#educazione alle droghe
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pier-carlo-universe · 15 days ago
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Progetto di Educazione alla Legalità nelle Scuole: Carabinieri e Dirigenti Scolastici in Prima Linea contro la Droga (Video)
Una collaborazione tra Carabinieri della provincia di Alessandria e scuole locali per sensibilizzare i giovani sul contrasto alle droghe e promuovere la legalità.
Una collaborazione tra Carabinieri della provincia di Alessandria e scuole locali per sensibilizzare i giovani sul contrasto alle droghe e promuovere la legalità. A Casale Monferrato prende vita un importante progetto di educazione alla legalità che unisce le forze dei Carabinieri della provincia di Alessandria e i Dirigenti Scolastici locali per sensibilizzare gli studenti sui temi del…
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Controlli anti alcol e droga della Polstrada di Ravenna, fermati e controllati 58 veicoli
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Controlli anti alcol e droga della Polstrada di Ravenna, fermati e controllati 58 veicoli. Continuano i controlli a tappeto della Polizia Stradale di Ravenna, impegnata in un’intensa campagna di prevenzione stradale e di repressione delle condotte di guida in stato di alterazione. Sono stati predisposti mirati servizi di controllo delle condizioni psicofisiche dei conducenti per verificare l’eventuale alterazione derivante da abuso di alcol o uso di sostanze stupefacenti. Oltre alle normali pattuglie di vigilanza stradale, sono stati predisposti ulteriori 4 equipaggi, tutti dotati di apparecchiature speciali come etilometri e precursori, oltre ad una pattuglia della Squadra Cinofili e un ulteriore equipaggio con a bordo un medico della Polizia di Stato incaricato della visita medica in loco dei conducenti con sospetta alterazione da assunzione di droghe. Le pattuglie, dislocate nelle vicinanze dei luoghi di divertimento di Ravenna e Cervia, hanno fermato e controllato 58 veicoli e identificato 84 persone. Sette conducenti sono risultati positivi all’alcoltest: quattro automobilisti sono stati sorpresi alla guida con un tasso superiore a 0,5 g/l, due con un tasso superiore a 0,8 g/l e uno con un tasso addirittura superiore a 1,5 g/l; per i sette si è proceduto al ritiro della patente e per chi ha alzato più il gomito è scattata la denuncia penale. Il Dirigente della Polizia Stradale, Commissario Capo Davide Pani, ha ricordato che “la loro condotta poteva mettere in pericolo non solo sé stessi, ma anche le persone che viaggiavano sulle loro automobili e tutti gli altri utenti della strada”. Sempre in chiave preventiva e con il solo obiettivo comune di elevare gli standard di sicurezza stradale, i servizi mirati della Polizia Stradale proseguiranno nel corso delle prossime settimane, accompagnati da attività di sensibilizzazione rivolte specialmente ai giovani in un’ottica di educazione stradale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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thedreamerscrapbook · 2 years ago
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Un piccolo riassunto
Molto spesso, quando ci viene fatta una domanda importante, veniamo assaliti da un senso di vuoto incommensurabile e l'unico ammasso di lettere latine che ci passa davanti tipo striscione attaccato all'aereo delle pubblicità anni '20 è "non lo so". E ci odiamo per questo, ci sentiamo sbagliati, iniziamo a ripercorrere a ritroso la nostra infanzia cercando disperatamente il momento in cui siamo scivolati dalle braccia di nostra mamma finendo di fontanella sul bordo duro e freddo della vasca da bagno. Ci odiamo per la nostra indecisione, per la nostra ignavia, la scambiamo per mancanza di personalità. Ci sentiamo degli sfigati senza scopo, ci culliamo nella disillusione del nichilismo alla terza ora di filosofia e per un attimo ci sentiamo capiti, ascoltiamo Kurt Cobain e ci sentiamo capiti, ma subito dopo ci sentiamo di nuovo sbagliati allora ci fumiamo le canne al parchetto con altra gente che come noi non ha capito un cazzo della vita, e ci sentiamo capiti sia da loro che dalle canne, ma alla fine a un certo punto sentirti capito non ti basta più e allora vai avanti così, a crederti un deficiente così tanto menomato da non conoscere nemmeno la riposta a una domanda alla quale la risposta può darla solo lui tipo "cosa vuoi fare nella vita (o nei prossimi 5 anni)?"
Poi passano gli anni, smetti di fumarti le canne perchè ti fanno venire la paranoia, con quelli con cui te le fumavi e ti capivano a un certo punto smetti di capirti e vi perdete di vista; qualcuno continua a fumare le canne, qualcuno smette e passa alle droghe pensanti. Tu fondamentalmente passi all'alcol e ti provi tutte le vite che puoi addosso tipo come se fossi il commesso di Foot Locker della tua vita, hai le vesciche ma vai avanti e a un certo punto pensi pure di aver trovato la risposta alla tua domanda. Fai psicoterapia, trovi un lavoro stabile. Hai una relazione tutto sommato felice. Bevi solo nei weekend. Coltivi degli hobby. Arrivi addirittura ad essere in pace con il fatto che la tua vita non conta un cazzo se non per te.
Poi vabbè c'è una pandemia mondiale rimani bloccato in casa per mesi anni, ti rubano gli ultimi anni di spensieratezza però non ho voglia di parlare di questo adesso. GRANDE BUCO.
Tornando al discorso di prima, sulle grandi domande della vita, prossima volta che vi capiterà di non conoscere la risposta a una domanda, soprattutto se riguarda voi stessi e cosa volete, provate a chiedervi anche se la risposta potrebbe esistere in un mondo dalle infinite possibilità. Mi sono accorta molto tardi di due cose importanti: che la mia indecisione in realtà mascherava la paura dei miei veri desideri, e che la mia confusione mentale che credevo fosse dovuta a qualche rotella fuori posto era invece dovuta alla mia educazione inesistente e il mio clima familiare instabile che mi ha distaccata completamente dai miei sentimenti e la mia interiorità.
A ventisei anni inizia il mio viaggio verso l'accettazione di cosa provo, di cosa voglio, e di dove voglio andare. Credo proprio che possa iniziare da qui, senza paura e senza vergogna. Giusto per rompere due pattern, così en passant, ma recuperando una vecchia pratica che mi faceva stare bene. In realtà non ho mai smesso di scrivere qui, ha continuato ad essere il mio diario fuori tempo massimo ai confini estremi di ciò che è moralmente accettato sul web. Penso che riprenderò a premere sul tasto pubblica ora, che riprenderò a buttare bottiglie nel mare con dentro i miei pensieri, i miei grazie, le mie disgrazie le mie maledizioni e i miei porchiddii. Che alla fine l'esistenza è ciclica e bla bla bla.
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corallorosso · 3 years ago
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Piccoli amori sfigati – Il rapporto dei ragazzi col sesso: ‘Ci ha stufato, la soluzione è abolirlo’ Con i miei studenti del corso di Illustrazione Ied, dopo aver scartato altri argomenti, abbiamo deciso di occuparci di sessualità per il lavoro di fine anno. In un vivacissimo brain storming, i ragazzi hanno proposto vari temi inerenti al loro rapporto con il sesso a 18 anni. Dopo un primo giustificato imbarazzo, si sono scatenati senza veli e con tanta ironia. Tanta è la voglia di parlare di sesso e dintorni con un adulto? È la prima domanda che mi sono fatta. Katia ha dato un titolo al suo lavoro: Fantasie sessuali proibite. “Per noi ragazze è difficilissimo svelare ai nostri compagni, maschi o femmine che siano, le fantasie più profonde… e io vorrei parlarne nel mio libro”. Marcello ha ipotizzato di creare un vero e proprio gioco di ruolo sulle malattie sessuali. “Gonorrea la vedo come un personaggio pericolosissimo perché molto resistente alle terapie. Me la immagino vestita di nero, con il cappuccio abbassato. Clamidia, sua sorella, non è meno minacciosa. Il manuale sarà corredato da una confezione di preservativi che potrebbe essere utile ai fruitori adolescenti del mio gioco… vede Prof, tra noi girano un sacco di malattie veneree e il mio libro potrebbe servire ai miei coetanei per riflettere”. Paola invece vuole occuparsi di una particolare forma di asessualità. Mi spiega come a volte il sesso sia un ostacolo in una coppia. “Addirittura un ostacolo? Perché?” mi stupisco. “Perché alcune ragazze come me hanno paura di non essere abbastanza ‘brave’ nella prestazione erotica, di essere banali o goffe, o senza fantasia. Di conseguenza il maschio può stufarsi e abbandonarle per andare con un’altra, magari meno amata, ma più esperta in giochi erotici”. “Ai maschi succede la stessa cosa?” domando. Matteo dice di sì, come altri compagni che annuiscono. “Anche per noi essere esperti in materia di sesso paga… se non sei bravo ti considerano uno sfigato. Le ragazze oggi sono così esigenti che l’ansia da prestazione è altissima e più ancora la paura di fallire”. Aiuto! Mi torna in mente il medico di base che mi confessò anni addietro di essere assalito da richieste di Viagra da sedicenni. “E dunque qual è la soluzione?” chiedo a Paola. “Semplice, abolire il sesso, stare insieme romanticamente come amici amorosi, uscire, andare al cinema, convivere senza ansie sessuali… così c’è la garanzia che sia amore vero, duraturo nel tempo. Per me conta soprattutto avere un compagno che mi ami per quello che sono, anche se non sono una pornostar… Dunque scriverò e illustrerò la mia storia personale su questo tema, se le va bene, Prof”. Mi va molto bene. Tre asessuali nel mio corso, per ragioni diverse, non sono pochi! E pensare che gli adulti si immaginano gli adolescenti come maniaci di sesso, videogiochi e droghe… Rifletto e discuto con i ragazzi se il motivo di questa disaffezione alla pratica sessuale non sia a causa dell’ipersessualizzazione della nostra società attraverso il porno, che è ormai una delle industrie più economicamente proficue del web. A nove anni puoi andare facilmente su YouPorn, basta mentire sul fatto che sei maggiorenne. E se i genitori ti bloccano con il parental control, il sabato pomeriggio vai dal primo amico che capita e a merenda ti guardi i video in santa pace. Ma – e questo è il punto vero – con reazioni spesso traumatiche. Oggi come oggi, la prima esperienza visiva erotica di un bambino può essere violenta, sessista e paurosa. Amare una donna o un uomo appare come qualcosa di oscuro, bestiale, meccanico. Con i genitori (sempre più timidi e silenziosi in fatto di educazione sessuale) non si parla, con i maestri idem e il sesso finisce per diventare un incubo da web, una fonte di ansia grave per i nostri ragazzi, apparentemente smart, indipendenti, aggressivi, ma in realtà fragilissimi e desiderosi di essere amati per quello che sono. (...) Li osservo e mi commuovo. La mano che brandisce matite e pennelli si scioglie, si scatena, perché prima ancora si sono scongelati cuore e cervello. A questo serve la scuola, rifletto. O no? Chiara , illustratrice e scrittrice
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dudewayspecialfarewell · 6 years ago
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Perché bevo
Non mi ricordo nemmeno la prima volta che mi sono sbronzato, ma fin da piccolo c’era alcool in casa. Mio padre non l’ha mai descritto come un piacere, come un momento piacevole, ma solo come un modo per fuggire da quella merda di vita. Da piccono non volevo fare come lui, non volevo mangiare salame né bere, per non dimenticare come facevano lui e mia madre, che dimenticavano in continuazione e  avevano paura del passato, del presente, del futuro e anche dell’imperfetto.
