#e io anche peggio
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forse sono una brutta persona ma a volte non mi va giù che gli altri passano brutti periodi e quindi fanno cazzate a lavoro e io le devo sistemare e va bene così perché eh è un periodo difficile come se io stessi bene e fossi sereno e la mia vita fosse fantastica
#quanto vorrei conoscere l'arte del fregarmene#sembra così bello. ma sì sbagliamo tutto tanto qualcun altro rifarà tutto#io lo capisco che se uno ha problemi fuori dal lavoro non è sempre facile concentrarsi e tutto e capisco anche che è ingiusto da parte mia#arrabbiarmi perché io riesco a lavorare bene anche se sto male ma altri non riescono#detto questo io mi stresso di più perché devo sistemare i casini e poi sto peggio#per questo me la prendo. perché gli altri possono stare male e avere quella “scusa” (perché poi non è solo quando stanno male) mentre io mi#faccio in quattro con 3 ore di sonno e pensieri suicidi la sera prima e non riesco a fregarmene e lasciar stare#anche perché sinceramente siamo un ufficio di quasi 20 persone se tuttə vedessero un problema e facessero finta di niente saremmo sempre#nella merda#però va bene così perché tanto sono sempre le stesse persone che si fanno il culo#e permettete che in questo momento mi viene il crimine. sono stanco ma siccome sorrido e scherzo nessuno lo vede#e siccome io faccio pena a parlare di come sto nessuno capirà mai che non mi scivola tutto addosso come sembra#vbb. cerchiamo di farci passare sta voglia di morire che non è il caso
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i hate men 2 electric boogaloo
[potenziale molestia/atteggiamento molesto nei tag siete avvisatə]
#allora recap: ieri incrocio collega sconosciuto e per educazione mi presento#NON L’AVESSI MAI FATTO (poi no. è anche questo un meccanismo che ci porta ad auto incolparci per nessun motivo)#cinque minuti dopo passa in stanza da me e mi fa ‘domani avresti voglia di venire in stanza da me alle 13 per discutere il tuo lavoro?’#e io tipo ‘guarda a quell’ora io mangio ma se tanto siamo sempre tutti qui si fa presto a beccarci in giro e fare due parole o prendere#un caffè. e lui un po’ scocciato per il mio rilancio comunque fa ok ok#A QUANTO PARE OKAY UN CAZZO perche oggi visto che alle 12:59 non ero da lui è stato lui a materializzarsi davanti alla mia stanza#senza bussare si è messo lì tipo ologramma solo che abbiamo le porte trasparenti quindi vedi se c’è uno che fissa dentro e che cazzo#va beh vado ad aprire e lo faccio entrare così che ci fosse anche la mia compagna di stanza#e questo praticamente era venuto a chiedere conto del mancato ritrovo delle 13 quando comunque non c’era stata alcuna conferma#fermo restando che comunque potrebbero essere sopraggiunti anche i cazzi miei e in assenza di accordi non vengo certo a comunicartelo#beh insomma farfuglia qualcosa di poco comprensibile (ci parliamo in inglese ma il problema non è linguistico ma è che lui è molto ambiguo#e non si capisce cosa intenda veramente) e io la butto sempre sul conviviale. che comunque possiamo parlare anche qui e ora (visto che ero#nella mia stanza e non ero sola) e che alla peggio ci si becca in giro senza doversi dare un orario fisso#continuano le incomprensioni e quindi gli faccio ‘what did you have in mind scusa’ e lui ‘you’#MA PRONTO POLIZIA MA QUANTO DEVI AVERE LE SINAPSI BRUCIATE#la cosa che mi fa incazzare è che io non mi aspettavo affatto questa situazione e quindi non è che avessi la risposta pronta. ero solo#estremamente a disagio#va beh alla fine se ne è andato ma non prima di essere ripassato tre volte mentre eravamo in corridoio ad aspettare di uscire per pranzo#ora non è certo una situazione nuova mai sentita prima ed è per questo che fa incazzare#perché poi si attivano tutti quei meccanismi del cazzo#per cui tendi a sminuire perché dai non è possibile che sia successo#poi questo tizio ha un fare abbastanza ambiguo tale per cui se poi ti lamenti pari tu la pazza perche lui mica intendeva quello che hai#capito tu. ma poi veramente cosa ti fa sentire legittimato a comportarti così#hai buone intenzioni ma sei disagiato? non è un problema mio#io mi sento molestissima a invitare una ragazza per un caffè anche se ci sto gradualmente facendo conoscenza e peraltro in senso generico#che potrebbe portare anche ‘solo’ all’amicizia#e questo perché io sono stata abbastanza educata da presentarmi con un collega pensa di avere delle pretese MA QUANDO MAI#io basita veramente mi fa incazzare non solo lui ma anche la sensazione di impotenza e disarmo che si ha in questi casi#per fortuna poi c’erano le colleghe che si sono prese a cuore la situazione🥲
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Cmq per me gli italiani sono proprio antipatici rispetto al resto del mondo non so perché passiamo sempre come uwu funny my friend is Italian they give u shelter and food and cracks jokes all day...dove
#su twt o quando c'è sanremo qui o i commenti di yt di solito se c'è un odioso antipatico e saccente che caga addosso a tutto è italiano#anche nella vita vera...c'è sicuramente di peggio in giro ma nzomma...#lamentosi e giudiconi e un po' banderuole che poi è quello che sto facendo io adesso jeenshhwk#non ci metterei nella top 10 dei carini e coccolosi ecco...ci superano pure gli americani perché loro sono bravissimi a fare i fake nice
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Alla fine di tutto penso che ci siano semplicemente giorni in cui si è "predisposti" a sentirsi belli.
