#domani? chissà
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auxoubliettes · 4 months ago
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dopo 24 ore circa di riflessione: il vecchio e il mare.
props to hemingway perché con quelle spiegazioni così tecniche (troppo. la scrittura certo scorre, ma è così semplice, scarna, clinica quasi, quando l'enfasi sta per decollare subito si ritrae. è più una scrittura d'immagini, è da lì che deve scaturire l'empatia) le pagine quasi sapevano di mare e pesce, il fatto che siano odori e sapori che mi disgustano è molto ironico e da ignorare quanto più possibile. ma almeno 90 pagine il protagonista le passa a pesca, cosa dovrei fare? la mia amica l'ha amato e mi ha detto che mi sono focalizzata troppo sul pesce, che in realtà è solo funzionale alla metafora: nella vita serve perseveranza perché un giorno pescherai qualcosa, ci devi solo credere, che tu voglia prendere un pesce o altro.
va bene, parliamone. i temi della natura, del mare, della pesca ci sono, è inutile ignorarlo. la pesca è un'attività lenta, di pazienza e attesa, stessi requisiti che richiede la tenacia. ha perfettamente senso che hemingway abbia scelto un pescatore. ma il messaggio è semplice, praticamente non ci sono metafore: il pescatore sta facendo il pescatore e lo squalo sta facendo lo squalo, la tenacia dell'uomo ha la stessa dignità della tenacia della natura. ha vinto la natura. è un meccanismo applicabile in qualsiasi altro contesto. la tenacia dell'uomo, tra l'altro, è resa nulla da ciò che rimane di una lotta in mezzo al mare: uno scheletro enorme. che speranza trasmette uno scheletro enorme? nessuna. il pesce è morto invano e il pescatore non ha ottenuto niente. la tenacia speranzosa finale l'ho trovata un'illusione, un autoinganno, perché da inguaribile pessimista mi sono immaginata che la volta dopo sarebbe successa la stessa cosa. santiago è un vecchio che con onore e orgoglio non si arrende, ma che sa quasi di morte. a un certo punto credevo proprio morisse. io non avrò capito nulla, l'avrò letto col mio disfattismo, ma l'ho trovato tristissimo, altro che "lotterai e l'otterrai!!!!". per quanto erroneo e senza senso ed ingenuo inevitabilmente mi dico anche che la vita di hemingway è terminata con la canna di un fucile in bocca.
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theunbearablelightnessofbein · 11 months ago
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L'isolamento che vorrei
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talithamaisa · 11 months ago
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io domani mattina, a lavoro:
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janniksnr · 1 year ago
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nuovo giorno nuova gattizzazione
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acquaementa · 1 year ago
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Spooky today🖤👻
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justmythings-stuff · 1 year ago
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Non capisco perché tutti si ostinino a metterlo punta e nessuno nel suo ruolo, come è possibile
Perché stasera Mancini stava provando cose nuove (ma non era proprio il momento di fare esperimenti proprio stasera 💀)
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odioilvento · 2 years ago
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Con la testa fra le nuvole aspettando di usare...
...come si chiamava?
Ah, sì. L'ombrello.
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specialmente quelli di scherma <3
i due medagliati al tiro dovrebbero cacciare per sport gli arbitri che ci siamo beccati oggi in praticamente tutti gli sport comunque <3
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thenyxwriter · 2 years ago
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Non voglio ridurre la mia vita sempre ad una lagna malinconica, e non voglio stare qui a rovinarti la giornata proprio oggi ma…
Se avessi saputo che quello era l’ultimo bacio, te lo avrei dato più forte!