Durante le medie il sabato sera i miei amici uscivano a vedere le partite di pallavolo per vedere i culi delle tipe, mentre io restavo a casa. Avrò avuto 14 o 15 anni.  Facevo finta di guardare Superquark quando cercavo di girare su All music, dove girava un programma dal titolo M2 all shock, e aspettavo ore che tra i vari video musicali ne uscisse uno su cui segarsi, anche uno a caso. Mentre che aspettavo bevevo, con una bottiglia di birra nascosta dietro il mobile del televisore. La birra la inculavo a mio padre, ma era troppo evidente così prendevo l’alcool a 90 gradi e lo allungavo in un bicchiere di succo di frutta, e poi riempivo la bottiglia di alccol con acqua che tanto erano entrambi erano di colore bianco. Ricordo che mio padre scendeva le scale di case e rideva di me . Non era quello che io volevo, io volevo stare lì con gli altri a vedere la pallavolo con gli altri, era lui che decideva per me di tenermi rinchiuso in casa, semplicemente perché riteneva che farmi soffrire mi rendesse più forte. Forse aveva ragione, avrei dovuto mandarlo a fanculo e uscire comunque. Scappai di casa qualche anno dopo per andare a sbronzarmi con gli amici. 
Prima dell’ esame di tera media mi bombavo con dei bicchieroni di thé, caffè e Redbull. Valevano più o meno mezza pippata di coca. ne avevo bisogno, credevo di non essere abbastanza senza di essi. Ho sempre creduto di non essere abbastanza. Anche oggi se sono a casa non riesco a farne a meno, bevo almeno una se non due moke al giorno. Quello è un ambiente che mi offende che mi fa sentire inadeguato. 
A 16 anni mi aprirono in due con la prima operazione, a settembre c’era la festa  di un mio amico più grande in una casa in campagna. Dissi ai miei di accompagnarmi al punto di racconta due ore prima. Sapevo che si sarebbero scocciati e mi avrebbero lasciati lì. Sapevano chi era il festeggiato e volevano vederlo in faccia prima di lasciarmi. Non ho mai detto che i miei non mi volessero bene, ma erano un pò maldestri a gestire le cose. Dopo due ore e mezza mi passarono a prendere, i miei se n’erano andati già da un pezzo. Alla festa bevvi, quasi una cassa di birra, era settembre ma faceva caldo, erano passati circa due mesie mezzo dalla mia operazione, due settimane prima andavo ancora in giro con il bustino del post operazione e quella sera mi ero finito un’intera cassa di birra. Ero sbronzo. E felice. Non mi ero mai sbronzato così tanto in vita mia, ed ero enormemente soddisfatto della mia capacità di saper reggere l’alccol, è come avere un cazzo enorme ti garantisce di divertirti più degli altri se vai in spiaggia a sbronzarti con me bottiglie da mezzo litro a 50 cent. Infatti da grande il problema era che dopo essere andato in un ristorante di lusso, volevo sempre tornare in spiaggia col mio mezzo litro  di birra. 
Da quel momento sono stato sbronzo molte volte: ogni capodanno e ferragosto e quasi ogni fine settimana dai 16 anni fino ad oggi. Quando studiavo anche alcuni giorni infrasettimanali, per non prendere antidolorifici per la schiena. Mi piaceva buttarmi in un angolo buio da qualche parte, in un parco o in un porto e godermi la sbronza che saliva. E quanto cazzo ero felice quando ero sbronzo, non dovevo stare a pensare ai cazzi di casa, ad un mondo ingiusto. Capito ero solo io con i cazzi miei. Goccia dopo goccia, avevo bisogno di quella sostanza per andare avanti, e non era più la soddisfazione ma placare la mia sete a rendermi felice, raggiungere la felicità che avevo da piccolo in mezzo alle campagne era diventata una mera illusione, la normalità ora è il mio punto di arrivo. Due giorni fa una ragazzina di 16 anni mi ha detto che sono un deficiente a bere e fumare. Nelle ultime due settimane ho speso quasi 30 euro in tabacco e 10 in birra, e sto in Slovacchia dove un litro di birra costa tipo 0,50 cent. Ho 24 anni. Durante le mie due operazioni hanno usato su di me tutte le droghe\ farmaci possibili. Ho sperimentato la morfina, il valium, toradol, tavor, tachipirina, una sola volta la coca. E mi sento solo. Studio bene da solo, ma sono solo da una vita. Ho visto i tramonti più belli che si possano desiderare, ho visto città in fiamme, e gli abissi della notte di Praga, ho baciato i miei campi sperduti nella provincia, ho scalato montagne, nuotato il mare, attraversato oceani di fuoco in bici. Ma ero sempre da solo. E ora che l’alcool non mi fa più effetto, che bere wisky alle 9 di mattina non fa alcuna differenza col berlo alle 9 di sera, ora che i miei pensieri iniziano a sbiadire come foto ingiallite, mi rendo conto di aver vissuto una vita bellissima e di essere stato solo per troppo tempo. Chiudo gli occhi e immagino di ballare con scarcia sul terrazzo della mia camera a Praga al tramonto, con “Innocent when you dream “ in sottofondo. Abbiamo già ballato su quella canzone, tempo fa, in camera mia, in una brutta camera di periferia. Ma lei non potrà mai venire da me, lavora 12 ore al giorno per 600 euro al mese e non ha diritto alle ferie, aspetta che io la salvi, un giorno prima o poi, e intanto io sogno mentre il ginocchio di Francesca, con le cartilagini oramai andate, continua a tirare avanti, e a scaricare bancali. 
Quando ero adolescente una parte di me era maschilista, convinto che la donna fosse uno strumento da usare, che le donne fossero da scopare, le tette da succhiare. Poi si chiedono perché è importante fare educazione sessuale nelle scuole. A volte vedevo la mia ragazza del tempo come una birra come qualcosa da consumare, da bere, così lei diventava un oggetto che doveva darmi piacere, che doveva farmi la mia sega del sabato sera. In seguito lei mi disse di essere stata terrorizzata da questo mio atteggiamento.
A volte non ci dormo la notte pensando a quello che ho fatto. Non mi do più giustificazioni oramai, vorrei solo pagare sulla mia pelle i miei peccati, vorrei che fosse stillata un conto e poterlo pagare sulla mia pelle. Ho visto la morte in faccia troppe volte, la verità è che non ho più paura della morte, la vita mi fa ancora più paura, ma per un maledetto scherzo del destino continuo a vivere, e per confondermi bevo. 
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nanulster · 6 years ago
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Telecamere e cani antidroga a scuola: la sconfitta sociale
Negli stessi giorni ho letto prima uno stimolante articolo di Alessandro Moscè sul sito de L’Azione sulla scuola e poi un messaggio del Sindaco su Facebook a commento di un atto vandalico commesso ai danni di alcuni vasi e arredi sulla piazza davanti il Municipio.
Entrambi gli interventi hanno due tratti in comune: riguardano i giovani e propongono o approvano la stessa soluzione.
L’articolo di Moscè inizia proponendo una immagine molto suggestiva quando parla della scuola quale avamposto educativo dove non si devono incamerare solo nozioni. Ma oggi la scuola è quasi abbandonata nella sua missione educativa, assediata e minacciata fra le altre cose anche da comportamenti illegali e pericolosi come il consumo e lo spaccio di stupefacenti. Moscè aggiunge di essere contento dell’iniziativa del Ministero dell’Interno di investire sulla sicurezza nelle scuole apprezzando la presenza della Polizia e dei cani antidroga a scuola.
Il Sindaco invece, pubblicando una foto dei danneggiamenti compiuti durante la notte, informa che la soluzione sarà l’installazione di telecamere.
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Sorvegliare e punire sono ancora di moda
Chi sia anche appena abituato al tenore dei commenti dei girovaghi di internet, può facilmente immaginare il contenuto dei messaggi che sono seguiti all’intervento del Sindaco: tutti entusiasti e speranzosi di beccare gli incivili e punirli in modo esemplare.
Le telecamere sono una risposta inutile e sbagliata: questo è stato il mio commento al messaggio del Sindaco. Lo affermo perché la mia prospettiva è quella del legame comunitario e della evoluzione sociale: il mio è un approccio pedagogico perché non solo è stato il mio campo professionale per quasi dieci anni anche nella difesa penale minorile, ma perché sono convinto che sia l’unica sfida di cui una collettività civile dovrebbe farsi carico.
Il tratto comune fra i cani antidroga a scuola e le telecamere è la rinuncia della Comunità a qualsiasi forma di responsabilità, nonostante voglia farsi interrogare da questi fenomeni.
Si pensa che l’efficacia primaria di interventi di questo tipo sia la deterrenza ma la storia ci racconta che non è mai così. Quasi trent’anni di proibizionismo contro gli stupefacenti sono lì a dimostrarcelo: non sono leggi inutili ma forse addirittura dannose perché almeno trent’anni fa non c’erano droghe a scuola.
Le telecamere sono uno strumento formidabile per l’attività investigativa ma se non c’è un essere umano a guardarsi i video in diretta non c’è possibilità di intervenire tempestivamente e ridurre il danno. Le telecamere invece, sono il segno della rinuncia della comunità a raccogliere la sfida evolutiva, evitano il conflitto perché rinunciano a viverlo e perseguono un solo scopo: la vendetta penale. Il termine non è esagerato: la pena è la vendetta di una comunità nei confronti di chi l’ha offesa o danneggiata. La Costituzione auspica che la vendetta sia anche educativa e quindi evolutiva: la cronaca di questi giorni, il Governo che abbandona la riforma carceraria e anche il tenore della pubblica opinione rispetto a episodi di teppismo o di microcriminalità sono prove abbastanza evidenti di quanto resti della funzione della pena.
Il gesto educativo è gesto politico
Sorvegliare e punire sono utili solo al Potere e all’Autorità non ai cittadini né ai ragazzi.
Qui vengo al cuore del problema: la sfida educativa è responsabilità di un’intera comunità. Anzi, affermo che il grado di civiltà di una comunità si misuri nella qualità e efficacia della sua capacità educativa. Siamo continuamente immersi in una molteplicità di rapporti e di relazioni e le nostre azioni ci pongono continuamente in una circolarità educativa non solo nei confronti dei più piccoli ma anche dei nostri pari e di noi stessi.
Un fatto o un gesto diventa evolutivo se su di esso, anche da soli ma più spesso in relazione con qualcun altro, valutiamo e confrontiamo il nostro sistema di conoscenze e di valori per validarli o confutarli.
Validare o confutare il proprio sistema di valori e di conoscenze è un atto evolutivo: ci muove verso un grado superiore di benessere nel rapporto con sé stessi, con gli altri e con l’ambiente. Ma se tra me e gli altri o tra me e l’ambiente c’è un ostacolo sociale, economico, morale o fisico non avrò opportunità di evolvere.
