#espressione orale
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Uzbekistan. Una base importante per lo sviluppo di discorsi comunicativi
Questo articolo scientifico è dedicato all'argomento "Fondamenti importanti per lo sviluppo del discorso comunicativo" e analizza i fattori chiave necessari per essere efficaci nel discorso e nel dialogo.
Annotazione. Questo articolo scientifico è dedicato all’argomento “Fondamenti importanti per lo sviluppo del discorso comunicativo” e analizza i fattori chiave necessari per essere efficaci nel discorso e nel dialogo. L’articolo discute aspetti importanti come l’aumento del vocabolario della comunicazione, il miglioramento delle regole del linguaggio e della grammatica, le capacità di…
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francesco-nigri · 2 months ago
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La Declamazione Poetica
La Declamazione Poetica: Arte, Tecnica e Impatto Emotivo La declamazione poetica è una pratica antica e nobile, che fonde l’arte della parola con l’espressione corporea e vocale. Si distingue dalla semplice lettura perché implica un’interpretazione emotiva e performativa del testo poetico, trasformandolo in un’esperienza sensoriale e comunicativa più intensa. Questa pratica ha attraversato i…
#allitterazioni assonanze per creare effetti sonori coinvolgenti#assimilazione significato dei versi#attraverso voce e corpo declamatore rende testo vivo#avvendto della stampa poesia sempre più verso la scrittura#combinare voce immagini suoni#connessione autentica tra esseri umani#considerare non solo significato delle parole ma anche suono musicalità impatto performativo#corretta gestione respiro controllo ritmo emissione vocale#declamazione come riscoperta della poesia#declamazione efficace suscita emozioni#declamazione poetica arte che richiede consapevolezza testo ritmo voce corpo#declamazione poetica arte che unisce parola voce corpo in esperienza emotiva comunicativa unica#declamazione poetica atto di resistenza e bellezza#declamazione poetica autentica coinvolgente#declamazione poetica contesti culturali artistici#declamazione poetica emozione elemento chiave#declamazione poetica esperienza sensoriale comunicativa più intensa#declamazione poetica espressione corporea#declamazione poetica fisicità#declamazione poetica forma di espressione viva significativa#declamazione poetica implica interpretazione emotiva performativa del testo poetico#declamazione poetica nella letteratuta orale nella performance teatrale poetry slam#declamazione poetica non semplice lettura ad alta voce#declamazione poetica non semplice lettura ad alta voce ma arte che richiede consapevolezza del testo ritmo voce corpo#declamazione poetica non solo recitazione ma atto performativo che coinvolgeva pubblico emotivamente intellettualmente#declamazione poetica nuove forme di comunicazione#declamazione poetica ponte tra poeta e pubblico#declamazione poetica pratica antica nobile#declamazione poetica si distingue dalla semplice lettura#declamazione poetica voce ritmo timbro intensità
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ma-come-mai · 2 years ago
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Chi era s'accabadora?
Fino a qualche decennio fa in Sardegna si praticava l'eutanasia.
Era compito di ''sa femmina accabadora'' procurare la morte a persone in agonia.
S'accabadora era una donna che, chiamata dai familiari del malato terminale, provvedeva ad ucciderlo ponendo fine alle sue sofferenze. Un atto pietoso nei confronti del moribondo ma anche un atto necessario alla sopravvivenza dei parenti, soprattutto per le classi sociali meno abbienti: nei piccoli paesi lontani da un medico molti giorni di cavallo, serviva ad evitare lunghe e atroci sofferenze al malato.
Sa femmina accabadora arrivava nella casa del moribondo sempre di notte e, dopo aver fatto uscire i familiari che l’avevano chiamata, entrava nella stanza della morte: la porta si apriva e il moribondo, dal suo letto d’agonia, la vedeva entrare vestita di nero, con il viso coperto, e capiva che la sua sofferenza stava per finire.
Il malato veniva soppresso con un cuscino, oppure la donna assestava il colpo di ''su mazzolu'' provocando la morte.
S'accabbadora andava via in punta di piedi, quasi avesse compiuto una missione, ed i familiari del malato le esprimevano profonda gratitudine per il servizio reso al loro congiunto offrendole prodotti della terra.
Quasi sempre il colpo era diretto alla fronte.
Il termine ''accabadora'' viene dallo spagnolo ''acabar'' che significa finire.
''Su mazzolu'' era una sorta di bastone appositamente costruito da ramo di olivastro, lungo 40 centimetri e largo 20, con un manico che permette un'impugnatura sicura e precisa.
In Sardegna s'accabbadora ha esercitato fino a pochi decenni fa, soprattutto nella parte centro-settentrionale dell’isola. Gli ultimi episodi noti di ''accabadura'' avvennero a Luras nel 1929 e a Orgosolo nel 1952. Oltre i casi documentati, moltissimi sono quelli affidati alla trasmissione orale e alle memorie di famiglia. Molti ricordano un nonno o bisnonno che comunque ha avuto a che fare con la signora vestita di nero.
La sua esistenza e' sempre stata ritenuta un fatto naturale,come esisteva la levatrice che aiutava a nascere, esisteva s'accabadora che aiutava a morire. Si dice addirittura che spesso era la stessa persona e che il suo compito si distinguesse dal colore dell'abito (nero se portava la morte, bianco o chiaro se doveva far nascere una vita).
Questa figura, espressione di un fenomeno socio-culturale e storico, e' la pratica dell’eutanasia e nei piccoli paesi rurali della Sardegna e' legata al rapporto che i sardi avevano con la morte, considerata come la conclusione del naturale ciclo della vita.
Storia o fantasia?
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blogghiamo · 2 months ago
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"Vuoi padroneggiare l'italiano a livello intermedio? Con la giusta guida e i giusti strumenti, potrai migliorare la tua espressione scritta e orale, la comprensione, la capacità di conversare e comunicare efficacemente. Acquisisci sicurezza linguistica e aumenta la tua autostima!"
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eroticromanticc · 5 months ago
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Il buon gusto sta anche nel saper apprezzare la reazione provocata nel dare piacere, per via orale a lungo, ammirando qualsiasi espressione e gemiti che la lingua possa far provare a chi ci ha generosamente concesso l'opportunità di dissetarsi con gli umori che verranno generati, durante la costante attenzione.
sono completamente d'accordo!
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londranotizie24 · 2 years ago
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Paolo Ballardini presenta al pubblico il suo ultimo lavoro: “Miryam e Yosep – Il romanzo della natività”
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Di Simone Platania @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND Paolo Ballardini presenta al pubblico il suo ultimo lavoro: “Miryam e Yosep – Il romanzo della natività”. Paolo Ballardini e il suo ultimo lavoro presentato al pubblico: Myriam e Yosep-Il romanzo della natività Lo scrittore Paolo Ballardini presenta al pubblico il suo ultimo lavoro dal titolo: “Miryam e Yosep-Il romanzo della natività”. L'opera di Ballardini narra la vita dei genitori di Gesù nei pochi anni della concezione, della nascita e la fuga in Egitto. L’autore attraverso la rielaborazione del mito sulla base dei Vangeli canonici, degli Apocrifi e della prima letteratura apologetica, va ad amplificare e ad ampliare alcuni aspetti della storia, andando così, a crearne dei nuovi. Miryam è una donna molto religiosa e sognatrice, ha passato la sua infanzia all’interno di un orfanatrofio: “Il Tempio erodiano di Yerushalayim” e all’età di dodici anni iniziò ad avvicinarsi alla fertilità e per questo motivo che i sacerdoti decisero di chiamare un suo conterraneo: Yosep, il modo tale da poterli far sposare. Il romanzo mette in evidenza la difficoltà e la rabbia che Miryam prova nei confronti del suo futuro sposo. Il testo non solo va a narrare le vicende dei due protagonisti principali, ma ci racconta anche di miti religiosi che hanno costituito la storia del loro popolo attraverso le Scritture e la Tradizione Orale che, poi verrà conosciuta da noi sotto il nome dell’Antico Testamento. Inoltre, l'opera è arricchita anche dai miti di resurrezione e da ciò possiamo intuire il lavoro certosino che l’autore ha svolto affinché noi lettori potessimo cogliere l’essenza del romanzo stesso. Per ultimo e non di minore importanza è il contesto in cui esso viene ambientato; a livello geografico, storico, religioso e culturale. Tutto ciò ci viene presentato con delle descrizioni ben curate. Soprattutto si può scorgere attraverso la lettura la ricerca fatta e lo sfondo realistico che va a unirsi con la realtà. L’autore si pone un obiettivo: trasformare noi lettori in un personaggio antico e farci adattare in maniera egregia alla storia, con me l’esperimento è riuscito, infatti mi sono totalmente immersa non solo nella lettura ma, anche nelle azioni e nell’emozioni dei protagonisti. “Un mito non corrisponde necessariamente ai fatti. A volte rielabora eventi effettivamente avvenuti, a volte spaccia come storia bisogni umani che hanno trovato espressione in allegorie e vicende immaginarie.” Paolo ... Continua a leggere su www. Read the full article
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lovingonrepeat · 4 years ago
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Forever is a Long Time // Mark Lee
Part seven of my Kinktober // NCT 2020 Project
DAY 7: Mark + overstimulation → “Say my name over and over again, and when you think you’ve said it loud enough, scream it. I want the whole neighborhood to know who’s making you feel good.”
