteri. Ma Brennan presenta una varietà di strategie che potrebbero migliorare la qualità dell’elettorato, come limitare il diritto di voto a coloro che sono in grado di passare un test elementare di conoscenza politica. A quelli dotati di maggiori conoscenze potrebbero invece essere concessi voti supplementari (idea già di John Stuart Mill nel XIX secolo). Se il risultato di questo elettorato più esperto è disrappresentativo (ad esempio, relativamente a specie, genere, età o ricchezza), ai voti dei membri più informati di questi gruppi “sottorappresentati” potrebbe essere dato un peso maggiore. In alternativa, potremmo rendere l’elettorato potenzialmente più esperto e più rappresentativo di quanto lo sia ora, persino ricorrendo una specie di “lotteria per il diritto di voto”, cioè estraendo a sorte gli elettori legittimati a esprimere le scelte politiche.
I precedenti dei minorenni e degli immigrati
Tali idee possono sembrare, e in un certo senso sono, molto radicali. Ma per molti aspetti, si tratta solo di modeste estensioni dello status quo. Sostiene Brennan che escludiamo già oltre il 20% della nostra popolazione dal diritto di voto, perché pensiamo che siano ignoranti e hanno scarsa capacità di giudizio: chiamiamo quelle persone “minorenni”, e non sentiamo alcun senso di colpa per la loro esclusione sistematica dai circuiti del potere politico. La cosa colpisce la maggior parte di noi in termini di semplice buon senso. L’idea di lasciare che alcuni di loro votino se possono dimostrare che sono più informati di un adulto medio è considerata radicale e pericolosa. Non consentiamo che gli immigrati legali ottengano il diritto di voto a meno che non superino un test di educazione civica che la maggior parte dei nativi americani probabilmente fallirebbero. Parecchi Stati escludono inoltre dal diritto di voto molti dei malati mentali e dei condannati. Sta bene escludere i diciasettenni dal voto, ma perché non anche un diciannovenne o un quarantenne, la cui la comprensione dei problemi è scarsa o peggiore di quella di un minorenne medio? Se possiamo escludere gli immigrati ignoranti, perché non possiamo farlo per gli autoctoni ignoranti?
Chi deve comandare – e come deve essere designato chi comanda – è la domanda che si pose Platone, e in fondo si pone anche Brennan sulla scia di una lunghissima tradizione di teoria politica. Con risposte sempre storicamente mutevoli. I filosofi ovvero i sapienti, era stata la risposta di Platone, alla quale è in qualche modo riconducibile la proposta di “epistocrazia” avanzata da Brennan, anche se la “sapienza” da lui invocata è una conoscenza basica di cultura politica che non ha la pretesa di accostarsi al modello platonico di “sofocrazia”. Altri hanno dato risposte diverse: devono comandare i sacerdoti, i militari, i tecnici, i “migliori” del popolo. Per altri, invece, è bene che comandi una persona sola: un re di stirpe divina, un tiranno o un principe armato.  Altre risposte indicano invece il popolo per volontà della nazione, questa o quella classe, questa o quella razza. Ma la domanda di Platone – commenta Popper – “è sviante, irrazionale. […] Razionale è piuttosto quest’altra domanda: come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?”
La risposta che ne dà Popper, come è noto, è quella di una “società aperta” garantita dal regime della democrazia liberale. Come spiega Yascha Mounk, viviamo tempi “straordinari” nei quali regna il caos diffuso, e si moltiplicano le crudeltà in uno scenario di progressiva consunzione dei sistemi liberal-democratici, mentre fioriscono per contro democrazie illiberali (o al contrario liberalismo senza democrazia), strette dall’alternativa esiziale fra populismo e tecnocrazia [Mounk 2017].  Tuttavia, in attesa che l’Autore spieghi meglio i dettagli del suo progetto “epistemocratico”, non possiamo non dirci d’accordo sulle sue critiche al funzionamento delle attuali democrazie. Ed è persino difficile dissentire dall’idea portante delle sue argomentazioni che la democrazia non sia una forma di “intelligenza o saggezza collettiva”, come sostiene una lunga serie di autori sulla scorta di Aristotele. Primo, perché questi attributi possono essere predicati di individui e non di masse indifferenziate di elettori, fra i quali sono davvero pochi coloro che si impegnano e sono un minimo informati per concorrere consapevolmente alla formazione di scelte collettive. E secondo perché, proprio per questo, la democrazia “aritmetica”, nella quale i voti si contano, non coincide con la democrazia “epistemica” nella quale i voti pesano.
In conclusione, si può essere più o meno d’accordo con le diagnosi di crisi della democrazia avanzate da Brennan e con le terapie proposte, peraltro non compiutamente indicate né tanto meno realizzabili nei sistemi contemporanei (come riconosce lo stesso Autore). Ma è certo che questo libro sembra come una roccia precipitata in un immenso specchio d’acqua che, complice la presunta “fine della storia” che postula la perennità e insostituibilità del modello di democrazia liberale [Fukuyama 2003], correrebbe il rischio di diventare una palude stagnante.
Fonte: Contro la democrazia (LUISS University Press) .
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