#fa niente vero?
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starrmarch · 2 years ago
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tratto questo blog come un fuckboy tratta le sue tipe
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omarfor-orchestra · 2 years ago
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PER FAVORE
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deathshallbenomore · 2 years ago
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leglise-6-9-pascal-33 · 9 months ago
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theophagie · 6 months ago
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Ogni giorno vengo sottopostə alla lettura di opinioni sconcertanti riguardo situazioni e personaggi di fantasia
Interpretazione che non condivido™ espressa come se fosse un fatto......
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ragazzadalsorrisonero · 4 months ago
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ho letto poco tempo fa un post qui su tumblr in cui una “donna”, se così vogliamo definirla, citava il fatto che mostrare il seno o il culo, rende troia l'essere femminile.
ma pensa un po', perché non ci ho pensato prima, che peccato.
è questa la solidarietà femminile nel 2024 quindi.
“donna”, lo stesso ragionamento vale per gli “uomini”?
se così fosse, riguardo loro che mostrano il petto o addominali, oppure una classica foto in boxer, automaticamente dovrei definire un uomo puttano, no?
e di conseguenza, questa sarebbe la solidarietà maschile.
cazzo, magari esserci arrivata prima.
eppure ero rimasta che, definire una donna troia o un uomo puttano, siano persone che di loro spontanea volontà offrono il proprio corpo a chiunque consapevoli del fatto che siano tali persone, e su questo voglio ribadire che tali termini sono molto differenti ai termini prostituta e gigolò.
ora, stando di base al ragionamento di questa “donna”, dovremmo essere tutte delle troie e tutti dei puttani no?
pensate a tutte quelle sculture esposte nei musei in cui ritraggono donne e uomini nudi.
che troie e puttani che erano già all'epoca, non è così “donna”?
detto ciò, dato che siamo nel 2024 e normalizziamo fatti che non stanno né in cielo né in terra, direi che un esame di coscienza e cultura su ogni fronte non faccia male a nessuno.
però aspettate, nel caso aveste voglia di mostrare il vostro corpo, non fatelo eh, non sia mai che passi per una persona quale non sei.
che ridere.
cara “donna” sono certa che pure tu abbia mostrato il tuo corpo, quindi perché fare la finta santa se siamo tutti dei gran peccatori in questo mondo.
ah no giusto, la solidarietà.
che ridere.
e la cosa che fa altrettanto ridere, è il fatto che ancora nel 2024 le parole che si attribuiscono alle persone venga dato come se niente fosse.
tutto con così tanta leggerezza, non tenendo conto della pesantezza del significato dietro ogni termine.
cara “donna” un conto è mostrare volgarità, un conto è mostrare di essere compiaciuti da sé stessi.
se tu, “donna”, appena clicchi su questa applicazione, sulla home appare un blog in cui una persona posta/reblogga una donna o un uomo, che sia in intimo o nudo, tu sai per certo che questa persona si stia compiacendo? sai per certo che lo faccia per secondi fini? sai per certo che lo faccia per soldi?
no, non lo sai.
però rebloggare ragazzi o uomini in intimo o nudi va benissimo, vero “donna”?
che ridere.
come ho già detto, giudicare è facile.
quindi, anziché sparare merda a destra e manca, un po' di serenità.
non ti piace quel genere di post? non seguire il blog, non accetti contenuti per adulti, o anzi, addirittura una cosa molto sensata, elimina questa applicazione se proprio proprio devi provare “ribrezzo”.
ah no scusate, dovreste ricordare la solidarietà femminile e solidarietà maschile.
che ridere.
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mchiti · 1 year ago
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Purtroppo ho visto il comunicato rai di qualche ora fa in cui i vertici si dissociano da quanto detto da “un artista” ieri sera ed esprimono piena solidarietà all’ambasciatore, alla comunità ebraica e al popolo di isra*le. Tra l’altro letteralmente subito dopo le parole di Ghali a domenica in, dove ha risposto alle dichiarazioni dell’ambasciatore e fatto tremare tutta l’azienda praticamente.
Non è che mi stupisce, chiaramente, ma c’ho sperato nel loro silenzio, sarò onesta. C’ho sperato che non prendessero parola, che facessero finta di niente, ma chiaramente sono stata ingenua.
Purtroppo Sanremo non deve farci dimenticare che la rai questo è. E questo sarà sempre. Di Palestina tocca parlare noi, dobbiamo farlo noi. E magari cercare di supportare anche un artista su cui chiaramente si accaniranno tutti, che probabilmente non vedremo più sulla rai e che ha alzato la voce lo stesso in piena consapevolezza e sapendo anche che le sue parole hanno un peso diverso da quelle di una persona bianca e italiana (infatti di dargen non sta lamentando nessuno). Lui ha cantato che è un italiano vero ma non è certamente da italiano che lo stanno trattando.
Sono amareggiata wallah, quanta strada c’è da fare.
