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Lettere e Latino
Anna frequentava l'ultimo anno del liceo classico. Era stata eletta Reginetta d'Istituto per la sua bellezza prorompente. Alta 1,75 per 55 kg di peso; forme distribuite da uno scultore, grazia assoluta nelle movenze e nel porsi con gli altri. Nessun problema con compagne, compagni o altri al mondo. Ma il prof. Sasso, suo insegnante di Lettere e Latino, le stava sulle palle da sempre: inflessibile, distante e asettico. Incorruttibile. Al punto di dare agli allievi del 'lei' durante ogni possibile forma di contatto, interrogazione od occasionale che fosse. Quell'anno fu per lei particolarmente duro, non solo per gli esami di stato, ma soprattutto perché proprio poco prima degli esami perse il padre. Tra tutti, il più comprensivo e cruciale inaspettatamente per lei fu proprio lui: il prof. Sasso.
Che la prese da parte in più occasioni. Cercò di indirizzarla verso un percorso psicologico di recupero e autoanalisi, al fine di re-instradarla su un binario di minima, ritrovata serenità. Il prof. Sasso: cinquantenne, un pizzico di stempiatura e di grigio sulla testa. Bassino: 1,65 di vitalità e con regolare pancetta dell'appagamento, malgrado il molto sport ancora praticato con assiduità. Scapolo riservatissimo: pochi ed esclusivi hobby. Le parlò tra una lezione e l'altra spesso di cose alte e belle. Le consigliò alcuni testi buddisti, tra cui riteneva il più essenziale "The Buddha in daily life" di R. Causton. Non gliene parlò per farle cambiare religione, ma perché sono quelli che ti sussurrano direttamente all'anima. E poi tu metabolizzi. Qualcosa di bello e buono ti resta comunque dentro.
Le indicò poi altri testi fondamentali: “Il Palpito dell'Uno” e “Nel nome dell'Uno” di Angelo Bona. Da confrontare in un secondo tempo con “Molte vite, un'anima sola” e “Molte vite, molti maestri” di Brian Weiss. E altro ancora, di questi e altri autori. Le aveva dato l'incarico, a tempo perso, di fare un parallelo tra l'approccio europeo all'argomento trasmigrazione delle anime, alto e filosofico, rispetto a quello decisamente più terapeutico e concreto, pragmatico del collega americano. Sapeva che poi degli autori suggeriti sicuramente la giovane avrebbe acquistato anche altri titoli. E che così avrebbe allargato molto i suoi orizzonti.
Avrebbe imparato a guardarsi dall'alto. Invitandola a leggere, le parlò a lungo dei percorsi delle anime e le garantì che avrebbe ritrovato il suo papà, prima o poi. Lei bevve letteralmente le parole del prof. Sasso e vi si aggrappò con tutta sé stessa. Iniziò le letture e divorò i libri: era tutto come lui le aveva detto ed era ansiosa di parlargli ogni giorno. Le anime sono assetate di reminiscenza e captano al volo le oasi di pace lungo il percorso terreno, quando le trovano. Sentiva ora per il prof. Sasso un sentimento misto tra attrazione e gratitudine ed era perciò molto sorpresa. Doveva vederlo, toccarlo, parlargli, sorridergli. Voleva affascinarlo. Si recò quindi un pomeriggio a casa sua.
Lui fu molto lieto della visita e gli occhi gli sorrisero, nel vederla. Era oggettivamente un esemplare di donna spettacolare, seppur molto giovane. La fece accomodare in salotto e andò in cucina a prendere qualcosa da bere; quando tornò la trovò come una fiera selvaggia: bellissima e nuda, accovacciata sul divano. Col sesso in bella evidenza! Rimase interdetto e bloccato: “signorina Anna, ma cosa fa… si rivesta immediatamente…” però non mostrava troppa convinzione. Era stupito ma ipnotizzato ed estasiato.
Non poteva credere a un regalo così bello proprio per lui. Non l'avrebbe mai confessato, ma quella ragazza era stata spesso oggetto delle sue fantasie, durante i suoi privatissimi momenti di felicità solitaria. L'aveva desiderata intensamente. Fu lei a sbloccare l'impasse e gli diede del tu: “ma che dici, Sasso: sei matto? Ti sto offrendo la cosa più bella e dolce che ho, qualcosa per cui tutti i ragazzi dell'Istituto farebbero la fila e tu mi dici di rivestirmi? Ti dico io cosa farai: ora ti inginocchierai subito, me la mangerai finché vorrò e poi forse ti regalerò qualcos'altro che gradirai moltissimo…”
Il prof. Sasso come un automa si inginocchiò e non poté fare a meno di obbedire, da studente modello, alla neo-professoressa. Promossa sul campo per meriti erotici. Ella godette dell'uomo e del suo scrupoloso leccarle la passera, ma forse ebbe maggior piacere per il potere che finalmente aveva su di lui. Comunque, dopo una mezz'ora si alzò e lo trascinò in camera da letto. Si fece montare come lei preferiva: a pecorina. Lo fece godere, godere e godere: voleva sinceramente ricambiarlo delle cure avute per la sua anima. Lo rese esausto ma felice. Lo accolse anche nel suo stupendo culo e lui una volta entrato lì dentro, in quel piccolo antro delle delizie, pensò sinceramente di aver così toccato il paradiso. Anche perché mentre la inculava teneva le mani a coppa su quei piccoli seni morbidi e perfetti.
La sorreggeva delicatamente. Subito a seguire, mentre la baciava e scopava in modo più tradizionale, di quelle mammelle acerbe ne avrebbe assaggiato il dolce sapore e annusato l'odore meraviglioso, cose che gli si sarebbero conficcate nell'anima per la vita. Il giorno dopo tutto tornò uguale a prima. Anna finalmente, grazie al prof. Sasso aveva ritrovato un po' di pace e speranza nel domani. L'uomo di converso aveva capito, dopo averlo soltanto studiato e quasi al tramonto del proprio percorso esistenziale, cosa vuol dire veramente innamorarsi. Provava la sensazione frizzante di sentire il cuore che impazzisce dalla voglia di dirle continuamente che lei era la cosa più bella mai capitatagli. E tramite messaggi ringraziava la sua giovane insegnante.
Era lacerato dentro, dalle esigenze del suo cuore, dalla sua brama di possederla nuovamente e dalla paura che qualcosa potesse incrinare la sua rispettabile, integerrima facciata di serio professore mostrata pubblicamente. Quindi, le chiedeva ogni volta di non contattarlo più: non sta bene, la differenza d'età, il decoro, la reputazione, l'etica. Lei se lo rigirava con sapienti capriole di parole e infine concludeva invariabilmente con: "a che ora ci vediamo stasera per… l'ultima volta? Me la vorrai concedere, no?"
E il gioco del "rimorso che fa a tira-la-corda col desiderio" ricominciava uguale il giorno dopo. Ma era il secondo a vincere. Sempre. E la storia andò avanti. Non avrebbero più smesso, fino a che lei non si trasferì in un'altra città per l'università. Però anche Anna sentiva dentro il profondo bisogno del Prof. Sasso e quando tornava a casa, la prima persona che andava a trovare era sempre lui.
