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Ferdinando Balzarro: "Vendetta infinita" - Un romanzo di azione e riflessione. Recensione di Alessandria today
Un viaggio tra vendetta, filosofia e arti marziali
Un viaggio tra vendetta, filosofia e arti marziali Recensione dettagliata“Vendetta infinita” di Ferdinando Balzarro è un romanzo che unisce la tensione dell’azione a una profonda riflessione filosofica. Il libro ci porta in un mondo dove la vendetta non è solo un istinto primordiale, ma anche un mezzo per esplorare le profondità dell’animo umano. Protagonista della storia è Virginia, una…
#Alessandria today#arti marziali#arti marziali narrativa#azione e introspezione#azione e riflessione#bestseller italiani#dialogo maestro-allieva#Ferdinando Balzarro#Filosofia orientale#frasi celebri#Google News#introspezione#introspezione e filosofia#introspezione personale#italianewsmedia.com#Kamelfilm#letteratura italiana moderna.#letture 2025#Letture consigliate#letture moderne#libro 2025#narrativa contemporanea#narrativa filosofica#narrativa italiana#narrativa profonda#Pier Carlo Lava#recensioni libri#regia italiana#relazioni allieva-maestro#Roberto Quagliano
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"Sevuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi essere disposta a fare qualcosa che non hai mai fatto."
H 19.30 DIMOSTRAZIONE
E DIALOGO
SENSIBILIZZAZIONE
CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
A CURA DI GIOVANNI BATTISTA ADORNA (MAESTRO)
E SILVIA ADDIS (ALLIEVA)
GIÒ SPORT
VIA BALDEDDA N°12\A SS
TEL 0794361570
#giòsport
#difesadonna #giòsport
#24novembre2023
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🎎 Queste centonove pagine mi hanno rubato il cuore! L'Ikebana, l'arte di disporre i fiori, raccontata attraverso le parole della Signora Gusty Herrigel, allieva agli inizi del '900 a Tokyo, del Maestro Bokuyo Takeda. Si viene introdotti lezione dopo lezione in questo mondo lento e pacato, il tutto spiegato con estrema chiarezza e delicatezza. Ho trovato molto affascinante la spiegazione riguardante lo stato d'animo che si dovrebbe raggiungere per riuscire a mettere in pratica gli insegnamenti, solitamente trasmessi oralmente dal Maestro, più che usando le parole attraverso un dialogo silenzioso cuore a cuore, costruito sui gesti. Raggiungere il silenzio e la quiete assoluti dentro di sé sono elementi indispensabili per poter esercitare tale arte, attraverso la concentrazione e le esercitazioni quotidiane. Il triangolo da formare nella composizione floreale verterà sempre ad armonizzare tre elementi: Il cielo, l'uomo e la terra. L'uomo diventa intermediario tra dimensione spirituale e terrestre, formando questa indissolubile triade. Le 10 virtù che l'artista dovrebbe possedere sono per me sinonimo di quelle che io stessa miro a possedere come approccio generale alla vita, ve ne scrivo qualcuna! 2. Portare il Nulla nel cuore è portarvi il Tutto. 3. Disposizione calma e pura. Si può trovare la soluzione senza pensare. 4. Eliminare ogni inquietudine. 9. Corpo e anima in armonia. Che dire, un testo applicabile anche alla vita e non solamente alla specifica arte dell'Ikebana. Spiritualità, arte, ricerca dell'armonia si mescolano a creare un unico atto creativo. Ho trovato veramente un piccolo tesoro in queste pagine e ora mi piacerebbe molto essere la discepola di un vero Maestro che potesse insegnarmi quest'arte! Se conoscete qualche altro libro valido sull'Ikebana, vi aspetto nei commenti! Vi affascina almeno un po'? 🎎 https://www.instagram.com/p/CCBnuNAn1GG/?igshid=19rmp3857gbox
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MACERATA – Lunedì 14 gennaio alle 21 Erica Piccotti e Filippo Gamba mettono le ali alla musica da camera e danno il via alla seconda parte della stagione di Appassionata.