Si, insomma, quei giorni in cui non noti tutte quelle cose che altri giorni invece ti pesano; ci sono invece quei giorni in cui sembra che nulla vada bene, le braccia un po' cicciottelle, le gambe un po' cicciottelle, la pancia che magari non è piatta se non quando sei distesa
E stesso in questi giorni guardacaso neanche i capelli che tanto ami vengono bene, in nessuna maniera eh, e il viso?
Oddio però non ho un viso così brutto, eppure se non mi trucco almeno un po' non mi sento tanto a mio agio.. dovrei uscire con questo cerchio nero sotto agli occhi? Ma perché sembra sempre che ho i baffi pure dopo averli fatti? Mettiamo un po' di correttore qua e là e magari si toglie tutto
Vabbè però il correttore mica ti toglie l'insicurezza
Eppure guardandomi, eccomi qua, mica so così brutta? In fondo no, ma ho bisogno di essere "predisposta"
E nei giorni in cui sono predisposta semplicemente tutto quello che vedo scompare, e penso: ma forse sono solo io a vedere tutte queste cose? Queste piccolezze, ma chi è che le va a guardare? Eppure alcuni giorni pesano così tanto che dopo aver messo l'armadio sottosopra passa anche la voglia di prepararsi per bene per uscire
Eh ma poi tu già ti senti brutta, poi non ti vuoi manco preparare?
Chiaro, dopo mi sento ancora peggio
Ma quando mi sento bella invece mi preparo ancora meglio e mi sento ancora più bella
Allora come funziona?
In teoria dovrei semplicemente accettarmi e basta, certo mangiare sano, ma accettare questa corporatura
Ultimamente sono ingrassata di due kili e vabbè magari leggendo, se state ancora leggendo, penserete "e che sarà mai?" E in effetti è vero, non è tanto il numero sulla bilancia il problema, ma è il fatto che a vederli su di me dopo averne persi 10 pesa così tanto che non sembrano solo 2
A volte penso che la gente se sapesse quello che penso realmente di me penserebbe che sono solo stupida e che magari "c'è gente che vorrebbe averlo il corpo come il tuo"
Ma come si fa quando vorresti essere più magra, semplicemente più piccola in generale
Allora mi auguro in futuro di sentirmi più predisposta a sentirmi bella per un periodo di tempo abbastanza lungo da superare il tempo in cui non lo sono
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Nessuno "paga le pensioni" a nessuno.
Se credete a questa formula siete completamente avviluppati nella truffa della Narrazione di Stato anche peggio di quelli che pensano che le tasse paghino i servizi.
L' INPS possiede il 5% di Bankitalia...quindi può creare moneta dal nulla ( moneta fiat) e pagare le pensioni.
Chi dice che non ci sono i soldi mente sapendo di mentire.
Provate a fare una ricerca e non solo chi dice "non ci sono i soldi" ma anche chi dice "se tu non versi io non percepirò..."
Infatti, oramai sono propenso a credere che questo sistema sia volutamente vessatorio atto a succhiare l' energia vitale degli uomini.
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sono stanca di capire tutti. Chi cerca di capirmi?
sono stanca di ascoltare tutto quello che gli altri vogliono sputarmi addosso. Chi mi ascolta?
sono stanca di sentirmi sola, io che cerco sempre di non far sentire sole le persone che amo.
sono stanca di preoccuparmi di tutti. Di me chi si preoccupa?
sono stanca, stanca, stanca, di soffrire sempre allo stesso modo, di doverlo fare in silenzio, di cercare in tutti i modi di far finta di niente, perché vedere del menefreghismo dall'altro lato mi farebbe stare peggio.
sono stanca di sperarci sempre, di riporre fiducia e di essere smentita sempre, ogni volta.
sono stanca di dovermi accontentare delle briciole e di dover anche ringraziare per quelle; di dover far finta di non vedere ogni volta, solo per evitarmi di soffrirci di più.
e sono stanca anche di credere seriamente di meritarmi solo questo, quando invece siete semplicemente voi che non sapete darmi altro (probabilmente perché non lo volete e questo è arrivato il momento di capirlo una volta per tutte).
z
#frammentidicuore#frasi#frasi di vita#riflessioni#frasi profonde#parole#amore#pensieri#vita#cit#dolore#frasi tristi#frasi tumblr#frasi belle#malinconia#rabbia#sofferenza#solitudine#schifo
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Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto.
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio.
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio.
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio?
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi?
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi?
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate.
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale.
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo?
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna.
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate?
Non c’era bimbo/a che stesse solo.
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme.
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa.
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi.
Permettetemi una domanda?
Perché voi siete cambiati?
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me?
Perché farsi del male da soli?
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia?
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo?
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate.
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro.
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai.
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene.