Quei due si amavano veramente. Scherzavano di continuo, come sedicenni. Due anime probabilmente legate da secoli, peregrinano nello spazio e nel tempo. Cercandosi inconsciamente. E perciò quando si ritrovano nella contemporaneità di un periodo non si lasciano più. A dispetto di convenzioni, età anagrafica e ostacoli vari che si frappongano sul cammino dell'amore.
RDA
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Io lo so che quando ti rannicchi così: d'improvviso, silente e mi guardi in quel modo, non c'è proprio più nulla da ridere. Prendo estremamente sul serio le tue minacce di passione. Confesso che dentro di me non desidero altro: gongolo! Certo: ridere insieme, cazzeggiare è bellissimo, ci mancherebbe.
Ma quando scocca l'ora dell'amore, si fa dannatamente sul serio. Ridere o fare sesso sono mutualmente esclusivi. Capisco che mi vuoi perché posso percepire chiaramente che in un istante il tuo interruttore interno è passato da "rilassata e serena" a "belva affamata di sesso." Dio, se ti desidero di continuo, bella mia: che febbre sei...
Aliantis
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Economia - Lesson One
Iniziamo con l'emissione di nuovi BPT per 10miliardi, fatta dal ministro dell'economia, il leghista Giorgetti. Tassi di interesse al 4% e se tieni i buoni fino a scadenza (sei anni), un altro 1% come premio. In parole povere, banche e grandi ricconi di questo Paese, quelli ai quali gli italiani non metterebbero mai una patrimoniale, ne mettono una loro sulle spalle di tutto il Paese. 500milioni di interessi che loro intascano e che gli italiani, tutti, dovranno pagare o con nuove tasse o con meno servizi. Soldi che i ricchi useranno per mandare i loro figli in college sempre piu' esclusivi facendoli vivere a caviale e champagne, mentre il popolo contrario alle patrimoniale per quella categoria, vedra' studiare i loro figli in scuole senza banchi o lavagne e i loro nonni buttati a terra per settimane in qualche corsia di ospedale, con ottime possibilita' di lasciarci le "penne". Ma che Paese meraviglioso!! @ilpianistasultetto
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Le carezze…
Le carezze sono importanti.
E a volte sono parole.
Parole scelte con cura
che sgorgano direttamente dall’anima.
Altre volte sono parole non dette.
Anche quelle possono essere carezze.
Poi ci sono le carezze dei pensieri.
Arrivano da lontano,
superando ogni distanza,
e s’appoggiano in angoli di anima.
Carezze sono anche i gesti esclusivi.
"Solo per te" è una carezza.
La Maiuscola di un nome è una carezza.
Le carezze sono importanti.
Le senti sulla pelle
anche quando le mani non s’incontrano.
E il brivido è lo stesso.
Stupido chi crede
che fare l’amore non abbia mille nomi.
E anche mille diverse carezze.
- Letizia Cherubino
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[TRAD ITA] 240826 TWEET DI GUCCI:
"Ripreso in un editoriale da #BazaarKorea, il nuovo Ambasciatore Globale del Brand #Jin dei BTS indossa look esclusivi dell'ultima collezione di abbigliamento maschile.
Fotografo: #JungwookMok Redattore di moda: #DongbeomSeo"
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©Xina)
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The Perfect Gentleman
La ricerca dello stile e dell'eleganza senza tempo a Londra
James Sherwood
Prefazione di Terence Stamp
DeAgostini, Novara 2012, 224 pagine, 28x35cm, ISBN 9788841878965
euro 45,00
email if you want to buy [email protected]
La ricerca dell'eleganza perfetta nell'abbigliamento maschile inevitabilmente conduce nel West End, settore storico di Londra dove, dal 1666, i quartieri di Mayfair, Piccadilly e Saint James's sono stati scelti da sarti, produttori di scarpe, cappellai, gioiellieri e profumieri come sede dei loro atelier. Oggi questa enclave di eccellenza presenta la più alta concentrazione di marchi specializzati in beni di lusso per uomini dal gusto raffinato, e proprio in queste antiche strade i gentiluomini moderni che apprezzano la qualità, lo stile e la migliore esecuzione artigianale possono seguire le orme di grandi appassionati della cura sartoriale come lord Brummell, Edoardo VII, Oscar Wilde, Winston Churchill, il duca di Windsor, Cary Grant, Fred Astaire, il principe Carlo e, più recentemente, gli affascinanti duca di Cambridge e principe Harry. "The Perfect Gentleman" è dedicato ai protagonisti nel mondo degli accessori maschili di lusso: presenta non soltanto i complementi indispensabili per accompagnare un abito fatto su misura in Savile Row, ma anche gli articoli più esclusivi prodotti da enoteche, armerie, cartolerie e tabaccherie storiche. Attraverso secoli di vicissitudini economiche e politiche, questi marchi hanno resistito all'affermarsi della fabbricazione di massa e al declino della produzione industriale inglese per servire generazioni di clienti illustri che li hanno insigniti del prestigioso Royal Warrant.
16/05/24
#perfect gentleman#stile eleganza Londra#Mayfair#Savile Row#Mick Jagger#Terence Stamp#fashion books#fashionbooksmilano
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Maldini: “Milan senza amore e ideali. La storia non si cancella”
di Enrico Currò
Paolo Maldini, perché ha aspettato quasi 6 mesi per rompere il silenzio dopo il suo licenziamento e quello del ds Massara?
“Perché avrei parlato troppo di pancia. Ma ora è maturo il tempo per analizzare quanto è accaduto con quella serenità che la distanza temporale permette. Mi piace essere onesto e prendermi le mie responsabilità, ma vorrei che le cose venissero considerate nella loro effettività e valutate nella maniera giusta. Farei subito una premessa”.
Prego.
“Sarò per sempre grato a Leonardo, che mi ha chiamato nel 2018, al fondo Elliott, che mi ha fatto firmare il primo contratto e a Redbird che me lo ha rinnovato, anche se con qualche difficoltà. In questi 5 anni ho imparato tanto, ho avuto relazioni personali e professionali che mi porterò dietro per sempre e sono anche cresciuto in un ruolo completamente diverso, il che non era scontato: la regola è che spesso il grande calciatore non riesca a fare quel salto di qualità. Ci sono persone che sono di passaggio in istituzioni come il Milan, nel mondo dei club di calcio di profilo internazionale, e che non hanno un reale rispetto della sua identità e della sua storia. Non sono incaricate e non si muovono per dare una visione per le nuove generazioni di tifosi. Spesso sono manager che vengono a lavorare in un grande club di grande prestigio e popolarità anche per migliorare il proprio curriculum e poi andare da un’altra parte. Per contro, invece, ci sono persone che hanno a cuore tutte queste cose, molto più a lungo termine e molto più legate agli ideali che il club, nel corso della sua storia, ha insegnato a tanti, sul campo e fuori. Purtroppo, nel calcio professionistico moderno, la popolazione della prima tipologia di persone sta diventando sempre più numerosa. Io credo che bisognerebbe tenersi stretto chi è portatore di ideali e orienta il proprio lavoro per salvaguardarne valori e identità”.
Non si aspettava il divorzio?
