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Il Mistero di Roopkund: La Storia Terrificante del Lago degli Scheletri. Un enigma di ossa e ghiaccio, tra antiche leggende e scoperte scientifiche
Il lago Roopkund, un piccolo specchio d’acqua glaciale incastonato tra le montagne dell’Himalaya indiano, è uno dei luoghi più inquietanti al mondo.
Il lago Roopkund, un piccolo specchio d’acqua glaciale incastonato tra le montagne dell’Himalaya indiano, è uno dei luoghi più inquietanti al mondo. Situato a circa 5.029 metri di altitudine nello stato indiano dell’Uttarakhand, questo lago è noto per un motivo terrificante: centinaia di scheletri giacciono sul suo fondale, visibili durante il disgelo. Il mistero di questi resti umani ha…
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Il mistero degli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi. Risolto?
Il mistero degli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi.
Stiamo parlando della Sagrestia Vecchia nella basilica di San Lorenzo a Firenze e della Cappella Pazzi nel primo chiostro della basilica di Santa Croce sempre a Firenze. Ambedue capolavori architettonici di Filippo Brunelleschi.
Cappella Pazzi in Santa Croce
Sagrestia Vecchia in San Lorenzo Le interpretazioni sono state più di una, molti gli studiosi che si sono impegnati per risolvere questo enigma fiorentino; enigma centrato più che nell'arte pittorica nello scopo della rappresentazione scelta. Una prima interpretazione viene da Aby Warburg il quale ipotizzò che l'affresco fosse raffigurante la data corrispondente alla consacrazione dell’altare della basilica di San Lorenzo, cerimonia che si è svolta il 9 luglio 1422. Questa teoria è oggi accantonata ma abbiamo voluto verificarla comunque. Non vi inserisco la mappa stellare, ma decisamente non è corrispondente, la luna non è in Toro e il sole è quasi al davanti del cancro. Venere si pone in gemelli e Giove si è perso chi sa dove. Inoltre che senso avrebbe che i Pazzi riproponessero la duplicazione perfetta di quell'evento? Una nascita nella famiglia Medici? Il mistero deve in qualche maniera coinvolgere le due famiglie, la ragione deve essere super partes. Si suppone in questa ipotesi che l'opera sia da attribuire a Giuliano d’Arrigo detto Pesello (Firenze 1367-1446). Pesello era un esperto nel disegno degli animali e un abile ritrattista ma non aveva la cultura astronomica necessaria per una tale precisione, si crede che fosse stato guidato da un esperto astronomo quale Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482). Forti non postula nessuna teoria sul "motivo" dell'affresco ma analizza l'affresco solo da un punto di vista scientifico. Ancora un'ipotesi è che la famiglia Medici volesse celebrare la riunificazione delle Chiese d’Occidente e d’Oriente, evento fortemente voluto da Cosimo il quale fece di tutto per spostare il Concilio da Ferrara a Firenze. Infatti la firma del decreto “Laetentur coeli” avvenne il 6 luglio 1439 a Firenze e si raggiunse la completa riunificazione tra greci e latini. Al concilio parteciparono esponenti di grande prestigio per l'epoca da religiosi ad artisti, da architetti ad astronomi fra cui anche Paolo del Pozzo Toscanelli. Un altro astronomo, sempre di Arcetri, si è misurato con questo mistero aprendo una nuova via interpretativa. Fabrizio Massi analizzando la mappa stellare ha confermato il giorno 4 Luglio del 1442 come giorno rappresentato e per la precisione alle 10:30 del mattino. Masi però esplora una nuova strada. Afferma che la volta rappresentata non è del cielo sopra Firenze ma di un punto d'osservazione diverso e cioè la posizione geografica è da collocare presso Shanhaiguan in Cina. Ci fornisce le coordinate corrispondenti a 40° N 120° E. Queste coordinate, secondo google maps, cadrebbero in acqua, ma poco distante da Shanhaiguan circa a 18,5 km a nord-est. Posizionandosi sulla città di Shanhaiguan le coordinate sono circa 40° N 29" 119° E 46". Cominciamo la verifica. Impostiamo le coordinate fornite da Massi di Shanhaiguan (meglio quelle precise) e poi le due date possibili, quella sostenuta da Massi e quella del concilio. In entrambi i casi si deve adattare la visione verso ovest, non tenere conto dell'orizzonte e per ovviare a questi due problemi cambiare l'orario di osservazione sino ad ottenere corrispondenze migliori in orari notturni. Una teoria compiuta dovrebbe rispettare i parametri di cui disponiamo. L'affresco ha due sicure certezze, Il Sole fra cancro e gemelli e la Luna in Toro, sul muso del toro. L'idea di Francesco Masi di uscire dal concetto che sia il cielo sopra Firenze è interessante e potrebbe aprire a nuove teorie, cioè testimoniare a Firenze un luogo lontano da Firenze, interessante. Magari un luogo che non era ancora possibile raggiungere dati i mezzi disponibili e le conoscenze del tempo. Zheng He è un membro della dinastia dei Ming. Un eunuco compagno di giochi del piccolo principe Zhu Di. Quando Zhu Di divenne imperatore della Cina assumendo il nome di Yongle, ordinò nel 1403 la costruzione di una flotta imperiale sia per scopi mercantili sia come flotta da guerra e scopi diplomatici. L'imperatore nominò ammiraglio Zheng He e lo mise al comando di tutta la flotta. L'imperatore Yongle incaricò Zheng He di effettuare spedizioni navali a carattere diplomatico, scientifico e commerciale nei mari occidentali. Ora poniamo per un secondo che sia vero, una realtà, l'America è stata scoperta per la prima volta da Zheng He e che una delegazione cinese lo avesse fatto presente alla famiglia Medici fornendo la data e le coordinate di dove i cinesi si erano introdotti nel territorio americano. Prendiamo adesso le coordinate fornite da Masi 40°N 120° E e proviamo a mettere 120° Ovest. Impostandole su maps ci ritroviamo qua: https://goo.gl/maps/fd6ksPexQ41jMyGa8 Proviamo a inserire le coordinate nel programma stellarium e a giocare percorrendo le date dal 1421 al 1423 ed esattamente alla data 3 Luglio 1423, esattamente alle 19.30, abbiamo rappresentata questa volta celeste.
Con le coordinate della Sagrestia Vecchia spostate ad ovest, la situazione non cambia, l'immagine è praticamente la stessa. E se le cappelle fossero l'unica testimonianza della vera scoperta dell'America? Ovviamente un'ipotesi, ma... Magari Colombo è arrivato nel 1492 "sapendo" dove andava!
Jacopo Cioni Read the full article
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Intelligenza artificiale senza fantasia e creatività
Intelligenza artificiale, imponderabilità e creatività non si possono automatizzare. Quella che si sta impetuosamente sviluppando è una divisione del lavoro, non più tra lavoratori specializzati nelle varie funzioni o tra Paesi con differenti vantaggi comparati, bensì tra umani e sistemi di Ia, almeno fintanto che i primi esprimeranno una creatività più eccentrica, originale, stravagante e sofisticata dei secondi Immaginiamo che Guglielmo Marconi avesse avuto a disposizione un sistema di Intelligenza Artificiale del tipo ChatGPT che avesse inglobato tutte le conoscenze scientifiche accumulate fino al 1895. Se lo avesse interrogato sulla possibilità di inviare e ricevere segnali attraverso l’etere con onde elettromagnetiche, quasi sicuramente il responso sarebbe stato negativo. Analogamente se i fratelli Wright avessero avuto a disposizione ChatGPT “allenato” su tutto lo scibile umano fino al 1903 e avessero verificato preliminarmente le loro intuizioni sulla possibilità di costruire una macchina volante più pesante dell’aria sarebbero stati perentoriamente dissuasi. Se Alan Touring avesse chiesto lumi all’ipotetico ChatGPT dei suoi tempi su come decrittare Enigma avrebbe “appurato” che Enigma non era decrittabile.
Gli esempi sono innumerevoli e consentono di spiegare agli Apocalittici e agli Integrati dei nostri giorni in che senso l’Intelligenza Artificiale presumibilmente cambierà le nostre vite, ma soprattutto gli ambiti in cui i Large Language Model (Llm) non sostituiranno gli umani anche se ne plasmeranno le vite. Il punto fondamentale è semplice: contrariamente alle fantasie oniriche di illustri scienziati e alle nevrosi suscitate dai film di fantascienza (su tutti 2001 Odissea nello Spazio), le funzioni del cervello umano non sono tutte riproducibili con un software. Senza dubbio diverse attività quotidiane saranno svolte (meglio e più velocemente) da grandi modelli linguistici allenati su miliardi di testi e svariati trilioni di parole. Non c’è partita per un individuo esposto dall’infanzia a circa 15-17.000 parole al giorno attraverso le interazioni con i genitori o gli amici, le varie letture, la visione della TV o di YouTube eccetera. Impiegherebbe centinaia di anni per assorbire trilioni di parole. Ma un essere umano apprende attraverso una molteplicità di esperienze, di stimoli e di input veicolati con modalità più complesse della parola scritta e interagendo con altri umani che influenzano ragionamenti e comportamenti: insomma un processo qualitativamente diverso da quello di un Llm. Mentre il linguaggio scritto è elaborato, sistematizzato, organizzato, gli altri stimoli sono “anarchici”, destrutturati, illogici. È proprio l’ampio spettro di “irrazionalità”, che pervade la mente umana (soprattutto quella dei geni o dei visionari) e sfida le certezze acquisite, ad innescare la scintilla da cui si propaga il fuoco dell’innovazione. Come in genetica le mutazioni determinano l’evoluzione e la selezione delle specie, così il progresso scientifico è scandito dalle mutazioni di paradigma, cioè dal ragionare fuori dagli schemi. Talora entra in gioco il Fato, come per la penicillina, scoperta per puro caso da Fleming, alla cui mente non sfuggirono le implicazioni di quella imprevista morìa di batteri provocata dalla muffa, che altri avrebbero liquidato come fastidioso incidente di percorso. Il nodo cruciale è la creatività, l’assurdità, la capacità di prevedere o aspirare ad un futuro migliore in rotta col passato. Insomma la capacità di uscire dai canoni. Einstein, Galileo, Picasso, Elvis Presley sono stati giganti nei loro campi perché hanno deviato dai sentieri tracciati. Si potrebbe “umanizzare” i Llm imponendo ad alcuni di essi di rigettare gli schemi “razionali” ad esempio per trovare la cura contro il cancro al polmone. Ma comunque sarà un umano o un gruppo di umani a dover selezionare tra migliaia o milioni di “soluzioni” deliranti (ad esempio i piani di aerei diversi da quello dei fratelli Wright, destinati a schiantarsi al suolo) l’ago nel pagliaio della Ia che apre la strada all’evoluzione di un nuovo paradigma. Insomma sarà arduo “automatizzare” la creatività e ancor meno l’imponderabile (la scoperta degli antibiotici). Già ne La Ricchezza delle Nazioni Adam Smith aveva messo in luce come la crescita economica fosse il risultato dell’aumento di efficienza nel sistema produttivo indotto dalla divisione del lavoro. La specializzazione degli operai in ciascuna delle 18 fasi della produzione di un chiodo permetteva di potenziare le economie di scala e di affinare la destrezza di ciascun individuo. Quella che si sta impetuosamente sviluppando è una divisione del lavoro, non più tra lavoratori specializzati nelle varie funzioni o tra Paesi con differenti vantaggi comparati, bensì tra umani e sistemi di Ia, almeno fintanto che i primi esprimeranno una creatività più eccentrica, originale, stravagante e sofisticata dei secondi. Read the full article
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La misteriosa rotazione di Betelgeuse potrebbe essere un'illusione cosmica causata dalla sua enorme superficie "bollente". La possibile illusione cosmica della rotazione di Betelgeuse Uno studio suggerisce che la presunta rapida rotazione della stella Betelgeuse potrebbe essere un’illusione ottica, attribuibile alla sua superficie “bollente”. Questo risolverebbe un antico enigma scientifico riguardante la sua velocità rotazionale. Una stella gigante dal mistero affascinante Betelgeuse è una supergigante rossa incredibilmente massiccia, mille volte più grande del Sole. La sua grandezza la rende una delle stelle più imponenti dell’universo, estendendosi oltre l’orbita di Giove se posta al posto del Sole. Una stella luminosa e in evoluzione In quanto una delle stelle più luminose nel cielo notturno, Betelgeuse è facilmente individuabile
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Scoperto l'enzima che colora di giallo l'urina
L’urina deve il suo tipico colore giallo a un enzima prodotto dai batteri intestinali e chiamato bilirubina reduttasi: lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università del Maryland e dei National Institutes of Health statunitensi. Il loro studio, pubblicato sulla rivista Nature Microbiology, risolve così un annoso enigma scientifico aprendo la strada a ulteriori ricerche sul funzionamento…
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Barbie è una celebre linea di bambole e personaggio iconico della cultura pop. Se stai cercando un'idea per una storia alternativa su Barbie, ecco una possibile trama:
Titolo: "Barbie: L'avventura nel Mondo delle Scienze"
Barbie, nella sua storia alternativa, è una brillante scienziata con una grande passione per l'esplorazione e la scoperta. Dopo aver conseguito un dottorato in fisica, viene selezionata per un progetto segreto governativo che coinvolge viaggi interdimensionali.