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falcemartello · 2 months ago
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Un grande equivoco grava sull'idea di comunicazione, quello della "contraddizione".
Nei nostri dialoghi quotidiani percepiamo la contraddizione dell'interlocutore come segno di insostenibilità del discorso che sta facendo.
Quando qualcuno si contraddice, dal panettiere al collega, glielo facciamo notare e lui o si corregge o nega che sia una contraddizione.
La contraddizione annulla il senso e l'efficacia di un discorso perché la mente umana - realista per disegno - non accetta che A sia contemporaneamente anche non-A.
Ma estendere questo schema alla comunicazione pubblica, mediatica, alle narrazioni di potere, è un equivoco.
Nella narrazione di potere non esiste alcuna "contraddizione" non perché essa non venga mai pronunciata ma perché non esiste l'interlocutore che la rigetta.
Quando Draghi dice che bisogna smetterla di abbassare i salari non sta parlando con qualcuno, sta lanciando il suono di una formula.
Quando i vecchi media si mettono a dire che adesso la UE sta abbandonando il green, non stanno interloquendo con qualcuno, stanno "informando i fatti", cioè stanno lanciando il suono di una formula.
Quando da un minuto all'altro, letteralmente, Joe Biden passa da essere perfettamente in forma all'essere un demente inabile alla candidatura, non si sta affermando una contraddizione, non perché essa non ci sia ma perché non è un dialogo.
I destinatari della narrazione di potere non sono interlocutori ma assuntori passivi di formule performative.
Alla pubblicità che dice: "questo detersivo lava più bianco" non si risponde: "non è vero è meglio l'altro", si ascolta e basta.
Al prete in chiesa che fa la predica non si risponde, si ascolta e basta, anche se si sentono contraddizioni.
Ma questa comunicazione sta cessando di esistere. I pezzi di Cazzullo possono essere compresi solo da chi si ricorda ancora del prete che faceva la predica ma per chi non è mai stato a messa in vita sua i codici di Cazzullo non dicono niente.
Nell'era dei social, cioè della disintermediazione, la contraddizione tornerà a pesare perché si tornerà allo schema del dialogo tra due persone e si uscirà dallo schema della predica.
Non capire questa cosa porta agli errori politici cui stiamo assistendo.
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raccontidialiantis · 1 month ago
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Non posso nemmeno urlare
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E quando non posso neppure dare sfogo all'istinto e urlare per il dispiacere che mi dai, quando mi scrivi che oggi pomeriggio non ci siamo amati perché stasera devi scopare con lei, che in fondo è ancora tua moglie, io che dovrei fare? Io che per te sto quasi divorziando, stupida scema che altro non sono. Vorrà dire che stasera anch'io sarò a mia volta estremamente carina e disponibile con mio marito, tra qualche ora quando saremo a letto. Lo stuzzicherò un po’. Mi farò montare in tutti i modi che vorrà… e ti assicuro che è uno stallone niente male, malgrado l'età.
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Che credevi: solo perché tu hai quindici anni di meno pensavi di essere il massimo, per una donna matura come me? Terrò in piedi il mio matrimonio, stasera. Lui sarà piacevolmente incredulo e mi ripeterà che mi adora, l'imbecille e ignaro, povero cornuto. Interpreterò il ruolo della moglie secondo manuale: santa con tutti, vera ed esperta puttana a letto col marito. Non incrinerò la superficie apparentemente placida di un'unione ormai di fatto inesistente. Aaah…  rispondi piccato, eh? Ti dà fastidio che io lo faccia godere di me, vero? Be’: lascia che ti dica che anche se sono rosa dalla gelosia, se sei veramente innamorato di me, stasera le concedo solo di farti un pompino rapido.
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Tu accusa pure un mal di testa: sbriga la pratica in fretta e sii fedele alla mia fica, al patto solenne che avevi fatto con me di non toccarla più. Ma so che non lo farai, vero? Come tutti i maschi, quando vedi una passera aperta o un ano che pulsa, tu non resisti. Se vedi il suo culo aperto e pronto ad accoglierti, non ragioni più. Lo so perché lei stessa me l'ha confidato: m'ha detto tutta contenta e gongolante che le piace da morire farsi inculare da te e che tu adori il suo culetto rotondo di pigna secca, bastardo che altro non sei. Intanto, sappi che ho già iniziato la danza di seduzione per mio marito.
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Ecco, adesso sono passate due ore; durante la serata l'ho provocato; gli ho sorriso più volte, l'ho stuzzicato, strusciato, accarezzato e gli ho fatto capire chiaramente che stanotte voglio essere scopata. In questo momento, per tua informazione e maggior incazzatura, sono a letto nuda, bellissima, profumata e mi sto agitando strategicamente… Lui entrando in camera mi ha vista così, completamente nuda ed è già rimasto senza fiato… tra un po’ poserò il telefono sul comodino, mi metterò nuda completamente e a pancia in giù, con un cuscino sotto i fianchi.
