#devo fare qualcosa a riguardo
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non so se è il pre ciclo o cosa ma raga….. ultimamente non so che sto passando
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Ogni due settimane ho questo vuoto in cui mi dico "nah, forse dovrei smettere di scrivere per sempre e fingere di non averlo mai fatto in tutta la mia vita" seguito da una settimana di "ahah io non so fare altro se non scrivere" e quindi here we are
#il 18 ho ricevuto un'altra lettera di rifiuto quindi sto ancora elaborando la cosa nonostante fossi già pronta al rifiuto#(ho sognato l'email di rifiuto 3 volte prima di riceverla. penso il mio cervello mi abbia preparata)#non mi dà fastidio il rifiuto ma sembra che devo lagnare e riprendermi dal colpo nonostante fossi già pronta#volevo scrivere almeno le mie fanfiction e ho ricevuto una email dalle persone che mi hanno rifiutato il 18#e la cosa mi ha scombinato l'equilibrio e c'è una parte di me che fa che magari è meglio rinunciare tutto insieme e non provare più#mentre l'altra parte di me fa: dai provaci che problema c'è nel fallire anche qui#😩😩😩😩#scusate il rant#reprimendo emozioni in this chillis tonight#(l'email post-rifiuto mi dice che posso provare a fare qualcosa riguardo al rifiuto per questo sono un po' disequilibrata ora)#personal
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In Italia, negli anni migliaia di madri, nonne, zie hanno cresciuto uomini totalmente disadattati incapaci di avere una relazione sana con se stessi, con gli altri, con le donne in particolare: a pagare le conseguenze di questa realtà fatta da una grande presenza di maschi tossici sono le donne più intelligenti, non di certo le donne "che si accontentano" di rimanere prive di dignità al lazzo di uomo che le mantiene e le opprime nel contempo.
L'Irresponsabilità di alcune è l'inferno di altre.
Io non devo fare appello a supposizioni riguardo alla profonda responsabilità materna della massiccia presenza di maschi tossici nella società italiana: è qualcosa che vivo e vedo ogni giorno nelle vite delle donne molestate; so per certo che c'è un solo tipo di madre che riesce a crescere uomini sani: quella che ha voluto quel figlio "per amore" e non per uso e costume, non perché "tutti fanno figli allora li faccio anche io"; non perché l'album di famiglia è più bello se c'è anche un figlio.
" Maschio tossico " significa anche "famiglia di origine disfunzionale": la relazione non è casuale, ma diretta; pertanto quando scrivo qui o in altri contesti online, io non mi rivolgo solo alle donne che hanno bisogno di trovare conforto, comprensione e motivi validi per uscire, subito!, e non domani!, dalle relazioni sbagliate che le fanno soffrire, ma anche e soprattutto alle donne che hanno cresciuto e stanno crescendo uomini tossici: alle DIRETTE Responsabili di questo macello sociale.
Nel nostro Paese esiste una larga presenza di madri tossiche che crescono i figli maschi non come figli ma come compagni, come ulteriori mariti, instillando fin da piccoli la "responsabilità irrinunciabile" di doverle accudire una volta diventate anziane: è in questa dinamica femminile deviante che si sviluppano i maschi tossici - uomini che "non hanno il cordone ombelicale tagliato", come si usa dire nel linguaggio comune, che pretendono una simbiosi con le compagne sulla stessa linea malata.
A qualsiasi amica o sconosciuta che mi parli del suo rapporto con un "lui" senza ancora aver conosciuto i suoi genitori, chiedo sempre la stessa cosa: "E' legato alla madre? Ti parla spesso di lei?"; quando è un "si" non ho dubbi e replico: "Taglia la corda! Non andare oltre!"; quello che sembra un uomo gentile (tattica preferita illusoria) non lo è affatto: è un uomo tossico che non è abituato causa madre tossica al fatto che una donna gli dica "no" e non va atteso mai che ce lo dimostri.
Noi non viviamo in un "Paese per donne" e i principi azzurri non esistono in Italia; qui c'è solo una realtà patriarcale che si trascina da secoli in un connubio anomalo fra Chiesa Cattolica (istituzione fortemente misogina e maschilista) e Stato Italiano patriarcale nelle norme stesse costituzionali, pertanto il maggior lavoro di tutela per se stessa, di prevenzione da abusi di ogni sorta, lo deve fare ogni donna mettendo i giusti paletti nella sua vita senza alcun indugio anche per le figlie.
Nel nostro Paese, ogni tragedia si trasforma in business, pertanto anche il problema femminicidi ha attirato gli interessi di chi vuole guadagnarci economicamente (famiglie comprese colpite da femminicidi): se siete donne in difficoltà o anche solo persone generose, non prendete in considerazione in alcun modo Onlus o associazioni di altro genere che chiedano donazioni o si rivolgano allo Stato/Regioni per ottenere fondi, perché stanno solo lucrando sui diritti delle donne e nulla di più.
La Regione Veneto che "sponsorizza" il business sul problema femminicidi in Italia messo in piedi dalla famiglia Cecchettin è la stessa Regione che ha permesso all'ex assessore all'Istruzione Elena Donazzan di molestare pubblicamente e indurre al suicidio pubblicamente un insegnante (Cloe Bianco) senza muovere un dito!; nemmeno gli esponenti del PD in Regione Veneto mossero un dito a riguardo.
State alla larga da questa TRUFFA.
#Italia#madri#nonne#zie#uomini totalmente disadattati#uomini#relazioni sane#conseguenze#Realtà#grande presenza di uomini tossici#maschi tossici#donne intelligenti#donne che si accontentano#opprimere#irresponsabilità#inferno#maternità#famiglia disfunzionale#madri tossiche
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A breve un evento nella mia città dove partecipiamo come associazione. Lunedì dovevo pubblicare un post a riguardo. Passo il weekend a fare le grafiche (che non dovrebbero essere mia competenza). Arrivato lunedì dico ma dai prima di mettere tutto online fammi vedere se altri partecipanti hanno fatto qualcosa di specifico e, tadan, avevano tutti seguito un template. Beh tra sentire la capa e la tipa che sta dietro l'organizzazione dell'evento viene fuori che a capa è sfuggita questa parte delle grafiche che hanno messo nel gruppo whatsapp dell'organizzazione di cui, peraltro, non sapevo l'esistenza. Vabbuo, devo rifare tutta la grafica ma lunedì sono fuori tutto il giorno, questa mattina mi vedevo con capa e dico che l'avrei fatta al momento e postata.