Word Count: 1.4k || Genre: smut
Warnings: femdom, overstimulation, facesitting, oral (f receiving), praise, crying, multiple orgasms
This work is completely fictional. Feedback is welcome. Hate will be blocked. Thank you!
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(credit x)
Mark was addictive.
The way his eyes light up when he talks about things he's passionate about. The way he claps when he's happy and laughing. The way he can be awkward and not totally know what to say at times. The way he moves when he's dancing and rapping and in his element.
You never had a choice when it came to falling in love with Mark. As soon as you met him, you were hooked.
Your love for him only grew stronger once you finally entered into a relationship with him, and you were able to see all sorts of different sides to him that you loved equally as much. The way he looks after just waking up, with his hair messy and glasses on. The way he gets blushy when you kiss him in public. How focused he is when he plays you a new song he wrote on guitar. Each new thing you discover about his was just as mesmerizing as the next, and you never wanted to stop discovering.
The first time you had sex together was magical. You had never thought there was a way to fall in love with him more, but he loved to prove you wrong, and you found yourself enamored with the sight of him in this state even more. The way his jaw goes slack when you touch him. The sounds he lets out when you tease him for too long. The desperate look in his eye when he really wants to earn it. You couldn't be blamed for wanting to give him everything in those moments. It was just what he deserved.
You found yourself discovering a new side of yourself too, one that came out only with him. It was a cruel sort of sweetness. When you and Mark were together, you couldn't help but want to give him everything and nothing at the same time, to want to see how blissed out he got after being teased for hours on end, to be so so sweet to him after he finally earned your touch.
It's a maddening experience for Mark, but he couldn't ever ask for more. He loves the way you switch from being so kind to being so mean at a speed that makes his head spin. All he ever wants to do is please you and touch you and for it to never end.
But his mistake was telling you that.
He's withering under your touch, tongue buried in your folds as you grip his dick in your hand. The game is simple; he gets granted his orgasm once he's successfully gotten you off. It's rules that he's used to following, but that doesn't make it any easier for him to focus on you pleasure when you're touching him like that. You have one hand wrapped around him, stroking him firmly while the other hand ghosts along his stomach. The muscles flutter under your fingertips, and you love the sight as he arches into your movements.
You can't help but moan out at the way Mark is moving against you, sucking your clit into his mouth and flicking his tongue against your most sensitive areas. His moans join yours as you jerk him off, and the added vibrations of his noises just serves to heighten your experience.
It doesn't take long for you to cum at all, not with the way he's groaning against your core and the way he's sucking on your bundle of nerves and the way his dick is twitching in your hand. He helps you ride through it, more concerned about extending your pleasure than even coming up for air.
You move away from his mouth and he gasps softly, allowing his lungs to fill as he looks at you adoringly. His face is shiny with your release, and he looks up at you with glowy, desperate eyes.
"You're so good to me, Mark," you praise, leaning down to place kisses all along his thighs as you continue jerking him off, and with the way he's squirming under you, you know it won't be long at all before he cums, too.
"Thank you," he breathes out, the words coming out fast and breathy. "Thank you, thank you, thank you."
"Of course," you reply. "Nothing makes me happier than making you feel good."
He smiles, but it only stays on his face for a moment before it morphs into a moan as you twist your wrist around him. His eyes flutter shut at the action, and he reaches out until he finds your free hand to hold.
"Oh my God," he groans. "Gonna cum soon, gonna cum soon."
"Yeah?" You ask, and you love the way he nods, eyes squeezed shut as his head jerks up and down hard.
"You're so pretty when you cum," you inform him.
His eyes blink open at that, as if he can hear the mischief and far off quality to your voice as you speak.
"I am?" He questions between deep breaths, and you smile down at him.
"You are. I'm so glad I'm the only person who gets to see you like that. It makes me wanna touch you forever."
He gulps, and you know he's figured you out.
"Forever?" He asks, gasping as you double the speed of your hand against him without warning. When he speaks again, his words and slurred and high pitched, coming out fast and muffled by a whine.
"That's a long time."
"I know."
It's your words, a cruel threat masked by sugary sweetness, that sets him off. He cums with a cry, jerking up into your hand as ribbons of white land all over his stomach and your hand, and your pace slows down as you help ease him through it.
But his fears come true when you don't stop.
He writhes under you, squeezing your hand hard between his fingers as he struggles to catch a breath. His moans are broken, high pitched whimpers as he stares at you with big eyes.
"Oh my God, oh my God," he cries, and he doesn't know if he wants to move into or away from your touch. All he knows is how overwhelming it is.
"My good boy," you say softly. "I wanna make you feel good. Over and over again. Can you take it?"
"Yes," he sobs out, tears falling from his eyes as the feeling reaches new heights. "It's just so much."
"I know, baby," you coo, showering him with praise and encouragements as you use his own cum to help work him up to another orgasm, and you're addicted to the way he shakes and gasps through the pleasure. He's way beyond the point of coherent thought, and all he can do is moan your name as he barrels towards the edge again.
You lean forward, placing a kiss on his lips and then onto his forehead, and you pull your hand away from his so it can come up to caress his cheek. Your voice is soft as you whisper to him.
"I want you to do something for me. Can you do that?"
"Yes."
“Say my name over and over again, and when you think you’ve said it loud enough, scream it. I want the whole neighborhood to know who’s making you feel good.”
He doesn't disappoint, crying your name over and over like a prayer as he threatens to cum again. He didn't know it was possible to feel this much pleasure, to be so all consumed for by the feeling that he can't even think of anything else but your name, but he should've known better.
When he cums again, he does exactly as you ask, screaming your name so loud that he can't help but think that his friends back in Canada must've heard him. And when he falls asleep in your arms once you finish cleaning him up, he's not sure if he's ever slept that hard.
You stay up though, staring at his beautiful, peaceful face as you think about how lucky you got. It couldn't be helped that you would wanna play with him like that. When he looks this gorgeous, you really can't help but think about teasing him forever, sleeping next to him forever, just being with him forever.
And he's right. Forever is a long time, but as you fall asleep, you can't help but think that forever would be incredible with Mark Lee by your side.
Tagging @mingishoe ​ @armysantiny ​ @domreaderrecs @chickenkatxu ​@lucas-wongs @drippinlovetalk @brooklynalpha @wildernessuntothemselves @loviejaehyun @skzctnightnight @capriccio-con-espressione @euphoricsunflowers @nct-writers @kpopscape as requested! Let me know if you want to be added to the tag list for future fics!
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riceli · 3 years ago
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S’ACCABADORA
Fino a qualche decennio fa in Sardegna si praticava l'eutanasia.Era compito di ''sa femmina accabadora'' procurare la morte a persone in agonia.
