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Carta da parati di Bukhara: storia e arte. La figlia di Kayumova Nilufar Aziz
Riparazione della decorazione dei monumenti moderni nazionali dell'Istituto nazionale di arte e design intitolato a Kamoliddin Behzod
Riparazione della decorazione dei monumenti moderni nazionali dell’Istituto nazionale di arte e design intitolato a Kamoliddin Behzod Lo studente del 1° anno della direzione dell’educazione Annotazione: Attraverso questi articoli e fonti è possibile apprendere di più sulle carte da parati di Bukhara, la loro storia, le caratteristiche estetiche e il valore morale. Nello sviluppo dei modelli, le…
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Iskele Camii di Kadıköy: Storia e Architettura della Moschea del Sultano Mustafa III
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La moschea del sultano Mustafa III, meglio conosciuta come Iskele Camii, è una piccola moschea storica situata a Kadıköy, vicino ai moli dei traghetti (da cui deriva il suo nome in turco). Fu costruita nel 1771, durante il regno del sultano Mustafa III, in un periodo storico che segna una fase di transizione nell'architettura ottomana, con influenze barocche europee che iniziarono ad essere incorporate negli edifici religiosi.
Questa moschea combina lo stile ottomano classico con le influenze barocche. Le decorazioni interne e le linee architettoniche sono più elaborate rispetto alla semplicità degli stili ottomani precedenti. La moschea ha una pianta quadrata con una cupola centrale che sormonta l'intera area della preghiera.
Nel corso degli anni, la moschea ha subito diversi restauri, l'ultimo dei quali risale al XX secolo, per preservarne la struttura e le decorazioni originali.
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Braga: la gemma nascosta del Portogallo
Braga, conosciuta come la "Roma del Portogallo", è una città che riesce a incantare chiunque la visiti. Fondata dai Romani, Braga è una delle più antiche città del Paese, e ogni angolo racconta storie di un passato ricco e affascinante. Mentre passeggi per le sue strade acciottolate, ti ritroverai avvolto da un'atmosfera di meraviglia e bellezza. Le chiese maestose e i palazzi seculari si ergono come guardiani di una storia millenaria, ogni struttura un capitolo scritto nel libro della vita di questa città straordinaria.
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Un viaggio tra storia e architettura
Braga non è semplicemente una città; è un museo a cielo aperto. Tra le sue strade si trovano meraviglie architettoniche che spaziano dallo stile romanico al barocco, rendendo ogni visita un'esperienza visiva affascinante. La maestosa Sé de Braga, la cattedrale principale della città, è un esempio chiave di questo ricco patrimonio. Costruita nel XII secolo, la cattedrale non è solo un luogo di culto, ma anche un simbolo della storicità di Braga. Camminando al suo interno, rimarrai stupito dalla delicatezza dei lavori in legno e dalle decorazioni artistiche che adornano gli altari.
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Ma la bellezza di Braga non si limita alla cattedrale. Ogni via e ogni piazza raccontano una storia. Una tappa imperdibile è il Santuario do Bom Jesus do Monte, un luogo di pellegrinaggio situato su una collina. La sua scalinata monumentale, costellata di fontane e statue, offre una vista panoramica mozzafiato sulla città. Salire i numerosi gradini è un'esperienza che unisce spiritualità e avventura. Concludendo questa ascensione, ti sentirai non solo fisicamente soddisfatto, ma anche in armonia con l'energia storica di Braga.
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Un patto con il passato La storia di Braga è anche intrecciata con gli eventi che l'hanno plasmata nel corso dei secoli. Fondativa nell'epoca romana, la città ha visto passare diverse culture e dominazioni. Ogni periodo ha lasciato un'impronta unica, creando un mosaico di influenze che si riflettono negli edifici e nelle tradizioni locali. Passeggiando per il centro, scoprirai edifici medievali che raccontano storie di battaglie, di trionfi e di conquiste.
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Non dimentichiamo che Braga è anche un importante centro religioso. La città ospita diverse festività, tra cui quella della Settimana Santa, caratterizzata da processioni che ridestano l'entusiasmo dei locali. I visitatori vengono attratti non solo dalla bellezza architettonica, ma anche dall'eco delle tradizioni che si tramandano di generazione in generazione. Qui, dentro i confini di Braga, il tempo sembra essersi fermato, permettendo a chi la visita di immergersi completamente in un'altra epoca.
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I sapori di Braga Non si può parlare di Braga senza menzionare la sua incredibile gastronomia. La cucina portoghese, ricca di sapori e tradizioni, raggiunge un apice a Braga, dove ogni piatto è una celebrazione della terra e della cultura. I ristoranti offrono una varietà di piatti tipici, dai freschi frutti di mare alle carni succulente, ognuno preparato con la massima cura e passione. Dirigiti verso un ristorante tradizionale e lasciati tentare da una porzione di "Francesinha", un panino farcito con carne e salsiccia, ricoperto da una salsa di pomodoro e birra.
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Oltre alla Francesinha, non puoi perderti il "Caldo Verde", una zuppa deliziosa a base di cavolo verde, patate e salsiccia, perfetta per riscaldarti nelle fresche serate portoghesi. La serenità della gastronomia di Braga risiede nella freschezza degli ingredienti e nell'arte della tradizione culinaria. Ogni piatto è un invito a scoprire le ricchezze agricole e marine che registrano la grande varietà del territorio portoghese.
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La magia della Cattedrale di Braga
La Cattedrale di Braga, con la sua straordinaria architettura e il suo profondo legame con la storia di Portugal, è senza dubbio uno dei luoghi più affascinanti da visitare nel quartiere di Braga. Immagina di camminare tra le strade acciottolate di questa antica città, dove il profumo del pane fresco e il suono delle campane che risuonano nell'aria ti accolgono come un abbraccio caloroso. Questo meraviglioso monumento, noto anche come Sé de Braga, è un ponte che collega il passato con il presente, e ogni angolo racconta una storia affascinante.
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Braga, una delle più antiche città del Portogallo, è spesso considerata la capitale spirituale del paese. Camminando verso la cattedrale, ti ritrovi immerso in un’atmosfera dove la sacralità si intreccia con la vita quotidiana. Le piazze animate, i caffè all'aperto e i mercatini offrono un contrasto vibrante con la solennità dell'edificio sacro che si erge fieramente contro il cielo blu. E così, il nostro viaggio alla scoperta della Cattedrale di Braga ha inizio.
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Il fascino dell'architettura
Già dalla prima vista, la Cattedrale di Braga cattura l’attenzione con la sua maestosa facciata romana, ornata da dettagli barocchi che raccontano di un'epoca passata. Costruita nel 1066, la cattedrale è un perfetto esempio di architettura che fonde diversi stili nel corso dei secoli. Avvicinandoti, puoi notare le intricate sculture che adornano le porte, raccontando storie bibliche e leggende locali. Ogni dettaglio è una piccola poesia visiva che si svela davanti ai tuoi occhi.
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Ma non è solo l'esterno a sorprendere. Entrando nella cattedrale, ti avvolge immediatamente un’atmosfera di tranquillità e sacralità. Il soffitto a volta, alto e imponente, sembra sfidare le leggi della gravità mentre riesci a scorgere i meravigliosi affreschi che decorano le pareti. Il gioco di luce proveniente dalle vetrate colorate crea un’atmosfera mistica, trasformando la cattedrale in un luogo di meditazione e riflessione. Senza dubbio, ogni visitatore resta colpito dalla bellezza di questo luogo, un rifugio spirituale nel cuore di Braga.
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Una storia intrigante
La cattedrale non è solo un capolavoro architettonico; è anche un custode della storia portoghese. Nel corso dei secoli, ha vissuto eventi cruciali, dall’incoronazione dei re alle cerimonie religiose più importanti. Ad esempio, è stato qui che il re Alfonso I, noto anche come Alfonso Henriques, ricevette la benedizione e il supporto della Chiesa nel 1140, un momento determinante per la fondazione del Portogallo come nazione indipendente.
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Inoltre, la Cattedrale di Braga è testimone di trasformazioni culturali e sociali. Durante il periodo della Reconquista, la cattedrale ha rappresentato la resilienza e la determinazione del popolo portoghese. Le sue mura hanno assistito a battaglie, celebrazioni e cambiamenti, mantenendo intatto il suo spirito. Visitare la cattedrale significa quindi immergersi in secoli di storia e passioni, in un luogo che ha visto la nascita e la caduta di imperi.