Questa notte sto malissimo, è dall'alba che ho crampi e spasmi allo stomaco da non riuscire a stare seduta ed è meglio che non aggiungo altro
Capa: ma il post lo fai? No perché ormai siamo vicini all'evento
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Una spalla su cui piangere... per fortuna, forse, non troppo
All'età di 16 anni ebbi il mio primo infortunio grave sugli sci: finii contro un muro di roccia, sostanzialmente, sbregandomi (voce del verbo sbregare, ossia aprire malamente) un ginocchio e un avambraccio, spaccando in due il casco e rompendomi l'omero sinistro. Durante la convalescenza, mi accorsi che ogni tanto sentivo dolore alla spalla destra, una cosa passeggera, che io attribuii al cambio di tempo (tipo i dolori ai calli)
Passano gli anni e il dolore alla spalla destra è sempre lì, occasionale, ma mi impedisce, ad esempio, di sdraiarmi di fianco poggiato sul gomito destro, perché poi mi fa malissimo. La cosa nel tempo peggiora tanto che se guido un po' di più il braccio mi fa male.
Decido quindi di fare un'ecografia nel 2020, che sancisce un'infiammazione degenerativa al tendine sovraspinato. L'ecografista dice "non ci si può fare niente, ti tieni il dolore". E io mi tengo il dolore.
Finché, a dicembre 2023, la spalla non si blocca totalmente. Non riesco più ad alzare il braccio né in avanti, né di lato. Verso dietro è praticamente impossibile arrivare oltre il sedere. L'arco di movimento è di circa 20° in tutte le direzioni. Vado dal medico di base che dice
"o ti si è rotta la cuffia dei rotatori, oppure c'è un'infiammazione molto forte"
e mi spedisce a fare RX, ecografia e visita ortopedica.
La lastra la faccio immediatamente, c'è una clinica che le fa senza prenotazione, vai lì e prendi il bigliettino. Dice che ho i tendini calcificati (la famosa "bella calcificazione" che dicevo giorni fa), riesco a fare l'ecografia dopo soli tre giorni appoggiandomi al poliambulatorio dove lavoro e prenoto, subito dopo, la visita ortopedica in sanità privata.
L'ecografia dichiara che non c'è rottura dei legamenti ma c'è questa famosa calcificazione. Il medico ecografista (fisiatra e medico dello sport) si sbilancia e dice "morbo di Duplay", che non ho idea di cosa sia, ma evidentemente è così che si chiama la mia calcificazione. Suggerisce delle onde d'urto. Meglio dell'operazione e più veloci nel recupero, ma non simpatiche.
L'ortopedico visiona tutto, fa la sua visita e dice "no, mi ci vuole una risonanza". Ora, siccome io a Natale parto, la risonanza la farò come minimo a fine anno, se non nel 2024, prenotazioni permettendo, sperando di farla col pubblico perché costa parecchio. Ha prospettato anche un'altra soluzione, che non ricordo come si chiama ma è praticamente un'aspirazione di questa calcificazione (il fisiatra l'ha definita "morbida", lui dice che ha la consistenza della pasta dentifricia), soluzione forse anche più rapida delle onde d'urto, ma invasiva.
E quindi ecco, per fortuna - forse! - non devo operarmi, e probabilmente riesco a non saltare nulla riguardo al Nordic Walking, nemmeno gli impegni che ho come Maestro a inizio anno (ho in ballo la formazione di alcune persone che vogliono diventare istruttori), ma passare il Natale con la spalla fuori uso era qualcosa che mi sarei decisamente risparmiato.
PS: il 20 era il mio compleanno. Con un braccio solo. Sono stato in convalescenza per tutto il giorno, sul divano. Bellissimo.
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Come ti sei avvicinato a Tumblr?
L’ho scaricata durante la pandemia e devo dire che tralasciando alcuni bug per cui la utilizzo di rado mi ci trovo bene.
Ho conosciuto poche persone e quest’ultime erano un po’ strafottenti non c’è molta libertà di pensiero, dovresti pensarla solo ed unicamente come loro però, non sono questi i problemi per me e in ogni caso ho avuto la possibilità di trovare un una ragazza molto simile a me, mi farebbe piacere che dessi un’occhiata al suo blog che ti ho lasciato su Instagram ;)
Cosa ne pensi della community?
In realtà ti avevo già anticipato qualcosa sopra, che dire questa applicazione è divisa a metà: da una parte chi utilizza Tumblr per passione, sfogo, e magari perché no per fare semplicemente qualche amicizia mentre dall’altra leggo tanta cattiveria e in determinati casi questa cattiveria diventa odio nei confronti di blog che fanno il loro zitti zitti ma chiaramente questo da evidentemente fastidio perciò ho letto numerose frecciatine alquanto infantile questo loro comportamento a mio modo di vedere le cose.
Dove trovi ispirazione quando scrivi?
Scrivo da quando sono entrato in depressione circa 8 anni fa.
La sera quando torno da lavoro prendo e vado al mare poco distante da casa mia e mi metto a scrivere poesie che col tempo pubblicherò.
Tumblr l’ho scoperto come dicevo nel 2020 e questo un po’ mi dispiace perché tutti ne parlano bene della community di diversi anni fa.
Quale idea ti sei fatto sulla nostra generazione?
Ne parlerò nel mio blog in futuro ho già una bozza a riguardo, non voglio anticipare nulla anche se credo che ci sarebbe molto da esporre su questo tema.
Perché un altro blogger dovrebbe iniziare a seguirti?
A questa domanda non saprei darti una risposta precisa, qualora si ritrovassero in ciò che scrivo ben venga ;)
@dalprofondodellanima
#AdOgniBlogIlSuoPerchè
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E tu non hai le palle per rispondere. Chiedevo... magari ci provo io con te
Ammetto che sta domanda mi era sfuggita, boh okay? che cazzo ti devo dire? Non lo so nemmeno io, so solo che sono arrivato ad un punto per la quale ho bisogno di fare dei cambiamenti nella mia vita, indipendentemente da tutto, riguardo quel discorso? Non proferirò parola in pubblico, se vuoi sapere qualcosa mi scrivi tu, anche perché per come la vedo io se sei interessato/a chiedi direttamente, se la curiosità è sincera e genuina non c'è bisogno di nascondersi dietro un anonimo. Auguri a provarci con me, non tanto perché sono migliore o speciale, ma perché ho 2 prosciutti di elefante davanti agli occhi e non lo capirei nemmeno se mi sputi in faccia.
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Ciao Ross, nel post sul catcalling e gli approcci non graditi leggevo ridendo il tuo commento dove scrivi che nei club non ti si filano perché era esattamente quello che mi capitava: ti vesti bene, prendi un drink pessimo e strapagato e nulla, finisce che il giorno dopo in hangover trovi qualcuno al supermercato che ti fa smancerie. Stavo pensando che ci sono sempre stati momenti e luoghi sociali in cui era consolidata l'usanza e la possibilità di approcciare l'altro, con modalità chiaramente molto diverse da oggi. Siamo rimasti abbastanza orfani di belle maniere, il galateo non è più in uso, pratichiamo gesti non sempre recepiti e ne facciamo letture non sempre corrette. Mi diceva un amico, ma io che a ballare non ci vado e sono timido, pare brutto se cerco di conversare alla fermata del bus? Perciò, ti domando. Metti che non stessi ascoltando musica, metti che un uomo in modo educato e cortese tenti un approccio solo verbale, come lo giudicheresti?