Un giorno, mentre lavora al suo laboratorio, Barbie scopre casualmente una strana macchina che sembra essere un portale verso un'altra dimensione. Animata dalla sua sete di conoscenza e desiderosa di esplorare nuovi mondi, Barbie decide di utilizzare la macchina per intraprendere un'avventura straordinaria.
Attraversando il portale, Barbie si ritrova in un mondo completamente diverso, abitato da creature aliene intelligenti e tecnologie avanzate. Qui incontra un gruppo di scienziati locali che stanno lottando per risolvere un enigma scientifico che potrebbe salvare il loro pianeta.
Barbie, con la sua esperienza terrestre e la sua abilità di problem-solving, si unisce al team di scienziati alieni per risolvere il mistero. Insieme, lavorano sodo, superano ostacoli e scoprono nuove invenzioni che potrebbero rivoluzionare entrambi i mondi.
Durante il loro viaggio, Barbie sviluppa amicizie durature e impara molto sulle diverse culture e scienze del mondo alieno. Alla fine, riescono a risolvere l'enigma scientifico e Barbie può tornare alla sua dimensione originale portando con sé nuove conoscenze e una prospettiva più ampia sulla scienza e l'universo.
Questa storia alternativa potrebbe mettere in luce la passione di Barbie per la scienza, la sua intelligenza e il suo desiderio di esplorare nuovi orizzonti, offrendo un'interpretazione avventurosa del personaggio che ispira le ragazze a perseguire le proprie passioni scientifiche e sognare in grande.
Ricorda che questa è solo una possibile idea per una storia alternativa su Barbie. Senti libero di adattarla e modificarla in base alle tue preferenze creative!
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Logica, enigmistica e non solo: anche la mente si può allenare giocando
Mantenere la mente allenata è fondamentale per essere sempre produttivi in ogni momento della giornata, dal lavoro alle altre attività quotidiane, e farlo può essere talvolta anche molto divertente. Per aiutare il cervello a rendere ai massimi livelli è possibile infatti sfruttare le caratteristiche di alcuni dei giochi più comuni, che combinano l'aspetto competitivo e di intrattenimento con lo stimolo delle attività logiche, di concentrazione e cerebrali in genere: ecco dunque quali passatempi utilizzare per migliorare le proprie prestazioni mentali. Enigmi e rompicapi, tanti passatempi per aiutare il cervello Giochi come enigmi, rompicapi e indovinelli appassionano l'uomo sin dall'antichità, come dimostrano il famoso enigma della Sfinge di origine greca o le tracce presenti nella Bibbia e nei testi latini, che hanno attraversato i millenni mantenendo sempre intatto il proprio fascino. Questa tipologia di passatempi rappresenta un ottimo modo per far lavorare la mente alla ricerca di risposte e soluzioni non immediate, attivando le diverse aree cerebrali deputate al ragionamento e alla concentrazione. Il termine "enigmistica", che deriva proprio dalla parola "enigma", include anche altri tipi di svaghi nati in epoca moderna e basati sull'uso di lettere e parole, come nel caso dei cruciverba, in cui bisogna trovare la soluzione alle definizioni suggerite e incrociare le relative risposte fino a completare un quadro composto da un numero variabile di caselle, o del sudoku, che invece prevede il riempimento di una griglia di 81 celle (9 righe e 9 colonne incrociate) con numeri da 1 a 9 che non devono mai ripetersi in righe, colonne e riquadri. Sia i cruciverba che il sudoku stimolano fortemente l'attività del cervello, che ricercando risposte e incroci logici si allena in maniera estremamente efficace. Giochi di carte individuali e di gruppo Un'altra tipologia di passatempi che può risultare molto utile per favorire l'attività cerebrale sono i giochi di carte, in cui spesso la sfida tra i giocatori si fa molto accesa e competitiva. Dai più semplici ai più complessi, i giochi di carte attivano diverse aree cerebrali deputate, per esempio, al ragionamento logico e alla ricerca delle migliori strategie per battere gli avversari o, in caso di "solitari", per completare il gioco e dunque vincere. Tra i giochi di carte più validi per l'esercizio cerebrale troviamo per esempio il burraco e la scala 40, oppure lo scopone scientifico, in cui la memoria ha un ruolo fondamentale, ma anche il poker, che richiede ai partecipanti una buona capacità di analisi ed elevata concentrazione. Con la digitalizzazione, tra l'altro, tutti questi svaghi trovano oggi spazio anche su apposite piattaforme online, che permettono di accedere ai tavoli in maniera virtuale ma anche di approfondire strategie e tecniche del poker e degli altri giochi, trasformando l'attività ludica in un'occasione di vero e proprio brain training. I giochi da tavolo che allenano la mente Accanto ai passatempi citati, non si possono non inserire i giochi da tavolo, un'altra categoria molto amata che unisce giocatori di ogni età e tipologia e che può essere di grande aiuto per l'allenamento mentale. Tra i cosiddetti board game troviamo infatti titoli caratterizzati da una forte componente strategica, mnemonica e di ragionamento, che favoriscono le attività cerebrali divertendosi in gruppo. Un grande classico come il Risiko!, oggi giocabile anche online, prevede per esempio la necessità di adottare strategie differenti nel corso della partita e dunque stimola ogni giocatore a leggere ciò che accade di volta in volta e a elaborare tattiche diverse al fine di battere gli altri concorrenti. In questa categoria rientrano anche altri svaghi tradizionali, come la dama e gli scacchi, anch'essi basati su strategia e capacità riflessive mentre meno famoso, quanto impegnativo, è Lettere da Whitechapel, un gioco da tavolo caratterizzato da un funzionamento articolato basato sulla caccia al killer Jack Lo Squartatore. Con la sua atmosfera cupa e affascinante e un gameplay avvincente, Lettere da Whitechapel si rivela un'ottima soluzione per organizzare una mezza giornata in compagnia e per mettere in moto logica e deduzione. Insomma, per far lavorare il cervello in modo sano e divertente non c'è che l'imbarazzo della scelta! Read the full article
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Dal canale Telegram “ABA E AUTISMO” 👉 https://t.me/abaeautismo/60 🌈 📖 Asperger H., Bizzarri, isolati e intelligenti. Il primo approccio clinico e pedagogico ai bambini di Hans Asperger (Erickson, 2003) ❎ “Se l'autismo è stato definito un «enigma», a ragione la stessa definizione può essere applicata anche alla sindrome di Asperger, che appartiene allo spettro dei disturbi generalizzati dello sviluppo, misteriosa perché in molti casi colpisce persone all'apparenza perfettamente «normali». Questo libro - che per la prima volta presenta la traduzione italiana dello storico scritto con il quale il pediatra austriaco Hans Asperger descrisse la sindrome che poi da lui prese il nome - arriva in un momento di vivace dibattito su questa condizione, in particolare riguardo alla definizione di precisi criteri diagnostici e alla sua parziale sovrapposizione con il disturbo autistico, con tutto ciò che tale disaccordo sul piano scientifico comporta a livello concreto nella vita delle persone con questo disturbo e delle loro famiglie. Grazie anche all'eccellente traduzione, quest'opera - arricchita dai commenti di alcuni dei maggiori esperti nazionali del campo - costituisce un fondamentale passo in avanti per la letteratura scientifica italiana, nonché una lettura sorprendentemente moderna e gradevolissima, che coniuga spontaneamente rigore e umanità”. #SuggerimentidiLettura #autismo #disturbidelneurosviluppo #disturbidelneurosviluppo #psicologia #psicoterapia #sanitari #cbttherapy #aba #dignità #autismoitalia #TecniciABA #appliedbehavioranalysis #Assotaba #educatoreprofessionale #disturbidelneurosviluppoterni #qualityoflife #welfaredicomunità #operatoresanitario #welfare #integramente
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Parliamo di U-boot.
Innanzitutto riflettiamo sui numeri di una guerra così distorta, tanto aspra quanto oscura, i tedeschi erano, oltremodo sconfitti e richiusi nel quadro internazionale, usciti da un periodo di fame e disoccupazione, mai così penoso. incredibilmente incrementarono le loro riserve monetarie stampando valuta e superando quell‘abisso chiamato inflazione.
Poi successivamente le classi di intellettuali internazionali delusi dalla grande guerra e nell’appoggio di diverse figure carismatiche e personalità della società civile rinegoziarono i famosi trattati di non belligeranza e fortificarono il loro territorio costruendo infrastrutture basilari per il trasporto di risorse chiave a quell’industria assetata di quelle innovazioni, figlie del caro progresso scientifico; il settore energetico si prefigeva di fornire soluzioni potenti alla distribuzione di quei servizi essenziali per motoriazzare un monopolio diesel-automobilistico, cantieristico e metallurgico per il quale si attingevano grosse quantità di quei preziosi stoccaggi e oleodotti cari dall'occidente all'oriente, carburante indispensabile, sacro e tanto fondamentale per alimentare le fabbriche nel pieno di una staffetta per riarmare la macchina militare del 3 reich, ma anche le prestigiose compagnie angloamericane.
Diventava fondamentale espandere i confini geopolitici a quello spazio vitale così sbandierato per rendere sostenibile un sistema di vita che si poggiasse su motivazioni aggressive e finalizzate allo sfruttamento smoderato dei giacimenti all’estero, e della gente qualificata per es: nel caso del petrolio in Libia o della manodopera polacca.
Dagli “avamposti” portuali segreti e non, partivano transatlantici ma anche sommergibili, i nodi ferroviari di un continente si incontravano a Berlino, aeroporti sparpagliati in ogni dove indicavano l’impegno che la Germania stava facendo per collegare una nazione al resto d’Europa, per dominare sul resto del mondo.
Si creava un incastro di opportunità, una rete di stazioni radio, di comunicazioni articolata nello scacchiere di un controllo del territorio pressoché totale, nelle frontiere e nei movimenti di merce e persone; dal “traffico ” che era gestito in maniera a dir poco paranoica, fino alle prime vere e proprie forme di trasmissione codificate per grezzi lanciatori missilistici, sebbene questi restarono fino al 1940 pura esperienza in fase di collaudo; per finire al transito delle merci minerarie che intersecavano le maglie di quelle dogane colabrodo in un continente in contraddizione “letteralmente indifferente”, quasi rinchiuso nella filosofia di ridefinire degli schemi perdenti, ottusi e scadenti..e ancora accordi commerciali, di sfruttamento e di immagazzinamento .. da quel gasolio che avrebbe rifornito un decennio di scorte alle divisioni più sanguinarie del secolo, fino alle centinaia di milioni di barili di kerosene che consentirono alla Germania Hitleriana di dotarsi della più grande aviazione di tutti i tempi, in uno sproposito che impiegava quei famigerati motori a turbina in tutti gli aspetti tecnologici possibili: dal Flettner Fl 282 "Kolibri" primo vero elicottero da combattimento al suolo antifanteria dotato di missili a corto raggio anticarro, fino a quella dozzina di migliaia di Tiger 1, Tiger 2 e Tiger 3/E100 potentissimi nello sferrare attacchi sulle lunghe distanze cannoneggiando pure bersagli in movimento. Il mito dell'esercito ariano non era solo una propaganda ma un arsenale di 50000 aerei fra Stuka e Mes. e +100000 unità Flak-Panzer4, Panzer4-Pak40, e svariate migliaia di sottoversioni ben attrezzate altrettanto corazzate e ricompartimentate in un ordine e in una tradizione che somigliava a quella degli squadroni della morte. Gli U-boot nati per primeggiare nei mari di tutto il mondo ebbero la loro massima evoluzione nel lanciatore balistico riconfigurato nella classe Enigma equipaggiato a bordo con un primo grossolano sistema d’arma computerizzato che codificava le istruzioni e le coordinate di un bersaglio in una sequenza a destinazione (senza ricalcolo); infatti per ogni missile esemplare (privo di una telemetria per il puntamento) che installava una scheda di controllo vettoriale esisteva un sofisticato aggregato di circuiti stampati meccanismi di processamento simili e precursori dei segnapassi Clocking nelle CPU odierne, per controllarne angolo, discesa e accensione del propulsore durante la traiettoria, tarati da un ricevitore per la trasmissione di routine cifrate onde prevenire la cattura del sommergibile o il suo sabotaggio. Ogni cosa, ogni fatto è spiegabile perché la storia si ripete e con essa le atrocità che gli uomini sono costretti a compiere.
