#diritti inalienabili
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ma-pi-ma · 2 years ago
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Io quando parlano di adozione-gay mi sento derubata nel mio ventre di donna. Anche se non sono riuscita a far nascere i miei bambini mi sento usata, sfruttata, come una mucca che partorisce vitelli destinati al mattatoio. E nell'immagine di due uomini o di due donne che col neonato in mezzo recitano la commedia di Maria e Giuseppe vedo qualcosa di mostruosamente sbagliato. Qualcosa che mi offende anzi mi umilia come donna, come mamma mancata, mamma sfortunata, e come cittadina.
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Sicché offesa e umiliata dico: mi indigna il silenzio, l'ipocrisia, la vigliaccheria, che circonda questa faccenda. Mi infuria la gente che tace, che ha paura di parlarne, di dire la verità. E la verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura. Non possono falsare con l'ambiguità delle parole "genitori" e "coniugi" le leggi della Vita.
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Lo Stato non può consegnare un bambino, cioè una creatura indifesa e ignara, a genitori coi quali egli vivrà credendo che si nasce da due babbi o due mamme non da un babbo e una mamma. E a chi ricatta con la storia dei bambini senza cibo e senza casa (storia che oltretutto non regge in quanto la nostra società abbonda di coppie normali e pronte ad adottarli) rispondo: un bambino non è un cane o un gatto da nutrire e basta, alloggiare e basta. È un essere umano, un cittadino, con diritti inalienabili. Ben più inalienabili dei diritti o presunti diritti di due omosessuali con smanie materne o paterne. E il primo di questi diritti è sapere come si nasce sul nostro pianeta, come funziona la Vita sul nostro pianeta. Cosa più che possibile con una madre senza marito, del tutto impossibile con due "genitori" del medesimo sesso. Punto e basta.
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Oriana Fallaci
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autolesionistra · 1 year ago
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Uno dei capolavori meglio riusciti dell’ideologia capitalista è stato quello di instillare nelle menti dei cittadini che i diritti siano beni scarsi, sottrattivi e di lusso così da poter rendere meno odioso l’arretramento del welfare state e servizi e, di fatto, eradicare sul nascere ogni forma di rivendicazione politica. (...) Insomma, quelli che fino a non molto tempo fa potevano essere comunemente considerati diritti basilari e inalienabili di ognuno oggi sono divenuti, grazie ad un artificio narrativo, privilegi per pochi. O tuttalpiù concessioni elargite col contagocce e di cui, in ogni caso, è meglio non farne un’abitudine. Studiare liberi dal fardello della povertà, il diritto ad un tetto, un lavoro sicuro e ben retribuito o la cura di malattie mentali sono solo alcuni esempi di diritti (previsti oltretutto dalla nostra Costituzione) che rendono oggi gli individui colpevoli di essere benestanti. Come se l’essere benestanti, letteralmente essere in una condizione di benessere, possa essere considerato in sé essere una colpa. 
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archivio-disattivato · 1 year ago
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Giornata delle Nazioni Unite per la solidarietà con il popolo palestinese: perché non possiamo commemorarla
Scritto il 29/11/2023
29 novembre: Giornata delle Nazioni Unite per la solidarietà con il popolo palestinese. Quest’anno non possiamo commemorare questa data internazionale, a causa della situazione in atto in Palestina: i 49 giorni di ininterrotti bombardamenti israeliani hanno portato alla distruzione della Striscia di Gaza e provocato 20.031 morti, tra cui 8.176 bambini (bilancio, non definitivo, dati Euro-Med monitor). In Cisgiordania, la continua aggressione di esercito e coloni israeliani ha ucciso 237 palestinesi, e ne ha feriti più di 2.950.