Ciao!
Grazie del messaggio (super carino, tra l'altro!) perché a quanto pare c'è bisogno di chiarire qualcosa.
Prima di tutto: non è importante il luogo ma i MODI (o "il galateo" come lo hai definito tu).
Come hai accennato, la società è fatta di convenzioni sociali e ogni luogo ha delle regole in cui è permesso fare o non fare determinate cose.
Mi rendo conto che la società di oggi stia diventando sempre più complicata e che molto spesso avvengono moltissimi fraintendimenti...
PERÒ!
Se quel (o qualsiasi) ragazzo mi avesse beccata senza cuffie e mi avesse approcciato in modi più "normali", sicuramente me lo sarei filato.
A ripensarci non sono nemmeno state troppo le cuffie il problema perché, come è successo, ho stoppato la musica e l'ho guardato in faccia... però, ecco, che tu mi dici come ti chiami, io che cazzo ti devo dire? E sti cazzi?!
Mi rendo conto che non sia per niente facile, ma un approccio più naturale sarebbe stato fantastico (tipo chiedendo da dove vengo, ad esempio). Una volta una vecchietta nel treno ha fatto esattamente la stessa cosa di quel ragazzo: si è messa a parlare con me mentre avevo le cuffie, ma mi ha fatto tutt'altre domande (di dove sei, dove scendi ecc)... l'avesse fatto il ragazzo non vedo perché avrei dovuto ignorarlo!
Quindi dì al tuo amico che è assolutamente okay non andare ai club (io ci sarò andata 5 volte in tutta la mia vita) e voler approcciare lo stesso in posti random, solo bisogna pensare bene a come non passare per un deficiente... lo so, è difficile, però a volte basta un sorriso o un'affermazione stupida (tipo al supermercato: "anche io compro/mi piace questo prodotto!") per creare un'atmosfera completamente diversa.
Ovviamente io non sono laureata in corteggiamento o approccio (ricevuto meno di 5 volte mi sa + pagherei oro per imparare come si fa lol), ma questi sono i miei pensieri al riguardo. :)
Ciaooo~
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Sento il disperato bisogno di fare chiarezza nella mia vita, ma al tempo stesso sto evitando sempre di più la questione perché, fondamentalmente, mi spaventa comprendere quale sia la risposta ai miei problemi. Sento il bisogno di scrivere per riflettere e prendere consapevolezza di quello che non va, ma so che fare questo richiede tempo, e finisco sempre per rimandare la questione, lasciandomi distrarre da altre cose.
Sono profondamente grata al 2023 e a tutto quello che ho imparato. Non è stato un anno semplice, ma sicuramente è stato un anno pieno di cose belle e inaspettate. Ho sperimentato per la prima volta nella mia vita cosa vuol dire avere un lavoro, andare in ferie, firmare un contratto, svegliarsi presto la mattina e impegnarsi a fare qualcosa per cui sai che, prima o poi, riceverai un compenso. Andare a scuola, studiare all'università, per quanto possano sembrare percorsi simili a quello lavorativo, sono stati per me qualcosa di completamente distante rispetto a ciò che si è rivelato essere il mio primo lavoro: all'inizio non è stato semplice abituarmi alle mansioni che mi sono state affidate, spesso schematiche e, per me che ero alle prime armi, senza una precisa funzione e collocazione. Lo studio richiede una grande organizzazione e un'ottima capacità di collegare e immagazzinare argomenti: sicuramente queste skills mi sono state utili anche al lavoro, ma di certo non rappresentano le principali qualità necessarie per svolgere le mie mansioni. Di conseguenza, mi sono dovuta adattare a ciò che mi è stato richiesto: essere veloce ed elastica, ma anche attenta e precisa, spaziare da un'attività all'altra in base all'ordine delle priorità, imparare a utilizzare abbastanza in fretta software di cui prima non conoscevo l'esistenza. Inoltre, all'inizio non è stato semplice scendere a patti col fatto che non avrei usato praticamente nessuna delle nozioni acquisite durante gli anni di università. Sinceramente trovo frustrante questo aspetto, ed è qualcosa con cui devo ancora scendere a patti. Comunque, col tempo ho imparato a cavarmela, e anche se continuo a fare errori e faccio ancora fatica, posso dire con certezza di aver fatto tanti progressi. Sto ancora imparando a comunicare, a chiedere aiuto quando c'è qualcosa che non va, o che non so fare, ed è un lavoro utile non soltanto alla professionista che voglio diventare, ma anche a livello personale. E' sempre stato difficile per me condividere apertamente i miei pensieri, non avere filtri riguardo le cose che non comprendo, soprattutto se mi viene richiesto di farlo con persone estranee. So bene quanta fatica faccio ogni volta che apro la bocca per chiedere aiuto: per tutta la vita sono sempre stata la persona che ha aiutato gli altri, la spalla su cui piangere, l'amica a cui chiedere consigli, la compagna di classe, e poi di università, su cui contare durante un compito in classe o un progetto di gruppo. A scuola, ero la persona che gestiva il proprio gruppo di studi, durante l'università, ero spesso la leader dei progetti di cui mi sono occupata, così come non di rado i miei compagni chiedevano a me quando avevano bisogno di consigli riguardo alcuni argomenti che non avevano capito, o per un esame che magari avevo già superato. Questa era l'immagine che ho dato di me, e che ho avuto di me stessa, per venticinque anni della mia vita: una persona che, tra alti e bassi, se l'è sempre cavata da sola, e che non si rifiuta mai di dare una mano agli altri. A quanto pare, però, quest'anno il mio modo di affrontare i problemi non ha più funzionato, perché in azienda - almeno, in questa - chiedere aiuto è fondamentale. Non devo cavarmela da sola, devo chiedere aiuto ad altre persone. Non sono io ad aiutare gli altri, sono gli altri ad aiutare me. Guardando la situazione dall'esterno, beh, mi sembra abbastanza logico che debba essere così: non sai fare qualcosa, chiedilo! Non capisci qualcosa, chiedilo!, un processo lineare ed estremamente semplice, purtroppo, però, non per me che sono stata abituata a un'impostazione completamente diversa (e, a dirla tutta, anche a una vita dove le persone che mi sono venute incontro tendendomi una mano sono state ben poche. Direi, anzi, quasi nessuna). Mi sento così stupida per non riuscire a fare una cosa così semplice. Prenderne consapevolezza è stato il primo passo.
Benché sia davvero grata al mio lavoro e alla fortuna che ho avuto durante lo scorso anno, mi rendo conto che non mi basta più. La vita che vivo mi sta stretta. E' difficile esprimermi apertamente su questo argomento: ogni volta che inizio a fare questi discorsi nella mia testa, mi sento terribilmente ingrata ed egoista. La verità è una soltanto: fare questo lavoro non mi rende pienamente soddisfatta. E' inutile girarci intorno e farmi prendere dai sensi di colpa. Certamente, se chiedessi l'opinione di persone estranee, mi risponderebbero esattamente come l'asfissiante voce nella mia testa: Come fai a non essere soddisfatta con un lavoro così? Con un contratto del genere? E con uno stipendio del genere, praticamente sotto casa tua! Ma sei impazzita? Altre persone farebbero carte false per essere al tuo posto! Sei fortunata e ingrata! Per quanto queste frasi continuino a riempirmi il cervello, non riesco ad evitare di sentirmi così.