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artistico: normalmente si dice di tutto quello che non è scientifico. Sprezzante, architettura e design non hanno niente a che fare con l'arte! Sono discipline indipendenti, niente a che fare con le Belle Arti! Roba del secolo scorso! Lasciamo l'arte agli scultori e ai pittori, agli scrittori e ai fotografi, ai poeti e ai registri, ai sognatori e ai disperati! Artista è chi sa fare della soluzione un enigma. (Karl Kraus) Gli attributi dell'architetto di Michele De Lucchi (presso Museo del Novecento) https://www.instagram.com/p/CAoJ3WxnFpk/?igshid=1nh823d95lthl
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Dal 5 al 20 ottobre torna la XVII edizione di BergamoScienza
Dal 5 al 20 ottobre torna la XVII edizione di BergamoScienza, il festival di divulgazione scientifica organizzato dall’Associazione BergamoScienza Appuntamento annuale che per 16 giornate animerà la città di Bergamo con incontri, conferenze, dialoghi e spettacoli – tutti gratuiti – dedicati alla scienza. Con un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, scienziati di fama internazionale aggiorneranno il vasto pubblico del festival (133.689 presenze lo scorso anno) sulle possibili soluzioni per affrontare le sfide ambientali e sociali della società contemporanea. Tra gli ospiti, il Premio Nobel per la Chimica 2001 Barry Sharpless, padre della click-chemistry – sistema che permette di sintetizzare sostanze complesse in modo rapido – scoperta che ha rivoluzionato il mondo farmaceutico avvicinandolo alla green-chemistry, un approccio chimico che riduce al minimo l’inquinamento ambientale. AMBIENTE CLIMA E SOSTENIBILITÀ Focus del festival, quest’anno, sarà la sostenibilità della vita sul pianeta, sia in termini di impatto climatico e salute dell’acqua e dell’aria che di alimentazione: è possibile avere un mondo che funzioni al 100% utilizzando energie rinnovabili? È questa la speranza di Mark Jacobson, direttore del programma su atmosfera ed energia del Dipartimento di ingegneria civile e ambientale della Stanford University. Massimo Tavoni, senior scientist presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) si interrogherà sul cambiamento del clima e su come il nostro comportamento quotidiano possa limitarlo e contribuire in modo efficace alla salvaguardia delle risorse globali e dell’equilibrio del pianeta. Le agenzie spaziali non si limitano a guardare il cielo ma monitorano la salute del pianeta, l’inquinamento di terra e aria e la trasformazione del clima attraverso sofisticate tecnologie e una prospettiva privilegiata. Simonetta Cheli, capo dell’Ufficio di coordinamento nella direzione dei programmi di osservazione della Terra dell’ESA con Paolo Cipollini, oceanografo che opera utilizzando i satelliti, farà compiere un viaggio tra immagini mozzafiato alla scoperta di come l’uomo riesca a controllare lo stato di salute della Terra, la sola casa che abbiamo a disposizione. L’origine delle nuvole è uno degli enigmi più complessi della fisica dell’atmosfera: enigma la cui soluzione, secondo l’alpinista e scienziato Federico Bianchi, potrebbe permetterci di prevedere il reale tasso di riscaldamento del pianeta e il ruolo che gioca l’inquinamento dell’aria. Carlo Pozzi, esperto di genetica agraria, con la biologa Paola Bonfante e Francesco Salamini, uno dei massimi esperti italiani nel campo della biotecnologia applicata, rifletterà sulla capacità degli uomini di produrre e ridistribuire il cibo: è possibile sfamare il mondo in modo sostenibile? Con quali tecnologie? Il geologo Fabrizio Nestola, vincitore dell’Humboldt Research Award 2019, guiderà il pubblico in un viaggio al centro della Terra alla scoperta dei diamanti super profondi, una rarissima categoria di diamanti il cui studio permette di comprendere come funziona il nostro pianeta a grandi profondità. Queste gemme infatti cristallizzano a 1000 km sotto la superficie terrestre e al loro interno presentano sostanze che non possono essere ritrovate in nessun altro punto della Terra. BIOLOGIA E MEDICINA Lo scrittore americano David Quammen, esperto di scienza, virus e pandemie, natura e viaggi, racconterà una scoperta straordinaria, che ha cambiato la nostra comprensione dell’evoluzione e ha riscritto la storia della vita sul pianeta. Secondo questa scoperta i geni si sono a volte spostati lateralmente da un ramo all'altro – e da una specie all’altra – dell’albero della vita, mettendo in discussione la nostra stessa idea di "specie" e "individuo". NEUROSCIENZE Comprendere la complessità del cervello umano è da sempre una delle principali sfide della scienza. Secondo il neurobiologo Miguel Nicolelis della Duke University in North Carolina, l’interfaccia uomo-macchina non è più una mera ipotesi fantascientifica, ma la ricerca nel campo sta aprendo la strada a straordinarie applicazioni biomediche ed espandendo la nostra conoscenza sul funzionamento del nostro cervello: ad esempio oggi esiste la possibilità di mettere in comunicazione il nostro cervello con macchine artificiali come arti protesici o altri strumenti tecnologici. Sua la scoperta che ha reso possibile lo spettacolare calcio di inizio della cerimonia inaugurale dei Mondiali del 2014 in Brasile: il calcio è stato tirato da un giovane paraplegico grazie a un esoscheletro robotizzato sensibile ai comandi motori del cervello. Il biologo molecolare Rick Morimoto spiegherà le sue ultime ricerche sul rapporto tra la capacità delle cellule di reagire allo stress e l’invecchiamento, in particolare del sistema nervoso. Le sue scoperte stanno aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche per malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. STORIA DELLA SCIENZA Al festival saranno approfondite le storie dei tre grandi scienziati: Leonardo da Vinci, Galileo Galilei e Kurt Gödel. Sulla vita e la morte di Leonardo da Vinci interverranno lo scrittore e divulgatore scientifico Mario Pappagallo, lo storico della medicina Paolo Mazzarello e il neuroscienziato Stefano Cappa. Lo storico della scienza Franco Giudice approfondirà invece il complesso rapporto tra Galileo e la Chiesa.Il matematico Piergiorgio Odifreddi ci accompagnerà a scoprire la straordinaria figura di Kurt Gödel (1906-1978), matematico, logico e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, noto soprattutto per i suoi lavori sull'incompletezza delle teorie matematiche e su uno dei concetti più complessi: quello di infinito. SCIENZA E SOCIETÀ Perché nel mondo scientifico ci sono così poche donne, soprattutto nelle posizioni di maggiore responsabilità e potere? Qual è il prezzo da pagare per questa ineguaglianza? E cosa si deve fare per cambiare? Si confronteranno sul tema: la biologa molecolare Simona Polo, alla guida dell'unità di ricerca Complessi molecolari e trasmissione del segnale all'IFOM di Milano, Paola Govoni, filosofa che si occupa di interazioni tra scienza e società in età moderna e contemporanea, la neuropsicologa Tiziana Metitieri e la dodicenne Ariel Spini Bauer, autrice del libro Da grande farò... 10 grandi si raccontano a una piccola sognatrice dove intervista dieci personalità di spicco tra cui Amalia Ercoli Finzi, Piero Angela, Paolo Nespoli. INTELLIGENZA ARTIFICIALE Il filosofo Guglielmo Tamburrini intraprenderà un viaggio tra scienza ed etica, alla scoperta dei rischi dell’impiego dell’intelligenza artificiale in contesti di guerra. Di A.I., sempre più utilizzata per la costruzione di macchine senza guidatore, parlerà l’imprenditore californiano Roger L. McCarthy: quali sono le preoccupazioni per la sicurezza connesse a questa nuova tecnologia portate alla ribalta da alcuni recenti incidenti? Possiamo davvero guardare con fiducia al futuro della guida autonoma? SPAZIO In occasione del cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna, il nostro satellite torna a essere oggetto di grande interesse scientifico, economico e politico. Tommaso Ghidini, Capo della Divisione di Strutture, Meccanismi e Materiali dell’ESA, racconterà di alcune missioni che porteranno uomini e donne non solo a esplorare, ma a colonizzare stabilmente la Luna e Marte con ricadute tecnologiche in grado di migliorare la nostra vita sulla Terra. Per costruire una base permanente sulla Luna dovremo imparare a sfruttare le risorse del nostro satellite. Un obiettivo ambizioso, che, come spiegherà l’esperta di meccanica del volo Michèle Lavagna, richiede lo sviluppo e l'integrazione di tecnologie molto avanzate quali la robotica intelligente e l'installazione di impianti chimici in grado di estrarre acqua, ossigeno e metalli utili attraverso la conversione di materie prime. A meno di un secolo da quando è stata ipotizzata l’esistenza del più misterioso oggetto dell’Universo e dopo molteplici evidenze indirette, nel 2019 gli scienziati sono stati in grado di ricostruire la prima “fotografia” di un buco nero. Un’impresa titanica, che ha visto la collaborazione di diversi telescopi in vari punti del pianeta e di oltre 200 ricercatori da tutto il mondo. Ne parleranno l’astrofisica Mariafelicia De Laurentis e il vice presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Antonio Masiero, in un incontro moderato dal fisico Renato Angelo Ricci. SPETTACOLI Prosegue la collaborazione del festival con Contaminazioni Contemporanee, festival internazionale di musica contemporanea, targato ECM (Editions of Contemporary Music). Per festeggiare il cinquantesimo anniversario della casa discografica quest’anno sul palco di BergamoScienza quattro concerti, alla loro prima italiana: "Sei Solo" - Sonatas and Partitas for Violin Solo by Johann Sebastian Bach del violinista austriaco Thomas Zehetmair, con cui presenterà il suo nuovo album dedicato alla musica di Bach e di alcuni compositori contemporanei in uscita a ottobre; Playing the Roo, il trombettista Avishai Cohen e il pianista Yonathan Avishai celebrano la loro ventennale amicizia condividendo il palco con un risultato emozionante; il progetto Characters On A Wall del quartetto di Louis Sclavis è un viaggio tra musica, arte e letteratura ispirato alla street art di Ernest Pignon-Ernest; Elusive Affinity di Anna Gourari, in cui la pianista russa, affiancata dalla soprano Susanne Bernhard, presenterà opere inedite di Alban Berg, Richard Strauss, Arvo Pärt, Alfred Schnittke, Johannes Brahms e altri compositori contemporanei. I DEPRODUCERS, progetto nato dall’incontro tra i musicisti e produttori discografici Vittorio Cosma, Gianni Maroccolo, Max Casacci e Riccardo Sinigallia, faranno tappa a Bergamo con la loro nuova Opera originale DNA, in collaborazione con Airc. Con il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani negli inediti panni del frontman, lo spettacolo partirà dalle origini della vita per arrivare a spiegare la logica perversa delle mutazioni genetiche come il cancro e a capire come sconfiggerlo, grazie a brani musicali inediti, immagini suggestive e una scenografia costruita ad hoc. Inoltre, l’attore Paolo Ruffini andrà in scena con gli artisti disabili della Compagnia Mayor Von Frinzius di Livorno nello spettacolo UP&Down: un happening comico, disobbediente e commovente, che ha come filo conduttore le relazioni − quelle con le proprie emozioni, con il tempo, con la diversità. Attraverso il filtro dell’ironia si indaga il significato di abilità e disabilità, non riferito alla condizione genetica, quanto piuttosto alla felicità. SCUOLE Come ogni edizione fondamentali sono la presenza e il coinvolgimento delle scuole, degli insegnanti e dei giovani studenti, veri protagonisti del festival. Per il 2019 saranno 65 le realtà scolastiche presenti che proporranno 120 eventi capaci di mostrare a tutti il lato divertente e sorprendente della scienza e il valore della collaborazione. Gli istituti, anche quest’anno, nel primo weekend del festival animeranno il centro della Città Bassa con La Scuola in Piazza, fiera scientifica on the road giunta alla sua V edizione. Quest’anno saranno presenti anche il Progetto REACT e Bando Prisma, realtà impegnate nel contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica attraverso