“Se il Milan è stato venduto a 1,2 miliardi di euro e la proprietà vuole cambiare l’organigramma, ne ha il diritto. Anche in questo caso, però, le modalità sono importanti e tante cose non sono andate come sarebbe stato doveroso, per rispetto delle persone e dei loro ruoli. Ho dovuto discutere per trovare un accordo e per non rinunciare ai miei diritti, ma avevo detto subito all’ad Furlani che l’ultima cosa che avrei voluto era un contenzioso con il club: vi rendete conto, gli ho spiegato, che sarebbe la seconda causa di una leggenda del cub al gruppo proprietario del Milan in due anni, dopo quella (persa!) con Boban? Una cosa è certa: il mio amore per il Milan sarà sempre incondizionato. Da figlio di Cesare. Da ex capitano. Da papà di Christian e Daniel, che al Milan sono passati. E poi anche da dirigente: sono stati cinque anni fantastici”.
A giudicare dai cori per lei, nello spettacolo teatrale di Giacomo Poretti cui ha preso parte a Milano, il pubblico ha capito.
“Spesso si pensa che il pubblico non capisca e che si faccia condizionare dalla comunicazione, magari studiata a tavolino, ma per fortuna così non sembra. È inutile nascondere che tutti quelli che hanno avuto a che fare con la galassia Milan in questi anni siano stati indirizzati nel veicolare sui media compiacenti una certa storia: chi dice il contrario sa di mentire a se stesso. Io ho pensato agli interessi esclusivi della squadra (e perciò del club, dal momento che la squadra rappresenta l’asset principale di una società sportiva), credendo che i risultati avrebbero avuto la meglio su una narrazione proposta senza curarsi del fatto che corrisponda o meno alla realtà. E la verità è che spesso ex calciatori come me, Boban e Leonardo, hanno sempre esercitato il proprio ruolo in piena autonomia di giudizio, ma senza mai travalicare i rispettivi ambiti di competenza. Aggiungo che questa indipendenza deve sempre contraddistinguere noi stessi, che quasi certamente non potremmo farne a meno, anche quando assumiamo ruoli o responsabilità manageriali. Si chiama, se non sbaglio, professionalità”.
Secondo Gerry Cardinale, l’azionista di controllo del Milan, lei era un individualista, allergico al lavoro di gruppo.
“Appunto, direi che confonde l’individualismo con la volontà di essere responsabile nel prendere le decisioni previste dal mio ruolo e magari nel pagarne le conseguenze, trascurando peraltro le prerogative che il contratto, che lui ha firmato, mi attribuiva. Io non mi sono mai sottratto al confronto: il confronto quotidiano stimola l’ingegno e apre a visioni diverse. Siamo spesso circondati da persone che ci danno sempre ragione: avere amici o colleghi che sfidano le tue certezze è una benedizione. In questi cinque anni ho capito che la capacità di assumere e gestire responsabilità personali, cioè individuali, non è così comune. Chi ha giocato a calcio ad alto livello ha meno paura di fallire, essendo stato giudicato per tutta la vita ogni tre giorni. Questo rappresenta un grande vantaggio e ha un grande impatto su un’azienda, ma può non essere gradito a chi non è aperto al confronto e non condivide neppure l’idea anche di rispondere dei propri errori, che per me è normalissima, sana, dialettica di ogni gruppo dirigente che si rispetti. Io ho sempre voglia di imparare: alcune cose del passato, ad esempio alcune critiche al Milan, oggi non le farei più, perché ho capito che cosa vuol dire gestire l’ area tecnica di una società ambiziosa, a livello globale, nello sport professionistico”.
Da che cosa erano dettate quelle critiche?
“Più dal sentimento che dalla ragione e sinceramente dalla poca esperienza: certe dinamiche, fino a quando non sei dall’altra parte, non puoi capirle. Il primo anno l’ho passato ad ascoltare e imparare, era apprendistato. Nei primi 6 mesi mi sentivo inutile, ma Leonardo mi diceva: stai solo imparando. Non è facile avere come interlocutore un fondo americano o un Ceo sudafricano: la mia visione del calcio, rispetto al 2018, è stata stravolta. Ma lo ripeto: non ho mai avuto, né avrò mai paura del confronto”.
E sul mercato?
“È stato veicolato il concetto che io e Massara siamo stati allontanati perché non condividevamo obiettivi e strategie di mercato: niente di più lontano dal vero. Anche da un punto di vista formale. Infatti, se parliamo delle condizioni di ingaggio, non ho mai avuto potere di firma neanche per i prestiti. Ogni giocatore che è stato preso è stato scelto da me, Boban e Massara, ogni scelta condivisa con l’ad e con la proprietà. Ma la firma era sempre di qualcun altro che avallava l’operazione. Più o meno sono 35-40 i giocatori del nostro ciclo e io non ho firmato i contratti per nessuno di loro, neanche per quelli in prestito, perché non avevo il potere di firma, non l’ho mai voluto. Anzi, tante soluzioni proposte non sono state approvate: mi è stato detto di no tantissime volte. Capita. A volte mi dicevano semplicemente di no, a volte veniva ridimensionato il budget. Nelle riunioni sentivo spesso: “Io non capisco niente di calcio”, ma alla fine c’era sempre un però. Non sono nato ieri, ho abbastanza esperienza per capire che sia normale una certa differenza di vedute, a volte anche un’interferenza da parte della proprietà nelle scelte tecniche dell’area sportiva, che poi, nel caso specifico, è il core business dell’azienda, tale da spostare gli equilibri finanziari. Tuttavia essere accusato di non avere voluto condividere non lo trovo affatto giusto. E poi io penso che le proprietà, specialmente se straniere, non abbiano ancora raggiunto una piena consapevolezza di quali siano la mole e il tipo di lavoro svolti all’interno del club dalle varie aree, in particolare da quella sportiva, soprattutto nel mercato italiano. Preciso che tutti i giocatori che sono arrivati sono stati approvati da me: non mi è stato mai imposto niente e nessuno, anche perché me ne sarei andato il giorno dopo. Per lo stesso ingaggio di Zlatan, a suo tempo, erano servite parecchie riunioni”.
A proposito di Ibrahimovic, pensa che tornerà al Milan?
“Non lo so, non conosco i termini della questione, né l’eventuale ruolo, leggo che sarebbe indicato come consigliere personale di Cardinale. Quello che gli posso suggerire è di seguire il mio stesso percorso: all’inizio sarebbe logico osservare e imparare prima di agire”.
Anche se la ferita sarà dolorosa, può tornare a quel 5 giugno fatidico?
“Gerry Cardinale mi ha chiamato per colazione e dopo un commento sull’addio al calcio giocato di Zlatan mi ha detto che voleva cambiare e che io e Ricky Massara eravamo licenziati. Gli ho chiesto perché e lui mi ha parlato di cattivi rapporti con Furlani. Allora io gli ho detto: ti ho mai chiamato per lamentarmi di Furlani? Mai. C’è stata anche una sua battuta sulla semifinale di Champions persa con l’Inter, ma diciamo che le motivazioni mi sono sembrate un tantino deboli. Le cosiddette assumptions, gli obiettivi sportivi ed economici di inizio stagione, erano state clamorosamente superate”.
Quali erano?
“Ipotizzando l’eliminazione dalla Champions, qualificarsi per la Champions successiva e passare un turno in Europa League”.