Riassumendo: sono grata alle meravigliose opportunità che mi ha dato il 2023, ma vorrei creare altrettante meravigliose opportunità per il 2024 e, possibilmente, vorrei evitare di continuare ad arrancare in una situazione che non mi rende felice. Penso ci vorrà molto più tempo del previsto per trovare tutte le risposte che cerco (di certo molto più del tempo che, in questo preciso momento, ho a disposizione). Rimando quindi questo difficile lavoro di introspezione a un momento successivo, ma penso che, prima di partire con un'analisi dettagliata di tutto quello che non funziona nella mia vita in questo momento, sia prioritario farmi queste domande:
Cosa voglio veramente?
Cosa sto cercando?
Quali ricordi voglio creare?
Quali sono le cose che potrebbero rendermi orgogliosa e fiera del mio percorso di vita quando avrò ottant'anni?
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[✎ ITA] Intervista JIN : Beyond The Stage Photobook - The Day We Meet⠸ 22.12.2023 💜⟭ 2 / 7 ⟬💜
Beyond The Stage
BTS DOCUMENTARY PHOTOBOOK
The Day We Meet
2. JIN
Gli oggetti preferiti di JIN
26 MARZO 2020
Perché ho scelto i fiori? Perché sono belli come me.
Dico sul serio. Avevo una mezza idea di portare il computer che uso per videogiocare, ma poi ho pensato ai fiori (ride). E sono ancora più adorabili, con questi fiori rosa che mi piacciono tanto.
4 MAGGIO 2020 __Un Giorno
C'è una grandissima differenza tra il dover fare qualcosa ed il fare qualcosa di propria volontà e scelta. Ecco perché sono così convinto avere degli hobby sia fondamentale. Sono attività che facciamo perché vogliamo farle.
Credo [dedicarsi ai propri passatempi] sia l'opportunità di riflettere sulla vita. Posso incontrare gli amici più stretti, darmi un'occhiata intorno e trascorrere più tempo con le/i fan, anche se solo online. [Questa pausa forzata a causa del Covid] Non era prevista, ma alla fine mi ha permesso di rigenerarmi.
5 OTTOBRE 2020 __BTS Map of the Soul ON:E
Ho davvero sentito molto forte la mancanza del pubblico. L'esibirsi si basa tanto sulle connessioni che vengono a crearsi tra il performer ed il pubblico. Aver solo la telecamera da guardare per tutto il tempo mi ha reso ancor più irrequieto. Se devo essere sincero, non ero poi così entusiasta, ma ho fatto comunque del mio meglio.
OTTOBRE 2020
Mi sto impegnando al massimo, sul lavoro, ma personalmente, negli ultimi mesi, credo d'essere emotivamente distaccato un po' da tutto. A meno che non ci sia qualche appuntamento pre-programmato, me ne sto a casa a poltrire e dormo per circa 15 ore al giorno. Non so se sia per questa pandemia che non finisce più o se ci sia altro. Neppure i videogiochi riescono più ad entusiasmarmi. Ma immagino sia semplicemente una fase che affrontiamo tutti, prima o poi. Poco alla volta, andrà meglio.
FEBBRAIO-MARZO 2021
È tutto un po' diverso e nuovo rispetto al solito, perché per ogni show ci dobbiamo spostare di location in location. Non è esattamente come esibirci sul palco [dal vivo], ma è bello potersi esibire in luoghi che non avrei mai immaginato possibili.
MAGGIO 2021
È davvero un sollievo poter tornare a casa, a fine lavoro, ma a volte sento la mancanza dei tour. Sapete come si dice, no? Che nonostante le difficoltà, a ben vedere, sono proprio quelli i momenti che diventano ricordi preziosi. Quando riprenderemo i tour, immagino diro "Oh, voglio tornare a casa" o anche "Quanto mi manca il cibo coreano!" Ma, per ora, è dei tour che sento la mancanza.
22 SETTEMBRE 2021
Sono molto grato di poter fare questo lavoro. Specialmente perché mi impedisce di impigrirmi.
In passato, ero solito chiedermi "Come potrò mai riuscire in qualcosa di tale portata?", ma ora è tutto molto diverso. Anche quando sono alle prese con esperienze che il resto della gente considera impossibili, tra me e me penso "Perché non dovrei farcela?" Credo il mio approccio e la mia prospettiva sulle cose siano cambiati perché ho provato con mano che non c'è nulla di irrealizzabile. Quindi ora, a primo impatto, mi dico "Perché non provarci?" Se poi non ci riesco, pace, ma se la cosa va a buon fine, fantastico!
27-28 NOVEMBRE / 1-2 DICEMBRE 2021
__BTS Permission to Dance on Stage LA
(Riguardo le sue sorprese/i suoi teneri accessori da concerto)
C'è chi videogioca per passione e divertimento, ma per alcune persone può anche essere fonte di stress. Ecco, prendendo i giochi a metafora, io vorrei essere una sorta di facilitatore di gioco, un animatore.. Vorrei semplicemente che la gente che mi vuol bene si divertisse.
30 NOVEMBRE 2021
Sono abituato a vedere il pubblico che canta insieme a noi, ai concerti, ma questa volta indossavano tuttə le mascherine. Sicuramente stavano sorridendo, ma non potevo decifrare chiaramente le loro emozioni. Inoltre, certo, sentivo che qualcuno cantava insieme a noi, ma non sapevo mai se anche le persone che avevo di fronte stessero cantando. Mi è spiaciuto un po' non poter vedere chiaramente i volti del pubblico.
3 APRILE 2022
__64a Ediz. dei Grammy Awards
Sono già soddisfatto così, quindi anche non dovessimo vincere, non credo sarei meno felice. Certo vincere non sarebbe male, ma la cosa finisce lì.
8-9 & 15-16 APRILE 2022
__BTS Permission to Dance on Stage Las Vegas
Cerco di non pensare troppo, sul palco. Mi trovo meglio così. Credo ormai sia piuttosto naturale, per me, vista l'esperienza guadagnata nel tempo. Se lascio semplicemente che il mio corpo segua i movimenti cui sono abituato, ho maggiori probabilità di non fare errori (ride).