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io.
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli.
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta.
Cos’è l’amicizia?
Puro opportunismo.
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno.
Oggi?
La stessa cosa.
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l’odio e il disprezzo reciproco dentro?
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo?
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo?
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi.
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La speranza è la prima a rammollire
Nei periodi come questo, quando gli occhi peggiorano drasticamente, mi rifugio nei ricordi. È l'unico posto dove i colori sono ancora gli stessi e le persone ancora definite. Ho un archivio di ricordi fotografati accuratamente nel corso della mia esistenza. Reperti dal millennio passato. Ci navigo tra cartelle organizzate per argomento. Passo ore così. Ricordando. Ricordo ad esempio quando tutto questo calvario era iniziato una qundicina di anni fa. Ricordo che la luce era troppo forte e non riuscivo ad andare in giro durante il giorno. Di notte entravo al cinema indossando gli occhiali da sole perché la luce dello schermo era lame che infilzavano la retina. In quel periodo, quello che inizialmente fu solo un'eredità degli anni 90, documentare divenne un vero e proprio obbiettivo. Fotografare tutto per non perdere niente. Non riuscivo a godermi quello che stavo vivendo completamente ma potevo fotografarlo e poi, la notte, abbassando la luminosità dello schermo al minimo, potevo ripercorrere lo scattato e comprendere quello che avevo vissuto. Ho vissuto sempre in due tempi diversi. Il primo nel momento stesso in cui accadeva, incapace però di comprenderlo pienamente, il secondo quando il momento era passato, rivivendolo attraverso i ricordi, aggiungendo i sensi mancanti. Questa modalità di vivere comporta il subentrare di un ingrediente tanto saporito quanto terribile: la nostalgia. Io ero in quelle foto. Ero dietro l'obbiettivo ok, ma io ero lì, incapace di godermelo eppure c'ero! Così, quando ripercorrevo, mi mancava non esserci stato davvero. Poi ahimè si è ripercosso su tutto. Anche nei periodi in cui la vista non ha grossi problemi, resto sempre distante. Non mi fido di quello che sto vivendo perché preferisco diventi un ricordo in cui aggiungere tutta la nostalgia che voglio a mio piacimento.
Equivale a vivere in tempi diversi. Ho perso fiducia nel futuro. L'ho dovuta ridimensionare davanti a un'altra terapia fallita. Io davvero ci speravo questa volta ma poi lo dico sempre che ci spero. Non sono cinico come sembro. Sono un cinico a posteriori. Accade qualcosa di brutto e dico "Ah ma tanto lo sapevo che andava così" e in realtà non sapevo niente, anzi, nel mio cuoricino di adolescente pulsava linfa di speranza. Come un coglioncello. Ci speravo in questa terapia perché non mi sarebbe dispiaciuto avere un pensiero in meno. Ma poi, se le cose fossero andate bene, che me ne sarei fatto del bene? Io il bene non me lo so godere. Sembro uno di quelli che inviti a cena, gli metti il piatto in tavola e lui aggiunge subito altro sale senza nemmeno aver assaggiato. Giusto perché deve rovinare quello che riceve. Questa terapia doveva funzionare ma poi sai che palle che mi sarebbero venute ad andare in giro e magari godermi quello che c'era attorno?
Al telefono con mia madre non riesco a sorridere, mi dice che le manca il Matteo che fa lo scemo e fa battute. Manca anche a me quel Matteo. Mi manca non poterlo chiamare e fargli fare il suo spettacolino per tranquillizzare i genitori e per fortuna stiamo a centinaia di chilometri di distanza così questi contatti si centellinano altrimenti dovrebbero confrontarsi con un uomo che giace per la maggior parte del tempo sul divano con il telefono quasi schiacciato in faccia per riuscire a guardare video da qualche social network asiatico. Non mi piace avere gente attorno a me quando sto così. Non mi piace dover spiegare cosa si prova e quello che odio più di tutto è quando mi viene fatto presente che potrebbe essere molto peggio. Lo so cazzo. Tutto potrebbe essere molto peggio. Ma molto potrebbe anche essere non dico meglio ma almeno evitare di rompere il cazzo.
Ti chiudi in te stesso e non vuoi dire come stai. Almeno riesco a scrivere. Ci sono alti e bassi. Oramai questa tecnica di scrittura simile a un diario mi aiuta a tenere traccia delle maree della mia salute. Non voglio dimenticare i precedenti del male per ricordare che poi, forse, se si è fortunati, passa tutto. Bisogna ritirarsi nella propria caverna, mentale o reale, e aspettare. Avere sempre pazienza. Questa estate ho avuto un paio di momenti dove sono stato davvero bene e me li sono appuntati perché non scappassero durante i periodi bui. Bui sul serio. Bui come il bar dove mi rinchiudo a scrivere scappando dal timido sole viennese. Mi costringo a ricordare attraverso le foto, gli archivi, le pagine del diario, i tatuaggi. Il mio corpo è una mappa del tesoro, nascosti tra i rotolini di ciccia ci sono racconti, amori del passato, battute. Devo ricordare.