Non possiamo commemorarla perché non c’è solidarietà per i palestinesi, neanche di fronte a dei crimini di guerra, crimini contro l’umanità e un genocidio così efferato. O meglio, la solidarietà c’è stata, ma solo da parte dei popoli. E purtroppo, non sono i popoli a poter porre fine a questo genocidio, ma i governi. E i regimi occidentali sono stati deludenti poiché, mentre Netanyahu bombardava la Striscia, ripetevano, senza alcuna logica e alcun riferimento alla legge internazionale, la frase “Israele ha diritto a difendersi”.
Noi sappiamo che una difesa per essere considerata tale deve essere sempre proporzionale all’offesa e mai ledere i civili o attaccare strutture sanitarie, medici, ambulanze. Al contrario, in questi 49 giorni l’entità sionista ha portato avanti una vera e propria guerra agli ospedali di Gaza e ai bambini di Gaza.
Ogni 29 novembre, in tutto il mondo, si celebra la Giornata delle Nazioni Unite per la solidarietà con il popolo palestinese, a ricordo della risoluzione 181, emanata il 29 novembre del 1947 dall’Onu, che sancì la spartizione della Palestina storica, ponendo le basi per la creazione dello Stato israeliano e per la Nakba, la tragedia e pulizia etnica della popolazione palestinese ad opera degli squadroni del terrorismo sionista prima, e delle forze militari israeliane dopo.
Nel 1977, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì per il 29 novembre la Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese (risoluzione 32/40 B). Nella risoluzione 60/37 del 1° dicembre 2005, l’Assemblea generale chiese al Comitato per l’Esercizio degli inalienabili diritti del popolo palestinese e alla Divisione per i diritti palestinesi, in quanto parti per l’osservanza della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, stabilita il 29 novembre, di continuare a organizzare celebrazioni ed eventi annuali sui diritti palestinesi, in collaborazione con la “Permanent Observer Mission of Palestine” dell’Onu.
Se la comunità internazionale vuole dare senso a questa giornata ed essere coerente con le giornate a tema che istituisce, chiediamo un maggiore impegno nel tutelare i diritti del popolo palestinese, condannando con parole, ma sopratutto con fatti le atrocità sioniste attraverso un processo che porti i crimini israeliani davanti al Tribunale dell’Aja.
Mercoledì, 29 novembre 2023 Associazione dei palestinesi in Italia
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nusta · 9 months ago
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In questi giorni ho letto un libro disturbante, L'unità di Ninni Holmqvist, tra l'altro molto rapidamente perché era in prestito dalla biblioteca di e-book che lo lascia solo 15 giorni ed era già prenotato da altri, quindi non avrei potuto rinnovarlo. Ma l'ho letto rapidamente anche perché volevo vedere come andava avanti, nonostante non fosse il mio genere e forse, se non fossi rimasta d'accordo con un'amica che poi l'avremmo commentato insieme, l'avrei interrotto dopo i primi capitoli. Speravo in un altro finale e, tutto sommato, non mi ha lasciata soddisfatta, anche se la conclusione è coerente con la storia. Però che frustrazione >_<
La storia è ambientata in un futuro distopico relativamente prossimo, quasi contemporaneo, in cui è stato stabilito democraticamente che le persone possono essere classificate come "dispensabili" nel caso in cui non abbiano legami familiari solidi, ovvero non siano in coppia o non abbiano figli (o anziani genitori di cui occuparsi), o non abbiano professioni di un certo tipo (ossia "utili" per la società). Passata una certa età, se si viene considerati "dispensabili", si viene inseriti obbligatoriamente in un programma di sperimentazione scientifica, in cambio di vitto e alloggio in una sorta di villaggio vacanze da cui sono impediti i contatti col mondo esterno, anche se si possono vedere film e TV. Praticamente si diventa cavie e fonte di organi da destinare alle altre persone, quelle considerate "utili".
Su questa premessa si innesta il racconto in prima persona della protagonista, che compone un memoriale molto dettagliato delle sue vicissitudini dopo il suo ingresso nella cosiddetta Unità, con alcune riflessioni e ricordi del periodo precedente della sua vita.