Selene Nyx
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ci0k · 4 months ago
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stamattina ho indossato la mia divisa da infermiera: ho preso le consegne, preparato le borse, mi sono messa messa in macchina e sono andata dal bambino. prima di entrare in casa avevo quasi un nodo allo stomaco, ma mi sono fatta forza e sono entrata. ho visto il bambino sul divano, un bambino come tutti gli altri, che dormiva e abbracciava il suo papà. sono stata brava, ho contenuto l'emozione. ho scambiato due parole con la mamma, di pura organizzazione, sono andata al tavolo e ho preparato l'elastomero. tremavo, ma dovevo essere forte. poi mi sono avvicinata al bambino, che appena ha sentito il mio tocco ha urlato "vai via!", mi si è stretto il cuore, ho mandato giù il nodo in gola e ho attaccato l'elastomero, poi gli ho fatto una carezza sulla pancia e lui si è attaccato col corpo al papà. mi sono girata verso la mamma e ho sentito tutto il suo dolore, avrei voluto abbracciarla ma ovviamente non mi era possibile. mi sono fatta coraggio, ho salutato il bambino, i genitori e sono uscita da quella casa. in macchina avrei voluto gridare, piangere, avrei voluto che la giornata finisse lì, invece era solo il primo paziente. è stato pesante. mi sono sentita impotente, completamente. un vuoto incolmabile. domani quel bimbo verrà ricoverato in ospedale e chissà quando, non ci sarà più. Non rivedrà più i suoi spazi, i suoi giochi. Quella casa era Sua, fatta per Lui. ciao piccolo.
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lovesickshanties · 1 year ago
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OFMD Ficlet - XIV
Birds of a feather Stede
Da bambino trascorreva in acqua interi pomeriggi.
Sua madre ne era terrorizzata. Se ne stava ad aspettarlo sotto il sole, sudando nei propri incongrui abiti di nobildonna; un parasole di merletto in una mano e l'altra a schermarsi gli occhi dalla luce bianca. Rimaneva per ore sulla riva a guardarlo nuotare, colma di ansia, finché il naso non le si colorava di rosa, finché Stede non usciva dall'acqua ridendo, con i polpastrelli delle dita increspati e una stanchezza beata nelle ossa.
Quando era bambino, il mare era suo amico.
Forse per questo, quando dopo molti anni trascorsi senza nuotare era finito fuori bordo, aveva vissuto come un tradimento il risucchio delle profondità salate, il proprio respiro troppo breve, il proprio corpo pesante e goffo.
Il mare di cui un tempo si fidava non lo sorreggeva più.
Fu una sensazione simile, quella che gli serrò la gola quando rimise piede sulla Revenge.
///
Che fosse accaduto qualcosa di terribile, non era difficile da immaginare.
E forse una parte di lui l'aveva saputo subito, dal sospiro del vento fra le vele lacere, dai cocci taglienti dei vetri e dalle lame dei coltelli, dagli sguardi dell'equipaggio feroci e vuoti.
Ma Stede Bonnet era, al fondo di tutto, un ottimista.
Nulla di meno di un ottimismo sconfinante nell'idiozia sarebbe bastato a portarlo dove si trovava adesso; così, anche di fronte a tutti i sintomi della catastrofe, in fondo al petto di Stede aveva continuato ad ardere la fiammella della speranza.
Il primo, vero colpo lo aveva ricevuto dagli occhi smarriti di Israel Hands.
Un quieto colore grigioverde, freddo come un'alba di pioggia, in cui non sopravviveva nulla dell'energia nervosa che Stede ricordava.
Ma l'intera ciurma della Revenge appariva stravolta; e Izzy, a quanto pareva, aveva pagato un prezzo ancor più alto degli altri. Ripetendoselo, Stede era riuscito a proteggere ancora per un poco la fiammella che si faceva sempre più fioca.
Poi era sceso nella stiva.
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Stede Bonnet coltivava la propria capacità di credere nell'impossibile come un'abilità pratica, da tenere costantemente in esercizio.
Nessuno credeva che sarebbe davvero salpato con una nave piena di libri e di trabocchetti e di vasi di marmellata d'arance; nessuno credeva che sarebbe sopravvissuto in mare aperto, nessuno credeva che sarebbe tornato a casa e poi ripartito di nuovo.