Quando mia nonna si è ammalata di Alzheimer ho capito che quello sarebbe stato il mio inferno. Perdere pezzi del mio passato, della mia identità. Certo, sarebbe stato un allegerirsi, ma il prezzo è troppo alto. Dimenticare i nomi delle persone a cui voglio bene. Dimenticare dove sta il bagno. Dimenticare il tuo piatto preferito.
Vorrei la mia testa funzionasse esattamente come le cartelle dove deposito quello che non voglio perdere. Sperando che nessun virus o difetto dell'hardware accorra. Vorrei salvare tutto per i momenti difficili. Organizzare per data e importanza. Alcune cartelle le avrei nascoste o addirittura cancellate. Le volte in cui ti ho fatta piangere. Le volte in cui non sono stato abbastanza. La foto che ho scattato quando hai detto che non mi amavi più, che ho scattato per commerare quel dolore mentre tutti e due stavamo sorridendo. Come quando scatto un ritratto davanti allo specchio per poi guardare nel telefono che aspetto ho, come sto invecchiando. Se la mia testa fosse organizzata così io sarei più tranquillo. Non avrei paura di un eventuale peggioramento della mia condizione perché tanto potrei andare sul desktop e cliccare da qualche parte un'icona gigantesca (per facilitarne l'individuazione) e navigherei in quel mare, remando tra momenti pessimi e momenti lontanamente buoni.
La musica aiuta. È autoreferenziale lo so, ma anche la musica che ho scritto io mi aiuta. Riascolto alcune tracce sperando di poterle tornare a suonare. Accadrà. Lo so. Lo sento. Quando non vedo mi torna il bisogno di cantare. Che rottura di cazzo deve essere avermi accanto. Non biasimo il mio gatto che mi odia e anzi, lo capisco. Ha sempre fame. Costantemente. Io oramai lo accontento e basta, ho provato a dargli delle regole, a farlo dimagrire, ma poi ho pensato, cosa è meglio per lui? Una vita breve ma piena di cibo e quindi rilassata, oppure una vita lunga e sana ma sempre dietro a chiedere di essere nutrito e insoddisfatto? Sai quando pensi di fare il bene per qualcun altro e allora prendi una decisione ma poi non serve a nulla perché comunque non rendi l'altro felice perché prova tu a spiegare che ci vuole tempo perché le cose migliorino a chi non ha idea di cosa sia il tempo perché è una palla di pelo rossastro.
Scrivere di getto mi aiuta. Sono i discorsi che non sto facendo a nessuno perché non riesco a comunicare con nessuno e che non voglio neanche fare a un essere umano reale voglio scriverli perché scrivendoli resteranno. Potrò rileggerli. Ti immagini andare da una persona e dirle "Oh senti ti ricordi quello che ti avevo detto quella volta che non stavo tanto bene e allora mi sono messo a parlare di come mi piacerebbe avere un sistema di archiviazione nel mio cervello simile a..." e poi mi fermerei perché anche meno dai. Trattieniti. Forse sono sempre stato questa forma di scrittore. Uno a cui piace parlare da solo. O parlare con se stesso. Che ha diverse personalità che entrano in scena quando le cose si complicano.
Non c'è una nuova terapia all'orizzonte. Quella che è fallita era l'ultima speranza. Allora si torna indietro. Si prova una terapia che era fallita anni fa. Proprio agli inizi della mia carriera di malato cronico. La provo adesso, quindici anni dopo, anche perché non ricordo esattamente cosa andò storto all'epoca perché non avevo preso appunti a riguardo! Errore fatale! Adesso invece ho imparato e scriverò tutto e poi lo confronterò tra altri quindici anni quando tornerò a provare la stessa terapia per la terza volta. Si spera io sia vivo tra quindici anni e che non sia diventato un calcolatore elettronico strabordante di cartelle contenenti foto e testi e tracce audio.
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Come primo mese da padre, al di là delle battute che ogni tanto pubblico qui, è stato abbastanza duro.
Non che io le rimproveri nulla, ci mancherebbe. Come biasimare una persona che, dalla sera alla mattina, si ritrova un povero stronzo nella propria vita, senza aver avuto la possibilità di poter dire la sua, ed essere anche costretta suo malgrado a doverla accettare, quando nulla era dovuto a nessuno, solo perché le è andata di sfiga (certo, c'è di peggio, ma sempre di sfiga si tratta, è andata molto meglio al gatto di Ilaria, per capirci). Razionalmente l'ho sempre accettato, ma una cosa è dirla, una cosa è viverla, e io l'ho vissuta male, molto male, il suo tenermi a distanza, il suo volermi evitare a tutti i costi, quasi come a dire "so che devi essere il mio papà perché l'ha detto un burocrate qualsiasi, ma almeno non mi rompere il cazzo", e diciamo che così ho fatto, pieno di rabbia e delusione ci siam divisi, vivevamo come due studenti universitari che condividono una casa, ognuno per conto suo, e così è stato per giorni, non ci ho dormito per diverse notti, e non riuscivo a trovare una soluzione, nonostante ci provassi in tutti i modi, una via per comunicare, un modo per trovarsi, quelle robe di cui tutti sembrano capire tanto qui sopra e poi a nessuno funziona. Esausto e avvilito, mi sono arreso e ho fatto finta come se non esistesse più, se non nei miei stretti doveri, perché rompere le scatole mai, a nessuno.