Ecco, io speravo in una svolta rivoluzionaria, esplosiva, incendiaria, catartica, perché la premessa è talmente disturbante che portarla avanti sino alla fine mi sembrava insostenibile. Invece mi sono dovuta accontentare di un accenno e la scelta finale della protagonista è in linea con tutto quello che viene raccontato prima. Triste, ingiusta, angosciante, ma in linea, proporzionale a quelle che sono le possibilità lasciate in campo.
È angosciante proprio perché non lascia alternative, ti trovi ingabbiato in una rete e non puoi scappare. Che senso avrebbe? Con quali mezzi? Cosa ti resta allora a disposizione? Nel suo caso la diffusione delle informazioni, senza nemmeno sapere se avrà seguito. La speranza che qualcuno mantenga la parola data. La speranza che qualcuno capisca la tragedia che si è compiuta e che si continua a compiere, quando si considera la vita umana come qualcosa di collaterale all'utilità, al ruolo sociale che ci viene attribuito, che ci troviamo a interpretare, volenti o nolenti.
Dove si ferma la responsabilità individuale, dove si mette il confine tra il singolo e il gruppo, quali diritti inalienabili possono essere concordati e quali sono invece i diritti revocabili in nome del bene collettivo?
In questo romanzo non c'è spazio per ragionamenti o polemiche, e forse per questo mi ha lasciato insoddisfatta, ci sono gli estremi delle situazioni raccontate, ma non si affrontano esplicitamente più di tanto le premesse, né sembra ci sia abbastanza frustrazione o insofferenza di fronte a queste situazioni. Si accetta che è così e al massimo si fa una battuta.
E forse la parte più angosciante è proprio rendersi conto che anche nella realtà le persone reagiscono così alle ingiustizie e alla violenza strutturale, quando sei all'interno di un sistema, anche se ti rendi conto di essere vittima di una forma di prevaricazione, non hai la forza o la possibilità di cambiare le cose. Di fare gesti estremi. Forse al massimo ti è concesso di parlarne, se nei hai tempo e occasione.
È una lettura scorrevole, ma troppo cronicistica e fotografica per me. Avrei volentieri scambiato alcune descrizioni con dialoghi e riflessioni che consentissero un cambio di prospettiva. Ce ne sono, ma troppo pochi per i miei gusti.
Il tema è interessante, ma l'insistenza sulla questione dei figli a scapito di altre motivazioni usate in questa realtà per la classificazione degli "utili" mi ha lasciato ancora più amarezza. Forse sono io, anche, a non essere nel momento giusto della mia vita per leggere questo tipo di considerazioni, forse ne soffro più di quanto mi sarebbe successo 10 anni fa e magari di quanto ne soffrirei tra 10 anni. È abbastanza chiaro che la morale sottintesa sia di condanna alla premessa della storia, ma l'aspetto relativo alla prole e alla necessità di fornire il proprio contributo alla crescita demografica passa alla fine più indenne di quanto mi sarebbe piaciuto leggere. È un messaggio talmente pericoloso, trattandosi di un argomento intrinsecamente intimo e potenzialmente molto doloroso, che avrei voluto una narrazione più drastica ed esplicita nel rigetto di questa logica. Non mi basta cercare tra le righe, ora come ora. Ma forse sono io, sono io ora come ora.
Non so, nel complesso, se lo consiglierei. È una premessa interessante, ma forse avrei voluto una storia diversa. Magari con una bella rivoluzione finale.
