Tumgik
#e le relazioni tra loro non esistono più
omarfor-orchestra · 8 months
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Manco cardio gli hanno fatto salutare guardate che una serie si definisce corale se ci sono relazioni tra i personaggi. Proprio a rete. No che ognuno parla con altri due e basta
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raffaeleitlodeo · 10 months
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Visto che molti giornali stanno riprendendo la campagna contro l'istruzione pubblica e per una scuola "meritocratica", bombardandoci quotidianamente con improbabili storie di fantomatici geni laureatisi a 15 anni solo grazie alla forza di volontà, vorrei riportare un breve aneddoto personale. Alcuni mesi fa sono stato accettato per un dottorato (PhD) in Relazioni Internazionali dall'Università di Cambridge. Il processo di selezione, più che meritocratico, mostra come le università più conosciute ("d'eccellenza", direbbero quei giornali) siano sempre più luoghi inaccessibili per chi non ha un privilegio di classe. Per potersi candidare sono necessari una serie di pre-requisiti ufficiali, come le certificazione linguistiche, e ufficiosi, (per esempio, è quasi impossibile essere presi senza aver fatto esperienze di studio all'estero). Tutte cose estremamente dispendiose a cui solo una minoranza può avere accesso. Uno studente che va in Erasmus, per esempio, riceve circa 300€ mensili come borsa di studio, una cifra con la quale in una grande città europea si può a malapena coprire il vitto. Tutto il resto è a spese proprie. Per non parlare di esperienze lavorative utili al curriculum ma sottopagate o non pagate affatto (l'ONU, per nominarne uno, offre tirocinii di 6 mesi a New York senza prevedere alcuna remunerazione). Chi viene da una condizione abbastanza agiata e si può permettere alcune di queste cose, con un po' di fortuna e un po' di bravura, può riuscire a venire accettato in un'università conosciuta e rinomata. Le disuguaglianze più rilevanti e i maggiori privilegi, però, non si mostrano durante il processo di selezione dei candidati, ma dentro l'università stessa. Molte delle "università d'eccellenza", infatti, non forniscono stipendio ai loro dottorandi/ricercatori e anzi chiedono loro un'ingentissima retta. Di fatto, i dottorandi (che nella pratica sono lavoratori dell'università) devono pagare per poter lavorare gratis in cambio della nomea dell'università. È vero che esistono alcune borse di studio, ma queste sono generalmente poche, spesso esterne all'università, e non di rado portano a una commisitione moralmente discutibile coi più variegati gruppi privati. Il loro criterio di assegnazione è infine generalmente opaco e spesso finiscono paradossalmente per essere vinte dagli studenti più benestanti e altolocati che meno ne necessiterebbero. Per ritornare alla mia esperienza personale, io non ho vinto borse di studio. L'Università di Cambridge ha stimato che per affrontare il dottorato, tra retta e costi di vita, avrei dovuto pagare di tasca mia 52 000€ l'anno, ossia più di 200 000€ per i quattro anni di studio/lavoro. Poiché non dispongo di tale cifra (e anche avendola, non la regalerei a un'università con un patrimonio di 20 miliardi di € che semplicemente non vuole pagare i suoi dottorandi) ho rifiutato l'offerta di dottorato. In futuro forse farò altre domande di dottorato, anche se in università con una maggiore attenzione alle condizioni dei suoi studenti/lavoratori. Tuttavia, questa esperienza pratica mi ha confermato alcune cose: che l'unico modello universitario veramente di eccellenza è quello pubblico, gratuito e accessibile a tutti, anche e soprattutto ai più svantaggiati. Che nel modello della fantomatica "università del merito", sempre più privatizzata e a pagamento, la norma non sarebbero gli scintillanti adolescenti geniali rallentati dalla burocrazia dell'istruzione pubblica (una minoranza statisticamente inesistente), bensì i ricchi ereditieri ed emiri che si possono permettere un diploma dal costo di una Maserati per fare bella figura in alta società. E che, in quel modello, cultura e istruzione non sarebbero degli straordinari fattori di emancipazione sociale e collettiva, quali dovrebbero essere, bensì puri e semplici strumenti di disuguaglianza, esclusione e oppressione. Alessandro Maffei, Facebook
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susieporta · 2 months
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COSA SIGNIFICA ESSERE FIGLI ANZIANI DI GENITORI ANZIANI?
Uno degli aspetti più affascinanti del viaggiare da soli è la maggiore facilità con cui si fanno incontri e addirittura la possibilità di entrare in poco tempo in relazioni anche profonde.
Con questi amici abbiamo condiviso tanti bei momenti e mi ha colpito quanto fosse ricorrente parlare del rapporto con i genitori, in particolare mamme anche ultra centenarie.
La cosa è nata dalla curiosità che avevano nel vedere una donna ultracinquantenne, sola e con tanto di ricrescita senza tinta, dormire in macchina.
La mia battuta sul fatto che vacanza per me significa ridurre al minimo le cose e le persone di cui occuparmi, solleva sempre un certo sconcerto.
Credo perché da una donna non ci si aspetti uno sdoganamento così sfacciato di un tabù di genere: sola - o meglio non in coppia con un uomo -, autonoma negli spostamenti, indipendente, apparentemente felice della sua situazione, incurante delle apparenze e soprattutto che non si sente in colpa nell'esprimere il desiderio e la necessità di stare unicamente in rapporto con sé stessa.
Certamente attraggo tante curiosità, specie dalle donne over cinquanta che vengono confrontate indirettamente con il proprio rapporto con la libertà all'età a cui sono arrivate.
Così le persone si avvicinano, mi chiedono del perché di questa scelta, che pensavano fossi straniera perché non è da italiane girare da sole, men che meno " ad una certa età ".
E allora iniziano a parlare, specie le donne, di quanto ancora si sentono incastrate nelle loro vite famigliari, in particolare nei loro ruoli di accudimento in quanto mamme, nonne e figlie.
È un tema questo che ricorre sovente in quest'ultimo anno.
Le persone con cui ne ho parlato finora mi hanno tutte confermato una certa fatica e irritazione nell'essere trattati ancora come figli piccoli, nonostante si abbiano abbondantemente superato gli "anta".
Persone che a settant'anni si sentono ancora di dover giustificare delle scelte oppure che debbono fare ciò che il genitore si aspetta per non sentirsi cattivi.
Le figlie femmine - ovviamente - sono le più vessate.
Genitori da mantenere, conflitti famigliari tra fratelli, donne eternamente impegnate sul fronte dell'accudimento dei nipoti e dei genitori e magari invischiate in eterni conflitti con fratelli, in particolare maschi, che si sentono più liberi di stare distanti.
Di questo genere di esperienze, specie in un paese come il nostro ad alto tasso di invecchiamento, se ne parla pochissimo eppure credo incida nella vita delle persone statisticamente di più delle problematiche adolescenziali o giovani adulte.
Perché non se ne parla secondo voi? perché non esistono esperti che danno indicazioni come si vede di sovente in altri campi delle relazioni umane?
Esistono testi che si occupano della relazione genitori-figli in tarda età?
Qual'è la vostra esperienza? Ditemi cosa ne pensate.
Gloria Volpato
#donnelibere #equità #ruolidigenere #esserevecchicongenitorianziani
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ross-nekochan · 4 months
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Racconti di viaggio - parte 3
Ultimo punto dell'India è: la tradizione e la famiglia.
L'India mi è parsa una Napoli del dopoguerra anche per questo: l'attaccamento che hanno nei confronti della famiglia è fortissimo. E il matrimonio è uno dei mezzi che hai per ringraziarla. Perché sei obiettivamente obbligato a sposarti, tant'è vero che se non ti riesci a scegliere un partner, ebbene, allora ci pensano loro (roba da 19mo secolo europeo proprio). La coppia sposata va a vivere a casa del marito, letteralmente, non nel palazzo come spesso si fa al sud che si va al piano di sotto o di sopra, nono, proprio nello stesso appartamento (che sono anche più piccoli dei nostri).
Il matrimonio dura diversi giorni, anche se mi hanno detto che la cosa è molto variabile. L'India, più che una nazione è un continente: non si parla la stessa lingua (l'inglese è la lingua comune ufficiale ma non la sanno parlare tutti), non si crede nella stessa religione e le variazioni nella stessa possono essere innumerevoli (peggio del cristianesimo). Il matrimonio a cui ho partecipato io è durato quasi una settimana, anche se io ho vissuto solo 3 giorni: il primo giorno cena con tutti i parenti di entrambe le famiglie; il secondo, meno formale, solo tra i propri parenti; il terzo, cena grande con tutti quanti e col rituale più importante che dura fino al mattino seguente. Ma ci sono state altre funzioni e rituali a cui non ho partecipato. Nota curiosa: nella cultura indù non esiste lo scambio di fedi. Però ci si scambia una corona di fiori che ha bene o male la stessa valenza.