S'accabadora era una donna che, chiamata dai familiari del malato terminale, provvedeva ad ucciderlo ponendo fine alle sue sofferenze. Un atto pietoso nei confronti del moribondo ma anche un atto necessario alla sopravvivenza dei parenti, soprattutto per le classi sociali meno abbienti: nei piccoli paesi lontani da un medico molti giorni di cavallo, serviva ad evitare lunghe e atroci sofferenze al malato.
Sa femmina accabadora arrivava nella casa del moribondo sempre di notte e, dopo aver fatto uscire i familiari che l’avevano chiamata, entrava nella stanza della morte: la porta si apriva e il moribondo, dal suo letto d’agonia, la vedeva entrare vestita di nero, con il viso coperto, e capiva che la sua sofferenza stava per finire.
Il malato veniva soppresso con un cuscino, oppure la donna assestava il colpo di ''su mazzolu'' provocando la morte.
S'accabbadora andava via in punta di piedi, quasi avesse compiuto una missione, ed i familiari del malato le esprimevano profonda gratitudine per il servizio reso al loro congiunto offrendole prodotti della terra.
Quasi sempre il colpo era diretto alla fronte.
Il termine ''accabadora'' viene dallo spagnolo ''acabar'' che significa finire.
''Su mazzolu'' era una sorta di bastone appositamente costruito da ramo di olivastro, lungo 40 centimetri e largo 20, con un manico che permette un'impugnatura sicura e precisa.
In Sardegna s'accabbadora ha esercitato fino a pochi decenni fa, soprattutto nella parte centro-settentrionale dell’isola. Gli ultimi episodi noti di ''accabadura'' avvennero a Luras nel 1929 e a Orgosolo nel 1952. Oltre i casi documentati, moltissimi sono quelli affidati alla trasmissione orale e alle memorie di famiglia. Molti ricordano un nonno o bisnonno che comunque ha avuto a che fare con la signora vestita di nero.
La sua esistenza e' sempre stata ritenuta un fatto naturale,come esisteva la levatrice che aiutava a nascere, esisteva s'accabadora che aiutava a morire. Si dice addirittura che spesso era la stessa persona e che il suo compito si distinguesse dal colore dell'abito (nero se portava la morte, bianco o chiaro se doveva far nascere una vita).
Questa figura, espressione di un fenomeno socio-culturale e storico, e' la pratica dell’eutanasia e nei piccoli paesi rurali della Sardegna e' legata al rapporto che i sardi avevano con la morte, considerata come la conclusione del naturale ciclo della vita.
(Fonte - MonolituM)
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filtrospazio · 3 years ago
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Folclóre (o folklóre) ... [dall’ingl. folklore, comp. di folk «popolo» e lore «sapere; complesso di tradizioni o di notizie», termine coniato nel 1846 dall’archeologo ingl. W. J. Thoms].
L’insieme delle tradizioni popolari di una regione, di un paese, di un gruppo etnico, in tutte le manifestazioni culturali che ne sono espressione, cioè usi, costumi, leggende, credenze e pratiche religiose o magiche, racconti, proverbi e quanto altro è tramandato per tradizione orale: spettacolo di folclore.
La scienza che studia tali tradizioni, detta anche demologia, demopsicologia, e, come disciplina d’insegnamento universitario, storia delle tradizioni popolari.
Treccani.it
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nubulina · 4 years ago
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Come spesso accade ci si imbatte in articoli interessanti quando meno ce lo aspettiamo; stavo leggendo la mia copia settimanale di “Internazionale” quando mi trovo a legger un articolo che tratta di donne che non riescono ad arrivare all’orgasmo. “Grazie ma non vengo” è un articolo scritto da Katharine Smyth e pubblicato su The Atlantic . Tutti i movimenti femministi fin dagli inizi hanno rivendicato l’importanza dell’autoderminazione della donna anche in ambito sessuale, sottolineando quanto il controllo delle nascite, ma sopratutto la ricerca del piacere fosse fondamentale per una totale libertà di espressione e parità di genere. Quello su cui Katharine Smyth ci fa riflettere è proprio il significato di piacere. Una volta su Twitter in una discussione su questo tema, ricordo che una utente femminsta sosteneva che non era possibile provare piacere praticando sesso orale estremo, perché non era possibile, secondo lei provare piacere con quella pratica, ma solo dolore, umiliazione e c’era nella natura stessa dell’atto una sottomissione al patriarcato, poco importava se alcune donne dichiarassero di provare piacere in quel modo: il piacere deve essere dunque qualcosa di diverso, deve essere qualcosa che si va ad identificare con l’orgasmo. Già in quella discussione percepii qualcosa di profondamente sbagliato nella lettura della questione da parte dell’utente femminista: come si può farsi portavoce dell’esperienza di un’altra persona? Perché non si deve credere a quello che dice, invece di dare per scontato che il proprio punto di vista sia quello giusto. L’articolo che ho letto mi ha dato le risposte che cercavo. Katharine è una donna che non raggiunge l’orgasmo, è una donna che ha fatto pace con questa parte di lei e adora fare sesso. Sembra impossibile, ma dichiarare apertamente di non raggiungere l’orgasmo è la fine della sua vita sessuale, il maschio eterosessuale non accetta di non soddisfare la donna. Non accetta di non soddisfare la donna dando lui stesso i parametri per determinare questa soddisfazione: il raggiungimmento dell’orgasmo. Continua sul blog... link in bio https://www.instagram.com/p/CQyK_0ZtDqI/?utm_medium=tumblr
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gloriabourne · 6 years ago
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The one with Ermal’s birthday
Era stata una decisione dell'ultimo minuto, quella di andare a Milano.
Una di quelle prese senza pensare, dettate solamente dall'istinto.
L'istinto di Fabrizio quel giorno si era ribellato alla ragione - o almeno a quel poco di ragione che gli rimaneva quando c'era di mezzo Ermal - e gli aveva imposto di mettersi al volante e guidare fino a Milano, anche se Ermal non sapeva del suo arrivo. Anche se Ermal quella sera aveva altro da fare.
Anche se Ermal, quella sera, avrebbe affrontato uno dei concerti più importanti della sua vita.
O forse, era proprio quello il motivo.
Fabrizio non riusciva ad accettare l'idea di non essere presente, di essere lontano da Ermal in un giorno così importante.
In realtà, era stata una cosa che avevano deciso insieme.
Ermal ovviamente gli aveva chiesto di partecipare e Fabrizio si era ritrovato a un bivio: da una parte il compleanno di Ermal e il suo concerto, dall'altra la possibilità di passare le feste con i suoi figli. E alla fine aveva scelto i suoi figli.
Ermal aveva capito, anzi aveva anche detto che era certo che Fabrizio avrebbe declinato il suo invito e che per un momento aveva pensato di non invitarlo affatto.
E quando Fabrizio gli aveva detto che gli dispiaceva non passare il suo compleanno insieme a lui, Ermal aveva risposto che in fin dei conti era solo un giorno come gli altri in cui improvvisamente aveva un anno in più.
Però Fabrizio aveva continuato a pensarci. Per giorni interi, quello era stato il suo chiodo fisso.
Continuava a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta, se fosse davvero la cosa migliore, se non ci fosse il modo di poter passare quella serata con Ermal e allo stesso tempo passare le feste con i bambini.
Alla fine, guidato solo dal suo istinto, era giunto alla conclusione che avrebbe potuto passare comunque la serata con lui e tornare a casa il giorno successivo.
Probabilmente se ne sarebbe pentito presto, probabilmente la stanchezza accumulata durante il viaggio lo avrebbe fatto collassare sul divano appena rientrato a Roma. Ma in quel momento non sembrava importare.
Mentre la sua auto scorreva velocemente sull'autostrada sgombra, nulla sembrava importare se non la consapevolezza che da lì a poco avrebbe rivisto Ermal.
  Quando Ermal rientrò a casa, dopo il concerto e i festeggiamenti con la band nel backstage del Forum, era talmente stanco che non si accorse di tutti quei piccoli dettagli che indicavano la presenza di Fabrizio in casa sua.