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puff-blog · 11 months ago
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I DIRITTI INALIENABILI DEL LETTORE* 1. NON LEGGERE Il diritto di non leggere è fondamentale perché rende la lettura una scelta, accrescendo ancor di più il valore del gesto. 2. SALTARE LE PAGINE Tanti libri – specie in alcune descrizioni – si rivelano a tratti noiosi. Il diritto di saltare le pagine ci sgrava del senso di colpa che abbiamo provato più e più volte nel saltare più e più righe, ansiosi di andare avanti senza leggere alcune parti a nostro parere inutili. 3. NON FINIRE IL LIBRO Non è obbligatorio finire un libro che si è iniziato, eppure abbiamo provato tutti quel senso di inadeguatezza che si prova nell’abbandonare la lettura di un libro definito un classico, un capolavoro. Abbiamo vissuto questo abbandono come una sconfitta. In realtà, lasciare un libro a metà è un nostro inalienabile diritto. 4. RILEGGERE Tanti si chiedono perché stai leggendo ancora quel libro, “Ma non l’hai letto già tre volte?”. E allora? Qual è il problema? 5. LEGGERE QUALSIASI COSA Abbiamo il diritto di leggere ciò che vogliamo, dal rosa al giallo, dal thriller allo storico, dai romanzi definibili con un genere ai romanzi non definibili. Nessuno ha il diritto, invece, di criticare le scelte di lettura delle altre persone. 6. IL BOVARISMO (MALATTIA TESTUALMENTE CONTAGIOSA) È uno dei diritti più belli: il diritto a emozionarsi, a lasciarsi prendere dalla storia. Il diritto a piangere, se è il caso. I libri possono salvarci la vita e nella vita abbiamo tutti bisogno di momenti di evasione e di puro godimento. 7. LEGGERE OVUNQUE Ad Amantea non ci sono luoghi dedicati alla lettura, quindi questo, nel nostro caso, è un diritto forzato. 8. SPIZZICARE Abbiamo il diritto di leggere un paio di pagine, una pagina o anche solo qualche riga. 9. LEGGERE AD ALTA VOCE Leggere ad alta voce è magico, c’è poco da fare. Ognuno di noi dovrebbe sempre avere al suo fianco qualcuno disposto ad ascoltare. Trasforma completamente la lettura. 10. TACERE "L��uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. Non gli offre alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui". *ispirato da "Come Un Romanzo" di Daniel Pennac
Il Club di Letture Femministe - La Guarimba Film Festival
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enkeynetwork · 1 year ago
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La Russa, milioni di bambini esclusi dai diritti inalienabili
“Nonostante come ci ricorda l’Unicef la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza adottata nel 1989 sia il trattato sui diritti umani più ratificato, ancora oggi milioni di bambini in tutto il mondo vivono enormi difficoltà e vengono esclusi dai diritti inalienabili. Una situazione inaccettabile dovuta alle guerre, alla povertà, alle disuguaglianze, agli abusi…
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turuin · 6 months ago
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Provo una profonda pena, e assolutamente in senso dispregiativo, per chi sentendosi appartenente per cultura, provenienza o indottrinamento in età infantile ad una religione monoteistica, e neppure ad una delle più diffuse, si senta in diritto di criticare ad alta voce persone appartenenti ad altre religioni come "quelli là", di sparlare a sproposito sulla loro scelta di indossare gli abiti ed i copricapi tipici della propria religione come se l'aria aperta fosse un dominio di Santa Romana Chiesa e di puntare il dito e giudicare gli altri ad ogni piè sospinto, nonché di condannare e stigmatizzare in pubblico comportamenti assolutamente sani e diritti inalienabili di ogni persona giudicandoli "contro natura" quando poi nel privato della sua casa queste sante persone compiono le peggiori nefandezze, sentendosi niente affatto in colpa ed anzi tollerati e perdonati da un dio padre che se potesse esistere come loro vogliono li avrebbe inceneriti da tempo.
Dite che esagero?
Provo una profonda pena, e non in senso dispregiativo, per chi si professa non credente e deride chi dimostra la propria Fede. Per chi bestemmia per creare disagio in chi ha Fede.
Mi dispiace profondamente.
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valentina-lauricella · 2 years ago
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Testimonianze d'amore
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toscanoirriverente · 4 years ago
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laviniaasthings · 2 years ago
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Il Piacere è essenza della nostra esistenza.