I novelli sposi non si sono mai baciati o abbracciati per tutto il tempo. Probabilmente è dato anche dal fatto che spesso ci si sposa non per amore, ma perché ci si vuole bene, come se si fosse fratelli. Ed è già tanto se si considera che ci si debba sposare per forza.
Infatti anche nei film indiani le scene con baci o leggermente erotiche sono inesistenti e viene messo in scena solo una versione di amore puro, quasi infantile. Il sesso è ancora tabù e la donna deve ancora mantenersi vergine fino alla prima notte da sposa. Allo stesso tempo, lo stupro e la violenza sulle donne è ancora un problema serissimo e le donne che denunciano o che raccontano niente sono praticamente pochissime mosche bianche.
Questi sono i motivi principali per cui l'India è una potenza economica ed è il paese più popoloso al mondo. Quando esistono valori forti come la famiglia, la società ha un futuro perché vivi tutto come obbligo morale ma naturale. Nella nostra cultura da primo mondo questo valore fondamentale si è perso e si vive per sé stessi e nessun altro. È vero, si è liberi, senza catene, ma questa libertà ha un costo psicologico e sociale che spesso non viene menzionato: la solitudine, la depressione, la difficoltà nell'instaurare nuove relazioni interpersonali e, finendo la catena, al calo demografico.
Molto probabilmente l'India affronterà lo stesso problema nei prossimi decenni, dato che, persino la Cina la sta attualmente affrontando. Chissà come diventerà.
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scienza-magia · 6 months
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Considerazioni di carattere generale sulla magia
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Il fenomeno della magia ha sempre costituito oggetto d’interesse per diverse categorie di studiosi tra cui gli storici delle religione i sociologi della religione gli storici sociali e gli antropologi culturali. Per quanto riguarda gli storici delle religioni dobbiamo dire che essi considerano l’universo magico come un ambiente labirintico e complesso. Vogliamo mettere in evidenza che gli storici delle religioni considerano l’universo magico costituito da almeno 3 livelli fondamentali : la folk magic i gruppi magici e la cultura esoterica. La folk magic è costituita dai rapporti interpersonali tra maghi e clienti che si instaurano per motivi esclusivamente strumentali. Infatti il cliente si rivolge al mago per risolvere problemi specifici e raggiungere obiettivi di vario tipo. Tra questi obiettivi è inclusa anche la possibilità di danneggiare terze persone attraverso l’uso di mezzi magici. A sua volta il mago accetta di soddisfare le richieste del cliente che ricompensa il mago fornendogli una adeguata ricompensa economica. Ma la folk magic è oggetto di studio non solo degli storici delle religioni ma anche dei sociologi della religione. Diverse sono le classificazioni riguardanti la folk magic ideati da questi studiosi. Per fare un esempio concreto i sociologi della religione hanno classificato i maghi in due categorie principali ovvero i tradizionali e i rampanti. I maghi tradizionali operano soprattutto in contesti rurali e non utilizzano le moderne tecnologie per rapportarsi ai clienti. Al contrario i maghi rampanti esibiscono attestati e titoli acquisiti in vario modo per dimostrare la loro competenza in materia magica ed astrologica. Tali maghi rampanti agiscono soprattutto in ambienti urbani e fanno spesso uso dei mass media per farsi pubblicità. Questi maghi appaiono regolarmente in trasmissioni televisive e radiofoniche utilizzando la loro immagine e il loro carisma personale come strumento per ottenere una sempre crescente popolarità. Il secondo livello dell’universo magico è rappresentato dai gruppi magici all’interno dei quali i rapporti interpersonali non sono strumentali ma dipendono in gran parte da fattori emotivi. Per dirla in altro modo all’interno dei gruppi magici non esistono rapporti dipendenti da fattori economici ma al contrario le relazioni interpersonali dipendono da quei fattori che sono importanti in tutti i rapporti non strumentali. Tali fattori sono : simpatia antipatia solidarietà e condivisione di obiettivi e fini. Dobbiamo dire che lo studio dei rapporti interpersonali presente all’interno dei gruppi magici continua a suscitare l’interesse di molteplici ambiti di studio. Il nostro mondo è popolato da numerosi gruppi magici ma anche nelle società del passato erano presenti tali gruppi. Uno dei gruppi più noti e diffusi nella società moderna è la Wicca una religione magica che ha raccolto un notevole consenso nel mondo occidentale in particolar modo nei paesi anglosassoni. Dobbiamo dire che la Wicca continua ad aumentare il numero dei suoi adepti e di conseguenza la sua importanza nel mondo moderno. Dopo il New Age la Wicca rappresenta il gruppo neo pagano più significativo e importante nella società contemporanea. Il terzo livello dell’universo magico è rappresentato dalla cultura esoterica che costituisce il grado più elevato e sofisticato del pensiero magico. Tuttavia a causa della sua notevole complessità non fa parte della cultura di massa comune alla maggior parte delle persone. Anche in passato l’esoterismo ha assunto diverse forme e modalità. Tra i rappresentanti più importanti dell’esoterismo nella società moderna figurano gli Julius Evola e René Guénon. Evola viene considerato il teorico dell’individuo assoluto poiché il suo magismo filosofico non tollera la formazione di comunità che si autorealizzano o di dominio della collettività sull’individuo di qualsiasi tipo. L’esoterismo di Evola può portare solo alla divinizzazione dell’individuo che diventa creatore e distruttore di tutto. Lo studioso non mostra alcuna pietà per i più deboli nonché per coloro che non possono reggere il confronto con gli altri uomini nei vari settori della vita sociale. Una caratteristica costante delle sue opere è l’invettiva contro il mondo moderno e la scentificazione della vita. In ultima analisi possiamo dire che Evola è fortemente influenzato dalla tradizione magico ermetica che ha avuto una grandissima importanza anche in passato. Per quanto riguarda Guénon dobbiamo dire che egli è considerato il più importante esponente del tradizionalismo esoterico che può essere considerato una forma di tradizionalismo integrale. Per dirla in altro modo il tradizionalismo di Guénon è una sorta di neo parmenidismo che vede nell’immutabilità ed eternità dell’essere universale l’unica vera fonte di salvezza. Egli propone una dottrina dell’identità suprema che può liberare l’umanità dalla decadenza del mondo moderno. Guénon interpreta l’intera storia dell’umanità in termini di progressivo allontanamento dalla tradizione e dal Principio Supremo. Concludiamo tale discorso su Guénon mettendo in evidenza che egli collega il suo tradizionalismo a un elemento non umano eterno e immutabile che è essenzialmente metastorico. In ogni caso vogliamo mettere in evidenza che il pensiero esoterico di Guénon che in alcuni ambienti della società moderna viene particolarmente apprezzato ed esaltato. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 6 months
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Viaggi d'affari: quante tipologie ne esistono
Che si tratti di partecipare a riunioni, concludere accordi, stabilire contatti con clienti e fornitori, i viaggi d'affari sono indispensabili per la crescita commerciale e rappresentano uno strumento essenziale per il successo e la prosperità delle imprese in un contesto sempre più globalizzato. Nonostante la tecnologia riesca a connettere persone molto lontane geograficamente, spesso è necessario spostarsi fisicamente e raggiungere varie sedi di interesse. Alcune aziende, soprattutto quelle più strutturate, per gli spostamenti in occasione dei viaggi d'affari necessitano di soluzioni che offrano la massima flessibilità di orari, privacy e un ambiente di lavoro esclusivo, anche a un costo più elevato della media. Ecco perché il noleggio di jet privato, servizio descritto in maniera precisa sul sito FastPrivateJet.com, diventa la scelta numero uno quando occorre massimizzare il tempo o raggiungere destinazioni non servite da voli commerciali. Di seguito mostreremo le varie tipologie di viaggi d’affari: Viaggi per incontri di lavoro I viaggi per incontri di lavoro è la tipologia più comune di viaggio d'affari. I quadri, manager, superiori e tutte le figure professionali si spostano per partecipare a riunioni, incontri con clienti, con i fornitori, conferenze e presentazioni. Questi viaggi sono importantissimi per mantenere e consolidare i rapporti commerciali, discutere di strategie, prendere decisioni e risolvere questioni