Da più di dieci anni anche in Italia, sulla scorta di altre esperienze in Europa, gli interventi educativi sono diventati interventi di rimozione di ostacoli,  fisici e psichici. Oggi sappiamo che facciamo educazione quando aiutiamo noi stessi e gli altri a rimuovere un impedimento (in inglese, che qualche volta è più suggestivo dell’italiano, si usa il termine impairment, qualcosa che non rende le cose pari) che ci  impedisce di avere una relazione soddisfacente con il nostro ambiente. Per questo l’azione educativa, in quanto azione evolutiva è essenzialmente azione politica in quanto necessariamente azione di evoluzione sociale.
Per gli stessi motivi ridurre i rapporti sociali alla sola dimensione della repressione significa rinunciare a qualsiasi sfida evolutiva.
Ma meglio di me, sa dire Daniele Novara:
«Nella rincorsa esasperata alla sicurezza la telecamera rappresenta un modello di prevenzione basato sull’impedire l’atto, “visualizzando” e così individuando con precisione il colpevole. Ritengo che questa logica sia inefficace, dispersiva e anche antieconomica, in quanto il presupposto dell’impedire di fare del male si scontra con la realtà in cui, una volta che il male è fatto, restano solo i danni. È un’ottica poco evolutiva: invece di sviluppare apprendimento intorno alle regole [...] si parte unicamente dal presupposto che le regole saranno infrante e che sia fondamentale sviluppare deterrenti per impedirlo. Queste due dimensioni ci devono essere entrambe e forse la prima è la più importante. Occorre allora progettare una prevenzione che costituisca le condizioni perché le persone imparino a esprimersi con gli altri, vivendo le proprie relazioni conflittuali senza il bisogno di fare violenza. [...] In questa prospettiva il modello della lettura delle situazioni basato sulla ricerca del colpevole e su una lettura solo causalistica di quello che sta avvenendo non risulta efficace»
(D. Novara, La grammatica dei conflitti, 2011).
Idee per una politica evolutiva
Allora un paio di idee.
Sugli stupefacenti a scuola, non c’è nulla da inventarsi ma guardare a chi ha già fatto e che raccolgo nella parola “istruzione”, con un pelo di polemica con il Galimberti citato da Moscè. A scuola si spieghi cosa sono le sostanze psicoattive anche da una prospettiva antropologica: mettiamo l’elefante in salotto (direbbero gli inglesi) non nascondiamo il problema ma studiamolo, approfondiamolo. Parliamo anche di alcool, di sigarette, di ludopatia e (finalmente!) di sesso! Forniamo informazioni e sollecitiamo domande, rimuoviamo ostacoli e barriere e i nostri ragazzi prenderanno da soli la strada che darà loro una vita piena e soddisfacente.
Contro gli atti di teppismo invece c’è da inventare qualcosa di più: partendo dalla piazza dovremmo pensare ad abitarla di più e perciò renderla meno brutta (impresa ardua). Innanzitutto smantellare il ponteggio che dà alla zona già lugubre un senso di minacciosa precarietà. Affidare ai cittadini la cura dei vasi, portare le piattaforme dello skate park che sono oggi al CAG ma poco usate, organizzare eventi, portarci i mercatini di Natale e così via: propongo di sostituire la “sorveglianza” elettronica con la “presenza umana”, moltiplicare le opportunità di relazioni e di incontri.
Non termineranno gli atti di teppismo (ma credere che lo facciano le videocamere è ovviamente ingenuo) né avremmo sconfitto il traffico illegale di stupefacenti. Ma almeno non avremmo abbandonato la sfida e avremmo fatto l’unica scelta che può fare una comunità che non voglia sfaldarsi: evolversi verso il futuro.
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novalistream · 4 years ago
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“Mi ha drogata e poi stuprata. Non credo che riuscirò mai a dimostrare quello che mi ha fatto” Arrivano senza fare rumore in cronaca né contano nella statistica; al ritmo di circa uno al mese, sono racconti, brevi o più lunghi via mail, di donne che non conosco e che mi scrivono della violenza subìta da parte di uomini. Uomini conosciuti, vicini, frequentati da più o meno tempo ma certamente non sbucati dal vicolo buio una notte all’improvviso. (...) Sono soprattutto il senso di solitudine, corollario del temere di non essere credute, e l’isolamento, attuato talvolta da parte dalle altre donne, i pesanti fardelli emotivi con cui chi ha subìto violenza convive. (...) “Sono Nora (nome di fantasia), ho 35 anni, ho conosciuto Renato (nome fittizio) qualche anno fa in palestra. Mi sembrava un uomo serio, dai modi garbati. Abbiamo sempre parlato del più e del meno, non ha mai fatto una sola allusione sessuale. Una sera mi invita per un aperitivo. Avevo sempre rifiutato altri inviti ma questa volta, forse per colpa del lockdown e la maggior voglia di uscire anche se non sono attratta da lui, penso che può essere interessante come persona e quindi perché no?" "Ci vediamo in un locale: parliamo di sport e di cinema di cui io sono appassionata. Mi lascio sfuggire che c’è un film del mio regista preferito che voglio vedere da parecchio tempo ma che proprio non riesco a trovare. ‘Ce l’ho io, te lo presto’ risponde. Non posso credere alla mia fortuna. Proprio quel film che cerco da tanto. Sono così entusiasta e mi fido di lui: è benvoluto in palestra da tutti, mi invita a salire a casa sua per prendere il film, non ho dubbi e salgo. Sono seduta sul divano quando mi piazza un limoncello sul tavolino. ‘Questo lo devi bere, lo faccio io, sennò mi offendo’. Prendo un sorso. ‘Dai finiscilo’. Non vorrei finirlo ma per mera educazione lo faccio. E poi vedo tutto sfocato. Alcuni colori della tv mi appaiono vividi, quasi fosforescenti: è una sensazione strana, mi sento ‘estraniata’ dal mio corpo”. Da quel momento il racconto di Nora diventa il copione di un incubo, i ricordi sono tutti legati alla mancanza di padronanza di se stessa. Fino al risveglio, che rende chiaro che per molte ore è stata incapace di avere il controllo perché è stata drogata. In ospedale, dove si reca dopo due giorni per avere la prova della sostanza nel sangue le analisi per il Ghb (la droga dello stupro, della quale spesso si parla in occasione di abusi sulle ragazze molto giovani, versata nel bicchiere in discoteca o alle feste) l’analisi risulta negativa: purtroppo se non viene effettuata entro poche ore le tracce scompaiono. Ora Nora, dopo essersi consultata, sta valutando la denuncia. “So quello che mi ha fatto e sono certa che non l’abbia fatto solo a me. Non pretendo di essere creduta sulla parola. Non credo che riuscirò mai a dimostrare quello che lui mi ha fatto e trovare un’altra vittima di questo uomo, che sono certa sia un predatore, perché se ha usato questa tecnica con una di certo l’avrà fatto anche con altre e si sentirà potente grazie all’impunità. Vorrei però che ci fosse informazione su questo tipo di violenza: che si sapesse che può drogarti una persona che conosci (la stampa troppo spesso racconta di questi stupri come se potessero avere luogo soltanto in discoteca e ad opera di uno sconosciuto). Vorrei anche che si sapesse che queste droghe non necessariamente addormentano e inducono passività: il Ghb e Mdma producono aumento della libido, annullano i freni inibitori e creano chimicamente empatia, per cui la vittima non si sottrae alla violenza e appare consenziente”. Pur se in buona fede talvolta si suggerisce a chi ha subìto violenza di dimenticare. Ma dimenticare, ammesso che si possa, o minimizzare (perché sei salita? Almeno non ti ha fatto del male fisico. Spero tu abbia imparato la lezione. Ci potevi pensare prima) corrisponde a invisibilizzare la violenza, di fatto negandola. Dando così potere a chi abusa, avvalorando la cultura della sopraffazione, diventando complici. Uscire dal silenzio è il primo, fondamentale passo da compiere. Tutte e tutti insieme. Monica Lanfranco
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itslucycarter-blog · 5 years ago
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Bodybuilding vietato a Cuba?
Cinque giorni dopo la competizione e dopo sei mesi di organizzazione, hanno dovuto sospenderla. Senza il supporto di nessuna istituzione, avevano realizzato medaglie, trofei e ottenuto le luci e lo scenario. Gli atleti provenienti da tutto il paese - Roly stima che ne siano rimasti piu di 40 - con i biglietti ritirati e quasi perso un anno di allenamento speciale.
"Sono indicazioni dall'alto," gli fu detto a teatro di informarli che non avrebbero piu concordato la sede molti giorni prima. Rolando HernáNdez Forcelledo, Roly, ha poi dovuto spiegare ai partecipanti e poi, via radio, alle persone che stavano aspettando: non ci sarebbe stato il Campionato Nazionale di Bodybuilding, almeno non a Pinar del Río non a novembre.
“Gli atleti erano sconvolti, perche immagina se te lo dicessero dopo un anno di preparazione, di allenamento. Lo avevamo annunciato alla radio; il cinema lo ha messo sui loro striscioni, e persino Sabado Deportivo, di Radio Guamá, avrebbe fatto una trasmissione in diretta dal luogo, "lui dice.
Ma prima del rifiuto presso le strutture culturali, c'e stato un primo contatto con l'Istituto Nazionale di Sport, Educazione Fisica e Ricreazione (Inder). Fu proprio li che iniziarono gli ostacoli che portarono alla sospensione. L'Inder non ha mai riconosciuto la Cuban Bodybuilding Association come ufficiale, nonostante i suoi tre decenni di esistenza. Ma il campionato si e svolto in un altro posto e in un'altra provincia, perche l'idea era sempre quella di competere.
Breve storia del bodybuilding a Cuba
La palestra di Mandy e una delle palestre piu famose dell'Avana e non sembra mai vuota. Il suo proprietario, Armando Yera Godoy, era il campione nazionale di bodybuilding e presidente dell'associazione.
Armando conosce gran parte della storia del bodybuilding a Cuba. L'Associazione, dice, nasce negli anni '80 quando iniziarono i campionati nazionali e provinciali, prima che non fossero organizzati.
Le competizioni nazionali si sono svolte durante questi anni in varie province, tra cui Pinar del Río, dove si svolgera l'evento del 2017. Gli eventi hanno anche raggiunto importanti teatri e altre strutture sull'isola. Nelle province, almeno sotto il mandato di Yera. Si sono tenute assemblee di coordinamento.
“In ogni luogo c'e la rappresentazione dei nostri atleti, che pur non essendo riconosciuti, hanno mantenuto quella passione. Ecco perche abbiamo ottenuto questo riconoscimento, non solo da un punto di vista competitivo. E stato persino valutato che i bodybuilder cubani potrebbero vincere eventi internazionali. Il bodybuilding ha creato una nuova immagine nella societa, e stato in grado di essere portato ai media e di avere un impatto, per promuovere i nostri eventi. ”
Secondo Yera ad un certo punto c'era una vicinanza tra l'Inder e l'Associazione. “Nel periodo che ho guidato, abbiamo avuto ottime relazioni con il Dr. Gladys B.écquer, vice presidente di Inder, e il resto del gruppo di educazione fisica e promozione della salute, che ci hanno partecipato direttamente. Abbiamo anche partecipato a concorsi alla Casa de la Música, eméTeatro Rica e Teatro Mella ...