un modello che prevede l’integrazione tra realtà territoriali, associazioni e scuole, mettendo al centro i ragazzi, non più come passivi ricettori di informazioni, ma come veri protagonisti coinvolti nell’apprendimento grazie a laboratori e attività esperienziali. LABORATORI Da sempre il festival si caratterizza per le sue numerose attività laboratoriali. Tutti i 65 istituti scolastici presenteranno progetti interessanti, coinvolgenti, istruttivi e soprattutto semplici e intuitivi. Idee facili da replicare per gli insegnanti a scuola o in famiglia. Agli studenti di Bergamo e provincia si affiancano ragazzi provenienti da due istituti di Cremona e i laboratori di BergamoScienza varcheranno i confini provinciali coinvolgendo anche Brescia e Mantova. Si avvia inoltre quest'anno la collaborazione fra BergamoScienza e la fabbrica di imprese E-Novia, una «Enterprises Factory» che promuove, costituisce e sviluppa società innovative ad alto valore tecnologico. Al festival saranno presentati laboratori interattivi che mostreranno alcuni sviluppi robotici e tecnologici fra i più attuali e raffinati. In questa edizione significativa è l’inclusione, nell’ambito di un progetto di inserimento lavorativo, di un gruppo di giovani adulti, portatori della sindrome di Down, all’interno dello staff dei volontari insieme al Comitato Giovani grazie anche alla neonata collaborazione con l’Associazione Italiana Persone Down (AIPD). COLLABORAZIONI BergamoScienza ha avviato quest’anno alcune preziose collaborazioni che vanno ad arricchire il programma del festival con progetti e iniziative di grande valore. Grazie al progetto Pass - Piazza d’Arte e Scienza con le Scuole alcuni scorci di Bergamo saranno abbelliti dalle opere d’arte realizzate appositamente per il festival e inspirate alla sostenibilità ambientale, tematica di questa edizione della manifestazione, nonché grande sfida della nostra epoca. Due delle più belle piazze della città, Piazza della Libertà e Largo Rezzara, ospiteranno due opere d’arte ideate e realizzate da artisti in collaborazione con le scuole. Ciascuno ha rielaborato l’idea creando un lavoro originale che si integra armoniosamente con gli spazi della città. Gli studenti, coinvolti nell’intero processo creativo dell’opera d’arte, dall’ideazione all’allestimento, avranno l’opportunità di vivere - in linea con i valori e la filosofia di BergamoScienza – un prezioso momento di formazione e arricchimento personale e l’onore di arredare e abbellire la città con progetti originali e innovativi capaci di coniugare arte e scienza. Largo Rezzara ospiterà Cosa resta dell’infinito? realizzata dall’artista Francesco Pedrini in collaborazione con gli studenti della Scuola D’arte Applicata Andrea Fantoni: ricordare quanto possiamo essere natura, spirito e pensiero, slegati dal tempo, è l’unica via per riconnetterci con essa. 100 blocchi di salgemma sono il supporto che racchiude un parziale racconto di alcuni momenti del mondo: un atlante della natura fossilizzato con frammenti di animali e piante, che hanno lasciato la loro orma nel tempo. Come sarà l’impronta che lascerà il nostro tempo? Banda è l’opera, realizzata dall’artista Ettore Favini in collaborazione con gli studenti del Liceo Artistico Statale Giacomo e Pio Manzù, che intende ripensare l'idea di bandiera. La bandiera simboleggia un’identità, ma in una contemporaneità fatta di contraddizioni, da un lato persone in continuo movimento e dall'altro persone che cercano di affermare una territorialità spesso anacronistica, con sullo sfondo una crisi climatica incombente, è ancora così vero? Banda, attraverso un piccolo gesto compiuto collettivamente, si propone di far riflettere chi si troverà a passare da Piazza della Libertà sulle conseguenze globali dei cambiamenti climatici. Per la prima volta BergamoScienza, in collaborazione con il Gruppo Chimici di Confindustria Bergamo, ha coinvolto una giovane artista bergamasca, Clara Luiselli, che ha creato Gravità sospesa, un’installazione che sarà esposta in Piazza Vittorio Veneto nei giorni del festival. In un grosso masso legato ai cordini di un paracadute è incastonato un frutto di resina che protegge un seme. Il masso e il paracadute sono metafora della possibilità di dialogo tra naturale e artificiale, tra terra e cielo, e il seme è il cuore dell’opera, evocazione della vita in potenza, della rigenerazione costante, della necessità di custodire la delicatezza di ogni piccola forma di vita. Da sempre sensibile ai temi della salute e del benessere, BergamoScienza ha dedicato in questi anni ampio spazio al rapporto tra sport e scienza: un connubio che dura da decenni e che è divenuto oggi inscindibile. L’Associazione BergamoScienza quest’anno ha avviato una collaborazione con Atalanta BC al fine di scoprire come sempre più la scienza sia utilizzata nella preparazione atletica e nella gestione della partita, e di veicolare attraverso uno sport diffuso come il calcio uno stile di vita corretto. Sul tema della Sport-Science e della sua applicazione in campo si confronteranno, domenica 13 ottobre alle ore 17 in La scienza nel calcio: esperienze europee a confronto, Andrea Riboli di Atalanta BC, Martin Buchheit di Paris Saint-Germain FC e Jordan Reece di Arsenal FC. Il festival sarà quindi l’occasione per creare un confronto tra l’esperienza di Atalanta e quella di altre squadre di rilievo nazionale e internazionale. In collaborazione con l'Università degli Studi di Bergamo sono in corso due progetti: il CESC - Centro di Ateneo di Ricerca Economica e Sociale, nel corso della prossima edizione del festival lancerà una ricerca quanti-qualitativa online sull'impatto e le attese verso BergamoScienza; un Field Project del Master di Management per il Marketing Internazionale per formulare un modello innovativo di sviluppo del BergamoScienceCenter nell’ambito del Terzo Settore. Fondamentale quest’anno anche la collaborazione con IED – Istituto Europeo di Design: l’identità visiva dell’edizione 2019 del festival è frutto infatti di un workshop di progettazione con gli studenti di Graphic Design, le cui proposte di visual saranno esposte durante la manifestazione insieme ad alcuni progetti di tesi dello scorso anno accademico dal titolo “Broken Nature?” sul tema della frattura tra genere umano e natura e, più in generale, sul difficile confronto con i cambiamenti climatici e ambientali. Una tematica di estrema rilevanza, a cui IED sta lavorando con il progetto triennale Under Pressure. Inoltre, gli studenti IED terranno due live show di progettazione grafica che avranno come protagonisti gli scienziati partecipanti a questa edizione di BergamoScienza e alcuni dei Premi Nobel che in questi sedici anni sono stati ospiti al festival, che saranno “visualizzati” in manifesti e cartoline. BergamoScienza, da sempre presente sul territorio della provincia, sabato 12 e domenica 13 ottobre organizza un ricco weekend di conferenze, spettacoli, mostre e laboratori nei comuni di Dalmine, Clusone, Lovere, San Pellegrino e Treviglio. Tutti gli eventi sono organizzati in collaborazione con la Camera di Commercio di Bergamo e le amministrazioni comunali coinvolte. Il programma completo è online su www.bergamoscienza.it Tutti gli eventi di BergamoScienza sono a ingresso libero, ad eccezione di laboratori e mostre e di alcune conferenze e spettacoli indicati in programma per i quali è necessaria la prenotazione (da lunedì 30 settembre sul sito del festival). Per le scuole invece la prenotazione è obbligatoria per tutti gli eventi (da giovedì 19 settembre sul sito). Link:http://www.bergamoscienza.it Read the full article
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Il muone rivoluziona la fisica delle particelle
Il mistero del Muone: come una virgola potrebbe ridefinire la fisica. Sebbene la discrepanza tra il valore teorico e quello sperimentale del momento magnetico del muone possa sembrare un dettaglio minore, è fondamentale riconoscere il suo potenziale. Nel vasto campo della fisica delle particelle, una delle questioni più affascinanti e intriganti riguarda la discrepanza tra il valore teorico e quello sperimentale del momento magnetico del muone. Questo misterioso divario, apparentemente insignificante se considerato solo alla ottava cifra decimale, potrebbe tuttavia nascondere segreti fondamentali sulle interazioni delle particelle e sulla struttura stessa dell’universo. I fisici, pertanto, hanno dedicato considerevole sforzo e risorse per investigare questa discrepanza, sperando di aprire nuove frontiere nella nostra comprensione della natura. Il momento magnetico del Muone Per comprendere appieno l’importanza di questa discrepanza, è essenziale comprendere il concetto di momento magnetico. Questo è una proprietà intrinseca di una particella con spin, che deriva dall’interazione tra la particella stessa e un campo magnetico esterno. Analogamente alla massa e alla carica elettrica, il momento magnetico è considerato una grandezza fondamentale della fisica. Nel caso specifico del muone, una particella che condivide alcune caratteristiche con l’elettrone ma ha una massa maggiore, la discrepanza tra il valore teorico e quello sperimentale del suo momento magnetico è stato oggetto di grande interesse scientifico fin dal momento della sua scoperta nel lontano 1948. Dall’Equazione di Dirac alle discrepanze sperimentali
Per comprendere appieno la natura di questa discrepanza, è essenziale esaminare le basi teoriche che la sottendono. Il valore teorico del momento magnetico del muone, indicato dalla lettera g, è calcolato utilizzando l’equazione di Dirac, formulata dal celebre fisico inglese Paul Dirac. Tuttavia, gli esperimenti condotti presso grandi acceleratori di particelle hanno dimostrato che il valore sperimentale di g non corrisponde esattamente a quello previsto dall’equazione di Dirac. Questa discrepanza, nota come “g-2”, rappresenta la differenza tra il valore sperimentale e quello teorico del momento magnetico del muone ed è al centro dell’attenzione della comunità scientifica internazionale. Sebbene la discrepanza tra il valore teorico e quello sperimentale del momento magnetico del muone possa sembrare un dettaglio minore, è fondamentale riconoscere il suo potenziale significato per la nostra comprensione della fisica delle particelle. Una risoluzione accurata di questa discrepanza potrebbe fornire preziose informazioni sulle interazioni del muone con particelle esotiche, come i bosoni di Higgs o la materia oscura. Inoltre, potrebbe rivelare l’esistenza di nuove forze fondamentali al di là di quelle attualmente conosciute, aprendo così la strada a una nuova era nella nostra comprensione dell’universo. La ricerca rivoluzionaria Per affrontare questa sfida scientifica, un team di ricercatori guidati dal fisico Diogo Boito dell’Istituto di Fisica di San Carlos dell’Università di San Paolo ha sviluppato un innovativo metodo di studio. Questo approccio combina dati sperimentali ottenuti da collisioni elettrone-positrone con simulazioni avanzate di Cromodinamica Quantistica (QCD), la teoria che descrive le interazioni tra quark e gluoni. Attraverso questo metodo, i ricercatori hanno identificato la fonte della discrepanza tra i dati sperimentali e le previsioni teoriche e hanno aperto nuove prospettive per risolvere questo enigma scientifico. In sintesi, il lavoro dei ricercatori rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione dei misteri del muone e delle interazioni fondamentali che regolano il mondo delle particelle. Tuttavia, è importante sottolineare che questa è solo l’inizio di un lungo e avvincente viaggio scientifico. Ulteriori ricerche e sperimentazioni sono necessarie per confermare e approfondire questi risultati preliminari e per gettare nuova luce sulla natura stessa dell’universo e delle leggi che lo governano. Read the full article
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Ho avuto l’opportunità di intervistare Giuliano Spinelli, uno scrittore originario del Lario che negli ultimi tempi ha scritto una serie di storie con protagonista il grande investigatore Sherlock Holmes.