in modo diretto e veloce. Infatti, la partecipazione in presenza agli incontri di lavoro permette di avere una comunicazione più efficace e immediata. Viaggi di rappresentanza I viaggi di rappresentanza invece, permettono di promuovere l'immagine, i prodotti o i servizi della compagnia. Allo stesso tempo, durante gli eventi organizzati come fiere commerciali, visite o incontri diplomatici è possibile stabilire e rinnovare le relazioni con altri attori strategici nel settore o nell'ambito istituzionale. Inoltre, durante questi incontri, i rappresentanti dell’azienda possono negoziare nuovi accordi e risolvere questioni in sospeso. Viaggi di formazione I viaggi di formazione rappresentano una categoria cruciale dei viaggi d'affari poiché sono strettamente correlati al successo aziendale. Ad esempio, l’aggiornamento delle competenze tecniche è fondamentale in quei settori come l'informatica, la tecnologia o l'ingegneria che sono in continuo cambiamento. La formazione su nuovi prodotti o servizi è indispensabile per i dipendenti che devono apprendere le nuove caratteristiche per essere informati e aggiornati continuamente. I viaggi di formazione possono essere utilizzati anche per incitare il lavoro di squadra, far conoscere meglio i membri del team e migliorare la collaborazione e la coesione attraverso attività di team building e workshop interattivi. Per quanto riguarda i manager e i dirigenti possono partecipare a programmi di formazione per migliorare le loro skill nel campo della leadership, gestione del tempo, comunicazione e risoluzione dei problemi. Viaggi incentivi I viaggi incentivi vengono organizzati dalle aziende per premiare i lavoratori dopo un periodo particolarmente intenso o dopo aver dimostrato prestazioni eccezionali, per motivarli e dare valore alla loro presenza. Oppure per migliorare il morale e rafforzare il senso di appartenenza alla azienda. Viaggiare insieme e godere di un'esperienza unica e condivisa può rafforzare i legami tra colleghi e promuovere un clima positivo e collaborativo sul luogo di lavoro. I viaggi incentivi possono assumere varie facce che vanno da vacanze esclusive in destinazioni esotiche a esperienze avventurose e peculiari. Viaggi per acquisizioni o fusioni I viaggi per acquisizioni e fusioni sono un aspetto cruciale nel contesto delle operazioni aziendali che coinvolgono l'integrazione di nuove aziende. Durante questo processo è indispensabile che i dirigenti e gli esperti si rechino in sede per valutare la situazione, per interagire con le parti interessate nonché con gli stakeholders quali azionisti, investitori, consulenti legali e finanziari. Negoziare vuol dire trovare accordi, discutere di condizioni di pagamento, valutazione aziendale e altri aspetti dell'accordo. Foto di Artem Zhukov su Unsplash Read the full article
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londranotizie24 · 6 months
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lamilanomagazine · 6 months
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"A Bari tutto il mondo è paese": presentata la campagna antirazzismo promossa dall'assessorato al Welfare e casa delle culture
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"A Bari tutto il mondo è paese": presentata la campagna antirazzismo promossa dall'assessorato al Welfare e casa delle culture. Si è svolta nella mattina di mercoledì 20 marzo, presso la sala consiliare di Palazzo di Città, in occasione della giornata mondiale contro il razzismo, la conferenza stampa di lancio di "A Bari tutto il mondo è paese", la campagna permanente contro le discriminazioni razziali e per una città accogliente promossa dall'assessorato al Welfare del Comune di Bari e dal centro comunale Casa delle Culture. Sono intervenuti Francesca Bottalico, assessora al Welfare, Carmine Spagnuolo, presidente della cooperativa sociale Medtraining, Roberta Cagnetta, vicepresidente di Camera a Sud impresa Sociale, e Joachim Agnakan Elom, uno dei cittadini baresi testimonial della campagna. Presenti anche Emanuele Marinelli, coordinatore di Casa delle Culture, Nicola D'Onchia, il direttore del settore Osservatorio per l'inclusione sociale e contrasto alla povertà del Comune di Bari, e altri cittadini baresi di prima e di seconda generazione che hanno scelto di essere testimonial della campagna. "A Bari tutto il mondo è paese" è una campagna multipiattaforma che, attraverso foto, podcast e brevi video, ritrae sedici cittadine e cittadini baresi migranti di prima e seconda generazione, che hanno accettato l'invito di raccontare un pezzetto della propria storia per offrire uno sguardo autentico sulla diversità che arricchisce Bari, nel segno dell'inclusione. La campagna prevede, inoltre, taccuini, cartoline e totem che verranno distribuiti sul territorio della città, con un QR Code che rimanda all'homepage della campagna sul sito di Casa delle Culture. "Oggi, giornata internazionale contro il razzismo, abbiamo presentato una campagna permanente con la quale vogliamo ribaltare la narrazione che sempre più spesso si fa dell'immigrazione - ha dichiarato Francesca Bottalico -. Con questa campagna vogliamo parlare di una città, Bari, accogliente e inclusiva; una città nella quale nessuno è straniero e in cui tutti possono costruire una nuova vita. Vogliamo parlare di storie vere, di incontri, di progetti e identità. Di una città dove tutti si sentano cittadini, anche chi purtroppo formalmente non ha la cittadinanza a causa di leggi assurde e anacronistiche: non a caso alcuni di loro sono qui seduti oggi tra i banchi del Consiglio comunale. Una città dove esistono luoghi come Casa delle Culture, uno dei progetti più innovativi che in questi anni abbiamo voluto, progettato e realizzato. Un luogo dove, contemporaneamente, si accoglie, si sostiene e si promuove una cultura non discriminatoria. Un luogo dove migranti, richiedenti, donne, giovani, famiglie vivono, crescono e imparano insieme. Un progetto riconosciuto a livello nazionale ed europeo, che mette in atto una visione nuova di inclusione e accoglienza, passando dall'incontro, dalla conoscenza e dalle relazioni. Bari inclusiva, infatti, non è uno slogan ma è un insieme di azioni, scelte politiche, dialoghi comuni. Sono tante le storie che con questa campagna racconteremo, storie vere di chi ha scelto Bari come suo approdo di vita, conservando le proprie radici ma anche aprendosi a contaminazioni umane, sociali e culturali. A Bari, in questi anni, abbiamo lavorato, infatti, affinché nessuno rimanesse indietro, ma anzi diventasse patrimonio umano indispensabile di questa nostra bellissima città". "Ringrazio l'amministrazione comunale e tutte le persone presenti qui con noi oggi - ha proseguito Carmine Spagnuolo -. Come cooperativa sociale Medtraining teniamo davvero moltissimo ai servizi che stiamo gestendo a Casa delle Culture. Sin dall'inizio, l'abbiamo vissuta come uno spazio speciale, perché ha in sé un elemento di cambiamento molto importante. Casa delle Culture, infatti, non è solo inclusione e accoglienza, ma mette al centro della propria attività il dialogo tra le persone e le esperienze. E questo è il segno di un cambiamento di prospettiva molto importante: perché proprio con l'incontro tra le persone si promuove la convivenza multiculturale. La campagna che presentiamo oggi mette in risalto le storie delle persone che vivono il territorio della nostra città, e questo ci rende ancora più orgogliosi di gestire questo spazio. Continueremo a fare tutto il possibile per promuovere politiche di dialogo che rompano la rappresentazione dell'immigrazione come mero problema. L'integrazione, infatti, avviene nel quotidiano, negli incontri tra le persone. Favorirli e renderli sempre più generativi è un atto molto importante". "Siamo felici di aver realizzato questo progetto, e ringraziamo l'assessora Bottalico e Casa delle Culture per la fiducia - ha dichiarato Roberta Cagnetta -. Quando ci stato chiesto di immaginare questa campagna abbiamo pensato di partire dall'espressione "tutto il mondo è paese", che di solito significa che tutti i luoghi sono accomunati dagli stessi problemi. Abbiamo ribaltato lo sguardo e siamo andati alla ricerca del senso positivo di questa espressione, trovandolo nella volontà di sottolineare che gli esseri umani hanno tutti gli stessi bisogni, a prescindere dalla loro provenienza geografica. Tra questi, il desiderio di trovare un senso di appartenenza e protezione nel territorio in cui si sceglie di abitare. Questo è un desiderio che ci accomuna davvero tutti. A Bari tutto il mondo è paese è, quindi, un incentivo a guardare all'intercultura oltre gli stereotipi, perché è già un dato di fatto: nelle