“Ci ha sempre chiarito che non sarebbe stato uno sport riconosciuto per loro, ma non e mai arrivato al punto di dirci che non ci avrebbero permesso di competere. Al contrario, abbiamo raggiunto accordi e diventiamo parte di quella famiglia. Quindi il bodybuilding ha perso il controllo, "dice Armando.
Cosa e successo a Pinar del Río?
Alcuni anni fa, Roly ha riorganizzato il campionato provinciale a Pinar del Río. Il successo del primo e cresciuto con le seguenti edizioni e ora il bodybuilding riempie i teatri e attrae un pubblico li.
Ma organizzare le giostre nazionali erano parole piu grandi. Roly ha promosso l'evento come ogni anno, commissionando nick e trofei agli artigiani e ha deciso di trasferirsi in un cinema piu grande, Praga.
“Volevamo fare qualcosa di simile a un evento panamericano e ci aspettavamo non meno di 2000 persone. Anche il gruppo Palmares avrebbe supportato noi e un lavoratore autonomo che organizza telefoni cellulari, Trac M.óvil, ci avrebbe fatto un regalo ", dice.
Tuttavia, pochi giorni prima ha ricevuto una chiamata dall'Inder provinciale per un incontro. In questo erano interessati alla competizione, ma gli dissero anche che avevano istruzioni superiori sul non tenere l'evento; anche se gli dissero che non c'era nulla che potessero fare per fermarlo, perche non sarebbe stato ne nelle sue strutture ne con il supporto dell'Inder. Ma piu tardi, a Praga gli spiegano che, per ordini superiori, non potevano piu usare il teatro.
"Non avevamo spiegazioni" lui dice.
L'opzione di risparmio era Caimito, ad Artemide, in un teatro piu piccolo. Li hanno gareggiato in sette divisioni e un Gran Premio e sono state distribuite medaglie e trofei.
“Dal 2002 non c'e stato nessun evento a Pinar. Devi aver parlato per vedere come sarebbe potuto succedere. Gli atleti perdono denaro con la preparazione, perche spendono molti soldi a seconda dell'evento, della dieta, degli integratori che acquistano. Molti ragazzi hanno perso i loro biglietti da Santiago de Cuba, "dice Roly.
La lettera e la risposta di Inder
Roly afferma che il divieto proviene dalle alte sfere dell'Inder. OnCuba aveva accesso a una fotografia fatta a una lettera della Vice Presidenza dell'Inder per la cultura fisica ai direttori provinciali dello sport. In questo, e richiesto "le misure appropriate devono essere prese nel loro territorio in modo che non vengano proseguite o che si sviluppino", facendo riferimento alle competenze del Bodybuilding.
La lettera parla dello sviluppo di "eventi sportivi ricreativi non autorizzati", particolarmente "quelli che sono progettati da palestre per conto proprio, attivita che non sono assegnate."
L'Associazione Nazionale di Bodybuilding, avverte, "non e riconosciuto dalla Legge 54 delle Associazioni cubane, in altre parole agisce illegalmente."
Poi dice: "Queste informazioni devono essere inviate al Consiglio di amministrazione per avvertirli in merito e persino alle direzioni provinciali della cultura dove oggi i teatri vengono utilizzati come location per questi eventi."
L'Inder ha rifiutato di rispondere alle domande sulla sua relazione con il bodybuilding.
Nel dicembre 2015 OnCuba chiese Jorge Luis Barcelán, commissario nazionale per il sollevamento pesi, la possibile relazione tra le due discipline, con molti punti in comune.
“Non siamo in disaccordo con la pratica del bodybuilding o con altre modalita che si sono diffuse. E vero che usiamo mezzi simili per allenarci, come dischi e barre, ma i sistemi di allenamento, gli obiettivi e la competizione sono diversi, quindi non li consigliamo. Anche, nel tuo caso, le divisioni sono diverse da quelle del sondaggio. Nel bodybuilding si cerca l'ipertrofia, si preparano a insegnare la bellezza del corpo, mentre misuriamo la quantita di peso che viene sollevata, per non mostrare nulla.
“Non c'e stato alcun approccio con loro. I regolamenti della nostra Federazione Internazionale non consentono di intromettersi in questo tipo di attivita; Inoltre, a causa delle differenze nei metodi e poiche non disponiamo di una preparazione adeguata per loro, non lo facciamo. Tuttavia, se ci chiedi qualche consiglio, aiutiamo il piu possibile perche abbiamo buoni rapporti. Ne conosco molti. Nel caso delle medicine e qualcos'altro. E probabile che utilizzino droghe diverse dalla nostra, che nella loro federazione non sono vietate, "spiego allora.
"L'Inder sapeva che eravamo vivi e ci hanno lasciato. Non spendiamo il loro budget, non organizziamo eventi nelle loro strutture. Con questo insegniamo nuove attivita ai giovani, perche i giovani che entrano in teatro molti lasciano il desiderio di esercitare, "dice Roly.
Il problema del doping e uno degli aspetti negativi che vengono evidenziati nel bodybuilding. Ma questa non e una questione esclusiva, perche si trova anche in altri sport.
“Ogni sport ha un lato oscuro. Ma ben praticato, con controllo e trasparenza, e salutare e contribuisce alla societa. Il bodybuilding offre ai giovani il tempo libero di usarlo in modo sano e incoraggia lo sviluppo di abilita sportive per altre discipline, comprese le alte prestazioni. Ma l'Inder con tutta la sua ragione esige perche e l'organismo dello sport cubano ”, afferma Armando Yera.
"Esiste il doping, ma due entita fondamentali per questo tipo di problema potrebbero essere la medicina dello sport e l'Inder. Potrebbero fare profilassi con noi. Se si stanno facendo cose buone, vediamo quelle cattive, quelle che devono essere cambiate. Ma devi contattare l'Associazione. Questo non e disorganizzato perche chi non possiede un certificato che ha gareggiato nel provinciale non compete nei cittadini, "dice Roly.
Ma l'ombra degli anabolizzanti nel bodybuilding professionale non sembra collaborare con la sua accettazione da parte delle autorita dell'isola, perche e molto popolare tra i dilettanti. Esiste una Federazione internazionale di bodybuilding e fitnees che mira e e riuscita a inserire lo sport in molteplici eventi internazionali, come gli Asian Beach Games.
Per questo ha cambiato i suoi metodi e ha iniziato ad applicare i controlli antidoping. Si pubblicizza come a "firmatario per l'Agenzia mondiale antidoping" e mette alla prova i suoi eventi internazionali contro le sostanze vietate. Hai registrato 182 federazioni nazionali sulla tua pagina. E l'Associazione cubana, sebbene non riconosciuta sull'isola, lo e incluso in quell'elenco.
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pangeanews · 5 years ago
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“La storia dell’arte, spesso, è stata scritta dai mercanti. Io cerco i perduti, i perdenti, chi vive in mondi paralleli”: dialogo con Alfredo Accatino, cacciatore di artisti dimenticati
C’è qualcosa di accattivante, di pretestuoso, di presuntuoso, di demonico, ma per lo più di romanzesco nell’idea che l’opera corrisponda alla vita dell’artista, che forma e carne siano consustanziali, che lo ‘stile’ sia, soprattutto, l’esisto di una estetica del vivere. Alfredo Accatino, che di mestiere – leggo la dida diffusa dall’editore – “è uno dei più noti e premiati creativi italiani”, cattura artisti insoliti, insolenti, sovente sfigati; soprattutto, acchiappa storie, vite bruciate per eccesso di intensità, per indisciplina, per disgusto verso le norme, perché tutti i treni buoni sono passati e non ti è rimasto che gettarti sotto l’ultima locomotiva. Così, Outsiders 2 (Giunti, 2019), secondo volume di un album catastrofico e affascinante “di artisti geniali che non troverete nei manuali di storia dell’arte”, comincia con un testo che è anzi tutto un manifesto. Intanto: “L’arte non esiste esistono le persone”. Poi: “l’arte può esprimersi in qualsiasi forma e categoria espressiva, la creatività se ne infischia delle distinzioni”. Inoltre: “gli Outsiders sono perdenti per definizione. Non scelgono mai i luoghi e le date giuste per nascere, creare, amare, morire. Vivono in mondi paralleli. E hanno sempre l’indirizzo sbagliato”. Accatino, accattivante, sceglie storie che sono ‘da film’, coltiva la ‘sindrome di Ettore’, la nostra atavica simpatia per lo sconfitto, per chi dalla tribuna del niente edifica una metropoli di abbagli, di fraintendimenti. Così, Accatino fila la storia di Harue Koga, figlio di un sacerdote buddhista, tramortito dal dolore – la morte dell’unico figlio, quella dell’amata –, pittore “fortemente influenzato dalle avanguardie europee”, amico dello scrittore premio Nobel Yasunari Kawabata, definito, a posteriori, “il David Bowie della pittura giapponese”. E poi c’è Deiva De Angelis, che dipingeva sui cartoni, morta poverissima; e Pan Yuliang, raffinata artista cinese che fu prostituta ed è sepolta a Montparnasse; e Alfonso Ponce de León, amico di Salvador Dalí e di Picasso e di García Lorca, reclutato nella Falange spagnola, di cui il fratello è comandante militare, ucciso dai ‘rossi’ nel 1936, non prima di aver dipinto la sua morta in un quadro intitolato Accidente. Poi c’è Robert Lenkiewicz, l’artista che nel 1981 “falsifica la propria morte”, muore (davvero) nel 2002, lasciando undici figli riconosciuti, tre mogli e “circa tremila donne che potrebbero aver avuto rapporti sessuali con lui e, quindi, altri figli”. C’è l’inglese John Currie che nel 1914 uccise sé e la sua modella, Dolly Henry, “lasciva e possessiva all’ultimo grado”; c’è “il re dei falsari”, Eric Hebborn, ma pure Nicolas De Staël, uno strappo alla regola, artista d’assoluto genio, figlio di un barone russo, arruolato nella Legione straniera, prima moglie morta di denutrizione, che si uccide all’apice della sua ricerca creativa (“Il suo suicidio ci ha lasciato perplessi. Come spiegarlo? Lo straordinario non ha bisogno di commenti”, ha scritto Cioran di questo “specialista della vertigine”). Ce ne sono molti altri. Lo schema è il consueto: vite eccessive – nell’abuso della vitalità o nella rinuncia –, opere equivalenti & radicali (ma l’agiografia del perduto risorto in gloria vale solo per Van Gogh), delega all’oblio. Leggendo Accatino vien voglia di parteggiare per questi outsiders, dar loro fede, cingerli in un abbraccio. (d.b.)
Come sempre, lei gioca sull’eccesso, sull’estremismo, sul paradosso. Segnalando, però, una cosa vera&santa: i geni sono un’eccezione. Per il resto, l’arte è fatta da “chi non ha mai vinto”, dai “perdenti per definizione” che “vivono in mondi paralleli”. Ora. Perché occuparsi di Outsider: per vizio, per diletto, per desiderio di scoop?
Se dovessi rispondere solo all’ultimo quesito potrei dire, con eleganza: “per curiosità, per amore dell’arte, per desiderio di giustizia, perché ho scoperto un’area che attendeva solo di essere esplorata che mi permetteva di piantare per primo la bandierina, in pieno spirito di frontiera”. Ma non sarebbe esaustivo.