Non si accorse di aver aperto la porta con un unico giro di chiave, pur essendo consapevole di averne dati tre quando era uscito dall'appartamento qualche ora prima.
Non si accorse della giacca di pelle marrone - che una volta era stata sua - appesa sull'attaccapanni dell'ingresso.
Non si accorse nemmeno della luce accesa in cucina.
Per questo motivo, quando si trovò davanti Fabrizio - intento ad aprire una bottiglia di vino - rimase immobile in mezzo alla sua cucina credendo di avere qualcosa di vagamente simile a un'allucinazione.
"Ehi, finalmente sei arrivato! Buon compleanno! Anche se in realtà è già passata mezzanotte" disse Fabrizio mentre si avvicinava a Ermal e gli porgeva un bicchiere.
"Che ci fai qui?" mormorò Ermal ancora incredulo.
Lo sguardo di Fabrizio si addolcì mentre diceva: "Avevo voglia di vederti."
Senza dire altro, Ermal appoggiò il bicchiere ancora pieno sul tavolo e si gettò tra le braccia di Fabrizio.
Quando lo aveva invitato al suo concerto e Fabrizio aveva declinato l'invito, Ermal aveva finto che non gli importasse.
In realtà, avrebbe fatto qualsiasi cosa per passare quella serata con lui. Perché era vero che odiava il suo compleanno, ma era convinto che lo avrebbe odiato un po' meno con Fabrizio al suo fianco.
D'altra parte però, sapeva anche che Fabrizio doveva pensare prima di tutto ai suoi figli e quindi non si era messo in mezzo, aveva finto che per lui non fosse indispensabile la sua presenza e aveva minimizzato la cosa.
Ma ora, che si trovava tra le braccia del suo compagno, non aveva più bisogno di fingere.
"Allora, com'è andato il concerto?" chiese Fabrizio, stringendo ancora Ermal tra le braccia.
Ermal sorrise. "È stato stupendo. Il compleanno migliore di sempre."
"Mi dispiace non esserci stato."
"Tranquillo" disse Ermal accarezzandogli una guancia. "E poi, J-Ax è stato un ospite più che sufficiente."
Fabrizio si finse offeso dalla provocazione e disse: "Ah, sì?"
"Sì. E dovevi vedere quanto era felice il pubblico! E poi alla fine della canzone, ha detto un sacco di cose carine su di me, mi ha abbracciato..." disse Ermal.
"Scusa, che ha fatto?"
Fabrizio sapeva perfettamente che Ermal lo stava provocando. Era stato geloso della sua collaborazione con J-Ax fin dal primo giorno ed Ermal lo sapeva benissimo. L'aveva preso in giro tante volte per quella gelosia e Fabrizio, invece di ammettere che era davvero geloso, si era sempre nascosto dietro il fatto che avrebbe preferito che Ermal avesse sbattuto i suoi sentimenti per lui in una canzone solo sua, piuttosto che in un duetto.
Ma ovviamente Ermal non aveva mai creduto a quella giustificazione, e anzi più di una volta si era divertito a provocare Fabrizio tirando fuori quell'argomento.
E Fabrizio lo sapeva. Sapeva benissimo che Ermal lo stava solo provocando, eppure non riusciva a fare finta che non gli importasse.
"Mi ha abbracciato. Davanti a più di diecimila persone, un po' come hai fatto tu l'anno scorso."
"Sei uno stronzo" mormorò Fabrizio, allontanandosi da lui e appoggiandosi al tavolo con le braccia conserte e lo sguardo incazzato.
Poteva sopportare tutto ma che Ermal paragonasse una cosa successa con J-Ax a ciò che era accaduto tra loro, proprio no.
"E tu sei carino quando fai il geloso" rispose Ermal con un sorrisetto strafottente stampato in faccia.
Fabrizio sbuffò e spostò lo sguardo. Non valeva nemmeno la pena cercare di negare. Era palese che fosse geloso, non poteva nasconderlo.
"Smettila di prendermi per il culo" disse semplicemente.
"Veramente non ho ancora iniziato."
Fabrizio, sentendo il tono di Ermal improvvisamente più basso e roco, risollevò lo sguardo verso di lui.
Se ne stava in piedi di fronte a lui, con quello sguardo eccitato che Fabrizio gli aveva visto addosso centinaia di volte e la mano destra che toccava distrattamente il cavallo dei pantaloni.
"Seriamente?" disse Fabrizio con tono quasi scocciato.
Non che non avesse voglia di fare l'amore con lui, tutt'altro! Ma proprio non capiva come Ermal avesse fatto a farsi venire un'erezione proprio in quel momento.
"Te l'ho detto, mi piaci quando fai il geloso. E credimi, ho davvero voglia di prenderti per il culo. Anche se non nel senso che intendevi tu."
"Sai che questa battuta non fa ridere, vero?" disse Fabrizio, ignorando il brivido lungo la schiena e l’aspettativa che le parole di Ermal gli avevano causato.
Ermal si avvicinò a lui e fece scivolare una mano tra loro, andando a toccarlo tra le gambe. Poi disse: "Non fa ridere, ma qualche reazione a quanto pare l'hai avuta anche tu."
Fabrizio non rispose, ormai completamente rapito dall'atteggiamento di Ermal che sembrava davvero non volere altro se non prenderlo sul tavolo della cucina.
Lo attirò a sé prendendolo per i fianchi, gemendo sulle sue labbra quando sentì il suo bacino scontrarsi con il proprio.
Ermal lo baciò, lasciando scivolare la propria lingua nella bocca del compagno con prepotenza, e Fabrizio lo strinse maggiormente a sé, sentendo sempre più impellente il bisogno di averlo vicino.
La mano di Ermal - ancora tra loro, premuta sulla crescente erezione di Fabrizio - si spostò leggermente, arrivando fino al bordo dei jeans e iniziando a slacciare la cintura con lentezza estenuante, al punto che qualche attimo dopo Fabrizio scacciò via malamente Ermal e prese a spogliarsi da solo.
Ermal lo fissò divertito e disse: "Hai fretta?"
"Ho fretta di arrivare alla parte interessante."
"E quale sarebbe?"
Fabrizio, ormai con i jeans e i boxer aggrovigliati alle caviglie, afferrò Ermal per il polso facendogli rimettere la mano sulla sua erezione, questa volta senza inutili strati di stoffa di mezzo.
"Questa" sussurrò, mentre Ermal cominciava a muovere lentamente la mano su di lui.
Fabrizio si appoggiò con entrambe le mani al tavolo dietro di lui, mentre Ermal continuava a toccarlo lentamente.
Gettò la testa all'indietro, tenendo gli occhi chiusi e il labbro inferiore pizzicato tra i denti, godendosi il contatto delle dita di Ermal sulla sua pelle.
"Guardami" sussurrò Ermal, costringendo Fabrizio a riportare lo sguardo su di lui.
Voleva vederlo, voleva guardare la sua espressione mentre lo toccava.
Vedendo gli occhi di Fabrizio puntati su di lui - liquidi di eccitazione, che sembravano solo supplicarlo di andare più veloce - Ermal non poté fare a meno di gemere e di infilare la mano libera nei suoi pantaloni, cercando di darsi piacere da solo.
Fabrizio gli afferrò il polso, bloccando i movimenti che Ermal stava facendo su sé stesso.
Ermal lo fissò per un attimo, senza capire per quale motivo Fabrizio lo avesse fermato, ma appena lo vide afferrare la sua mano e portarsi due alla bocca iniziando a imitare un rapporto orale, capì.
Non era l'unico a essere impaziente.
"Vuoi farlo qui?" chiese Ermal con un filo di voce, mentre osservava Fabrizio succhiare avidamente le sue dita.
Come se poi, ormai arrivati a quel punto, spostarsi in camera da letto fosse un'opzione possibile.
Fabrizio annuì con un cenno, mentre Ermal sfilava le dita dalla sua bocca e le indirizzava lentamente verso la sua apertura.