Protagonista al Teatro Lauro Rossi è la diciannovenne romana, violoncellista nata per la musica che suona ad occhi chiusi lasciandosi portare e trasportando il pubblico col proprio istinto e una maturità tecnica più che sorprendente.
Allieva di Meneses e Helmerson, Erica Piccotti è vincitrice di prestigiosi concorsi internazionali e, talento precoce quanto luminoso, si è già esibita alla Carnegie Hall. Nel 2013 dalla Presidenza della Repubblica ha ricevuto l’Attestato d’Onore “Alfiere della Repubblica” per gli eccezionali risultati in campo musicale ottenuti in giovanissima età. Si è esibita con artisti quali Salvatore Accardo, Mario Brunello, Gidon Kremer, Itamar Golan e Sir András Schiff, fra gli altri. Suona un violoncello Ruggeri del 1692.
Insieme a lei, arriva a Macerata Filippo Gamba, pianista veronese, interprete elegante dal suono intenso e scevro di retorica. Definito ‘filosofo del pianoforte’ è musicista cosmopolita. Come solista ha suonato con i Berliner Sinfoniker, la Wiener Kammerorchester, la Camerata Academica Salzburg e l’Orchestra della Tonhalle di Zurigo fra le altre, sotto la bacchetta di Simon Rattle e Vladimir Ashkenazy per citarne alcuni.
Il programma del concerto di lunedì prossimo prevede l’esecuzione di trascinanti pagine musicali: Pezzi fantastici di Robert A. Schumann, Pohádka di Leóš Janáček, Variazioni su tema Mosè di Niccolò Paganini e la Sonata op. 69 n. 3 in la maggiore di Ludwig van Beethoven. Brani che sanno valorizzare la cantabilità del violoncello, specie quelle composte dal maestro del classicismo viennese che proprio con le Sonate per violoncello e pianoforte diede vita, nelle parole della musicologa Luisa Curinga, a un nuovo modo di concepire lo strumento nella musica da camera facendolo diventare protagonista, insieme al pianoforte, di un dialogo intenso ed equilibrato.
Il concerto del 14 gennaio al TLR è realizzato grazie al sostegno e alla collaborazione dell’Associazione culturale Musica con le ali e al suo presidente e fondatore Carlo Hruby. Nato a Milano nel 2015, il sodalizio guarda alla musica, in particolare la musica classica, come uno dei più importanti patrimoni culturali italiani e come uno strumento di crescita personale e collettiva di straordinario valore. Per questo sostiene e valorizza iniziative in ambito musicale, con speciale attenzione ai giovani e alla musica classica.
La stagione 2018-2019 dei Concerti di Appassionata è organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune di macerata con la direzione artistica dell’Associazione musicale Appassionata e con il contributo di MiBAC, Regione Marche, Società Civile dello Sferisterio-Eredi dei Cento Consorti, APM, Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata, Università degli studi di Macerata, Istituto Confucio, ANMIG. In collaborazione con Marcheconcerti, Consorzio Marche Spettacolo, Accademia di Belle Arti di Macerata, Associazione Musica con le Ali, Politeama. Main sponsor è Menghi Shoes. Valli Pianoforti è partner tecnico.
Biglietti da 5 a 20 euro presso la Biglietteria dei Teatri, piazza Mazzini a Macerata (mart.-sab. 10-13, 17-20, lunedì 14 gennaio dalle 17). Il botteghino del Lauro Rossi è attivo dalle 20 il giorno del concerto. Biglietti online su Vivaticket. Agevolazioni per soci Appassionata, possessori Marcheconcerti Card, studenti e accompagnatori. Appassionata è accreditata per App18.