Abbiamo tutti gli occhi, ma sono convinto che dovremmo usare un po’ di più il cuore e la nostra testa anziché seguire solo il mainstream, che ci indica i nomi da omaggiare quelli da vedere al museo, disdegnando gli altri. Oggi chi compra sempre meno arte, verifica prima su artprice le quotazioni in asta. Eppure io, che colleziono da sempre, ho in casa alcuni pezzi del tutto anonimi, o di autori “cosiddetti minori”, che mi parlano e mi emozionano molto più di maestri blasonati, e mi piace che siano vicini, così possono litigare tra loro. La storia dell’arte, purtroppo, è stata scritta spesso da mercanti. È venuto il momento di rimettersi a cercare, e di raccontare storie umane e artistiche che hanno capacità di stupire, rappresentative di tanti malesseri di un secolo come il ’900, dall’eccidio degli armeni alle droghe sintetiche. E in questo internet è il cavallo migliore per iniziare il viaggio.
Hilma af Klint (1862-1944), nel suo studio, nel 1895: “ci obbligherà a riscrivere i libri di storia dell’arte”, dice Accatino
“L’arte non esiste esistono le persone”, scrive lei. Io ribatto, di un artista m’importa soltanto l’opera, che sia sfigato o fichissimo poco m’importa. Il suo libro non eccede forse di biografismo, fregandosene dell’unica cosa che conta e che resta, l’arte? Si difenda, mi sconfigga. 
Bella provocazione, accetto la sfida.
La mia è una scelta ragionata. È un libro a tesi, che utilizza la biografia e un approccio sicuramente letterario per raccontare anche pezzi della nostra storia, e presentare immagini mai viste, prodotte in precisi contesti e per precise motivazioni, scavando nella identità psicologica di ogni artista. E ogni autore che ho inserito, partendo da una selezione tra altri centinaia, ha prodotto sicuramente opere di grande qualità, o offerto contributi importanti e dimenticati. E poi, diciamoci la verità, quanto del successo commerciale di Van Gogh, non è anche figlio della sua triste avventura umana? Guardi ad esempio il lavoro di Marie Blanchard, un’artista spagnola colpita duramente nel fisico che ha realizzato alcuni dei più bei quadri cubisti del proprio tempo, ma che nessun studente citerebbe. Io ho solo voluto offrire, di ognuno di loro il mio punto di vista interpretativo. Poi, ognuno può iniziare da qui il suo percorso sotto il profilo puramente storico-estetico. Ma non capire che tutta l’arte di Arshile Gorky nasce dal dolore della propria infanzia, sarebbe un grave limite.
Domande spot (con giustificazione, però). L’artista che si è divertito di più a ritrarre. L’artista che le ha dato sui nervi. 
Ho approfondito molto, anche per progetti futuri, la storia del Bauhaus, e due geni (indiscussi), una volta approfonditi nel dettaglio mi hanno fatto letteralmente incazzare. Penso a Johannes Itten, uno dei grandi maestri del colore, che in realtà applicava sui suoi studenti una rigida educazione, detta Mazdaznan, ispirata a una setta religiosa che obbligava a riti ispirati al sole alla antica cultura persiana, ma che in realtà predicava la superiorità ariana. O Raoul Hausmann, uno dei maestri DADA (celebre la sua testa di manichino), così avanti da rivoluzionarie l’arte, ma non abbastanza da rispettare la sua amante, la grandissima Hannah Höch, negando la possibilità di abbandonare la moglie e rinnegando il suo status di artista.
L’artista che ama in modo ingiustificato.
Il giapponese Harue Koga, che all’inizio del secolo scopre l’arte occidentale, e anziché fare il monaco, come vorrebbe il padre, capo di un importante santuario, corre di nascosto al porto di Tokio per comprare dai marinai le riviste europee, che legge e ritaglia.
L’artista davvero sottovalutato. 
Sicuramente Hilma af Klimt, che obbligherà a riscrivere i libri di storia dell’arte, svedese, minuta, che ha realizzato tele immense, astratte, ancora prima di Kandinskij sulla scia dell’esoterismo. Quello che ho anche toccato con mani, e che trovo che sarebbe veramente illuminante da esplorare in un rapporto tra critica dell’arte e antropologia, è perché le origini dell’arte astratta si collochino sempre nell’estremo nord dell’Europa, in un unico filo conduttore che unisce, con storie differenti, August Strindberg (scrittore e pittore da riscoprire), Hilma af Klimt, Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Kandinskij in un arco di pochissimi anni.
L’artista più strampalato. 
George Edgar Ohr (1857-1918) un ceramista americano visionario, nel profondo sud, avanti rispetto a Lucio Fontana di 50 anni, capace però di creare selfie bizzarri come mai nessuno aveva fatto prima divertendosi sempre a provocare.
L’artista che le è apparso come una inattesa sorpresa. 
Non un solo, ma due, i fratelli Michahelles, Ernesto (in arte THAYAHT) e il fratello Ruggero Alfredo (R.A.M) genericamente conosciuti come esponenti del futurismo, in realtà studiandoli degli autentici geni, gli ultimi eroi rinascimentali, gli inventori della TuTa. Cercateli in rete, scoprirete che sono stati pittori eccelsi, ma anche architetti, stilisti, pubblicitari, fotografi, inventori, scrittori, i primi ad affrontare il tema degli extraterrestri.
L’artista, al contrario, che meriterebbe una grande mostra.
Non uno, ma tutti. Ho sviluppato il concept per la Mostra Outsiders, capace di unire opere al racconto delle storie a oggetti privati. E sto cercando di montarla anche con respiro internazionale.
L’artista che l’ha commossa. 
La pittrice Deiva De Angelis, attiva nella Roma di inizio secolo, della quale sino a poco tempo fa non si conosceva neanche la data di nascita, morta giovane e così povera, dopo essersi affermata, da essere seppellita nella fossa comune.
Alfonso Ponce de León, “Autorretrato” (o “Accidente”, 1936: “del suo lavoro sono rimaste poco più di 20 tele, perché morirà pochi mesi dopo, a 30 anni, per un regolamento di conti politico della Guerra di Spagna”
L’artista che avrebbe voluto conoscere. 
Stefano Tamburini, e poter vivere con lui e il suo gruppo gli anni liberi della satira e della controcultura de Il Male e Frigidaire, prima che il conformismo ci mettesse il bavaglio.
L’artista di cui regalerebbe un’opera al suo migliore amico. 
Alfonso Ponce de León, del suo lavoro sono rimaste poco più di 20 tele, perché morirà pochi mesi dopo, a 30 anni, per un regolamento di conti politico della Guerra di Spagna. E il resto va disperso. Ma ha due quadri di cui sono pazzo esposti al Museo Reina Sofia di Madrid.
L’artista che è un emblema del nostro tempo.
Eric Hebborn. Il re dei falsari della seconda metà del XX sec. trovato morto a Roma in circostanze misteriose. Perché solleva chiaramente il tema del nostro tempo, tra vero, falso, verosimile.
Per inciso: installa negli Outsider un autentico genio come De Stael, perché?
Perché in ogni volume ho scelto di inserire un autore famoso, di cui però, si ignorano spesso i malesseri profondi, che possono secondo me dare nuova luce alle loro opere.
L’artista che, in effetti, merita l’oblio in cui è caduto. 
Urca. Cattiva questa. Ma non la passo, come voler colpire sulle mani chi si è aggrappato a un asse di legno. Getto però una ombra su Walter Spies, creatore della nuova arte balinese, o pericolo predatore pedofilo.
L’artista che si è tenuto come asso nella manica, da decrittare nel prossimo libro. 
Uno? Direi che 36 nomi sono stati già identificati, poi vedremo.  Tra loro una pittrice giapponese a Catania, i fratelli russi re dei poster, una scultrice di colore per metà pellerossa che ha vissuto a nella Roma Umbertina, la figlia della regina mondana dell’arte, e altre storie che non potete immaginare.
Se dovessi definire una mappa degli autori parlerei di:
Quelli che non ce l’hanno fatta.
Quelli che ce l’hanno fatta e si sono distrutti.
Quelli che potevano farcela e la storia li ha annientati.
Quelli che erano troppo avanti o troppo diversi per poter essere assimilati.
Quelli che sono rimasti soli.
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italianaradio · 5 years ago
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GIORNATA MONDIALE CONTRO LE DROGHE L’appello di Guido Leone
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GIORNATA MONDIALE CONTRO LE DROGHE L’appello di Guido Leone
GIORNATA MONDIALE CONTRO LE DROGHE L’appello di Guido Leone
R. & P.
Mercoledì 26 giugno  si celebra la XXXII  Giornata Mondiale contro il consumo ed il traffico illecito di droga” indetta, sin dal 1987, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite  per ricordare l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di creare una comunità internazionale libera dalla droga. Ma come ogni anno ci interroghiamo perché oggi sul tema delle dipendenze continua a gravare un deficit d’informazione e di prevenzione.
Questo avviene perché l’uso delle sostanze è entrato in parte nelle maglie della compatibilità del sistema  e perché non c’è un vero interesse nei confronti dei consumatori e dei tossicodipendenti, che vengono considerati principalmente come un problema. Questo mentre il fenomeno continua ad esserci e a manifestarsi in forma sempre più grave e ci deve costringere ad aprire di più gli occhi iniziando a guardare dentro la nostra città, ascoltando con maggiore compartecipazione gli operatori pubblici e privati del settore dipendenze e, ancor di più, i tanti genitori e giovani che il problema lo vivono in prima persona.
La cannabis rimane la sostanza illegale più utilizzata nella vita dagli studenti tra i 15 e i 19 anni, seguita, nell’ordine, dalle nuove sostanze psicoattive (NPS), spice, cocaina, stimolanti, allucinogeni ed eroina. È quanto emerge dalla Relazione annuale al Parlamento 2018 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, curata dal Dipartimento per le politiche antidroga. Il confronto con i risultati delle precedenti rilevazioni evidenzia come negli ultimi cinque anni il consumo nel corso della vita sia leggermente aumentato, mentre per le altre forme di consumo si è assistito a una sostanziale stabilizzazione. I dati rivelano che il 33,6% degli studenti (circa 870.000) ha utilizzato cannabis almeno una volta nella vita, il 25,8% (circa 670.000) ne ha fatto uso nel corso del 2017, il 16,4%, (circa 420.000) ha riferito di averla consumata nel corso del mese di svolgimento dello studio e il 3,4% ha dichiarato di averla consumata frequentemente (20 o più volte nell’ultimo mese). Gli studenti che riferiscono di avere sperimentato la cocaina almeno una volta nella vita sono poco più di 88.000 (3,4%), 49.000 quelli che ne hanno fatto uso nel corso del 2017 (1,9%) e quasi 33.000 quelli che l’hanno usata nel mese antecedente la compilazione del questionario (1,3%). L’1,1% degli studenti (circa 28.000) riferisce di aver fatto uso di eroina almeno una volta nella vita; lo 0,8% (oltre 20.000) l’ha assunta almeno una volta nel 2017 e lo 0,6% (15.500) nel mese precedente la compilazione del questionario.
Il problema della droga e dell’alcool non risparmia neanche la nostra regione:la cocaina è di sicuro la sostanza che più si sta diffondendo. Sotto osservazione è anche l’eroina perché le stime ci dicono che il consumo è in lenta ma continua crescita. Cannabinoidi ,crack e alcool chiudono un quadro davvero desolante  che riguarda giovani e meno giovani.