La nostra esistenza è effimera, peritura: nasciamo, viviamo, moriamo, senza alcuna specifica ragione; tale condizione è un motivo sufficiente per rendere un diritto inalienabile la ricerca individuale del Piacere - indispensabile per raggiungere la Felicità. 
La Società Ideale è quella che non discrimini alcuno per le sue propensioni: che punti alla Qualità della Vita di ognuno. Per raggiungere tale punto alto di Civiltà è necessario debellare ogni forma di moralità, di illogica repressione che porti a vedere, in modo infondato, 'perversione' in ciò che in realtà è comportamento sano, che non lede l'incolumità di alcuno.
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ilsimplicissimusblog · 4 years ago
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Ribellione
Da decenni, sin dai primi anni ’80, la razza padrona ha tentato di far credere alle persone che la ribellione sia qualcosa di antidemocratico e di incivile, una pratica per violenti e per quelli che non sanno né vogliono dialogare, una tesi che ha finito col prevalere in un Paese che dopo la stagione del  Sessantotto con la sua mutazione valoriale  e poi quella del terrorismo,  reclamava il…
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astra-zioni · 3 years ago
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D’altra parte, perché essere tristi e depressi in un mondo dove Chiara Ferragni ti dà consigli su chi votare mentre sorseggia champagne nel suo jet privato inquinando più lei in dieci minuti che tutta la popolazione mondiale, perché essere depressi in un mondo che affossa sempre di più i diritti inalienabili di ogni essere umano, in cui la sanità diventerà privilegio di pochi come pure l’istruzione, dove le malattie mentali diventeranno la nuova piaga da contrastare, in cui ogni giorno gente diversa ti insegna a campare e a dirti come crescere tuo figlio, come avere una relazione sana, come mangiare bene, come essere più etici, come essere persone migliori. Un mondo dove per alcuni il femminicidio è un termine privo di senso e al contempo se osi dire qualcosa di diverso dal coro di pecore sei un uomo etero cis e fascista. Un mondo dove Giorgia Soleri ti sfrantuma le palle - o le ovaie, per non far sentire escluso nessuno - fino a fartele rotolare a terra col suo femminismo da quattro soldi mentre pubblicizza prodotti skincare e indossa la collana della Ferragni, dove chiunque può scrivere libri a patto di non saper scrivere, in cui ogni persona è chiamata ad avere un’opinione e il fatto di essere qualificati o meno, di aver studiato o meno, diventa completamente irrilevante, se non deleterio, perché significa che sei un fottuto borghese e devi stare zitto. Un mondo dove ce la si prende col capitalismo a vanvera, dove piazzo l’adesivo “fuck capitalism” sul mio bel MacBook da 1000 euro, dove se compri da Shein fai schifo ma anche se compri in una catena di fast fashion e quindi te la prendi nel culo se il tuo fisico non trova un cazzo nei mercatini dell’usato. Ancora, dove fanno più danni psicologici gli attivisti dei disturbi alimentari che ti triggerano facendoti pensare a cose a cui non hai mai pensato - e per paradosso te lo fanno venire loro il disturbo alimentare -, un mondo dove ti si ripete che è liberatorio e bellissimo lasciare tutto e andarsene a vivere nel buco del culo asiatico a meditare, salvo poi accorgerti che puoi farlo solo se hai il culo ben parato. Dove tutti siamo belli ma a me Victoria’s Secret ancora non m’ha chiamata, tutti possiamo fare tutto eppure il mio disturbo bipolare mi costringe a letto 5 giorni su 7. Non riesci a instaurare rapporti umani che abbiano un qualche valore perché la gente è una bandiera al vento e cambia come cambia il clima - sempre più precario anche lui -, dove tre giorni fa un’amica mi piangeva davanti e si dilaniava per una storia finita male e ieri m’ha detto che è cotta di uno, dove la monogamia è un concetto antico ma l’opzione diventa crearmi una cartella sul pc per ricordarmi gli accordi relazionali presi con i miei cinque partner manco avessi stipulato un contratto aziendale, e quindi fanculo la monogamia e il poliamore ché da soli si sta da Dio. Ma comunque, non fa niente: basta idratarti, mangiare sano e preferibilmente vegano, meditare, e passa la paura.