piazze, negli uffici, nelle scuole e per le strade di Bari. Quindi, con le 16 cittadine e cittadini baresi di prima e di seconda generazione che hanno accolto il nostro invito, abbiamo raccontato piccoli frammenti della loro storia, per avere uno sguardo che partisse dalle loro stesse parole e dimostrasse che Bari, per loro, è già casa". "Bari, come mi capita di ripetere spesso, non è solo una città bellissima ma è anche una città di accoglienza, che possiede un melting pot di culture davvero straordinario - ha concluso Joachim Agnakan Elom -. Ho raccontato la mia storia in questa campagna: ora mi occupo di inserimento lavorativo di altre persone, sono un tutor. Negli anni scorsi, qui a Bari, ho frequentato l'università, laureandomi, e poi proseguendo la mia formazione con un master. Ho avuto delle possibilità e degli strumenti importanti che hanno fatto la differenza. Poter studiare e poi imparare un mestiere, infatti, è fondamentale per l'integrazione delle persone. Per me, Bari, ha significato davvero accoglienza. Qui mi sono sempre sentito e mi sento sempre di più a casa mia, è ormai la mia città". La campagna intende, quindi, essere un'occasione per incoraggiare l'incontro e lo scambio tra cittadine e cittadini, valorizzando la casa comune che è diventata Bari per molte persone provenienti da diverse parti del mondo. Tutto questo, anche per smentire gli stereotipi legati alla multiculturalità, evidenziando la normalità di questa realtà nella vita quotidiana della città, nel segno dell'impegno costante dell'amministrazione per promuovere in misura permanente una visione inclusiva e aperta di Bari. La Giornata contro il razzismo verrà celebrata anche con il flash mob "Il passo sospeso", in piazza Umberto, alle ore 16, a cura dell'associazione "Il Teatro delle Bambole", e con il banchetto etnico in programma alle ore 18.30, presso Casa delle Culture nel quartiere San Paolo. Casa delle Culture è finanziata, con fondi PN Metro Plus e Città Medie Sud 2021-2027, dall'assessorato al Welfare del Comune di Bari, ed è gestita dalla cooperativa sociale Medtraining in ati con la Cooperativa Sociale San Giovanni di Dio. Offre servizi di accoglienza residenziale temporanea per 25 persone adulte, uno sportello per l'integrazione socio culturale e sanitaria degli immigrati e uno sportello di orientamento al lavoro e di orientamento legale. La struttura rappresenta un presidio per accogliere, orientare, integrare, sostenere ed educare al dialogo, alla solidarietà e alla reciprocità. Un luogo in cui cittadini italiani e migranti, adulti e minori, possono incontrarsi e condividere insieme esperienze significative e storie di vita per costruire ponti culturali, solidali, inclusivi. Attraverso laboratori, iniziative, attività, presentazioni, spettacoli e mostre, "Casa delle Culture" vuole essere punto d'incontro tra la realtà migrante e la cittadinanza.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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scenariopubblico · 11 months
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Cadono le aspettative con SPORT…
Ormai profondamente radicati tra gli standard della nostra cultura, i concetti di agonismo e prestazione si pongono alla base di qualsiasi performance, fatta eccezione di questa.
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Infatti, l’opera di Salvo Lombardo – artista multimodale, come si definisce per l’utilizzo di molteplici mezzi espressivi – e della sua compagnia Chiasma – fondata nel 2017 a Roma, per ospitare una ricerca policentrica – esplora la «caduta, da non pensare solo come qualcosa da evitare, rimuovere o migliorare, ma da accogliere e con cui amoreggiare».
SPORT chiude la trilogia L’esemplare capovolto (ispirato ai tre lavori di Luigi Manzotti appartenenti al repertorio tardo-romantico), concepita come una fotografia del nostro presente e immortalata dal punto di vista con cui Salvo Lombardo si relaziona all’Occidente e indaga la questione del potere. Effettivamente, le due opere precedenti – Excelsior e Amor – aprono un discorso spinoso sull’identità, una condizione sociale a cui SPORT risponde che si può cadere in maniera resiliente per trovare il desiderio di un definitivo ribaltamento di certe narrazioni, per trovare un nuovo inizio.
Ma SPORT ribalta anche la visione dei corpi, letteralmente!
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Tramite lo studio della tecnica appartenente alla lotta greco-romana, gli interpreti – Chiara Ameglio, Daria Greco, Fabritia D’Intino e Jaskaran Anand – creano progressivamente una struttura meditativa capace di donare al pubblico uno spazio sicuro e personale in cui riflettere, se vuole, instaurando tra loro relazioni colme di ascolto e sensibilità, virtuosismi in grado di ricordarci che si può lottare con amore.
«È come se su questa performance passassero delle nuvole. È come se fossero il pensiero che passa, e quindi ogni tanto passa e copre l’oggetto ma non lo invade… e quella nuvola è il tuo pensiero, tuo, solo tuo; il tuo vicino non ce l’avrà, ne avrà un altro»
Ciò che è accaduto su quel tappeto godeva di una propria autonomia, viveva per sé e per nessun altro, ma ci offriva la possibilità di osservarlo e di percepire le sue energie. A volte, quella visione ha portato la mia attenzione verso lo scorrere di ciò che stava attorno. Altre volte, mi ha distaccato totalmente da essa permettendomi di assecondare i miei pensieri. Così ho viaggiato con la testa verso mille suggestioni, che variavano anche in base al sottofondo sonoro, a tratti contrastante a sé stesso ma sempre spontaneo, come a dimostrare che uno stesso accadimento può essere vissuto con più punti di vista.
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All’interno di questo ambiente, sono emersi momenti notevolmente evocativi: ricordo che l’incontro tra i colpi generati dagli interpreti e quelli riprodotti dalle casse mi ha turbato molto; probabilmente, alcune vicende che oggi bombardano i nostri media hanno trovato in quell’istante un punto di sfogo. Eppure, l’essenza di SPORT risiede qui, nella ricerca della verità: per questo motivo cade l’aspettativa di una coreografia che risolve una questione, lasciandola aperta e sollevandosi dalla pressione di doverla soddisfare; quindi, per questo motivo cade la tensione della performatività, mentre la fatica lascia spazio al piacere, anzi all’emozione, nella conoscenza dei corpi.
In fin dei conti, lo stimolo che ha portato Salvo Lombardo a rispolverare i balletti di Manzotti ci fa riflettere su cosa possono dirci del nostro qui e ora, ricordandoci che i problemi esistono e va bene inciamparci e caderci, purché non venga visto come una fine.
a cura di Luca Occhipinti
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giancarlonicoli · 1 year
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16 set 2023 16:50
IL MISTERO DEL DOSSIER MANCANTE SULLA STRAGE DI USTICA – TRA I 18 DOCUMENTI ANCORA TOP-SECRET RELATIVI ALL’INCIDENTE MANCA LA PRESUNTA RELAZIONE DEI SERVIZI SEGRETI CHE RIVELEREBBE LA VERITÀ SU QUANTO SUCCESSO IL 27 GIUGNO 1980 - QUELL’INFORMATIVA, DI CUI ESISTE TRACCIA NEI REGISTRI (OLTRE CHE NELLA TESTIMONIANZA DELL’EX MARESCIALLO DIOGUARDI), NON È MAI STATA CONSEGNATA ALL’ARCHIVIO DI STATO NÉ TANTOMENO VE N’È TRACCIA NEGLI ATTI DELLE INDAGINI - DOVE SIA FINITA È L’ENNESIMO MISTERO DI QUESTA STORIA... -
Estratto dell'articolo di Fabio Tonacci, Giuliano Foschini per “La Repubblica”
Esistono almeno 18 documenti sulla strage di Ustica che i cittadini italiani non conoscono, perché tuttora secretati. Si tratta essenzialmente di report del ministero della Difesa e di atti dei nostri Servizi di sicurezza, ma anche cablo di Stati stranieri e resoconti della Nato. Un filo li lega tutti: l’oggetto di quelle carte sono pezzi di una verità che ancora manca su quanto accaduto la notte del 27 giugno 1980 sui cieli d’Italia.
Lo ha rivelato ieri il ministero di Guido Crosetto, in risposta all’intervista rilasciata a Repubblica da Giuseppe Dioguardi, maresciallo in congedo dell’Aeronautica Militare che negli anni Ottanta ha lavorato nella segreteria particolare di quattro ministri della Difesa.
All’appello manca però la diciannovesima carta, che a dire di Dioguardi è cruciale: la relazione del Sismi, datata 1986, sui fatti di Ustica. Quell’informativa, di cui esiste traccia nei registri di protocollo oltre che nel racconto del maresciallo, non è mai stata declassificata e consegnata all’Archivio di Stato né tantomeno ve n’è traccia negli atti delle indagini della procura di Roma sulla strage del Dc9. Dove sia finita è l’ennesimo mistero di questa storia che da 43 anni ingoia versioni ufficiali e versioni ufficiose.
