#esco di casa guardo per aria
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cieli di seta tra le Giulie nubi iridescenti #escodicasaguardoperaria
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5:50 A.M
Il suono assordante e fastidioso della sveglia mi riporta nel mondo reale, guardo con odio il mio telefono e alzo gli occhi sentendo mia madre dall'altra stanza, ancora immersa nel sonno, mugugnare parole senza senso, anche se sono versi insignificanti riesco comunque a capire il significato, ossia "alza il culo e spegni sta cazzo di sveglia";
mentre la sveglia suona insistentemente da cinque minuti decido che per alzarmi me ne servono altri dieci, certo non mi dispiacerebbe dormire per due anni o più, ma nel frattempo dieci minuti mi bastano perciò rimando la sveglia col disappunto di mia madre...
6:05 A.M
La sveglia suona di nuovo ovviamente, non so casa pensassi quando l'ho rimandata, magari che non suonasse e mi lasciasse a casa a dormire per il resto della vita, oppure che in circostanze misteriose il mio telefono morisse e io avessi la scusa per dire "non so che è successo ma non è colpa mia", ciò non accade e come quasi ogni mattina mi alzo lottando contro il mio cervello ancora in fase di installo; ma il mio corpo non risponde e perciò mi trascino per terra e mi siedo davanti la stufa come ogni mattina.
- "Alzati Era e vieni a fumare con me" dissi alla ragazza sul mio letto, di cui non ho ancora deciso se fidarmi o meno
- "Io sono sveglia già da mezz'ora, e ho fumato già due sigarette" mi disse lei con aria di superiorità e quel tono sarcastico e menefreghista che la contraddistingue
- "Non mi importa, da quando ti preoccupi di quanto fumi?" Dissi guardandola storto
- " Ok ok, ma non essere così scontrosa, giornata no?" Disse Era avvicinandosi e sedendosi rannicchiata accanto a me davanti la stufa
- "Vita no direi" mi accesi una sigaretta e mi imbambolai guardando il vuoto, Era non disse altro ne commento la mia risposta cinica e acida sapeva cosa non andava e lo sapevo anche io ma nella mia vita o c'è il silenzio o una crisi, scelsi saggiamente la prima.
6:20 A.M
Buttai il mozzicone della sigaretta finita, in una coppa vinta un paio di anni fa in una gara, mi ricordo che era una gara molto importante per me e quando arrivai tra i primi tre ero fiera di me, ma ormai il tempo è passato e tutto è cambiato compresa me quindi, non so come né quando, sono finita a usare una coppa che rappresentava una vittoria molto importante per me come ceneriera... E questo la dice lunga su i miei ultimi anni.
Striscio fino allo specchio, avevo sistemato le cose nella mia camera con precisione la coppa/portacenere vicino la stufa insieme al mio pacchetto di sigarette, la borsa dei trucchi per terra a pochi centimetri dallo specchio del mio armadio, non dovevo manco alzarmi e avevo imparato a vestirmi prima di dormire sua che mi addormentassi alle tre di pomeriggio sia che mi addormentassi alle tre di notte, così la mattina avrei solo dovuto truccarmi, se ero in vena, prendere il mio zaino con dentro gli stessi due libri da più di tre mesi e andarmene a prendere l'autobus.
Era un metodo studiato avevo abbastanza tempo e anche se mi fossi svegliata alle sei e mezza avrei potuto prendere l'autobus, facevo già troppa strada per andare a scuola e la mia giornata scolastica era già pesante così senza che mi impegnassi particolarmente;
spesso non riuscivo a comprendere come cazzo facevo a farmi un ora di autobus e tutta quella strada per andare in una scuola che mi piace ma in cui non faccio un'emerita minchia, visto la mia difficoltà ad alzarmi anche solo dal letto eppure lo facevo quasi sempre.
6:35 A.M
Appena guardai il telefono e vidi che ore erano mi resi conto che ero rimasta per quindici minuti buoni seduta nella stessa posizione a non fare nulla, a quanto pare per oggi niente trucco, non so neanche se faccio in tempo ad allacciarmi le scarpe quindi senza sprecare altro tempo, la mia attività preferita, mi alzo prendo le chiavi di casa metto le scarpe, senza allacciarle appunto, mi precipito in cucina prendo le mie solite pasticche della "felicità" ed esco.
6:45 A.M
- "Come è possibile che non arriva sono qui a congelarmi il culo da dieci minuti" dissi spazientita
- "Se ti mettessi un giubbotto ora non avresti freddo" disse Era con una tranquillità destabilizzante
- " Come minchia fai a essere così calma io sono qui in ansia per aver perso l'autobus e tu sei lì come se nulla fosse" nel mentre il mio telefono vibrò non mi serve neanche guardare per sapere chi è
- " 1. Girati la navetta è arrivata, 2. Fai questa scenetta tutti i giorni, 3. Rispondi al tuo ragazzo e spero per lui che non abbia perso di nuovo l'autobus."
Rimasi bloccata per un istante, non sono ancora abituata a non saper rispondere salì sulla navetta che mi avrebbe portato al mio autobus, aspettai prima di salire sull'autobus a rispondere al telefono.
Samu il mio ragazzo quando leggo il suo solito buongiorno sorrido ancora nonostante lo faccia tutti i giorni da cinque mesi, non so come mi sopporti o come riesca ad amarmi sono una stronza il più delle volte e faccio le peggio cazzate ma lui è ancora qui nonostante tutto...
- "Siete disgustosi" Era interruppe i miei pensieri
- "Lo dici sempre, ma lui mi fa stare bene" Era lo sapeva perfettamente e nonostante i sui commenti, sperava anche lei che questa cosa tra me e Samu durasse
La ragazza seduta accanto a me, Sara una mia conoscente mi tiro una gomitata, e mi spinse a guardarla, lei guardò verso Era seduta in un posto vuoto più avanti al mio,
- "Con chi stai parlando?" Disse Sara stranita io guardai Era e poi Sara
- "Con nessuno pensavo ad alta voce" dissi sapevo perfettamente che Era non esisteva veramente ma era frutto della mia immaginazione ma a volte me lo scordavo... Sembra così reale.
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EDSXEROS
Grazie . . Amiche
Le porte dell'ascensore si aprono, esco e mi trovo nella hall dell'albergo, qui mi sento a casa mi sento accolta, è il mio buen retiro che uso quando ho viaggi di lavoro in questa zona, così finiti i meeting mi dedico un po' a me stessa; mi dirigo verso la reception, voglio farmi questo regalo ho bisogno di rilassarmi…spero di non trovare gente al check in visto che sono in accappatoio, non vorrei prendere freddo, fortunatamente c'è solo un uomo che dall’abbigliamento sembra appena arrivato, sta ridacchiando con la biondina al banco che gli sta spiegando gli orari dei pasti e l'accesso alla piscina…a vederlo è un bel tipo ma lo squadro subito come uno che ci prova con tutte, si accorge di me ma io distolgo lo sguardo e mi rivolgo all'altra receptionist “Cara vorrei prenotare la sauna privata per domani pomeriggio dalle 15:00 alle 18:00, è possibile?”
“Oh mi spiace signora Annarelli, è appena stata prenotata dal signore lì”…
Mi giro verso il tipo e lo vedo appoggiato con il gomito al bancone che mi fa cenno con la mano, come a dire sono io…la receptionist mi propone l'orario successivo ma a me non va bene, mi giro di nuovo verso il tipo che mi sta osservando divertito, istintivamente mi chiudo meglio l'accappatoio all'altezza del seno, il suo sguardo mi imbarazza “È andato bene il suo massaggio?” mi chiede la ragazza “Si benissimo, Adriana ha le mani d'oro, va bene dai grazie lo stesso" mi dirigo verso l'ascensore, sento che lui saluta le ragazze e prende le sue cose, l'ultima cosa che voglio è trovarmi in ascensore da sola con lui, quindi mi affretto ad entrare e schiaccio il pulsante del mio piano, mentre le porte si chiudono vedo il suo viso un po' imbronciato, pericolo scampato, ho fatto appena in tempo.
All'ora di cena scendo nella sala ristorante, scelgo un tavolo libero e vado verso la zona buffet, prendo un piatto e mi metto in fila, mentre sto prendendo una pietanza mi sento sfiorare la schiena e una voce mi chiede “Mi sta ancora odiando?” mi volto e vedo il tipo che avevo incontrato alla reception “Un po', ma è stata colpa mia, avrei dovuto prenotare la sauna subito al mio arrivo, come ha fatto lei” non ho molta voglia di fare conversazione e cerco di tagliare corto “Cena da sola?” mi chiede “Si sono sola"
“Allora vengo al suo tavolo" mi volto e lo guardo stupita e penso che è proprio un tipo impertinente, certo si presenta bene ed è molto sicuro di sé, spero sappia quello che fa…mentre mangiamo ci presentiamo mi chiede di me e del mio lavoro, do risposte vaghe e stringate come sono solita fare quando una persona non mi fa tutta questa simpatia, lui rimane gentile e cortese e comprende che dopo le riunioni avevo deciso di ritagliarmi qualche ora per me…”Quindi dovrò farmi perdonare…” mi dice appoggiandosi allo schienale della sedia…”perché non divide la sauna con me? Io sono solo, lei pure…a meno che non aveva in mente qualcuno da invitare…non sono un tipo geloso”
“No, non avevo in mente nessuno…e comunque la mia idea era di rilassarmi”…
“Sarà mia premura che ciò avvenga, sono maestro di yoga, far rilassare è la mia specialità” mi guarda sornione, devo dire che provo un po' di imbarazzo, la sua presenza non mi è del tutto indifferente e forse la sua proposta non è niente male, in fondo saprò gestirlo penso ma gli rispondo che ci penserò…ero certa avrebbe insistito invece lascia cadere sul tavolo il tovagliolo che teneva in mano e si alza “Senta, facciamo così...cara signora Annarelli" dicendolo con aria un po' canzonatoria “la sauna è prenotata dalle 15:00, mi bussi e io le aprirò, spero di vederla"… accosta la sedia al tavolo mi augura buon riposo e se ne va; mi volto e seguendolo con lo sguardo lo vedo lasciare la sala ristorante, mi indispone che se ne sia andato così, lo trovo un atteggiamento da cafone e da pallone gonfiato, finisco di cenare e mi ritiro nella mia stanza, l'indomani ho una riunione importante e voglio riposare bene, ripenso a quanto avrei avuto bisogno della sauna dopo, all'invito di Mauro, il maestro di yoga, ma il modo in cui se né andato non mi ha lasciata indifferente, mi accorgo di pensarci spesso, la sua spavalderia e sicurezza mi attraggono e mi infastidiscono allo stesso tempo, lo credo uno abituato che le donne gli corrano dietro e probabilmente pensa che lo farò anch'io, si sbaglia proprio, mi preparo per la notte e vado a dormire.
L'indomani mi sveglio presto e scendo a fare colazione, mi guardo intorno per vedere se scorgo Mauro ma evidentemente la mattina non abbiamo gli stessi orari, il fastidio che mi aveva procurato la sera prima si è un po' attenuato e ripenso al suo invito, con quella sua aria serafica che fa tanto zen e comincio a pensare che forse potrebbe essere un'opportunità carina da cogliere…mi concentro sulla riunione importante che avrò e lascio a dopo la decisione finale.
Dopo la riunione torno in camera, mi tolgo i tacchi e mi accascio sul letto, decido che accetto l'invito e andrò alla spa privata, ho il tempo di riposarmi un po' e poi scendere, voglio proprio rilassarmi e se non avrò voglia di fare conversazione glielo farò capire…mezz'oretta prima mi faccio una doccia e mi metto un costume, scelgo quello nero, senza ferretti e imbottiture, mi metto l’accappatoio e scendo al piano della sauna…ci vado con calma, arrivo qualche minuto dopo le 15:00…preferisco farmi aspettare, busso alla porta a vetri oscurati, mi sento leggermente emozionata, non è da me, ma in fondo è quasi un appuntamento al buio…lui apre, me lo trovo davanti a petto nudo, avvolto in vita da un asciugamano bianco e infradito ai piedi “Mi fa piacere sia qui, la stavo aspettando” mi dice spalancando la porta “Davvero sperava venissi? Ero indecisa fino all'ultimo" dico con tono quasi infastidito “Lo so, per quello ho deciso di uscire di scena così presto ieri sera, lei è una donna abituata a prendere le decisioni in autonomia, ho preferito lasciarla decidere in pace” direi che ha colto nel segno e la cosa mi piace ma mi irrita che sia venuto ad aprirmi così, si è già messo bello e comodo, ma d'altronde siamo in una sauna, mica ad un convegno, una parte di me si chiede perché ho accettato l'invito ma dall'altra parte noto il fisico scultoreo che ha, lo trovo molto attraente e gli occhi mi cadono sul suo fondoschiena fasciato dall'asciugamano e mi domando se sotto porta il costume, spero non voglia dare spettacolo, mi porge un flûte di prosecco che intanto aveva aperto…”Prosecco in sauna?” sorrido ammiccante “Così si scioglie un po'…” mi giro e vedo che ha fatto preparare anche della frutta, chicchi d’uva e spicchi di clementine e le bottigliette d'acqua “Prego si metta comoda, se desidera vicino all'entrata c'è un piccolo spogliatoio"
“Sono già comoda" mi tolgo l'accappatoio e lo adagio su una sdraio, lui si siede a bordo del letto ed è intento a guardarmi, mi sento il suo sguardo addosso e non so se sono più in imbarazzo o più infastidita dal suo comportamento “Lei è parecchio tesa, lo noto dalla sua postura, è stata una mattinata pesante?” mi chiede “Si piuttosto impegnativa"
“Mi piacerebbe mostrarle qualche tecnica di rilassamento”
“Mh vedremo..” prendo un telo e mi dirigo verso la sauna finlandese, vengo avvolta dal calore, appoggio il telo sul legno e mi ci distendo sopra, entra anche Mauro “Resta in costume?” mi chiede salendo sulla panca più in alto difronte a me “Si preferisco" mi sento osservata ma cerco di non farci caso e chiudo gli occhi, provo a distrarlo chiedendogli come si è avvicinato al mondo dello yoga, lui comincia a raccontare, mi parla delle sue passioni, fra cui le arti marziali, il ciclismo e intanto penso che ha davvero una bella voce, la sua parlata laziale con alcune inflessioni toscane mi piace da morire, non so se è l'effetto del calore o la sua voce ma mi sento percorrere da brividi caldi, mi giro verso di lui per guardarlo e noto da sotto l'asciugamano che non porta il costume, mi volto immediatamente anche se avrei voglia di guardarlo nuovamente, lo vedo in completa sintonia con il proprio corpo, emana molta sicurezza, purtroppo devo ammetterlo ma quest'uomo mi intriga “Ha mai provato l'Aufguss?”