Poi, non so bene cosa sia successo, un giorno si è svegliata e mi ha detto ti voglio bene, così, di botto, lasciandomi come un cretino. E non perché le servisse qualcosa o avesse un po' di melassa da smaltire, era sincera, si sentiva dal suo abbraccio. E da allora sembra come se stessimo insieme da sempre, la mia scrivania è piena di disegni che mi dedica, mi tira via dai meeting, ci tiene a dire davanti a tutti che passare il tempo con me è tutta un'altra cosa, e che vi devo dire, io ho ritrovato il sorriso, il sonno e la gioia di vivere. Non saprò mai perché, e non lo voglio manco sapere.
Personalmente sono contrario a mostrare foto che non sono mie, quindi qui non ci sarà mai, e pur se volessi legalmente parlando non potrei. Questi racconti sono le mie foto con lei, perché chissà, se non schiattiamo tutti forse riuscirà a leggerle queste parole un domani, e ci faremo insieme una bella risata e un bel pianto su.
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Il post di oggi lo dedico alla consapevolezza.
Mentre correvo due sbarbini si sono fatti esplodere una boccia di acqua addosso prendendo anche me.
Lo sbarbo fradicio mi fa: "Oh scusa!"
E io: "No pollegg, è acqua, sarebbe stato peggio fosse stato piscio"
Lui: "Ah non sei arrabbiato?"
Io: "No, ci sta a questa età. Siete simpatici ma anche un po' coglioni.
Lui:" Eh lo so, lo so bene credimi".
Apprezzo tutta questa consapevolezza in giovane età.
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Ilaria Cucchi
Seguire i soldi.
Basta seguire i soldi e viene fuori il nitido ritratto di famiglia di questo governo.
Il Domani ha rivelato che la fondazione Alleanza Nazionale ha contribuito con 30mila euro all’acquisto di un’immobile.
La fondazione vede nel Cda due vertici di FdI, Fabio Rampelli e Arianna Meloni.
Fabio Rampelli per chi non lo sapesse è il vicepresidente della Camera.
Arianna Meloni credo non abbia bisogno di molte presentazioni.
Ecco, i soldi della fondazione sono andati a pagare non un’immobile qualsiasi, ma la sede del Msi di Acca Larentia.
Ma soprattutto non è un’associazione qualsiasi quella che l’immobile l’ha acquistato.
È l’associazione Acca Larentia.
Non serve un grande sforzo di immaginazione per capire di che si tratta.
Lo raccontano i loro profili social: propaganda fascista e lunghissimi appelli per ricordare i camerati scomparsi.
Io non lo so, come tutto questo può essere considerato normale.
Forse non interessano i legami tra la prima forza di governo e queste idee, che hanno provocato solo morte e distruzione.
Ancora peggio, forse non interessa che la prima forza di governo sia anche queste idee, visto che, lo ribadisco, seguendo i soldi non viene fuori una semplice foto di gruppo ma un vero e proprio ritratto di famiglia.
Ora so già cosa succederà.
Riempiranno le reti a suon di vittimismo, butteranno la vicenda “in caciara” e tutto risolto fino al prossimo scandalo.
Niente di più facile per loro, purtroppo.
Spero solo una cosa, che alla fine l’indignazione abbia la meglio sulla loro mancanza di dignità
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Ora che sono in ferie voglio parlare di una cosa di cui volevo parlare già da settimane, ma la vita di merda che faccio non me lo aveva permesso.
Allò, settimane fa per la prima volta dato che mi ero depilata le cosce mi sono messa in casa non solo in cannottiera, ma anche in pantaloncini. Passa un giorno e mi ritrovo la mail nella foto.
Come ben sappiamo, qui a Tokyo non è che si muore di caldo, PEGGIO, quindi un giorno di questi mi vesto come in foto a dx in ufficio (che è come mi vestirei in Italia in un giorno normale) e nello stesso giorno inoltrano una mail per dire di rispettare il "business dress code" aziendale che è letteralmente "business casual", pure se non si capisce né che cazzo sia né il perché, dato che non ci sono clienti e siamo solo tra di noi, ma okay.
Mo, premettendo che quando ho lavorato a Napoli, ci andavo in PANTALONCINI (ovviamente non quelli di jeans, ma un tipo più carini e "formali" insomma), qua invece così non va bene perché la maglia ha una stampa + i pantacollant sono considerati il demonio.
Tutti sono sempre a lodare i giapponesi perché sono un popolo omogeneo, che dà la prevalenza al gruppo piuttosto che all'individuo, ma non sono omogenei e uniti perché ci sono nati, sono omogenei perché sei LETTERALMENTE FORZATO (nelle maniere più passivo-aggressive possibili) a omologarti. E questo vale con i vestiti, vale con il peso (perché se pensate che sono tutti secchi di natura, beh col cazzo) e con mille altre cose.
Ora è vero che questa prevalenza dell'interesse di gruppo in alcune cose funziona ed è il motivo per cui noi della cultura euroamericana li ammiriamo, ma voi sareste disposti a rinunciare alla vostra libertà pure sulle piccole cose pur di accontentare l'interesse generale?