Quando ieri mattina ha letto l’intervista, il ministro Crosetto ha chiesto al suo Gabinetto di cercare immediatamente il documento indicato. […] La risposta degli uffici alla richiesta di Crosetto è arrivata dopo poco: quel documento non è mai stato trovato. Non era infatti nel faldone di 1.967 atti su Ustica raccolti dopo la ricognizione del 2014 presso la Segreteria speciale del Gabinetto e consegnato all’Archivio centrale dello Stato tra il 2015 e il 2016, come imponeva la direttiva Renzi sulla declassificazione degli atti.
Mentre dunque dal vertice della Difesa partiva l’ordine di cercare di nuovo, e meglio, contemporaneamente in nome di «un’operazione trasparenza», fonti del ministero hanno rivelato l’esistenza di altre 18 carte ancora coperte da segreto.
Tra esse ci sono 11 informative che portano il timbro ministeriale: per lo più relazioni di corpi militari e informative interne. In più, altri sette fascicoli che arrivano dai Servizi, da apparati esteri e dalla Nato che sono al ministero ma non possono essere letti. Perché? «Quando è terminata la ricognizione del 2014 — spiega a Repubblica una fonte investigativa che lavora all’indagine su Ustica — c’è stata un’interlocuzione tra il ministero e la procura di Roma: sono stati messi a disposizione tutti gli atti ancor prima della desecretazione, e i pm hanno indicato quali potessero essere di loro interesse».
Come le 11 informative mai entrate nelle inchieste precedenti, o mai sufficientemente valorizzate. «Non dimentichiamoci che questa è un’indagine particolare», ragiona la fonte, «passa necessariamente dal “non ufficiale”, si basa sul dubbio, anche su testimonianze confidenziali, perché altrimenti avremmo dovuto fermarci all’ipotesi della bomba».
La Procura di Roma ha preso gli 11 documenti e non ha autorizzato, per ragioni di segreto istruttorio, l’invio all’Archivio di Stato. «Gli altri 7 sono fermi nel nostro archivio in attesa del nullaosta dagli enti che li hanno emessi», spiega il ministero della Difesa.
[…] Per gli altri 7 documenti il lasciapassare non c’è ancora. «Lo chiediamo, senza risposta, dal 2015», dicono al ministero. A Repubblica risulta che si tratti di alcune relazioni delle agenzie di intelligence su cui dovrebbe dare l’ultimo via libera il Dis, di relazioni che arrivano da Stati esteri, e di almeno un report della Nato che spiega, tra le altre cose, il funzionamento di alcuni sistemi di difesa dell’Alleanza (per esempio il tracciamento dei mezzi).
Motivo per cui il via libera potrebbe non arrivare mai. Anche i sette documenti però sono stati visionati dalla Procura per verificare se contenessero potenziali notizie di reato, o comunque elementi utili alle indagini. È stato valutato di no, perciò i fascicoli sono rimasti alla Difesa.
La storia dell’inchiesta di Ustica è piena di valutazioni frettolose. Di piste sbagliate, di piste sottovalutate. E di carte fatte sparire, come forse è capitato alla relazione del Sismi del 1986 che il maresciallo Dioguardi lesse e di cui ricorda tutti i dettagli.
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basidellislam · 1 year
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ISLAM 101: La Tua Famiglia: Parte 2
Categorie di donne rispetto ad un uomo:
Ci sono diverse categorie di donne:
1) La moglie: L’uomo ha il diritto di guardare e godere della compagnia di sua moglie come desidera, come pure la donna gode dello stesso diritto. Allah ha definito il marito come vestito di sua moglie e la moglie vestito di suo marito: meravigliosa immagine di un’unione fisica, sentimentale e mentale. Ha detto l’Altissimo: “Esse sono una veste per voi e voi siete una veste per loro” (Corano 2, 187).
2) La donna che non può sposare: È ogni donna con cui un uomo non può mai contrarre matrimonio. Esistono a tal proposito varie categorie:
Sua madre, sua nonna materna o paterna e ascendenti
Sua figlia o la figlia di suo figlio o la figlia di sua figlia e discendenti
La sorella da ambo i genitori o da uno fra i due
La zia paterna o la zia del patrigno, come pure la zia del padre e quella della madre
La zia materna o la zia della matrigna, come pure la zia del padre e quella della madre
La figlia del fratello o del fratellastro e discendenti
La figlia della sorella o della sorellastra e discendenti
La madre della moglie (tanto che sia ancora sposato con lei o divorziato da lei) e sua nonna
La figlia della moglie nata da precedente matrimonio
La moglie del figlio e discendenti
La moglie del padre e ascendenti
3) La donna con cui non ha alcun tipo di parentela:
È la donna con cui non esiste alcun vincolo. Può essere tra la cerchia parentale, come la cugina materna o paterna o la moglie del fratello (dopo il suo divorzio o la sua morte); oppure al di fuori della cerchia parentale.
Ogni giorno purtroppo notizie e statistiche parlano di casi di stupri e relazioni sessuali illecite che provocano la distruzione di famiglie e società lontane dalla legge divina.
L’Islam ha messo tali regole a proposito del legame fra la donna e l’uomo per proteggere la dignità di entrambi e chiudere le porte a Satana, contro le sue tentazioni nei confronti dell’essere umano. Chi ha creato l’essere umano conosce meglio di chiunque altro quel che gli è più utile, come ha detto l’Altissimo: “Non conoscerebbe ciò che Egli stesso ha creato, quando Egli è il Perspicace, il Ben informato?” (Corano 67, 14).
Norme riguardanti la relazione fra l’uomo e la donna con cui non sussiste impedimento legale al matrimonio:
1) Abbassare lo sguardo:
Abbassare lo sguardo distogliendolo da quel che Allah ha vietato aiuta a mantenere la propria castità e difendere la propria dignità
Il Musulmano non deve guardare le parti intime altrui o quel che comunque può suscitare la sua passione, né deve mantenere lo sguardo su una donna senza necessità.
Allah ha ordinato ad entrambi i sessi la castità degli sguardi, essendo questo il modo di proteggere la propria castità e dignità. Al contrario, lanciare sguardi senza limite è fonte di peccati e corruzione. Ha detto l’Altissimo: “Di’ ai credenti di abbassare il loro sguardo e di essere casti. Ciò è più puro per loro. Allah ben conosce quello che fanno. E di’ alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste” (Corano 24, 30-31).
Se lo sguardo cade senza intenzione su quel che è illecito guardare, bisogna distogliere subito lo sguardo. Ciò riguarda qualunque forma di pubblicazione, incluso internet, che spinge al desiderio sessuale.
2) Le relazioni interpersonali si devono basare sulle buone maniere ed il retto comportamento
Nel dialogo fra un uomo ed una donna (che potrebbe legalmente sposare) si devono sempre osservare regole di buon comportamento, evitando tutto quel che può suscitare passione ed istinti sessuali. Per tale motivo:
- Allah ha interdetto alle donne di rivolgersi agli uomini (che potrebbero legalmente sposare) con tono di voce sdolcinato, ordinando invece loro di mantenere un tono di voce normale. Ha detto l’Altissimo: “… non siate accondiscendenti nel vostro eloquio, ché non vi desideri chi ha una malattia nel cuore. Parlate invece in modo conveniente” (Corano 33, 32).
- Allah ha vietato movimenti ed atteggiamenti tali da suscitare passione, come pure di mostrare intenzionalmente parte delle proprie bellezze e ornamenti. Ha detto l’Altissimo: “E non battano i piedi, sì da mostrare gli ornamenti che celano” (Corano 24, 31).
Divieto di rimanere soli un luogo chiuso con una donna non appartenente alla cerchia familiare (Khalwah)
L’uomo non può restare solo con una donna che potrebbe legalmente sposare in una stanza o un luogo chiuso; questo è infatti uno dei modi tramite cui Satana spinge l’uomo al peccato. A tal proposito ha detto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Un uomo ed una donna non stanno soli in un luogo separato senza che Satana sia il terzo di loro” (Tirmidhi 2165).
Indossare il velo (hijāb, il modo modesto di vestire):
Allah ha ordinato alla donna di portare il velo, per coprire la sua bellezza e quel che può attirare un uomo. Infatti la donna attrae l’uomo con la sua bellezza più di quanto non avvenga il contrario.
Allah ha ordinato di portare il velo per diversi motivi, fra cui:
- Affinché la donna possa svolgere il suo ruolo nella vita e nella società, nei domini della scienza e del lavoro nel modo migliore, mantenendo la propria dignità e castità
- Per ridurre le occasioni di deviazione e mantenere la società sana da un lato e proteggere la dignità della donna dall’altro.