Nessuno credeva che sarebbe più riuscito a lasciare Nassau, o che avrebbe mai rintracciato la Revenge.
Nessuno credeva che avrebbe più avuto indietro Ed.
E invece ora Stede sorride stupidamente fra sé, a dispetto del proprio zigomo dolorante, mentre come un drago acciambellato sul proprio tesoro custodisce gelosamente il sonno di Edward.
Vivo.
Stede sorride.
Fra poco risalirà in coperta. Fra poco uscirà dalla stiva e lo annuncerà all'equipaggio (lo annuncerà a Israel Hands).
Ma per adesso rimane qui ancora per un po'; si trattiene dentro questa realtà così impossibile che quasi non osa lacerarne l'involucro. Resta nel ventre della Revenge come nell'uovo di un mondo ancora inesplorato e fragile.
Resta a covare con gli occhi il volto di Edward addormentato, a guardare il colore tornare sulle sue guance; resta ad ascoltare il suo respiro profondo e regolare, a stringere la sua mano e a baciarne una ad una le nocche sbucciate.
Tutte le cose che vorrebbe dirgli, tutte quelle che spera di raccontare e progettare e vivere insieme a Ed gli salgono intorno come l'alta marea; su tutte, in questo momento domina il bisogno di sentirlo vicino, di stringerlo a sé, di addormentarglisi accanto.
Ma non ancora. Stede dovrà aspettare che Ed si svegli; dovranno parlare, dovranno chiarire tante cose; ricostruire così tanto, fare così tanta strada.
Ma Stede Bonnet è, prima di tutto, un ottimista.
Quindi, per ora rimarrà a vegliare; aspetterà che Ed riemerga, pazientemente in attesa sulla riva del suo sonno. ///
OFMD Ficlet - XIII
Birds of a feather Edward
Anche se le notti di Edward Teach cominciavano tutte in modo diverso, quando il sonno finalmente lo prendeva finivano tutte per assomigliarsi.
Tutte erano fatte di risvegli improvvisi e di strani sogni dalle lunghe spire, di sudori freddi e angosce piene di schegge che gli blindavano il respiro in scatole sempre più piccole, finché stanco di dibattersi non si rialzava in cerca di qualcosa da fare, di qualcosa da mordere, di un modo qualsiasi per zittire il lamentarsi delle ossa il contrarsi dei muscoli e l'infiammarsi del cervello.
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Edward non era stato un bambino difficile.
Solo un po' piagnucoloso, quando era davvero molto piccolo; solo un po' pauroso, un po' irrigidito dal freddo della casa dove non c'era mai un fuoco, dove ogni passo doveva essere in punta di piedi e dove era meglio non parlare troppo forte, non occupare troppo spazio.
Una volta sola sua madre l'aveva picchiato; ma doveva essere proprio piccolo, perché lo ricordava appena.
Ricordava il pavimento umido, il muro gelido contro le vertebre, la fronte premuta sulle ginocchia mentre urlava che voleva lo lasciassero solo; e poi, non appena otteneva che la porta si chiudesse sulla stanza vuota, ricordava le urla che gli laceravano la gola per la paura di rimanere solo. Ricordava il buio, gli occhi di sua madre quando alla fine, esasperata, gli aveva dato il ceffone che l'aveva poi zittito.
Ma dopo quella volta, tutto era andato liscio come l'olio; Edward aveva smesso di urlare e scalciare e di volere cose opposte contemporaneamente, suo padre era morto, lui era fuggito sulla prima nave che lasciava il porto. Solo molto tempo dopo aveva saputo che era morta anche sua madre.
Tutto liscio come l'olio.
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Una! Cosa! Sola!
Una sola rotta! Una e precisa!
Una linea dritta, pulita come una lama di coltello!
Guarda! Come tutto diventa chiaro! Quando vuoi! Una! Cosa! SOLA.
Le tempeste gli sono sempre piaciute, non è vero!? Perché devi fare UNA COSA SOLA ed è non scivolare, non finire in mare, perché è tutto così chiaro e netto, non è vero!?