Per continuare con l'esempio dei vestiti, loro si vestono così:
A maniche lunghe (anche con 50°C), con diversi strani addosso spesso inutili (perché sono ossessionati dai tumori alla pelle); le donne o tutte fate dei fiori con i tacchi tutte pronte (e io col cazzo che le imito) o come fossero state cacciate via di casa (e io col cazzo pt.2). Ma tutti hanno un comun denominatore: colori scuri o neutri (nero, grigio, bianco) o pastello, senza chissà quale fantasia o stampa particolare.
Se non segui l'omologazione, spicchi, ti si vede o ti senti in qualche modo osservato. E questo è già lo standard ad essere euroamericano in mezzo ad asiatici, figuriamoci se ti vesti seguendo le tue regole e non le loro.
Uno poi dirà "vabbè sono cose da poco, ci si abitua" e lo capisco, ma non funziona così. Anzi, sono le piccole cose che, accumulandosi, diventano le più pesanti da sopportare.
Oppure i weaboo del cazzo direbbero che "bisogna rispettare la loro cultura e rispettare le loro regole" (cit.), ma loro quella degli altri quando letteralmente non fa male e non cambia un cazzo a nessuno perché non la rispettano?
Questo non è un paese libero, non puoi MAI fare come vuoi, ci sono sempre regole da rispettare, ma fossero regole con un senso uno capirebbe, invece sono regole inutili che letteralmente mìnano la libertà di espressione individuale a livelli base. Invece qua niente o fai la pecora in mezzo al gregge oppure pecora ti ci fanno diventare, perché altrimenti sei, di nuovo, il gaijin di merda che vuole fare di testa sua.
E sapete cosa fanno i gaijin quando hanno le palle piene di ste stronzate? Fanno i gaijin di merda e le regole senza senso le mandano a fanculo.
#quando sono gli stranieri i primi a fare quei commenti del caxxo giuro che li prenderei a pugni sulle gengive#Giappone#moda#moda giapponese#vestirti#omologazione#società giapponese#società in giappone#my life in tokyo
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Credo di essere entrata ufficialmente nel club della gente che non solo si mette a 90 e si fa inculare senza lubrificante causa lavoro senza diritti e riconoscimenti (per l'ennesima volta! UAU che novità!!!!), ma che si prende il caffè la mattina per svegliarsi: mi sono resa conto che prendere due caffè (uno nel cappuccino, l'altro per avvelenarmi la bocca ed il sangue) mi fa venire quell'isteria necessaria per correre in laboratorio e non schiattare di stanchezza e amaritudine sul bancone usando l'impasto dei gegè/macallè per cuscino. Che è un po' un forte paradosso per una che prende dei calmanti, anche se leggeri, per l'ansia e sta soffrendo di attacchi di panico sempre più frequenti.
Provo in fondo pietà e anzi pena, nella sua accezione negativa di disgusto, verso me stessa per il male che mi voglio. Mi dico di stringere i denti fino a febbraio, il tempo di sentirmi meno povera di prima (che non significa nemmeno benestante, semplicemente coi soldi per qualche emergenza dove "emergenza" sta nel ritrovarsi senza un tetto sopra la testa o malattia improvvisa di uno dei genitori) ma a volte ho l'impressione che a febbraio ci arriverò esaurita mentalmente e con l'urgenza di una bella dose massiccia di antidepressivi e ansiolitici dopo una settimana di fila di coma o anche chiamato "sonno profondo".
In tutto questo si aggiunge la Adecco che mi telefona e mi offre nel posto bermagasco dove ho vissuto questa primavera un posto di lavoro e lì subito a pensare che il mio vero atto di coraggio dopo il fallimento bergamasco sia stato non essermi andata a buttare nel fiume Serio ma essere ritornata in questo posto di merda.
Come concludere, insomma? Che questi pensieri non mi aiutano ad affrontare il prossimo periodo che sarà quello natalizio dove non ci sarà nemmeno un giorno libero in quel laboratorio di merda. Io dico che mi manca focalizzazione, la psicologa mi consiglia il mindfullness ed io vorrei impiccarmi peggio ancora perché mi consigliasse almeno lo zen e letture a proposito! No. Il mindfullness. La versione occidentale annacquata e capitalistica dello zen. Però su una cosa siamo tutti d'accordo, anche gli estranei! (come dimenticare quell'autista di autobus che a Clusone mi disse "un po' di grinta!" mentre io ero impegnata a non farmi venire un attacco d'ansia al terminal) e cioè che mi manca grinta. Io pensavo che mi sarebbe venuta con la rabbia, invece con la rabbia mi è venuto solo il buco nero nel cervello che me lo fa andare in tilt ed io che inizio a temere di perdere il controllo e picchiare qualcuno.
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“Ci sono fotografi che pensano in termini di "doppia pagina", "copertina", "orizzontale", "verticale". Non mi interessano (…), non li voglio frequentare anche se riconosco che sanno come commuoverti, come fare le foto. Ma io preferisco i fotografi che vanno, incontrano, escono.