Lo preparò lentamente, sentendo la sua stessa erezione pulsare dolorosamente all'idea che da lì a poco avrebbe sostituito le sue dita.
Ricordava ancora perfettamente la prima volta che aveva fatto l'amore con Fabrizio, la prima volta che era stato dentro di lui.
Era stato imbarazzante, i movimenti di Ermal erano stati per tutto il tempo impacciati e confusi, anche se Fabrizio aveva cercato di guidarlo. Ed era stato vergognosamente veloce per entrambi.
Però la sensazione di stare dentro di lui, di sentire la sua pelle sotto le dita e i suoi muscoli stringersi attorno a lui, era stata una delle cose migliori che Ermal avesse mai provato in vita sua.
Appena sentì Fabrizio andare incontro ai suoi movimenti - segno che lo aveva preparato adeguatamente - Ermal si allontanò da lui e si sbottonò velocemente i pantaloni, che non aveva ancora avuto il tempo di togliere.
Fabrizio posò le mani sulle sue, accompagnando i suoi movimenti e abbassandogli i pantaloni e i boxer con un unico gesto, ritrovandosi inginocchiato di fronte a lui.
Sollevò lo sguardo rivolgendogli un sorriso malizioso, prima di prendere in bocca la sua intera lunghezza.
Ermal gemette mentre continuava a tenere lo sguardo fisso su Fabrizio e una mano tra i suoi capelli.
Non poteva negarlo: avrebbe davvero voluto che Fabrizio non si fermasse, che continuasse fino a quando le sue gambe avrebbero ceduto sotto il peso dell'orgasmo. Ma allo stesso tempo Ermal aveva altri piani, quindi si costrinse ad allontanare Fabrizio da sé, cercando di ignorare il modo in cui si stava leccando le labbra e si stava pulendo gli angoli della bocca dalla saliva in eccesso.
"Ancora convinto di volermi prendere per il culo?" scherzò Fabrizio.
"Non dovresti nemmeno chiedermelo" rispose Ermal, prendendo Fabrizio per i fianchi e spingendolo a voltarsi.
Gli baciò il collo continuando a tenerlo saldamente per i fianchi, quasi avesse paura che da un momento all'altro sarebbe svanito.
Il fatto era che aveva immaginato così tante volte nelle ultime settimane che Fabrizio cambiasse idea e decidesse di passare quella serata con lui, e in quel momento gli sembrava ancora impossibile che fosse successo davvero e che Fabrizio fosse veramente tra le sue braccia.
Sentì Fabrizio abbandonarsi contro di lui, alla ricerca di un contatto più profondo che non tardò ad arrivare.
Ermal lo spinse delicatamente in avanti e posò una mano sulla base della sua schiena, costringendolo a piegarsi sulla superficie del tavolo, e poi si spinse lentamente dentro di lui.
Lasciò a Fabrizio il tempo di abituarsi all'intrusione, cercando di resistere alla tentazione di affondare dentro di lui immediatamente e senza porsi troppi problemi.
Quando finalmente sentì i muscoli di Fabrizio rilassarsi attorno a lui, iniziò a muoversi, tenendo le mani strette sui fianchi del compagno.
Fabrizio - piegato sul tavolo e con la fronte già imperlata di sudore - iniziò a gemere e ad andare incontro alle sue spinte fino a quando entrambi si ritrovarono contemporaneamente prossimi all'orgasmo.
Ermal portò una mano tra le gambe del compagno, accarezzando la sua erezione al ritmo delle sue stesse spinte e pochi attimi dopo - mentre Ermal riversava il suo piacere dentro di lui - Fabrizio venne copiosamente sporcando la mano di Ermal e il pavimento.
Rimasero fermi per un attimo, cercando di recuperare fiato.
Poi Fabrizio, ancora accasciato sul tavolo, mormorò: "Sono talmente stanco che potrei quasi addormentarmi qui."
"Sì, anch'io. Ma preferisco trascinarmi fino al letto, almeno per dormire" rispose Ermal, mentre si scostava da Fabrizio e cercava di ricomporsi quel tanto che bastava per arrivare fino alla camera da letto.
Fabrizio si risollevò un attimo dopo, senza riuscire a trattenere un lamento. "Cazzo, che mal di schiena. Non ho più l'età per queste cose."
Ermal si lasciò sfuggire una risata.
Forse non era stata una buona idea farlo sul tavolo della cucina.
  Nonostante la stanchezza, non avevano dormito nemmeno un minuto.
Avevano passato tutta la notte sdraiati l'uno accanto all'altro a parlare.
Era cominciato tutto con Ermal che aveva raccontato ogni singolo dettaglio del concerto appena concluso. Da lì erano finiti a parlare degli instore di Fabrizio, del suo nuovo album, di quanto fosse difficile stare separati e di quanto fosse difficile per Fabrizio stare anche lontano dai suoi figli oltre che da Ermal.
Senza rendersene conto, la notte era passata. E andava bene così.
Si vedevano talmente poco che sarebbe stato stupido sprecare quelle poche ore insieme dormendo.
"Quando riparti?" chiese Ermal a un certo punto, con la testa affondata nel cuscino e gli occhi che ormai facevano fatica a restare aperti.
Fabrizio controllò l'ora sul cellulare, poi disse: "Tra un paio d'ore, così riesco a essere a Roma dopo pranzo."
Ermal annuì e chiuse gli occhi per un attimo, sentendo la stanchezza impossessarsi improvvisamente di lui.
"Ehi, non dormire" disse Fabrizio.
"Solo cinque minuti."
"No. Prima devo darti il tuo regalo."
"Regalo?" chiese Ermal stupito, riaprendo gli occhi.
"Pensavi davvero che sarei venuto a casa tua, la sera del tuo compleanno, senza nemmeno portarti un regalo?" disse Fabrizio alzandosi dal letto e andando a frugare nella tasca posteriore dei jeans.
Ermal lo guardò curioso, mentre Fabrizio tornava a letto tenendo tra le mani un foglio di carta piegato a metà.
"Cos'è?"
Fabrizio sospirò porgendogli il foglio. "Il tuo regalo. Cioè, non so se considerarlo proprio un regalo, però credo sia giusto che lo abbia tu."
Ermal, sempre più incuriosito, afferrò il foglio e lo aprì.
Impiegò meno di un secondo a capire che quello che aveva davanti agli occhi era il testo di Come Te, scritto con la calligrafia disordinata di Fabrizio.
Sorrise, consapevole che Fabrizio avesse scritto quella canzone per lui e che ora gli stesse dicendo a tutti gli effetti che era sua, che tutto ciò che c'era tra quelle righe era per lui.
"È il testo di Come Te" mormorò Ermal, la voce rotta per l'emozione.
"Non esattamente" disse Fabrizio.
Ermal lo guardò interrogativo. "Che vuoi dire?"
"È la prima bozza. La primissima stesura della canzone. Vedi che i versi non sono in ordine" disse Fabrizio indicando un punto su un foglio in cui, in effetti, i versi erano invertiti rispetto alla canzone che ormai Ermal conosceva bene.
"E c'è anche la data in cui l'ho scritta" aggiunse Fabrizio, indicando l'angolo in alto a destra del foglio che Ermal teneva tra le mani.
Ermal spostò lo sguardo e lesse la data tra sé e sé, poi sollevò lo sguardo verso Fabrizio e, quasi come se avesse bisogno di una conferma, disse: "8 settembre 2018. Il giorno del concerto di Emergency."
Fabrizio annuì. "Sì. La prima bozza l'ho scritta quel giorno."
"Non lo sapevo" mormorò Ermal riportando lo sguardo sul foglio.
Credeva di sapere tutto su quella canzone.
Sapeva che Fabrizio l'aveva scritta per lui, che parlava di loro e della loro storia. Sapeva anche che Fabrizio era stato indeciso fino all'ultimo momento sul destino di quella canzone, perché credeva che fosse talmente intima da dover restare chiusa in un cassetto e allo stesso tempo sentiva il bisogno di condividere i suoi sentimenti con il mondo.