E adesso che non c'è più NESSUNO - GUARDA - hai UNA! SOLA! COSA! - da fare, adesso, devi solo continuare sempre dritto come un colpo di pistola - sì, la senti ancora, nelle gengive dietro gli occhi l'esplosione breve enorme alle tue spalle ah, sei stato un figlio di puttana fino alla fine, a rendermi le cose più difficili proprio adesso, ma chissà, chissà se poi ci avessi provato, chissà adesso di chi sarebbe il cervello schizzato giù nel fondo della nave mmh? (Volevo che lo facessi oh no non volevo che lo facessi volevo fermarti volevo che mi fermassi volevo volevo volevo volevo -) AH, UN ULTIMO SFORZO, UNA! COSA! SOLA! - ed è smuovere questa fottuta bocca di cannone - perché figurarsi, se uno solo di questi idioti ha un briciolo del fegato di Izzy - ma la luce nera negli occhi di Jim sembra promettente ti sembra promettente ti ricorda qualcosa ti ricorda qualcuno e ti ricorda che quando hai una sola cosa da fare tutto diventa così fottutamente facile, tutto fottutamente liscio come l'olio, come il ponte di una nave nella burrasca, come il sangue del tuo secondo che dilaga a terra come la traiettoria di un proiettile -
*BLAM*
"HAH..! PICCOLO INDISTRUTTIBILE BASTARDO!"
E poi 
- ah, ecco che finalmente scivoli; perché non sei stato capace - non sei mai stato capace di fare una, sola, cosa; non sei capace di volere abbastanza una, sola, cosa, e alla fine tutto ti sfugge; tutto corre via come la pioggia che cade dritta e tu rimani lungo disteso a terra e forse era questa, fin dall'inizio, proprio questa quell'una, sola, cosa, e forse ci hai messo così tanto a capirlo perché non sei stato mai capace di guardarla in faccia; ma adesso eccoti, alla resa dei conti, eccoti scivolare via mentre la notte si disfa in rivoli lunghi d'acqua scura, e guarda un po', se alla fine non è proprio Jim.
"Finalmente."
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catsloverword · 1 month ago
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Manchi. E manchi già l'istante dopo averti salutato, quando dandoti le spalle scendo dalla macchina e chiudo dietro di me la portiera, senza più voltarmi a guardarti perché sarebbe troppo difficile incamminarmi, poi, lungo la via di casa, senza dar voce a l'impulso sfrenato di tornare indietro e correre a rubare un ultimo bacio, prima del prossimo. E chissà quanto passerà prima del prossimo bacio. E chissà se mi basteranno, quelli che mi hai dato oggi, per arrivare senza arrancare, senza apnee, al prossimo giorno, al prossimo bacio.
Credevo che con il tempo sarebbe sparita questa sensazione, che, inversamente proporzionale, aumentado la frequenza dei nostri incontri diminuisse la mancanza, invece no!
Domani sarò sottotono ed io resterò prigioniera della "sindrome del giorno dopo". C'è un solo modo per guarirne: eliminare i "giorni dopo" dal calendario.
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mccek · 9 months ago
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Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto. 
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio. 
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio. 
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio? 
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi? 
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi? 
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate. 
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale. 
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo? 
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna. 
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate? 
Non c’era bimbo/a che stesse solo. 
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme. 
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa. 
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi. 
Permettetemi una domanda? 
Perché voi siete cambiati? 
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me? 
Perché farsi del male da soli? 
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia? 
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo? 
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate. 
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro. 
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai. 
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene. 
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io. 
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli. 
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta. 
Cos’è l’amicizia? 
Puro opportunismo. 
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno. 
Oggi? 
La stessa cosa. 
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l’odio e il disprezzo reciproco dentro? 
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo? 
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo? 
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi. 