”No, che cos'è?”
“Si tratta di sventolare un asciugamano all'interno della sauna, è un rituale, glielo faccio provare" scende dalla sua panca e va a prendere delle cose, rientra con delle palle di neve ghiacciata che aveva preparato prima, ci versa sopra degli olii essenziali, adagia le palle di neve sulle pietre roventi e con un colpo del mestolo per l'acqua le spacca, immediatamente sprigionano la loro essenza nell'aria calda, io mi sollevo e mi metto seduta, lui prende un asciugamano, accende la musica e comincia a far roteare l'asciugamano sopra la sua testa, l'odore delle essenze riempie l'ambiente, lui si muove con eleganza e maestria, ogni movimento è studiato, sembra stia danzando è bellissimo da osservare ha un fisico asciutto, slanciato, guardo le sue braccia scolpite, il suo torace, i muscoli della schiena quando si gira e poi mi cade l'occhio su quel telo che ha attorno alla vita, quanto vorrei gli cadesse a terra, lo desidero, si desidero vedere nudo quest'uomo, che danza per me come un dio greco, madido di sudore “Ora con dei colpi dell’asciugamano dirigerò il getto di vapore caldo verso di lei, si rilassi" mi dice ansimando un po', lo trovo estremamente eccitante e mi sorprendo a fare pensieri erotici su di lui, lo immagino nudo addosso a me che si muove lascivo, chiudo gli occhi e mi godo le vampate di calore che arrivano intense come onde, ad ogni gettata di vapore tiro indietro la testa, è un'esperienza bellissima, quando apro gli occhi vedo che mi guarda compiaciuto, comincio a gocciolare, mi sembra di andare in fiamme, inarco il collo e socchiudo leggermente le labbra, all’improvviso sento prendermi il viso, sento la sua bocca sulla mia e la sua lingua che si fa strada nella mia bocca, siamo entrambi roventi e sudati, il calore generato dal suo bacio si mescola al calore della sauna, io mi lascio baciare, lui si stacca “Mi scusi, ma non ho resistito, sembrava in estasi" e lo ero pensai, resto a guardarlo incantata e quasi delusa si sia fermato ma il calore è davvero alto…”Ci conviene uscire" mi dice, mi aiuta ad alzarmi, mi avvolgo nell'accappatoio e mi distendo sulla sdraio, lui va verso le docce , si toglie il telo che lo copriva, lo osservo nudo mentre si rinfresca sotto la doccia dandomi le spalle, ha un fondoschiena bellissimo e comincio a provare desiderio, è proprio un bel tipo e avrei voglia di raggiungerlo ma mantengo il mio apparente controllo, mi accorgo che mi sta guardando da uno specchio posto davanti a lui, ha visto che lo guardavo e la cosa mi fa arrossire, mi giro di scatto e spero lui faccia finta di niente ma ne dubito, sento che esce dalla doccia “Dovrebbe rinfrescarsi, prometto che io non la guarderò” chiudo gli occhi imbarazzata e sorrido e decido che forse è il caso di sciogliersi un po', lui è nudo ma va a prendere un telo asciutto e si copre nuovamente, la vista del suo corpo nudo mi ha eccitata ancora di più così vado anch'io sotto la doccia a rinfrescarmi “Si tolga quel costume!” mi urla da oltre il vetro, si sta asciugando e intanto mi osserva, mi piace il suo sguardo su di me , l'acqua fa inturgidire i miei capezzoli che si intravedono da sotto la stoffa del costume, mi lascio guardare, vorrei mi raggiungesse ma resta lì a guardarmi “Ho un'altra cosa in mente per farla rilassare" mi dice “Comincio a pensare che lei sia stato ingaggiato dalla mia azienda come premio produzione" gli dico sorridendo , lui mi apre la porta della doccia e mi aiuta a rimettermi l'accappatoio dopodiché va a prendere una boccetta di olio e l’appoggia sul letto “Si asciughi bene, sicura che non vuole togliersi il costume? Non le da fastidio?”
“No sicurissima"
“Ok…dai le faccio fare un esercizio per riallineare la colonna vertebrale, si distenda qui" decido di collaborare “Va bene maestro" lui si mette a carponi davanti a me “Inspiri e si rilassi ora, si affidi a me" sorrido, mi sta affascinando da morire e voglio godermi le sue attenzioni “Sollevi le gambe" mi dice prendendomi le caviglie, le sollevo, lui mi tiene i piedi “Espiri, svuoti l'aria dai polmoni" e mentre lo faccio mi porta le gambe sopra la pancia, sono in una posizione assurda ma mi lascio guidare “Questa posizione si chiama Ananda Balasana e conferisce una sensazione di calma e serenità” in realtà io sto prendendo fuoco, lui mi tiene i piedi, è a pochi centimetri da me mezzo nudo, sento le sue mani calde, la sua voce suadente mentre mi dice di respirare lentamente e rilassarmi, prende l'olio e comincia a massaggiarmi i piedi, poi me lo passa sulle gambe, ha un bel tocco, mi sto lasciando andare, vorrei le sue mani dappertutto, si alza e prende un cubetto di ghiaccio, comincia a passarmelo sui piedi “Che sensazione particolare" mi accorgo di essermi completamente abbandonata, ho allentato le mie resistenze e mi godo lo spettacolo di quest'uomo che desidera solo farmi stare bene, chiudo gli occhi, sento che gli cade il ghiacciolo, gli cade in mezzo alle mie cosce, vorrei prenderlo ma Mauro mi ferma, dicendomi che ci pensa lui, per prenderlo mi sfiora le parti intime, indugia, sento le dita che cercano di afferrare il cubetto di ghiaccio risalendo sui miei slip “Insomma è tanto difficile?” chiedo imbarazzata “Ho le dita scivolose per l'olio, forse dovrei usare la bocca…” si abbassa e lo afferra con le labbra baciandomi attraverso il costume, tiene il ghiacciolo tra i denti e me lo appoggia sul ventre, si risolleva io lo guardo eccitata, mi tocca una gamba si avvicina con il viso, sento la sua barba che mi accarezza e mi bacia “Bacerei ogni centimetro del tuo corpo ora Milena" mi dice con voce spezzata dal desiderio “Allora fallo" si adagia su di me, faccio scivolare una mano sotto il suo asciugamano, mi bacia, sento la sua eccitazione, ho voglia di lui, di lasciarmi amare da quest'uomo che ha fatto uscire la mia parte più nascosta, la donna, la femmina, la mia parte erotica e sensuale che ultimamente ho trascurato, i suoi baci sono focosi, le sue mani mi esplorano, mi libera dal costume e bacia ogni centimetro del mio corpo che freme di desiderio per lui, gli tolgo il telo che lo copre, mi dice in continuazione “Sei bellissima” lo facciamo in modo carnale e vorace, respirando dalle nostre bocche l'orgasmo l'uno dell'altra…”Sto bene" gli sussurro all'orecchio, distesa e appagata accanto a lui, sento una serie di messaggi al cellulare “La cercano manager" mi dice… sorrido e alzandomi prendo qualche chicco d’uva “Vado a vedere chi mi cerca" apro la borsa e prendo il cellulare, apro Whatsapp, è la chat delle ragazze, le mie amiche, un messaggio da parte di Lina: “Ehi Milena, piaciuta la sorpresa?”
Irene: “Si Milena raccontaci, ti è piaciuto il maestro?” io raggelo, guardo Mauro ancora sdraiato nudo, riguardo il cellulare, mi tremano le mani, rispondo…”Fatemi capire, era tutto combinato?”
Elena: “Si, e poi non dirci che non ti vogliamo bene!" chiudo la chat mi rivesto in fretta, Mauro mi vede “Ehi che succede? Perché non vieni qui?” allungando il braccio verso di me “La tua recita è finita, vado via" dico rimettendomi l'accappatoio “Ma che stai dicendo…ma chi era al cellulare?”
“Le mie amiche, quelle che ti hanno ingaggiato, mi sento una stupida"
“Perché? Si è vero era tutto organizzato, ma ti assicuro che…aspetta…hai frainteso…” non fa in tempo a finire che esco dalla Spa privata, sono furibonda, con me stessa, con lui, con le mie amiche, mi viene da piangere e penso “Per una volta che mi lascio andare…” arrivata in camera mi siedo sul letto avvilita, sento suonare il cellulare, è Elena, rispondo “Ehi Milena, tutto bene?”
“Ma cosa vi è saltato in mente?”
“Perché non ti è piaciuto? Non ti sei rilassata"?
“Ma dove l'avete trovato?”
“È il maestro di yoga di me e Irene, gli abbiamo chiesto di organizzare qualcosa di carino per te, dopo la riunione, sapevamo che avresti sicuro prenotato la Spa privata…dai non ti è piaciuto?”
“Si ma chi è… anche una specie di gigolò?”
“Gigolò? Ma che dici Milena?”
“Dopo il massaggio avrebbe dovuto sedurmi?”
“Sedurti? Ma che è successo scusa?”
“No fammi capire, lui cosa doveva fare?”
“Farti rilassare con lo yoga"
“E basta solo questo?”
“Ma certo…non ti sei rilassata?”
“Si si, ma con voi c'ha mai provato?”
“Ma no Milena, che dici, è un tipo serio, professionale, è un gran figo si ma con noi è sempre stato serissimo, ma qualcosa è andato storto?”
“No no, sono io che ho pensato male, anzi grazie della sorpresa, appena torno ci vediamo, ringrazia tutte, a presto" lancio il cellulare sul letto e mi porto una mano alla fronte, come il solito la mia impulsività mi ha fatta scattare, guardo l'ora sono le 18:00 passate, ormai Mauro non sarà più in sauna, mi faccio una doccia e mi preparo per la cena, spero di vederlo lì e chiarirmi con lui; prima di cena passo in reception e prenoto una Whirpool per 2 con spumante e atmosfera romantica e vado a cenare; lui non c'è, mi prendo un'insalata tanto non ho fame, non lo vedo arrivare e spero non se ne sia andato, torno in reception e chiedo a Cristina se mi può dire in che camera dorme Mauro, gli dico che lo conosco e che devo parlargli, mi fa il favore di guardare “Si è ancora qui, stanza 215”
“Grazie Cristina" corro su, trovo il suo piano, ho il cuore in gola, non so cosa gli dirò ma spero mi perdoni, busso…mi apre, ha un'espressione seria, mi saluta “Posso entrare?”
“Si prego" entro e vedo la valigia sul letto “Vai via anche tu domani?”
“Si"
“Mauro scusami” gli dico prendendogli un braccio “scusami se sono andata via così”
“Che ti è preso?”
“Mi hanno detto della sorpresa, ho pensato fosse stato combinato anche…quello che è successo tra noi…”
“Hai frainteso, te l'ho detto"
“Si, l'ho capito, senti perché non lasci questa valigia e scendi voglio farmi perdonare, dai tira fuori di nuovo il costume, ti aspetto al centro benessere, troverai aperto”
“Senti sono stanco”
“Lo so immagino, ma ci tengo, dai per favore"
“Ok, dammi qualche minuto"
“Si certo, ci vediamo giù” esco e vado a prepararmi, scendo al centro benessere, trovo la Whirlpool accesa, le luci soffuse, è tutto perfetto, mi tolgo il costume e decido di aspettarlo nuda nella vasca, vedo aprirsi la porta, è lui, è bellissimo ed è in accappatoio “Si metta comodo maestro” gli dico ammiccante, lui incrocia le braccia “Sono già comodo" mi canzona, mi metto a ridere “Ma questa sono io”
“Sei stata una delle clienti più difficili"
“Si, ma che soddisfazione poi, dai non mi raggiungi?” si toglie l'accappatoio ed entra in vasca, si avvicina “Mi apra tutti i chakra maestro" gli dico avvinghiandomi a lui, lo bacio, lo trovo così seducente “Come si chiama il chakra del cuore?” gli chiedo prendendogli la mano “Si chiama Anahata"
“Aprimi il chakra Anahata" gli dico mentre gli abbasso i boxer “Io ti aprirei il chakra Muladhara”
“E qual è?”
“Questo" mi dice mentre mi infila 2 dita dentro, io ansimo, mi aggrappo a lui che intanto mi spinge verso il bordo, la sua erezione è evidente “Amami Mauro, ancora una volta" ci baciamo, lui si tiene con un braccio a bordo piscina e comincia a muoversi dentro di me, ondeggiamo nell'acqua calda, lui si avventa sul mio collo, mi lecca e mi bacia “Voglio che mi insegni tutte le posizioni maestro"
“Mmm, tutte quelle che vorrà”
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**Il gioco dei bottoni**
È una sera di mezza estate: nel cielo limpido la brezza ha allontanato la foschia provocata dal caldo torrido rendendo incantevole il panorama che si gode dalla nostra camera nella vecchia casa sulla scogliera.
Mi volto e ti guardo: sei sdraiato sul letto, mi osservi da sotto le palpebre socchiuse; hai appena fatto la doccia e l’asciugamano ancora avvolto attorno ai fianchi mi ispira un malizioso gioco…
Poi decido di rimandare a dopo: voglio inventarmi qualche cosa per rendere anche questa serata speciale: l’eros è arte, va preparato, esaltato, insinuato tra vestiti e parole.
E mentre canto sotto la doccia eccola l’idea: il vestito lungo, rosso a grandi fiori bianchi che ho appena comperato su una bancarella al mercatino locale e che tu non hai ancora visto.
Indosso un intimo scelto con cura, seguita dal tuo sguardo attento, e sopra faccio scivolare l’abito: ha una serie di bottoni che dalla scollatura davvero modesta arrivano fino in fondo.
Ne lascio slacciato qualcuno sia in alto che in basso e avvicinandomi al letto ti sussurro all’orecchio che il numero di ulteriori bottoni in libertà dipenderà da quanto saprai intrigarmi d’ora in avanti.