Il club dava per scontato che in Champions la squadra non avrebbe passato la fase a gironi?
“Erano previsioni molto conservative, che tra l’altro sono stata riconfermate quest’anno anche dopo la campagna acquisti importante di quest’estate. Ma nella scorsa stagione, a livello economico, la semifinale ha portato almeno 70 milioni di introiti in più, oltre all’indotto derivante da sponsorizzazioni e ticketing, settori in cui abbiamo battuto record su record. Non è un caso che poi l’ultimo bilancio porti il segno positivo. Quel bilancio è riferito alla stagione 2022-2023. Siamo andati ben oltre il risultato sportivo, era impossibile imputarmi di non aver centrato gli obiettivi”.
Cardinale eccepiva?
“Cardinale l’ho incontrato di sfuggita in occasione di qualche partita di Champions, ma nell’arco di un anno ho avuto solo una chiacchierata su come andasse la gestione sportiva. Mi ha scritto 4 messaggi per i vari passaggi del turno, senza neanche chiamarmi. La prima cosa che mi ha detto, quando ci siamo conosciuti, è stata che dovevamo fidarci l’uno dell’altro, ancora prima di conoscerci di più, perché non avevamo tempo. Io mi sono fidato e sinceramente come è andata è noto a tutti. Io credo che la decisione di licenziare me e Massara fosse stata presa molti mesi prima. E a posteriori mi vedo costretto a riconsiderare il rapporto con alcune persone, che lavoravano con me e che sicuramente, mi riesce difficile immaginare il contrario, erano già al corrente di quella decisione. D’altronde il contratto, di due anni con opzione di rinnovo, mi era stato rinnovato solo il 30 giugno 2022 alle 22. Credo che all’epoca sarebbe stato troppo impopolare mandarci via, perché avevamo appena vinto lo scudetto”.
Che cosa le disse la società?
“Cardinale voleva vincere la Champions. Io gli dissi che era necessario un piano triennale per pensare a quell’obiettivo e lui mi propose due anni più opzione di uno. In quel momento chiesi due anni: pensavo che ci sarebbe stato tempo, dopo, per discutere di piani. Se poi fosse stato contento, mi avrebbe proposto il rinnovo lui”.
È vero che a febbraio 2023 lei aveva presentato un piano triennale di sviluppo?
“Verissimo. In 3-4 mesi, da ottobre a febbraio, l’ho preparato con Massara e con un mio amico consulente. Erano 35 pagine: raccontavo i 4 anni trascorsi e gli obiettivi, secondo una strategia sostenibile economicamente, ma con la necessità di un salto di qualità”.
Risposte?
“Nessuna. Ho mandato il piano a Cardinale, a due suoi collaboratori molto stretti, con uno dei quali si tenevano call settimanali ogni lunedì alle 18, e all’ad Furlani. Non ho ricevuto alcuna risposta. Forse non abbiamo ascoltato il campanello d’allarme perché eravamo concentrati sulle tante cose che il mio ruolo e quello di Massara prevedono. Dopo avere acquistato circa 35 giocatori ci viene contestato l’ingaggio di De Ketelaere, che peraltro aveva 21 anni, un’età in cui non sempre l’adattamento è immediato. Chi ha giocato a calcio sa che non sempre si è strutturati a quell’età per sostenere un salto così importante come quello fatto da Charles: i ragazzi vanno aspettati, aiutati, coccolati e ripresi, continuamente. Chi pensa che il lavoro dell’area sportiva sia solamente quello di fare mercato sbaglia tutto: allenatori, calciatori e staff hanno bisogno di supporto continuo. Spesso si scommette solo sul talento senza sapere come svilupparlo, gli esempi più lampanti sono Chelsea e Manchester United: grandissimi investimenti sul mercato e gestione insufficiente portano a risultati molto scadenti. Non sempre il talento viene riconosciuto, quando si scommette su potenzialità di ragazzi giovani il rischio di insuccesso è molto alto. Dopo appena 3 mesi di lavoro, Boban e Massara ed io fummo chiamati a Londra da proprietà e Ceo e praticamente esautorati, delegittimati ad esercitare i nostri ruoli, perché i vari Leao, Bennacer e Theo non piacevano. Noi sapevamo che il Leao del Lille poteva diventare una stella, ma che gli sarebbe servito un percorso e la stessa cosa valeva per Theo, Ismael e per tutti quelli che sono arrivati successivamente. Ricordiamo sempre da dove siamo partiti”.
Vuole riassumere?
“Nel 2018-19 avevamo una squadra avanti con gli anni e poco performante, erano ormai sei anni che il Milan non si qualificava per la Champions League. Il valore complessivo della rosa era di circa 200 milioni e il monte ingaggi di 150. La ristrutturazione, con giocatori giovani, è stata fatta in 4 anni con una spesa al netto delle cessioni di 120 milioni, 30 a stagione e 15 per sessione. Il valore della rosa è passato a circa 500 milioni, il monte ingaggi è sceso il primo anno a 120 e poi a 100 per i tre successivi, anche se, come spiegavo nel piano strategico, il taglio degli stipendi aveva portato al mancato rinnovo di giocatori come Çalhanoglu e Kessié, con i quali avremmo avuto un centrocampo tra i più forti d’Europa. Alla fine della stagione scorsa contavamo tre partecipazioni di fila alla Champions, uno scudetto vinto dopo11 anni, una semifinale di Champions dopo 16 e un bilancio in positivo dopo 17 . Se si resta sempre sul filo, basta sbagliare una stagione per rovinare il lavoro fatto in quelle precedenti”.
Qual era il budget per il 2023-24?
“Nelle squadre di calcio in genere la previsione di budget va affrontata intorno a marzo, ma il mio settore, tra l’altro il più importante, era l’unico per il quale non se n’era ancora parlato. Più volte ho chiesto un incontro per parlare di numeri e strategie, dato che non si può aspettare giugno per programmare il mercato. Poi, 4 giorni prima del licenziamento, Furlani mi ha comunicato molto imbarazzato che il budget sarebbe stato molto basso. A prescindere da come è finita, io sono contento per il Milan e i suoi tifosi per almeno due cose: il budget di spesa sul mercato, dopo la nostra partenza, è finalmente raddoppiato, al netto cioè della cessione di Tonali, e il monte ingaggi è finalmente cresciuto, in linea con il piano che avevamo inviato. Il nostro documento strategico deve essere diventato improvvisamente fonte di ispirazione!”.
Avreste mai ceduto Tonali?
“Avremmo fatto tutto il possibile per non lasciarlo andare via, anche di fronte a un’offerta così importante. Non siamo mai stati totalmente contrari alla cessione di uno dei nostri calciatori importanti, ma non c’era neanche una reale necessità. Mi piace ricordare che spendemmo per acquistarlo una cifra pari a circa un quinto del valore di cessione di dominio pubblico e che anche in quel caso dovemmo discutere animatamente con Ceo e proprietà: nessuno di loro voleva comprarlo, neanche l’area scouting”.
Poi Tonali è incappato nel caso scommesse.
“Sono rimasto scioccato. Mi dispiace: non mi sono reso conto del suo disagio. Questo mi fa capire una volta di più che non si fa mai abbastanza per cercare di gestire e capire questi ragazzi. È una sconfitta anche per noi quello che è successo a Sandro”.