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Riti e tradizioni che ispirano
La Cattedrale di Braga non è soltanto un luogo di visita turistica; è anche un importante centro di vita religiosa e celebrazioni tradizionali. Ogni anno, migliaia di pellegrini si radunano qui per partecipare alle feste religiose, che sono elementi fondamentali della vita collettiva della città. Tra queste, spiccano le celebrazioni per il Santissimo Sacramento, un festival che si tiene in occasione della festa della Sacra Eucaristia. Durante questo evento, la città di Braga si riempie di colori, musica e fede.
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Le tradizioni locali si intrecciano così con la spiritualità della cattedrale, creando un'atmosfera unica che affascina i visitatori. Non è raro vedere famiglie locali recarsi in cattedrale per le celebrazioni, vestiti con costumi tradizionali e portando offerte ai loro santi. Questo senso di comunità è palpabile, e chiunque visiti la cattedrale potrà percepire l’amore e il rispetto che gli abitanti di Braga nutrono per questo luogo sacro.
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Vita di lusso: trovare la casa in affitto perfetta per la tua vacanza a Ibiza
Ibiza, un gioiello tra le Isole Baleari, è famosa per le sue attrazioni e la sua bellezza. Vita notturna vivace, spiagge meravigliose e stile di vita lussuoso. Trovare la casa in affitto perfetta è fondamentale per chi cerca una vacanza indimenticabile piena di opulenza e relax. Dalle stravaganti ville annidate tra le colline ai sontuosi rifugi sul lungomare, Ibiza offre una vasta gamma di proprietà in affitto che soddisfano ogni indulgenza. In questa guida esploreremo alcune delle case in affitto di lusso più ricercate dell'isola, ognuna delle quali offre la sua miscela unica di stile, comfort e servizi.
Casa Azahara 5.0:
Situata nel cuore della città di Ibiza, Azahara House 5.0 incarna l'eleganza contemporanea. Questa splendida struttura vanta un design moderno ed elegante, ampie zone soggiorno e viste panoramiche sul Mar Mediterraneo. Con servizi di lusso come piscina privata, vasca idromassaggio e sistemi di intrattenimento all'avanguardia, Azahara House 5.0 offre ai viaggiatori più esigenti il massimo del comfort e della raffinatezza
Può Icaro:
Immerso tra rigogliosi giardini e imponenti palme, Can Icarus offre un'oasi tranquilla lontano dal trambusto dell'isola. Questa squisita villa presenta l'architettura tradizionale di Ibiza con un tocco moderno, mostrando pareti bianche, travi in legno e pavimenti piastrellati intricati. Gli ospiti possono rilassarsi nei sereni spazi esterni, che includono una scintillante piscina, una terrazza soleggiata e una zona pranzo all'aperto perfetta per godersi miti serate sotto le stelle.
Estrella Azul:
Nascosto nella pittoresca campagna, Estrella Azul è una gemma nascosta che aspetta di essere scoperta. Questa affascinante villa emana fascino e carattere rustici, con muri in pietra a vista, soffitti con travi a vista e decorazioni tradizionali spagnole. Gli ospiti possono crogiolarsi nella tranquillità del paesaggio circostante dal comfort dell'ampia terrazza all'aperto o fare un tuffo rinfrescante nell'invitante piscina. Con il suo ambiente idilliaco e l'atmosfera rilassata, Estrella Azul è il rifugio perfetto per chi desidera un rifugio tranquillo a Ibiza
Estrella Marina:
Vantando una posizione privilegiata sul lungomare nell'esclusiva zona di Marina Botafoch, Estrella Marina offre lusso e comodità senza pari. Questa villa contemporanea presenta linee architettoniche eleganti, arredamento minimalista e finestre dal pavimento al soffitto che mostrano viste mozzafiato sul porto turistico e sullo skyline di Dalt Vila. Gli ospiti possono godersi la migliore vita all'aria aperta con molteplici terrazze, un molo privato e una lussuosa piscina a sfioro con vista sulle scintillanti acque del Mediterraneo.
Villa Leone:
Immersa in lussureggianti giardini paesaggistici e palme ondeggianti, Villa Lion è un paradiso tropicale. Questa sontuosa tenuta presenta un'architettura grandiosa, interni sontuosi e servizi lussuosi per soddisfare ogni capriccio. Dall'opulenta suite principale con la sua terrazza privata agli ampi spazi abitativi all'aperto completi di cascata e piscina in stile laguna, Villa Lion offre un rifugio davvero indimenticabile per chi cerca lusso e indulgenza a Ibiza
Villa Vista Azul Ibiza:
Arroccata su una collina che domina le acque azzurre del Mediterraneo, Villa Vista Azul Ibiza offre viste panoramiche mozzafiato da ogni punto di osservazione. Questo capolavoro contemporaneo vanta un design moderno ed elegante, ampie zone giorno a pianta aperta e un flusso interno-esterno senza soluzione di continuità. Gli ospiti possono rilassarsi sull'ampia terrazza, tuffarsi nella piscina a sfioro o nella lussuosa area lounge all'aperto mentre si godono le viste mozzafiato della costa di Ibiza.
Conclusione
Trovare la casa in affitto perfetta per la tua vacanza a Ibiza è essenziale per vivere una vita di lusso. Le opzioni sono infinite, sia che tu preferisca una villa contemporanea dal design moderno ed elegante, una tenuta tradizionale di Ibiza ricca di storia o un rifugio sul lungomare con viste mozzafiato. Con proprietà come Azahara House 5.0, Can Icarus, Can Reyna, Estrella Azul, Estrella Marina, Villa Lion, Villa Vista Azul Ibiza e Villa Zuri a Ibiza, troverai sicuramente il rifugio perfetto per rendere la tua vacanza a Ibiza davvero indimenticabile.
FAQ
Come scelgo la casa di lusso in affitto giusta per la mia vacanza a Ibiza?
Quando selezioni una casa di lusso in affitto a Ibiza, considera fattori come posizione, servizi, dimensioni e stile. Decidi se preferisci una proprietà sul lungomare, una tenuta di campagna appartata o una villa vicina alla vivace vita notturna della città di Ibiza. Inoltre, prendi in considerazione i servizi offerti, come piscine private, spazi all'aperto e servizi di portineria, per garantire che la tua sistemazione soddisfi il livello desiderato di lusso e comfort
Le case in affitto di lusso a Ibiza sono adatte a famiglie o gruppi numerosi?
Sì, molte case in affitto di lusso a Ibiza sono ideali per famiglie o gruppi numerosi che cercano sistemazioni spaziose e servizi esclusivi. Proprietà come Villa Lion e Can Reyna offrono più camere da letto, ampie zone soggiorno e strutture ricreative come home cinema e palestre private, rendendole perfette per ospitare riunioni o godersi del tempo di qualità con i propri cari in un ambiente lussuoso.
Quali sono alcune caratteristiche uniche offerte dalle case di lusso in affitto a Ibiza?
Le case in affitto di lusso a Ibiza vantano una gamma di caratteristiche uniche progettate per migliorare l'esperienza degli ospiti. Dalle piscine a sfioro con vista panoramica sul Mediterraneo ai moli privati per l'accesso agli yacht, proprietà come Estrella Marina e Villa Vista Azul Ibiza offrono servizi di lusso senza pari. Inoltre, alcune ville possono includere servizi come chef
È necessario noleggiare un'auto quando si soggiorna in una casa in affitto di lusso a Ibiza?
Sebbene avere un'auto a noleggio possa offrire comodità e flessibilità per esplorare l'isola, potrebbe non essere necessario a seconda dell'ubicazione della casa in affitto prescelta e delle attività pianificate. Proprietà come Azahara House 5.0 e Villa Zuri a Ibiza sono situate in posizioni privilegiate in prossimità di ristoranti, spiagge e attrazioni, consentendo agli ospiti di accedere facilmente a comfort e servizi senza la necessità di un'auto. Tuttavia, se desideri esplorare aree più remote o avventurarti nella città di Ibiza per la vita notturna, potrebbe essere consigliabile noleggiare un'auto.
Con quanto anticipo devo prenotare una casa di lusso in affitto a Ibiza?
Si consiglia di prenotare la tua casa di lusso in affitto a Ibiza con largo anticipo, soprattutto durante i periodi di punta come l'estate, quando la domanda è alta. Proprietà popolari come Can Icarus ed Estrella Azul tendono a prenotare rapidamente, quindi è consigliabile garantire la prenotazione con diversi mesi di anticipo per garantire la disponibilità ed evitare delusioni. Inoltre, prenotare in anticipo può anche darti accesso a offerte speciali o promozioni offerte da agenzie di noleggio o proprietari di immobili.