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Aprirò un po’ le gambe e aiutandomi con le mani divaricherò le mie natiche davanti ai suoi occhi… Lo farò scegliere: fica o culo. E lui sarà un po’ sorpreso! Anzi: pretenderò di essere prima scopata e poi sfondata nel culo. Gli chiederò rudezza, poveretto: lui che è così educato! Ma prima gli lubrificherò e torturerò per bene l'uccello con quella che tu chiami “quella maledetta lingua: perversa e assassina.” Si, quella che ti fa andare in estasi ma a cui oggi hai rinunciato. Stolto. Villano...
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...e cafone. Lui ha già adesso una bella erezione, arretrati inclusi. Lo vedo avvicinarsi…
“Oh, caro: che vuoi? Si, adesso poso il telefono; finisco le due righe che sto scrivendo a mamma…”
Ciao, stronzo: adesso mi faccio scopare, inculare… e godrò, alla faccia tua. Ora… passo e chiudo. Anzi: passera apro!
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RDA
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yellowinter · 19 days ago
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Stai lontano dai manipolatori. È vero che tutti, in qualche modo, ci influenziamo gli uni con gli altri... ma stai alla larga da chi lo fa sempre come modalità di comportamento. Sono persone estremamente vuote e sole che indossano maschere in continuazione. Persone che usano la rabbia, il silenzio e la confusione per avere il controllo su di te, per portarti al collasso, perché per loro sei solo una delle tante prede. Riconosci questa gente perché anche se appaiono e si mostrano in un certo modo, poi dentro sono marce... e ti incolperanno giudicandoti davvero male per la tua reazione al loro comportamento tossico, ma non discuteranno mai la loro mancanza di rispetto che ti ha fatto reagire. Plasmano la realtà a loro piacimento, niente scuse, niente sentimenti o emozioni vere, solo giudizi.
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fridagentileschi · 1 year ago
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No, niente Wozniak o Steve Jobs, qui si parla dei VERI inventori del Personal Computer, qui si parla di una storia Italiana che cambiò il mondo.
Ivrea 1962, Il genio visionario Adriano OLIVETTI è già morto e la successione dell'azienda è affidata a suo figlio Roberto.
C'è però un ingegnere di nome Pier Giorgio Perotto, che ha un’idea geniale, degna del grande Adriano: costruire una macchina per elaborare dati che offra autonomia funzionale e che quindi abbia dimensioni ridotte per stare in ogni ufficio, programmabile, dotata di memoria, flessibile e semplice da usare.
Perotto crea un team di giovani Ingegneri: Giovanni De Sandre, Gastone Garziera, Giancarlo Toppiche, che lavora su questo progetto "IMPOSSIBILE" per l'epoca, considerando che sino ad allora i Computer erano grandi come stanze ed utilizzabili solo da esperti programmatori.
Dopo un anno dal lancio del progetto, il TEAM riesce a sviluppare un primo rudimentale prototipo rinominato "Perottina" ma purtroppo Olivetti, sprofonda in una crisi finanziaria profondissima, entrano nuovi soci e non capendo le potenzialità enormi che aveva il reparto Elettronico dell'azienda lo svendono all'americana General Electric con tutti i brevetti, al motto:
"Nessuna azienda Europea può entrare nel mercato dell'elettronica, non fa per noi, non siamo in grando, per quello ci sono gli americani"
Perotto però riesce a sottrarsi e sottrarre il suo TEAM al trasferimento, e prosegue, dimenticato dal resto dell'azienda che oramai si occupava d'altro, nel suo progetto visionario facendo progettare il Design della Macchina a Mario Bellini (designer famoso dell'epoca)
1965 New York. Il prototipo definitivo della Programma 101 è finalmente pronto ed in occasione del BEMA (salone delle macchine per l’automazione dell’ufficio), la fiera piu' importante dell'epoca, viene presentata al grande pubblico.
Il PRIMO PC ebbe un successo pazzesco, stavolta a giudicarlo non erano capi d'azienda (che poco capivano di elettronica) ma persone comuni, tutti si chiedevano dove fosse il cavo che collegasse quella bellissima macchina ad un "vero computer", nessuno poteva credere che era quello il computer stesso.
Il costo passò da 100000 dollari dell'epoca di un computer tradizionale a poco più di 3200 dollari, tutti ne volevano uno, anche la NASA ne acquistò diversi esemplari.
Purtroppo però In Olivetti, a parte il gruppetto di Perotto, non ci sono più i tecnici e ingegneri elettronici indispensabili sia per progettare ulteriori sviluppi del prodotto, sia per organizzare una rete commerciale in grado di vendere un prodotto ben diverso dalle macchine per scrivere o da calcolo.
L’Olivetti cerca di richiamare tecnici e ingegneri che sono finiti alla OGE (General Electric), dove lavorano per gli americani; ma i tempi non sono brevi, mentre l’industria americana, colta l’importanza delle novità introdotte dalla P101, non perde tempo per imboccare la stessa strada.
Il resto è storia.