Però non sapeva quando era stata scritta. Si era fatto una sua idea, ipotizzando che Fabrizio l'avesse scritta in un giorno qualunque, magari in un periodo in cui erano lontani e sentivano un po' di più la mancanza dell'altro.
E invece Fabrizio aveva scritto quella canzone più di sette mesi prima, in un giorno che non era stato uno qualunque e in cui avevano trascorso tantissimo tempo insieme.
"Quando l'hai scritta? Siamo stati insieme quasi tutto il tempo, quel giorno" chiese Ermal curioso.
"Un paio di versi mi sono venuti in mente durante il viaggio, mentre tu mi mandavi quei messaggi pieni di faccine arrabbiate perché ti avevo detto che non sarei arrivato in tempo per il soundcheck."
Ermal sorrise al ricordo.
"Il resto l'ho scritto quella sera, in albergo" disse ancora Fabrizio.
"Sei il tipo di persona che scrive cose romantiche sul proprio fidanzato, guardandolo dormire?" disse Ermal, prendendolo un po' in giro.
"Ma figurati! Mi avevi fregato le coperte e russavi come un trattore. Non riuscivo a dormire, tanto valeva scrivere qualcosa" rispose Fabrizio.
In risposta, Ermal gli lanciò in faccia un cuscino ritrovandosi ben presto coinvolto in una lotta a cuscinate senza precedenti.
Quando qualche minuto dopo, si ritrovarono esausti l'uno accanto all'altro, entrambi sorridevano.
Sapevano che avrebbero dovuto separarsi da lì a poco e che sarebbe passato un po' di tempo prima di rivedersi, ma non potevano fare a meno di sorridere se erano insieme.
  "Sicuro di riuscire a guidare? Siamo stati svegli tutta la notte, sei stanco..."
"Sono sicuro" affermò Fabrizio, appena un attimo prima di bere l'ultimo sorso di tè e di mettere la tazza vuota nel lavandino. Poi si avvicinò a Ermal e gli lasciò un bacio sulle labbra, quasi a volerlo rassicurare.
"Sarei più tranquillo se tornassi a casa in treno."
"Non posso lasciare la macchina qui, Ermal. Mi serve!"
Ermal si strinse nelle spalle. "Almeno avresti una scusa per tornare."
"Allora è questo il problema. Vuoi che io abbia una scusa per tornare qui" disse Fabrizio sorridendo.
"Forse."
"Ma io ce l'ho già una scusa per tornare qui" rispose Fabrizio.
Poi attirò Ermal a sé e lo baciò.
Ermal gli strinse i fianchi, mentre lasciava che Fabrizio approfondisse il bacio e lo spingesse contro il tavolo su cui poche ore prima avevano fatto l'amore.
"Ho ancora un po' di tempo" mormorò Fabrizio sulle sue labbra, mentre infilava le dita sotto la sua maglietta.
"Allora cerchiamo di sfruttarlo" rispose Ermal.
Appena terminata la frase, Ermal non ebbe nemmeno il tempo di riprendere a baciare Fabrizio. Il suono del campanello risuonò nell'appartamento, costringendoli ad allontanarsi.
"Aspetti qualcuno?" chiese Fabrizio.
Ermal sbuffò. "Mia madre e mia sorella. Credevo sarebbero arrivate più tardi."
Si avviò lentamente verso la porta seguito da Fabrizio, il quale non aveva proprio idea di come comportarsi.
Sapeva che Ermal aveva parlato alla sua famiglia della loro relazione e sapeva anche che la famiglia di Ermal aveva preso bene la notizia, soprattutto sua madre.
Lui però non aveva avuto modo di incontrarla - ad esclusione di quel breve attimo in cui Ermal gliel'aveva presentata la sera della loro vittoria a Sanremo - e non aveva la minima idea di come comportarsi.
Rimase qualche passo più indietro, in disparte, a guardare Ermal aprire la porta e sorridere a sua madre.
La donna non sembrava essersi accorta della sua presenza e stava informando Ermal che sua sorella sarebbe arrivata più tardi, mentre lei aveva pensato di arrivare prima per dargli una mano a cucinare.
Fabrizio sorrise tra sé pensando a quanto effettivamente Ermal avesse bisogno di una mano in cucina per non combinare un completo disastro.
"Oh, non pensavo avessi ospiti" disse a un certo punto Mira, accorgendosi di Fabrizio.
"Fabrizio mi ha fatto una sorpresa per il mio compleanno" spiegò Ermal.
Sua madre sorrise, poi si rivolse a Fabrizio e disse: "Ti fermi a pranzo con noi?"
"Mi piacerebbe molto, ma devo tornare a Roma. Ho promesso ai miei figli di passare un po' di tempo con loro" disse Fabrizio, parlando per la prima volta da quando la madre di Ermal era arrivata.
"Certo, capisco. I figli vengono prima di tutto" disse lei sorridendo. Poi aggiunse: "Capisco come mai Ermal ti ama così tanto."
Ermal abbassò lo sguardo, imbarazzato dal fatto che sua madre stesse parlando di lui come se nemmeno fosse presente. Anche se aveva detto solo la verità.
Ermal amava Fabrizio più di quanto avrebbe mai creduto possibile, e una delle cose che lo avevano fatto innamorare di più era stato proprio il rapporto che aveva con i suoi figli, così diverso da quello che lui aveva avuto con suo padre.
"Sicuramente non quanto io amo lui" rispose Fabrizio, spostando lo sguardo verso Ermal.
Ermal gli lanciò un'occhiata prima di dire: "Ancora con questa storia? Non puoi esserne davvero convinto."
"Infatti non lo sono, ma mi piace farti arrabbiare."
Mira sorrise per quello scambio di battute, rendendosi conto davvero di quanto si amassero e di quanto suo figlio fosse felice insieme a Fabrizio.
Mentre continuava a guardarli discutere, non poté fare a meno di ripensare a quante volte in passato aveva promesso a Ermal che un giorno sarebbe stato felice e avrebbe trovato qualcuno con cui condividere la sua vita, qualcuno che lo avrebbe amato davvero. Ermal era sempre sembrato titubante di fronte a quel discorso, come se vedere gli atteggiamenti di suo padre gli avesse fatto perdere fiducia nell'amore.
Eppure ora era lì, davanti a lei, a scherzare con un uomo che lo amava esattamente come meritava di essere amato.
Alla fine, nonostante tutto, aveva vinto l'amore.  
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tergestin · 6 years ago
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Chi era s'accabadora?
Fino a qualche decennio fa in Sardegna si praticava l'eutanasia.
Era compito di ''sa femmina accabadora'' procurare la morte a persone in agonia.
S'accabadora era una donna che, chiamata dai familiari del malato terminale, provvedeva ad ucciderlo ponendo fine alle sue sofferenze. Un atto pietoso nei confronti del moribondo ma anche un atto necessario alla sopravvivenza dei parenti, soprattutto per le classi sociali meno abbienti: nei piccoli paesi lontani da un medico molti giorni di cavallo, serviva ad evitare lunghe e atroci sofferenze al malato.
Sa femmina accabadora arrivava nella casa del moribondo sempre di notte e, dopo aver fatto uscire i familiari che l’avevano chiamata, entrava nella stanza della morte: la porta si apriva e il moribondo, dal suo letto d’agonia, la vedeva entrare vestita di nero, con il viso coperto, e capiva che la sua sofferenza stava per finire.
Il malato veniva soppresso con un cuscino, oppure la donna assestava il colpo di ''su mazzolu'' provocando la morte.
S'accabbadora andava via in punta di piedi, quasi avesse compiuto una missione, ed i familiari del malato le esprimevano profonda gratitudine per il servizio reso al loro congiunto offrendole prodotti della terra.
Quasi sempre il colpo era diretto alla fronte.
Il termine ''accabadora'' viene dallo spagnolo ''acabar'' che significa finire.
''Su mazzolu'' era una sorta di bastone appositamente costruito da ramo di olivastro, lungo 40 centimetri e largo 20, con un manico che permette un'impugnatura sicura e precisa.