Eccolo il gioco, è una sfida, e tu , senza parlare, sorridendo già coinvolto, raccogli il guanto.
Rapidamente ti vesti, usciamo e saliamo in macchina per dirigerci verso un ristorantino tipico appollaiato a mezza costa: l’ambiente è discreto ed elegante, ci sono un altro paio di coppie che occupano la sala. Chiediamo al cameriere un tavolo sulla terrazza per ammirare l’arcobaleno di colori del magnifico tramonto marino.
Per tutta la durata della cena, a base di ottimo pesce e di un fresco vinello bianco di cui ti servi in abbondanza e che ti fa gli occhi luccicanti mentre mi accarezzi le mani, occhieggi goloso nella scollatura. Finalmente arriva il mio dolce preferito, una coppa di fragole adagiate su un letto di gelato al cioccolato e panna.
Intingi due dita nella coppa e io apro la bocca per lapparle coscienziosamente, incurante degli sguardi altrui.
Lo so, ti pare di sentirle le mie labbra ad avvolgere una certa parte del tuo corpo che ora, ne sono sicura, mostra vivaci segni di inquietudine.
A un certo momento decido che è l’ora di giocare “sul serio”.
Sposto la sedia e accavallo le gambe scoprendone una generosa porzione; ti accorgi che ho slacciato altri bottoni – te li sei meritati con le dita che ti ho leccato con tanta perizia- cogli il segnale e mi guardi dritto negli occhi: stiamo già facendo l’amore con lo sguardo.
Quando il cameriere ci serve il caffè non faccio nulla per ricompormi, anzi, gli sorrido, con quel tipo di sorriso, tra il tenero e l’invitante.
Poi prendo a giocherellare con un bottone della scollatura che “inavvertitamente” slaccio; dopo un attimo decido che è l’ora di andare.
Abbracciati ci avviamo verso l’uscita; lo stesso cameriere, che ora è seduto a un tavolo a rivedere dei conti, ci saluta; senza dirti nulla mi avvicino e mi chino verso di lui per lasciargli una mancia oltremodo generosa: vedo gli occhi dell’uomo puntarsi sui miei seni così esposti prima che sul danaro.
So quello che ora provi: un misto di gelosia e di eccitazione di fronte alla mia sapiente esibizione.
Saluti con calore l’uomo che appare visibilmente confuso anche per l’inaspettato monetario regalo, mi prendi sotto braccio e ci avviamo verso il parcheggio.
Arrivati alla macchina mi afferri per le spalle e io mi volto per baciarti: tu premi il tuo corpo contro il mio, in una muta richiesta.
Ti allontano con finta dolcezza dicendoti che la serata è appena iniziata.
-La notte è giovane, devi saper aspettare- ti mormoro all’ orecchio.
E poi:
-Facciamo quattro passi in paese-
In macchina allunghi una mano , mi scopri una gamba cominciando ad accarezzare la pelle scura e setosa: io resto così, immobile, abbandonata sul sedile come in attesa.
Allora risali per tutta la coscia, lentamente, senza oltrepassare l’orlo degli slip. Il mio respiro rallenta , mi sto controllando e questo, lo sento, ti eccita ancora di più.
Prima di scendere ti chiedo, guardandoti fisso negli occhi, di liberare altri due bottoni visto che con quelle carezze te li sei meritati; decidi per uno in fondo e uno alla scollatura, cosi, quando scendo, ho le gambe e il seno ancora più esposti agli sguardi.
Le vie del centro sono frequentate e i negozi aperti fino a tarda notte.
Ora so come continuare il gioco.
Decido di entrare in una boutique per provare un costume da bagno intero, molto sgambato e molto scollato sia davanti che sulla schiena; entro nel camerino e mi cambio; nello specchio vedo una giovane donna splendida, gli occhi lucidi di eccitazione.
Poi esco per farmi ammirare e tu resti lì, immobile, con uno strano sorriso stampato sul viso scarno da santo bizantino.
Compro il costume e usciamo.
Mano nella mano passeggiamo guardando le vetrine; a un certo punto mi abbasso per mostrati un paio di sandali e i tuoi occhi possono così vagare nella scollatura, ora diventata davvero audace: mi sono “scordata “di indossare il reggiseno dopo la prova, me lo fai notare quando ti rialzi.
Non puoi fare a meno di abbracciarmi e baciarmi sulla bocca e sul collo per poi risalire fino all’orecchio dove mi sussurri un “grazie, sei davvero speciale”, per la bravura che dimostro nel condurre il nostro gioco.
Per tutta risposta ti invito a entrare nel negozio di scarpe, cosi potrò regalarti un’altra sorpresa.
Un commesso ci accoglie, pronto a servirci; mi siedo sul divanetto in attesa e ti faccio cenno di sistemarti di fronte a me; una volta seduta apro leggermente le gambe e attraverso lo spacco, ormai quasi inguinale, ti puoi rendere conto che non porto neppure le mutandine.
Hai capito, mi fai un cenno col capo a indicare il commesso che sta tornando.
Infatti mi alzo in piedi per provare i sandali di fronte allo specchio che mi sta a fianco.
Guardandoti, come per chieder un parere, sposto un lembo del vestito apparentemente per permetterti di apprezzare meglio le calzature, in verità per un attimo lo alzo oltre il “livello di guardia”, lasciando intravvedere il paradiso.
Nello stesso istante noto l’espressione del commesso cambiare da ammirata a sbalordita -lo specchio, penso, ha visto tutto anche lui-
Ora lascio scendere l’abito con naturalezza come non fosse successo nulla, mentre il ragazzo con aria imbarazzata ti chiede se l’articolo è di tuo gradimento; tu, fingendo una calma che non provi affatto , rispondi che comprerai quei sandali costosi che mi stanno così bene, belle scarpe per una splendida donna…
Lui ti guarda dritto negli occhi, perplesso e tu di rimando gli chiedi se anche lui è d’accordo sul fatto che la sua compagna sia una gran bella donna; balbettando un sì imbarazzatissimo prende la scatola che gli stai porgendo e si avvia verso la cassa.
Una volta fuori stravolti, incapaci di aspettare ancora, voliamo alla macchina dove depositiamo gli acquisti appena fatti e ci avviamo correndo verso la spiaggia.
Cerchiamo un posto riparato, dietro agli scogli, che conosciamo benissimo e ci lasciamo cadere per terra, uno sull’altro, ansanti, ridendo.
Io slaccio gli ultimi bottoni, davvero pochi quelli rimasti allacciati.
Riprendi a baciarmi mentre le tue mani brancolano sul mio corpo, cominci ad accarezzarmi lentamente dappertutto, dalle cosce risali ai seni, alle labbra, al viso; io cerco il tuo sesso ma mi fermi chiedendomi di lasciarti fare.
Mi lecchi i capezzoli strappandomi un sospiro, mentre con la mano scivoli in mezzo alle cosce ad accarezzarmi lì dove sono bagnata e calda; intanto con la lingua scendi fino al ventre elastico, baciando e mordendo.
Quando mi accorgo che la tua eccitazione è al livello di guardia, ti salgo sopra e ti guido dentro di me, lentamente, mentre i miei fianchi danzano una giga perfetta con i tuoi.
Ci guardiamo dritti negli occhi: tutti e due siamo bravi nell’Ars amandi.
Ora abbandoni all’indietro la testa, gemendo, mentre io mi impongo di non venire, non ancora.
Quando mi mormori che non riesci più a trattenerti , ti sibilo nell’orecchio:
“Vieni”
è un ordine, un desiderio irrefenabile, nel miscuglio dei nostri umori tu diventi me, io divento te.
Mi stringi convulsamente i fianchi e mi affondi nel ventre con sempre maggior vigore.
Dopo pochi istanti sei travolto da un orgasmo violento, che ti lascia senza fiato.
Scivoliamo sulla sabbia e restiamo così, esausti e allacciati, in silenzio, respirando il mare; odoriamo di sesso e di sudore, così decidiamo di fare un bagno prima di rivestirci e tornare a casa. Sguazziamo e giochiamo in acqua fino a quando non ci sentiamo intirizziti.
Quando torniamo alla spiaggia per rivestirci, ci accorgiamo della strana luce che ci circonda: è quasi l’alba .
E’ bello vedere sorgere il sole; ci sediamo vicini, abbracciati, per goderci lo
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Questa donna che vedete qui si chiama Sabina. E’ infermiera a Lecco. Lavora giorno e notte per l'emergenza in corso. E oggi si sfoga, ci racconta cosa sta vivendo, cosa sta passando. Ascoltatela, ne vale la pena. "Sono passati dieci giorni o due anni, non capisco, non ricordo. Mi guardo allo specchio e mi vedo stanca ed invecchiata. Ognuno di noi lavora per due o per tre. Giochiamo fuori casa, posti nuovi o quasi, colleghi nuovi o quasi. Pochi riposi, non ci sono ferie o permessi, non ci sono figli o compagni. Dormo male, ho bisogno di aria e son sempre rinchiusa. Dall'inizio settimana è la prima volta che riusciamo a buttar giù qualcosa nello stomaco per cena. Ci facciamo portare le pizze, arriva il ragazzo ed esco a prenderle. Ho tolto la cuffia e la mascherina, ho i capelli in aria e puzzo di disinfettante. Il ragazzo dalle pizze mi dice -i soldi non servono, mettili pure via, una signora che aspettava le pizze ha sentito che dovevamo consegnare alla Rianimazione e ha voluto pagare lei. Ha detto di ringraziarvi tanto e vi augura buon lavoro- Ecco una infermiera di Sala Operatoria, ex Neurorianimazione, passata dall'oggi al domani in Corona-Ria, dopo una giornata di merda, spettinata e che puzza di disinfettante, che si commuove con sette pizze in mano davanti a un ragazzo della pizzeria Rida. Buonanotte combattenti” Grazie Sabina. E’ con donne come te che rendiamo migliore questo Paese. Con donne come te che si impegnano e non mollano un attimo. Un grande abbraccio Leonardo Cecchi
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Broncomat
Seduto alla scrivania fisso una finestra sul monitor. Non capisco bene cosa sto guardando, i miei occhi non mettono a fuoco il testo e seguono i bordi, proprio come dei che bambini giocano percorrendo un motivo fatto di mattonelle, uno di quelli che si trovano sotto i portici di Via XX Settembre. I miei occhi saltano sulla data. È appesa in un angolo. Senza pensarci, faccio due conti e mi rendo conto che sono 59 giorni che non esco, escludendo i venti secondi ogni due giorni durante i quali faccio tre passi oltre il cancello di casa per lanciare i sacchi della spazzatura nel cassonetto.
Allora mi alzo e guardo in basso. Un osservatore distratto potrebbe pensare che mi stia fissando i coglioni, ma in realtà mi sto guardando la pancia. «Hai 'na panza che sembri un ambasciatore!» dico sottovoce. Questa frase me la diceva sempre il mio professore di educazione fisica per spronarmi a non passare tutto il tempo libero sdraiato sul letto ad ascoltare dei dischi. Effettivamente non ho mai avuto la passione per l'attività fisica, a parte una moderata epifania verso i trent'anni per le camminate, passione che ho abbracciato per poter fare Piazza delle Erbe - Casa ubriaco marcio senza arrecare danni a cose e persone.
Cinque minuti dopo sono dentro ad una tuta che salgo verso le alture di Genova. L'elastico dei pantaloni mi stringe intorno la vita e ad ogni passo, la reazione vincolare del terreno mi percuote le vertebre, il coccige, sa-la-madonna quale muscolo, insomma sento tirare roba che non sapevo più di avere. Sento il mio corpo che si muove lungo i tornanti, sento una sensazione strana, il fiato è caldo attraverso la mascherina, insomma, non sono sicuro di essere a mio agio nel mondo esterno. Ho un brivido e mi sembra di essere il giochino degli anni 80, Animillo il Magico Vermillo, una roba rossa e pelosa che si poteva far passare in spazi angusti tirandola attraverso un filo di nylon. Ma chi sta tirando il mio filo?
E mentre cerco di mantenere l'andatura, la strada si fa più ripida. Nelle orecchie c'è Frank Zappa che sta dicendo qualcosa su Lando Calrissian, ma il sangue mi pulsa così forte nelle orecchie che non capisco bene, allora abbasso la mascherina e tiro fuori il naso. Espiro aria fresca, sembra gelata. Davanti a me ci sono quattro ragazze che corrono, saltellano, attraversano la strada per non incrociare il loro destino al mio. Ma la ventata d'aria fresca dura poco. Al mio fianco passa un bus che per vincere la forza di gravità viene frustato da un'autista con la coda di cavallo e una mascherina bianca. Ha il braccio che penzola fuori dal finestrino. Il mezzo è vuoto, la gente è tutta fuori: negli orti, per strada o dalla finestra.
Dopo circa un'ora, prendo in mano il telefono e cerco un disco per il viaggio di ritorno. Vengo interrotto da un ciclista che passa vicino a me. È ritto in piedi sui pedali, sembra un meccanico spastico intento ad aggeggiare con il motore per aumentarne la cilindrata. Il culo gli esce dai pantaloncini perché sono strappati. Com'era il detto? "Meglio un culo sano nelle braghe rotte, che viceversa". Non lo ricordo.
Decido di tornare indietro. "Ormai è discesa" penso. E mentre le gambe sono irrigidite dalla fatica, vedo davanti a me un ramo che penzola da un muretto. Lo prendo in mano per spostarlo, ci passo sotto e mi fermo poco più avanti per guardare il panorama. L'aria è pulita, sono in mezzo al verde. Ma il mio cervello mi suggerisce solo l'immagine di un cesso. Sento il profumo di fiori, di vegetazione, di roba profumata e quel mischione olfattivo mi sembra uno di quegli spray che si spruzzano dopo che si è cagato, una di quelle robe che sembrano un incrocio tra una conferenza stampa di scuse convocata dal culo e un prodigio della chimica.
E insomma, sono stanco, così mi dirigo a passo spedito verso casa. Appena entro tiro un sospiro di sollievo, sono tornato dove sono stato al sicuro negli ultimi due mesi. Sento gli odori che conosco, i feromoni dei miei dischi, dei miei libri, della mia roba. Poco prima di andare a farmi la doccia, suonano alla porta di casa. Urlo che vado io. È la consegna della spesa.