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ideeperscrittori · 27 days ago
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RAMY
Tuo figlio fa una bravata. Una qualsiasi. Sul motorino, in bicicletta, su un monopattino. Le abbiamo fatte tutti. Non fate i santi. Questa volta la fa tuo figlio. E per questa bravata viene ucciso senza pietà dalla polizia. Sei ancora disposto a dire: "Eh, ma se non avesse fatto niente non gli sarebbe successo nulla", come fai per attaccare Ramy, brutalmente ucciso dalla polizia? No, vero?
[L'Ideota]
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scrumptiousnerdangel · 2 months ago
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" dio ha un piano per te e per gli altri ": i grandi e piccoli difensori delle truffe religiose spiegano così la sofferenza umana. Un prete, un Papa, Wanna Marchi, un cartomante, un lettore di fondi di caffè, un astrologo... sono la faccia della stessa medesima TRUFFA. Niente di più. Non esistono buoni intenti in ambito di fede, da parte di nessuno.
Il "dio" che stronca un bambino e lo fa morire su un tavolo operatorio si chiama "Stato religioso che dona soldi alla religione, invece che alla Ricerca", esattamente come accade in Italia. Il soprannaturale non esiste: c'è solo una volontà umana di far soffrire il più possibile molte persone, così che siano abbastanza fragili e disperate da pregare l'aria fritta e quindi giustificare l'esistenza di TRUFFATORI che vivono sulle spalle dei lavoratori, come Papi, preti e medici cattolici.
Considerare "dio" come babbo natale dimostra che non esiste dio, ma solo una ridicola aspettativa: la ridicola aspettativa che sia una entità soprannaturale a risolvere problemi che può risolvere solo l'uomo, dato che dio non esiste e il soprannaturale non esiste.
I sentimenti sono reali e spiegabili scientificamente; il "sentimento religioso", invece, non è altro che un indottrinamento, una forzatura della realtà: vieni plagiato a credere a "qualcosa" CHE NON ESISTE. Il catechismo imposto ai bambini, ad esempio, è una violenza e non una educazione, poiché la religione, il "credere" imposto, NON RISPETTANO l'umana intelligenza. Non è difficile mettere in crisi una fede, poiché la fede si basa sul nulla assoluto; ciò che è vero non devi crederlo, perché esistono prove della sua esistenza. Nessuno è mai stato in grado di provare l'esistenza di una entità soprannaturale, poiché il soprannaturale non esiste. Il fatto che a latitudini diverse abbiamo "dei" diversi è la prova della non esistenza di dio: le versioni non concordano, poiché dio è solo immaginato esattamente come una fata o come un drago sputafuoco.
Non esiste alcuna vera religione: dio non esiste, quindi tutte le religioni, tutte le declinazioni di un essere immaginato dall'uomo sono soltanto una truffa. Il Papa è un truffatore, i preti sono truffatori - e così vale per le altre grandi o piccole "fedi". Non esistono prove a riguardo di dio, pertanto non ha senso porre fiducia (avere fede e costruire religioni) in ciò che è paragonabile alla fatina dei denti. Solo le persone malate di mente avvertono come reale la presenza di "spiriti" (divinità); alle persone sane di mente (razionali) ciò non accade, infatti: se "dio" esistesse, tutti avremmo tale percezione e non solo alcuni, poiché spinti dal desiderio di truffare il prossimo e semplicemente obbligati fin da piccoli a credere (catechismo).
L'incapacità di credere a qualcosa si chiama ottima salute mentale; le persone sane di mente pretendono prove di ciò che gli viene detto, perché sono i fatti, le evidenze a rendere un qualcosa vero e non le ipotesi o invenzioni provenienti dalla pura fantasia (come dio): più persone che credano in dio non lo rendono reale, ma il tutto resta, comunque, una MENZOGNA, poiché non ci sono prove. La Scienza non è democratica; nella religione esistono dogmi creduti, privi di prove, a solo scopo di truffa.
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yomersapiens · 6 days ago
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Lo zucchero a velo da naso e le sue conseguenze
Le notti sono più buie del solito e siamo onesti, non faccio altro che aspettare che il sole tramonti per potermi nascondere nel buio dell'inverno, al riparo, nella totale assenza di luce tipica del clima viennese. È una conseguenza della condizione dei miei occhi, l'ho detto ieri alla nuova psicologa. Mi nascondo nell'oscurità perché la luce rovina la realtà, facendomi vedere quanto tutto sia compromesso. Poi modifico la realtà con idee stupide, disegni nel cranio, che mi aiutano a sopportare tutto e faccio lo stesso con le parole, quando racconto come sto, quando faccio battute, quando mi dipingo come una persona forte, solitaria, sicura di sé. È tutto un nascondersi e modificare. Evitare di confrontarsi con la "vera" realtà. Quello che davvero penso di me e le versioni di me che detengono le altre persone e che sono tutte modificate per non poter essere ricondotte a ciò che giace sotto le coperte e che non ha voglia di parlare con nessuno, o di farsi conoscere.