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“La bellezza aiuta poco, l’arte non perdona”: un insolito Francesco Consiglio con le farfalle allo stomaco intervista Vanessa Benelli Mosell, la diva del piano
In una sala da concerto, sopra un palco poco elevato e spoglio, una giovane donna bionda suona il piano. La sua bellezza incatena il mio sguardo con tanta forza da non farmi più sentire. Sono tutt’occhi, un unico senso. Scruto i suoi tratti così teneri, l’espressione estatica, deliziosamente rapita dalle note. Nella mente ho solo spazio per pensare all’ingiustificabile immaturità emotiva del mio cuore.
Questa pianista andrebbe ascoltata a occhi chiusi, perché guardarla vuol dire dimenticare cosa sta suonando. Ho i miei occhi nei suoi, e non soltanto: sulle labbra, sulle mani, sulle dita che danzano tra i tasti bianchi e neri. Gli occhi bruciano. Lo sguardo di un innamorato può essere paragonato al fondo di un vulcano: fuoco interno, temperatura altissima, disintegrazione di ogni cosa. C’è lei, Vanessa Benelli Mosell, fasciata da un abito elegante, rosso e aderente, e tutto il resto è il Grande Nulla. The Big Nowhere, ma niente a che vedere con l’omonimo poliziesco di James Ellroy e il jazz suonato nei bassifondi metropolitani. Qui il nulla è pieno di un’immagine bionda e potente, romantica e drammatica. Riuscite a comprendermi?
Comunque sia, mi fermo qui. Lei non merita questi vaneggiamenti da Sturm und Drang. Vanessa è un’artista di talento con una tecnica formidabile e una schietta personalità musicale. Ha suonato nelle sale da concerto più prestigiose del mondo ed è stata l’ultima allieva di Stockhausen, personalmente invitata dal compositore a studiare con lui in Germania. Nel luglio 2012 è stata chiamata a sostituire Martha Argerich, una delle più autorevoli pianiste della nostra epoca, suonando il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 di Chopin con l’Orchestra “I solisti di Mosca”. Come solista, si è esibita con numerose orchestre internazionali, quali la Israel Camerata, la Jerusalem Symphony, l’Orchestre Philharmonique de Strasbourg, la Edmonton Symphony e la Zurich Chamber Orchestra. Il suo ultimo album, Echoes, con musiche di Philip Glass e Rachmaninov, ha suscitato il grande plauso della critica internazionale. Di questo vorrei parlare, e del suo percorso artistico. Non delle mie paturnie. Vanessa, mi perdoni?
Hai lasciato molto presto l’Italia per studiare nelle scuole più prestigiose d’Europa: il Conservatorio di Mosca, il Royal College di Londra. Sei stata una delle ultime allieve di Karlheinz Stockhausen, riconosciuto dalla critica come uno dei più importanti compositori del XX secolo. Partire è stata una scelta obbligata, perché ritenevi che il livello dell’insegnamento musicale in Italia non fosse adeguato alle tue aspettative, oppure hai semplicemente fatto una scelta esistenziale di avventura e d’amore per il nuovo? Cosa consiglieresti a un giovane desideroso di intraprendere la carriera pianistica? Andare via o restare?
Partire è essenziale per non restare nella ‘comfort zone’, una condizione mentale altamente demotivante per intraprendere con determinazione e sicurezza in sé stessi qualsiasi strada professionale, in particolare un percorso artistico. Confrontarsi con il resto del mondo è indispensabile per essere competitivi e reggere il confronto con un numero sempre maggiore di persone che hanno al loro attivo studi ed esperienze lavorative all’estero, e conseguenti conoscenze linguistico e culturali. Per questo consiglio di partire non solo dall’Italia, ma da qualunque luogo ci abbia cresciuto e accudito. Bisogna andarsene da ciò che ci preserva da ansie e paure che, prima o dopo, rimanendo irrisolte, riaffiorano, compromettendo il vero dialogo con se stessi. Quando sono partita, più di dieci anni fa, ho intrapreso una scelta all’epoca contro-corrente, mentre oggi sono felice di constatare che rappresenti la normalità. Tuttavia, mentre vivevo studiando all’estero, sapevo che il sacrificio di crescere lontano da casa e dagli affetti, era volto solo e soltanto al raggiungimento di uno scopo professionale e non all’appagamento di un mero desiderio di avventura e amore per il nuovo.