Davanti a me c'è un tizio sudato. Ansima, tossisce, posa sacchetti, cestelli d'acqua. Gocce di sudore ovunque. Cerco la mascherina ma non la ho più. Lui mi porge la macchinetta per pagare con il Bancomat. Si passa una mano sulla fronte marcia di sudore, poi si tocca il culo e soffia. «Phew, che cazzo di caldo!» dice sbuffando. Sorrido poco convinto. E mentre strappa la ricevuta per porgermela, penso che il mondo è dappertutto.
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[Skam Italia] Fic: Monologhi interiori
I’m really not planning to translate this into English, since there is already @skamsnake‘s fic delving into this concept beautifully, with her “Deserters of the balcony” ... But I haven’t seen one in Italian yet, so... Una cosetta veramente senza alcuna pretesa, scritta perché mi andava dopo aver visto questo post di @silenzio-assenzio ( http://silenzio-assenzio.tumblr.com/post/181808805604/un-penny-per-il-monologo-interiore-di-nico-durante ) Sospensione dell’incredulità sul fatto che questi monologhi siano in italiano, okay ;D ? Un giorno riuscirò a scrivere qualcosa di un po’ meno breve... Ma non è questo il giorno.
17 Settembre 2018 - Ore 07:59 Quest’anno andrà meglio. Esagerazione. Quest’anno farà meno schifo dello scorso. Ce può sta’, sì. Quest’anno dobbiamo soltanto arrivare alla matura senza troppe assenze, tenere una media alta che se no mamma ce sta ancora più addosso ed evitare drammi. Non siamo qui per farci amici. Socializzare, okay. Evitare che ci sparlino dietro, pure. Più di così, si vedrà. Vorranno sapere che è successo al Virgilio, ma non mi va di parlarne. Non mi andava nemmeno di uscire dal letto, in verità, ma se avessi mancato il primo giorno so che avrei dovuto mettermi a ridiscutere la scelta di non andare ad una scuola privata con i miei. Okay, Niccolò, vediamo di che morte dobbiamo morire.
8 Ottobre 2018 - Ore 13:04 Che palle. Altri 8 mesi e mezzo così no. Cioè, son circondato da gente tollerabile - fatta eccezione per Covitti, a cui probabilmente brucia il culo di non essere più la star della classe? bo’, davvero, non capisco quale sia il suo problema - ed i prof non sono né più né meno pesanti rispetto a quelli che c’avevo ma... Altre occasioni per conoscerli meglio? O per liberarmi di ‘ste cazzo di ore di alternanza? In cui magari, per una botta di culo, trovo anche il ragazzo pieno di lentiggini che ho intravisto nei corridoi? Quello che c’ha un amico che non butteresti via manco lui - il fascino dell’occhio azzurro - esatto. Seh. Vabbé. Sogna, Niccolò. Sogna. C’avrà di meglio da fare, sicuro. A parte il gruppo di teatro, il nulla cosmico. Interpreto già la parte di un sano di mente tutti i giorni, quindi grazie ma anche no grazie.
“Ehi, ciao! Avete mai pensato di avere di un vostro programma in radio?” No, non ci hai mai pensato. Chi cazzo l’ascolta, poi, una radio scolastica? Nessuno. Ma è un modo come un altro per far passare il tempo. Per far sembrare le giornate meno monotone e tutte uguali. E poi te lo chiede Sana. Glielo devi, dopo che l’hai tagliata fuori dalla tua vita per storie tue con suo fratello... no? Sempre meglio che andare a pulire i cessi al McDonalds, di sicuro. O stare a sentire Maddi e le sue interessantissime cronache delle giornate all'università. In cui non ribadisce mai, figuriamoci, che se fossi stato più attento a seguire la terapia ed i suoi consigli magari a quest’ora il diploma ce l’avrei. Non lo fa apposta. Non lo dice apertamente. Lo fa intuire. Quand'è che ci decidiamo a mollarla, comunque? Nell'anno del mai, perché poi con chi c’andiamo a lamentare quando stiamo uno schifo? Chi è che c’è sempre stato? Ecco, già abbiamo la risposta. Bravo Niccolò, bravo. 11 Ottobre 2018 - 17:43 C’è. C’è! Okay. Piano d’azione al volo: non voltiamoci, non lo guardiamo, facciamo finta che non esista e di non sentire che ci sta fissando. Lui mica lo sa che c’abbiamo ‘sta paranoia che la gente non c’abbia di meglio da fare che starci con gli occhi addosso e che abbiamo sì imparato a fregarcene... Ma fatto sta che se entro in una stanza io do per scontato che la gente mi stia ad osservare. Incluso lui. Ma se mi volto e lo guardo poi magari finisce che mi strozzo con la torta, o m’inciampo nel banco. No. Un minimo di dignità, ora che abbiamo un pubblico. Salutiamo le ragazze. Studiamo con grande interesse il piatto di plastica e voltiamoci verso la lavagna. No, Nico, non distogliere lo sguardo neanche per un attimo. Mantieni questa tua aria misteriosa e distaccata, finché puoi. Magari lo stani... Ehi. No. Stop. Dove stai andando, tizio carino di cui non so manco il nome? Non te l’aspetti che io ti segua, eh? Che io me ne stia seduto oltre il vetro, a luce spenta, a sentirti cazzeggiare con il microfono della radio? Che esattamente la ragione per cui lo farò, metti mai che succeda qualcosa di elettrizzante. Qualcosa che non so manco io che vorrei che fosse, ma che non m’aspettavo sarebbe stato il trovare qualcuno con cui non pesano i silenzi. Con cui mi escono sorrisi che non sono falsi, con cui parlare senza starmi a chiedere cosa potrei mai dire per far colpo e rendere memorabile la conversazione. E non mi era mai successo prima, perciò mi raccomando Niccolò: non mandare tutto a puttane come tuo solito immaginando cose che non ci sono. Cerchiamo di conoscerlo meglio, prima, e di vedere se questo suo interesse è soltanto qualcosa di vago - un ‘non t’ho mai visto prima, da dove esci fuori?’ con aggiunta di ‘uao, mi ha rivolto la parola uno di quinto’ che non è mai da sottovalutare - o se c’è qualcosa su cui possiamo lavorare. Lavorare per portare dove? C’è Maddalena, te la ricordi? Sì, ora non corriamo. Nessuno sta partendo con film in cui te stai a pacca’ sto ragazzo - che ancora non sai come si chiama: ma ce la fai a chiedergli il suo nome, Colino? - sul terrazzo della scuola. Nei bagni. Nella sala di registrazione della radio. Nessuno. Zero film proprio. Stiamo a scambiarci sguardi, passandoci il fumo, e va bene così. Ovvio che deve arrivare ‘sta tipa. Che io non sono da antipatie a pelle, di solito, ma ‘sta qui m’irrita già solo dalla confidenza che dà al mio compagno disertore. Vi conoscete? State insieme? Non sono cazzi miei? Posso tollerarti giusto perché mi dai l’occasione di presentarmi, anche se lui ancora non lo fa. Però, ecco, potresti cogliere quando ti si ‘sta sottilmente invitando a sloggiare che qui si vorrebbe rimanere soli un altro po’. No, okay, forse ho parlato troppo presto quando t’ho definita più simpatica di tuo fratello. Covitti. Un cognome, una garanzia. 16 Ottobre 2018 - 11:55 Andiamo a fumare? Sì, perché no? Diamo casualmente al nostro nuovo amico - uno di quei pochi con cui hai vagamente legato, in questa scuola di merda - appuntamento sul quel balcone. Quello che ti permette di buttare l’occhio in IVB e magari beccare Marti di sfuggita. Marti che sarebbe Martino Rametta, da quanto hai letto sui fogli di entrata/uscita della radio, ma che sei liberissimo di chiamare come ti pare nella tua testa. Fatti valere, Niccolò. Che magari c’è Marti, lì dentro, che te sta’ a spogliare con gli occhi. Te piacerebbe. Può darsi benissimo che non sia così, certo, ma può darsi anche che sì, okay? Infatti: guarda un po’ chi c’è? Indoviniamo pure chi s’è appena dato una sigaretta sui denti, troppo distratto da ‘Sono o non sono l’uomo dei tuoi sogni, eh? Eh? Guardami ancora, Martino, guardami!!’ per avere pure idea di dove stessi ficcando quella cazzo di sigaretta? Avrebbe potuto andare peggio, avrei potuto mettermela su per il naso. E l’ho fatto pure sorridere. Adoro farlo sorridere. Magari posso invitarlo a casa mia uno di questi giorni, e farlo sorridere ancor di più?
Maddalena! Ci sta sempre Maddalena, Niccolò! Perché non ti preoccupi di far sorridere lei, piuttosto? Ultimamente c’ha sempre ‘sta aria da martire, che è anche comprensibile dopo tutto quello che le ho fatto passare in ‘sti 3 anni... e okay, diciamole che ci vediamo venerdì sera per andare al cinema che è tipo un secolo che non usciamo - ma non da soli, che me sale l’angoscia solo a pensare di star solo con lei e forse questo dovrebbe dirmi qualcosa ma... ma BLABLABLA vaffanculo, come direbbe il Vate - e torniamo ad occuparci di Martino. Distratto da Sana, non ci siamo! Che crede che tu stia qui ad aspettare i suoi comodi? Ritirata, soldato Fares! Torneremo all'attacco un altro giorno. E vediamo di liberarci di quella fastidiosa vocina che fa “S'informano i signori viaggiatori che Niccolò Fares sta sotto tutta Trenitalia ed Italo per Martino Rametta, ci scusiamo per il disagio.” ogni volta che incroci il suo sguardo, già che ci siamo. 19 Ottobre 2018 - 14:22 Martino? Che ci fa qui? Non mi pare che prenda ‘sto autobus per andare a casa. Di sicuro non è per seguire me, che manco m’ha notato. Che ‘sta a guardare su quel cellulare? Messaggi della Covitti? I cazzi miei mai, no. Quelli non sono interessanti, m’hanno rotto. Facciamo le persone educate e salutiamo, non facciamoci distrarre né dai suoi occhi né dalle sue labbra - impresa difficile ma non impossibile - e sbirciamo. Sana. Che non sembra avergli dato la risposta che sperava. Magari posso aiutare, chiedere non costa nulla. E mi stai forse dando la scusa perfetta per invitarti da me, Marti? E ti pare che io non ne approfitti? Quando mi ricapita di sapere che musica ascolti, che libri leggi, guardarti e pensare a quanto vorrei sdraiarti sul divano o inginocchiarmi ai tuoi piedi e... No. Quelle fantasie teniamocele per noi, Nico. Non facciamolo scappare a gambe levate già da subito. Godiamoci questo venerdì pomeriggio insieme, sentendoci il cuore scoppiare per come anche solo stare a meno di un metro da Martino ci faccia sentire vivi come prima d’ora. Maddalena chi? 19 Ottobre 2018 - 19:30 Maddalena. Maddalena, sì. Me la ricordo, vagamente. Gliene volevo parlare, a Martino, ma non mica potevo uscirmene di punto in bianco con un ‘Ah, ci starebbe ‘sta tipa con cui esco da 3 anni ma niente di serio. Te dimmi che ce stai ed io la mollo, giuro.’ Un conto sarebbe se ce stessa a prova’, ma non me pare. Cioè, forse sì. Più che provarci ci sta, ma ancora non sono sicuro fino a che punto. Metti che ora mi alzo e lo baci, dopo essermi tolto il sapore di ‘sta merda - e ne vado pure orgoglioso di averla cucinata, perché Marti pareva davvero colpito dal mio estro gastronomico, eh! - dalla bocca con un sorso di birra, posso essere sicuro al 100% che non mi ficchi la faccia nel piatto e se ne vada? No. E allora perché parlargli di Maddalena? Non c’è motivo. Troverò il momento per dirgli di lei. Be’, ora che m’ha scritto ci si vede stasera per il cinema, e tra pochissimo passa da me con Matteo ed Elisa pare che l’abbia trovato Maddi, il momento. Perché ti pare che mi so’ ricordato di averla invitata io fuori, quando c’ho Marti in casa. Che continua a scherzare e sorridere, facendomi quasi sperare che sia io a metterlo di buon umore. E so che è da infame baciarla così, davanti a Martino. Senza nemmeno avergli menzionato prima la sua esistenza. Ma ‘sti cazzi. Non sono esattamente una bella persona, non creiamogli false illusioni. Piuttosto, teniamo d’occhio la sua reazione oggi e nei prossimi giorni. Chissà che non ci possa dire qualcosa.
---------------- A/N: Non so voi, ma quando parlo tra me e me a volte mi do del ‘tu’, a volte parlo al plurale “noi” e butto là qualche osservazione in prima persona, ma non uso MAI esclusivamente quest’ultima. Magari è soltanto qualcosa che faccio io, ma mi andava di dare questa impostazione anche a Nico...