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gretathunberg · 3 years ago
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Nelle società post industriali, e post globali. Le leggi non esistono, se non in rari contesti, per proteggere l’individuo dai soprusi, dalle ingerenze, dal linciaggio della fortuna avversa, nè tanto meno per rinforzare e aiutare a realizzare i suoi diritti -  tavolta nel novero di quell inalienabili
Le leggi esistono per direzionare le masse Le masse in un mondo a comunicazione totale e ognidirezionale,  sono incontrollabili. Le masse in un mondo dove gli individui coltivano il sè, la propriocezione dell’universo, il totale diritto a tutto, sono incontrollabili. Nessuno fa se non nella direzione del sè.
Le leggi nel mondo post moderno e post globale, esistono per direzionare le masse per spingerle a muoversi in modo coerente verso fini e risultati che siano utili al sistema in sè. O il sistema imploderebbe, collasserbbe sulle pressioni delle altre economie, delle altre nazioni, delle pressioni internazionali.
A volte o forse più spesso sembrano esistere per direzionale le masse verso fini utili al potere fine a se stesso, o utili alla ristretta elite che dal potere trova giovamento a discapito del contratto sociale, e del supporto  filantropico e gratutio all’altro. Insomma le leggi sembrano solo consustanziali a un potere che adora solo se stesso, e fa di se stesso il proprio unico fine. La comunicazione in mano al potere post globale, alle autatchie ma anche a molte repubbliche insospettabilmente democratiche, sembra andare nella stessa direzione. La comunicazione non avend a dsposizione  lo strumento  della multa, della minaccia del carcrere, del gladio come invece le leggi di stato spesso hanno, la comunicazione deve sedurre, anzi convincere, dissuadre, o destituire di fondamento le tesi opposte: sedurre, coinvicere, dissuader o destituire, richiede un terreno comune, un minimo comun denominatore di valori su cui basare le proprie teorie. Il globalismo  ha creato questo terreno comune. In particolare sfruttando non il meccanismo del convicimento, che richiede fatica intellettuale da parte di chi ascolta, ma quello della dissuasione secondo cui meglio non fare questa o quella cosa, perchè lederebbe i nostri piccoli perversi e lucidi interessi di bottega; o quello ancora più facile della destituzione di valore, perchè infamare diffamare, inventare narrative destituenti, è facile e non richiede il costo della coerenza. Insomma le persone capiscono quel che si vuole dare a intendere, se detto con convinzione, e se titilla i pilastri fondant del loro ego. Un ego spesso frustrato, spaventato, solo e spaurito dalle soverchianti forze della società.
Qualsiasi teoria può essere blandita se si tratta di parlare male del “nemico”, basta la accortezza della verosimiglianza. A volte è sufficiente anche solo che sia detto da una fonte autorevole, forte, patriarcale o patriarcalizzante, il capo di stato, la polizia, la radio o la TV, un ente che nessuno può controvertire perchè investito di quel ruolo da leggi o principi pubblici. Basta per destituire il nemico e le sue teorie di ogni valore. Per cui, esemplarmente, la Polonia di Hitler era tedesca, il mare mediterraneo di Mussolini era “nostrum”, l’Ukraina di Putin è russa (siamo noi “occidentali” - brutti e cattivi - che non riconosciamo questa evidenza etnica patente e ovvia), l’america di Trump è in mano agli stranieri e messicani (e quindi il congresso - il parlamento americano - va aggredito, sottomesso e “destituito” e le elezioni e i ballottaggi, sono chiaramente “sotto il controllo del nemico” , se non danno la presidenza a Trump. La società postglobale che non crede in niente, se non ai contratti sociali, crede a volte ai capi? Alle autorità non perchè autorevoli ma perchè autoritarie? La gente crede alla forza? O semplicemente disperata, in cerca di una qualsiasi bussola mentale e morale, e anche una distorta e perversa quindi va bene? La politica internazionale sembra piena di questi esempi. Perchè nessuno in Corea smentisce Kim  Yong Perchè nessuno in Russia osa pronunciare la parola guerra contro l’Ukraina, ma si adegua a dire “operazione militare”? Solo per paura delle ripercussioni penali? Al momento nessuno sembra essere stato mai condannato, anche chi tra i russi  sui social usa la parola guerra all’Ucraina, con disnvoltura democratica.