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Chiara Ferragni, cena a Dubai con il top scintillante. Quanto costa la T-shirt dell'influencer L'imprenditrice digitale è volata nell'emirato arabo con i figli. Per la serata in compagnia della sorella e di un'amica, Chiara Ferragni ha indossato un look total black, quanto costa il capo sparkling che ha scelto. Chiara Ferragni ha scelto di passare le vacanza pasquali a Dubai assieme ai figli e in compagnia della sorella Valentina e della madre di Marina Di Guardo. La famiglia è partita alla volta dell'emirato arabo a inizio settimana e ha scelto di alloggiare al Bulgari Hotel, un resort di lusso che può arrivare a costare 16450 euro a notte e si sta godendo il clima caldo di Dubai anticipando l'estate e cogliendo l'occasione per mostrare la nuova collezione di costumi del marchio della nota influencer. L'impreditrice si sta godendo un po' di tempo lontana da Milano e dai riflettori, dopo la fine della storia con Fedez che nel frattempo si è trasferito nella casa nuova, lasciando l'attico di City Life che avevano appena finito di costruire. Il look di Chiara Ferragni per la serata Dopo aver girato per la città con i figli, scoprendo le bellezze che lo Stato sul Golfo Arabo riserva tra attrazioni turistiche e le imponenti e moderne costruzioni architettoniche, le passeggiate nei suoi famosi giardini e un giro nel deserto, l'influencer ha trascorso una serata con la sorella e l'amica Karen Wazen Bakhazi, fondatrice di un brand di eyewear. Per la cena l'imprenditrice digitale ha scelto di indossare un look total black con pantaloni neri e top arricchito da cristalli firmato Giuseppe Di Morabito. La maglietta dalle maniche corte è caratterizzata da due cut-out sul davanti arricchiti al centro da tre decorazioni tempestate di micro strass a forma di petalo di calla. La T-shirt ha un valore di 380 euro.
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Natale 2023 a Rimini
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Il 25 novembre Rimini si accenderà a festa con Il Sogno del Natale, l’illuminazione coordinata lunga più di 90 chilometri diffusa in tutta la città, da Miramare a Torre Pedrera, passando per i borghi, il forese e il centro storico, con una pioggia di fiocchi di neve blu fra soffitti di stelle, cascate luminose, soggetti natalizi e della tradizione. Ad accendere la magia del Natale, alle 18 di sabato 25 novembre, sarà un conto alla rovescia che creerà l’attesa in pieno clima natalizio e che darà ufficialmente il via al cartellone di eventi Rimini, il capodanno più lungo del mondo che arriverà fino all’Epifania 2024. Il percorso luminoso diffuso partirà dalla porta d’ingresso cittadina che quest’anno vedrà la zona dell’Arco d’Augusto caratterizzata da un allestimento scenografico a tutto tondo intorno all'arco, con nelle zone a verde a destra e a sinistra le sagome luminose del presepe e una grande stella cometa tridimensionale, mentre nelle aree verdi verso il corso fiocchi di neve tridimensionali daranno inizio al progetto coordinato delle luci natalizie in centro storico caratterizzate da tendine aeree di luce calda e decorazioni con fiocchi di neve di colore blu. Piazza Cavour sarà un suggestivo bosco di luce con 5 alberi luminosi stilizzati, un magico cielo di luci bianche aeree, impreziosito da fiocchi di neve luminosi di colore blu, con tendine aeree decorate da fiocchi di neve blu che proseguono per tutte le vie del centro storico, borghi, lungomari e periferie e installazioni natalizie tridimensionali poste nei punti strategici della Città. A questo si aggiungeranno il grande albero di Natale in piazza Cavour e l’albero di Natale alto 18 metri in Piazza Tre Martiri decorato con grande fiocco di neve luminoso sulla sommità e formato da foglie e fiocchi di neve tridimensionali che arrivano fino a terra, contornato da un basamento dorato e stringhe luminose a creare l'illusione di un albero dentro l'albero, oltre a una cascata luminosa per il grande Platano accanto al teatro Galli e per gli alberi in Piazza Malatesta. Composizioni natalizie luminose e bellissimi alberi di Natale declinati in forme architettoniche diverse caratterizzeranno le piazze come il piazzale della Stazione, mentre Piazza Ferrari, Piazzale Vannoni, Piazza Mazzini, i Borghi saranno accesi da scritte luminose. Gli effetti luminosi, con l’utilizzo di tecnologie a basso consumo (Led) saranno diffusi nell’intera città, fino alle zone di San Vito, Gaiofana, Santa Giustina, Corpolò e con l’aggiunta di nuove vie e nuove piazze come Piazzale Gondar e via Rimembranze. Una novità di quest’anno è che anche il mare d’inverno si accende per una passeggiata, infatti la spiaggia, dal bagno 1 al bagno 65, sarà illuminata a festa regalando ai turisti e ai riminesi una passeggiata in riva al mare attraverso un percorso sopra le dune di sabbia, realizzate a protezione della spiaggia, e allestito con panchine illuminate e punteggiato da immagini fotografiche che raccontano il tema del mare d’inverno a cura di Piacere Spiaggia Rimini. Nella zona del porto la pista di ghiaccio e il villaggio natalizio fra piazzale Boscovich e la spiaggia saranno vestite a festa nell’attesa del via ufficiale dell’attività del villaggio natalizio. Da sabato 25 novembre e fino al 7 gennaio 2024, lungo la via Poletti fra il Bosco dei Nomi e il Fellini Museum, tornerà il Mercatino dei Sogni di Natale con le tradizionali casette di legno che ospitano le aziende del settore artistico e tradizionale e food specializzato, a cura di CNA Rimini tra maestri di bigiotteria, ceramica, cuoio, oggettistica in legno, abbigliamento, carta, oggettistica di Natale, creme e saponi, lavorazione dei cristalli, vini del territorio della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Rimini. Anche i più piccoli potranno divertirsi sui cavalli della giostra francese e potranno spedire le letterine a Babbo Natale. Il centro storico sarà animato anche dai mercatini denominati Fiera delle Domeniche di Dicembre che, nelle domeniche prima di Natale, saranno allestiti tra Corso d'Augusto, Via IV Novembre e Via Caltelfidardo. Dall’11 dicembre al Ponte di Tiberio partirà invece la Fiera degli Alberi di Natale, dedicato alle piante natalizie e aperto tutti i giorni fino alla Vigilia di Natale. La tradizionale Fiera di Natale in Piazza Tre Martiri si svolgerà dal 15 dicembre al 6 gennaio 2024 con vendita di prodotti tipici artigianali, decorazioni, dolciumi e idee regalo, inoltre si arricchirà di altre bancarelle dal 19 al 24 dicembre allestite in Corso d'Augusto e via IV Novembre, ad esclusione delle giornate del mercoledì e del sabato in cui si svolge il mercato settimanale. Venerdì 8 dicembre, in occasione della Festa dell’Immacolata, in piazza Tre Martiri si terrà Artigiani al Centro, la Christmas edition della mostra mercato dell'artigianato, realizzato da artigiani, creatori e aspiranti designer che mettono in mostra ciò che la loro passione può materializzare utilizzando legni, metalli, tessuti, filati, argilla e oggetti dimenticati. Sempre l’8 dicembre al Borgo San Giuliano tornerà BorgoSolidale, il villaggio del volontariato, organizzato da La Società de Borg aps e VolontaRomagna, con oltre 30 associazioni di volontariato del territorio riminese che si danno appuntamento per un pomeriggio speciale tra animazioni musicali con la Banda Giovanile Città di Rimini, giocolieri e artisti di strada, cioccolata calda e vin brulé e, a conclusione della giornata, l’attesa lotteria solidale per tutti i visitatori del villaggio. Read the full article
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Tomba di Giuliano de' Medici duca di Nemours, Michelangelo Buonarroti, 1524-1534, complesso scultoreo e architettonico in marmo. Michelangelo studiò un ambiente al tempo stesso organico e drammatico, con le tombe che non sono semplicemente addossate alle pareti, ma ne fanno direttamente parte, con un rapporto diretto e indissolubile tra le membrature architettoniche, il sarcofago e le statue. Le spoglie del duca Giuliano sono all'interno di una cassa marmorea, ispirata a un'antica nel Pantheon retta da due piedritti e sormontata da un arco di catenaria spezzato al centro e ornato da volute alle estremità. Ai lati esterni dei piedritti si trovano fregi decorativi con crani d'ariete, motivo dell'arte romana, medaglioni da cui sporgono corde (che ricordano il trasporto delle casse dei defunti), una conchiglia, motivo cristiano del pellegrinaggio dell'anima. Sulle due porzioni dell'arco si trovano le personificazioni delle fasi della giornata, una maschile e una femminile, in questo caso la Notte a sinistra e il Giorno a destra. La linea spezzata sopra il sarcofago è stata interpretata come un'apertura simbolica attraverso cui l'anima, distaccata dal corpo, può elevarsi e trovare immagine nel ritratto idealizzato di Giuliano, che si trova nella nicchia centrale del partito superiore. Se il registro inferiore è più semplice (composto da specchiature che fanno da sobrio sfondo alle statue), quello superiore, separato da un cornicione dentellato con un fregio di mascheroni, è più articolato. La tripartizione in verticale, presente anche nella parte inferiore, è qui evidenziata da paraste scanalate e con capitelli fantasiosi (nei cui mascheroni si anticipa l'arte manierista), le quali incorniciano la nicchia centrale di forma rettangolare e con architrave e, sopra di essa, una tabella liscia; ai lati invece si trovano due nicchie simmetriche con timpano ad arco, volute decorate a squame di pesce e, in alto, sopra il timpano, dragoni grotteschi a bassorilievo, dalle code ondulate come nastri. Oltre la trabeazione sporgente si trova poi un attico, che sottolinea il modello ripreso dall'arco di trionfo romano a tre fornici, sebbene reinterpretato con disinvoltura. Sull'attico si trovano decorazioni a bassorilievo (festoni, anfore e nastri), una voluta come chiave d'arco e, in corrispondenza delle paraste, dadi con coppie di balaustri. Fa parte della decorazione della Sagrestia Nuova in San Lorenzo (Firenze).