- Per aiutare gli uomini a guardare le donne con sguardo casto e a tenere un buon comportamento, comportandosi con le donne in modo rispettoso e non trattandole come mero oggetto di piacere.
Parti che il velo (hijāb) deve coprire:
Allah ha ordinato alla donna che si trovi dinanzi a uomini non suoi familiari di coprirsi interamente ad eccezione del viso e delle mani. Ha detto l’Altissimo: “… non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare” (Corano 24, 31). Tuttavia se l’esposizione del volto e delle mani possono essere causa di tentazione, bisogna coprire anche queste parti.
Criteri del velo:
La donna può indossare il velo nella forma e colori che preferisce, a tali condizioni:
- Che il velo copra le parti che è necessario coprire.
- Che il velo sia ampio e non aderente rivelando così le parti del corpo che deve coprire.
- Che il velo non sia trasparente in modo da rivelare ciò che dovrebbe coprire.
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spritzapeiron · 1 year
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Credo murakamiano
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Leggere permette di evadere dalla realtà, dalla propria storia, per viverne un’altra. Esistono scrittori che di realtà fantastiche hanno fatto il loro vessillo, mondi immaginari nei quali il lettore è portato a perdersi sino a distaccarsi dalla realtà che lo circonda. Il mondo surrealista creato da Haruki Murakami è sicuramente il luogo dove desidererei esistere. La narrazione tratteggiata dallo scrittore giapponese unisce verità e onirico, infondendo a situazioni comuni elementi fantastici, in una giustapposizione dove tutto appare sorprendentemente credibile. Come il gatto, simbolo per antonomasia del sovrannaturale ed elemento ricorrente nelle opere dell’autore di Kyoto, Murakami o lo si ama o lo si odia. In attesa della prossima uscita, annunciata per il 13 aprile in Giappone, queste righe celebrano come un inno la potenza di questo scrittore che riesce a cogliere luci e ombre della vita e trasferirle in messaggi universali. Un dodecalogo ad esistere allenando la propria sensibilità verso le persone, la natura, le emozioni. Una guida per i viaggiatori di questo e dell’altro mondo.
1. L’adolescenza è il momento della vita nel quale diventiamo esploratori delle emozioni: onde immense di sensazioni si abbattono su di noi e vette altissime di desiderio animano le nostre menti e i nostri corpi. I sentimenti che proviamo in questo periodo sono violentemente intensi e indimenticabili. Momento di metamorfosi dall’infanzia all’età adulta, l’adolescenza rappresenta il momento in cui la nostra esistenza è ad un bivio: le scelte messe in atto in questi anni ci destinano in modo immutabile ad una vita normale, accettata dalla società, o ad una vita anticonformista.
2. La diversità pervade la nostra esistenza, continuamente divisi tra il volerci sentire e mostrarci a tutti i costi nella nostra unicità e all’opposto nel fare tutto il possibile per uniformarci ed essere accettati.
3. La musica accompagna momenti di condivisione e momenti di solitudine, amplificandoli. Descrive per sempre periodi della nostra vita passata, attimi che diventano incisi essi stessi in una traccia musicale. Un brano vivrà molto spesso in maniera simbiotica con le persone della nostra vita. La musica è ispirazione.
4. La solitudine ci attraversa fisicamente e mentalmente (essere soli e sentirsi soli), influenzando l’una e l’altra sfera. La solitudine è rifugio, equilibrio di bastare a sé stessi, e attraverso di essa possiamo accedere al nostro mondo interiore: i sensi amplificati da questa condizione ci permettono di cogliere tutto quello che trascende dalla realtà.
5. La magia galleggia nell’aria, energia in potenza cui possiamo dare forma con la nostra volontà.
6. L’addio si manifesta nella nostra esistenza in vesti diverse e molteplici: è talvolta annunciato, talvolta un’apparizione improvvisa. Viviamo sempre nella condizione di dover lasciare qualcuno: valorizziamo le nostre relazioni.
7. Il sesso è un bisogno organico regolato dal caos. L’unione di corpi sconosciuti, carica di aspettative, risulta sempre in un’azione dagli effetti inaspettati. Tra persone destinate l’una all’altra il bisogno fisico diventa anche espressione di sentimento.
8. Il cibo è momento di condivisione di sensazioni e alimentazione delle emozioni: disseta ciò che ci divora, alimenta ciò che ci soddisfa. La preparazione culinaria è specchio della nostra predisposizione d’animo.
9. L’alcol ci divide in due categorie di persone: quelle che bevono per enfatizzare la propria personalità e quelle che bevono per cercare di liberarsi di qualcosa di sé stesse.
10. La natura sviscera il nostro stato d’animo, riflettendosi in esso. Essa concede la sua bellezza a tutti noi, non tracciando alcuna linea di demarcazione tra ricchi e poveri.
11. La luna è portale: dalla terra guardiamo tutti la stessa parte di luna e la luna guarda la terra da vicino da più tempo di chiunque altro.
12. I gatti si amano e si fanno amare incondizionatamente, non c’è niente che debba essere spiegato in questa relazione. Una presenza magica, simbolo del mondo surreale opposto al nostro e chiave per la comprensione di eventi sovrannaturali.
"Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente. La comprensione non è altro che un insieme di fraintendimenti. Questo è il mio piccolo segreto per conoscere il mondo. In questo nostro mondo, “le cose che sappiamo” e “le cose che non sappiamo” sono fatalmente inseparabili come gemelle siamesi, e la loro stessa esistenza è confusione."
Fonti:
Haruki Murakami - opere varie
Beatrice Mosole
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scienza-magia · 2 years
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Funghi di un nuovo ramo dell'Albero della Vita
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Scoperto nuovo ramo di evoluzione dei funghi. Mai visti sulla Terra: questi organismi misteriosi stanno ossessionando gli scienziati. Sono ufficialmente alcuni dei funghi più strani della Terra e sembrano non adattarsi al nostro attuale albero della vita. Eppure stanno proliferando e ossessionano gli scienziati. Da tempi immemori gli scienziati cercano di classificare ogni forma di vita sul nostro pianeta. Si tratta di una prassi che mescola il desiderio di conoscenza alle curiosità evolutive e che diventa utile sotto moltissimi aspetti per capire cosa succede intorno a noi. Per "dipingere" ogni forma vivente sulla Terra, gli scienziati usano il cosiddetto Albero della Vita. E proprio usandolo si sono accorti che ci sono degli organismi misteriosi sul globo, che sembrano sfuggire a ogni logica. Ebbene sì: questi organismi, di piccoli dimensioni, sembravano non corrispondere al diagramma così dettagliato che l’Albero della Vita aveva ritratto. Come se fossero alieni, si "muovevano" e si evolvevano in una direzione apparentemente sconosciuta. Apparentemente, appunto. Perché oggi biologi e microbiologi sono in grado di capirci di più. Gli strani organismi misteriosi e l’Albero della Vita Ma andiamo per ordine: come abbiamo già spiegato l’Albero della Vita (o Albero Filogenetico) è un diagramma che raccoglie ogni forma vivente sulla Terra, ma non solo. Questo strumento è frutto di una sofisticata analisi genomica che punta a riassumere tutte le relazioni evolutive fra organismi. Ogni sua ramificazione, dunque, mostra come le varie specie biologiche/organismi/microrganismi/entità sono legate fra loro, in base a somiglianze e differenze fisiche o genetiche più o meno sottile.