Innanzitutto, ci parli un po’ di lei. Chi è Giuliano Spinelli?
Sono nato a Seregno nel 1959, e per questo amo definirmi un “diversamente giovane” che vive lavora tra la sua città d’origine e il paese di Abbadia Lariana, in provincia di Lecco. Il mio stato di famiglia certifica l’invidiabile condizione di single, nella quale peraltro mi trovo perfettamente a mio agio. Studi liceali, e a seguire una specializzazione di tecnico colorista, attività che ho svolto per trentacinque anni con profitto. Sublimando le competenze acquisite, sono recentemente approdato a un’attività artistica di pittura su vetro. Attualmente espongo le mie opere in varie mostre ed esposizioni private, e virtualmente su Facebook.
Sono da molti anni impegnato presso una cooperativa ONLUS, dove svolgo attività di marketing e sensibilizzazione su riciclo e riuso. In passato ho seguito progetti di sviluppo in Brasile e Guinea Bissau. Sono da sempre un attivo operatore volontario nel settore, in un’azione concreta di critica a un modello consumistico, indirizzata verso un’ottica di minor impatto sociale.
Lei è molto legato al Lago di Como?
Assolutamente sì. Fin da bambino le sue acque scure hanno esercitato su di me un’attrazione speciale, e non riesco a immaginare di poter vivere in un luogo dove non ci sia dell’acqua nelle vicinanze, sotto tutte le forme che possiamo conoscere; del resto, l’acqua è l’elemento primigenio che determina la vita, e che racchiude in sé tutte le verità, specialmente quelle più nascoste. In psicoanalisi è il simbolo più significativo dell’inconscio, sia personale che collettivo.
Com’è arrivato all’arte dello scrivere, è stato il caso o una scelta precisa?
Precisamente, direi che è stato assolutamente un caso. Mi è sempre piaciuto scrivere, ma l’ho sempre fatto per me stesso, senza immaginare che un giorno qualcuno avrebbe potuto prendere in considerazione una mia opera per la pubblicazione. Solo dopo sollecitazione di una mia amica scrittrice, che aveva letto il mio primo romanzo su Sherlock Holmes, mi sono deciso a proporre il manoscritto a una casa editrice, la DELOS Digital di Milano, che con mia grande sorpresa ha deciso di inserirlo fin da subito in una delle sue collane, praticamente così come si presentava, senza significative correzioni o interventi di editing. Di questo mi sento in dovere di ringraziare il curatore della collana, Luigi Pachì, che mi ha dato fiducia da subito, senza riserve. Quel primo lavoro ha richiesto anni di preparazione e mesi di stesura, e il fatto che la cosa si sia poi risolta nel giro di poche ore rappresenta ancor oggi un enigma irrisolto, almeno per quanto mi riguarda. Bisogna però ammettere che con l’editoria digitale tutto è più facile, e i rischi d’impresa significativamente ridotti.
Comunque sia, alla luce del mio modesto curriculum, il fatto di leggere il mio nome accostato nella stessa collana a tanti altri autori di notevole spessore non può che essere motivo d’orgoglio, e tanto mi basta.
Quando ha conosciuto per la prima volta le avventure di Sherlock Holmes?
Fin da bambino è stato uno dei miei personaggi letterari preferiti. Ho letto e riletto l’intera produzione di Conan Doyle durante tutte le fasi della mia vita, come si trattasse di un testo sacro; ora mi limito a consultare i testi quando ne ho bisogno per scrivere, sia per richiamare fatti e personaggi, sia per evitare anacronismi e contraddizioni. Noi sherlockiani su questo punto siamo molto critici, e ossessivamente attenti ai particolari.
Qual è stato lo spunto per il suo primo romanzo breve “Sherlock Holmes e l’esorcista”, dove s’incrociano il giallo, la religione e il mistero?
Mi è impossibile rispondere a questa domanda senza “spoilerare” la trama e svelare indirettamente la soluzione del mistero. Basti dire che nel canone sherlockiano si fa riferimento alla morte misteriosa di un certo Cardinale Tosca, caso poi risolto dal celebre investigatore, ma che l’autore non ha mai ritenuto di sviluppare in un’opera compiuta. Con poca modestia ho semplicemente ritenuto di sostituirmi a Conan Doyle nel proporre una mia personale interpretazione del caso. In seguito ho scoperto che Luca Martinelli, uno dei miei scrittori di apocrifi sherlockiani preferiti, aveva già sviscerato l’argomento in una sua recente pubblicazione, che ho prontamente acquistato e letto con molto piacere e attenzione. Naturalmente i due romanzi non hanno assolutamente nulla in comune, se non l’identità stessa dello sfortunato protagonista.
Com’è arrivato ad avere l’idea di una serie di racconti con protagonisti Holmes e Jung?
Ritengo che Holmes e Jung abbiano un tratto in comune: sono entrambi indagatori dell’animo umano. Per certi versi, la psicologia del profondo si avvicina come metodologia all’indagine investigativa, e molti studiosi si sono sbizzarriti a dare del “fenomeno” Holmes un’interpretazione psicoanalitica. Il fatto che si tratti di un personaggio di fantasia è del tutto irrilevante: per certi versi, Sherlock Holmes è un uomo del suo tempo, che riflette le peculiarità e le contraddizioni dell’epoca vittoriana. E, in ultima analisi, una psicologia di Sherlock Holmes non può prescindere dall’atteggiamento ambivalente del suo creatore. Conan Doyle, infatti, è un figlio del positivismo ottocentesco, la cui ombra nascosta si esprime nell’oscuro dei bassifondi londinesi, ma non solo. Forse non tutti sanno che l’autore, in aperta contraddizione con l’esasperato razionalismo della sua creatura letteraria, era un fervente appassionato di occultismo e di spiritismo, temi che non trovano spazio alcuno nell’universo sherlockiano, dove tutto è basato sul metodo scientifico e sull’osservazione diretta della realtà. Del resto, tutti gli appassionati conoscono a memoria una delle citazioni più famose di Holmes, che recita opportunamente “quando si è eliminato tutto ciò che è impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità.”
Nel mio racconto “Elementare, Jung: psicoanalisi di Sherlock Holmes”, ho la presunzione di sottoporre ad analisi il grande investigatore. Trattandosi di fiction, tutto è possibile, e lo schema che ho proposto è da intendersi cum grano salis, e da interpretare per quello che è, cioè un’invenzione letteraria senza pretesa alcuna di attendibilità scientifica. Lo spunto per questo racconto nasce da un’esperienza diretta dello stesso Jung, che durante il suo internato presso l’ospedale psichiatrico di Zurigo, aveva smascherato l’autrice di un furto in corsia mediante il metodo diagnostico denominato “reattivo di associazione verbale”, una sorta di prototipo anticipatore di macchina della verità. Ed è interessante notare che Jun aveva effettivamente prestato la sua opera come consulente presso la polizia cantonale di Zurigo, nella speranza che il suo metodo di associazione verbale potesse aiutare gli inquirenti a scoprire l’autore di certi crimini. Nella finzione letteraria Jung sottopone il test a Sherlock Holmes, riportando alla coscienza un trauma infantile, con conseguente, sconvolgente rivelazione sul passato del grande investigatore.
Trovo molto interessante la trovata di raccontare che cosa è davvero successo a Mary Morstan, la prima signora Watson. Che cosa le ha suggerito l’idea?
Su quest’argomento, è come se Conan Doyle avesse lasciato una pagina vuota. A un certo punto questa figura diventa semplicemente d’impiccio, e viene semplicemente cancellata, in modo che i due protagonisti possano riprendere la loro esistenza da scapoli nell’appartamento al numero 221/b di Baker Street. La povera Mary Morstan semplicemente scompare senza lasciare alcuna traccia dietro di sé; e questo si deve in buona parte alla conclamata misoginia dell’autore e, di riflesso, della sua creatura letteraria. E dato che nulla si sa della sua morte, questo lascia campo libero a qualsiasi supposizione in merito; sta a noi autori di apocrifi holmesiani il compito di riempire gli spazi vuoti lasciati dall’autore. Anche in questo caso non posso dire di più, per non privare il lettore della rivelazione finale. Posso solo dire che il ritorno sulla scena di Mary Morstan è una delle classiche avventure sherlockiane in cui tutto non è come appare a prima vista…
Com’è arrivato ad avere l’idea per scrivere Sherlock Holmes e lo straordinario caso di madame Babette?
In realtà, l’ipotesi di partenza prevedeva l’incontro fatale tra il più grande investigatore della storia e il primo e più famoso dei ladri gentiluomini. Poi, come spesso succede, la storia ha man mano preso tutt’altra direzione. Però non ho rinunciato del tutto all’idea iniziale, e Arsenio Lupin fa comunque la sua apparizione, anche se come figura di complemento. Non escludo, in futuro, di riprendere il tema e svilupparlo più ampiamente, ma temo che non sarà facile, poiché molto è già stato scritto sull’incontro tra queste due figure decisive della letteratura poliziesca, e sarebbe necessario documentarsi in maniera approfondita per evitare cose già dette.
Quali sono le fonti che ha usato per i suoi racconti?
Principalmente quello che noi sherlockiani, definiamo il canone, cioè l’intero corpus letterario basato sulla figura di Sherlock Holmes, che è composto da quattro romanzi e cinquantadue racconti. Molte sono i rimandi e le citazioni alla produzione originale, e questo è stato necessario per evitare contraddizioni, anacronismi e quant’altro. Uno dei miei romanzi, Sherlock Holmes e l’avventura del farmacista pazzo, non può essere compreso fino in fondo senza aver letto uno dei racconti del canone, per la precisione l’avventura della seconda macchia, di cui per certi versi può essere considerato una sorta di sequel parziale. Poi google maps… per quanto possa sembrare strano, non sono mai stato a Londra, e per l’ambientazione delle mie storie ho utilizzato quanto di più avanzato possa fornire la tecnologia attuale. Ora si può viaggiare virtualmente molto meglio di come faceva, per esempio, Emilio Salgari a suo tempo: basta un click sulla tastiera e sei sul posto. Certo, dall’epoca vittoriana molto è cambiato della struttura urbanistica londinese, ma le direttive principali sono rimaste pressoché inalterate, e grazie alle mappe satellitari non ho avuto bisogno di inventarmi nulla.
Lei è un chitarrista, quali sono i cantanti e gruppi che lei ama di più degli anni Sessanta e Settanta?
Beatles, in primis. Poi David Bowie, Rolling Stones, Neil Young, Pink Floyd, Cat Stevens, Bruce Springsteen, Leonard Cohen, Bob Dylan, Paul Simon… per farla breve, quanto di meglio possa aver prodotto e tramandato quell’epoca straordinariamente feconda della musica moderna. Amo molto anche i cantautori italiani, in testa a tutti Fabrizio De Andrè, ma anche Francesco De Gregori, Lucio Battisti, Ivano Fossati, Francesco Guccini, Roberto Vecchioni, Lucio Dalla ecc. Insomma, tutti i grandi della canzone d’autore, nessuno escluso.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Per il momento la produzione letteraria riferita a Sherlock Holmes è in standby, ho un paio di bozze salvate nel mio computer che svilupperò quando sarà il momento. Per quanto possa amare il grande detective, a un certo punto è scattato in me una sorta di meccanismo di saturazione, e ho sentito il bisogno di rivolgere la mia attenzione a qualcosa di diverso. Per troppo tempo i signori Holmes e Watson hanno assorbito tutte le mie energie, senza permettermi di pensare ad altro; e quando un’attività rischia di diventare troppo monotematica e totalizzante, è importante sapersene distaccare, almeno per un po’. Le mie attenzioni ora sono concentrate sulla mia attività principale, che è quella artistica, ed è una scelta peraltro obbligata, perché di diritti d’autore non si campa, se non per rare ed autorevoli eccezioni. Lo scrivere per la maggior parte di noi autori è un’attività collaterale, un hobby che è bene coltivare finché se ne ha voglia, e non certo per ricavarne un mezzo di sostentamento. Comunque, in futuro non escludo di scrivere qualcosa che non sia basato sulla figura di Sherlock Holmes, e ho qualche idea su una serie di racconti ambientati sulle nostre montagne, e su quello splendido lago che ho il privilegio di poter ammirare dall’alto, e che quasi tutti i giorni vado a salutare.