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palmiz · 4 months ago
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Se non si familiarizza con il concetto di "vita a debito", tutta ciò che si crede è falsato da mera raffica di menzogne atte a circuire il cittadino facendogli credere che alti principi come la tutela del Pianeta guidino le azioni umane, le decisioni politiche. Così non è ovviamente ed è persino banale spiegarlo. Auto elettrica e casa green sono solo merce venduta da imbonitori per cui politici e giornalisti garantiscono. Così il cittadino crede, crede sempre, come atto di fede per non dover ammettere di non essere mai in grado di maneggiare la verità. Non solo la tassa per entrare in centro: in futuro saranno tassate le colonnine di ricarica (qualora esse prendano piede) per pareggiare il mancato introito delle accise irrinunciabili. Così quelle che di fatto sono restrizioni indirette prendono piede, mettono radici, diventano strutturali. Mobilità ridotta e soldi da sborsare come pegno eterno per riacquistare esigui spazi di libertà che prima erano gratuiti, il tutto sotto l'ombrello della battaglia ideologica di circostanza che ora è il cambiamento climatico e domani chissà: qualcosa ci inventeremo.
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elipsi · 1 year ago
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dopo un mese e mezzo dal primo appello (15 giugno) il prof finalmente si degna a rispondere ai rappresentanti che chiedono la possibilità di vedere il compito. lui può solo domani alle 8.30 esclusivamente in presenza per mezz'ora
this course is a clown show jfc
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der-papero · 3 months ago
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Come primo mese da padre, al di là delle battute che ogni tanto pubblico qui, è stato abbastanza duro.
Non che io le rimproveri nulla, ci mancherebbe. Come biasimare una persona che, dalla sera alla mattina, si ritrova un povero stronzo nella propria vita, senza aver avuto la possibilità di poter dire la sua, ed essere anche costretta suo malgrado a doverla accettare, quando nulla era dovuto a nessuno, solo perché le è andata di sfiga (certo, c'è di peggio, ma sempre di sfiga si tratta, è andata molto meglio al gatto di Ilaria, per capirci). Razionalmente l'ho sempre accettato, ma una cosa è dirla, una cosa è viverla, e io l'ho vissuta male, molto male, il suo tenermi a distanza, il suo volermi evitare a tutti i costi, quasi come a dire "so che devi essere il mio papà perché l'ha detto un burocrate qualsiasi, ma almeno non mi rompere il cazzo", e diciamo che così ho fatto, pieno di rabbia e delusione ci siam divisi, vivevamo come due studenti universitari che condividono una casa, ognuno per conto suo, e così è stato per giorni, non ci ho dormito per diverse notti, e non riuscivo a trovare una soluzione, nonostante ci provassi in tutti i modi, una via per comunicare, un modo per trovarsi, quelle robe di cui tutti sembrano capire tanto qui sopra e poi a nessuno funziona. Esausto e avvilito, mi sono arreso e ho fatto finta come se non esistesse più, se non nei miei stretti doveri, perché rompere le scatole mai, a nessuno.
Poi, non so bene cosa sia successo, un giorno si è svegliata e mi ha detto ti voglio bene, così, di botto, lasciandomi come un cretino. E non perché le servisse qualcosa o avesse un po' di melassa da smaltire, era sincera, si sentiva dal suo abbraccio. E da allora sembra come se stessimo insieme da sempre, la mia scrivania è piena di disegni che mi dedica, mi tira via dai meeting, ci tiene a dire davanti a tutti che passare il tempo con me è tutta un'altra cosa, e che vi devo dire, io ho ritrovato il sorriso, il sonno e la gioia di vivere. Non saprò mai perché, e non lo voglio manco sapere.
Personalmente sono contrario a mostrare foto che non sono mie, quindi qui non ci sarà mai, e pur se volessi legalmente parlando non potrei. Questi racconti sono le mie foto con lei, perché chissà, se non schiattiamo tutti forse riuscirà a leggerle queste parole un domani, e ci faremo insieme una bella risata e un bel pianto su.
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