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La Lombardia torna in Zona Rossa 🥴 ALT ✋ non voglio parlare di Covid. Voglio lasciare un mio pensiero di come sto cercando di passare questo periodo nel modo più sereno possibile😃 . Quando esco noto che alcune persone hanno un "aria triste", 😔 ho assistito anche a scene veramente deprimevoli, 🙄 in generale ho notato un malcontento generale. Direte "bhe ovvio, basta vedere cosa sta succerendo nel mondo🤷♂️" Certo... . 👉 Proprio quello è il punto: "sta succedendo nel mondo", ma non dobbiamo permettere che questa situazione distrugga il "nostro mondo" 😊 cioè la persona che sei e il tuo modo di vivere. . Ed ora vi dico come faccio io per stare BENE con me stesso!😉 . TV spenta e non guardo tg; nei social ho personalizzato le notifiche/post, quindi NO notizie Covid; Parlo con tutti col sorriso, ma scappo via da chi è arrogante/negativo; Leggo libri e guardo video di Crescita Personale; Durante il giorno ho l'agenda piena di cose da fare, ovviamente mi diverto nel farle; Essendomi scelto un lavoro "semplice/magico/divertente" posso lavorare con chi voglio e come voglio in casa o fuori casa [posso parlartene in privato, se sei una persona curiosa, solare e senza pregiudizi, scrivimi pure]; Esco a volte a fare un giro all'aria aperta e per fare attività fisica; Ah l'attività fisica la faccio anche in casa online con un gruppo di amici; Frequento (anche online) solo persone che ridono, scherzano e hanno voglia di parlare di cose belle; NON PERMETTO A NESSUNO DI ENTRARE NEL "MIO MONDO" E ROVINARLO O DISTRUGGERLO!!😉 . 💚Buona Vita a tutti🤩 E se vuoi farti un giro dove e quando si può, chiedimelo pure😉 . . . . . . #sevuoipuoiesserelibero #benesserea360gradi #fitprogram2021 #fitprogram #mentalitavincente #trovalatualuce #trovalavoro #vivereacolori🌈 #vogliadiviaggiare (presso Lombardia, Italy) https://www.instagram.com/p/CMaC558FYg_/?igshid=10qe6kpn9d62w
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L'indirizzo
Sempre e per sempre, dalla stessa parte mi troverai
Leggi sul WSI
Scavalco le pozzanghere venate di arcobaleno e d'olio, la mia gonna si spalanca come un'ala di farfalla, di velluto, di paura di morire. Ti raggiungo in uno di quei bar raccolti dal vetro, come serre in cui crescono fiori annoiati, e infatti ti vedo mentre attraverso, invidiando il calore che ti spoglia dentro. Entro dalla porta pesante che mi respinge e mi ributta all'interno, mi tolgo cappello, sciarpa, cappotto, mentre struscio col fianco ogni fiore, prima di sedermi di fronte a te. Sorseggi un'enorme tazza di caffè, le briciole di un biscotto in un piattino. “Hai fatto tardi” dici in un sorriso. “Ho già preso qualcosa”. “Di cosa volevi parlarmi?” chiedo, sfogliando il menù senza leggerlo. Pieghi in due un tovagliolino, prendi dalla tasca una penna da due soldi e scrivi un indirizzo stando attento a rendere comprensibile ogni segno. “È qui”, dici, cliccando sulla carta del tovagliolo come se fosse il tasto che mette in moto il mio tremore. Lo guardo e ti guardo. I tuoi occhi che come sempre danno la precedenza ai miei, aprono la strada a ogni mio pensiero. Mi alzo in piedi, metto in tasca l'indirizzo, esco di corsa, strappando fiori senza cura. Ti avevo chiesto di aiutarmi quando tu mi hai chiesto di amarti. E ti ho detto che non potevo, che ero nel fondo di un pozzo come quel bambino che ci tenne incollati notte e giorno alla tv. Mi hai chiesto come avevo fatto a cascarci dentro, e ti ho raccontato delle imbracature strette strette di fiducia che un altro uomo mi aveva avvolto dentro, prima per tirarmi via dal mondo, poi per farmi vincere ogni giorno al calcinculo, spingendomi di promesse verso il trofeo, e quando ormai ero l'indiscussa campionessa, mi ha infilata con forza in questo tunnel sottoterra, dove il buio stringe i polmoni e la fatica spezza le ossa. E non sono più riuscita a rintracciarlo, per farmi restituire il tempo che ho perso, almeno quello che mi serviva a darmi un contegno, almeno quello che bastava per un respiro. Sparito - forse mai esistito - con tutti i miei averi, i miei tesori. Con la mia voce, le piante dei miei piedi, i palmi delle mani. Come faccio a spingermi fuori dal pozzo, se sono solo un tronco, un tappo, senza forza. Allora tu hai cercato di tenermi un millimetro più in su della mia tana non voluta, passandomi aria dal becco per farmi respirare. E io ero piena di riconoscenza, per ogni tuo sforzo, per ogni tuo tentativo. Ma quando lasciavi un istante la presa, quel millimetro sprofondava di un chilometro. Più liberavi il terreno, più mi seppellivi. Così te ne sei andato, per non illuderci più di aria e luce. Ma sei rimasto sempre, dall'alto, a farmi da scudo. E sapevo che l'avresti cercato, e trovato, che me l'avresti dato in pasto, perché quaggiù muoio di fame. E ora che so dov'è, che nella mia tasca stropiccio il suo indirizzo, corro per raggiungerlo, forse a piedi ci metterò troppo tempo, ma tanto è tempo suo che spreco, cosa mi importa.
Quando arrivo a due passi dalla sua porta mi aspetto di sentire la colonna sonora di una tragedia, il rumore di un tuono che mi attraversa, un frastuono infinito di vendetta. Invece sento solo due uccellini, la melodia lontana di una canzone lenta, il nastro di vento dietro il mio orecchio. Sento la pace di tutto ciò che è intorno. Suono d'istinto il campanello, ho un arsenale pronto a fare fuoco, cannoni, carri armati, mitra, cacciabombardieri. Sono la più feroce delle assassine, la più spietata delle creature. Sbuca sulla soglia, ed è più basso di come ricordavo. Lo sguardo interrogativo, un accenno di sorriso imbarazzato. “Che ci fai, qui?”, chiede tranquillo. Come se non fosse mai stato colpevole. Cosa ci faccio, qui. Mi chiede e mi chiedo. Passo in rassegna tutti i tradimenti, le foto di quelle donne che ho studiato nei minimi dettagli per crearmi un elenco di difetti che mi facessero sentire meno brutta. Passo in rassegna tutti i messaggi e le chiamate a cui non ha mai risposto, tutte le spiegazioni che mi aspettavo. Tutto scorre nei miei occhi come quando sei vicino alla morte, solo che scorre per riportarmi in vita. Ma di chi è quella pelle che ho desiderato, che mi è mancata come se fosse mia, strappata con i denti. Chi è questo uomo qualsiasi in una casa qualsiasi, che va in giro a riempire pozzi di cuori di ragazze, senza sapere nemmeno che nasceranno querce. E non rispondo niente, indietreggio come se fossi di fronte a un fantasma, volto le spalle e riprendo a camminare. Verso una serra in cui sboccia un fiore che mangia biscotti al cioccolato mentre mi aspetta, io che volo dentro passi di farfalla che non sa più che cosa significa morire. E non voglio più nessuna giostra, nessun trofeo, nessuna promessa. Voglio solo che mi vedi uscire da questo pozzo, con le mie gambe e le mie mani tornate intere, che mi vedi nascere di nuovo, impollinata dal tuo amore senza ritorno, dal tuo respiro beccato tra le labbra. Senza indirizzo perché sei ovunque. Non ti vedevo perché sono una tua parte. In ogni tua parte. Dalla tua parte.
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Tiny Moving Parts - Pleasant Living
Questi sono gli anni d’oro
Passiamoli con la birra in mano
(da: Sundress)
1. Sundress
Prendisole
Prendisole che decorano la baita
Quanto sei bella stasera
Quanto sono belli tutti stasera
Prendisole che decorano la baita
Quanto sei bella stasera
Quanto sono belli tutti stasera
Stringimi la mano
Balliamo come facevamo alle superiori
Questi sono gli anni d’oro
Passiamoli con la birra in mano
Una mano sulla lattina, una mano nella tua
Ecco la mia idea di serata romantica
Ti amo
O quantomeno, ti amavo
Ti amo
O quantomeno, ti amavo
Non agitarti, amore mio
Segui le corde del cuore
Spero che ti trascinino a ritmo di musica come fanno con me le mie
I prendisole decorano il salotto come un palco al neon
Nel posto più felice del mondo
Poi si spengono le luci e mi sveglio
Faccio mille miglia verso ovest con questa barca a remi
Tanto per affrontare questa corrente rapida e incontrarti più avanti
Stare lontani è una prova che metto in dubbio
Per conto di quali rischi valga la pena di prendere
E di quali errori posso sottrarre da quest’equazione
Non posso fingere, sono troppo disperato, maledizione
Tu promettimi che domani non ce ne pentiremo
L’ironia di disidratarsi lungo il mare
Mi manchi
E questa è una cosa che non cambierà mai
Mi manchi
2. Always Focused
Sempre concentrato
Mi sballo con l’atmosfera di una scazzottata
Questa sera mi sentirò vivo
Niente presa male o gente che mi frena
Non rinuncerò mai alle mie battaglie interiori
Mi tengono compagnia
La mia grinta e la mia volontà volate fuori dalla finestra
Posso aggrapparmi solo a dei cocci di vetro
Mi sballo con l’atmosfera di una scazzottata
Questa sera mi sentirò vivo
Mi deludo quando mi critico da solo
Mi deludo quando mi critico da solo
Mi deludo quando mi critico da solo
Mi deludo quando mi critico da solo
Incidenti piacevoli, incidenti piacevoli, costantemente preoccupato
Incidenti piacevoli, incidenti piacevoli, sempre concentrato
Incidenti piacevoli, incidenti piacevoli, costantemente preoccupato
Incidenti piacevoli, incidenti piacevoli, sempre concentrato
3. Fourth of July
Quattro luglio
Divento più grande ma non cresco
Se ci sei tu esco anch’io
Possiamo guardare le stelle
E quando ci tocchiamo con le dita dei piedi sarà come i fuochi d’artificio che scoppiano in aria
Come il cielo la sera del Quattro luglio
Scappiamo, troviamoci un posto nuovo
Scappiamo e troviamo noi stessi
Scappiamo, scappiamo
Quattro pareti fanno una gabbia
Scappiamo, scappiamo
Quattro pareti fanno una gabbia
Occhio che la nuvola di polvere non ti si depositi nei polmoni
O che la clessidra cominci a segnare quasi la fine
Facciamo dei castelli di sabbia finché possiamo
Perché diventeremo vecchi
E poi un giorno ripenseremo al passato e diremo
Che vita deliziosa che abbiamo vissuto
Che posti affascinanti che abbiamo visto
Siamo a 22 gradi sotto zero con quell’arietta del Red River
Ma sembra faccia più caldo che mai
Dicono che una vita di routine ti deprima
Ma se tu preferisci così, mi fa piacere che tu ne vada fiera
Si vive con le cose di cui ci si circonda
Con me la settimana lavorativa non funziona
Sarà da egoista, ma io sono qui per vivere
Dicono che una vita di routine ti deprima
Ma se tu preferisci così, mi fa piacere che tu ne vada fiera
Si vive con le cose di cui ci si circonda
Con me la settimana lavorativa non funziona
Sarà da egoista, ma io sono qui per vivere
4. I Hope Things Go the Way I Want
Spero che le cose vadano come voglio
Mi hai detto che stavi voltando pagina
Ma a me sembra più che ci stai rinunciando
Vorrei dirti come la penso
Ma non vorrei farti pensare che sia colpa tua che mi hai lasciato
Ma tutto questo non cambia il modo in cui ti guardo
Tutto questo cambia il modo in cui dormo
Vorrei averlo apprezzato a dovere
Prima mi tenevi al caldo
Adesso il caldo mi deriva dall’imbarazzo
Perché le cose non possono andare come spero, come le voglio
Invece di andare sempre come mi immagino che vadano
Invece di andare sempre come vanno?
Perché le cose non possono andare come spero, come le voglio
Invece di andare sempre come mi immagino che vadano
Invece di andare sempre come vanno?
Detta semplicemente, la vita non si può definire se non può essere detta semplicemente
Ma uno deve fare del suo meglio
Perché nessuno si dimentica le cose di cui si pente
Non c’è il pulsante per tornare indietro e avrei dovuto tenerlo in mente
Ma guardando il lato positivo, direi che comunque meglio triste che rammollito
Tutto questo non cambia il modo in cui ti guardo
Ma tutto questo cambia il modo in cui dormo
Vorrei averlo apprezzato a dovere
Prima mi tenevi al caldo
Adesso il caldo mi deriva dall’imbarazzo
Spero che le cose vadano come spero
5. Whiskey Waters
Acque al whiskey
Non ascoltiamo mai la musica che sta passando in radio
Le canzoni non ci restano mai in mente
So che siamo completamente distratti dalle nostre conversazioni infinite nello scantinato
Sono davvero il legame migliore
Spero che non finiscano mai
Sei tutto quello che so di aver sempre saputo che fossi
Mi fai sentire a casa quando sto per andarmene
Dormiamo in letti separati
Ma questo non eviterà che io ti perda di nuovo
‘Ste bottiglie tendo a tracannare il liquido nell’istante che mi sveglio
Quanto sei lontana
Ma appena sale l’effetto mi compari dritta nel cervello
Coi rapporti sociali io, cioè, malissimo
Sono contentissimo di starmene con la mia migliore amica nella testa
Sei tutto quello che so di aver sempre saputo che fossi
Mi fai sentire a casa quando sto per andarmene
Il ghiaccio nel bicchiere piano piano si scioglie
Mi annacqua il whiskey da due soldi che c’è dentro
Sto meglio quando sono da solo
Lo mando giù sereno e con calma
Il mondo è troppo grande perché un tipo come me ci salti dentro e diventi qualcuno
Sono felice
Guardami negli occhi
Non sbatterò mai le palpebre
Sono felice
Guardami negli occhi
Non…
6. Movies
Film
Possiamo mettere sù un film, per piacere?
Ho bisogno di qualcosa che mi distragga da quello che ci sta succedendo davvero
Perché non ce la posso fare
Non riesco ad ascoltare un solo minuto in più delle parole che ho raccolto
C’è una differenza tra quello che voglio e quello di cui ho bisogno
Ci capirò qualcosa?
Perché adesso mi sento proprio spaventato
Proprio fuori dal mondo in cui vivo
Segnali costanti che indicano che io non sono nulla, nulla, nulla, nulla
Possiamo mettere sù un film, per piacere?
Ho bisogno di qualcosa che mi distragga
Possiamo mettere sù un film, per piacere?
Ho bisogno di qualcosa
C’è una differenza tra quello che voglio e quello di cui ho bisogno
Sono un poeta che cammina muto come un fantasma in un appartamento abbandonato
Resto in silenzio, mi sento disonesto a vendere un lavoro da un ufficio a un’asta
Sono un poeta insipido che ha tutto da perdere
C’è una differenza tra
Possiamo mettere sù un film, per piacere?
Ho bisogno di qualcosa che mi distragga
Possiamo mettere sù un film, per piacere?
Ho bisogno di qualcosa
Possiamo mettere sù un film, per piacere?
Ho bisogno di qualcosa che mi distragga
Possiamo mettere sù un film, per piacere?