Sherlock Holmes e la psicoanalisi: intervista a Giuliano Spinelli Ho avuto l’opportunità di intervistare Giuliano Spinelli, uno scrittore originario del Lario che negli ultimi tempi ha scritto una serie di storie con protagonista il grande investigatore…
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Firenze: Gli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi
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Firenze: Gli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi
Qual’è la ragione che può spingere due grandi famiglie fiorentine, i Medici e i Pazzi, a commissionare due opere artistiche per le proprie cappelle perfettamente uguali? La dimensione è leggermente diversa ma è perfettamente proporzionata.
Stiamo parlando della Sagrestia Vecchia nella basilica di San Lorenzo a Firenze e della Cappella Pazzi nel primo chiostro della basilica di Santa Croce sempre a Firenze. Ambedue capolavori architettonici di Filippo Brunelleschi.
La cappella Pazzi nella basilica di Santa Croce a Firenze
La Sagrestia Vecchia, nella basilica di San Lorenzo di Firenze
Una mappa stellare è univoca, rappresenta una determinata data, ora e luogo d’osservazione, e i meridiani contano, rappresentano una posizione rispetto ad un’altra. Entrambe le volte delle cappelle raffigurano un emisfero celeste boreale con precisi riferimenti astronomici, la cosa incredibile è che entrambe fanno riferimento esattamente allo stesso emisfero, nella stessa data, nella stessa ora e con un punto di osservazione leggerissimamente diverso. Una cosa differenzia l’affresco dei Medici da quello dei Pazzi, la presenza di un meridiano.
Affresco Cappella Medici
Per convenienza usiamo la volta celeste della Sagrestia Vecchia che è stata restaurata e ci offre un’immagine migliore.Le interpretazioni sono state più di una, molti gli studiosi che si sono impegnati per risolvere questo enigma fiorentino; enigma centrato più che nell’arte pittorica nello scopo della rappresentazione scelta.
Affresco Cappella Pazzi
Osservando la volta vediamo che riporta varie costellazioni. In evidenza nella zona centrale la costellazione del cancro, alla destra la costellazione dei gemelli e ancora più a destra la costellazione del toro. Il meridiano indicato corrisponde ad una visione da sud. Due elementi sono certi, la posizione del sole fra cancro e gemelli e la luna in toro. Si può inoltre desumere la presenza di Giove in ariete e di Venere alla sinistra del cancro. Desumere perchè non vi è certezza sui nomi dei pianeti ne che si tratti di pianeti.
Affresco della volta celeste – Cappella Sagrestia Vecchia (attribuito a Pesello)
Una prima interpretazione viene da Aby Warburg il quale ipotizzò che l’affresco fosse raffigurante la data corrispondente alla consacrazione dell’altare della basilica di San Lorenzo, cerimonia che si è svolta il 9 luglio 1422. Questa teoria è oggi accantonata ma abbiamo voluto verificarla comunque.
Teoria Aby Warburg riportata su Stellarium
Attraverso il programma Stellarium abbiamo impostato le coordinate della Sagrestia Vecchia come punto di osservazione, circa 43° N 46′ 29.05″ e 11° E 15′ 16.32″ e la data del 9 luglio del 1422 corrispondente alla consacrazione dell’altare e abbiamo ottenendo la volta celeste corrispondente. Scorrendo le ore si individua le 10.30 del mattino come orario con la volta celeste più somigliante. E’ evidente che la teoria non corrisponde all’immagine. Osserviamo che il sole non si pone fra cancro e gemelli ma è più spostato verso il cancro e soprattutto la luna non è in toro. Il programma lavora automaticamente in calendario giuliano in uso all’epoca.
La teoria di Aby Warburgi non è una teoria accettabile. Inoltre che motivo aveva la famiglia Pazzi di riprodurre quel momento storico legato prettamente all’altare della Sagrestia Vecchia ed alla famiglia Medici? Esaltare la consacrazione dell’altare di un altro edificio con lo stesso affresco altrove e 20 anni dopo, assurdo.
Una seconda ipotesi postulata si rifà alla grande passione della famiglia Medici per l’astrologia. Al centro del mistero la nascita di un bimbo. Il committente dell’opera, Cosimo de’ Medici, potrebbe aver voluto rendere immortale la data di nascita del figlio primogenito Piero. Una teoria interessante da verificare. Il pargolo è nato il 16 luglio 1416, astrologicamente fra Cancro e Gemelli. Impostati i parametri con data e coordinate fiorentine la volta stellata ci appare su stellarium.
Non vi inserisco la mappa stellare, ma decisamente non è corrispondente, la luna non è in Toro e il sole è quasi al davanti del cancro. Venere si pone in gemelli e Giove si è perso chi sa dove. Inoltre che senso avrebbe che i Pazzi riproponessero la duplicazione perfetta di quell’evento? Una nascita nella famiglia Medici? Il mistero deve in qualche maniera coinvolgere le due famiglie, la ragione deve essere super partes.
Un primo studio su base scientifica, da un punto di vista astronomico, è stato condotto da Giuseppe Forti astronomo di Arcetri. L’indagine si è conclusa con l’affermazione che le stelle raffigurate si presentavano proprio secondo la configurazione visibile nel cielo di Firenze il 4 luglio 1442 del calendario giuliano, circa il 13/14 del calendario gregoriano. Viene inoltre indicata l’ora, circa le 10.30 del mattino. Provvediamo ad inserire i dati. Otteniamo sia la Luna in toro sia il Sole fra cancro e gemelli. Gli altri pianeti però non sono proprio corrispondenti Ad esempio Venere che dovrebbe essere secondo l’affresco al davanti del cancro è invece quasi dietro il cancro, e Giove è più sul toro che sull’ariete.
Giuseppe Forti 4 luglio 1442 stellarium
Si suppone in questa ipotesi che l’opera sia da attribuire a Giuliano d’Arrigo detto Pesello (Firenze 1367-1446). Pesello era un esperto nel disegno degli animali e un abile ritrattista ma non aveva la cultura astronomica necessaria per una tale precisione, si crede che fosse stato guidato da un esperto astronomo quale Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482).
Dal Pozzo Toscanelli, sarebbe stato l’artefice del disegno che ha poi generato l’affresco. Il Toscanelli dimostra un’abilità incredibile e certifica che le conoscenze astronomiche dell’epoca erano ben più avanzate di quello che la storia ci insegna di quel periodo storico. Fu preciso nel posizionare i pianeti come Venere in cancro o Giove in ariete, la Luna in toro e il Sole fra cancro e gemelli il tutto nell’eclittica delle costellazioni zodiacali.
Devo ribadirlo, guardate la foto sopra e confrontatela con quella generata dal programma, la data indicata da Forti non sembra corrispondere perfettamente, giusta la posizione di Sole e della Luna ma posizione errata di Venere che è dietro al cancro e di Giove che si pone dietro al toro ed infine di Mercurio che si pone sui gemelli ma che non è presente nell’affresco in quella posizione.
Forti non postula nessuna teoria sul “motivo” dell’affresco ma analizza l’affresco solo da un punto di vista scientifico.
Sulla scia dello studio di Forti una teoria viene sviluppata da Isabella Lapi Ballerinicuratrice del restauro della Sacrestia Vecchia. La Ballerini afferma che l’affresco sia un omaggio per la venuta a Firenze di Renato d’Angiò nel 1442, il monarca di Napoli cacciato dall’usurpatore Alfonso d’Aragona. L’evento è stato sicuramente notevole dato che d’Angiò cercava rinforzi militari per riconquistare i propri territori. Da sottolineare che l’ex Monarca di Napoli aveva rapporti sia con i Medici che con i Pazzi, questo potrebbe spiegare la cappella duplicata anche se non spiega la differita di 20 anni. La teoria però non spiega perchè spendere tempo e denaro per onorare una visita, si importante, ma che poteva essere trasmessa ai posteri con un normale affresco che coinvolgesse la famiglia Medici e Renato d’Angiò. Oppure anche un classico ritratto. Quale poteva essere il motivo per occultare in un criptico affresco la visita di un monarca che era evidentemente pubblica?
Inoltre ricordiamo che non vi è una perfetta corrispondenza della mappa stellare sussistono delle differenze.
Ancora un’ipotesi è che la famiglia Medici volesse celebrare la riunificazione delle Chiese d’Occidente e d’Oriente, evento fortemente voluto da Cosimo il quale fece di tutto per spostare il Concilio da Ferrara a Firenze. Infatti la firma del decreto “Laetentur coeli” avvenne il 6 luglio 1439 a Firenze e si raggiunse la completa riunificazione tra greci e latini. Al concilio parteciparono esponenti di grande prestigio per l’epoca da religiosi ad artisti, da architetti ad astronomi fra cui anche Paolo del Pozzo Toscanelli.
Attiviamo il programma e impostiamo la nuova data e anche delle nuove coordinate corrispondenti a Santa Maria del Fiore, cioè il duomo di Firenze e sono 43° N 46′ 22.93” e 11° E 15′ 21.11. Da evidenziare che questa minima differenza di coordinate non influenza gran che il risultato.
Incredibilmente si ottiene una rappresentazione della volta celeste molto similare anche se non perfetta rispetto a quella dipinta. Ovviamente abbiamo il Sole fra cancro e gemelli, la Luna in toro, Venere al davanti del cancro anche se spostata molto più verso il leone rispetto all’affresco. Mercurio sulla zampa del leone e in ariete o meglio sotto l’ariete abbiamo un pianeta che non è Giove ma Saturno. Una forzatura è anche Marte posizionato subito dietro il toro che invece nel dipinto non sembra rappresentato. Non la perfezione assoluta, certo, ma una discreta corrispondenza, maggiore di quelle valutate sino ad ora.
Un altro astronomo, sempre di Arcetri, si è misurato con questo mistero aprendo una nuova via interpretativa. Fabrizio Massi analizzando la mappa stellare ha confermato il giorno 4 Luglio del 1442 come giorno rappresentato e per la precisione alle 10:30 del mattino. Masi però esplora una nuova strada. Afferma che la volta rappresentata non è del cielo sopra Firenze ma di un punto d’osservazione diverso e cioè la posizione geografica è da collocare presso Shanhaiguan in Cina. Ci fornisce le coordinate corrispondenti a 40° N 120° E. Queste coordinate, secondo google maps, cadrebbero in acqua, ma poco distante da Shanhaiguan circa a 18,5 km a nord-est. Posizionandosi sulla città di Shanhaiguan le coordinate sono circa 40° N 29″ 119° E 46″.
Shanhaiguan si trova nella Cina orientale ad est di Pechino sulla costa dell’Oceano Pacifico ed è il luogo dove si trova l’antica porta all’impero cinese chiamata Testa del Dragone e dove finisce ad est la grande muraglia cinese gettandosi nell’oceano.
Si sviluppa quindi un’altra teoria che si basa sul fatto che esistono contatti tra Firenze e l’impero cinese. L’affresco omaggerebbe la presenza di una delegazione cinese a Firenze in occasione del Concilio del 1439. Motivi commerciali quindi che però non spiegano ne il doppione omaggio della famiglia Pazzi (poca fantasia da parte dei Pazzi che arrivarono per secondi venti anni dopo?) ne avrebbe senso, come già detto, la data del concilio che non corrisponde alla data su cui concorda anche Fabrizio Massi che ricordiamo è il 4 luglio 1442. Inoltre, ancora, perchè rendere criptici i rapporti pubblici con la delegazione cinese?
Cominciamo la verifica. Impostiamo le coordinate fornite da Massi di Shanhaiguan (meglio quelle precise) e poi le due date possibili, quella sostenuta da Massi e quella del concilio.