Colpa dei social?
“Ai giocatori dicevo spesso di distinguere la vita reale da quella dei social, anche quando si sentono attaccati e offesi da un mondo senza regole. Si deve aspirare a qualcosa di più radicato e profondo, anche se il “sentiment”, una parola che ho sentito spesso a Casa Milan e che mi fa sorridere, magari è un altro. Di sicuro, come abbiamo detto precedentemente, acquisti e cessioni sono solo una piccola parte del lavoro dell’ area sportiva”.
Qual è quello meno appariscente?
“Il lavoro con i giocatori. Con Leao, Theo Hernandez, Bennacer, Maignan, Kalulu, Thiaw, Tomori e molti altri, il vero lavoro è stato supportarli nel loro sviluppo. Se noi pensiamo che i giocatori non abbiano bisogno di supporto, sbagliamo. Sinceramente, quando oggi leggo che Theo e Leao sono il problema del Milan, dico che al mondo si può davvero raccontare tutto e il contrario di tutto: sono due campioni, ma la loro crescita non è ancora completata e necessitano di qualcuno che li aiuti. I giocatori hanno bisogno di tempo per maturare e di persone che parlino con loro: è anche il bello del nostro lavoro, è il frutto della nostra esperienza. Spesso ho fatto mente locale, pensando a me quando ero calciatore: allora non si usava, ma avrei avuto tantissimo bisogno di supporto. D’altronde, se l’equazione tra la spesa sul mercato e il risultato fosse corretta e infallibile, Psg, Chelsea e Manchester United avrebbero vinto tutto più volte”.
Nel Milan attuale manca una figura del genere: tutto ricade sulle spalle di Pioli.
“Innanzitutto Stefano andrebbe ringraziato sempre dai tifosi milanisti, il suo lavoro è stato fondamentale per la crescita dei giovani calciatori che sono arrivati al Milan, li ha fatti giocare e li ha aiutati a diventare quello che sono adesso, è stata una figura chiave delle nostre fortune. Vorrei ricordare però che l’allenatore è una tra le persone più sole del mondo del calcio. Dargli compiti che esulano dai suoi lo renderà sempre più solo, se non verrà supportato”.
Avrebbe voluto sostituire Pioli con Pirlo?
“Il ruolo di responsabile dell’area tecnica nel settore sportivo impone di avere incontri e confronti frequenti. Sono un momento di crescita generale, se avvengono con toni rispettosi, come è sempre successo. Ci stavamo già confrontando per la stagione successiva. Siamo stati noi a rinnovare il suo contratto fino al 2025, perché lo meritava. Se ci fosse stata, come negli anni passati, un’unità di intenti e visioni con gli obiettivi societari, non vedo perché l’avremmo dovuto cambiare”.
Il presidente del Milan, Paolo Scaroni, ha dichiarato che senza di lei adesso il gruppo di lavoro è unito.
“Mi dà fastidio come si raccontano le cose. Il Milan merita un presidente che faccia solo gli interessi del Milan, insieme a un gruppo dirigenziale che non lasci mai la squadra sola. La condivisione e il supporto sono principi da attuare nei momenti belli come in quelli brutti. In questi anni non ho mai percepito una chiara condivisione di che cosa voglia dire lavorare di squadra: non mi ha mai ha chiesto se ci fosse stato bisogno di due parole di incoraggiamento ai giocatori e al nostro gruppo di lavoro, in pubblico o in privato. Mai ho ricevuto supporto nei tanti momenti difficili. Anzi. In tribuna l’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico. Mentre me lo ricordo puntualissimo in prima fila, quando abbiamo vinto lo scudetto: per questo non so che cosa si sia voluto dire con l’espressione “gruppo unito senza” di me. Ma è evidente che io ho un concetto diverso di condivisione e di gruppo. Posso dire che la stessa cosa è avvenuta anche con i due Ceo Gazidis e Furlani”.
Che cosa pensa dei famosi algoritmi?
“La narrazione su questo tema mi ha fatto un pochino sorridere: non c’è bisogno di scomodare gli algoritmi per prendere Loftus-Cheek, Pulisic e Chukwueze, basta utilizzare per il mercato i soldi che una società che finalmente fattura 400 milioni merita. Non si possono paragonare le quattro annate precedenti con l’ultima, abbiamo combattuto sul mercato con armi diverse, ma mi fa piacere che adesso non ci sia più il freno a mano tirato. Detto ciò, abbiamo sempre utilizzato l’intelligenza artificiale, strumento ormai indispensabile in qualunque attività, senza tuttavia pensare ragionevolmente che una società sportiva possa essere gestita da un algoritmo. Le molteplici variabili del calcio non lo consentirebbero. È forse per questo che ancora questo sport appassiona milioni di persone”.
Lei ha detto di avere imparato ad apprezzare la cosiddetta sostenibilità.
“Sì, è stata una sfida. La sostenibilità mi ha conquistato: avevamo poche possibilità di riuscita, ma è stato molto sfidante tagliare del 30% il monte ingaggi, rinnovare la rosa e aumentare il valore dei calciatori arrivando allo scudetto e a 3 anni di Champions, dopo 7 senza. L’ho fatto con Boban e Massara, attraverso condivisione di principi, di conoscenza ed esperienza, e utilizzando anche strumenti, legati alle statistiche, che io e Zvone conoscevamo meno rispetto a Ricky. Pensiamo che siano parte di una decisione finale che deve essere presa da persone che abbiano una visione completa”.
Il nuovo stadio è davvero così centrale per il salto di qualità?
“Lo stadio è stato un motivo di scontro. Io non potevo mettere la faccia su un progetto da 55-60 mila posti, quasi tutti corporate e con pochissimi biglietti popolari. Non potevo lasciare un’eredità così alle nuove generazioni milaniste. Non potevo supportare questo piano. Ho lottato per fare capire che serviva uno stadio più grande e con parte di posti accessibili a tutti. La media di oltre 70 mila spettatori a San Siro, la scorsa stagione, dimostra che avevo ragione”.
Qual è la sua idea?
“Un nuovo San Siro moderno e accogliente è fondamentale. L’idea che lo stadio nuovo dia 80 milioni in più da investire sul mercato è da rivalutare, come dimostrano i numeri della stagione scorsa. Quando raccontavo le potenzialità e l’unicità che ha il Milan rispetto ad altri club, probabilmente suscitavo ilarità. Ma io so che è così. Se ci fosse la possibilità, e in questo il sindaco è assolutamente responsabile, lo stadio lo farei a San Siro, magari ancora con l’Inter. Dopo 5 anni non solo non c’è il primo mattone, ma non sappiamo neanche dove si farà lo stadio: non mi sembra un gran successo. Quella del nuovo San Siro sarebbe anche una grande occasione per la rivalutazione dell’area: è verde destinato ai cittadini di una zona di Milano che rischia l’abbandono. Milano, negli ultimi 10 anni, è ridiventata trainante in Europa perché abbiamo superato vecchie barriere mentali. Dobbiamo avere paura del degrado, non del futuro. L’attuale San Siro è iconico, ma rendiamoci conto che sono stati i grandi campioni che ci hanno giocato a renderlo tale. È ancora fantastico dal punto di vista sportivo, ma serve una nuova storia: il passato è passato, Milano ha sempre guardato al futuro”.