In una scuola o un'accademia di fotografia e pubblicità, o qualcosa del genere, ho chiesto ai ragazzi di dirmi il nome di un fotografo o di una fotografa che gli piaceva. Silenzio assoluto. Va be', cito Koudelka, Cartier-Bresson, oppure Berengo Gardin, Ugo Mulas, per parlare degli italiani... Niente. Dico: "Ragazzi, ma avete mai sentito parlare di Pier Paolo Pasolini?". Giuro, hanno risposto "No". Gli insegnanti non gliene avevano mai parlato! Questi ragazzi sono letteralmente "vuoti". Ho chiesto loro: "Ma allora cosa studiate, di fotografia?". "La tecnica". Che è il peggio che si possa insegnare, perché ormai la tecnica non esiste più: fai degli scatti, e basta. Mentre il linguaggio, la trasmissione, il racconto, il documento, l'invenzione... niente!
lo sono sempre stata fortemente ancorata nel presente. La fotografia bella ed elegante mi interessa, mi piace, ma mi interessa di più quando racconta e denuncia lo stato delle cose. La resistenza la si fa anche con le piccole cose, come una mostra, un dibattito... (...) Non è che mi metto lì a fotografare i trulli di Alberobello, no, io fotografo quello che mi è vicino, che mi interessa, che mi coinvolge. Qualcosa da difendere, da amare, da apprezzare, da odiare..."
Letizia Battaglia - Volare alto volare basso: Conversazioni, ricordi e invettive.
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Qualcuno spieghi a costui che 23.398 TWh/anno nel Sahara li si ottengono con non meno di 80.000 km2 di pannelli impiegando circa 832 milioni di tonnellate di materiali così suddivisi:
- Vetro: 670 mln ton;
- Alluminio: 82 mln ton;
- Silicio: 40 mln ton;
- Tedlar: 30 mln ton;
- Altri materiali: 7 mln ton;
- Rame (solo pannelli): 3 mln ton.
A questi materiali vanno aggiunti:
- Cemento armato per sostenere le stringhe di pannelli: considerando anche solo 10 kg/m2 (5+5): 800 mln ton;
- Rame per i cavi per trasportare la potenza di picco (20.000 GW) a 1.000 km di distanza (70.000 kA @ 150 kV @ 1.000 km): 400 mln ton.
Qualcuno che gli vuol bene gli spieghi poi che senza i “mortiferi combustibili fossili” lui sarebbe probabilmente oggi impiegato a spalare il guano in una delle stazioni di posta di cambio dei cavalli sparse lungo lo Stivale all’ luce di un lume a olio di balena.
Qualcuno infine che ha a cuore la sua reputazione gli spieghi che, dopo il post da bimbominkia che ha scritto, non è stata un’idea geniale cercare di uscire dal cul-de-sac in cui lui stesso si è infilato dando per “scemi” i suoi lettori, ché di “scemo” io qui ne vedo uno solo.
Ricordo inoltre che:
il fotovoltaico è, tra le cosiddette energie “rinnovabili”, quella più inquinante, più obsoleta e meno efficiente, nonché quella che ha l’EROEI più ridicolo. Una tecnologia che non si reggerebbe in piedi senza le massicce iniezioni di sussidi e incentivi. Oltre a doverlo proteggere contro i venti del deserto - che io sappia, il Ghibli non fa sconti a nessuno - ci sarebbe l’enorme problema di trasferire l’energia dove serve: qualunque trasporto o, peggio, conversione a idrogeno, farebbe perdere gran parte dell’energia catturata.
(Vincent Vega )
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Storia Di Musica #336 - Neil Young, On the Beach, 1974
I dischi di Agosto avranno come caratteristica che li accumuna la presenza di una spiaggia. Un po' perché è argomento decisivo del periodo agostano, e un po' per l'autoironia che io la spiaggia ad Agosto la vedrò solo di passaggio perché, fortunatamente, è un periodo di grande impegno professionale. La piccola antologia inizia con un disco capolavoro, che è perfetto anche per il titolo ad entrare a far parte di questo piccolo gruppo. Neil Young nel 1974 è ormai un artista pienamente affermato: arrivato dal Canada in California quasi dieci anni prima, nel 1966, attraversa da protagonista la grande stagione del rock californiano, quello legato alla tradizione del folk, che si riafferma dopo la spettacolare, e breve, stagione psichedelica a cavallo tra i due decenni,'60 e '70. Young è protagonista con i Buffalo Springfield, con il più famoso supergruppo degli anni '70, Crosby, Stills, Nash & Young e con la sua parallela attività da solista, che ha inizio nel 1969 quando pubblica il suo prima album a suo nome, Neil Young. È stato anche il fondatore di due gruppi, i Crazy Horse, dall'animo più rock ed elettrico, e gli Stray Gators, più country folk. alternando i due gruppi. Dopo l'uscita dal quartello con David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash, con cui rimane in bellissimi rapporti, nel 1972 pubblica il disco più famoso della stagione folk rock: Harvest (1972) che con le sue canzoni famose ancora oggi ( tra le altre, perle come Heart Of Gold, Old Man, Alabama) diviene un successo mondiale che gli apre definitivamente le porte della fama. Che tra l'altro è un concetto abbastanza distante dallo "Young-pensiero", che ha sempre ritagliato per sé la massima libertà espressiva e creativa. A questo fastidio, si aggiunte un periodo di grandi dolori: le morti per droga di Danny Whitten, il chitarrista dei Crazy Horse, quella del suo roadie più fidato, Bruce Berry, per lo stesso motivo, è un dramma più privato. La sua relazione privata con l'attrice Carrie Snodgress sta giungendo al termine, al figlioletto della coppia, Zeke, viene diagnosticata una forma di paralisi cerebrale. È con questo animo tormento e addolorato che Young scrive in due anni tre dischi che formano la non ufficiale "ditch trilogy", la trilogia del dolore: Time Fades Away (1973), che è il primo allontanamento dalle gioiose armonie folk per un rock più duro, sfilacciato, nervoso e impregnato di cupezza. Il successo è decisamente minore dei precedenti, ma Young non cambia linea e sforna un album ancora più cupo, Tonight's The Night, che in un primo momento la sua casa discografica gli rifiuta: registrato in presa diretta, senza post produzione, è il suono grezzo e cupo di un uomo che sta cercando di trasformare il suo dolore in musica. Verrà pubblicato nel 1975, in mezzo Young registra il disco di oggi, che esce il 16 luglio 1974.