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I tipi di alberi filogenetici sono diversi, ma in linea di massima tutti  puntano a spiegare come avviene la speciazione e come ogni nome presente nei rami abbia un’ascendente comune: nelle rappresentazioni più comuni le cime rappresentano gli organismi attualmente presenti sulla Terra, mentre i rami che li collegano al tronco esprimono le relazioni evolutive tra le varie creature. Ora, va da sé che un diagramma così dettagliato riporti tutto, proprio tutto, in maniera ordinata. Eppure, alcuni organismi misteriosi sembravano non trovare collocazione. Gli organismi misteriosi: i funghi più strani della Terra Nel caso ve lo steste chiedendo, gli organismi misteriosi sono funghi che sembravano non essere mai stati visti sulla Terra. Questi funghi hanno la capacità di vivere insieme ad alghe, piante, cianobatteri e insetti, creando degli organismi compositi molto particolari: in sostanza, fanno affidamento sul loro partner simbiotico per ricevere nutrimento, ma i rapporti che sviluppano sono estremamente peculiari. Mentre alcuni di questi organismi, infatti, sviluppano"relazioni" vantaggiose per entrambi i partner, godendo dei carboidrati dalla fotosintesi e "ricambiando il favore" fornendo umidità e sostanze nutritive, altri sono a tratti inquietanti: in particolare una famiglia di questi strani funghi, quella delle Geoglossaceae, vive una sorta di doppia vita, avendo da una parte un legame con dei cianobatteri ma dall’altra parte restando indipendenti e "rubando" l’aria a ciò che li circonda. Ancora, esistono delle specie che colonizzano gli insetti, li manovrano e li manipolano pur di svilupparsi. Tutti questi funghi non avevano mai trovato collocazione nell’Albero della Vita: sembravano dei veri e propri outsider, arrivati sul nostro pianeta quasi per caso, come provenienti da un altro mondo. La loro esistenza ha letteralmente ossessionato gli scienziati, almeno fino a oggi. I funghi misteriosi e il nuovo ramo dell’Albero della Vita Sì, perché pare che grazie a una nuova analisi genetica, si sia giunti a una nuova (e definitiva?) conclusione. Nonostante le differenze estreme tra questi strani tipi di funghi e in generale, tra loro e gli organismi presenti nell’Albero della Vita, esiste un modo per collocarli in maniera agevole nel nostro variegato e complesso sistema biologico e filogenetico. Un team di biologi, capitanati dal professor David Díaz-Escandón dell’Università dell’Alberta, ha infatti sequenziato e analizzato i genomi di 30 diverse specie di funghi "alieni" e ha scoperto una cosa molto importante. Pare che tutti questi strani funghi, che in passato i biologi avevano cercato di collocare in classi e famiglie diverse, appartengano tutte allo stesso ramo evolutivo, chiamato Lichinomycetes che è ufficialmente diventato un nuovo ramo dell’Albero della Vita e che pare si sia separato dagli altri rami legati ai funghi ben 300 milioni di anni fa. Finora, questa ipotesi non era mai stata presa in considerazione, ma dato che il genoma di tutti i lichinomiceti è davvero piccolo e dato che (quasi) tutti fanno affidamento su relazioni simbiotiche con altre specie per sopravvivere, i punti in comune sono stati evidenti. E adesso? Adesso gli scienziati sono ancora più in fermento: se questi funghi appartengono infatti a un nuovo ramo evolutivo, nulla esclude che il nostro Albero della Vita ne "nasconda" (in piena vista) molti altri. E forse è proprio dai funghi che bisogna partire per scoprirli tutti. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 6 months
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Sindrome da burnout: un'epidemia silenziosa
Sempre più lavoratori si trovano ad affrontare la sindrome da burnout, una condizione di esaurimento psico-fisico causata da stress lavorativo cronico. I dati parlano chiaro: un sondaggio del 2023 condotto su 10.243 lavoratori globali dal think tank Future Forum ha rilevato che il 42% degli intervistati soffre di burnout, la cifra più alta da maggio 2021. Quali sono le cause di questo aumento? Le cause del burnout sono molteplici e complesse. Tra le più importanti troviamo: - Eccessivo carico di lavoro: la pressione per raggiungere obiettivi sempre più elevati, spesso con risorse limitate, può portare a un senso di sovraccarico e frustrazione. - Mancanza di controllo: la sensazione di non avere autonomia sul proprio lavoro può generare impotenza e demotivazione. - Scarso supporto sociale: la mancanza di sostegno da parte dei colleghi e dei superiori può aggravare la sensazione di isolamento e solitudine. - Ambiente lavorativo tossico: un clima aziendale negativo, caratterizzato da mobbing o conflitti, può creare un ambiente di lavoro stressante e deleterio. - Mancanza di equilibrio tra vita lavorativa e privata: la difficoltà di conciliare le esigenze lavorative con quelle personali può portare a un esaurimento psico-fisico. Quali sono i sintomi? I sintomi del burnout possono essere fisici, emotivi e comportamentali. Tra i più comuni troviamo: - Stanchezza cronica: un senso di stanchezza fisica e mentale persistente, che non si risolve con il riposo. - Stress: ansia, irritabilità, difficoltà di concentrazione e decisioni impulsive. - Depressione: umore depresso, perdita di interesse per le attività che un tempo si facevano con piacere, sensazione di vuoto e pessimismo. - Disturbi del sonno: insonnia, risvegli notturni, difficoltà ad addormentarsi. - Problemi di salute fisica: mal di testa, dolori muscolari, gastrite, abbassamenti delle difese immunitarie. - Disimpegno lavorativo: calo della produttività, perdita di interesse per il lavoro, tendenza ad assentarsi o a procrastinare. Come si può prevenire e combattere la sindrome da burnout? La prevenzione e il trattamento del burnout richiedono un impegno a livello individuale e aziendale. A livello individuale, è importante: - Imparare a gestire lo stress: esistono diverse tecniche di rilassamento e mindfulness che possono aiutare a ridurre lo stress e migliorare il benessere psicofisico. - Definire dei confini: è importante saper dire no alle richieste eccessive e imparare a delegare. - Prendersi cura di sé: dedicare del tempo a se stessi per fare attività che piacciono, riposare adeguatamente e seguire una dieta sana. - Coltivare le relazioni sociali: il sostegno di amici, familiari e colleghi è fondamentale per affrontare le difficoltà. A livello aziendale, è importante: - Promuovere una cultura del benessere: le aziende dovrebbero creare un ambiente di lavoro sano e sicuro, che valorizzi i dipendenti e favorisca il loro equilibrio tra vita lavorativa e privata. - Ridurre il carico di lavoro: è importante assegnare un carico di lavoro adeguato alle capacità dei dipendenti e fornire loro le risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro in modo efficace. - Migliorare la comunicazione: una comunicazione aperta e trasparente tra azienda e dipendenti è fondamentale per prevenire e risolvere i problemi. - Offrire formazione e supporto: le aziende dovrebbero offrire ai propri dipendenti formazione sulla gestione dello stress e supporto psicologico. Il burnout è un problema serio che può avere un impatto significativo sulla salute dei lavoratori e sulla produttività delle aziende. È importante quindi che tutti gli attori coinvolti si impegnino a prevenirlo e a combatterlo. Foto di Lukas Bieri da Pixabay Read the full article
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a-dreamer95 · 3 years
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Mi risuonano in mente le parole di una delle mie professoresse del liceo, oggi più attuali che mai: " Rispondere è educazione, prendete una parte del vostro tempo e rispondete ai messaggi, alle email, ai saluti". Una professoressa esemplare, che ci ha insegnato, senza volerlo, le basi del vivere sociale. Oggi siamo sempre tutti coi telefoni in mano ma sempre senza il tempo di rispondere a un messaggio di auguri, a una email, a una chiamata. Ora con i social è anche peggio: non ho ancora capito se accorciano o aumentano la distanza tra le persone. La cosa positiva è che i maleducati si palesano bene, capisci che certi amici tanto "amici" in realtà non lo sono, forse non lo sono mai stati se non ti ricambiano nemmeno il "follow". Ora si "defollowa", si "ghosta", si "blocca" e non si parla più. Si fa prima. 
Ma questi comportamenti denotano soltanto maleducazione, paura di assumersi le proprie responsabilità, mancanza di rispetto e grande immaturità. Eppure va di moda, sento dire pure che "fa figo"... "fa figo" far soffrire gli altri? Senza reciprocità le relazioni non vanno da nessuna parte. Sarebbe bello potersi fidare ciecamente di tutti, ma non in questo mondo dove l'egoismo dilaga.
Tuttavia, io sono gentile con le persone che mi hanno delusa, facendo loro credere che non si sia rotto niente tra di noi quando, invece, è cambiato tutto. È un mio modo di difendermi che ho sviluppato negli anni, sono accondiscendente verso di loro mentre tengo i miei sentimenti per me. Non c'è gusto a discutere, abbiamo caratteri e punti di vista diversi che non si incontreranno mai. Ricordo solo che non devo fidarmi e, così, mi proteggo. A volte ometto cose, dico solo cosa loro vorrebbero sentirsi dire e si va avanti nelle nostre vite normalmente. Chissà se loro pensano che io sia così buona come cerco di far credere, evitando litigi e accettando tutto, oppure se sanno di questo lato del mio carattere. Chissà se, in realtà, anche loro fingono. Tutto sommato non c'è nulla di male nel mio comportamento, ma semplicemente non sono me stessa. Forse è perfino segno di maturità: mi infurio di meno rispetto al passato e mi faccio meno "nemici". Le relazioni rimangono un mistero e la verità non esiste, ovvero, esistono tantissime verità: ognuno ha la sua. 