Le ho detto che mi manca scrivere e che sto cercando di non farlo perché ho paura di fare male, non solo a me stesso, ma anche al buio.
Delle volte, tipo oggi, vorrei essere come il francese che becco al bar una volta ogni due giorni e che si siede vicino a me e prova a parlarmi ma non capisco niente. Lui arriva presto e ordina sempre una birra media. Oggi gli ho chiesto se questa fosse la sua colazione e lui ha detto di sì. O credo fosse un sì, chi cazzo li capisce i francesi quando parlano. Lavora tutta la notte, sta in piedi su impalcature a non so quanti metri da terra a montare enormi cartelloni pubblicitari o segnaletiche, sfidando il vento incontrollabile di queste zone. Avrà una cinquantina di anni portati decentemente, se calcoliamo le birre a colazione e il costante consumo di cocaina nel bagno del bar. Io lo so che non ha la vescica debole come me. So cosa va a fare.
Vorrei essere come lui perché delle volte, tipo oggi, iniziare a bere di prima mattina sembra davvero l'unica soluzione e invece cosa faccio? Tolgo lo zucchero dalla colazione per provare a essere più sano. Ma sarò demente. Davvero sono arrivato a quel punto della vita dove provo a migliorare? A questa età? In questa economia? Con questo governo? A chi cavolo verrebbe voglia di provare a fare meglio? Solo a un idiota.
Ed ecco che allora tolgo lo zucchero. Annuso la birra del francese. Torno in terapia per parlare di quello che pensavo d'aver risolto e che invece non era risolto manco per un cazzo. Questi anni di attesa però, tra un percorso e l'altro, mi sono serviti per identificare il vero nemico. Non è il governo o l'economia mondiale purtroppo. Nemmeno lo zucchero o il francese con il suo zucchero a velo da naso. Il problema sono tutte le versioni di me che tengo in piedi con immenso dispendio di energie per evitare di svegliare quella che vive nel buio e vorrebbe solo dormire per sempre. Quella più debole e che ho cercato di proteggere da tutto, rendendola piatta e inerme come un materasso e a cui concedo di fare innumerevoli schizzi per rallegrarsi.
Siamo sempre troppo duri con noi stessi e per fortuna io ho una dozzina di versioni diverse di me stesso qua dentro e almeno sette fanno un buon lavoro e le sostengo, sono le restanti cinque che insomma, potrebbero fare di meglio, ma gli concedo di esistere per bilanciare. Se tutto andasse bene, tutto fosse correttamente funzionante, poi come cavolo giustificherei i fallimenti? Io devo avere delle falle nel sistema. Servono della capre respiratorie (si scrive così vero?). Qualcuno a cui dare la colpa. Altrimeni finisco a prendermela con lo zucchero e sappiamo che in uno scontro alla pari vincerebbe lui, mica io. Si può fare una torta senza Matteo ma una torta senza zucchero dai, fa schifo.
Ho chiesto scusa alla psicologa per aver parlato tutto il tempo di me senza nemmeno chiederle come stava. Le ho detto che capiterà spesso, di scusarmi e di sentirmi in colpa senza nessun motivo. Ha detto che avremo modo di parlare anche di questo.
È un piccolo passo ma avere un posto dove aprirmi (oltre a Tumblr ovviamente, che ha sempre funzionato meglio della terapia) mi ha fatto sentire meglio. Ora vediamo se sarà fattibile rimuovere una alla volta una di queste coperte che mi ricopre e che rende inespugnabile il fortino che ho costruito. Anche perché qua sotto ho decorato le pareti con pitture rupestri di decente fattura che mi piacerebbe mostrare, quando sarà il momento giusto. Adesso no.
Adesso devo trovare idee per colazioni alternative senza zucchero e spiegare al francese che nel mio naso io ci infilo le dita non il suo zucchero a velo che disturberebbe solo il mio desiderio di calma e pace e piutture rupestri.
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mccek · 1 year ago
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Molti dei Millennial sono cresciuti sotto l’effetto di strategie fallimentari di educazione famigliare.
Per esempio, è sempre stato detto loro che erano speciali, che potevano avere tutto quello che volevano dalla vita solo perché lo volevano.
Quindi qualcuno ha avuto un posto nella squadra dei pulcini non perché fosse un talento, ma solo perché i genitori hanno insistito con l’allenatore.
Oppure sono entrati in classi avanzate non perché se lo meritassero ma perché i genitori si erano lamentati con la scuola, per non parlare di coloro che hanno passato gli esami non perché se lo meritassero ma perché gli insegnanti erano stanchi di avere rogne dai genitori.
Ad alcuni hanno dato medaglie di partecipazione per essere arrivati ultimi, una bella medaglia affinché nessuno si dispiaccia.