15 OTTOBRE 2022
__BTS <Yet to Come> in Busan
Con tuttə le/i fan che ci seguono e guardano, non posso permettermi di adagiarmi. Devo fare la mia parte. Credo chiunque proverebbe lo stesso, nei miei panni.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ Twitter
#Seoul_ItalyBTS#TradITA#ITA#Traduzione#BTS#방탄소년단#BEYOND_THE_STAGE#Photobook#Documentary#Intervista#JIN#진#김석진#221223
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Stamattina terza lezione di sci con un terzo maestro. Mi ha fatto prendere lo skilift due volte alla fine del tempo a disposizione, sono contento di poter dire cosa ho fatto. Domani abbiamo ancora metà giornata e gli altri vanno ma io preferisco riposare fisicamente prima della partenza. Ho i muscoli stanchi, ieri sera non ho studiato. Poi così mi risparmio un giorno di noleggio e un'eventuale quarta lezione. Quindi prima di pranzo sono andato a restituire l'attrezzatura a noleggio, ho pagato meno di quello che pensavo. Almeno per un bel po' di tempo non scierò più, spero di non dimenticare tutto.
Oggi pomeriggio siamo andati di nuovo a scendere con lo slittino a San Candido. Questa volta ci sono andato più preparato e più lento nei punti difficili, non mi sono ribaltato. Ho capito cosa intendevano gli altri riguardo ai dossi, effettivamente le botte alla schiena si sentono. Sento un po' fastidio ma devo ancora fare stretching. Nel video qua sotto mi si vede poco, soltanto all'inizio, sono avanti rispetto agli altri.
Siamo andati un'altra volta al bar vicino all'hotel per prendere qualcosa. Come ieri ho preso il baileys. La volta prima avevo provato la cioccolata calda al rhum, ma come la fanno loro mi piace meno di quella che ho provato uno dei primi giorni sempre a San Candido.
Stasera dopo cena stavo riordinando la valigia e andando a mettere la giacca da sci che mi ha prestato il mio amico mi sono accorto che ho rotto la parte alta di una delle tasche. Quella dove tenevo il cellulare, molto probabilmente uno di questi giorni sciando o sullo slittino ho inconsapevolmente spinto troppo e l'ho rotta. Non avrei dovuto mettere il cellulare nella tasca, non è un tablet ma è troppo lungo per permettermi di piegarmi. Mi sono venute le lacrime agli occhi prima. :( Mi sento uno schifo quando arreco danni senza volerlo, ora oltre a portarla in lavanderia dovrò anche farla ricucire.
Faccio stretching, finisco di sistemarmi e vado a letto.
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Hi Tumblr long time no see but guess what it's always about the boring old stuff
Trovo incredibilmente interessante il fatto che i miei genitori siano davvero convinti di poter dimostrare qualcosa ti poter imporre il loro modo di vivere in quanto loro nella loro vita hanno fatto molto. Fatto molto: comprato, lavorato, per quanto è riguardo mia madre speso una vita su un divano a piangersi addosso perché la sua vita le fa schifo perché ha deciso di vivere in un paese che non le è mai piaciuto perché ha deciso di lasciare un lavoro che amava per cui aveva studiato per fare un lavoro che odia. Ma ehi, loro hanno comprato una casa, un giardino, comprato macchine, insomma hanno comprato. E non puoi non essere un esempio da seguire se nella tua vita non hai fatto altro che recluderti tutto per fare quello che la società si aspetta che tu faccia:lavorare, e se sei donna, essere madre e moglie. Ogni volta che torno a casa mi trovo catapultata in un era distante anni luce dalla mia quotidianità dove non si perde occasione per farmi capire di quanto sia vincente questo stile di vita, che devo decidermi ad adeguarmi, a seguire il buon esempio, a fare quello che ci si aspetta da me. D'altronde a venticinque anni sarebbe ancora ora passata di chiudersi in ufficio di merda per minimo cinquanta ore alla settimana di trovarmi un uomo e di imparare finalmente a cucinare e di non lasciare il bucato sulla scrivania ad asciugare perché una vera donna deve per lo meno saper stendere il bucato. Lo sapevate che c'è un modo per stendere il bucato? Un modo preciso fatto di regole ben chiare le quali a quanto pare sono conosciute a tutte, tranne a me. Bè io trovo tutto questo mondo estremamente interessante dal punto di vista sociale. Lo trovo interessante perché non capisco come una persona estremamente insoddisfatta della propria vita, una persona che nella vita si sia negata tutto e abbia vissuto solo per gli altri nella speranza che boh? Forse un giorno qualcuno le desse un premio e le dessero finalmente quella tanta sperata attenzione che non ha mai ricevuto da nessuno? Non capisco come questa persona non possa vedere tutto questo e anzi ti porti il suo tragitto di vita come esempio assoluto da seguire nella vita. Almeno per quanto riguarda mio padre lui ha il suo lavoro. Che è poi l'unica cosa che ha sempre avuto nella sua vita, ma una persona che vive da 60anni come una macchina senza porsi domande semplicemente ignora il fatto che questo non sia normale ed è felice. E va bene così. Sono felice per te. Anzi a dirla tutta ti invidio perché so che veramente ami quello che fai e io non mi capacito di come si possa amare qualcosa chiamato "lavoro". Io posso amare uno sport, una amica, un cane,un gatto,un momento, un ricordo ma un lavoro? Dio se solo potessi essere invidiose delle cose materiali. Non ricordo ci sia mai stata una volta in cui sia stata invidiosa di qualcosa. Una maglia, un concerto. Forse perche venendo da una famiglia benestante ho sempre potuto avere tutto. Ma le cose immateriali, ahia, la fa male. A scuola era la popolarità. Grazie a Dio anni dopo ho capito che se solo avessi avuto un quarto della popolarità che tanto volevo ci sarei morta da quando mi sarei trovata a disagio ad essere al centro dell'attenzione. Invidia per la tua spensieratezza. La tua felicità. L'amore per il tuo lavoro. L'amore tra voi due. Invidia per i 105kg di panca piana. Dio se solo fossi una persona stupida e banale e mediocre come i tre quarti di questa popolazione del cazzo invece no dovevo nascere intelligente così intelligente da passare la vita a pormi domande su cose che la maggior parte della gente neanche nota. Su cose che la gente interpreta come automatismi sociali e decide semplicemente di dire: si. Io non so dire si. Ma so mandarvi molto bene a fanculo, uno dopo l'altro, voi e i vostri preconcetti del cazzo che non avete mai messo in discussione in 50 passati solo perché vi sono stati insegnati come "giusti". Per me siete tutti scemi e pazzi a vivere così
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Devo sempre ricordarmi che non è colpa mia ma se posso fare qualcosa a riguardo è meglio
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La lavanda dei piedi
Per la chiesa cattolica la lavanda dei piedi è simbolo dell'amore di Dio, oggi quel gesto fatto da Gesù, viene celebrato nel periodo pasquale con delle ricorrenze e atti simbolici.
Non per me, non io. Io ieri sera ero chino e in ginocchio a lavare fisicamente dei piedi, quelli di mia madre.
Le accarezzavo i piedi con delicatezza per i dolori che prova, pensavo a quanti anni, quanti giorni quei piedi hanno sorretto una madre e moglie nell'essere sempre prodiga verso la sua famiglia.