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crazy-so-na-sega · 3 years
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considerazioni inattuali sulla pandemia e altro- l'uomo non domina il mondo. I filosofi dovrebbero capirlo.
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Leopardi
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Agamben
Le posizioni di alcuni filosofi come Giorgio Agamben e Massimo Cacciari sulla pandemia hanno sconcertato molti.  Io vorrei cercare di capire da dove nascano, e non limitarmi a criticarne le conclusioni. Forse alla radice c’è un’idea astratta di uomo e di libertà, che si riverbera anche sulla concezione del potere. Un’astrazione che viene da lontano, da precedenti semplificazioni e astrazioni.
Quasi due secoli fa, Leopardi scriveva: «Non si conosce perfettamente una verità se non si conoscono perfettamente tutti i suoi rapporti con tutte le altre verità, e con tutto il sistema delle cose. Qual verità conosceranno dunque bene quei filosofi che astraggono assolutamente e perpetuamente da una parte essenzialissima della natura?»  Nel pensiero di Leopardi la «parte essenzialissima della natura» da cui non si può fare astrazione è quel congegno complesso, stritolante e misterioso (poiché non se ne riesce a comprendere il fine) in cui è preso ogni vivente, sia umano che non umano. Ed è da questa che  invece certi filosofi prescindono sistematicamente. In una lettera a Giovan Pietro Vieusseux del 4 marzo 1826, Leopardi distingue due modi di considerare l’uomo: l’«uomo in natura» e «l’uomo in società», e si dice incline più al primo che non al secondo. «Gli uomini – spiega – sono a’ miei occhi quel che sono in natura, cioè una menomissima parte dell’universo». I pensatori del suo tempo (e in parte anche del nostro) erano infatti più propensi a considerare l’uomo in società, cioè a osservarlo esclusivamente all’interno delle relazioni che l’uomo stesso ha creato, relazioni per l’appunto sociali, culturali, economiche, di potere. Queste relazioni sono ovviamente molto importanti anche per Leopardi, e le sue continue e illuminanti riflessioni sulle società e sui rapporti tra gli uomini ne sono la prova, ma non esauriscono il tessuto di relazioni in cui è preso l’uomo in quanto vivente. C’è un tessuto più vasto, che ha a che fare con il corpo, con la biologia, gli impulsi, le malattie, le reazioni chimiche, le forze animate e inanimate sia del pianeta (i vulcani, i terremoti, le pestilenze) sia del cosmo. La sua è evidentemente una prospettiva non antropocentrica, che non poteva non scontrarsi con le ideologie dominanti nel suo tempo, infatuate di progresso, e che vedevano la civiltà, la scienza e la ragione umana in costante ascesa.
Leopardi scrive quelle parole a Vieusseux, direttore dell’«Antologia» – che lo aveva invitato a collaborare alla rivista ­­­– proprio per declinare garbatamente quell’invito: il suo sguardo sull’uomo non è infatti di quel tipo che si richiede a chi scriva su un giornale. E aggiunge: «Tenete dunque per costante che la mia filosofia (se volete onorarla con questo nome) non è di quel genere che si apprezza in questo secolo».
Non la si apprezzava nel suo secolo, ma forse neppure nel nostro. Certo il suo pensiero è stato riconosciuto e posto ai vertici della nostra tradizione, come pure la sua opera poetica. Ma quanto ha davvero attecchito nelle categorie e nei concetti che sorreggono le analisi filosofiche del nostro tempo? Non sono molti i filosofi che si facciano carico della complessità delle relazioni in cui è immersa la vita umana. Piuttosto, da quel tessuto ritagliano una piccola parte, astraggono quelle relazioni che credono più rilevanti, o quelle che sanno vedere attraverso i loro strumenti concettuali e i loro paradigmi, cioè, innanzitutto, quelle di tipo economico, sociale e di potere, e solo su quelle ragionano. Come se l’uomo non fosse anche un vivente la cui vita biologica è intrecciata a quella di altre vite, come se l’uomo non fosse anche una specie vivente tra le altre.
Esistono forze su cui noi umani non riusciamo ad agire? Certo, direbbe Leopardi, e guai a non considerarle. Ma se portiamo alle estreme conseguenze certe teorizzazioni di alcuni filosofi odierni, la risposta è ben diversa. È come se dicessero: «Non neghiamo che esistano forze che l’uomo non può dominare (per esempio le tempeste solari, gli asteroidi, i terremoti, le dinamiche del clima), ma per ciò che ora ci interessa possiamo farne astrazione».
È successo qualcosa di simile anche con il virus che si sta insinuando nei corpi viventi dell’intera nostra specie. Questa entità biologica elementare ha fatto irruzione come un imprevisto nella nostra vita associata, sbucando fuori di colpo da quella parte rimossa di relazioni da cui si pensava di poter fare astrazione. Certamente lo avevano previsto alcuni scienziati e altre voci più consapevoli del nostro tempo, che ragionano seguendo paradigmi epistemologicamente improntati all’ecologia, ma per altri modi di ragionare, il virus è entrato in scena come qualcosa di assolutamente inaspettato, non previsto dalle teorie economiche e politiche dominanti, e neppure dalle teorie del potere che sono state elaborate nel secolo scorso dal cosiddetto «pensiero critico», a cui continuano a ispirarsi alcune riflessioni odierne, come quella di Giorgio Agamben sullo stato d’eccezione. Queste teorie contemplano solo attori umani, sociali. Lo stile di pensiero da cui sorgono manca assolutamente di quell’attitudine a vedere l’uomo in natura, e a proiettare, come invece fa costantemente Leopardi, i fatti sociali su quel più vasto orizzonte, che è antropologico, biologico e cosmico, e che considera anche i tempi lunghissimi della specie umana – che si sta rivelando sempre più fragile, proprio come la dipinge Leopardi nella Ginestra, per di più spinta a gran velocità verso il suo stesso limite. A questo tipo di considerazioni la tradizione novecentesca del pensiero critico sembra del tutto impreparata. Come se nel profondo dei suoi fondamenti si fosse sempre più consolidata l’abitudine ad astrarre l’uomo e le sue vicende da quello da cui pure è impossibile separarlo: dal corpo, dalla specie, da tutto ciò che è vivente e che contribuisce a mantenere la vita sul pianeta, dagli animali, dai vegetali, dai batteri, dai virus, dall’atmosfera, dalla gravitazione e dai fenomeni cosmici. Nelle posizioni assunte da alcuni filosofi nei confronti della pandemia a me pare di intravedere l’effetto di un veleno mentale, quello stesso che denunciava Leopardi: l’astrazione.
Donatella Di Cesare, nel suo intervento uscito sull’Espresso il 20 dicembre scorso, e che mi sento di condividere in pieno, sostiene che non bisogna confondere lo stato di eccezione con lo stato di emergenza, quello che stiamo vivendo a causa della pandemia e di molte altre sciagure del nostro tempo (migrazioni, ingiustizie e – aggiungo io, perché non lo si può dimenticare – il rischio di una sesta estinzione di massa). Io direi però che già nei concetti del pensiero critico novecentesco, di Adorno, di Debord, di Foucault, nel loro modo di analizzare il potere, si avverte una simile lacuna, quella di chi vede il mondo unicamente dominato dall’uomo, nel bene come nel male, dimenticando il suo «basso stato e frale», come se tutto ciò che accade fosse in suo potere, sia che si tratti di determinarlo che di evitarlo. Ha ragione Di Cesare a dire che il pensiero di Agamben scivola nel complottismo. Del resto, che cos’è il complottismo se non un voler credere che ogni fatto del mondo dipenda dall’uomo?, che il corso delle cose possa essere guidato addirittura da pochissime menti? Perciò, di fronte a qualcosa che invece l’uomo non controlla, come l’espandersi di un’epidemia globale, non fa meraviglia che quel modo di pensare si rafforzi ancor più, quasi come in un estremo tentativo irrazionale di riaffermare l’egemonia umana sulle forze naturali. In fondo il complottismo è più consolatorio che inquietante. Secondo Di Cesare bisognerebbe «salvare Agamben da Agamben», cioè difendere i concetti che Agamben ha elaborato in questi decenni da ciò che va sostenendo negli ultimi tempi, come se il suo pensiero avesse subito un crampo. A me sembra piuttosto necessaria una revisione di quegli stessi presupposti – davvero troppo umani –  che stanno a fondamento del suo pensiero filosofico come di molti altri del recente passato. Un pensatore come Leopardi – mi viene da pensare – non avrebbe mai preso quelle cantonate sulla pandemia.
Carla Benedetti 7 gennaio 2022
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niente certezze, considerazioni tante...
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