In Sardegna s'accabbadora ha esercitato fino a pochi decenni fa, soprattutto nella parte centro-settentrionale dell’isola. Gli ultimi episodi noti di ''accabadura'' avvennero a Luras nel 1929 e a Orgosolo nel 1952. Oltre i casi documentati, moltissimi sono quelli affidati alla trasmissione orale e alle memorie di famiglia. Molti ricordano un nonno o bisnonno che comunque ha avuto a che fare con la signora vestita di nero.
La sua esistenza e' sempre stata ritenuta un fatto naturale,come esisteva la levatrice che aiutava a nascere, esisteva s'accabadora che aiutava a morire. Si dice addirittura che spesso era la stessa persona e che il suo compito si distinguesse dal colore dell'abito (nero se portava la morte, bianco o chiaro se doveva far nascere una vita).
Questa figura, espressione di un fenomeno socio-culturale e storico, e' la pratica dell’eutanasia e nei piccoli paesi rurali della Sardegna e' legata al rapporto che i sardi avevano con la morte, considerata come la conclusione del naturale ciclo della vita.
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ayahuascaitalia · 6 years ago
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Chi era s'accabadora?
Fino a qualche decennio fa in Sardegna si praticava l'eutanasia.
Era compito di ''sa femmina accabadora'' procurare la morte a persone in agonia.
S'accabadora era una donna che, chiamata dai familiari del malato terminale, provvedeva ad ucciderlo ponendo fine alle sue sofferenze. Un atto pietoso nei confronti del moribondo ma anche un atto necessario alla sopravvivenza dei parenti, soprattutto per le classi sociali meno abbienti: nei piccoli paesi lontani da un medico molti giorni di cavallo, serviva ad evitare lunghe e atroci sofferenze al malato.
Sa femmina accabadora arrivava nella casa del moribondo sempre di notte e, dopo aver fatto uscire i familiari che l’avevano chiamata, entrava nella stanza della morte: la porta si apriva e il moribondo, dal suo letto d’agonia, la vedeva entrare vestita di nero, con il viso coperto, e capiva che la sua sofferenza stava per finire.
Il malato veniva soppresso con un cuscino, oppure la donna assestava il colpo di ''su mazzolu'' provocando la morte.
S'accabbadora andava via in punta di piedi, quasi avesse compiuto una missione, ed i familiari del malato le esprimevano profonda gratitudine per il servizio reso al loro congiunto offrendole prodotti della terra.
Quasi sempre il colpo era diretto alla fronte.
Il termine ''accabadora'' viene dallo spagnolo ''acabar'' che significa finire.
''Su mazzolu'' era una sorta di bastone appositamente costruito da ramo di olivastro, lungo 40 centimetri e largo 20, con un manico che permette un'impugnatura sicura e precisa.
In Sardegna s'accabbadora ha esercitato fino a pochi decenni fa, soprattutto nella parte centro-settentrionale dell’isola. Gli ultimi episodi noti di ''accabadura'' avvennero a Luras nel 1929 e a Orgosolo nel 1952. Oltre i casi documentati, moltissimi sono quelli affidati alla trasmissione orale e alle memorie di famiglia. Molti ricordano un nonno o bisnonno che comunque ha avuto a che fare con la signora vestita di nero.
La sua esistenza e' sempre stata ritenuta un fatto naturale,come esisteva la levatrice che aiutava a nascere, esisteva s'accabadora che aiutava a morire. Si dice addirittura che spesso era la stessa persona e che il suo compito si distinguesse dal colore dell'abito (nero se portava la morte, bianco o chiaro se doveva far nascere una vita).
Questa figura, espressione di un fenomeno socio-culturale e storico, e' la pratica dell’eutanasia e nei piccoli paesi rurali della Sardegna e' legata al rapporto che i sardi avevano con la morte, considerata come la conclusione del naturale ciclo della vita.
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ao3feed-gravebone · 6 years ago
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~ Valentine’s Day. (“Io voglio…”)
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by feeltheromance, Vanlinlla
“Dovremmo fare un gioco, allora.” “Un gioco?” Cerca di capire dalla sua espressione se accettare sarebbe pericoloso, “Che tipo di gioco?” “Molto semplice.” Sorride, “Comincia con ‘io voglio…’: per ogni cosa che tu vuoi, te ne dirò una che voglio io, così saremo sempre pari. Che ne pensi?”
Words: 7097, Chapters: 1/1, Language: Italiano
Fandoms: Fantastic Beasts and Where to Find Them (Movies)
Rating: Explicit
Warnings: No Archive Warnings Apply
Categories: M/M
Characters: Credence Barebone, Original Percival Graves
Relationships: Credence Barebone/Original Percival Graves
Additional Tags: Slash, Male Slash, Love Confessions, Oral Sex, Gay Sex, First Kiss, Kissing, Chocolate, Valentine's Day, Valentine's Day Fluff, Fluff, Fluff and Smut, Smut, POV Credence Barebone, POV Original Percival Graves, Coming Untouched
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londranotizie24 · 2 years ago
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Paolo Ballardini presenta al pubblico il suo ultimo lavoro: “Miryam e Yosep – Il romanzo della natività”
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Di Simone Platania @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND Paolo Ballardini presenta al pubblico il suo ultimo lavoro: “Miryam e Yosep – Il romanzo della natività”. Paolo Ballardini e il suo ultimo lavoro presentato al pubblico: Myriam e Yosep-Il romanzo della natività Lo scrittore Paolo Ballardini presenta al pubblico il suo ultimo lavoro dal titolo: “Miryam e Yosep-Il romanzo della natività”. L'opera di Ballardini narra la vita dei genitori di Gesù nei pochi anni della concezione, della nascita e la fuga in Egitto. L’autore attraverso la rielaborazione del mito sulla base dei Vangeli canonici, degli Apocrifi e della prima letteratura apologetica, va ad amplificare e ad ampliare alcuni aspetti della storia, andando così, a crearne dei nuovi. Miryam è una donna molto religiosa e sognatrice, ha passato la sua infanzia all’interno di un orfanatrofio: “Il Tempio erodiano di Yerushalayim” e all’età di dodici anni iniziò ad avvicinarsi alla fertilità e per questo motivo che i sacerdoti decisero di chiamare un suo conterraneo: Yosep, il modo tale da poterli far sposare. Il romanzo mette in evidenza la difficoltà e la rabbia che Miryam prova nei confronti del suo futuro sposo. Il testo non solo va a narrare le vicende dei due protagonisti principali, ma ci racconta anche di miti religiosi che hanno costituito la storia del loro popolo attraverso le Scritture e la Tradizione Orale che, poi verrà conosciuta da noi sotto il nome dell’Antico Testamento. Inoltre, l'opera è arricchita anche dai miti di resurrezione e da ciò possiamo intuire il lavoro certosino che l’autore ha svolto affinché noi lettori potessimo cogliere l’essenza del romanzo stesso. Per ultimo e non di minore importanza è il contesto in cui esso viene ambientato; a livello geografico, storico, religioso e culturale. Tutto ciò ci viene presentato con delle descrizioni ben curate. Soprattutto si può scorgere attraverso la lettura la ricerca fatta e lo sfondo realistico che va a unirsi con la realtà. L’autore si pone un obiettivo: trasformare noi lettori in un personaggio antico e farci adattare in maniera egregia alla storia, con me l’esperimento è riuscito, infatti mi sono totalmente immersa non solo nella lettura ma, anche nelle azioni e nell’emozioni dei protagonisti. “Un mito non corrisponde necessariamente ai fatti. A volte rielabora eventi effettivamente avvenuti, a volte spaccia come storia bisogni umani che hanno trovato espressione in allegorie e vicende immaginarie.” Paolo ... Continua a leggere su www. Read the full article
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valucciasims · 7 years ago
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Day 1 - Fatal Error
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Buonsalve! Benvenuti/e nel primo giorno di vita di Lorelayne McDougall. Della sua nuova vita. La nostra cara giovincella dai capelli rossi, infatti, si è appena trasferita dal CAS, in un lotto vuoto di Windenburg, ha speso tutti i simoleons che aveva a disposizione per acquistare una roulotte [nb. Grazie di esistere, Motherlode!] ed a partire da questo giorno… questa sarà la sua nuova casa. Lor: “Vuoi dire che sarò costretta a vivere in questa topaia fino alla fine dei miei giorni simmici?! O.o” val: “Anche di più. Il passaggio d’età è disattivato, quindi non invecchierai mai… ^.^” Lor: “Dove caspita sta il Motherlode quando hai più bisogno di lui? ç_____ç”
Dicevamo. Dopo aver tragicamente realizzato che non si vive d’aria, la nostra inizia a piantare dei peperoni, in modo da avere qualcosa da vendere al momento del raccolto od almeno qualcosa con cui sfamarsi.