7. The Better Days
I giorni migliori
Gli “e se…?” mi uccidono, mi tengono sveglio
Mento a me stesso
Ma il mio cuore è troppo furbo per farsi ingannare dal cervello
Non sto bene, ma un giorno lo starò
Sono forte, ma sono ferito
Posso anche dirmi che sto voltando pagina
Ma è un sollievo di pessimo livello
È un abbandono, ma camuffato
E non posso passare la vita ad aspettare il grande momento
Tu mi fai pensare al passato e tornare a ridere
Sarebbe un miracolo, che è impossibile per definizione
Però mi manchi
So che lo capisci dalla mia voce quando ti parlo
Te lo leggo negli occhi
Li adoravo i tuoi occhi
La adoravo la nostra vita
Vivere è quello che farò
È quello che ho sempre fatto
Le nuvole devono far vedere il sole
Troverò i, troverò i giorni migliori
Dentro di me so che saranno sempre a portata di mano
Saranno sempre a portata di mano
Saranno sempre a portata di mano
Mi sono ridotto a come mi sento di solito
Quando tengo in mente che non ti vedrò
Mi sono ridotto a come mi sento di solito
Perché non ti vedrò
8. Boxcar
Vagone
Adesso mi costruisco un vagone
E vado lontanissimo nei miei posti preferiti che devo ancora vedere
I miei cuscinetti ABEC 7 mi sosterranno in qualsiasi cosa facciamo insieme
Ritorniamo al primo giorno di scuola
Ero al primo anno, lezione di matematica
Tu eri seduta davanti e io in fondo in piedi
Avevo troppa paura di chiedere a qualcuno come ti chiamassi
Per cui ho tenuto a freno la lingua
E mi sono tenuto per me le parole che avrei dovuto dire
Ma che non ho detto perché pensavate che avrei peggiorato le cose
Tu eri un rischio
Col passare della vita, deciderò il momento preciso per mettermi alla guida
E diventare soddisfatto della vita
Questo vagone ce l’avevo sotterrato in testa
Le rotelle giravano, io invece ero lì che sognavo a occhi aperti
Questo vagone ce l’avevo sotterrato in testa
Le rotelle giravano, io invece ero lì che sognavo a occhi aperti
Questo vagone ce l’avevo sotterrato in testa
Le rotelle giravano, io invece ero lì che sognavo a occhi aperti
Questo vagone ce l’avevo sotterrato in testa
Le rotelle giravano, io invece ero lì che sognavo a occhi aperti
Col passare della vita, deciderò il momento preciso per mettermi alla guida
E diventare soddisfatto della vita
9. Spring Fever
Euforia primaverile
Ci pensi all’amore?
Ti chiedi mai da dove viene?
Un’immagine chiara che sei proprio troppo testarda per osservare
Stai malissimo
È un cocktail di sostanze
Una fuga speciale dall’egoismo
Stai malissimo, stai malissimo
Con la mentalità da Midwest di un migliore amico ormai perso
Continui ad andare avanti e non guardi mai indietro
Con la mentalità da Midwest di un migliore amico ormai perso
Continui ad andare avanti e abbandoni il passato
Abbandoni il passato
Ti sei innamorata dei ponti ma non hai mai toccato l’acqua
Ti sei innamorata dei giardini ma non hai mai toccato un fiore
Ti sei innamorata della primavera ma non hai mai visto la neve che si scioglie
Ti sei innamorata di tutti gli altri tranne che di te
E mi dispiace davvero tanto
Un cocktail di sostanze, un cocktail di sostanze
Ci pensi all’amore? Eh?
10. Entrances & Exits
Entrate e uscite
Mi sono perso di vista con tutti i miei migliori amici
Volevo provare la sensazione di tagliare il cordone ombelicale
I rimpianti restano presenti dal passato nella testa
Una boccata d’aria fresca me la posso solo immaginare
La vita ha troppe entrate e uscite
Beh, forse alla fin fine non sono poi così diverse
Occhi castani, vestito blu
Sgridami
Voglio una voce dolce che mi illumini sulla mia situazione
Occhi castani, vestito blu
Sgridami
Voglio una voce dolce, voglio una voce dolce
Sgridami
Ho sforzato la voce troppe volte
Sgridami
Salutandoci continuamente prima di andare
Sgridami
Ho sforzato la voce troppe volte
Sgridami
Salutandoci continuamente prima di andare
Sgridami
11. Skinny Veins
Vene a fior di pelle
Hai detto che vivere non significa solo sopravvivere
Diventa noioso se non hai nulla da temere
È quello il bello
Ma non aver paura di morire o fifa di provarci
Perché è una cosa che ti frena e basta
Prenditi dei rischi
Perché non riuscire è meglio che non provarci neanche
Hai detto che vivere non significa solo sopravvivere
Diventa noioso se non hai nulla da temere
Faccio i bagagli, prendo il primo treno in partenza
Questa faccia non la vedrete mai più
Faccio i bagagli e me ne vado da ‘sto posto
Ci sono tante di quelle cose là fuori che mi aspettano
Ti ho assorbito nella pelle
Coraggio sconfinato
Ti ho assorbito nella pelle
Non sarei mai fuggito senza le tue parole dentro le mie vene a fior di pelle, vene a fior di pelle
Non sarei mai fuggito senza le tue parole dentro le mie vene a fior di pelle
Faccio i bagagli, prendo il primo treno in partenza
Questa faccia non la vedrete mai più
Faccio i bagagli e me ne vado da ‘sto posto
Ci sono tante di quelle cose là fuori che mi aspettano
12. Van Beers
Birre da furgone
Vedo un tramonto sfumato nella foschia di una sigaretta che ti sei fatto sù per concludere la giornata
Abbiamo scarsa igiene, decisamente poco puliti ma non ci siamo mai sentiti più puri di così
Puzziamo di sudore fresco e di birra andata a male
Che profumo di paradiso che c’è
Da grandi magari ci perdiamo di vista
Ma dobbiamo essere forti perché siamo giovanissimi
Ti prego, sii forte
Le uniche cose che conosciamo bene sono ‘ste autostrade
I parcheggi loschi li consideriamo casa nostra
So che sembrerà incredibile, ma dormiamo come dei sassi
È raro che ci preoccupiamo
Esistiamo finché siamo vivi
Per cui qualcuno mi spiega che fretta c’è?
Incrociamo le dita che non arrivino gli sbirri
Sono sicuro al 100% che le lattine di birra vuote sotto i sedili del furgone non le abbiamo trovate tutte
Siamo troppo impegnati a raccontare storie
E a ridere di quanto possa diventare noiosa qualsiasi situazione
Se non c’è nessuno che cerca di tirarne fuori il meglio
Quando è troppo non è mai davvero troppo
Se non apprezziamo quello che ci viene dato
Tientele strette le cose che ami mica che arrugginiscano
Quando è troppo non è mai davvero troppo
Se non apprezziamo quello che ci viene dato
Tientele strette le cose che ami mica che arrugginiscano
Quando è troppo non è mai davvero troppo
Se non apprezziamo quello che ci viene dato
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Story - Lui
Oggi è stata una giornata lunghissima, senza fine, non vedevo l’ora finisse. Anche gli amici si sono accorti che qualcosa non va, Ste mi ha chiesto più volte cosa non andasse, ma non so cosa raccontargli. In realtà vorrei trovare quella ragazza che la sera mi abbraccia e mi dica “è tutto ok”, quella ragazza che “vive per me”, che ha voglia di vedermi e di baciarmi se la giornata è stata particolarmente disastrosa. Vivo da solo da 2 anni, nessuna storia seria al momento, tutte ragazze che cercano il principe azzurro ma si accontentano di una serata piacevole e via. Non dico che non mi vada bene, anzi, la cosa mi fa piacere da uomo, ma a lungo andare non avere niente in mano mi rende triste, vuoto. Soprattutto mi chiedo se esistono delle donne, perché al momento ho notato che sono tutte ragazzine che non sanno nemmeno loro cosa vogliono dalla vita, ci parli un ora e già scende un silenzio imbarazzante perché non hanno nulla da dire. Non che abbiamo 50 anni, ma per me a 25 si è già adulti in una qualche maniera. Ti inizierai a fare delle domande sul futuro no?
Inoltre oggi sono andato a trovare mia mamma per pranzo e ha iniziato ad insistere sul fatto che sto troppo per i fatti miei, che esco poco, che lavoro troppo, mi vede poco e non so quante altre cose… forse mi ha persino detto che non mi vede felice, ma ero nella fase in cui non ascoltavo più nemmeno una parola.
Poi stasera quasi tutte coppie a parte io, la Totta e la Lucy. La Totta insopportabile, sa sempre tutto lei, viziata, classica figlia di papà dalla vita super facile. Lei non fa niente tutto il giorno ma alle 23 di sabato sera è stanca e poi domani deve “svegliarsi presto perché deve prendere tuuuuuttooo il sole della giornata”, ecco con questa frase per me siamo a posto. Invece la Lucy che di solito chiacchiera un sacco e ha sempre voglia di fare qualsiasi cosa si è seccata due cocktail alla velocità della luce, era più taciturna di me e spesso e volentieri mi guardava male e di sbieco, ho pensato di averle fatto qualcosa, ma ci conosciamo da poco quindi mi è difficile pensare di aver detto qualcosa che l’abbia offesa. Inoltre penso che stia con uno anche se non lo ha mai portato fuori con noi.
Adesso sono in camera, sul canale 8 stanno trasmettendo un programma di un livello demenziale inqualificabile, un gruppo di ragazzi e ragazze sulla ventina dentro una casa che fanno un festino, la solita americanata.
La finestra della camera da sul parchetto di quartiere ed anche se è aperta non entra un filo di aria, non si respira e fa caldissimo. Mi alzo e vado a prendere una birra ghiacciata in frigo, la apro e me ne scolo un abbondante sorso. Torno nella posizione inziale sul letto, con la finestra dietro la mia schiena, ma davvero non si muove neanche un pochino di aria. Mentre il festino continua sulla tv penso a cosa fare domani, se chiudermi in casa con il condizionare o uscire e fare un giro da qualche parte. La prossima settimana ho una serie di appuntamenti fuori studio e sapere che dovrò stare un sacco di tempo in macchina a fare dei chilometri mi passa proprio la voglia.
Sento il cellulare che suona, l’ho lasciato sul tavolo a fianco la tv, chi può mai essere a quest’ora?! Forse è Marco che mi chiede di andare al cinema domani pomeriggio a vedere il nuovo film d’azione. Mi alzo e vado a prendere il cellulare, apro il messaggio e non credo a quello che vedo.
Il messaggio è di Lucy, mi chiede di fumare una paglia insieme che è qui sotto. Forse le ho davvero fatto qualcosa a questo punto. Prendo un paio di pantaloncini e la maglia sopra la sedia, me li infilo, facendo più in fretta possibile. Prendo il pacchetto di sigarette, le chiavi e l’accendino e me le infilo nella tasca dei pantaloni. Scendo le scale più in fretta che posso. Sotto casa non c’è… vuoi dire che sia nella panca del parco? Giro l’angolo di casa e imbocco il vialetto, la scorgo. Mi avvicino e noto che stringe in cellulare in mano, sembra una bimba impaurita… ma non era andata a casa anche lei, poteva dirmi qualcosa subito senza stare qui così da sola. Si volta verso di me e mi sorride.
“Ciao” dico senza ottenere risposta. Mi siedo accanto a lei, ha l’aria strana, come se fosse successo qualcosa... non le capirò mai le donne. Mi arriva una ventata del suo profumo mentre prende la sigaretta che le offro, è un profumo dolce, fresco, sa di estate e ha un retrogusto di vaniglia. La guardo e noto che appena mi soffermo sul suo viso si mette alla ricerca di qualcosa nella borsa, probabilmente dell’accendino, a testa bassa in modo che i suoi capelli castani le coprono buona parte del viso. Ha la pelle ambrata, è già abbronzata un sacco e ha freddo, ha tutte le braccia con la pelle d’oca, mi maledico per non aver portato una felpa, in realtà neanche niente da bere, magari le faceva piacere. Le accendo la sigaretta, da una boccata e butta fuori una nuvoletta di fumo. L’espressione del suo viso sembra che cambi, pare molto più rilassata rispetto prima. Stiamo un po così, l’uno di fianco all’altra in silenzio, passano forse alcuni secondi prima che uno dei due parli, si sentono solo i grilli e l’irrigazione di un giardino in lontananza.
CONTINUA …
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Sotto lo stesso sole
Respiriamo la stessa aria, vediamo lo stesso sole, viviamo la stessa città, ma riusciamo a non incontrarci.
Non è facile per me, che vorrei vedere i tuoi occhi vedere le stesse cose che vedono i miei.
La domenica è passata, con i suoi mostri, se n’è andata, sono qui a pochi passi dalla radio, mancano tre ore all’inizio della diretta. Sto guardando la città svegliarsi, seduta sul mio motorino, sto qui a vedere il cielo cambiare colore, dal blu della notte, passare al bianco di una nuova alba, ci vorrà ancora tempo per vedere l’azzurro intenso del giorno.
Intanto penso a quello che Rosario mi ha raccontato ieri.
Ti ha raccontato che sono tornata, ti ha raccontato come è corso a Milano a prendermi, ti ha raccontato tutto, omettendo la parte che sono tornata per te.
Nel descrivermi le tue espressioni, ho capito che la cosa ti ha scioccato, entusiasmato e piaciuto. Alla fine fare due più due non doveva essere complicato.
Le tue domande alla fine si riducono tutte a una “perché?”. Perché cosa? Perché non ti ho detto niente? Perché non ho tentato ancora un contatto con te? Perché? Non lo so nemmeno io, ma ho deciso di aspettare. Rosario mi ha raccontato che le cose con la tua ragazza non vanno bene, insomma alla fine passi molto tempo a lavorare e altro tempo a divertirti, a volte anche con ragazze diverse, quindi non ci tieni. A cosa tieni? Cosa ti fa uscire con altre ragazze, mentre a me hai detto che eri ancora innamorato di lei? Queste domande non ti sono state fatte da Rosario, lui ti conosce, sa bene che non sei innamorato di quella, era solo un modo per allontanarti da me? Perché?
Sono le cinque e mezza del mattino, Napoli si sta svegliando, il camion della spazzatura passa a raccogliere i rifiuti, un cane passa cercando gli avanzi, un gatto stizzito soffia e se ne va. Io sto qui, a guardare la città che intanto si toglie il pigiama o la camicia da notte e cerca di affrontare una nuova giornata. Mentalmente stilo una sfilza di argomenti da trattare in trasmissione.