Perchè nessuno si ribella ai Talebani che impongono il burka e proibiscono alle donne persino di guidare un auto, d di frequentare una scuola? L’uomo moderno sembra credere o che la menzogna, se detta da una autorità è in fondo un mezza verità o che non può essere totalmente ignorata. O forse l’uomo moderno è così spaesato di fronte a un mondo che promette ogni libertà e non ne mantiene nessuna, che parla di libertà, ma non difende i principi che quella libertà informano come ad es la cultura, la coscienza, la legalità, il rispetto dell’altro; un mondo che dice che tutto è possibile, ma niente è vero: Dio non è vero, ma anche il comunismo è una favola, l’islam una barbarie, il cattolicesimo è un insieme di credenze autoritarie reazionare o banali e sempliciotte, il buddismo una bella tecnica di meditazione per l’ansia, una pratica quasi da palestra,   che quindi sono superate nel dinamico e razionale e materiale mondo posto moderno.
L’importante è, pare, essere dinamici, e giovani, bere tanta acqua e fare esercizio, magari pilates o meditazione e amare le piante e gi animali. Tutto il resto è reazione e passato.
Ma questi principi da “rivista da sala d���attesa, o da rivista da parucchiere” questi principi universali, perchè non dicono nulla e non infastidiscono nessuno, possono essere il m.c.denomiantore di uan società complessa, globale, ricca e povera, sull’orlo di una crisi climatica e forse di una crisi di coscienza storica e individuale, come la nostra? E’ davvero tutto qui, oppure proprio questo vuoto, è ciò che consente il reale controllo del pensiero, il lavaggio del cervello, fatto di azioni guerruglia, di comunicazioni frammentate ma mirare sempre allo stesso scopo. Compra e non pensare, compra e non criticare. Lavora compra e si liberal e sarai felice. Compra ma non criticare, e soprattutto non cambiare un etto di quanto ti viene dato. I 3 miliardi di poveri non ci sono, e il riscladamento globale è una invenzione di qualche svaporato, nevrotico, e infelice che non ci vuole felici, col sorriso durbans, traspirati, profumati e con una bella auto. E ben idratati, dimenticavo
E’ il globalismo un’ etica o un pensiero? O è uno spazio di manovra Manovra per chi? A chi giova.
Per il potere inteso non nel senso classico o complottista, ma nel senso elitario. Ogni organizzazione sociale genera una classe dominante, perxchè ogni organizzazione è squilibrata, e tende al verticismo figlio dell’egoismo.
Le classi dominanti, che non sempre sono quelle che le leggi dello Stato definiscono, e le costituzioni vorrebbero o prevederebbero, agiscono. Nel proprio interesse. Che certamente non è quello di diminuire i propri privilegi, al limite monotonicamente di mantenerli o accrescerli. Questo spazio di libertà totale che è la comunicazione globale, è stata voluta dalle classi dominanti o no? Forse no. Ma certamente giova qualcuno più di altri.
E certamente quando la comunicazione è sottocontrollo privato, come capita nei social, giova il capitale e le entrate econoiche di chi proprietario dei mezzi di comunicazione.