Dalla citata relazione emerge che presso i 16 Ser.d calabresi gli utenti in carico nel 2017 sono stati 290 e quelli già in carico 1021 , mentre nelle 19 strutture socio- riabilitative del privato sociale gli utenti in carico nel 2017 sono stati 290 e quelli già in carico 1021.
Alla diffusione delle droghe “da prestazione” si affiancano forme di dipendenza più sottili ma non meno dannose. Ecco allora il triplicarsi in questi ultimi anni dell’uso degli psicofarmaci e degli antidepressivi, l’approccio sempre più precoce all’alcool come veicolo di stordimento,il diffondersi della bulimia e dell’anoressia,disturbi alimentari che nascondono problemi di relazione col proprio corpo e con una immagine di sé che i modelli consumistici vorrebbero ingabbiare in una esteriorità superficiale e anonima. Ecco il sempre maggiore ricorso ai giochi d’azzardo, alle scommesse,alle lotterie. Una sorta di tassa sulla povertà con una ampiezza di offerta tale da favorire gli abusi,la perdita del controllo,la dipendenza.
Nella nostra regione è in atto una riduzione generale del volume massimo di prestazioni erogabili previste negli accordi contrattuali con il privato accreditato, ma tale riduzione, per le Comunità Terapeutiche che già da sempre lavorano sotto soglia minima, incide pesantemente sul sistema, sia in termini di sostenibilità, sia, purtroppo, di qualità del servizio reso, con ogni immaginabile conseguenza nei confronti del cittadino.
Le nostre comunità terapeutiche sono in balia di budget finanziari sempre più ridotti  con il risultato paradossale di una nuova creazione di liste di attesa per l’inserimento in comunità, non a causa della mancanza di posti ma per la carenza di fondi.
A ciò si aggiunge la prassi consolidata dell’enorme ritardo con cui vengono retribuit e le comunità terapeutiche operanti sui territorio reggino e calabrese: le giuste spettanze sono attese dal mese di maggio del 2018, oltre un anno fa. Una situazione a dir poco paradossale che però sta mettendo in ginocchio un intero settore
Peraltro, nel momento in cui sono tagliati i fondi sociali è chiaro che il tema della prevenzione e del reinserimento, l’inizio e la fine, cioè, della filiera sociosanitaria del circuito della tossicodipendenza, sono pesantemente ridimensionati. La stessa prevenzione in Calabria  è praticamente azzerata. E azzerando la prevenzione e i servizi per la cronicità e quelli di bassa soglia  ci ritroviamo con un vero allarme sociale.
Parlare di dipendenze, oggi, significa porre l’attenzione sul deficit educativo e culturale, perché dietro le dipendenze c’è spesso un vuoto di relazione, di riferimenti, di conoscenza. Significa anche denunciare la riduzione e in certi casi l’azzeramento delle politiche sociali e la ricaduta sulle persone in difficoltà come su chi opera nei servizi.
Significa , altresì, denunziare l’immobilismo del Parlamento rispetto a proposte presenti per una riforma organica della legislazione antidroga,oramai superata dalla evoluzione delle forme di dipendenza; la mancata convocazione, or sono nove anni, della conferenza triennale nazionale sulle droghe, peraltro, obbligatoria per legge;l’investimento concreto della politica sanitaria regionale, in ambito dipendenze patologiche, assolutamente insufficiente;l’abbandono delle politiche territoriali di prevenzione ed inserimento lavorativo;una notevole difformità fra le varie regioni italiane, nel settore dei servizi privati per le dipendenze, non solo nei budget destinati alla cura e riabilitazione, ma anche nell’individuazione dei criteri di riferimento del sistema e della retta giornaliera.
Se, dunque, i fondi sociali continuano a restare quel che sono è chiaro che il tema della cura e del reinserimento,parti sostanziali della filiera del circuito della tossicodipendenza, resteranno pesantemente condizionati.
In questo scenario certamente la scuola ha un suo preciso ruolo da svolgere. La prevenzione è soprattutto educazione. Ma anche nel mondo scolastico è percepibile una situazione di estrema causalità e precarietà.
L’annuncio  del ministro Fontana  di un piano di formazione nelle scuole condiviso con il Miur, finanziato con 3 milioni di euro,  del rifinanziamento del fondo per le politiche antidroga e della prossima riattivazione della conferenza nazionale antidroga  evidenzia,tuttavia, che qualcosa si muove.
Sperando che  il prossimo anno non si suoni lo stesso spartito.
  25 giugno 2019                                                         Guido Leone
già Dirigente tecnico USR Calabria
      R. & P. Mercoledì 26 giugno  si celebra la XXXII  Giornata Mondiale contro il consumo ed il traffico illecito di droga” indetta, sin dal 1987, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite  per ricordare l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di creare una comunità internazionale libera dalla droga. Ma come ogni anno ci interroghiamo perché oggi
Gianluca Albanese
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Vicenza: attività di prevenzione, e contestuale educazione alla guida sicura, degli incidenti stradali dovuti all'uso di alcool, droghe e distrazioni.
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Vicenza: attività di prevenzione, e contestuale educazione alla guida sicura, degli incidenti stradali dovuti all'uso di alcool, droghe e distrazioni. La Polizia Stradale sarà impegnata anche per le prossime tre settimane in tutto il territorio nazionale in una corposa attività preventiva che si concluderà il 19 novembre giornata in memoria delle vittime della strada. In particolare, la Polizia Stradale presidierà le diverse province italiane insieme ai medici della Polizia di Stato con l’obiettivo di scoraggiare e prevenire la guida in stato di alterazione che continua a rappresentare una delle principali cause di incidentalità. Sul punto i dati Istat riferiti al 2022 evidenziano un andamento abbastanza piatto. In sostanza non si rileva una verticalizzazione verso il basso del dato numerico degli incidenti. Anche l’andamento per l’anno 2023 si conferma senza particolari variazioni. L’Italia ha aderito al progetto mondiale ed europeo del dimezzamento del numero di morti entro il 2030 ed azzeramento nel 2050. In questa direzione sono orientati gli sforzi operativi della Polizia Stradale che guarda con particolare attenzione alle giovani generazioni. Relativamente a queste ultime un focus ha evidenziato che altra causa di incidentalità è la distrazione. Anche su questo fronte l’impegno della polizia stradale è alto e costante. Non a caso proprio ai giovani sarà dedicata la giornata conclusiva, in ciascuna provincia italiana, di questa campagna preventiva. La Sezione della Polizia Stradale vicentina, ha intensificato nei fine settimana i controlli contro la guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. I servizi si sono svolti sia in ambito autostradale che lungo la viabilità ordinaria, i numerosi dispositivi hanno visto impiegate più pattuglie che hanno posto sotto osservazione tutta la provincia. Di fatto, sono stati impiegati numerosi operatori in differenti quadranti orari onde verificare l’abuso di sostanze alcoliche in più fasce orarie: cena, dopocena. I conducenti sottoposti a controllo con precursore od etilometro durante tali servizi, sono stati più di 300. Due le note da segnalare emerse in tali servizi: particolarmente significativa la notte dell’8 ottobre, servizio svolto tra Vicenza Ovest e Montecchio. In tale servizio, svolto in fascia notturna da mezzanotte alle 6 del mattino, gli uomini e le donne di questa Sezione su 5 conducenti controllati hanno accertato che tutti erano sopra i limiti legali, pertanto sono state ritirate 5 patenti su 5 veicoli controllati, ancora, sempre nell’ambito dello stesso servizio, una persona è stata denunciata per falsificazione della carta di circolazione, con conseguente sequestro della stessa. Da ultimo, un conducente, per sottrarsi al controllo di Polizia, ha tentato la fuga causando poi un incidente stradale; costui, prontamente bloccato dagli operatori, evidenziava un tasso alcolemico di 1.36 g/l, pertanto ha subito la sospensione del documento ed inoltre è stato denunciato per resistenza a Pubblico Ufficiale. Nel corso di detti servizi sono stati altresì segnalati tre conducenti neopatentati (per i quali il valore deve essere di 0 g/l) per aver assunto alcolici prima di porsi alla guida.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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saleggdbsneakers-blog · 6 years ago
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corallorosso · 4 years ago
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“Mi ha drogata e poi stuprata. Non credo che riuscirò mai a dimostrare quello che mi ha fatto” Arrivano senza fare rumore in cronaca né contano nella statistica; al ritmo di circa uno al mese, sono racconti, brevi o più lunghi via mail, di donne che non conosco e che mi scrivono della violenza subìta da parte di uomini. Uomini conosciuti, vicini, frequentati da più o meno tempo ma certamente non sbucati dal vicolo buio una notte all’improvviso. (...) Sono soprattutto il senso di solitudine, corollario del temere di non essere credute, e l’isolamento, attuato talvolta da parte dalle altre donne, i pesanti fardelli emotivi con cui chi ha subìto violenza convive. (...) “Sono Nora (nome di fantasia), ho 35 anni, ho conosciuto Renato (nome fittizio) qualche anno fa in palestra. Mi sembrava un uomo serio, dai modi garbati. Abbiamo sempre parlato del più e del meno, non ha mai fatto una sola allusione sessuale. Una sera mi invita per un aperitivo. Avevo sempre rifiutato altri inviti ma questa volta, forse per colpa del lockdown e la maggior voglia di uscire anche se non sono attratta da lui, penso che può essere interessante come persona e quindi perché no?" "Ci vediamo in un locale: parliamo di sport e di cinema di cui io sono appassionata. Mi lascio sfuggire che c’è un film del mio regista preferito che voglio vedere da parecchio tempo ma che proprio non riesco a trovare. ‘Ce l’ho io, te lo presto’ risponde. Non posso credere alla mia fortuna. Proprio quel film che cerco da tanto. Sono così entusiasta e mi fido di lui: è benvoluto in palestra da tutti, mi invita a salire a casa sua per prendere il film, non ho dubbi e salgo. Sono seduta sul divano quando mi piazza un limoncello sul tavolino. ‘Questo lo devi bere, lo faccio io, sennò mi offendo’. Prendo un sorso. ‘Dai finiscilo’. Non vorrei finirlo ma per mera educazione lo faccio. E poi vedo tutto sfocato. Alcuni colori della tv mi appaiono vividi, quasi fosforescenti: è una sensazione strana, mi sento ‘estraniata’ dal mio corpo”. Da quel momento il racconto di Nora diventa il copione di un incubo, i ricordi sono tutti legati alla mancanza di padronanza di se stessa. Fino al risveglio, che rende chiaro che per molte ore è stata incapace di avere il controllo perché è stata drogata. In ospedale, dove si reca dopo due giorni per avere la prova della sostanza nel sangue le analisi per il Ghb (la droga dello stupro, della quale spesso si parla in occasione di abusi sulle ragazze molto giovani, versata nel bicchiere in discoteca o alle feste) l’analisi risulta negativa: purtroppo se non viene effettuata entro poche ore le tracce scompaiono. Ora Nora, dopo essersi consultata, sta valutando la denuncia. “So quello che mi ha fatto e sono certa che non l’abbia fatto solo a me. Non pretendo di essere creduta sulla parola. Non credo che riuscirò mai a dimostrare quello che lui mi ha fatto e trovare un’altra vittima di questo uomo, che sono certa sia un predatore, perché se ha usato questa tecnica con una di certo l’avrà fatto anche con altre e si sentirà potente grazie all’impunità. Vorrei però che ci fosse informazione su questo tipo di violenza: che si sapesse che può drogarti una persona che conosci (la stampa troppo spesso racconta di questi stupri come se potessero avere luogo soltanto in discoteca e ad opera di uno sconosciuto). Vorrei anche che si sapesse che queste droghe non necessariamente addormentano e inducono passività: il Ghb e Mdma producono aumento della libido, annullano i freni inibitori e creano chimicamente empatia, per cui la vittima non si sottrae alla violenza e appare consenziente”. Pur se in buona fede talvolta si suggerisce a chi ha subìto violenza di dimenticare. Ma dimenticare, ammesso che si possa, o minimizzare (perché sei salita? Almeno non ti ha fatto del male fisico. Spero tu abbia imparato la lezione. Ci potevi pensare prima) corrisponde a invisibilizzare la violenza, di fatto negandola. Dando così potere a chi abusa, avvalorando la cultura della sopraffazione, diventando complici. Uscire dal silenzio è il primo, fondamentale passo da compiere. Tutte e tutti insieme. Monica Lanfranco
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tmnotizie · 6 years ago
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MACERATA – Si trasformerà in Festival Build the Future, il progetto dell’Amministrazione comunale a fianco del Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’Asur Area Vasta 3 per rafforzare la prevenzione alle varie forme di dipendenze nelle giovani generazioni, invaderà le strade e luoghi simbolo di Macerata dall’8 al 13 aprile 2019.