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DUOMO DI MODENA
Nome🌻: cattedrale di Santa Maria in Cielo e San Geminiamo
Data🌻: 1099-1389
Autore🌻: Lanfranco
Luogo🌻: Modena
Contesto originale🌻: è un duomo e ha una funzione religiosa. Ha un valore di rinnovamento spirituale e civile, infatti a Modena era avvenuta la cacciata del vescovo-conte. Faceva parte del possedimenti di Matilde di Canossa.
Materiali🌻: all’esterno abbiamo pietra d’istria, lapidi di recupero dell’antica necropoli sottostante. All’interno invece colonne in marmo.
Scelte stilistiche🌻: Ci sono delle novità architettoniche. Abbiamo un alto cleristorio, che accentua la verticalità dell’edificio, un matroneo finto, una cripta, rialzata nel presbiterio. La zona del presibiterio è quasi autonoma e abbiamo anche un pontile con un pulpito aggiunto dopo: infatti la zona de e non c’è inizialmente la copertura a volte, aggiunta poi nel XV secolo. Costruita su una vecchia necropoli, e ha lo stesso assetto planimetrico: si allunga a est per lasciare spazio alla facciata. I capitelli sono antichizzanti e la colonnata è basicale tardoantico. La facciata segue le proporzioni classiche. La pianta è longitudinale a tre navate più un entrata laterale. C’è anche un presbiterio e un matroneo.
Decorazioni🌻: I capitelli sono fogliati , abbiamo arcate cieche nel matroneo. Inoltre è presente un rosone gotico. C’è inoltre una forte presenza di chiaroscuro che garantisce un aspetto raccolto. Abbiamo anche una presenza continua di rientranze e sporgenze che danno plasticità all’insieme.
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la facciata è dominata dalla decorazione marmorea plastica dovuta in gran parte a Wiligelmo, scultore modenese, che scolpì i quattro grandi rilievi con le Storie della Genesi, un tempo allineati molto probabilmente ai lati del portale centrale (dove ne sono collocati ancora due) e poi spostati con l'apertura dei portali laterali (gli altri due infatti sono al di sopra delle porte laterali). Le quattro scene, rappresentate sotto una galleria di archetti talvolta sorretti da colonnine nello sfondo, si leggono da sinistra a destra e sono la creazione dell'uomo, della donna e peccato originale, la cacciata dal paradiso terrestre, il sacrificio di caino e abele, uccisione di Abele e rimprovero divino, uccisione di caino, l'arca del diluvio e l'uscita di Noé dall'arca.
Il rilievo con animali fantastici e una figura umana nuda che cavalca un mostro,
I capitelli al livello della loggetta che, invece delle decorazioni fogliacee tradizionali, hanno motivi figurati con teste di animali, teste e mascheroni di uomini e donne e telamoni ricurvi sotto il peso del pulvino.
Anche la decorazione del portale centrale è certamente di Wiligelmo. Tra le raffigurazioni c'è quella di un tralcio di vite abitato che si sviluppa sugli stipiti, sull'architrave e sull'archivolto a simboleggiare che il fedele sta entrando nella "vigna del Signore", cioè nella redenzione.
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In modo del tutto casuale si è recentemente scoperta una civiltà di 4 mila anni fa completamente sconosciuta. Se non fosse stato per alcuni oggetti che hanno cominciato ad apparire sul mercato nero dell'arte non se ne sarebbe mai parlato.
Era il 2001 quando alcuni magnifici ritrovamenti archeologici cominciarono ad apparire in vendita online e all'asta, c'erano sculture, vasi, recipienti in bronzo intarsiati, addirittura giochi da tavolo e anfore con decorazioni mai viste prima.
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Alcuni di questi manufatti presentavano intarsi con lapis lazuli e altre pietre preziose, le raffigurazioni sui vasi e le anfore rappresentavano palmeti, coltivazioni, guerrieri che affrontavano grandi felini, e addirittura palazzi a forma di piramide e armi. Nessuno, però, capiva da dove venissero, e nemmeno a quale civiltà facessero riferimento.
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Inizialmente gli archeologi pensarono che fossero dei falsi riprodotti con grande maestria, ma perché mai dei falsari dovrebbero produrre reperti di una civiltà inesistente? Così cominciarono le indagini.
La maggior parte di questi reperti preveniva dall'Iran, lo si è scoperto tracciando le spedizioni fatte verso collezionisti e case d'aste nel 2001 e 2002: la polizia iraniana cominciò a quel punto a interrogare e arrestare trafficanti e commercianti del mercato nero e trovare qualche risposta. Le case d'asta non davano molte informazioni sui manufatti, anzi ne davano pochissime, ma indicavano la provenienza come "Asia centrale".
L'indagine coordinata dalla polizia iraniana scoprì che tutti questi oggetti venivano commerciati da Teheran, Bandar 'Abbas e Kerman e da lì spediti ad acquirenti di tutto il mondo. Ma la scoperta più importante fu che questi oggetti potevano essere ricondotti a una località nella valle del fiume Halil, a circa 40 chilometri a sud di Jiroft, una piccola e remota cittadina nel sud-est dell'Iran, nella regione del Balochistan.
Dal 2003 in poi vicino a Jiroft sono iniziati dei veri e propri scavi archeologici e scavando fino a 11 metri di profondità sono apparsi anche i palazzi a forma di piramide, quelli rappresentati sui manufatti.
La squadra di Madjidzadeh è riuscita a identificare una enorme necropoli, attualmente considerata la principale di tutta questa nuova civiltà, il sito è stato battezzato col nome di Mahtoutabad.
Alcune delle strutture architettoniche scoperte dagli archeologi hanno svelato un edificio di culto, e addirittura un'intera cittadella fortificata. Ma per studiare un complesso urbano grande molti ettari e reperire e studiare centinaia di oggetti e reperti archeologici ci vuole del tempo. La prima fase degli scavi è durata fino al 2007, ma ancora oggi non si è arrivati alla fine dei lavori.
Intanto si leggono i risultati dei primi studi: "la regione di Jiroft era un'importante insediamento urbano nella regione durante il terzo millennio a.C. Il suo centro era nella valle del fiume Halil dove grandi siti con architettura monumentale, aree di produzione artigianale considerevoli, quartieri e ampi cimiteri extramurali dominavano il paesaggio".