Nel passato il Milan aveva molti più giocatori italiani.
“I ragazzi italiani devono avere più coraggio, devono darsi una mossa. Se occorre, devono andare anche a giocare di più all’estero, dove i giovani vengono buttati nella mischia. Li fanno giocare e loro devono dimostrare di essere all’altezza. In Italia li teniamo spesso nella bambagia”.
Conferma di avere pensato a Messi?
“Confermo che ci abbiamo pensato. Dopo il Barcellona era libero e il club ha fatto fare una proiezione sull’indotto del suo ingaggio. Era un’operazione fattibile, ci avrebbe aiutato il decreto crescita. Ne valeva la pena. Ma quando ho sentito Leonardo, ci ha detto che l’affare col Psg era già molto avanti ed è rimasta solo un’idea”.
Paolo Maldini dirigente in Arabia Saudita: è solo una suggestione?
“Per il mio lavoro le alternative al Milan sono molto limitate. Non potrei mai andare in un’altra squadra italiana, eventualmente valuterei solo l’offerta di una squadra straniera di alto livello. A me piace vincere e costruire. L’Arabia potrebbe essere una opzione stimolante, chissà”.
Resterà nel board Uefa di ex campioni e allenatori per le riforme tecniche del calcio?
“Sì. L’idea di Boban è azzeccata. Continuerò. Nel confronto tra arbitri, capi arbitri, ex calciatori e allenatori su determinate regole, mi ha impressionato la quasi unanimità dei calciatori, con grande sorpresa degli arbitri. Il distacco è evidente, la prospettiva è diversa, il calciatore capisce l’intenzionalità del gesto. L’esempio è il fallo di mano: il 95% di allenatori ed ex calciatori la pensavano alla stessa maniera. Io sono per interrompere le partite il meno possibile: lo spettacolo non è interrompere, però si deve imparare ad accettare anche l’errore. Quanto agli infortuni, si gioca troppo, ma la voce del calciatore non viene mai ascoltata”.
Dai 10 ai 41 anni al Milan da giocatore, dai 50 ai 55 da dirigente: la storia si è davvero interrotta?
“Non so, il legame è troppo forte e tale resterà per sempre: la storia non si può cancellare. Non credo che da dirigente avrei lavorato da un’altra parte. Non avrei iniziato altrove a fare il dirigente, 9 anni dopo avere smesso di giocare. Non stavo aspettando l’offerta, la vita andava avanti. C’era stato qualche abboccamento con Barbara Berlusconi e poi con Fassone e Mirabelli. Se fossero arrivate le giuste condizioni, avrei forse accettato e così è stato con Elliott. Io voglio solo dire grazie alla vita che mi ha dato questa opportunità e al Milan che per l’ennesima volta mi ha dato la chance di fare qualcosa che mi ha dato una soddisfazione personale, relazionale, che mi ha riempito il cuore. Provo affetto per quello che è stato costruito, per i ragazzi che abbiamo preso e plasmato, per i loro genitori. Ho ricordi indelebili con persone di alto livello morale: Leo, Zvone, Ricky, Virna, Angelo, Marina e Antonia, solo per citarne alcuni, anche gli altri sanno che rimarranno sempre nel mio cuore”.
Poi è arrivato il 5 giugno.
“E adesso leggo la rappresentazione di una nuova era, di un Berlusconi 2: un ripassino della storia italiana, politica e imprenditoriale degli ultimi 40 anni, forse farebbe bene a tutti. L’ho detto quel giorno stesso, prima del mio congedo: oggi comandate voi, ma per favore rispettate la storia del Milan”.
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1984 è il titolo di un libro di George Orwell scritto tra il 1948 ed il 1949 divenuto ormai famosissimo e, considerato da molti, un vero precursore dei tempi moderni.
Orwell era britannico anche se nato nell'India coloniale e l'ormai iconico suo libro, famoso per aver descritto così accuratamente la realtà distopica recente, non aveva inventato nulla di nuovo.
Fu in realtà lo scritto di un sovietico che lo ispirò; si trattava del libro Noi di Evgenij Zamjatin scritto nel 1919.
Noi di Zamjatin racconta di una società futura in cui gli individui sono controllati da un governo totalitario e devono seguire delle regole rigidissime. Il protagonista, D-503, è un ingegnere che lavora alla costruzione di un'astronave per conquistare altri pianeti. La sua vita cambia quando incontra una donna ribelle, I-330, che lo introduce a un mondo sotterraneo di libertà e resistenza
Ma 1984 fu anche l'anno in cui venne inventato il gioco elettronico più famoso del mondo
Infatti il 6 giugno di 39 anni fa, un giovane ricercatore dell'Unione Sovietica che lavorava al Centro di Calcolo dell'Accademia delle Scienze dell'URSS di Mosca, Aleksej Leonidovič Pažitnov, inventò TETRIS!
Pažitnov si ispirò ai tetramini, delle figure geometriche composte da quattro quadrati uniti tra loro e giustapposti lungo i lati.
Tetris divenne presto molto popolare tra i dipendenti dell'Accademia e poi in tutta l'Unione Sovietica.
A quei tempi, qualsiasi invenzione dei ricercatori sovietici che lavorassero in enti dello Stato (praticamente tutti) divenivano automaticamente invenzioni di proprietà dello stato; nessun ricercatore poteva brevettare a suo nome ed a suo esclusivo beneficio il frutto del proprio genio.
Ma Pažitnov non voleva brevettarlo, voleva che fosse di libero utilizzo.
Rischiò grosso quando si scontrò con il Direttore del Centro di Ricerca di Mosca Nikoli Belikov
Pažitnov anticipò di circa un decennio, l'epoca dell'informatica condivisa degli anni '90.
All'epoca la grafica computerizzata era agli arbori, non esisteva nulla di quello a cui siamo abituati oggi, infatti le ormai famose figure del Tetris formate ognuna da 4 quadratini, erano visualizzati come una successione di 2 parentesi quadre: [ ]
Ma le invenzioni geniali non possono essere tenute nascoste a lungo al mondo ed infatti ben presto si diffusero versioni diverse sia in Europa che in Giappone e Stati Uniti.
A quei tempi i 3 mercati principali erano molto chiusi uno all'altro, ed ognuno di loro aveva proprie licenze di utilizzo distinte dalle altre. Fu quindi così che la Nintendo giapponese sviluppò la sua versione e la Atari Games statunitense la sua.
Ci furono feroci ed estenuanti scontri legali tra l'Unione Sovietica contro il Giappone e gli Stati Uniti; The Tetris Effect: The Game that Hypnotized the World di Dan Ackerman è un libro che spiega bene tutte queste fasi
Ma la Nintendo e la Atari avevano ottenuto le licenze da intermediari diversi e questo generò scontri ulteriori.
Fu infine la patria del capitalismo, gli Stati Uniti, che con un proprio Tribunale, decise chi avrebbe dovuto guadagnarci dalla distribuzione del Tetris, infattu nel 1989 decise che Nintendo aveva i diritti esclusivi per la distribuzione di Tetris per le console mentre la Atari Games, li avrebbe avuti per le sale giochi.