Installazioni, trasformazioni urbane, opere e mostre realizzate dagli alunni e studenti delle scuole maceratesi coinvolte durante un intero anno scolastico. I numeri oggi durante la presentazione dell’evento sono stati forniti dallo staff guidato da Gianni Giuli e Silvia Agnani, rispettivamente direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche Av3 e sociologa del progetto: sono 552 studenti, 220 bambini delle classi terze e quarte delle elementari e altri 332 delle seconde classi delle secondarie di primo grado di Macerata, 4 Istituti comprensivi, 31 classi 383 ore di laboratorio nelle scuole, cui si aggiungo gli interventi nel territorio.
“Un progetto di comunità, voluto dalla Giunta e dal Consiglio comunale che nel 2018 e 2019 ha destinato i fondi per proseguire, con questo straordinario intervento di educazione e prevenzione, nel percorso da tempo avviato nella lotta alle dipendenze e per garantire la sicurezza e la legalità in città” ha affermato il sindaco Romano Carancini, annunciando che anche il prossimo anno il Comune stanzierà il fondo necessario (15 mila euro) per supportare questa azione per i nostri giovani.
“La lotta alle dipendenze è anche e soprattutto un’azione culturale e formativa – ha detto l’assessore alla Scuola Stefania Monteverde  – e il ruolo della scuola è fondamentale insieme a quello delle famiglie e dell’interà comunità”.
“L’intervento del progetto Build the future si inquadra perfettamente nei valori e nell’impostazione del nostro Piano per la Sicurezza Urbana –  ha aggiunto l’assessore alla Sicurezza Mario Iesari –  e trova collocazione all’interno del più vasto sistema di prevenzione e contrasto contro ogni forma di dipendenza, specie se giovanile, che nel nostro territorio viene coordinato e promosso dal Tavolo Uniti contro le Droghe, esperienza forse unica nel suo genere. Per la prima volta almeno per la nostra città cosi tanti studenti e cosi tanto giovani sono stati coinvolti in un progetto che si propone di rafforzare la loro capacità di dire no alle droghe e a ogni altra forma di dipendenza. Si tratta di un lavoro lungo e costante ma anche l’unico per vincere questa guerra”.
“Abbiamo lavorato per favorire il potenziamento delle abilità individuali dei ragazzi, le cosiddette life-skills, – ha spiegato Gianni Giuli– Una sfida educativa importantissima che mira a potenziare le abilità di relazione, cognitive, psicologiche indispensabili per poter dire no alla droga quando i nostri ragazzi la incontrano. La prevenzione è tanto più efficace quanto più è precoce e ripetuta nel tempo“.
Per questo motivo Build the future quest’anno ha abbassato l’età di intervento ai bambini delle scuole elementari e medie. I primi sono stati coinvolti in un percorso di riconoscimento delle emozioni Emoji-Me, i secondi hanno lavorato sulla percezione di sé e sugli spazi urbani in cui si sentono o non sentono a casa.
“Ne sono scaturite anche idee di cambiamento dello spazio urbano – ha aggiunto Silvia Agnani – e laboratori di trasformazione degli stessi cui hanno partecipato studenti, genitori e la comunità educante nel suo complesso. Una mole d’idee e progettualità è venuta dai ragazzi e è stata consegnata al Comune e Apm, nella speranza che, in occasione di lavori futuri, alcune idee possano essere recepite e i ragazzi possano riconoscere qualcosa di loro negli spazi urbani”.
“Siamo partiti dall’esperienza individuale di ogni bambino e ragazzo – raccontano gli operatori che hanno affiancato i ragazzi nel percorso – e abbiamo proposto loro il guardarsi dentro. Per i bambini abbiamo utilizzato il tema delle emozioni alla ricerca dei loro sentimenti, per poi allargare l’analisi alle esperienze altrui. Con l’idea di sviluppare il concetto d’identità, di riconoscimento di sé e di relazioni, alla ricerca di possibilità d’incontro e di dialogo.”
“Con i ragazzi delle scuole medie  – proseguono gli operatori – allo stesso modo l’osservazione era verso l’ esperienza individuale, attraverso l’ideazione della propria “carta d’identità” che ha aiutato i ragazzi a definirsi. Dall’esperienza individuale, al gruppo classe fino a gettare lo sguardo ai luoghi di vita dove bambini e ragazzi hanno modo di creare le loro esperienze. Idealmente abbiamo fatto riferimento al concetto di Casa come luogo dove abbiamo modo di esprime noi stessi, dove ci sentiamo bene, accolti, sicuri, amati…la prima casa siamo noi stessi ecco perché il progetto ha preso il via dall’individualità di ognuno, conoscere se stessi.
La questione viene poi aperta all’altro con cui entriamo in relazione, fino all’intera rete di relazioni che intratteniamo. Abbiamo quindi chiesto ai ragazzi in quali luoghi si sentissero a casa e in quali no, e sui no abbiamo costruito l’azione, le trasformazioni. Le trasformazioni proposte sono azioni concrete di cambiamento per riappropriarsi di luoghi poco vissuti, o vissuti negativamente, dove i ragazzi mettono un segno, lasciano una traccia. Abitare un luogo, viverlo ed esserne anche responsabili, rende gli spazi privi di preoccupazioni quindi sicuri”.
Ecco allora che le idee dei giovani hanno preso forma e si sono concretizzate, ad esempio, come gli arazzi  fatti con scarti di stoffe, l’abbellimento della pensilina in viale Leopardi a Rampa Zara, la trasformazione del Sasso d’Italia con le panchine colorate e i cartelli con i consigli utili per i proprietari dei cani o quella di comuni oggetto di recupero e di uso quotidiano in decorazioni per l’ambiente esterno della loro scuola, o ancora la realizzazione di  bellissimi acchiappasogni e disegni.
Il progetto Build the future  è andato proprio in questa direzione e ha rappresentato un ulteriore  e fondamentale tassello che va ad aggiungersi al lavoro costante che il Comune di Macerata sta portando avanti dal 2012 attraverso il tavolo interistituzionale contro le droghe coordinato dalla Prefettura per la lotta alle dipendenze patologiche attraverso progetti e iniziative di contrasto e prevenzione, formazione e informazione, per diffondere tra i giovani e le famiglie la cultura della legalità ed il rispetto dei valori della persona umana.
 Build the future ha anche un sito dedicato www.buildthefuture.it in cui è possibile vedere il programma dettagliato del festival che aprirà lunedì 8 aprile con l’inaugurazione di uno spazio documentativo sul progetto nella Biblioteca Mozzi Borgetti e alle 21 con la serata inaugurale al TLR. Proseguirà nei giorni successivi con momenti di trasformazione degli spazi urbani con cui i ragazzi realizzeranno il cambiamento progettato a scuola e poi una caccia al tesoro “Hunter’s Game” ai giardini Diaz il 9 aprile, e a Fontescodella il 10 aprile, e ancora “Ride the future” l’11 aprile alla Terrazza dei popoli, dove i ragazzi lasceranno anche la loro impronta sul muretto durante una iniziativa in programma per il 13 aprile per poi finire con una grande festa in piazza Vittorio Veneto  con premiazione e color explosion domenica 14 aprile.
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loomiskennedy0-blog · 6 years ago
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coltivare cannabis in italia
Dan oltre un anno si può parlare di cannabis legittimo in Italia, ma quella che viene commercialmente definita Cannabis Light, si può consumare avanti mettersi alla guida? Dopo appropriata di quattro anni vittoria dibattiti e contrasti, sparite non inserite la porzioni che riguardavano l'uso ricreativo e la liceità dell'autoproduzione, la Camera ha approvato la legge che sistematizza e uniforma le procedure per la prescrizione di farmaci a base di cannabis, già possibili con una serie di limitazioni, con differenze da parte a regione e con difformità di trattamento per i pazienti. Fra i primarie effetti collaterali che possono manifestarsi in caso vittoria assunzione di marijuana every uso terapeutico, ricordiamo: vertigini, disturbi a carico ancora oggi mucosa orale (in evento di somministrazione per canale orale), reazioni psicotiche ed incremento degli enzimi epatici Da non dimenticare, in più, il potenziale d'abuso vittoria cui la marijuana è considerato dotata. Dagli animali da esperimento sappiamo quale, tra gli effetti dei cannabinoidi mediati dai recettori CB1 vi sono l'alleviamento del dolore, alterazioni della memoria e del padronanza dei movimenti, l'abbassamento ancora oggi temperatura corporea e una riduzione dell'attività intestinale. Altre ricerche hanno cercato di individuare gli effetti clinici della Cannabis in pazienti che facevano già uso di marijuana a fini terapeutici. GLI SCIENZIATI, "SERVONO STUDI COME PER I FARMACI" - Sulla cannabis terapeutica "c'è ancora poca conoscenza scientifica. E sarebbe anche interessante verificare ove una combinazione tra, ad esempio, un trattamento fisioterapico basato sull'evidenza (allenamento sul tapis roulant) e la stimolazione cerebrale non invasiva sarebbe in grado vittoria incrementare ulteriormente l'effetto terapeutico sui sintomi del Parkinson. Ancora non ci vengono effettuate dati e statistiche sulle prescrizioni italiane, ma per testimoniare il vertiginoso incremento di domanda ci vengono effettuate le previsioni della Direzione dei dispositivi medici ed del servizio farmaceutico del ministero della Salute, quale, come spiegato a La Stampa, ha individuato «l'aumento del fabbisogno nazionale vittoria 100 chili l'anno negli ultimi tre anni». I farmaci usati tradizionalmente every trattare questi sintomi non sono efficaci e quindi molti di loro hanno optato per il basata di cannabis. https://www.semi-marijuana.com/big-bud-marijuana/ studi suggeriscono che il consumo di marijuana favorisca il passaggio ad altre droghe. Due i principali principi attivi, presenti in quantità diverse a seconda del tipo di pianta, il THC (delta-9- tetraidrocannabinolo) ed il CBD (cannabidiolo). I 20 pazienti dello studio avevano un'età media di circa 66 anni e una durata media di malattia di circa 7, 5 anni. Il THC, sappiamo, è il principio attivo della marijuana responsabile degli effetti psicotropi che questa provoca nell'uomo. Il fatto che negli stadi tardivi si registri un aumento dei disturbi dell'equilibrio ed delle cadute rientra sfortunatamente nel decorso naturale ancora oggi malattia di Parkinson. Barberini si è detto onorato che l'Umbria sia stata scelta come sede vittoria un evento nazionale così importante, che ha unito università, società scientifiche, gabinetto della Salute, Istituto superiore sanità, Aziende sanitarie, medici di medicina generale e specialisti per definire unitamente linee comuni circa l'appropriatezza, la qualità e la sicurezza dell'uso della cannabis terapeutica. Cui al decreto del Presidente tuttora Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono destinati al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed finalizzati alle attività di educazione sulla natura ed sugli effetti delle sostanze stupefacenti e al disaccordo all'uso delle sostanze stupefacenti all'interno delle scuole, oltre che a campagne di sensibilizzazione nella radio-televisione in pubblico e nei circuiti appropriata appropriati.