Khassia
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“Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza.” Oscar Wilde Ed a noi sembra che di bellezza in questa foto ce ne sia davvero molta ��� Una casa dal sapore moderno e dalle linee architettoniche contemporanee, inserita nel verde e rivestita con uno dei nostri modelli più richiesti 🏡 Una sintonia perfetta, che trasmette pace e dolcezza e che, allo stesso tempo, dona un carattere di originalità e decisione, in armonia con la natura circostante 🌳 Per informazioni generali e per visionare i molteplici prodotti, visita il nostro sito 👇🏼 all’indirizzo qui sotto o al link in bio. Ti aspettiamo 🎁 www.livestone.it [email protected] #architetturamoderna #esterni #esterno #finiture #homedetail #instawonderful #restylinghome #rivestimenti #rivestimento #giardino #casamoderna #ecologica #terrazza #pietra #pietre #progettazione #progetto #revestimientos #casa #home #contemporaryarchitecture #decorazioni #homebeautiful #homedecorations #muro #residentialdesign #wallcovering #instacool #instapic #mywork https://www.instagram.com/p/CPQwS8Klbi7/?utm_medium=tumblr
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Gli Imperiali e l'arte. Uno studio sul collezionismo in Terra d'Otranto
Castello-Residenza Imperiali, Francavilla Fontana (Foto Alessandro Rodia)
di Mirko Belfiore
L’edificio che più di tutti testimonia il potere degli Imperiale nel Salento è sicuramente il Castello-residenza di Francavilla, sede di una delle corte fra le più vivaci dell’area. Sopravvissuto alla caduta del potere feudale e divenuto fra il XIX e il XX secolo, sede del potere civile, Esso è stato recentemente sottoposto a un importante progetto di recupero. Ristrutturato nelle linee architettoniche quanto negli ambienti interni, ciò che si sta delineando per questo edificio è un nuovo ruolo da protagonista come contenitore culturale cittadino, progetto che ha avuto come prima tappa la realizzazione del polo museale archeologico del MAFF.
Il visitatore che percorre queste stanze rimane piacevolmente entusiasmato dalla vista di una moltitudine di elementi che nel corso dell’età moderna hanno portato questo complesso a trasformarsi da rocca fortilizia cinquecentesca a dimora nobiliare: la Sala del camino, il loggiato barocco, l’importante atrio d’ingresso con l’elegante scalone monumentale, l’imponente ballatoio interno, gli affreschi della cappella gentilizia e il caratteristico fossato, antico luogo di “delizie” floreali.
Si volesse trovare il lato negativo nell’analisi delle opportunità offerte da questo interessante luogo, unico nel suo genere anche per il contesto in cui si trova, questo lo possiamo riscontrare nella totale assenza di quelle testimonianze artistiche, arredi o suppellettili che durante i secoli XVII e XVIII, si disponevano nei diversi vani e di cui oggi poco o nulla è rimasto.
La prova che all’interno di questo edificio fosse presente un cospicuo numero di manufatti, anche di un certo valore e fattura, non è il risultato di ricostruzioni a posteriori o ipotesi azzardate, ma è l’esito di un’analisi approfondita di alcuni degli inventari notarili fatti redigere dai principiali membri di Casa Imperiali. In queste importanti carte ritroviamo una consistente lista di oggetti d’arte, opere cartacee e mobilio di pregio, tutti facenti parte di un’importante collezione creata durante i due secoli di governo della famiglia in Terra d’Otranto e disposta non solo in questo luogo ma in altre residenze di proprietà.
Tramite la lettura di questi elenchi possiamo comprendere non solo l’entità del patrimonio immobiliare che la famiglia accumulò, successivamente vittima di smembramenti e dispersioni, ma cogliere anche importanti informazioni sul gusto e sulle scelte di indirizzo artistico che essi perseguirono. A seconda delle opportunità presentatesi, Essi poterono accaparrarsi capolavori provenienti da tutt’Italia, chiamare a servizio maestranze provenienti dalla madre patria genovese, servirsi dell’operato di artisti di grido della scena napoletana o romana, contesti che fra l’altro ben conoscevano, o impiegare artisti facenti parte della vivace scuola pittorica locale, creatasi all’ombra del loro mecenatismo.
Prima di avventurarci nella lettura dei numerosi inventari di Casa Imperiale a noi pervenuti, argomento dei prossimi articoli, trovo illuminante fare chiarezza sulle dinamiche che hanno portato alla realizzazione di queste interessanti raccolte.
Lo studiolo di Federico da Monetefeltro a Urbino (XV secolo)
Decifrare in poche righe il “mestiere” del collezionista non è un proprio un compito facile, visto che lo stesso rimane un percorso affascinante e dai mille risvolti, che nella scena italiana trova numerosissimi spunti e approfondimenti. Tentando di tracciare alcune linee guida, possiamo rimandare alla seconda metà del Quattrocento, durante quel periodo passato alla storia come il Rinascimento, il punto di svolta per la nascita di alcune delle più famose collezioni d’arte.
Tutto ebbe inizio nelle dimore principesche di alcune città del Nord Italia, sedi di corti sfarzose, e dove uomini e donne di alta caratura, amanti di qualsiasi tipo di espressione artistica, fecero realizzare dei piccoli ambienti privati: gli studioli o camerini. Quivi, immersi fra volte affrescate o arredamenti dai pregevoli intarsi lignei, si trovavano gelosamente custoditi un numero impressionante di manufatti: dipinti, sculture, opere in porcellana, gemme preziose, monete antiche e tutto ciò che incuriosiva o accarezzava la curiosità del nobile proprietario. Questo era un luogo intimo e riservato, perfetta sintesi dello status, del carattere personale e degli interessi del committente e dove lo stesso poteva coltivare le proprie passioni nei momenti di riflessione dalle fatiche del quotidiano. Fra i più celebrati ricordiamo quello di Federico di Montefeltro a Urbino, Isabella d’Este a Mantova, Francesco I de’ Medici a Firenze e Alfonso I d’Este a Ferrara. Tutto ciò, naturalmente, era a uso e consumo esclusivo del proprietario di casa, il quale poteva decidere di aprire la visita di questo luogo alla sua cerchia ristretta o consentire visite a personaggi di una certa importanza e di passaggio come potenti, diplomatici o ecclesiasti. Con la realizzazione di questi spazi si delinea un vero e proprio passaggio di consegne fra l’ambiente monastico, fino allora principale tenutario di tutto ciò che era sapere e arte, a quello umanistico, nuovo luogo di sviluppo e proliferazione del clima intellettuale dell’epoca.
Questo percorso vide un decisivo sviluppo nel periodo a cavallo del XVI e del XVII secolo, quando quel piccolo spazio andò a trasformarsi in un ambiente più ampio, più sontuoso e aperto al pubblico: la galleria. Si decise che l’espressione artistica doveva diventare anche e soprattutto esaltazione del potere raggiunto, dove il padrone di casa, nobile o arricchito che fosse, potesse mettere in mostra i propri “muscoli” ostentando la ricchezza, il ruolo politico e il livello del bagaglio di conoscenze culturali e filosofiche raggiunte.
In Italia, gli esempi di questo genere si sprecano. Non si possono non conoscere le vicende di corti principesche dagli echi leggendari come quelle sviluppatesi a Mantova con i Gonzaga, a Ferrara con gli Estensi, a Milano con gli Sforza, a Firenze con i Medici e a Roma con i vari papi saliti al potere, dove artisti dai nomi celebri vennero protetti da mecenati altrettanto celebri come Lorenzo il Magnifico, Vincenzo I e Ferdinando Gonzaga, papa Giulio II o Ludovico il Moro. Questi personaggi ben conoscevano il massaggio che questo genere di opere veicolava, tale da poter garantire una più rapida ascesa nel consenso.
Questa trasposizione di valori avvenne più velocemente e in maniera più diffusa nell’ambito dell’Italia centro-settentrionale, rimanendo inizialmente più anonimo nel contesto meridionale. Persino in un centro importante come Napoli, una città fra le più grandi e popolose dell’epoca, capitale del Regno sia in età angioina che in quella aragonese, non si rintraccia una collezione regia valevole di questo nome. Questa mancanza si rifletteva sicuramente sulle nobiltà partenopea quanto su quella sparsa nelle province periferiche, le quali senza un modello da imitare, non si posero mai il problema o l’obiettivo di realizzare tali raccolte, con tutti i risvolti poc’anzi elencati. Sia chiaro, non che mancassero uomini di cultura, mecenati o artisti di grido, ma la “febbre” del collezionismo mancava ancora di quella spinta che arriverà solo fra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento.
Ciò che scaturì in questo frangente fu una sorta di scontro fra le numerose sollecitazioni esterne e la nascita di una specificità culturale, dibattito che ebbe come risultato l’esplosione di una vera e propria stagione artistica, carica di novità e originalità. Il punto di non ritorno può essere fatto risalire alla diffusione delle disposizioni scaturite dal Concilio di Trento e dal successivo movimento controriformato, evento epocale che dalla seconda metà del XVI secolo ebbe un’influenza diffusa in tutti i campi dello scibile umano. Tutto ciò si tradusse in arte in quella esperienza culturale passata alla storia come Barocco e della quale sempre Napoli fu una delle massime interpreti.