Parlare della crisi della musica classica è diventata l’occupazione principale di molti critici. Un continuo lamento: non ci sono abbastanza soldi per organizzare stagioni concertistiche di rilievo, la cultura è l’ultimo interesse dei politici, il pubblico dell’Opera è costituito quasi esclusivamente da un’élite di ricchi anziani, i conservatori sono malati di burocrazia, e l’elenco potrebbe continuare. Si tratta di supposizioni, percezioni o dati confermati? Viaggiando molto, hai potuto appurare che quest’alone di negativismo è presente anche in altre parti del mondo o si tratta di una depressione tipicamente italiana?
Temo, ahimè, che il continuo lamento di molti critici sia basato su dati reali. Posso ad ogni modo confermare che l’attitudine autocritica è presente in tutti i paesi che ho avuto occasione di abitare, visitare o conoscere, e rappresenta un segnale generalmente positivo. Il pubblico, al contrario, varia molto a secondo della geografia: in Asia ad esempio, il pubblico dei concerti di musica classica è composto per di più da persone al di sotto dei cinquant’anni, fra cui molti giovani, spesso studenti di musica. Anche la scelta del repertorio influisce: il pubblico dei concerti di musica contemporanea è molto più giovane rispetto all’audience dei concerti tradizionali. Questo è dovuto al fatto che i giovani, o i meno anziani, sono tendenzialmente più aperti a nuove e più o meno recenti forme sonore.
Stockhausen è stato tuo maestro per oltre un anno, l’ultimo della sua vita. Quando l’ho saputo, ho pensato a un mio progetto letterario, non ancora realizzato: un libro che dovrebbe raccontare gli ultimi giorni di vita dei grandi artisti e il loro modo di sfuggire o accettare l’angoscia della morte. Penso di non dire nulla di originale se affermo che la creazione artistica è il nesso fra la morte e l’eternità. Si fanno figli per avere l’illusione di continuare a vivere in qualcuno, ma sono anch’essi destinati a morire, e solo le nostre creazioni hanno almeno un’ipotesi di immortalità. Anche se eri molto giovane quando lo hai conosciuto, sei riuscita a percepire come Stockhausen si poneva di fronte all’evidenza dell’imminente fine del suo transito terrestre?
Quando l’ho conosciuto non potevo certamente immaginare che la sua morte fosse imminente, sebbene dopo la sua scomparsa mi sia stato riferito a più riprese che Stockhausen sapeva di non poter più vivere a lungo. Ho sempre percepito in lui una grandissima energia, una forza e una linfa vitale contagiose, fino a quando ha vissuto. Il suo carattere esigente e intransigente mi ispirava fiducia, stima e ammirazione. Era un artista geniale e dava l’impressione di sapere di esserlo. Fino agli ultimi giorni corrispondevamo attivamente su temi musicali e professionali come se niente fosse; per questo la notizia della sua morte mi ha colto di sorpresa, lasciandomi un vuoto dentro.
Dopo una domanda filosofica, passiamo a qualcosa di più frivolo. Sei indubbiamente una ragazza molto bella, allegra, simpatica. E non dico questo perché sto provando a corteggiarti! Voglio chiederti invece fino a che punto l’avvenenza fisica possa aiutare a farsi amare dal pubblico in un’arte che richiede un livello molto alto di competenza tecnica.