Mai come oggi è stato vero il principio che “il media *è* il messaggio” (Mc Luhan), che non conta il contenuto, ma la sopravvienza del mezzo di trasmissione: questa finta libertà di opinione di espressione e di pensiero, la libertù di mostrare i propri calzini bucati a tutti, perchè qualsiasi messaggio deve essere banale o non si propaga, in quanto propagato dagli individui tramite citazioni e reblog, e non centralmente da un emettitore come capita per radio e TV, questa liberta  è semplicemente la possibilità dei proprietari di media di accrescere la potenza economica del media stess (i social di proprietà) e la propria. Ogni calzino bucato, ogni foto di gambe sdraiate al mare, ogni selfie è l’impulso che strascina sempre più in alto un potere mediatico confuso e cieco , nei fini valoriali e ideologici, ma chiaro e nitido negli scopi proprieconomici: fare soldi soldi e sempre più soldi. Vale davvero la pensa possedere questi social e usarli se non portano a nessun vero risultato se non perpetrare lo status quo? Un status di banalità condivise.
Perchè nessuno rifiuta di esistere sui social, o meglio su certi social? Perchè i social perpetuano la società globale, che è una società fatta di vuoti, di assenze, di non risposte, o risposte  banali e sempliciotte che rinforzano il superficiale. I social riflettono, conducono questi valori minimali e ristretti, o generano questi valori? Io credo che la sensazione di libertà , l’idea di liberà posgobale, quella di essere vuoti e soli, generino social senza obiettivi che hanno lo scopo di dare valori condivisi da tutti, e quindi valori minimalisti, materialisti e privi di un substrato concettuale, con impatti limitati al poco o al nulla. Al rimanere ben idratati, che pare il problema numero uno della società under 21 sui social. E questo spazio dove può sussistere solo il minimo comun denominatore, fatto di poco e nulla, genera menti prive di senso critico, o pronte  a criticare quanto sia fondato su un pensiero strutturato, perchè ogni pensiero strutturato genera opinioni contrastanti, sovente. La neutralità - un po’ ipocrita - dgli spazi globali, e post globali, la apparente neutalità dei social genera persone prive di pensiero, che hanno pensieri privi di qualsiasi spinta reale, che non modificano la realtà personale e sociale e che rinforzano la struttura neutra e la propagazione di pensieri privi di contenuto. Ogni insieme di assiomi genera i propri teoremi, i propri mondi euclidei o non euclidei. L’assenza di qualsiasi assioma, genera il vuoto delle menti e dello spirito.  
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valentina-lauricella · 2 years ago
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Non ho mai festeggiato in un locale con spogliarellisti.
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passaggioalboscoedizioni · 3 years ago
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Renzo Giorgetti
IL NUOVISSIMO ORDINE MONDIALE
La tirannide antiumana, quintessenza della demagogia egualitaria
Mentre ancora c’è chi dubita dell’esistenza di un Nuovo Ordine Mondiale, già se ne prepara uno Nuovissimo: è la “nuova normalità” dei QR code, della sorveglianza globale, della shock economy e della “società aperta”. Non una rottura, ma un consolidamento strutturale dei dogmi egualitari che dominano l’esistente da almeno duecento anni.
Renzo Giorgetti compie un viaggio nelle pieghe del nostro tempo, sottolineando gli elementi di continuità con il passato e delineando una fenomenologia delle forme del potere che sembra ripetersi costantemente, rinnovando la farsa di un meccanismo artefatto: siamo dinanzi ad una governance settaria e fanatica, priva di “diritti inalienabili” e “sacri valori fondativi”, che comprime gli spazi di libertà, rescinde i legami con il sacro, omologa le coscienze, decostruisce le identità e sovverte le tradizioni.
Quella in atto, per l’autore, è una volgare recita  priva di ogni legittimità: in tal senso, allora, è necessario comprendere che la vera lotta non sta nel cambiare gli elementi della scena o gli attori che la attraversano, ma la percezione stessa dello spettatore, spingendolo ad abbandonare il teatro e a riconquistare la propria dignità, la propria natura e il proprio posto nel mondo.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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