Alla data del 4/7/1442 sussiste una corrispondenza, ma si deve cambiare punto d’osservazione ruotando verso ovest e soprattutto per vedere l’ariete e parte del toro si dovrebbe cancellare l’orizzonte, facile sul programma ma meno facile se si fosse realmente sul punto di osservazione. Inoltre la posizione stellare è quasi verticale, molto diversa come osservazione per un uomo inginocchiato ad osservare l’affresco della cappella Medici che appare orizzontale all’osservazione. Immagino che se si volesse riprodurre il corretto punto di osservazione sarebbe bastato orientare l’affresco. Insomma non convince.
Posizione Massi a Shanhaiguan 4 luglio 1442 stellarium
Verificando la data del Concilio 6/7/1439 la prospettiva di osservazione è la stessa di prima.
In entrambi i casi si deve adattare la visione verso ovest, non tenere conto dell’orizzonte e per ovviare a questi due problemi cambiare l’orario di osservazione sino ad ottenere corrispondenze migliori in orari notturni.
Arriva una nuova teoria con la Proff.ssa Sandra Marraghini che studia da tempo questo mistero pitto-astrologico. La sua teoria si sviluppa considerando che la data in oggetto sia il segno zodiacale dell’inizio del Rinascimento.
La Marraghini da una differente opinione anche sull’autore dell’affresco della cappella nella Sagrestia Vecchia che è stata realizzata nel 1440 e attribuita a Giuliano D’Arrigo, detto Pesello. L’opinione della Marraghini è che ha più senso attribuire l’opera a Piero della Francesca che era più avvezzo all’uso di certe tecniche, mentre il Pesello, all’epoca 77enne, era più portato alla ritrattistica.
La teoria che l’affresco testimonierebbe l’inizio del Rinascimento spiegherebbe la nascita di cappelle gemelle eseguite in tempi successivi. Potrebbe spiegare anche il desiderio di immortalare l’inizio di una nuova epoca con un affresco segnatempo. Le domande che ci poniamo sono però molteplici. Per quale ragione renderlo criptico? Ci chiediamo, inoltre, come sapevano all’epoca che era cominciata questa nuova fase storica per come la intendiamo noi oggi? Avrebbe un senso la scelta di rappresentare il cielo fiorentino, città culla del rinascimento, ma perchè scegliere quella data come nuovo inizio di un meraviglioso periodo storico? Quale evento fa da spartiacque?
Sinceramente nessuna delle teorie sino ad ora esposte sembra avere un senso compiuto o da un punto di vista astrologico o da un punto di vista storico. La teoria della firma del Concilio sembra la migliore considerando la vicinanza della volta stellata sopra Firenze rispetto alla volta celeste dell’affresco, anche se le corrispondenze non sono certo perfette.
Una teoria compiuta dovrebbe rispettare i parametri di cui disponiamo.
L’affresco è a Firenze e il punto di osservazione dell’affresco è orientato più o meno verso sud.
L’affresco è stato realizzato dopo il termine dei lavori della Sagrestia Vecchia cioè il dopo il 1428 e prima del 1443 data di termine di tutti gli affreschi.
L’affresco ha due sicure certezze, Il Sole fra cancro e gemelli e la Luna in Toro, sul muso del toro.
Esistono altri, si suppone pianeti, rappresentati sull’affresco (dimensione maggiore rispetto alle stelle) che non possono essere riconosciuti come certi, ne che siano realmente pianeti ne quali siano. Fra tutti i pianeti si suppone si individui Venere fra cancro e leone più spostata verso il cancro.
L’affresco è stato riprodotto 20 anni dopo nella cappella Pazzi.
L’affresco indica un luogo, una data ed un’ora ben precisa.
Potrebbe esistere un’altra ipotesi rispetto a quelle formulate sino ad oggi? Proviamo ad unire alcuni tasselli.
L’idea di Francesco Masi di uscire dal concetto che sia il cielo sopra Firenze è interessante e potrebbe aprire a nuove teorie, cioè testimoniare a Firenze un luogo lontano da Firenze, interessante.
Poniamo per un secondo che si volesse rappresentare una data segreta, conosciuta da pochi eletti in tutto il mondo, anzi da pochi eletti in tutti i continenti allora conosciuti. Una data che avrebbe rivoluzionato geografia e commercio, conoscenze e poteri.
Una data che due famiglie importanti come i Medici e i Pazzi, famiglie che vivevano entrambe a Firenze centro nevralgico del mondo di allora, (ricordiamo cosa era Firenze all’epoca), le poteva distinguere rispetto ad altre. Una data e un luogo che non potevano sbandierare ai quattro venti ma allo stesso tempo ne volevano (dovevano) dare testimonianza segreta per prestigio familiare e potere. Rendere eterna una data e anche un luogo geografico.
Magari un luogo che non era ancora possibile raggiungere dati i mezzi disponibili e le conoscenze del tempo.
I Medici, per primi, testimoniarono la loro conoscenza in pubblico e i Pazzi 20 anni dopo comunicavano ai Medici di conoscere lo stesso segreto. Con una differenza, nella cappella dei Pazzi non sussiste un elemento dirimente. Il meridiano. Spostarsi da un meridiano all’altro significa sostarsi verso est o verso ovest.
Poteva essere la via della seta? Non credo, la Cina non era certo un segreto e il commercio era già attivo e fiorente con l’Asia; sappiamo infatti della presenza di una delegazione cinese a Firenze in occasione del Concilio del 1439.
Una delegazione che sicuramente aveva un rapporto stretto con la famiglia Medici. E se questa delegazione avesse riferito alla famiglia Medici un’informazione di importanza unica per l’epoca?
Introduciamo un nuovo elemento apparso alle cronache recentemente. Zheng He.
Zhen He
L’enorme flotta comandata da Zheng He (317 navi misuranti 130×54 metri ed equipaggiate con 12 vele e un totale di 28.000 soldati a bordo) partì per il primo viaggio e dato il successo riportato fu ordinata una seconda spedizione e poi una terza. In totale furono compiute sette spedizioni tra il 1405 e 1433. Probabilmente Zheng He morì nel viaggio di ritorno della settima spedizione e fu seppellito in mare.Zheng He è un membro della dinastia dei Ming. Un eunuco compagno di giochi del piccolo principe Zhu Di. Quando Zhu Di divenne imperatore della Cina assumendo il nome di Yongle, ordinò nel 1403 la costruzione di una flotta imperiale sia per scopi mercantili sia come flotta da guerra e scopi diplomatici. L’imperatore nominò ammiraglio Zheng He e lo mise al comando di tutta la flotta. L’imperatore Yongle incaricò Zheng He di effettuare spedizioni navali a carattere diplomatico, scientifico e commerciale nei mari occidentali.
Le grandi spedizioni di Zheng He sono un fatto storico, ancora oggi si discute sui limiti raggiunti da queste esplorazioni cinesi.
Uno di questi dubbi riguarda il fatto che Zheng He possa aver per primo raggiunto le Americhe. Non voglio riproporvi tutta la storia e le ipotesi e quindi vi consiglio di leggere questo articolo. Vi dico solo che l’ipotesi di questa scoperta sembra essere avvenuta nella sesta spedizione che va dal 1421 al 1423.
Ora poniamo per un secondo che sia vero, una realtà, l’America è stata scoperta per la prima volta da Zheng He e che una delegazione cinese lo avesse fatto presente alla famiglia Medici fornendo la data e le coordinate di dove i cinesi si erano introdotti nel territorio americano.
Mettiamo giù due date.
Nel 1423 la scoperta dell’America da parte di Zheng He, una delegazione cinese si trova a Firenze nel 1439, La Cappella Medici viene terminata nei suoi affreschi nel 1443, venti anni dopo la volta celeste viene copiata dai Pazzi. Sembrerebbe esserci una continuità storica.
Prendiamo adesso le coordinate fornite da Masi 40°N 120° E e proviamo a mettere un meno davanti al 120, cioè Ovest. Impostandole su maps ci ritroviamo qua:
Se preferite possiamo prendere le coordinate della sagrestia vecchia e cioè 43° N 46′ 29.05″ e 11° E 15′ 16.32″ sostituire Est con Ovest e sottrarre da 120° gli 11° rappresentati per ottenere 109° quindi le coordinate 43° N 46′ 29.05″ e 109° O 15′ 16.32″. Se le riportate su maps vi troverete circa nello stesso posto anche se più a nord di 3°. L’immagine generata dal programma stellarium non camibirà molto.
Proviamo a inserire le coordinate nel programma stellarium e a giocare percorrendo le date dal 1421 al 1423 ed esattamente alla data 3 Luglio 1423, esattamente alle 19.30, abbiamo rappresentata questa volta celeste.
La Luna è esattamente sotto il muso del toro, il Sole fra cancro e gemelli e Venere al davanti del cancro.
Con le coordinate della Sagrestia Vecchia spostate ad ovest, la situazione non cambia, l’immagine è praticamente la stessa.
Una notizia da mantenere segreta per organizzare una spedizione pronta a colonizzare?
I Medici a Firenze erano stati messi a conoscenza di questa notizia e non potendo divulgarla ma dovendo certificarla hanno rappresentato esattamente il contrario in termini ovest-est della vera scoperta delle Americhe, lasciando un meridiano che potesse far capire che non ci si riferiva ne a Firenze ne a Shahnaiguan Cina 40° Nord e 120° Est, ma al suo opposto e cioè a 40° Nord e 120° Ovest.
E se le cappelle fossero l’unica testimonianza della vera scoperta dell’America?
Certo gli storici hanno rifiutato l’ipotesi che sia Zheng Heil vero scopritore dell’America, sempre che di scoperta si possa parlare dato che su quelle terre vivevano dei popoli.
Come potrebbe essere altrimenti? Riscrivere la storia è sempre sconveniente perchè vengono fuori interessanti verità per taluni scomode. E se le cappelle fiorentine fossero la prova che gli storici negano che esista?
Ovviamente un’ipotesi, ma… Magari Colombo è arrivato nel 1492 “sapendo” dove andava!
(N.d.R) Questo articolo è frutto del tentativo di capire il perchè si è realizzato opere apparentemente prive di significato ma che invece celano sicuramente un segreto; al tempo stesso proporre una soluzione al segreto che sarà certamente confutabile, ma al pari di tutte le altre ipotesi.
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“Fare poesia e soprattutto vivere poesia”. Giorgio Colli, il pensatore “terribile”
A 40 anni dalla morte, Giorgio Colli si rivela il vero maestro, che illumina agghiacciando, che porta al senza compromessi.
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Così scrive nelle ultime pagine della Filosofia dell’espressione, il libro centrale, a cui affluiscono gli altri. “Il nostro è un secolo di anarchia filosofica, e in questa labilità c’è una lusinga, un pericoloso stimolo alla sfrenatezza. La tracotanza sta in agguato e a poco valgono le maschere”. Era il 1969 – oggi, piuttosto, è la sfrenata banalità: magari ci fosse la sfrenatezza, la lusinga verso il pericolo. Poco dopo: “Chi non ha sguardo per l’apparenza è incline alla calunnia. Il mondo è una festa della conoscenza – e oggi forse più che mai, nel periodo empedocleo in cui viviamo – e ovunque lo spettacolo, la manifestazione visibile della vita, celebra un trionfo”. Dal trionfo della vita ad eseguirne il nascosto – una ebbrezza che si sfata in enigma.
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Ritaglio l’aggettivo empedocleo. Nei quaderni raccolti come La ragione errabonda (Adelphi, 1982), un libro davvero remoto e astrale, un abbeveratoio per sfrenati, Colli torna su empedocleo con questo appunto (siamo nel 1966): “Ovunque lo spettacolo del mondo celebra il suo trionfo. È la grandezza del nostro tempo; per goderne occorre l’occhio del contemplatore, di uno che all’innata dote dello sguardo unisca il distacco del filosofo, e sdegni di intervenirvi”. Nello sdegno – che è poi amore fino all’ira, lo sdegnare e il non essere degni – vedo un carattere. Il trionfo, ora, si è rivelato tonfo.