Concilio di Trento, incisione (1545-1563)
Al sorgere del XVI secolo, il Regno di Napoli era entrato ufficialmente a far parte dei domini spagnoli, e con l’istituzione del Vicereame, tutto il Meridione si ritrovò inserito nel composito Sistema imperiale iberico. Questa nuova condizione non si tradusse in una completa subordinazione alla Spagna asburgica, grazie anche al governo di alcune figure di rilievo come il Viceré Don Pedro de Toledo che contribuì alla diffusione di una certa vivacità in tutti i campi, fra i quali la cultura.
Ritratto di Don Pedro Álvarez de Toledo con le insegne dell’Ordine di Santiago(Tiziano Vecellio, 1542, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek)
L’influenza dell’autorità spagnola, la Controriforma e la massiccia affluenza di genti straniere (fiamminghi, castigliani, toscani e soprattutto genovesi) spostarono sempre di più il baricentro della tradizione partenopea verso una soluzione molto più internazionale. In campo artistico fu paradossalmente sotto una dominazione come quella iberica, che la città conobbe un periodo di ricchezza e prosperità. Questa venne contraddistinta da una maturazione artistica senza precedenti che sfociò in un linguaggio riconoscibile in architettura, nelle decorazioni marmoree, negli stucchi e anche in pittura, grazie alla nascita di una maniera raffinata e fastosa che ben si sposò con l’animo passionale partenopeo. Volendo cogliere gli effetti scatenanti di questa nuova stagione, si possono identificare due eventi nodali.
Le sette opere di Misericordia (Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, 1606-1607, olio su tela, Napoli, Quadreria del Pio Monte della Misericordia)
In primis, tutto l’ambiente partenopeo venne sconvolto dall’energia cupa e dall’estremo naturalismo dell’artista lombardo Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, presenza che diede un ulteriore spinta alle trasformazioni già in atto. Questi, in fuga da Roma per l’omicidio del rivale Ranuccio Tomassoni da Terni, si rifugiò a Napoli in due occasioni, nei bienni 1606-1607 e 1609-1610, venendo assoldato da committenze partenopee per la realizzazione di alcuni dipinti, vista la grande fama di artista rivoluzionario e dannato.
Ritratto del Cardinale Filomarino (Giovan Battista Calandra, 1642, olio su tela, Napoli, Chiesa dei Santi Apostoli)
Il secondo grande contributo lo possiamo ricondurre alla comparsa in città di alcune figure di notevole carisma come il Cardinale Ascanio Filomarino, potentissimo vescovo di Napoli dal 1641 al 1666 e il fiammingo Gaspar de Roomer. Il primo fu un riconosciuto protettore delle arti e facoltoso collezionista, mentre il secondo era un ricchissimo mercante giunto a Napoli da Anversa nel 1634, e proprietario di una notevole raccolta di dipinti che annoverava più di 1500 tele. A tutto ciò va aggiunta la fervente attività dei vari ordini mendicanti, figli dell’azione controriformata e attivi in città già dalla fine del XVI secolo.
Queste circostanze diedero l’opportunità ai pittori locali, in alcuni casi già tecnicamente validi, di poter essere presi in considerazione in misura maggiore dalla committenza napoletana. Quest’ultima, naturalmente, non smise mai di accaparrarsi i servigi artistici di maestri provenienti da lontano come Guido Reni (documentato in città nel 1612 e nel 1621-22), Domenichino (presente in città fra il 1631 e il 1641 per dipingere la Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo) e Lanfranco (attivo a Napoli fra il 1634 e il 1646), o di accaparrarsi testimonianze pittoriche di artisti stranieri fiamminghi quotati come il Rubens o il Van Dick. Essa incominciò a prendere in considerazione gli artisti della scuola locale, i quali avevano dimostrato di aver maturato una nuova maniera pronta a rispondere alle loro esigenze.
Il Paradiso, particolare della cupola (Domenichino, Giovanni Lanfranco, pittura a fresco, 1630-1643, Napoli, Real cappela del Tesoro di San Gennaro)
Questa azione congiunta diede una spinta rivoluzionaria, tale da alimentare quella splendida stagione artistica che contraddistinguerà Napoli durante tutto il Seicento e buona parte del Settecento e che non si limitò ad essere solamente una copia del caravaggismo e dei suoi interpreti più importanti, ma che possedeva la forza di trasformarsi in una fucina creativa molto prolifica. Fra gli artisti che per primi reinterpretarono la lezione caravaggesca troviamo i nomi di Battistello Caracciolo, Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera, Belisario Corenzio e per i quali venne coniato il termine di “tenebrosi”, epiteto assegnatogli per il potente iperrealismo e l’uso di toni cupi e pacati. Se l’arrivo del Merisi fu l’ascendente sugli artisti della prima metà del secolo, i restanti cinquanta furono condizionati dai traumi della grande peste del 1656, tragico evento che decimò violentemente la popolazione napoletana. Le reazioni a questo avvenimento fecero emergere una decisa avversione al precedente realismo, soluzioni che portarono all’utilizzo di quell’acceso cromatismo di derivazione veneta che andò a illuminare a giorno i colori tenebrosi e gli sfondi scuri delle realizzazioni precedenti. Gli artisti protagonisti e principi di questa stagione furono sicuramente: Luca Giordano e Francesco Solimena, senza dimenticare Mattia Preti e Paolo de Matteis.
Rappresentazione della peste del 1616 (Carlo Coppola, XVII secolo, olio su tela, Napoli, Museo di San Martino)
Nella capitale partenopea si diffuse quella carica innovativa che oltre a trovare terreno fertile in città, seppe diffondersi capillarmente nelle aree periferiche del regno che, rotte le prime resistenze, non fecero altro che uniformarsi alla nuova tendenza. Ai confini di questo fenomeno emerse nella sua particolarità il territorio salentino, dove si svilupperà una cultura figurativa che coinvolgerà tutte le arti maggiori e che prese il nome di “Barocco leccese”.
L’ambiente pugliese, molto tradizionalista, rimase inizialmente arroccato sulle proprie tradizioni tardomanieriste di ambito veneto, vere e uniche protagoniste dei primi vent’anni Seicento, favorite dalla presenza continua e costante, soprattutto nelle aree del barese e del brindisino, di quei mercanti veneti in viaggio da e verso la Serenissima. Il punto di svolta arriva nel terzo decennio, allorquando incomincerà a farsi spazio la spinta incontenibile del nuovo gusto napoletano, il quale decreterà con le sue novità una vera e propria rivoluzione.
Annunciazione (Artemisia Gentileschi, 1630, olio su tela, Napoli, Museo di Capodimonte)
Basta elencare le numerose testimonianze dirette di tutti i dipinti che con abbondanza giunsero in Puglia dalle botteghe di pittori affermati e attivi a Napoli come Pacecco de Rosa, Andrea Vaccaro e Jusepe de Ribera, tendenza che continuerà durante tutto il Settecento con le opere di Luca Giordano, Francesco Solimena e Mattia Preti. In aggiunta a ciò, vanno registrati i soggiorni di artisti che a Napoli si formeranno ma che in Puglia troveranno importanti committenze come: Paolo Finoglio a Conversano, Francesco Guarini a Gravina e Cesare Fracanzano a Barletta. Infine, il meglio della pittura pugliese attiva più o meno stabilmente nella regione, fu totalmente influenzata dalla maniera napoletana. Questa tendenza fu incrementata dal fenomeno cosiddetto degli “artisti vicari” e che portò molti artisti delle provincie a spostarsi verso Napoli per apprendere uno stile affermato e prestigioso. Questi poi, ritornando nei luoghi d’origine, diffusero il nuovo “verbo” accaparrandosi le committenze della nobiltà locale desiderosa dei lori servigi.
Il giudizio di Salomone (Francesco Solimena, 1707, olio su tela, collezione privata)
Ciò fu possibile in maniera evidente in Puglia, dove la nobiltà trovava negli artisti locali una risorsa a buon mercato e molto più incline ad accontentare i propri voleri e i propri capricci.
In Terra d’Otranto e a Francavilla in particolare, gli esempi più rilevanti sono da ricondurre ad alcuni artisti: Domenico Antonio Carella, presente in numerosi centri del barese, del brindisino e del tarantino, Ludovico delli Guanti e la sua bottega, molto attivo a Francavilla, i fratelli Bianchi di Manduria o i maestri cartapestai Pinca e Zingaropoli.