Molto poco, l’arte non perdona. Tuttavia, sentirsi bene con se stessi aiuta nella vita in generale, e il prendersi cura del proprio corpo grazie a una regolare attività fisica e una sana alimentazione è essenziale per me e per il mio lavoro e si riflette sia interiormente che esteriormente. Anche un’attitudine costruttiva è sempre positiva. Sono un’inguaribile ottimista e mi piace comunicare con il mio pubblico e i miei followers con i quali condivido la mia passione per la musica.
Pochi sanno che Mozart aveva una sorella che si esibiva con lui da bambina per le corti europee ma fu costretta ad accantonare lo studio per sposare un ricco nobile. E dire che Wolfgang le riconosceva un grande talento, al punto da scriverle: “Non sapevo fossi in grado di comporre in modo così grazioso. Ti prego, cerca di fare più spesso queste cose”. Sembra quasi che le donne non abbiano mai composto musica, e invece si tratta di una storia di discriminazione che gli storici della musica dovrebbero studiare a fondo. Maddalena Casulana, compositrice vicentina del tardo rinascimento, scrisse, nel suo primo libro di madrigali: “Voglio mostrare al mondo il vanitoso errore degli uomini di possedere essi soli doti intellettuali, e di non credere possibile che possano esserne dotate anche le donne”. Ancora oggi, nella quasi totalità dei concerti è suonata musica composta da un uomo. Come porre fine a questa sorta di misoginia dell’ambiente musicale?
Per poter comprendere è necessario tenere presenti diversi fattori che non hanno permesso alle donne del passato di essere ricordate fino ai giorni nostri. Innanzitutto il fattore numerico: molte meno donne rispetto agli uomini intraprendevano in passato lo studio della musica e della composizione. Di conseguenza, diminuiva la probabilità di trovare artiste di grande genio e talento. Inoltre, molte di loro non erano disposte a sacrificare la vita familiare per la vita professionale, intraprendenti carriere che comportavano una forte ambizione necessaria a imporsi in un ambiente esclusivamente maschile. Anche la sfiducia nelle doti intellettuali femminili al quale fa riferimento la Casulana, oggi datato e definitivamente smentito nel corso dell’ultimo secolo, incideva e minava la sicurezza in se stesse di molte donne del passato. Consideriamo che ancora adesso la condizione femminile in molti paesi del mondo è pari alla nostra di due secoli fa, e l’emancipazione ottenuta grazie a donne coraggiose ed anticonformiste non è affatto scontata. In ogni caso, non è da considerare una colpa il desiderio femminile di crescere i figli piuttosto che dedicarsi a una carriera, cosi come può non rappresentare un’ambizione maschile ascendere professionalmente. Ogni scelta merita rispetto, l’importante è avere parità di opportunità, fiducia e considerazione, fortemente meritate dalle donne al giorno d’oggi, anche nel campo compositivo. Sono in numero sempre crescente infatti le compositrici contemporanee riconosciute e largamente eseguite nel mondo, e sono pronta a scommettere che presto entreranno in repertorio.
Infine, la più classica e inevitabile delle domande: progetti per il futuro?
Tanti: un imminente impegno con la London Philharmonic Orchestra presso la Royal Festival Hall il 7 di Febbraio, il concerto di apertura del festival di musica contemporanea “Presences” presso l’Auditorium di Radio France a Parigi il 12 Febbraio, e poi impegni direttoriali a Berlino in marzo e il debutto al Festival Al Bustan di Beirut con il Concerto in sol di Ravel.