La scienza comportamentale non ha dubbi: è una svalutazione della medaglia e dei riconoscimenti di chi lavora duramente per ottenere un buon risultato, inoltre fa sentire anche in imbarazzo chi arriva ultimo perché, se ha un minimo di dignità, sa che non se l’è davvero meritata quella medaglia.
Così queste persone sono cresciute con l’illusione che, anche senza sforzarsi troppo, è possibile farcela in qualunque settore.
Allora finiscono l’università, magari a pieni voti e pretendono immediatamente che un tappeto rosso si srotoli sotto i loro piedi, invece sono gettati nel mondo reale e in un istante scoprono che non sono per niente speciali voto o non voto, che i genitori non gli possono fare avere un buon posto di lavoro e figuriamoci una promozione, che se arrivi ultimo non ti danno niente, anzi rischi il licenziamento e, guarda un po’, non ottieni qualcosa solo perché semplicemente lo vuoi.
Non voglio fare ironia, credetemi, né tanto meno sorridere, la faccenda è davvero delicata poiché quando questa persona prende coscienza reale dalla situazione in cui si trova è un momento cruciale perché in un attimo, nell’istante preciso in cui concepisce la verità, l’idea che ha di se stessa va letteralmente in frantumi.
È questo anche il momento in cui si attacca alla sua fonte primaria di dopamina: i social network.
Ciò ci porta ad un altro problema : la tecnologia.
I Millennial sono cresciuti in un mondo fatto di Tik Tok, di Instagram ed altri social, dove siamo bravi a mettere filtri alle cose.
In cui siamo un po’ tutti fuoriclasse a mostrare alla gente che la nostra vita è magnifica: tutti in viaggio ad Ibiza, tutti al ristorante stellato, tutti felici e pimpanti anche se invece siamo tristi e depressi.
Ho letto un’interessante ricerca scientifica, che in sintesi dice che ogni qual volta che riceviamo una notifica sullo smartphone, un messaggio o quant’altro, nel nostro cervello viene rilasciata una bella scarica di dopamina (una sostanza che dà piacere).
Ecco perché quando riceviamo un messaggio è una bella sensazione oppure se da qualche ora non si illumina il cellulare, alcuna notifica, né un messaggio, iniziamo a vedere se per caso non è accaduto qualcosa di catastrofico.
Allo stesso modo andiamo tutti in stress se sentiamo il suono di una notifica e passano più di tre minuti senza che riusciamo a vedere di cosa si tratta.
È successo a tutti, ti senti un po’ giù, un po’ solo, e allora mandi messaggi a gente che forse nemmeno sapevi di avere in rubrica.
Perché è una bella sensazione quando ti rispondono, vero?
È per questo che amiamo così tanto i like, i fan, i follower.
Ho conosciuto un ragazzo che aveva sui 15 anni che mi spiegava quanto tra loro si discriminassero le persone in base ai follower su Instagram!
Così se il tuo Instagram cresce poco vai nel panico e ti chiedi: “Cosa è successo, ho fatto qualcosa di sbagliato?
Non piaccio più?”
Pensa che trauma per questi ragazzi quando qualcuno gli toglie l’amicizia o smette di seguirli!
La verità, e questa cosa riguarda tutti noi, è che quando arriva un messaggio/notifica riceviamo una bella botta di dopamina.
Ecco perché, come dicono le statistiche, ognuno di noi consulta più di 200 volte al giorno il proprio cellulare.
La dopamina è la stessa identica sostanza che ci fa stare bene e crea dipendenza quando si fuma, quando si beve o quando si scommette.
Il paradosso è che abbiamo veri limiti di età per fumare, per scommettere e per bere alcolici, ma niente limiti di età per i cellulari che regaliamo a ragazzini di pochi anni di età (già a 7 o 8 anni se non a meno).
È come aprire lo scaffale dei liquori e dire ai nostri figli adolescenti: “Ehi, se ti senti giù per questo tuo essere adolescente, fatti un bel sorso di vodka!
In sostanza, se ci pensate, è proprio questo che succede: un’intera generazione che ha accesso, durante un periodo di alto stress come l’adolescenza, ad un intorpidimento che crea dipendenza da sostanze chimiche attraverso i cellulari.
I cellulari, da cosa utile, diventano facilmente, con i social network, una vera e propria dipendenza, così forte che non riguarda solo i Millennials ma ormai tutti noi.
Quando si è molto giovani l’unica approvazione che serve è quella dei genitori, ma durante l’adolescenza passiamo ad aver bisogno dell’approvazione dei nostri pari.
Molto frustrante per i nostri genitori, molto importante per noi, perché ci permette di acculturarci fuori dal circolo famigliare e in un contesto più ampio.
È un periodo molto stressante e ansioso e dovremmo imparare a fidarci dei nostri amici.
È proprio in questo delicato periodo che alcuni scoprono l’alcol o il fumo o peggio le droghe, e sono queste botte di dopamina che li aiutano ad affrontare lo stress e l’ansia dell’adolescenza.