*
Empedocle, ultimo dei sapienti, pensatore tra i “terribili” – nel senso, dice Colli, che “nessuno, forse, era capace di scoprire a quali fini mirassero le loro parole”, e che senso di libertà e di infinito in questo inutile del parlare, un lievito per l’enigma, cioè per la lirica –, eroe – sempre Colli – della “poesia filosofica”, ha lietamente ossessionato il divo Giorgio. “Empedocle è considerato da Colli come uno dei maggiori rappresentanti della Grecia più antica”, scrive Federica Montevecchi, biografa del pensatore italiano (Giorgio Colli. Biografia intellettuale, Bollati Boringhieri, 2004), in un libello esegetico, Sull’Empedocle di Giorgio Colli (Luca Sossella Editore, 2018). Ampliando quel suggerimento di studi, proprio la Montevecchi raduna in Empedocle (Adelphi, 2019) i testi, finora inediti, dedicati da Colli al sapiente.
*
“Empedocle è un mistico, e l’anima e il mondo sono per lui una cosa sola, così come lo spirito e la materia. Possiamo quindi dire che egli tiene un duplice atteggiamento nel guardare la realtà, uno soggettivo ed uno oggettivo, o per dir meglio, uno poetico ed uno scientifico”, scrive Colli nel testo del 1939, Anima e immortalità in Empedocle. Di Empedocle affascina – qui cito le dispense delle lezioni tenute a Pisa nell’anno accademico 1948-49; per questo è assente lo stile limpido, privo di assoluzione, di altri testi di Colli – la fama politica – “assieme al suo potere politico è probabile sia fiorita la sua enorme popolarità” – il rifiuto – “è credibile che… abbia rifiutato la monarchia offertagli dagli Agrigentini” – il precipizio – “Verso il 450 ha termine il successo di Empedocle e subentra la disgrazia”. Quindi l’esilio – cioè, l’ascesa della sapienza – e il suicidio (“Contrariamente a quanto pensano tutti i critici noi riteniamo storicamente possibile il suicidio di Empedocle, quale ci è testimoniato da Diogene Laerzio”). La parabola di Empedocle sembra sfericamente risolvere la vita del sapiente tipico, con furibonda attualità.
*
Nel 1961, Colli firma l’introduzione all’Empedocle di Friedrich Hölderlin, nella straordinaria ‘Enciclopedia di autori classici’ pensata per Boringhieri. “La morte volontaria come sovrabbondanza di vita, come trionfo, nell’uomo, della divina natura; è questo il più eroico ed affermativo dei pessimismi. L’insegnamento s’impresse in Nietzsche quando, adolescente, leggeva Hölderlin a Pforta”. In un appunto del 1957: “Il culmine del pensiero di Hölderlin è Empedocle, cioè il superuomo che agisce sugli uomini e sulla natura, mentre Zarathustra finisce nella solitudine. Concezione più alta di Hölderlin. Approfondire l’Empedocle”. In una nota del 1961, dove ragiona sulla vicinanza tra Empedocle e Nietzsche, scrive: “Non soltanto Nietzsche è un anti-politico per vocazione – parla di politica solo sfociando nella follia – ma tutta la sua vita è volta a stabilire la gerarchia dello spirito, il superamento, il distacco – in altre parole una trascendenza rispetto alle qualità sensibili e soltanto naturali della vita umana”. Superare per distacco; instaurarsi nel folle; “la follia è la matrice della sapienza” (La nascita della filosofia).
*
Attraversando Empedocle, Colli ragiona sulla propulsione del pensiero: prima del ragionare c’è il poetare (l’“uomo moderno… spesso neppure sa di avere un’intelligenza intuitiva, circondato com’è da sollecitazioni del pensiero mediato e discorsivo”; e ora?, al posto del pensiero discorsivo c’è quello intestinale, reattivo, rettilineo, rettale). Ciò che diventa pubblico è per natura fagocitato dal fraintendimento, dal parziale: “Le dottrine filosofiche sono tramandate con l’insegnamento orale e con il segreto… Gli isolati, per cui non ha senso il segreto, si difendono con l’ambiguità e il simbolo… Voluta oscurità della filosofia greca, contro cui si volgerà la chiarezza democratica e decadente” (1957).
*
A riprova di una sotterranea ossessione – e di un insegnamento radicale. Nel “Diario 1944-1945”, pubblicato nel sito dell’Archivio Giorgio Colli, si legge, in data 4 giugno 1944: “Pubblicare l’Ur-Empedokles”. L’ipotesi pratica è preparati da un progetto esistenziale: “fare poesia e soprattutto vivere poesia”. Questa è la sapienza – è sapere come si vive, il solo. (d.b.)
*In copertina: Jules Bastien-Lepage, “Diogene”, 1873
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Elogio di Martin Benedikter: compie 110 anni il traduttore che è stato un’epoca, una letteratura. Dall’Alto Adige si è inventato la lingua dei più grandi poeti cinesi di sempre. Una storia di ineffabile bellezza
Fu una rivelazione, l’idea, finalmente, di essere approdato al libro assoluto, con tutte le assoluzioni. Era nella libreria di mia cugina, Daniela, quindici anni più grande. Non so come fosse finito lì. Lo ammirai per qualche settimana. Poi, dopo una gita dalla zia, mossa faina, sollevo la maglia, ingabbio il tomo, lo porto a casa.
*
Il libro era adornato da tavole essenziali che raffiguravano poeti in estasi, imbarbariti dalla quiete dei sensi, al cospetto di paesaggi vertiginosi, rocche micidiali, fiumi di metallo, simili alla sapida spada di un khan, alberi tentacolari, la luna, a perforare il quadro. Le trecento poesie T’ang, stampate in origine nel 1961, da Einaudi, avevo rubato la terza edizione, del 1981, “ristampa identica alla precedente”.
*
Nostalgia, fatalità, la natura che incombe, delicata e feroce, la guerra oltre la barriera dell’orizzonte, l’incontro impossibile: questi sono i temi dei grandi poeti dell’era T’ang (per lo più, il nostro VIII secolo), rappresentati dal talento siderale di Li Po, Wang Wei e Tu Fu su tutti. “Nell’ultimo addio, di chi muore, la voce si spegne in gola./ Tra vivi, il distacco s’allunga in angoscia./ Nel Chiang-nan, nella terra ulcerata di malaria/ sei nell’esilio silente.// Amico, ma sei venuto dentro il mio sogno,/ immagine del ricordo nostro, che lungo indugia./ Tempo la tua non sia sembianza di questa vita”, canta Tu Fu, in una delle poesie più delicate e note, Sognando Li Po. Tutto, qui, ha la ferrea potenza di una lama, la naturalezza dell’acqua.
*
Giocavo, poi, a indossare la vita dei poeti minori, laterali, tra le oscurità. Come Kao Shih, che “si dedicò alla poesia solo dopo i quarant’anni” e “potè attingere, per i suoi versi, all’esperienza acquistata in terra di frontiera”, o Meng Hao-Jan, “artista non scaltrito dalla vita pubblica”, che “trovandosi in casa di Wang Wei e sopraggiungendovi l’imperatore Hsüan-tsung (713-756) sarebbe fuggito a nascondersi sotto il letto dell’ospite. Chiamato poi a comparire e richiesto d’un saggio della sua poesia, avrebbe recitato, tra l’altro, ingenuamente: Povero fui d’ingegno, mi respinse il Fulgido Signore! Queste parole, denunciando l’incomprensione del sovrano, furono giudicate irriverenti e gli valsero lo sdegno imperiale”.
*
Amavo il genio devoto e anarchico di quei poeti, la loro ingenuità e il fatto che in Cina, in un’epoca lontana, esistessero università dedite alla poesia, si acquisivano meriti sociali e politici se si era un ottimo poeta… La poesia era una delle doti necessarie all’uomo compiuto, la più importante. Sognavo – già – una vita di vagabondaggi, assecondando, come i miei mitologizzati poeti, una vita all’ombra dei versi, inseguendo lo scintillio scivoloso dell’intuizione lirica.
*
Nel 1943, poi, l’imperiale Eugenio Montale aveva già ‘sdoganato’ il genio dei poeti cinesi. Le Liriche cinesi erano stampate da Einaudi per la cura di Giorgia Valensin: “…è un lampo di madreperla che illumina una tragedia troppo più che individuale per suggerirci parole di quaggiù. Attraverso secoli di guerre, di flagelli, di carestie e di orrori, questi pochi poeti, questi in realtà numerosissimi poeti che si contano per dinastie… si sono trasmessi il fior di giada dell’arte loro, l’hanno elaborata e perfezionata, adorna di sensi e soprasensi, di parallelismi concettuali e di acuzie tecniche, hanno compiuto insomma prima di noi tutto il ciclo evolutivo e involutivo ai quali ci han reso familiari, in pochi secoli, le maggiori letterature dei nostri paesi”, scrive il Montale sornione.
*
Sedotto dalla poesia dell’antica Cina (“Vedo nella sera le oche selvatiche volteggiare in fila./ Le foglie cadono, da alberi a me stranieri./ La lampada è fredda. Sto solo, nella notte.//… Da tempo dimoro alla macchia dentro la capanna./ Quanti anni ancora darò qui della mia vita?”: questo, struggente, è Ma Tai), c’impiegai un tot a farmi la vera domanda. Ma… chi ha tradotto quei poeti? Voglio dire. Di poesia cinese io so nulla, l’ideogramma, per me, è l’anagramma di un enigma, va da sé che nella bellezza della poesia traspaia traslucido il talento del traduttore.
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Martin Benedikter, sinologo di fama, è nato nel 1910; muore nel 1969
Martin Benedikter. Questo il nome – esotico sommato all’esotico – del traduttore di genio (“Io sarei contento se la parola specchiasse la immediatezza della sua fonte cinese”), capace di effondere nebbie liriche perfino nell’introduzione al testo. “Le trecento poesie T’ang formano un’antologia esemplare che la prefazione dice compilata negli anni dell’imperatore Ch’ien-lung (1736-1795) dell’ultima dinastia mancese, da un certo Heng T’ang t’ui shih, l’Eremita dello Stagno di Loto, personaggio non meglio identificato”.
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Cercai di capirci. Benedikter è tra i pionieri della sinologia, è altoatesino, cresce nella cerchia dell’immenso Giuseppe Tucci, e insieme a Lionello Lanciotti – altro mirabile studioso di cultura cinese – fa il viaggio in Cina nel 1957, “Fummo ricevuti da personaggi politici importanti, tra cui l’allora ministro della Cultura Popolare, un uomo di politica, ma anche di grande sapienza; morì due anni dopo in un incidente aereo di ritorno da Mosca. Ci portarono a vedere il sito in cui avevano ritrovato il Sinantropus Pekinensis, e visitammo molte città, una ventina circa”, ricordò Lanciotti qualche anno fa. L’Accademia Roveretana degli Agiati lo descrive così: “Come sinologo (arrivato a fama mondiale) si dedicò con competente rigore filologico alla traduzione in italiano e tedesco di alcuni romanzi e soprattutto di molte liriche, dando dimostrazione di rara aderenza al testo e squisita sensibilità verso il messaggio poetico originario”. Benedikter ha diretto prima la scuola media poi il Liceo scientifico di Bressanone, ha fondato scuole medie a Brunico e a Vipiteno, dimostrandosi un eccezionale didatta; occupò la cattedra di sinologia a Napoli, nel 1968 preferì quella di Padova. Benedikter muore nel 1969, nasce 110 anni fa, il 10 settembre.
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Le trecento poesie T’ang sono il capolavoro di Benedikter, una traduzione che è ancora ineguagliabile: è lui, Martin, che ha inventato una lingua, in Italia, per quei poeti cortigiani o eccentrici vissuti 1300 anni fa. L’evento linguistico mi commuove. La biografia di Benedikter è scarna e oscura rispetto alla luce che ancora emana dal suo lavoro: per me la poesia cinese antica è rappresentata da lui, dalle sue scelte verbali, dalla sua perizia nell’uso degli aggettivi. Per me Benedikter raffigura un’epoca, una letteratura, in un continente così lontano. Ci vorrebbe un Borges per immaginare quell’uomo che a Bressanone, mirando la Valle Isarco, s’immagina di vagare tra le lande cinesi, e tra le ombre tirolesi vede monaci taoisti, ascolta dispute confuciane, è sorpreso dall’assalto di guerrieri ribelli. (d.b.)
L'articolo Elogio di Martin Benedikter: compie 110 anni il traduttore che è stato un’epoca, una letteratura. Dall’Alto Adige si è inventato la lingua dei più grandi poeti cinesi di sempre. Una storia di ineffabile bellezza proviene da Pangea.
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