Francesco Consiglio
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STASERA ALLA GIÒ SPORT
H 17/21.30 BODY BUILDING
CON IL M° Giovanni Murgia
H 17 TOTAL BODY TOTAL MIX
CON Bonaria
H 18 JEET KUNE DO
E KALI FILIPPINO
H 19.30 DIMOSTRAZIONE
E DIALOGO
SENSIBILIZZAZIONE
CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
A CURA DI GIOVANNI BATTISTA ADORNA (MAESTRO)
E SILVIA ADDIS (ALLIEVA)
VIA BALDEDDA N°12\A SS
TEL 0794361570
#giòsport
#bodybuilding #totalbody #totalmix #jeetkunedo #kalifilippino #difesadonna #giòsport #veniteaprovare
#24novembre2023
#provagratuita #ierioggiedomani
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“Passai una notte indimenticabile con Borges, un vero dissacratore”: dialogo infinito con Sylvia Iparraguirre
Bisogna osare azioni controcorrente, contro l’ordine imperante. Una delle regole della comunicazione è che intervistato un tizio si passa al prossimo, senza soluzione di affetto né di coinvolgimento. D’altronde, dopo che uno ha detto quello che ha da dire, basta. Non funziona così in letteratura, perché lo scrittore, quando è grande, è un mondo e le interviste, di solito, non sono ‘promozionali’ né ‘elettorali’, ma sostanziali. Da tempo dialogo con Sylvia Iparraguirre (qui e qui), che è tra i grandi scrittori latinoamericani di oggi, per fortuna tradotta in Italia (in catalogo Einaudi il suo capolavoro, La terra del fuoco): un dialogo ‘infinito’. Sylvia non è soltanto una grande scrittrice, è una donna che ha attraversato il periodo più luminoso e più buio della storia argentina. Ha visto la dittatura militare ed è stata allieva di Jorge Luis Borges, ha scritto quando scrivere, negli anni Settanta, era di per sé un gesto ribelle e ha conosciuto Cortázar (“gli ho voluto bene immediatamente”), ha sguardi grevi di anni, colmi di futuro. La sua generosità, tanto limpida e disarmata, non smette di sorprendermi in questo tempo in cui anche gli insulsi si credono divi.
Qual è stato il suo rapporto con gli scrittori argentini, ad esempio con Borges e Cortázar?
Il mio debito con la tradizione letteraria argentina riempirebbe una biblioteca. C’è una linea che inizia nel XIX secolo – il passato di tutti noi –, che costituisce il DNA di tutti gli scrittori argentini. Nell’epoca contemporanea: l’avanguardia degli anni Venti, quando cominciano a scrivere i grandi maestri come Borges, Roberto Arlt e Leopoldo Marechal. Poi, negli anni Quaranta, quando pubblicano Ernesto Sábato, Adolfo Bioy Casares, Silvina Ocampo e Cortázar. Quella è la costellazione più luminosa di grandi scrittori argentini. La loro eredità viene ripresa dalla generazione degli anni Sessanta, che la trasforma e la rinnova (Tizón, Castillo, Piglia, Fogwill, Heker, Di Benedetto, Briante). Di quella tradizione, Arlt e Borges sono stati, per motivi diversi, i miei maestri. E Cortázar, con i suoi racconti. Ciò che mi colpì veramente, da adolescente, delle opere di Borges e Cortázar, come anche di Sábato, fu l’avere portato alla ribalta un linguaggio: la lingua letteraria degli argentini. Fu una scoperta cruciale. Un colloquialismo legato alla quotidianità che riusciva a trattare questioni che non avevano niente a che fare con il quotidiano. E un umorismo tipicamente argentino. è difficile da spiegare a un europeo. In Argentina abbiamo due canoni: lo spagnolo di Spagna e il nostro, il rioplatense. Le traduzioni che leggevamo da bambini o da adolescenti provenivano principalmente dalla Spagna: con tú e vosotros. Da qui la fascinazione nel leggere in tali autori la mia propria lingua, la “parlata” argentina. Successivamente, nel 1968, un autore come Manuel Puig fece di quei registri di linguaggio, di quegli stili colloquiali, materia dei suoi romanzi, veramente unici, come Il tradimento di Rita Hayworth (La traición de Rita Hayworth) e Una frase, un rigo appena (Boquitas pintadas). Molto interessante, nella storia della letteratura latinoamericana, il suo rapporto conflittuale con la Real Academia Española. è esilarante uno degli articoli che Borges dedica proprio al tema della lingua degli argentini: I timori del dottor Américo Castro (Las alarmas del doctor Américo Castro; in Italia è leggibile nel libro Altre inquisizioni, ndr). Ma qui ci sarebbe da scrivere un altro articolo.