Quanti chilometri avranno camminato, m'immagino il giro intero del mondo non so quante volte. Con le buste della spesa in una mano e lo spazzolone per pulire i pavimenti nell'altra.
Mentre lavavo i piedi a mia madre mi sono sentito sollevato, come se stessi lavando dalla mia anima le ferite e le incomprensioni del nostro passato.
Lavare i piedi a una persona anziana, che ha serie difficoltà nel farlo da sola, è un atto di amorevole cura.
Generalmente se qualcuno decide di dedicare del tempo a qualcuno bisognoso lo fa quando ha del tempo perso, inutilizzabile per altre faccende. Sempre che lo faccia.
Credo che si debba donare anche un po' del tempo che noi definiamo "prezioso", quello dove avremmo "cose più importanti da fare". Quel poco di tempo sottratto alle "importanze" di una vita frenetica valga il triplo se dedicato verso chi ha bisogno.
Bisogno di attenzioni, di cure, di ascolto, di una parola o anche generalmente di un semplice gesto.
Se riguardo il mio passato è costellato di gesti amorevoli e gentili che spesso non ho fatto per mancanza di coraggio, di determinazione.
Poi un giorno iniziai, mi ricordo le prime volte la sensazione di felicità che mi si creava dentro. Così ci presi gusto e continuai.
Spesso con le persone più bistrattate, quelle da cui stare alla larga e prestare attenzione perché (e via di luoghi comuni).
Ho fatto favori, piaceri e cortesie anche importanti a gente ricca, gente arrivata, ho avuto in cambio strette di mano e pacche sulla schiena con a volte frasi del tipo "ti devo un favore".
Non me lo hanno mai ritornato quel favore, solo Dio sa quante volte ne avrei avuto bisogno anche di uno solo di quei favori.
Da persone indigenti, disperate e bisognose a cui ho dato una mano nel silenzio e nella riservatezza più totale ho ricevuto tantissimo. Sorrisi, abbracci, lacrime e sguardi che sono valsi più di ogni altra cosa o favore restituito.
Mi hanno fatto dei doni che mi hanno scaldato il cuore. Un miracolo.
Tutto questo l'ho pensato mentre lavavo e asciugavo con amorevole cura i piedi di mia madre. Stanchi. Come lei, che stranamente mi seguiva nei movimenti in religioso silenzio. Lei che parla tanto. Le sue labbra sono di una ventenne tanto hanno energia nel parlare.
Offrite dei gesti d'aiuto e non solo parole. I gesti dimostrano, le parole potrebbero solo illudere senza di essi.
Credetemi, per tantissime persone un gesto d'attenzione o d'aiuto non è per nulla scontato, ma semmai qualcosa di inaspettato e sorprendente.
Ho fatto la lavanda dei piedi nel periodo pasquale per la prima volta nella mia vita, non l'ho fatto come un rituale ma come un concreto aiuto e gesto d'amore.
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Ciao, è da un po' che non ci penso, a tutto quello che è successo. Difatti credo che sia normale che adesso vengo travolta di nuovo da tutto, come quando sogni di cadere nel vuoto.
Ti scrivo qui perché so che se ti scrivessi per messaggio tu leggeresti, invece io voglio che quello che scrivo muoia appena dopo averlo pensato. È solo uno sfogo che mi devo perché sono piena di tristezza che da qualche parte dovrà pure andare.
Oggi ho pensato che mi manchi, poi mi sono fermata. Mi sono accorta che non mi sono mai sentita amata da te, ho solo sperato fino in fondo che, prima o poi, ci saresti riuscito. Ti ho dato tempo, spazio, ma a un certo punto la solitudine era più affollata del nostro rapporto. E meno struggente.
Vedi, io credo sul serio di averti convinto. Credo che non ci sia stato un momento in cui tu hai pensato ecco, è lei. È solo che c'ero io, ti ho dato tutto ciò che avrei potuto, desiderato, lasciarmi sarebbe stato sconveniente.
È stupido, ma avevo usato uno di quei metodi che consigliano le guru streghe su youtube. Ancora più stupido, credo davvero di averti intrappolato in qualcosa che non ti apparteneva.
Una volta tu hai detto che stavo con te solo per spuntare dei punti sulla lista, ed era vero. Tutto ciò che ho fatto solo per averlo, non per averlo con te.
La verità è che ci siamo amati a metà, come due che dovevano fare altro e invece si sono sbagliati. È così triste, eppure tu non ci pensi così spesso. Io invece sento il peso del vuoto del nostro rapporto. È da un po' che non mi sento amata davvero e tu saresti potuto essere migliore, con me. Avresti dovuto essere migliore con me.
Ed io lo capisco quando mi dici che ho le mie colpe, perché è così. Io ho accettato tutto ciò che mi davi, come se mi bastasse. Ti ho perdonato cose che non volevo, solo perché avrei voluto pianificare l'amore come un viaggio, sapere da dove parto e dove ritorno, prenotare l'hotel e le visite ai musei.
Ma io lo sapevo dall'inizio che ero di passaggio.
Adesso se riguardo le nostre foto, le vedo come un film, una proiezione in 2d di qualcosa che non sono sicura ci sia mai stata davvero.
Tu hai detto che mi hai amato, ma io ti sollevo dalla responsabilità di capirlo, di domandarti la verità. Perché io ho amato più l'idea di te che chi sei davvero.
Mi rattristisce avere la profondità di capire quanto tutto ciò sia triste.
Margaret Atwood, “The Blind Assassin.”
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Condotta Vermosa
«E chi lo dice che è sbagliato, essere così?» Il Mostro fa ticchettare i suoi artigli neri sul parquet pieno di polvere sotto il letto della bambina. Lì tutto sa di polvere, plastica abbandonata e vaniglia. La polvere gli era già familiare, da sempre. La vaniglia pure, in un certo modo, anche se quella che percepisce lì sotto è una vaniglia sbagliata. Finta, pretenziosa. Fatta dagli umani. Qualcosa che i genitori della bambina usano per togliere dalle coperte del lettino ogni macchia di sudore, sporco o pipì. Con la plastica ha dovuto farci i conti negli ultimi cent'anni. All'inizio gli era sembrata simile alle candele spente. Ma poi aveva capito che era qualcosa di profondamente diverso. E sbagliato. E quella casa ne è farcita. Agli Umani Nuovi piace circondarsi di quel genere di orrori.
«Monica! E lo ha detto a Giulia che lo ha detto a Chiara che lo ha detto a Olga.» «Cosa ne sa Monica di cosa è sbagliato e cosa no?» «Ha vinto il premio “condotta vermosa dell'anno”.» «Vermosa?» il Mostro tende le lunghe orecchie. Quella potrebbe essere roba interessante. I vermi sono creature preziose, antiche, potenti. Ignorate e calpestate da tutti, sì, ma per un vizio di forma e un errore di valutazione. Lo stesso è accaduto anche al Mostro. E il Mostro prova una certa affinità speciale, con i vermi.