Questa specie di “provincializzazione” o riduzione allo standard napoletano non deve essere letta come una discesa a un livello inferiore perché, mediante il tramite partenopeo, la cultura figurativa pugliese si spostò verso: “una scena ben più ampia e organica di quella alto adriatica e greco bizantina, permeata ancora da influenze lombarde e toscane tutto sommato minori che per decenni erano stati i principali stimoli esterni di differenziazione e di originalità rispetto alle restanti aree meridionali fino a tutto lo stesso periodo umanistico” (G.Galasso).
Basilica di Santa Croce a Lecce, particolare del rosone, massimo esempio del barocco leccese.
Tutto ciò fu possibile perché la feudalità pugliese non ricevette dall’autorità spagnola duri colpi come nelle altre zone del Meridione. Anzi, antiche e nuove famiglie come gli Acquaviva di Conversano, gli Orsini di Gravina, i Carafa d’Andria e i Caracciolo di Martina Franca, insieme agli Imperiali di Francavilla, raggiunsero proprio nel XVII secolo, il culmine della loro fortuna. Essi incrementarono il loro collezionismo privato commissionando cicli pittorici e creando consistenti quadrerie da inserire nei sontuosi palazzi di proprietà. Questi dovevano essere arredati secondo una vera e propria parata ufficiale, tanto da assomigliare palesemente alle fastose dimore partenopee, sia che questi si trovassero nella provincia più sperduta quanto nella centralissima Napoli.
Collezioni sterminate che avevano una collocazione ben precisa, e che nel caso degli Imperiali erano disseminate lungo le numerose proprietà di famiglia, dal nucleo feudale francavillese fino ai palazzi di Latiano, Manduria o Avetrana, senza dimenticare le dimore stagionali di Massafra, Carovigno e Mesagne, tutti luoghi dove questi manufatti era disposti con attenzione e cura e che proprio tramite la lettura degli inventari notarili possiamo tentare a riordinare.
(Continua)
Palazzo Imperiali-Filotico di Manduria e Palazzo Imperiali di Latiano
BIBLIOGRAFIA
V. Basile, Gli Imperiali in terra d’Otranto. Architettura e trasformazione urbane a Manduria, Francavilla Fontana e Oria tra XVI e XVIII secolo, Congedo editore, Galatina 2008.
G. Galasso, Storia del Regno di Napoli, Utet edizioni, Vol. II, Torino 2008.
V. Pacelli, Giovanfrancesco de Rosa detto Pacecco de Rosa, Paparo Edizioni, Napoli 2008.
J. Snyder, L’estetica del Barocco, edizioni il Mulino, Bologna 2005.
M. Rosi, Napoli Entro e Fuori le Mura, Newton e Compton Editori, Roma 2004.
V. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale, Donzelli editore, Roma 2002.
A. Cassiano, Note sul collezionismo, nel catalogo “Il Barocco a Lecce e nel Salento”, a cura di A. Cassiano, collana “il Barocco in Italia”, De Luca editori d’Arte, Roma 1995.
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P. Palumbo, Storia di Francavilla Fontana, Lecce 1869, ristampa anastatica, ed. Arnaldo Forni, Bari 1901.
#Ascanio Filomarino#Domenico Antonio Carella#famiglia Imperiale#Francavilla Fontana#Gaspar de Roomer#Ludovico delli Guanti#Mirko Belfiore#Arte e Artisti di Terra d'Otranto#Paesi di Terra d’Otranto#Spigolature Salentine
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Qual è la differenza tra un camminante e un ciclista?
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Un amico mi ha detto che da quando è iniziata l`epidemia a Berlino ha iniziato a camminare ogni giorno per molti chilometri. E` il suo modo per sentire viva la città nonostante i luoghi chiusi, l`inverno e le pubblicità progresso che eroicizzano i divani. La domenica sceglie un quartiere e fa lunghe passeggiate, con la sua mascherina e le distanze di sicurezza. Mi diceva anche che camminando sta scoprendo così tanti dettagli della città che dopo anni gli sembra di vivere in un posto nuovo. Ha guardato il documentario di Matt Green, che in 7 anni ha camminato per ogni singolo isolato di New York e ne è stato ispirato. Credo che abbia trovato nuove prospettive per raccontare storie, lui che è uno tra i più bravi story teller che conosco, rigorosamente orale, necessariamente con una birra in mano.
Questa cosa mi ha fatto pensare che qualche anno fa avevo regalato il libro di Mattia Miraglio ad un altro amico, anche lui amante delle camminate. La sua storia dei 50.000 km in giro per il mondo partendo dal cunese trainando un carretto mi aveva stupito molto. La semplicità del camminare rende queste grandi esplorazioni quasi familiari. Destano interesse perchè non richiedono speciali condizioni fisiche oltre alla mobilità degli arti. Non smette però di affascinarmi la durata della scelta, soprattutto se il cammino avviene su un territorio dove il grado di variazione climatica e paesaggistica e` molto piu` basso rispetto a quello lungo arterie di connessione tra citta`. Le necessità di questi mesi potrebbero aver creato migliori condizioni proprio per una riscoperta del vicino, degli isolati, dei gruppi di strade, dei quartieri in cui ``non sono mai stato``, come fatto da Green. Il rischio forse e` che un eccesso di vicino faccia cadere in una qualche trappola identitaria, ma la porosita` del buon camminare credo sia un rimedio naturale a deviazioni nazionaliste. Si può dire lo stesso del "buon ciclismo", cioè dell'uso della bici per lunghi viaggi lenti?
Sono al mio primo giorno di pausa dopo una settimana di viaggio e circa 360km percorsi, di cui almeno 150 di sali scendi molto impegnativi anche perché sono stati quelli iniziali, quando muscoli e nervi non erano ancora preparati a sforzi così prolungati. Sto certamente vivendo in relazione simbiotica con una macchina a trazione muscolare. Senza esagerare nella feticizzazione delle sensazioni, questa relazione mi fa osservare il mondo dentro una bolla meno porosa di quella del camminare. Durante la pedalata, il saluto avviene da lontano, il sorriso è regalato di sfuggita, la crisi di fatica è un momento non propriamente condivisibile. Se camminassi lungo queste stesse strade ogni villaggio diventerebbe per necessità fisica e sociale una fermata. La bicicletta permette invece una maggiore superficialità che corriponde a catturare solo alcuni aspetti di un luogo o di un paesaggio e di farlo dall`alto, con uno sguardo che mentre si posa su qualcosa deve già dirigersi verso il prossimo punto da focalizzare. Si tratta qundi di incontri veloci ma che danno la possibilità di raccogliere uno sguardo d`insieme su certe linee connettive dei territori che potrebbero sfuggire al camminante. Non che non sia in grado di vederle anche lui/lei. Nel camminare pero` emergono molti altri elementi, ci si sovraccarica in fretta delle cosiddette storie, tanto che queste linee che riguardano la connettività socio-culturale dello spazio potrebbero rimanere in un secondo piano. Nel ciclismo lento si osserva invece continuamente l`ecologia umana nel suo intersecarsi con gli ecosistemi di una collina o di una vallata per esempio. Vorrei provare a partire da questa considerazione allora per raccontare alcune convergenze architettoniche tra cemento e legno che mi è parso scovare lungo una strada percorsa da poco. Approfitto del giorno di sosta per proporre una distinzione della lentezza tra il ciclista-geografo e il camminante-antropologo.
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L`idea è quella di mostrare alcune foto di case nella città in cui sto scrivendo per raccontare una transizione che dai villaggi rurali da cui arrivo conduce ad una urbanità che sta tentando di rielaborare localmente nozioni come sviluppo economico e progresso. Date le mie difficoltà con le lingue locali utilizzerò la lettura del paesaggio per tentare un racconto verosimile e non accordarmi un`autorevolezza che non ho. Il nome della città non è importante. Si tratta di percorsi di ibridazione e di incontri tra modelli imprenditoriali, idee cosmologiche della `casa` e loro manifestazioni estetiche che riguardano ogni luogo. Dove mi trovo ho avuto però la sensazione di un incompiuto, di una transizione cioè che non è stato possibile terminare per qualche ragione che posso ipotizzare ma che non conosco. Quello che è tuttavia osservabile è proprio la ricerca di un modello economico distinto dal precedente i cui effetti non sono ancora chiari. Non è importante quindi un giudizio, sul bello o sul brutto ad esempio. Mi interessano invece i materiali, il loro mischiarsi, le forme e i paradigmi energetico-economici che li rendono possibili e che segnano certe intenzionalità.