A parte la letteratura argentina e tutti i suoi meandri, nella mia genealogia letteraria hanno svolto un ruolo significativo la letteratura nordamericana (Faulkner, Hemingway, Carson McCullers, Flannery O’Connor, Salinger, Capote, Thomas Wolfe) e quella inglese, per non dire irlandese: Woolf, Joyce, le sorelle Brontë, Katherine Mansfield, Dylan Thomas, William Trevor, per citarne alcuni. La letteratura giapponese è molto presente tra di noi e nelle mie letture, come Mishima, Kenzaburo Oé, Akutagawa. Di base, ho una venerazione anche per i russi, da Pushkin a Chejov. Veniamo ora all’altra parte della tua domanda.
Sylvia Iparraguirre insieme a Jorge Luis Borge
Borges è stato il mio professore di letteratura inglese alla Universidad de Buenos Aires. Avevo letto Fervore di Buenos Aires (Fervor de Buenos Aires) a scuola; il tono delicato, intimo, colloquiale di tutti i versi di Borges fece sì che, a quindici anni, mi avvicinassi a lui e alla sua opera con assoluta naturalezza. Dopo l’università, incontrai molte volte Borges, in occasione di conferenze, incontri, nella sua casa di via Maipú. Nel 1983 condividemmo una notte indimenticabile io, Borges e Abelardo. Da scrittrice, l’esempio di Borges è stato fondamentale: la sua volontà stilistica era, come disse tante volte, muoversi verso la semplicità. Il suo vivere per la letteratura era un modus operandi; il suo dilettarsi nell’uso delle parole, nelle espressioni idiomatiche, nell’umorismo anacronistico di certe frasi, e la sua perspicacia semantica sono stati esempi di devozione per l’arte di scrivere; la constatazione che la letteratura era il suo tema imprescindibile – a tal punto che qualunque interlocutore, per assurda che fosse la domanda, si ritrovava immediatamente immerso nell’universo di Borges – e la sua reiterata affermazione di sentirsi, prima che scrittore, orgoglioso lettore hanno rafforzato incessantemente la mia ammirazione per la sua opera. Come lettore, Borges era un maestro, con la sua arbitrarietà genuina e dissacrante. Si aggiungano la sua modestia autentica, esemplare, che conosco per esperienza diretta, una umiltà quasi sconcertante e il suo essere di una onestà totale quando l’argomento era di tipo letterario. Possedeva una ironia e un sarcasmo letali. Penso che Borges, come Almotásim, irradiasse, se non santità, letteratura, e che noi scrittori argentini abbiamo desiderato tutti, in un modo o nell’altro, avvicinarci a quel magisterio, a quel fulgore.
Sempre in quegli anni, quando avevo tra quindici e sedici anni, lessi per la prima volta Cortázar, Il viaggio premio (Los premios). Successivamente lessi Il gioco del mondo (Rayuela), una rivoluzione per il lettore argentino, ma è stata la lettura di Il viaggio premio (Los premios) quella che mi ha segnato maggiormente. E i suoi racconti fantastici. Cortázar ha impostato il racconto fantastico (una tradizione argentina) in termini inediti: una crepa in pieno giorno. Ciò che è insolito, terrificante, in mezzo a quanto di più innocuo e quotidiano: il rovescio della tela. Cortázar era una persona incantevole, estremamente gentile, che parlava con voce sommessa, in una curiosa relazione inversa con la sua statura di quasi due metri. Era avvolto da una certa aura da indifeso, cosa che, al di là dell’ammirazione che lui suscitava, faceva sì che uno gli volesse bene immediatamente. Io gli ho voluto bene immediatamente. In seguito, nel periodo della dittatura, El Ornitorrinco alimentò una polemica con Cortázar riguardo all’esilio, ma questo non modificò né il nostro affetto né la nostra ammirazione per lui come scrittore.