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Dopo aver rivolto uno sguardo più che soddisfatto al frutto del suo lavoro…
Lor: “Guarda che il peperone non è mica un frutto u_u”
val: “ =______=”
Dopo aver rivolto uno sguardo più che soddisfatto al PEPERONE del suo lavoro…
Lor: “Oh, ora va decisamente meglio! ^.^”
val: “O.o”
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…la stramba rossa decide che è giunto il momento di godere di un po’ di meritato riposo, quindi, armata di una mappa e di un pessimo senso dell’orientamento, finisce nella piscina municipale cittadina. Lor: “Qui c’è qualquadra che non cosa…”
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E sì. Per una volta la dolce donzella c’ha visto giusto ed in un attimo lo sconforto si impossessa di lei.
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E’ capitata proprio durante la lezione di aquagym della terza età, quindi è circondata da anziani in ogni dove. Decide di allontanarsi, in stile rana, con nonchalance dalla piscina, per dirigersi verso nuove avventure. 
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Fu così che incontrò la simmina n. 1…
Lor: “Cioè… come si chiama?” val: “Non me lo ricordo u_u” Lor: “Ma se in queste foto, dopo aver parlato con lei per ore, mi ritrovo addirittura ad abbracciarla! O.O”
val: “L’hai abbracciata TU ed IO devo sapere come si chiama? Che assurdità”
Riprendiamo. Dopo diverse ore trascorse a chiacchierare come se si conoscessero da sempre...
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...la simmina n.1 si congeda dalla nostra protagonista a causa di un impegno ed è a quel punto che la nostra poveretta, ignara di cosa le sarebbe accaduto di lì a poco, decide di fare il passo più lungo della gamba e di tornare in piscina. In realtà ne ha fatti diversi di passi, ma non starò ad annoiarvi con millemila foto, quindi vi beccate solo questa.
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Lor: “Ma se sono una ballerina provetta! Guarda che movenze, tiè!”
Movenze che hanno attirato l’attenzione di un noto residente di Windenburg, ovvero il rachitico Jacques Villareal che, con quel costumino addosso, ti fa venire subito voglia di fargli una flebo di liquidi e rimpinzarlo fino a farlo implodere ^____^”””
La rossa, sentendosi fortemente a disagio, tira fuori uno dei metodi salva-vita più antichi del mondo: fa finta di essere impegnata in una conversazione telefonica. Quando lo smarthphone è la tua salvezza. [nb. L’abbiamo fatto tutti/e almeno una volta nella vita, quindi non negate :’D]
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Ancora sotto shock, la nostra fugge dalla piscina comunale, per dirigersi al parco di Willow Creek [nb. Dietro l’angolo, in pratica u_u] dove… indovinate chi incontra? Ma la simmina n.1, no?!
Lor: “Quel vecchio maniaco mi veniva dietro come una gallina starnazzante…”
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Sn1: “…” Lor: “Ma sono furba io e l’ho lasciato in quella piscina piena di anziani…”
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Sn1: “…….” Lor: “Sono o non sono un genio? Sono riuscita a seminarlo con estrema facilità! Se vuoi ti insegno. Sai com’è… con tutta la gentaccia che c’è in giro…”
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Sn1: “Stai bene, vero?” 
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Incurante della domanda della simmina senza nome, la nostra si dirige verso il chioschetto degli hot-dog, mossa da un languore che… Ambrogio scansate proprio. Peccato che la sua infallibile tecnica di depistaggio sia tutt’altro che infallibile ed in men che non si dica, si ritrova il Villareal al suo fianco, pronto ad offrirle il pranzo. Con ancora l’orrendo costumino addosso, eh.
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JV: “Posso offrirle qualcosa, bella madamigella?”
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Lor: “val… ma come parla questo qua?” val: “Ha 90 anni per gamba, tesoro mio, è un modo di esprimersi di altri tempi… tempi oramai andati…”
Ed anche la nostra se ne va. Con in mano un hamburger ed una limonata riesce a liberarsi dall’assedio del Villareal, detto “lo stalker”, per poi accomodarsi accanto alla simmina n.2, in cerca di un posto in cui consumare il suo pasto inDISTURBATA.
Lor: “Salve, il mio nome è Lorelayne. Posso sedermi qui per mangiare un boccone?!”
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Errore fatale numero 2. Giusto per infierire. La simmina dal particolare colore di capelli, infatti, non solo lascia accomodare tranquillamente Lorelayne, ma inizia a raccontarle tutti i problemi della sua vita amorosa ed in un attimo l’espressione sul volto della nostra povera sfigata… cambia. 
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val: “Tutto bene? L’hamburger è cattivo, per caso?” Lor: “Magari…” 
*non smette di parlare nemmeno per respirare* 
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Lor: “Perché tutte a me?! ç_____ç”
Tuttavia la nostra, scaltra come una faina in coma, riesce a liberarsi anche dalla simmina n.2 con la scusa di andare in bagno ed è qui che commette l’errore n.3 della giornata [nb. Che non è ancora finita, poveri noi!]. Qualcuno, e no… non UNO a caso, la sta aspettando proprio in bagno: il caro Stalker Villareal.
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Decisa a sfangarla anche questa volta, la nostra afferra uno spazzolino da… vi prego… non fatemi dire da DOVE l’ha tirato fuori perché non voglio risultare volgare. Afferra uno spazzolino [nb. Speriamo che almeno sia il suo :O] ed inizia a lavarsi i denti con vigore, nemmeno fosse impegnata a pubblicizzare una qualsiasi marca di dentifricio, con la scusa che l’igiene orale è importante. 
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Alla fine, dopo essere riuscita a svignarsela per la terza volta in poche ore, decide di distrarsi un po’ sulla pista di pattinaggio. Pessima idea. u_u 
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Lor: “Temo di non essere troppo portata u_u” 
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val: “Ma dai? Da cosa l’hai dedotto? ^___^””” “ Prima di tornare a casa… Lor: “Casa? QUALE casa?”
Dicevo. Prima di tornare alla roulotte, come se non ne avesse mai abbastanza, la nostra adorata svampitella commette l’errore n.4 della giornata [nb. Che, fortunatamente, è quasi giunta al termine u_u], decidendo di sedersi su una panchina del parco, per ammirare il verde circostante.
val: “Vivi in una roulotte in mezzo alla natura. Ammirare il verde da lì… no, eh? u_u”
Ecco che ti sbuca la simmina n.4, che inizia a lamentarsi della sua vita.
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Ed è a quel punto che forse, stanca della giornata che sta quasi per giungere al termine, la nostra sbrocca letteralmente contro la poveretta di turno… 
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…che reagisce con questa espressione. 
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Cosa le avrà mai risposto la nostra Lorelayne? Personalmente, una mezza idea ce l’avrei e credo faccia rima con palAZZO, ma… sorvoliamo. u_u
Lor: “E quando ce vò, ce vò!”
val: “Amen!”
Così la nostra, stremata da questa prima giornata a Windenburg, torna alla roulotte, si concede una rapida doccia…
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…e crolla tra le braccia di Morfeo. Perché Morfeo può, ma il Villareal… no.
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...valucciasims
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