(Luperco)
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Gipsy Kings by André Reyes: L'unica data italiana al Teatro Antico di Taormina
8 agosto 2025 - Un concerto esclusivo nella cornice mozzafiato della Sicilia
8 agosto 2025 – Un concerto esclusivo nella cornice mozzafiato della Sicilia La Patagonia Pictures è lieta di annunciare l’unica data italiana del tour mondiale dei Gipsy Kings by André Reyes. Venerdì 8 agosto 2025, alle ore 21.00, il suggestivo Teatro Antico di Taormina ospiterà uno spettacolo imperdibile, con i ritmi travolgenti della rumba flamenca e i successi internazionali che hanno…
#Alessandria today#André Reyes#Artisti internazionali#Bamboléo#biglietti Ticketone#concerti estate 2025#cultura mediterranea#Djobi djoba#estate in musica.#Eventi esclusivi#eventi Sicilia#fusion musicale#Gipsy Kings by André Reyes#Google News#hits intramontabili#italianewsmedia.com#Latin Grammy Award#live show Taormina#musica flamenca#musica internazionale#Musica live#Patrimonio musicale gitano#Pier Carlo Lava#rumba gitana#spettacoli estivi 2025#spettacoli unici#storia musicale#teatro antico#Teatro Antico di Taormina#tour mondiale Gipsy Kings
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Discoteche Bologna: I Top Locali Notturni nella Città dei Portici
Bologna è una delle città più vivaci d’Italia. È famosa per la sua storia, cultura e vita notturna. Qui, troverai molti discoteche e locali notturni per divertirti. Da club esclusivi a bar accoglienti, ogni angolo di Bologna offre posti unici per divertirsi. Il centro storico, con i suoi portici, è il cuore della vita notturna. Qui, giovani e visitatori si incontrano per divertirsi. Per saperne…
#Città dei Portici#Clubbing a Bologna#Discoteche a Bologna#Divertimento notturno#Locali notturni esclusivi#Movida bolognese#Top locali notturni#Vita notturna a Bologna
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Soltanto colleghi, io e Anna
Lavoriamo nella stessa azienda da anni entrambi. Io ho più di cinquant'anni e un po’ di… sana pancetta. Anna, il mio capo, ne ha un po’ meno di cinquanta ma è sempre una vera bellezza: piccolina ma con tutte le sue cose a posto e ben soda. Una vera sportiva. In azienda non c'è nessuno che non le sbavi dietro. Malgrado queste differenze, siamo comunque sempre andati molto d'accordo. Tra noi e con gli altri colleghi: battute, frizzi e lazzi quanti ce ne possono stare in una giornata d'impegno costante. Concentrati ogni giorno fianco a fianco, lavorando molto, ma allo stesso tempo stimandoci e aiutandoci reciprocamente. Ognuno poi a casa con la sua famiglia.
Nell'ambito di cambiamenti di rilievo nella nostra area aziendale di competenza, nell'autunno di due anni fa abbiamo dovuto trasferirci in gruppo in Spagna per un paio di mesi di aggiornamento. Eravamo una decina di colleghi e prendemmo alloggio tutti nella stessa struttura, che offriva stanze attrezzate con cucinino a prezzo conveniente. La sera poi: o tutti al ristorante lì vicino, oppure ci si arrangiava; si comperava qualcosa in rosticceria o al supermercato, quindi si cucinava e mangiava in stanza. Due fili di spaghetti, un petto di pollo, inslata: cose così.
Un sabato, tutti erano più o meno in giro per la città più vicina, tranne noi due, che avevamo deciso di prenderci una pausa. Comperata un po' di roba, ci siamo trovati quindi a spadellare e mangiare nella sua stanza da soli, io e lei. Dopo una buona cena, a dispetto delle minime condizioni organizzative, un po' di ottimo vino spagnolo, abbiamo fatto due chiacchiere in libertà e un certo grado di antica confidenza ci ha portati a superare la sottile linea di confine che separa la normale amicizia tra colleghi da sentimenti esclusivi di intimità a due.
Durante una pausa, le ho chiesto a bruciapelo: "Senti un po’: prima che me ne vada a letto, dopo tanti anni, con tutto l'affetto che c'è tra noi due, lontani da casa… me lo dai un bacio?"
"Ma che cazzo dici? Sei scemo?"
"E dai: che ti costa… non lo saprà mai nessuno…"
"Smettila: mi stai imbarazzando e facendo diventare rossa. Ora mi sto arrabbiando. Seriamente…"
"Che scema che sei… sono tristissimo; vabbè: adesso me ne vado."
"No, dai… Con quel muso da bambino deluso... Porca zozza, dai non mi far sentire in colpa… vieni qua… (e mi diede un bacio veloce e leggerissimo sulla bocca)"
"E quello che era? Che siamo: due scolaretti?"
"Porca troia, stasera… Guarda: basta che la finisci. E mi raccomando: che la cosa resti qui, chiaro?"
Quindi mi gettò le braccia al collo e mi diede un bacio da sballo, succhiandomi la lingua e lavorandosela a lungo.
"Mmmmh… va un po’ meglio…"
"Va un po’ meglio? Cazzo dici: t'ho dato un bacio che avrebbe resuscitato un morto… Mo’ mi incazzo…"
"Ma io per la verità volevo baciarti altro: le tue labbra più private… Quelle in basso…"
"Senti: adesso vai dritto dritto a fare in culo, vai… Stasera propriooo…"
"Va bene, un ultimo disperato tentativo: giuro che se me la fai solo vedere, poi me ne vado nella mia stanza… Cazzo: ci conosciamo da quasi venti anni, che c'è di male a vedersi nudi…"
"Dai, smettila: adesso veramente non sei più divertente. E togliti dalla faccia quell'espressione da cane bastonato… Mannaggia la zozza… (Fissandomi muta per venti secondi) Guarda: solo perché ti stimo, perché mi hai sempre aiutato in mille maniere… poi però ti levi subito dal cazzo, ok? Che stasera mi stai proprio a far girare i coglioni ad elica… Ti faccio licenziare, sai? Mando un'email al Personale appena esci..." A quel punto, seduta sul letto si tolse le scarpe. Guardandomi fisso negli occhi, si sfilò i sexy-jeans a pelle, poi le mutandine che mi gettò in faccia e infine allargò le sue gambe: bellissime e nude. Un miracolo d'erotismo proprio lì, davanti ai miei occhi sgranati.
Io allora scesi in ginocchio come se avessi visto la Madonna e mi avvicinai alla sua fica. Ne sentivo l'odore meraviglioso, che era per me un vero e proprio afrodisiaco.
"Aaaah… devo dire che sei proprio stupenda anche qui sotto… sei una strafica, te l'ho sempre detto… sei un vero capolavoro della natura. Sia benedetta tua madre!"
"Seeee: bonasera… Grazie, scemo… Dai… Adesso smamma…"
Anna aveva le guance rosse come un peperone, mentre si scherniva; ma comunque le si leggeva in viso che era molto lusingata dal mio apprezzamento sincero e che era intrisa di un sottile e sensuale piacere, nel sentirsi così manifestamente desiderata. E non accennava a rivestirsi. Muoveva le gambe a destra e sinistra e così facendo apriva e chiudeva la fica.