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giancarlonicoli · 6 years ago
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3 lug 2018 11:20
OCCHIO A BELLOCCHIO - ''ERO A LONDRA NEL PIENO DELLA RIVOLUZIONE SESSUALE, DA PROVINCIALE NON NE APPROFITTAI. I BEATLES, I ROLLING STONES, LA ROVINA, LA MORTE, L'EROINA, LA COCA. LE HO TOCCATE MA… - GASSMAN NON VOLEVA LAVORARE CON LUI: ''È PIÙ AFFASCINANTE DI ME'' - IL NUOVO FILM SUL GEMELLO SUICIDA: ''ERAVAMO NOVE FRATELLI. UNO MORÌ PICCINO. UNA SORELLA SORDOMUTA, IL PRIMOGENITO ERA MALATO MENTALE''
Arianna Finos per ''la Repubblica''
Marco è stato uno dei cineasti più belli del nostro cinema, molti colleghi ne erano segretamente innamorati", raccontava Ettore Scola.
Vittorio Gassmann non avrebbe mai girato con lui "perché non lavoro con un regista che è più attraente di me". A 78 anni Marco Bellocchio, maglietta a maniche corte e pantaloni sportivi, ha lo stesso fisico asciutto, lo stesso sorriso distante. A pochi giorni dalla notizia della sua inclusione nella giuria degli Oscar, è nello studio romano di via Nomentana, in partenza per Londra dove da oggi e per un mese intero al British Film Institute prende il via Satira e moralità, la prima retrospettiva inglese dedicata ai suoi film.
Che non sono solo storia, ma presente e futuro del nostro cinema. Il regista prepara Il traditore su Tommaso Buscetta e L' urlo, sul suicidio del gemello Camillo. In coda c' è la serie sul rapimento di Aldo Moro: «È una sfida col tempo, una sfida alla volta».
Perché nel '63 partì ventiquattrenne per Londra?
«Andai per sprovincializzarmi. I miei luoghi erano stati Piacenza, Lodi, Milano e Roma, dove mi ero diplomato in regia al Centro Sperimentale. E siccome - questo era ed è un mio limite - non avevo intenzione di fare la gavetta, ho messo una pausa prima di affrontare la vita professionale. Mi iscrissi a una scuoletta d' inglese in Piccadilly Circus, mio fratello Piergiorgio mi mandava i soldi per sopravvivere. Vinsi una borsa di studio alla Slade School of Fine Arts grazie al regista Thorold Dickinson. Soprattutto conobbi Enzo Doria, ex attore che lavorava come cameriere e voleva fare il produttore. A Londra scrissi la prima versione di I pugni in tasca » .
Come fu l' impatto con la società inglese?
«Poi fui rimproverato perché mantenni un profilo provinciale. Non approfittai di quelle coincidenze straordinarie: Rolling Stones, Beatles... C' era la libertà sessuale che ho percepito e in parte vissuto, sempre un po' da provinciale, appunto».
Sta dicendo che ha lisciato la Swingin' London?
« Forse la deludo, sì. Ho vissuto con prudenza, in questo senso ho evitato le droghe e le derive autodistruttive. Ho sempre fatto film estremi ma nella vita mi sono difeso. Ho bordeggiato la rovina, la morte. Sono stato amico di Franco Angeli, Mario Schifano e Tano Festa, e quindi la cocaina, l' eroina. Cose che ho toccato senza mai entrarci davvero, tanto che poi ci separammo».
«Il realismo che si vede ancora in Ken Loach, ma le mie radici erano Renoir e Vigo: surrealismo e espressionismo». Fece una tesi su Antonioni e Bresson.
«Autori di cui ammiravo il rigore che non possedevo. Bresson mi diede un' intervista al telefono, Antonioni mi incontrò sui gradini in Piazza del Popolo e mi accolse sul set di Molti giovani riescono a creare nel rapporto con gli autori affermati un interesse reciproco. Io non avevo questa capacità di penetrazione affettiva. Ero un solitario: non per scelta, ma per limite. Il cinema mi è stato utile alla vita».
E poi c' era la politica.
«Sì, allora il peso della politica e dell' ideologia era fortissimo. Con il '68 ci fu una crisi importante. Nel senso che la scelta, pur breve, della militanza politica nell' Unione dei comunisti marxisti leninisti e nel maoismo rappresentava il mio rigetto di una mentalità borghese che detestavo. Pensavo che una rivoluzione politica personale potesse essere un riscatto. In questo senso nel '77 e '78 c' è stata l' esperienza di analisi collettiva con Massimo Fagioli. Ancora la fissazione che si potesse cambiare e che solo nel cambiamento si potesse combattere la disperazione, avere una dimensione di autenticità».
Vale ancora adesso per lei?
«Vale ancor di più nell' età avanzata. Perché solo così, dal momento che non credo nell' aldilà, mi sento vivo».
Il suo cinema ha raccontato l' Italia e la politica. I maoisti e l' eutanasia, Moro e Mussolini. Oggi?
«La politica non mi interessa più. C' è una paura diffusa, in grande misura inventata, alla base del successo di tanti movimenti. Ma vedo nei giovani una sensibiiltà sui temi degli immigrati e dei diseredati. C' è un movimento reattivo che non vede nello zingaro qualcuno da prendere a martellate».
Perché il suo cinema è stato spesso estremo?
« Una certa dimensione anarchica contro i padri e coloro che vogliono importi il proprio sapere c' è stata. È chiaro che questo andare contro nel tempo è diventato più pacifico e moderato. Penso al passaggio tra I pugni in tasca e L' ora di religione, quando il personaggio di Sergio Castellitto vede il proprio passato e capisce che il matricida è in manicomio, che la giustizia contro la madre porta alla follia e all' autodistruzione. Questa dimensione, anarchica ma non violenta, torna sempre».
Come la morte del suo gemello Camillo.
«Nel 1982 feci il film Gli occhi e la bocca sul suo suicidio. Ma mi restò la sensazione che la presenza di mia madre mi avesse reso meno capace di approfondire quella tragedia. Così, dopo un compleanno in famiglia del 2016, ho iniziato una carrellata di ritratti familiari che sono anche testimonianze alla ricerca di una verità. Il titolo del film è quello di mia madre davanti al corpo di suo figlio, chiaramente il rimando è alla Madonna e Gesù. Mio fratello gemello si ferma nel dicembre del '68 a ventinove anni. Io vado avanti e invecchio e lui non c' è più, ma resta la sua immagine di giovane uomo. Sarà il film più difficile, spero di vivere abbastanza per finirlo».
È cresciuto in una famiglia numerosa.
«Eravamo nove fratelli. Uno morì piccino. Avevo una sorella sordomuta, il primogenito era malato mentale, le sue urla hanno segnato la mia adolescenza. Tornavo dal collegio a Lodi e c' era sempre il pazzo che urlava: in I pugni in tasca si trasforma nel fratello che il protagonista alla fine uccide. Quel film lo girammo in due appartamenti di mia madre.
Ma la storia privata è talmente metaforizzata che i miei familiari solo anni dopo si accorsero che parlavo di noi. Mia madre mi mandò una lettera ironica, che nell' Urlo leggerà mia sorella. Non era stupida, come faccio dire a Castellitto in L' ora di religione, ma sopraffatta dalla necessità familiare. Ha retto a ogni dolore, non si è mai goduta nulla. Era ossessionata dall' idea che ci salvassimo l' anima. Accusava Piergiorgio di averci allontanati da parrocchia e fede. Non era vero».
Con Camillo avevate il rapporto speciale dei gemelli?
«No. A 14 anni decisero di mandare me al liceo classico, anche se ero mediocre, e lui all' istituto per geometri. Da lì ci separammo. Questa distanza poi io l' ho sentita come una mia mancanza. Ero più autonomo, anche se la vita privata faceva acqua in fondo me la cavavo, avevo una mia identità professionale forte. Per capirlo e andargli incontro ci sarebbe voluta una ricchezza sentimentale che non avevo».
Ha fatto sempre film personali: qual è il legame con Tommaso Buscetta?
«Il tradimento. Mi è venuto in mente il mio tradimento verso tutta una società, la mia educazione cattolica. Si può tradire in modo vile, o il tradimento può essere una separazione. In Buscetta c' è l' ambiguità e la sofferenza di un uomo che tradisce, ma al tempo stesso rimane un mafioso. Quando gli fanno sparire i figli scatta l' odio e la sensazione di non averli protetti. Ha davanti due possibilità: morire - infatti tenterà di suicidarsi - o parlare contro una mafia che lui non riconosce più. È il crepuscolo di un antieroe che però riesce a morire nel suo letto. Tutti gli altri sono stati ammazzati. Lui no. Quando Falcone, che era un fatalista e lettore di Montaigne, gli dice "tutti dobbiamo morire", Buscetta risponde "sì, ma io voglio morire nel mio letto"».
Dopo tanti anni resta l' ansia del pubblico?
«Girando I pugni in tasca pensavo: "Ho 25 anni, se fallisco farò altro". Nasco come pittore, Grazia Cherchi mi diceva " lascia perdere i film, sei pittore e poeta". Si sbagliava, in realtà il cinema è davvero la mia vita. Ma non, come dice qualcuno, per non diventare pazzo. È che ti mette in gioco continuamente con decine di persone, ti obbliga a confrontarti e a lottare. In passato c' era l' ambizione, la rivalità. Per anni ho subìto il gran successo di Bernardo Bertolucci: era diventato una star internazionale, mentre io ero ammirato e stimato in un ambito più piccolo. Adesso questo aspetto non c' è più. Ma c' è il sentimento di giocarmi ancor più la vita».
Anche Bertolucci prepara il nuovo film.
«Abbiamo cenato insieme un mese fa, un incontro cordiale. È come se la sua vita fosse anche la mia, con tanti grandi padri scomparsi. Noi dobbiamo resistere».
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