Ma la domanda persistente di venerdì lascia aperti una serie di risposte che non hanno logica. Elisa mi ha chiesto apertamente, “perché sei tornata? Noi del sud partiamo per Milano, tu da Milano parti per il Sud?” Ho dato tutte risposte che non avevano un senso logico, ma tutte erano, in un certo senso, rivolte a te.
So che Rosario ti ha detto di ascoltare la radio la mattina, non ti ha spiegato perché, ti ha detto solo di farlo. Immagino il tuo viso, incuriosito, che si segna mentalmente gli orari della trasmissione, che pensa a come fare, una volta capito il mistero, a non far trasparire emozioni alla tua ragazza o a quella di turno. Si ti immagino. Ti vedo. A volte ti sogno, passeggiamo sulla stessa spiaggia, sotto le stesse stelle e la stessa luna, siamo distanti, senza saperlo andiamo una verso l’altro, mi sveglio sempre quando arriva il momento di avvicinarmi a te.
So che Elisa e i ragazzi della regia non lasceranno in sospeso l’argomento, devono sapere, dobbiamo raccontare. Ma cosa dovrei raccontare di preciso?
Sono qui, dal sedile del motorino, mi sono spostata su una panchina, la città intanto comincia la sua corsa, non ancora frenetica, ma lenta e assonnata. C’è chi, fermo al semaforo, si stropiccia gli occhi, c’è chi si tira fuori bombe dal naso, c’è chi ha l’aria di non aver lasciato il cuscino, poi ci sono io.
Io che la notte mi sveglio alle tre, mi giro e rigiro nel letto, cercando di trovare quella posizione che mi consenta ancora un paio d’ore di sonno. Mi arrotolo tra le lenzuola, mi srotolo, come un serpente che lentamente scioglie le sue spire, mi giro e mi rigiro, fino a che esausta da questa danza non mi alzo per farmi un caffè. Intanto nell’altra stanza, il ritmico russare di mia zia, mi fa solo morire di invidia. Lei dorme il sonno dei giusti, io invece ho l’ansia.
Lei dorme come se i suoi sogni fossero facili, io non dormo.
La rabbia mi assale, come una bestia famelica, mi prende. Tutti hanno vissuto una storia d’amore, se la prima è finita male, la seconda non è neanche iniziata, c’erano tutti i presupposti, c’era la voglia, la speranza, le farfalle nello stomaco, la gola secca e riarsa, l’emozione, il tremore alle mani. C’era tutto. Ma c’ero io, io che sono sempre maledettamente fredda e distaccata, io che ho sempre paura, io che ho il coraggio di un bradipo, che sono forte solo quando voglio nascondermi. Io che di maschere ne indosso a centinaia per evitare che la gente mi conosca, io che mi stampo in faccia il mio miglior sorriso, per non mostrare mai quanto soffro. Io che mi spoglio di ogni dolore, quando entro in radio, per poi riprendermeli tutti quando ho finito. Io che ho sempre l’aria di quella che capita per caso in un posto, che non è il suo, che non cerca nemmeno di farselo andare bene, semplicemente sta lì, in attesa.
Io che aspetto. Aspetto sempre qualcosa, ma cosa?
Leggo la lista delle canzoni che metteremo stamattina, si parte con gli Scorpions, Under the same sun. Faccio a posta ad inserire sempre una canzone che parli di te, lo faccio perché è un mio modo di comunicarti che ti penso, che ti desidero, che ti voglio. Forse stamattina capirai, forse no. Intanto si avvicina l’orario della riunione pre diretta.
Oggi è il 21 settembre, per tanti studenti si torna tra i banchi di scuola, io rimetterò piede in classe il primo di ottobre, con l’orario pomeridiano dell’anno integrativo, intanto le sere le passo ad ascoltare un istruttore che mi spiega il codice della strada.
I miei cugini, si stanno alternando a farmi guidare. Con quelli del mio palazzo a volte faccio a posta, a passare sotto casa tua. Con la scusa di imparare a fare un parcheggio, mi fermo sotto il tuo portone, lo guardo per qualche minuto, poi esco dal parcheggio e vado via, osservando sempre dallo specchietto retrovisore se per caso tu compari.
Ed anche se accadesse, cosa potrei dirti? A parte scappare a gambe levate come se fossi la criminale inseguita dalla polizia, cosa dovrei dirti? Io che non ho mai avuto coraggio. Quel poco di coraggio che ho, l’ho speso per tornare e trovarmi un posto in radio, per tutto il resto no. Non credo che mai lo avrò.
Mentre ti scrivo, vedo che sono le sei e mezza, è ora di andare. In una radio è ammesso tutto, meno che il ritardo. Alle sette la riunione, alle otto via, diretta, ho giusto il tempo di svuotare la mente, di togliermi ogni pensiero di te, ogni paura. Ho giusto il tempo di guardare ancora una volta questo panorama, lo stesso panorama che entrambi viviamo ogni giorno, senza mai incontrarci.
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Non interessa molto ma sentivo il bisogno di scrivere, di raccontare a me stessa come è successo, come mi sono innamorata. Era il 17 Novembre del 2015, appena dichiarata a mia madre 10 giorni prima. Non pensavo che quel giorno avrei incontrato la persona che avrei chiamato "Amore" per più di un anno. Era sera, al cenacolo, in chiesa. Avevamo il primo incontro di preghiera e io sarei stata da sola per tutta la prima parte della serata perché mia sorella era all'università e sarebbe tornata alle 21. Arrivano in ritardo questi due fratelli con gli occhi azzurri e io ero troppo persa tra i miei pensieri per notarile subito. Quindi mi presento e non alzo nemmeno lo sguardo, allungo la mano e dico "Alessia, piacere". Era arrivato il momento di parlare ed esprimere un giudizio sul discorso che stavano affrontando e per un momento guardo la ragazza nuova, mi chiedevo a chi assomigliasse ma nel contempo mi importava poco, era bella, dai tratti dolci, mi piaceva e basta. Inconsapevolmente mi distrae quindi inizio a bofonchiare e a dimenticare ciò che dovevo dire. Mi interrompo chiedendo all'animatrice se potevo uscire a prendere un po' di aria fresca fuori. Mi stavo sentendo male, farfalle nello stomaco, solletico al cuore, bloccata tra la risata e il pianto. Chiamo Carlo e gli racconto tutto ma lui, che mi conosce come le sue mani, sapeva benissimo che ero in quelle condizioni perché mi stava piacendo e mi ha aperto la mente. "A te vengono gli attacchi di panico perché hai paura, ma ora non è colpa sua, hai paura che ti possa piacere e lo sai che è così." Aveva ragione. Rientro in stanza cercando di concentrarmi su quello che dovevo fare e su come controllarmi ma fallisco miseramente perché non arrivo a sedermi sulla sedia e casco a terra. Lei rideva, e si divertiva, ed era bellissima. Quando faccio passare il rossore dalle guance e mi ricompongo la guardo per un momento e vedevo che lei mi stava guardando pure, quando si rigira per un momento ho pensato "Tu mi cambierai la vita". All'inizio non sapevo se in modo positivo, ma ora ne ho la conferma. Alla fine della serata mi sono fatta avanti prima di andarmene. -"Ciao, mi chiamo Alessia, tu?" -"Eluliana, ma è troppo difficile. Chiamami Elu" -"Che scuola fai?" -"Concetto Marchesi, classico." -"Oh voi oggi eravate al corteo?" Mi guarda in modo strano e mi rimangio tutto. -"No vabbè, lascia perdere." -"Tu?" -"Emilio Greco, artistico." La sua faccia era un misto tra confusione e disgusto, in quel momento ho capito che era meglio se mi stavo zitta e mi facevo i cavoli miei. Torno a casa e inizio a seguirla su Instagram e faccio vedere tutte le foto a Carlo. Volevo il suo parere. Il giorno dopo non sarei andata a scuola, avevo una visita medica ma non ho fatto altro che pensare a come attirare la sua attenzione. Notando i suoi interessi nella descrizione di Instagram invio una foto di una serie tv in comune nel gruppo del cenacolo. Lei ha notato, e abbiamo iniziato a parlare. Uguali. Stessi interessi, stesse serie tv, stessi libri. Il giorno dopo ci inviamo il buongiorno e vado a scuola più felice del solito. Ero già cambiata, era stata lei. I miei compagni notano che io mi ero fatta salutare e addirittura abbracciare. Arriva Carlo. -"Com'è Ale?" -"È blu." Una risposta idiota all'apparenza. Il blu è un colore bellissimo, che esprime tutto il bello di questo mondo, il suo colore preferito, la libertà e la dipendenza. Una canzone che ascoltai quella mattina parlava di una persona "blu". Alla fine della ricreazione, durante il compito mentre io ero in classe è squillato il telefono. Il display si illumina "Eluliana". Esco dalla classe come se niente fosse e le rispondo. -"Ei" -"Ciao" -"Che fai?" -"Niente, tu?" -"Ho appena finito di fare educazione fisica." -"Perché mi hai chiamata?" -"Perché mi piace parlare con te." Si avvicinano le mie compagne "Ale ora rompi le palle anche a sta ragazza?" Lei sente e si mette a ridere. -"Hai sentito?" -"Si ma tranquilla" Io impazzita. Completamente. Non facevo altro che parlare con lei, e aspettare di rivederla e ogni volta mi mancava sempre di più. E mi guardava, e si rigirava quando vedeva che mi accorgevo dei suoi occhi su di me. Era sempre così. Poi é venuto Giovanni per verificare questa cosa. Quella sera io non mi sono avvicinata a lei, mi guardava aspettando che facessi qualcosa ma invece lei si è alzata e si è messa accanto a me poi si è messa davanti a me e giocava con la mia collana di PLL. -"Di che segreto parli?" -"Se te lo dicessi non sarebbe più un segreto." -"Giusto" Alla fine quando me ne dovevo andare non l'ho salutata e lei è rimasta a guardarmi aspettando che lo facessi e invece no. Ma non si è arrabbiata. Forse c'era rimasta solo male. Poi le davo calci alla sedia, e lei si girava e mi guardava. -"Sei rossa" -"Nah, ti sbagli" -"Nono, hai anche le orecchie rosse." -"Stai mentendo" Invece volevo solo autoconvincermi del fatto che lei non mi faceva nessuno effetto. Mi sbagliavo come sempre. Perché è arrivata quella sera, in cui ho accettato il mio sentimento. Potevo fare tutte le volte visualizzato quando mi scriveva, potevo mandarla via quando mi parlava ma alla fine mi faceva mancare il fiato. Quella sera lei si è messa accanto a me. -"È inutile che parliamo 24h su 24 e poi quando ci vediamo mi mandi via." -"Te ne devi andare, non voglio starci con te. Mi dai fastidio." Si alza e si allontana. Si era messa davanti alla TV e non si toglieva nemmeno con la ruspa. -"Non sei Carlotta Ferlito, ti puoi togliere dalla tv." -"Ma perché io infatti sono meglio di lei, vedrai..." È tornata accanto a me dopo due minuti circa. Stavo guardando Grey's Anatomy. -"Se non vuoi stare con me allora sarò io a stare con te." -"Sto guardando la tv." -"Vabbè niente.." -"Ti piace Grey's?" -"Mi fanno schifo le persone squartate." Ma inspiegabilmente conosceva i nomi dei miei personaggi preferiti e le loro relazioni. -"Ma quindi lo hai visto già?" -"No, siccome piaceva a te mi sono documentata." Niente, sono crollata, mi sono addormentata sulla sua spalla e lei non mi ha svegliata. Era morbida, calda e il mio cuore era comodo, sarei potuta rimanere in quel modo per ore a sentirla respirare e il suo profumo. Ma sono dovuta andare via dopo poco. Non l'avrei salutata nemmeno quella sera, mi sarei limitata solo ad un gesto con le mani ma invece lei mi ha fermata per i polsi e mi ha dato un bacio nella guancia. -"Buonanotte" Io ero terrorizzata. Mi sono lasciata andare. Stare senza di lei, anche per pochi giorni mi metteva tristezza, mi odiavo per quello che facevo e sapevo anche che era tutto vano, mi sarei affezionata a lei inevitabilmente. Mi mancava, sentivo il bisogno di dirglielo, avrei voluto abbracciarla e stringerla, volevo darle un bacio e volevo farglielo sapere e non potevo. Glielo dico? Non glielo dico? E se si allontana? Le dedico qualche canzone magari glielo faccio capire. La tua bellezza, Tappeto di fragole, Sei parte di me. Ascolto il cuore, glielo dico. -"Mi piaci" -"Non c'è niente di male." Il vuoto, silenzio. Stavo male, ma meglio di niente. Non mi ha detto che lei non provava niente. Mi sono arresa e ho lasciato che tutto facesse il suo corso. E ci siamo innamorate.
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errore n.25
Oggi sono andata a nuotare e ho deciso di tenere il conto delle vasche contando i miei anni.
1. Nasco il 25 dicembre 1992, non so quanto peso, so solo che sono piccola e viola.
2. Sono una bimba minuta e malaticcia, mi operano alle tonsille e rimango tre giorni in ospedale. Mio papà mi regala una barbie e il peluche di un dalmata.
3. Ho i capelli ricci e biondissimi, mi fanno foto in cui sono sempre imbronciata.
4. All’asilo non voglio dormire, mi lasciano giocare con i bambini “grandi”, tento di strozzare la mia migliore amica e vengo punita. Siamo ancora amiche, comunque.
5. Alla recita dell’asilo vedo mamma e nonna tra la folla e corro da loro in lacrime. Disegno sempre, papà mi ha costruito una scrivania apposta per me e io passo il tempo a disegnare. Ho sempre pennarelli e matite in mano.
6. Comincio le scuole elementari. La maestra dice che mi sono seduta nel banco come fosse la cosa più naturale al mondo. Conosco la prima persona che mi avrebbe poi spezzato il cuore.
7. A scuola sono brava, ubbidisco. Mi piace nuotare.
8. Comincio a leggere i primi libri “seri”. Credo Piccole Donne e poi Harry Potter. Comincio a capire e ho un po’ di paura.
9. La mia migliore amica mi spezza il cuore.
10. Finisco le elementari. Un’amica mi fa vedere i fumetti di Crepax dei suoi genitori, ridiamo, era fuori di testa. Ho paura.
11. Comincio le scuole medie. Comincia l’incubo. Mi cominciano le mestruazioni.
12. Mi si spezza il cuore per la seconda volta, è la completa perdita dell’infanzia, del non sapere, del non vedere, del portarmi per sempre addosso 12 crepe che poi si moltiplicheranno per due.