«Virmuosa.» No. Niente vermi. Solo un'altra parola sbagliata. Succede spesso, a questa bambina; la sua lingua non asseconda la mente. O forse, non tutte le parole che escono da quella piccola bocca sono figlie della mente.
«Virtuosa» offre il Mostro, in un soffio annoiato.
«Sì, quello. L'ha vinto ed è la bambina più carina e brava di tutta la scuola.» «Anche tu sei carina.» A onor del vero, il Mostro non è mai stato particolarmente interessato dalla categoria semantica della bellezza. Ma secoli e secoli e secoli e secoli e secoli sulle spalle, alcuni dei quali condivisi gomito a gomito con gli umani, gli hanno quantomeno insegnato che essere carini non è cosa da poco, per un bipede di circa otto anni come quello che piagnucola sopra di lui. E infatti, la bambina ridacchia piano. «E non ho mai sentito i tuoi genitori rimproverarti chissà quanto.»
Silenzio. Che si sia addormentata, finalmente? Il Mostro lo spera, è stanco, ma poi un pigolio rompe l'aria. «Ma devo per forza essere cattiva e sbagliata o tu non saresti qui!» «Come, prego?» «Lo dicono nella storia di Vanessa!» «Chi è Vanessa?» «Vanessa e l'Albero delle Mele d'Oro. È un cartone. A Vanessa nasce una sorellina, lei diventa tutta gelosa e arrabbiata, e il Mostro Gelosone si infila nel suo armadio. E poi succede un casino.»
«Che cosa succede?» un ringhio. Al Mostro non piace per nulla quella faccenda. «Succede che il Mostro Gelosone le fa fare delle cose molto brutte. Finisce bene, però. Vanessa capisce che è sbagliato, diventa una brava sorellona e il Mostro va via.» «È molto inaccurato e semplicistico. I mostri non abitano negli armadi, non comandano alle bambine di compiere atrocità e non esiste nessun Mostro Gelosone.» «Tu sei qui, però. E parli sempre con me. Com'è?»
Il Mostro ferma il ticchettio. In quel com'è così acuto e sentenzioso percepisce l'eco di un'umana che non è la bambina e che ha già allungato la sua lunga ombra indispettita su di lei. La madre, forse? E la bambina imita, sta iniziando a prendere le misure di ciò che vorrebbe essere. Il Mostro l'ha già visto accadere. Digrigna i denti; quanta impertinenza. Chiunque creda che i bambini siano davvero terrorizzati dalle presenze oscure che si aggirano per le case, non sa nulla di bambini e nulla di presenze. «Sei tu che parli con me. Ogni notte. E, ne abbiamo già discusso, vero?»
«Sì. Tu sei qui da sempre, abitavi già qui, poi è arrivata la città e hanno costruito la mia abomazione sulla tua testa.» «Abitazione.»
Una spiegazione tanto semplice quanto vera. Il Mostro era rispettato, dagli Umani Vecchi. Questi gli assicuravano lo stesso riguardo che si deve ai temporali estivi, ai terremoti o all'alta marea. E lui donava loro la stessa pigra curiosità che si concederebbe a un merlo saltellante. Poi erano arrivati gli Umani Nuovi e ogni legame era stato reciso, come una ciocca di capelli incastrata nel pettine che viene strappata con rabbia. Mentre lui riposava in un lungo letargo, avevano costruito una baita sulla sua testa. E poi una casupola più grande. Poi una casetta. Poi una grossa casa. E il Mostro era rimasto intrappolato. Perché si sa, i Mostri che varcano le soglie Umane, lì rimangono. Ma, si sa, i Mostri hanno tutto il tempo del mondo e quella grossa casa, prima o poi, cadrà giù come un castello di foglie secche. Ma avere tempo non significa avere pazienza e il Mostro si sente sempre più irrequieto, sempre più stanco.
«Abitazione. Comunque, Monica dice che sono brutta come il sedere di un asino e che quello che faccio è tutto sbagliato!» «Ignorala.» «Ma mi fa piangere!» «Dillo a mamma e papà.» «Già fatto! Non è servito a un bel nulla, la mamma e il papà di Monica hanno un mucchio di soldi!»
Il Mostro sbuffa dalle grosse narici e nuvolette di polvere densa e grigiastra si sollevano attorno al suo corpo coriaceo. Soldi. Un concetto con cui ha dovuto familiarizzare, come con la plastica. Come con il dire a una bambina umana che è carina. Soldi. Sa che sono importanti. Ha visto le stregonerie che possono compiere. Magia bianca, un lettino nuovo, giocattoli più luccicanti, un bel completo per papà, un viaggio in un posto chiamato Auai, risate più cristalline, piene e distese, guance senza occhiaie, acrobazie della mente proiettate verso un domani che sembra sempre più verde, sempre più rigoglioso, sempre più fortunato. Magia nera, voci colme di bramosia, mani troppo strette attorno a polsi troppo fragili, una fame serpeggiante e insaziabile, labbra tese, occhi spenti, futuri rotti, giocattoli lasciati a marcire, assegnare a una bambina come Monica il premio “condotta vermosa”. Virtuosa.
«Un mucchio di soldi, hai capito?» la bambina incalza. Esige una risposta. Il Mostro sa che deve dargliela o non smetterà di tormentarlo. Certo, può sempre sperare che si addormenti comunque, a un certo punto, cullata da quel suo dolore piccino che però è già corrosivo come il veleno. Ma il Mostro è stanco e vuole chiudere la faccenda il prima possibile.
«Dille “anche tu”.» «Eh?» «Quando ti dice che sei brutta come il sedere di un asino, dille “anche tu”.» Silenzio. Il Mostro sa che la bambina è ancora sveglia. Lo sente dal suo respiro, inquieto e incostante. Veloce, simile a quello di un coniglietto. Sa che sta riflettendo su quell'opzione. Il responso arriva sotto forma di una risatina soffice come la neve di marzo. «Anche tu!» lo ripete più volte, in una cantilena. La bambina si esercita nel padroneggiare quella nuova arma appuntita. Al ventesimo anche tu!, il Mostro inarca la schiena e dà un colpo di reni alle doghe del lettino. Questo traballa un po' e la bambina ridacchia ancora più forte. «Daria!» Una voce forte e secca, ricorda lo schiocco di un ramo che si spezza. La madre. «Dormi, subito!» «Sì, mami!» Anche tu!, anche tu!, anche tu!, anche tu!, la voce della bambina si riduce a un sussurro speranzoso, che diventa poi un sibilo quasi impercettibile. Poi, finalmente, arriva il sonno.
…
«Ha funzionato! Dovevi vedere la sua faccia! Tutta trita!» «Contrita?» «Trita! Mi ha detto che la mia bambola Bibì è brutta e le ho detto “anche tu”. Ci è rimasta malissimo. Mi ha detto che i miei pantaloncini erano da sfigata, le ho detto “anche i tuoi”. Era tutta rossa! Mi ha detto che sono un sacco di cacca perché prendo le medicine, le ho detto “anche tu”. È scappata via, tutti ridevano!» «Quindi, vittoria» «No, Monica!»