A mia memoria, dagli anni Settanta in Argentina nessun altro scrittore è passato dalla gloria all’ingiuria più velocemente di Cortázar: da parte della destra, per il suo coinvolgimento etico ed emotivo con Cuba e Nicaragua; da parte della sinistra, per la sua lontananza dall’Argentina e la frivolezza di Libro de Manuel. Dovette anche barcamenarsi in un fraintendimento: quello di una certa avanguardia superficiale degli anni Sessanta che, sedotta dai suoi giochi di parole e sfrontatezze tipografiche, li ripeteva ad nauseam e che furono per lui una sorta di semente del diavolo. Comunque, se questo accadde fu perché l’opera di Cortázar, forse come quella di nessun altro scrittore argentino prima o dopo, generò un lettore che, a sua volta, generò un tavolo di discussione in cui si mescolarono politica e letteratura e in cui vennero giudicate a caldo le sue opere e il suo coinvolgimento politico. Placate quelle acque turbolente, che devo assolutamente menzionare quando lo ricordo, Cortázar continua a essere ciò che è, uno scrittore immenso, un maestro per gli scrittori e un trasformatore della loro eredità letteraria argentina, dai cui maestri si distinse.
Sylvia Iparraguirre parla con Lawrence Ferlinghetti, Chicago, 2001
La sua ricerca letteraria ha avuto luogo in solitudine?
Il lavoro dello scrittore è solitario per natura. Ho avuto la fortuna di condividere la vita con un altro scrittore, cosa che ha messo la letteratura al centro delle nostre conversazioni e discussioni di ogni sorta: su stili, preferenze, autori e opere. Leggevamo vicendevolmente i nostri testi, le bozze, come ho già detto, con amore ma senza indulgenza.
Che ruolo ha lo scrittore, oggi, nel contesto della società argentina? Viene trattato con indifferenza, con rispetto, ha un ruolo “pubblico”?
Nessun ruolo, o comunque un ruolo molto limitato, sempre più limitato. Il suo posto è stato preso dai personaggi televisivi, dalle modelle o dagli sportivi. Basta guardare alla velocità con cui si riproduce la realtà nei cosiddetti ‘media’ per capire che lo scrittore non solo non è una notizia, ma che non ha un posto in essa. Un buon libro, come un grande libro, sembrano cadere in questo contesto come una goccia nel deserto. Il posto dello scrittore oggi è quello che gli assegnano i supplementi letterari, le riviste e le tavole rotonde. Lo scrittore non ha un ruolo pubblico, come lo ha avuto, e di grande peso, nella generazione del Sessanta, in cui rappresentava (alcuni scrittori, per lo meno) una riserva etica. Ora ha cessato di interessare come personaggio, come qualcuno che ha qualcosa da dire. La presenza dello scrittore perdura in modo laterale, in modo meno evidente, tramite le interviste e gli articoli di giornale. Ci sono eccellenti programmi televisivi dedicati ai libri che invitano gli scrittori. Sono spazi dove lo scrittore o la scrittrice possono dire ciò che pensano del mondo e ragionare su certe questioni di estetica letteraria che non precipitano nella propria opera. Tuttavia, penso che sia salutare, oggi, per lo scrittore, questa condizione appartata. Nelle case, nei bar, nelle riunioni tra amici scrittori la letteratura e la poesia proseguono il loro cammino.
(traduzione italiana di Marianna Marchi, revisione di Mercedes Ariza; servizio e interventi di Davide Brullo)
L'articolo “Passai una notte indimenticabile con Borges, un vero dissacratore”: dialogo infinito con Sylvia Iparraguirre proviene da Pangea.
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