13. Leggo. Tanto, non faccio altro. Non ho amici. Non mi guardo allo specchio, sono oscena. Ho paura di vivere nella mia casa, nel mio corpo, nella mia vita. Mi odio, non mi voglio, non mi penso. Cerco di evitarmi. Prendo il massimo dei voti in tutti i temi di italiano.
14. Comincia una nuova vita: le scuole superiori. Nuova vita un cazzo. L’ansia mi divora, voglio sparire, il rendimento è mediocre.
15. Mi tingo i capelli di rosso, mi vesto di nero e ascolto Linkin Park ed Evanescence. Dimagrisco. Conosco quelle che saranno le mie amiche per i restanti anni delle superiori. Ho un’ottima media.
16. Mi taglio i capelli, progetto di frequentare il prossimo anno all’estero. Via. Lontano. (Scappare). Progetto fallito, studierò (via, lontano, scappare) solo l’estate. Le mie amiche mi organizzano una festa a sorpresa per il compleanno, sono felice, in quel momento lo sono.
17. Vado (scappo) in Nuova Zelanda per due mesi durante l’estate. Dimentico l’adattatore invece di dimenticare me. Non mi piace la famiglia con cui vivo, voglio tornare, ma non a casa mia. Cominciano i periodi depressivi, perdo peso, mi allontano da tutti. Voglio andarmene. Progetto di andare a studiare all’estero l’estate dopo per imparare lo spagnolo (scappare).
18. L’estate a Buenos Aires è aria pura per me. Torno e sto meglio, comincio scuola guida, riallaccio i rapporti, i miei voti salgono tanto che il professore di italiano mi dice che potrei uscire col massimo dei voti. Esco col massimo dei voti. Non vedo l’ora di cominciare l’università.
19. Comincio l’università. Il cinese è duro, conosco le amiche con cui ho rapporti tutt’ora.
20. Secondo anno di università. Dopo il primo esame non mi alzo dal letto per tre giorni: non mangio, non mi lavo, dormo e basta. Poi mi alzo e studio per il secondo esame.
21. Semestre in Cina. Crisi d’ansia, voglio sparire, voglio morire. Resisto, ma mi odio per quello che faccio, per quello che sono. Crisi di pianto al telefono, urla all’altro capo. Gocce per stordirmi. Quando torno mia cugina mi consiglia di cominciare terapia. Non l’ascolto.
22. Mi laureo, non con il massimo dei voti, ma è sufficiente per dire “basta”. Voglio voltare pagina. In autunno mi trasferisco a Madrid con un’amica e mi sembra quasi di guarire. Voglio costruirmi una vita, ma cosa può pensare di costruire un qualcosa di già rotto? Tre sedute di terapia prima di partire non erano servite per capire come mai non riuscissi a vivere. Torno per Natale.
23. Il primo lavoro, mi trasferisco, sono emozionata. Mi piace, esco, mi sento utile, vivo. O almeno credo di vivere, è una bella illusione, se illusione dev’essere. Decido di trasferirmi in Cina per imparare la lingua.
24.Trovo lavoro in Cina come insegnante d’inglese. Cominciano le crisi d’ansia che controllo con alcol e ansiolitici. Parto perché il bisogno di andarmene di casa è più forte della paura di non farcela ad esistere da sola. All’inizio non va bene, poi le cose migliorano con il lavoro, ma io sono un disastro. Mi consigliano un consulto da uno psichiatra. Comincio a prendere antidepressivi e tranquillanti, poi anti-psicotici per dormire. Resisto a malapena. Bevo vodka tutti i giorni. Decido di tornare. Conosco una persona che per me diventa sempre più importante. Comincio una terapia. Diagnosi: ansia e depressione. Lavoricchio. Mi iscrivo ad un master.
25. E adesso?
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Il Salento militarizzato: “coprifuoco” e check point per il cantiere del Tap “Questa sono io. Ho lo sguardo basso: non volevo vedere anche il filo spinato. Un’umiliazione per noi, persone libere, perbene. Dietro di me c’è l’agente della Digos che ci ha scortato fino a casa. Mio marito ha rallentato il passo per poter scattare la foto”. Alla signora Lucia, pensionata, trema la voce. C’è lei nell’immagine simbolo di quello che accade a Melendugno, in provincia di Lecce, nella zona rossa istituita a protezione del cantiere del gasdotto Tap in arrivo dall’Azerbaijan. La recinzione con blocchi in cemento e grate è quella dei mesi scorsi. Sulla sua sommità, però, è comparso il filo di ferro e di spine. Come in Val di Susa. “Come a Gaza”, dice chi ha ribattezzato questo luogo la “striscia di San Basilio”. Dalla notte tra il 12 e il 13 novembre, la grande contrada che porta il nome del santo d’Oriente è inaccessibile a tutti. Ad ogni varco, una pattuglia. Anche lungo la litoranea, anche dentro la pineta. Alt, documenti. Pare di stare alla frontiera. Entra solo chi ha il pass rilasciato dalla questura, perché proprietario di abitazioni o terreni. Neanche facilmente, a dire il vero. “Io non posso invitare un’amica o un parente a prendere il caffè. Mi dicono che risolveranno anche questo problema – dice Lucia – ma è già complicato per me arrivare a casa mia: mi costringono a passare da tratturi sterrati, fangosi, perché le strade sono sbarrate da cancelli e occupate da mezzi pesanti “Io vengo accompagnata dalla Digos sin sulla soglia della mia abitazione e lì mi aspetta finché non esco. Poi – contesta ancora Lucia – un carabiniere mi spia da dietro il muretto”. Non sono allucinazioni, i proprietari hanno imparato a documentare, a fotografare. È a loro che si devono le uniche testimonianze che restituiscono in parte ciò che accade al di là. “A noi è stato detto che, se vengono giornalisti, non si deve lasciarli fare nulla”, dicono due poliziotti di guardia ad uno dei varchi. “Non possono entrare neanche gli amministratori comunali né la Regione, se è ancora interessata a controllare. Non ci danno la possibilità di verificare cosa stanno facendo... Chi nella zona rossa ci è entrato, invece, non ha peli sulla lingua: “Un anno fa – dice Anna – ho chiesto di poter ristrutturare una casa di campagna. Si trova accanto al cantiere. Mi hanno risposto che c’è un vincolo paesaggistico. Ora hanno distrutto il territorio: muretti a secco, alberi millenari. Per me, però, vale il vincolo”. “Stanno lavorando nella mia proprietà – denuncia Alfonso, un contadino – senza che io abbia dato alcun permesso. Stanno costruendo il muro di cinta per la fascia cuscinetto a tutela del cantiere. Non mi hanno neanche avvisato”. “E a me sa cosa è successo? Hanno tagliato una strada che porta al mio fondo – racconta Niceta – e così io posso raggiungere solo sette ulivi, gli altri venti li guardo dalla grata e li saluto da lontano”. È la stagione dell’olio buono, extravergine pregiato. La raccolta delle olive, però, è un’odissea. “Sono andato a raccoglierle nel campo di mia sorella, c’era la Finanza. Ho mostrato il permesso e la carta d’identità, hanno fotografato il numero di targa, poi dovevano cercare il mio nome su un registro. Ci hanno impiegato mezz’ora. A me fa comodo – ironizza Alfonso – perché mi alzo alle 6 del mattino per tornare a casa alle 12 e invece ora rientro alle tre del pomeriggio. Ad ogni posto di blocco devono di nuovo verificare. E a che serve il pass?”. “Si respira aria di militarizzazione, le persone si sentono controllate. A nostro avviso – rimarca il sindaco Marco Potì – il provvedimento prefettizio, basato su ragioni di sicurezza, è motivato in modo abnorme. Da quanto sappiamo, qui ci sarebbero 650 agenti, per un costo esorbitante di 50-80mila euro al giorno di extra. Si vogliono favorire i lavori di questa multinazionale per un’opera riconosciuta sì strategica e di pubblica utilità, ma che resta privata e per i prossimi 25 anni non darà vantaggi economici allo Stato italiano”. Melendugno, meno di 10mila abitanti a metà strada tra Lecce e Otranto, aveva costruito per sé un altro futuro. “Il punto di approdo del gasdotto è sulla spiaggia di San Basilio, da sette anni Bandiera blu, da cinque anni 5 vele di Legambiente. Non poteva essere scelto luogo più sbagliato” Il Fatto Quotidiano
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Tropic Thunder
Questa mattina sono uscito di casa all’alba. Di solito esco più tardi: lo faccio per evitare l’umanità al volante, il groviglio di macchine in doppia fila, l’ammucchiata di gente che sembra abbia passato la notte insonne per escogitare come rompere il cazzo al prossimo. Sono uscito presto, dicevo. Ho la prima lezione del corso su come riconoscere e gestire i conflitti. Mi ci ero iscritto mesi fa, evidentemente in un momento di confusione. Le situazioni di conflitto le ho sempre fiutate da lontano e, una volta riconosciute, andavo in Piazza delle Erbe e bere fino a vomitare. Ma d’altro canto, ormai sono grande, che è un altro modo per dire che dopo una sbronza sto male per giorni o settimane, e che quindi ho bisogno di strategie alternative.
Quindi sono seduto in quest’aula con una colonna al centro e devo costantemente ciondolare sulla seggiola per vedere chi interviene. Sento cose interessanti, e mi sembra abbastanza chiaro che siamo geneticamente dei rompicoglioni. Tutti noi esseri umani, intendo. Ma soprattutto, mi è anche chiaro che nelle organizzazioni non tutti hanno la stessa capacità di gestione del conflitto, che è un altro modo per dire che se non sei quello che comanda, lo prendi sonoramente nel culo. La teoria cerca però di rincuorarti con un discreto ventaglio di speranze, roba del tipo “offri la tua esperienza” oppure “porta i colleghi dalla tua parte”. Io non me la sento di provare, mi sembra omeopatia dell’organizzazione aziendale. E insomma, sulla parete sono proiettate le ragioni del conflitto, della lite, del disaccordo, della rissa, del rompimento di coglioni, del vivere in un contesto “gruppale”, credo che questo sia il termine tecnico. Le sto ricopiando su un quadernetto quando la professoressa dice: «Vi ricordate un conflitto e come lo avete risolto?»
Nel completo vuoto mentale, riesco a rintracciare con fatica solo un’immagine. Una sorta di processo ridotto a icona che mi ricorda costantemente che, nonostante i progressi della psicologia, con alcune persone non si può discutere. Una sineddoche della mia scarsa voglia di affrontare certe questioni.
Per farla breve, mi vedo ragazzino, non ho ancora compiuto vent’anni. Sono vicino all’ingresso di una specie di balera. Sto con il sedere su uno scalino di marmo e con la schiena accasciata contro una saracinesca. Lentamente sto scivolando verso una delle prime sbronze giovanili. Sono lì che parlotto, quando ad un tratto un tizio viene verso di me gesticolando e urlando. Dice che gli ho fatto qualcosa. Magari aveva pure ragione ma non sembra aver voglia di starmi a sentire. E quindi, cerco una posizione comoda sullo scalino e lo ascolto distrattamente. Dopo dieci minuti di minacce sono stufo, così decido di reagire. Reagisco dicendo una frase. Una sola frase che nella mia testa avrebbe dovuto risolvere la disputa, gestire il conflitto, per così dire. «Se vuoi, tirami un pugno in faccia così la finisci» dico. Il tizio balbetta qualcosa in preda alla confusione. Io penso alla grande idea che ho avuto per disarmare i suoi processi mentali, per mandare in tilt il suo cervello, il suo thread mentale capace solo di ragionare secondo canoni violenti e di lanciare minacce tanto per dire. E mentre mi compiaccio della mia trovata, pum, il tizio mi ciocca un pugno sulla faccia.
Torno al presente richiamato da un fischio dell’impianto audio dell’aula. «Proviamo a fare un esercizio» dice la professoressa mentre sparisce risucchiata dalla colonna. In pratica, dobbiamo copiare i suoi gesti, però non tutti contemporaneamente: dobbiamo farli propagare nell’aula aggiungendoci uno alla volta. Sembra una cosa complicata, ma in realtà è semplice: se sapessi scrivere con chiarezza lo capireste subito. La professoressa inizia a sfregarsi le mani, e allora tutti ci sfreghiamo le mani. Schiocca le dita, e allora tutti schiocchiamo le dita. Poi sbatte i palmi sulle cose, i piedi per terra e infine piedi e mani contemporaneamente e tutti noi allievi seguiamo obbedienti. E infine ricomincia. «Ma che cazzo stiamo facendo?» chiede il tizio sulla sessantina seduto al mio fianco. Sbatte le mani ogni tanto, non sembra molto partecipe. «Che cazzo ne so-o-o-o» rispondo con la voce incerta per lo sbattimento dei piedi e delle mani. Presto salta fuori che l’esercizio si chiama “tempesta tropicale”, così guardo il tizio al mio fianco che agita una mano nel vuoto per manifestare disappunto. Nel brusio generale, la professoressa spiega che lo sfregamento di mani rappresenta un suono simile al vento che segnala l’avvicinarsi di una tempesta, schioccare le dita i primi goccioloni, e rumoreggiare con mani e piedi rende l’idea della tempesta vera e propria. Quindi dice che i conflitti sono proprio come una tempesta tropicale: arrivano lentamente, li puoi avvertire in lontananza ma non puoi evitarli.
Uscito dal corso, passeggio sotto una lieve pioggerellina fino al parcheggio di Piazza della Vittoria. Salgo sul motorino e vado verso la sopraelevata. Dopo pochi metri, rimango bloccato nel traffico. Poco più avanti c’è una macchina in panne e due veicoli si sono praticamente incastrati creando una specie di tappo. Tutti suonano il clacson, ma io faccio finta di niente, evito il conflitto, penso di aver imparato qualcosa. Quindi, sotto la pioggia che diventa un acquazzone, mi estraneo. Sfrego le mani, sbatto i piedi sulla pedana del motorino e schiocco le dita. Il tizio al mio fianco mi guarda con aria sbalordita attraverso il finestrino mentre sta all’asciutto dentro sua macchina. Allora alzo la visiera del casco e con l’acqua che mi cola sul naso gli chiedo che cazzo ha da guardare.
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