Il Mostro non si preoccupa neanche di correggerla. Si gira su un fianco, stiracchia la coda e ascolta quel racconto ripetuto per altre quattro volte, ciascuna con dettagli diversi e sempre più avventurosi e rocamboleschi, ma il succo è lo stesso: la bambina ha vinto. E la vittoria porta buon sonno. Non appena la bambina smette di parlottare e si addormenta come un sasso in fondo al lago, il Mostro si rende conto di essere un po' meno stanco.
…
«Se continui a piangere così, bucherai il cuscino.»
L'incantesimo deve essersi spezzato. La bambina umana è un grumo di lacrime, moccio, sudore, rabbia e disperazione. Il Mostro percepisce il peso del suo corpicino tutto concentrato in un unico punto del letto, proprio sopra di lui, come se per proteggersi si fosse rinchiusa su se stessa, appallottolata tra le coperte. Piange da ore, con discrezione ma non abbastanza sommessamente da permettere al Mostro di riposare. «Che cosa è successo?» il Mostro cerca uno spiraglio di lucidità, tra un singhiozzo strozzato e l'altro. Nulla. Il pianto si fa più ritmico e i respiri distrutti fanno ondeggiare il lettino. «Daria.»
«Bibì–» «Bibì, cosa?»
Un sospiro lungo, lento, doloroso, come se la bambina stesse cercando di far uscire tutto il male dalle sue due piccole narici. «Ha preso Bibì. La mia bambola. Ha preso–» un altro sospiro vibrato e umido, «–ha preso Bibì e l'ha rotta tutta.» «Monica?» «Monica.»
Il Mostro tentenna. Non sa che reazione dare a una notizia del genere. Bibì è – era – un oggetto. Un agglomerato di membra di plastica ruvida e tessuto rosa di bassa qualità. Se lo ricorda, quel giocattolo; ogni tanto rotola sotto il letto e lì rimane fino a che la bambina non corre in suo soccorso, amorevole e premurosa. In quei momenti, il Mostro si ritrova a specchiarsi negli occhi di Bibì, due pozze lisce di un azzurro innaturale, e riflette con curiosità indolente sul bisogno tutto umano di infondere personalità, storie, dolori e affetti in oggetti privi di anima. Ma che cos'è l'anima, se non un soffio caldo in una notte gelida? E Bibì aveva soffiato tante volte, per la bambina.
«E i tuoi genitori? Glielo hai detto?» «N–no. Non vogliono che porto Bibì a scuola, Ma l'ho po–portata. Ho sba–sbagliato!» «Hai sbagliato a non seguire le richieste dei tuoi genitori, ma il tuo errore non è direttamente connesso all'azione turpe di Monica. Quella è stata una vendetta alla tua ribellione.» I singhiozzi bagnati della bambina si interrompono bruscamente, come se il suo corpicino avesse bisogno di qualche momento di pace per ponderare quelle parole. Il Mostro stringe le zanne e sa già di non aver portato alcun sollievo a quella piccola tragedia. Infatti, dopo poco i sospiri riprendono, il respiro della bambina si fa più affannoso e il muco nel suo petto si srotola in rantoli desolati.
«Non ho ca–capito niente! Ma Bibì è rotta, questo l'ho ca–capito. Cosa faccio? Cosa faccio?»
Il Mostro non risponde. La stanchezza che sembrava essersi dissolta torna a coprirgli la schiena spinosa come un mantello di marmo. Spinge il muso contro il battiscopa e aspetta che il crepitio di quel pianto si spenga in un respiro assonnato. Ma non succede. La bambina continua a piagnucolare per ore, gettando all'oscurità la domanda delle domande.
«Cosa faccio? Cosa faccio? Cosa faccio? Cosafacciocosafacciocosafaccio–»
«Toglile qualcosa.» «Eh?» «Lei ha preso qualcosa di tuo. Tu prendi qualcosa di suo.» Gli artigli neri del Mostro danzano sul parquet, tracciano nella polvere linee e simboli che appartengono a un'altra era, un altro mondo, un altro tempo. «Non ha solo preso, ha rotto!» «Rompilo anche tu.» «Non è… non è sbagliato?» una punta di curiosità si fa strada nella lagnosità del pianto. «E quello che ha fatto lei non lo è?» «Mamma dice che bisogna essere più paguri.» «Paguri?» il Mostro invidia quei crostacei. Nessuna casa può imprigionarli. Loro sono, la loro stessa casa. «Manuri.» «Maturi. Arriverà il momento di esserlo. Ma ora sei giovane e la tua bambola è stata rotta.»
Il Mostro percepisce un fruscio delicato proprio sopra il suo muso. Il peso che era stato concentrato in un unico punto si distende e si allunga. La bambina si apre, abbassa le difese, si mette comoda. Una serie di risucchi umidi e nasali fa capire al Mostro che il momento del pianto è, forse, finito. Ora è il momento di riflettere. Il verdetto arriva dopo poco, soffice ma audace, come un passerotto che spicca il suo primo volo. «Ok.» una vocina nelle tenebre. «Ok?» «Prenderò e romperò.» «Sì. Ora dormi. Devi riposare.» «Ok.»
…
«L'ho fatta grossa, grossa grossa.» «Che hai fatto?» «Mi mandano da nonna. Papà dice che ci penserà lei a me.» «Che hai fatto?» «Le ho preso tutti i riccioli.» «Ah.» «A Monica. Le piacevano tanto, tutti dicevano che erano super bellissimi. Ci teneva un mucchio. Glieli ho presi e li ho rotti. Piangeva, urlava. Ho tagliato troppo, tutto.» «Interessante.» «Me lo hai detto tu!» «Ma lo hai fatto tu. Sbaglio?» «…» «Sei contenta?» «No! Boh. Sì? Boh! Forse. Sì. Ma l'ho fatta grossa e mi spediscono via.» «Com'è, questa tua nonna?» «Sa di spaghetti e gatto vecchio.» «Ti piacciono gli spaghetti?» qualunque cosa essi siano. Il Mostro non ne è sicuro, non ha mai capito se si tratti di una divinità minore o di qualcosa di edibile. Forse entrambe le cose. «Sì.» «Ti piacciono i gatti?» «Mh-mh. Molto.» «Starai bene.» «E tu?» «Oh, starò bene anche io, ora.»
…
Mostri e bambini, si sa, sono uguali. Entrambi stringono al petto tutto il tempo del mondo. Gli uni per natura, gli altri per primordiale innocenza. Ma se i Mostri non perdono mai quel dono, lo stesso destino non appartiene ai bambini. Sfugge via dalle loro manine quando la vita li morde per la prima volta. I Mostri hanno tutto il tempo del mondo. E se avere tutto il tempo del mondo non significa possedere per forza anche la pazienza per sopportarlo, un fatto è comunque certo: i Mostri rimangono. Sempre. Checché ne dica Vanessa e l'Albero delle Mele d'Oro.
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