Purtroppo questo crea un condizionamento nel loro cervello e per il resto della loro vita quando saranno sottoposti a stress, non si rivolgeranno ad una persona, ma alla bottiglia, alla sigaretta o peggio, alle droghe.
Ciò che sta succedendo è che lasciando ai ragazzi, anche più piccoli, accesso incontrollato a smartphone e social network, spacciatori tecnologici di dopamina, il loro cervello rimane condizionato, ed invecchiando troppi di essi non sanno come creare relazioni profonde e significative.
In diverse interviste questi ragazzi hanno apertamente dichiarato che molte delle loro amicizie sono solo superficiali, ammettendo di non fidarsi abbastanza dei loro amici.
Ci si divertono, ma sanno che i loro amici spariranno se arriva qualcosa di meglio.
Per questo non ci sono vere e proprie relazioni profonde poiché queste persone non allenano le capacità necessarie, e ancora peggio, non hanno i meccanismi di difesa dallo stress.
Questo è il problema più grave perché quando nelle loro vite sono sottoposti a stress non si rivolgono a delle persone ma ad un dispositivo.
Ora, attenzione, non voglio minimamente demonizzare né gli smartphone né tantomeno i social network, che ritengo essere una grande opportunità, ma queste cose vanno bilanciate.
D’altro canto un bicchiere di vino non fa male a nessuno, troppo alcol invece sì.
Anche scommettere è divertente, ma scommettere troppo è pericoloso.
Allo stesso modo non c’è niente di male nei social media e nei cellulari, il problema è sempre nello squilibrio.
Cosa vuol dire squilibrio?
Ecco un esempio: se sei a cena con i tuoi amici e stai inviando messaggi a qualcuno, stai controllando le notifiche Instagram, hai un problema, questo è un palese sintomo di una dipendenza, e come tutte le dipendenze col tempo può farti male peggiorare la tua vita.
Il problema è che lotti contro l’impazienza di sapere se là fuori è successo qualcosa e questa cosa ci porta inevitabilmente ad un altro problema.
Siamo cresciuti in un mondo di gratificazioni istantanee.
Vuoi comprare qualcosa?
Vai su Amazon e il giorno dopo arriva.
Vuoi vedere un film?
Ti logghi e lo guardi, non devi aspettare la sera o un giorno preciso.
Tutto ciò che vuoi lo puoi avere subito, ma di certo non puoi avere subito cose come le gratificazioni sul lavoro o la stabilità di una relazione, per queste non c’è una bella App, anche se alcune delle più gettonate te lo fanno pensare!
Sono invece processi lenti, a volte oscuri ed incasinati.
Anche io ho spesso a che fare con questi coetanei idealisti, volenterosi ed intelligenti, magari da poco laureati, sono al lavoro, mi avvicino e chiedo:
“Come va?”
e loro: “Credo che mi licenzierò!”
ed io: “E perché mai?”
e loro: “Non sto lasciando un segno…”
ed io: “Ma sei qui da soli otto mesi!”
È come se fossero ai piedi di una montagna, concentrati così tanto sulla cima da non vedere la montagna stessa!
Quello che questa generazione deve imparare è la pazienza, che le cose che sono davvero importanti come l’amore, la gratificazione sul lavoro, la felicità, le relazioni, la sicurezza in se stessi, per tutte queste cose ci vuole tempo, il percorso completo è arduo e lungo.
Qualche volta devi imparare a chiedere aiuto per poi imparare quelle abilità fondamentali affinché tu possa farcela, altrimenti inevitabilmente cadrai dalla montagna.
Per questo sempre più ragazzi lasciano la scuola o la abbandonano per depressione, oppure, come vedo spesso accadere, si accontenteranno di una mediocre sufficienza.
Come va il tuo lavoro? Abbastanza bene…
Come va con la ragazza? Abbastanza bene.
Ad aggravare tutto questo ci si mette anche l’ambiente, di cui tutti noi ne facciamo parte.
Prendiamo questo gruppo di giovani ragazzi i cui genitori, la tecnologia e l’impazienza li hanno illusi che la vita fosse banalmente semplice e di conseguenza gliel’hanno resa inutilmente difficile!
Prendiamoli e mettiamoli in un ambiente di lavoro nel quale si dà più importanza ai numeri che alle persone, alle performance invece che alle relazioni interpersonali.
Ambienti aziendali che non aiutano questi ragazzi a sviluppare e migliorare la fiducia in se stessi e la capacità di cooperazione, che non li aiuta a superare le sfide.
Un ambiente che non li aiuta neanche a superare il bisogno di gratificazione immediata poiché, spesso, sono proprio i datori di lavoro a volere risultati immediati da chi ha appena iniziato.
Nessuno insegna loro la gioia per la soddisfazione che ottieni quando lavori duramente e non per un mese o due, ma per un lungo periodo di tempo per raggiungere il tuo obiettivo.
Questi ragazzi hanno avuto sfortuna ad avere genitori troppo accondiscendenti, la sfortuna di non capire che c’è il tempo della semina e poi quello del raccolto.