Era un gioco erotico sottilissimo, insolito e bellissimo: per me e per lei. Bellissima, Anna: che ora si trovava in una dimensione nuova, per giunta a fica nuda, esposta e con qualcuno che non era suo marito, un uomo certamente buono, ma che la dava per scontata, come mi aveva confessato più volte. E tutto ciò le piaceva: non avrebbe mai voluto che me ne andassi, ne ero sicuro. Era felice di farsi ammirare la fica e l'ano nudi dal suo collega fraterno e protettivo. Era diventata in quel momento una docile e indifesa peccatrice, ma si sentiva tranquilla e al sicuro, con me; pur trovandosi lontana da casa e dalla sua immagine ufficiale integerrima di moglie e madre di famiglia.
"Ora per finire la serata in bellezza, posso baciartela rapidamente? Daiiii…. fammelo fare…"
"Noooooo, pazzo! Ma che cazzo dici… non puoi fare sul serio…"
Intanto, allargava un po’ di più le gambe, alzando contemporaneamente il bacino. Avanzava sul bordo del letto fino quasi a cadere, offrendosi chiaramente al mio viso sempre più vicino a quella meraviglia. Ne percepivo l'odore e la vedevo evidentemente umida, palesemente preda del suo desiderio.
"Guarda, Anna: te le sfioro soltanto e rapidamente con la bocca, queste tue labbra deliziose. Poi mi alzo e me ne vado: giuro… fammelo fare: ti prego… ne ho bisogno, stasera… sono lontano da mia moglie, tu da tuo marito… non puoi farmi morire così: mi struggerò di passione, nel letto…"
"Dai, allora. Uffaaaa… ma tu guarda che cazzo mi tocca fare a me, stasera! Sbrighiamo ‘sta cazzo di faccenda. Vai molto veloce, stronzo…"
Non me lo sono fatto ripetere e ho immediatamente incollato le labbra alla sua fica, mettendo le mie mani sui suoi fianchi nudi per attirarla e stringermela tutta. E non intendevo sfiorarla romanticamente: ho iniziato direttamente a succhiarla forte e a mangiarla. Non mi sarei staccato da quel vero paradiso in Terra per tutto l'oro del mondo. Lei diceva debolmente:
"Dai, su: ma che cazzo fai… non dobbiamo… adesso staccati e vattene… daiii…. oooooh... maledetta testa di cazzo: eravamo d'accordo… suuu… dai: alzati…. aaaah…
E sussurrava quelle parole tenendo ben ferma la mia testa contro il suo bacino, che cominciava deliziosamente e sensualmente a muovere. La adoravo letteralmente. Sarei morto, pur di non staccarmi da lei. L'ho odorata, leccata, succhiata e ingoiata per una buona mezz'ora: se la meritava tutta. Giocavo con le sue grandi e piccole labbra; gliele aspiravo forte e le trattenevo, per poi rilassargliele e continuare a leccarla e mangiarla.
Le infilavo la lingua dentro, la penetravo e guizzavo ovunque. Giocavo con la sua clitoride. In breve, avevo il viso cosparso dei suoi dolcissimi umori ma non riuscivo a saziarmene. Inghiottivo tutto. Respiravo l'aria che sapeva della sua fregna: una vera cura per i polmoni e per l'anima, altro che passeggiata in montagna! Anna mugolava di puro piacere, alzando e abbassando di continuo le anche, pur di farsi leccare dall'alto in basso e in profondità. Mi diceva: “continua, cazzo! Non smettere… si: lecca bene la mia passera e il mio buco del culo. Lo desidero tanto… ooooh, se mi piace... mio marito non me l'ha mai fatto… ma tu d'ora in poi non farmelo mancare mai... ti odioooo… ooooh... bastardo...”
Venne a più riprese, inondandomi ogni volta il viso di puro miele di donna. Poi non ce la feci più: mi alzai e crollata ormai ogni barriera scopammo nudi come se fossimo marito e moglie che non si vedevano da un anno. Ci conoscevamo troppo, per non desiderarlo entrambi. La stimo moltissimo e quindi con estremo rispetto e impegno le sfondai letteralmente quella piccola fregna stupenda che avevo sempre desiderato. Lei si concedeva tutta e godendo mi diceva: “non dovrà saperlo mai nessuno, mi raccomando… intanto ficcamelo tutto bene dentro… mmmmmh… dai, mettici anche i coglioni…” Le dissi che poteva stare tranquilla: non avrei mai corso il rischio di sputtanare entrambi in azienda e di rovinare due famiglie.
A quel punto si girò a pancia in sotto, mise un cuscino sotto il bacino che così si sollevò, e allargò le natiche con le mani per offrirmi il culo. Il suo ano, per la magia che solo una donna d'esperienza e innamorata sa fare, si schiuse da solo davanti ai miei occhi stupefatti: era evidente che voleva essere inculata. Quando si dice “ha un culo che parla.” Avevo dato fuoco a un vero vulcano di passione. Volle che le venissi in culo e le sborrai lentamente dentro non so quanti getti! Una dolcissima, insospettabile, nuova puttana era incredibilmente tutta a mia disposizione! Da allora scopiamo almeno una volta a settimana. Non vi dico quanto è brava a succhiarmelo e a ingoiare tutto il mio cazzo! Riesce a farmi venire quando dice lei. Mi è entrata in testa. Sul posto di lavoro massima formalità: nulla di più delle solite battute e assolutamente nessun contatto fisico. Ci bastano gli sguardi di mezzo secondo. E i messaggi di fuoco tramite la nostra chat segreta su Telegram.
RDA
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[della vita di una donna single]
La vita di una donna single indipendente e gioiosa in Veneto 💫 è molto semplice: la domenica è il giorno in cui pianifichi tutti gli incontri a scopo sessuale della settimana, stando attenta che l'uno NON sappia dell'altro (quindi miro ad aree geografiche diverse); che non si incontrino in alcun modo, perché tutti devono avere l'impressione di essere esclusivi, fantastici, irripetibili, che non esiste altro uomo al mondo che vedi, altrimenti potrebbe scattare la gelosia e ritrovarmi in bianco.
Mi piacerebbe aprissero in Veneto locali con Toy Boy, ma la nonna con la cofana violacea che va a messa non vuole!: poi muore di crepacuore 🥲 nel sapere che il nipotino gnocco mi mostra le chiappe in faccia su una pedana e io ci infilo 20 Euro in mezzo a quelle chiappe sode 😋.
"Che tragedia, signoramia! Cosa vogliono queste donne di oggi ! È la fine del mondo!"
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DANIEL BRUHL IN ZEGNA PER IL TOUR EUROPEO DI “BECOMING KARL LAGERFELD”
IN OCCASIONE DEL TOUR EUROPEO “BECOMING KARL LAGERFELD”, DANIEL BRUHL, AMBASSADOR ZEGNA, INDOSSA LOOK ESCLUSIVI DISEGNATI DA ALESSANDRO SARTORI
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Trovo molto più appagante, per la mia persona, investire il mio tempo, le mie energie, la mia attenzione, la mia voglia di vivere qui, sparando cazzate a nastro, che dedicare anche solo due minuti della mia esistenza reale in una relazione 𝘥'𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦: i rapporti esclusivi non fanno per me: mi annoiano.
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