Registrato in moltissimi studi di registrazione, con una caterva di musicisti ad aiutarlo (e ne parleremo tra poco), On The Beach insiste sul dolore e la disperazione ma lascia trasparire una tregua, una speranza. È un disco blues, il canto della tristezza e del dolore per eccellenza, ma che Young puntella di sprazzi di luce, rendendo più distesa e godibile la musica. Eppure è un disco potentissimo, soprattutto per i temi delle canzoni. Walk On ritrova spirito e brio, e See The Sky About To Rain, che risale addirittura come embrione ai tempi di Harvest, solo voce e pionoforte Wurlitzer, quasi sembrano una riappacificazione, ma il resto è ancora rabbioso e dolente. Revolution Blues è la prova: un atto esplicito di accusa contro la società del tempo, con Young che sembra volersi identificare nello psicopatico Charles Manson, con versi rabbiosi quali: «ho sentito che Laurel Canyon è piena di famose star / Ma io le odio peggio dei lebbrosi / e le ucciderò nelle loro auto». I due si conobbero quando Young viveva in una piccola villetta a Topanga Canyon, il Laurel canyon, che una volta era il territorio delle tribù native americane, negli anni '60 era uno dei luoghi della Controcultura losangelina, dove vivevano moltissimi musicsti. Eppure, pur se controversa, la metafora non vuole celebrare la figura di Manson, ma, esorcizzarla attraverso un'identificazione nel senso di colpa collettivo di una società malata. Young diventa nostalgico dell'America rurale in For The Turnstiles, dove compaiono il banjo e il dobro, Vampire Blues è un blues ecologista, tema che sarà sempre al centro delle tematiche di Young, e che ha una curiosità niente male: Tim Drummond "suona" la carta di credito sfregandosela sulla barba di una settimana creando un curioso effetto fruscio. On The Beach, la meravigliosa e dolente ballata da 7 minuti, è una dichiarazione di difficoltà nell'essere una rockstar, esplicitata nel famoso verso «I need a crowd of people, but I can't face them day to day». Motion Pictures (For Carrie) è probabilmente un'amara riflessione sulla sua storia d'amore che sta andando a rotoli e il disco si conclude con i 9, angoscianti e febbrili, minuti di Ambulance Blues, che è una summa del pensiero di Young sulla politica (con i riferimenti alle bugie del presidente Nixon), sulla musica e il suo mondo, persino sui suoi amici Crosby, Stills e Nash, in un periodo dove c'erano insistenti voci di un ritorno a 4. Suonano con lui David Crosby (che suona in Revolution Blues, e si dice impallidì letteralmente nell'ascoltare la famosa e incendiaria strofa, tanto che cercò di persuadere Young a cambiare testo ed iniziò a girare armato per paura che qualche squilibrato facesse come cantato da Young), Graham Nash, e due grandi musicsti della The Band, Rick Danko e Levon Helm, più i Crazy Horse.
Young prese il titolo dell'album da un film, On The Beach di Stanley Kramer del 1959, basato sull'omonimo romanzo di Nevil Shute. Sia il romanzo che il film erano di tipo apocalittico. E in questo senso è da intendere la copertina, leggendaria, che vede Young vestito di giallo di spalle, un ombrellone, le sdraio, la coda di una Cadillac insabbiata e sotto l'ombrellone una copia di un giornale che si riferisce allo scandalo Watergate di Nixon. La scritta del titolo, in pieno eco psichedelico, è di Rick Griffin, il disegnatore ufficiale dei Grateful Dead.
Il disco, pur vendendo meglio del precedente, non ebbe un grande successo, anche perchè la critica lo definì subito un disco "depresso", a cui si aggiungeva la natura quasi anti-commerciale di musica e testi. Tra l'altro, per decenni, il disco fu messo fuori catalogo, e per certi versi fu introvabile, tanto che i vinili degli anni '70 originali valgono oggi una settantina di euro. Questo fece salire l'interesse per il disco fino alle ristampe degli anni '90, ampiamente rivalutato con gli altri due lavori della trilogia del dolore come uno dei momenti più interessanti della ultra decennale carriera di Young. Un disco dolente ma potentissimo. Che non penso sia il migliore da ascoltare in spiaggia.
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