Ragazzi che sono cresciuti con l’aberrazione delle gratificazioni immediate, e quando vanno all’università e si laureano continuano a pensare che tutto gli sia loro dovuto solo perché si sono laureati a pieni voti.
Cosicché quando entrano nel mondo del lavoro dopo poco dobbiamo raccoglierne i cocci.
In tutta questa storia, sono convinto che tutti abbiamo una colpa, ma che soprattutto tutti noi possiamo fare qualcosa di più impegnandoci a capire come aiutare queste persone a costruire oggi la loro sicurezza e le loro abilità sociali, la cui mancanza rende la vita di questi giovani inutilmente infelice e inutilmente complicata.
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precisazioni · 3 months ago
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martedì scorso mio padre ha avuto un ictus. da qualche tempo c'erano dei segnali: era assente, non capiva sempre le cose, si addormentava senza motivo; pensavamo potesse essere l'inizio dell'alzheimer, ma la visita aveva dato esito negativo. oltre alla demenza, questi sintomi sono precursori di un'ischemia, e la mattina di martedì, dopo diversi giorni in cui si svegliava agitato, si è alzato con un crampo, che è un altro possibile sintomo, è andato in bagno ed è caduto, per fortuna senza farsi male. a mia madre, come sempre, ha detto che non fosse niente: lo fa sempre – sto bene, sto bene, non ti preoccupare, sto pensando di iscrivermi alla maratona, come a voler confermare il suo stato di salute. l'ha aiutato a tornare a letto e poi hanno fatto colazione, quindi lui è tornato in bagno, ma con la porta aperta, e da lì mia madre ha visto una parte del viso cadente. i miei vivono in campagna e l'ambulanza, nel rispetto di un protocollo incomprensibile, lo ha prima portato in un centro ospedaliero sì più vicino ma non attrezzato per le ischemie – anche se era evidente che quello fosse un episodio di pre-ictus. portarlo in quella clinica, fargli fare una tac con strumenti insufficienti, per poi avere come esito: "bisogna portarlo in un altro ospedale", il tutto con oltre due ore di tempo perse. nel frattempo, a mio padre è venuto l'ictus vero e proprio – e se era entrato, pur con fatica, al pronto soccorso camminando, ne è uscito paralizzato
i miei vivono in sicilia, e in tutta la regione ci sono meno di cinque centri specializzati per l'ictus; in lombardia ce ne sono trentuno. una volta trasportato d'urgenza, l'operazione è durata a lungo, forse due ore. io intanto avevo prenotato un volo d'urgenza, e mio fratello pure. ci hanno detto che l'attacco ischemico è stato grave; mia madre è distrutta, le mie sorelle pure. il giorno dopo lo vedo ed è forse la visione più dolorosa che abbia mai avuto. gli occhi velati, lo sguardo fisso verso l'alto, la bocca storta, gli arti paralizzati, incapace di deglutire. soffre di diabete e ipertensione, ma ha sempre vissuto in modo sano; in tutta la vita si è preso l'influenza soltanto due volte. ha una moglie e quattro figli e gli vogliamo tutti un mondo di bene. è un tipo silenzioso, taciturno, ma positivo e sempre sorridente, e non ci ha mai fatto mancare nulla. quarantotto anni di matrimonio e tratta mia madre con lo stesso amore del primo giorno, ed eccolo lì, come se dovesse espiare una colpa infinita per cui però non ha alcuna responsabilità
durante l'operazione ha ingoiato del sangue e solo uno dei due trombi è stato rimosso: l'altra arteria si è chiusa, irrimediabilmente. poi, la polmonite – denominata ab ingestis, che si sviluppa quando nei polmoni finisce un agente esterno, e che è mortale fino al trenta percento. queste giornate sono state un inferno, tra angosce e pianti isterici, qualcosa che non pensavamo di meritarci e che sicuramente lui non merita. la polmonite, però, sembra in regressione, i farmaci funzionano e lui inizia a stare meglio. dopo una vita passata a essere ottimista e sorridente, si commuove nel vederci, sussurra "ti amo" a mia madre, lui che in quarantotto anni di matrimonio l'avrà detto non più di dieci volte, per tenere preziose quelle parole. gli occhi sono più lucidi e ha ancora un ausilio per la respirazione, ma i medici dicono che sta migliorando. da sabato la polmonite è in regressione; nel saperlo sono scoppiato a piangere, poi ci siamo abbracciati tutti, i quattro figli e nostra madre. tra ieri e oggi, finalmente, abbiamo ricominciato a riconoscere il suo sguardo di sempre: il coagulo si sta assorbendo e forse hanno diminuito le benzodiazepine. ha iniziato la fisioterapia e sta rispondendo bene; lui è lucido, il cervello sembra non essere stato intaccato. la ripresa sarà lunga, mesi o forse anni e non è detto che sarà completa, ma non vediamo l'ora di riabbracciarlo
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