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Le due foto di sopra ripropongono case cosiddette ``tradizionali`` normalmente associate alla macro etnia Khmu. Elemento distintivo è che lo spazio intimo della casa si sviluppa in alto, al secondo piano, come nella foto 1. In basso c`è invece la parte dedicata alla produzione e al lavoro. Nelle case più ricche lo spazio viene chiuso, come nella foto 2, con cemento (o legno). Altrimenti rimane aperto e vi si raccolgono animali domestici, telai, scorte di vario tipo, attrezzi agricoli. I villaggi che hanno preceduto la città da cui sono state ricavate questo foto e che non ho voluto disturbare con la mia invadenza, sono costruiti intorno a questo tipo di abitazioni. Pur differenziandosi nelle decorazioni, nei colori, negli intagli di legno, queste case a grande maggioranza di legno costruiscono un paesaggio con una rara unitarietà estetica. Le gerarchie pur visibili si mantengono dentro un ordine cosmico che le assorbe e le accetta riconoscendo quasi un ruolo di guida a quelle abitazioni capaci di forme più innovative. Non vi è bisogno di alcun eccesso architettonico perchè non sembra esserci una competizione agguerrita dentro un`economia essenzialmente rurale. A dimostrazione ulteriore di questo elemento è la quasi completa assenza, in alcuni villaggi, di recinzioni che separano le case. A sembrare suddivisa è certamente la terra, ma visto l`equilibrio cosmico di quei villaggi, ho da subito ipotizzato una certa eguaglianza distributiva degli strumenti di produzione.
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Il bisogno di riconoscimento e di emergere è invece molto più evidente con l`inizio dell`urbanità. E` espresso soprattutto attraverso la scelta dei materiali, con una predominanza netta del cemento sul legno e con l`utilizzo di materiali pregiati come certe pietre o l`ebano nelle porte di ingresso, sui soffitti oppure nei colonnati che sostengono le terrazze. In maniera analoga si scorge l`ispirazione tradizionale delle forme costruttive, soprattutto per i tetti. Esiste cioè un `saper fare` edile che limita le forme ma che permette, a volte, una qualche coerenza architettonica tra passato e presente.
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A balzare all`occhio nelle case di recente costruzione è la quasi totale assenza non solo del giardino ma dell`ombra degli alberi. Il problema principale delle case di legno è infatti la calura nei mesi pre-monsonici e la dispersione del calore durante i pochi mesi freddi dell`anno. La soluzione costruttiva tradizionale, come nella foto 2, è circondare la casa di ombre naturali e di usare gli alberi per trovare scampo dall`afa. Le nuove case sono invece dotate di diversi impianti di aria condizionata che permettono anche una chiusura netta degli spazi tra il dentro e il fuori oltre le mura perimetrali.
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Queste soluzioni stilistiche e di rottura con le forme e i metodi di costruzione `tradizionali` sono ancora più marcate nelle strutture adibite al turismo, come mostrano i bungalow di alta gamma della foto qui sopra, oppure nelle strutture prefabbricate in cui ci sono le sedi di imprese di costruzione, banche e compagnie telefoniche che si inseriscono nel paesaggio architettonico urbano proponendo soluzioni estetiche decisamente nuove e non coordinate con le linee costruttive della città.
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Queste semplici valutazioni estetiche aprono tutta una serie di domande di un certo interesse su quali visioni del mondo siano condensate dentro contenitori unici e distinguibili ma che seguono traiettorie non sempre convergenti che anzi paiono affermare cosmologie contrastanti se non in aperta lotta per la supremazia e il dominio. La progressiva affermazione della libertà di mercato, della compra-vendita di proprietà e della conseguente speculazione edilizia attraverso il turismo ha in parte seguito un modello adattivo finanziato dal capitale migrante, cioè dalle rimesse di chi ha visto da vicino la possibilità di accumulare ingenti fortune economiche ed ha tentato di replicarne il modello. C`è poi il capitale di `fuori` che si somma ai vecchi paradigmi imprenditoriali. Il tutto si mischia senza produrre però un chiaro progetto urbanistico ma un luogo in perenne costruzione. Aggiungerei anche che forse in questo miscuglio si e` persa fiducia in modelli economici alternativi non centrati sulla leadership individuale dell`imprenditore-innovatore. In questo modo la progressiva affermazione delle ``leggi del mercato`` e le sue dinamiche energetico-estrattative hanno prodotto nuove soggettività e proiezioni del sé. In questo post ho tentato di descriverle attraverso le variazioni di alcuni paradigmi architettonici di base. Occorrerebbe un camminante per riempire di storie e di voci questi processi.
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Madonna di Ognissanti, Giotto
dipinto a tempera e oro su tavola (335x229,5), databile al 1310 circa e conservato agli Uffizi di Firenze. Anticamente si trovava nella chiesa di Ognissanti a Firenze, da cui il nome.
Il confronto con le opere precedenti ci mostra come l'arte di Giotto si muovesse ormai verso un rinnovamento della pittura, anche se non mancano elementi arcaici come il fondo oro e le proporzioni gerarchiche, queste ultime dovute forse alla necessità di mostrare il maggior numero possibile di fedeli attorno alla Vergine.
La Madonna e il Bambino hanno un volume solido, ben sviluppato in plasticità, dal netto contrasto tra ombre e lumeggiature. Il peso così terreno delle figure è evidenziato dalla fragilità delle strutture architettoniche del trono che è di gusto gotico francese con decorazioni di gusto geometrico alla base. Raffinati sono i colori, come il bianco madreperlaceo della veste, il blu di lapislazzuli del manto, il rosso intenso della fodera. Maria è una matrona che, in maniera del tutto originale, accenna quasi un sorriso, dischiudendo appena le labbra e mostrando da uno spiraglio i denti bianchi.
Le figure sono incorniciate da un raffinato trono cuspidato, creato secondo una prospettiva intuitiva, ma efficace, che accentua la profondità spaziale, nonostante il fondo oro.
Tutti gli sguardi degli angeli convergono verso il centro del dipinto, con l'innovativa rappresentazione di profilo di alcuni di questi, una posizione riservata solo alle figure malvagie nell'arte bizantina. Essi hanno in mano doni per la Madonna: una corona, un cofanetto prezioso e vasi con gigli (simboli di purezza) e rose (fiore mariano).
A differenza delle opere più antiche, Giotto ricava uno spazio pittorico nel quale dispone con verosimiglianza gli angeli e i santi: essi sono ancora rigidamente simmetrici, ma non lievitano ormai più uno sull'altro, né sono appiattiti, ma si collocano con ordine uno dietro all'altro, ciascuno diversificato nella propria fisionomia, rivelando una nuova attenzione per la realtà.
Il senso del volume ottenuto col chiaroscuro, le forme scultoree, quasi dilatate, e la semplificazione delle forme saranno il punto di partenza per le ricerche di Masaccio.
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-Nome: Maestà di Ognissanti
-Artista: Giotto
-Data: 1306
-Luogo: Uffizi, Firenze
-Materiale e tecnica: tempera su tavola
-Descrizione: La Madonna e il Bambino hanno un volume solido, ben sviluppato in plasticità, dal netto contrasto tra ombre e lumeggiature. Il peso così terreno delle figure è evidenziato dalla gracilità delle strutture architettoniche del trono che è di gusto gotico francese con decorazioni di gusto geometrico alla base. Raffinati sono i colori, come il bianco madreperlaceo della veste, il blu di lapislazzuli del manto, il rosso intenso della fodera. Maria è una matrona che, in maniera del tutto originale, accenna quasi un sorriso, dischiudendo appena le labbra e mostrando da uno spiraglio i denti bianchi.
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La Chianca pugliese per il pavimento in pietra naturale
Esistono diverse tipologie di pietra pugliese, tra cui la Pietra di Trani, il Marmo Biancone, il Travertino, la Pietra Leccese e la Chianca classica (o Chianca pugliese), ciascuna con le sue peculiarità e applicazioni. Pietra di Trani La Pietra di Trani è una roccia carbonatica estratta principalmente in Puglia, nei pressi della città che le dà il nome. Questa pietra è composta da carbonato di calcio dolomitizzato, ed è costituita da un insieme di peloidi micritici leggermente torbidi, cementati da micrite e microsparite più limpida. La sua estrazione avviene in diverse località, tutte situate a non più di 5 km da Trani. Uno dei suoi principali utilizzi è l’edilizia. Grazie alle sue proprietà, questa pietra è stata utilizzata per secoli nella costruzione di chiese, cattedrali, palazzi e altre strutture architettoniche. È apprezzata per il suo colore chiaro, che conferisce un aspetto luminoso ed elegante alle costruzioni. Ha una lunga storia di utilizzo in Puglia e oltre. Il momento di punta delle attività estrattive della Pietra di Trani può farsi coincidere con il periodo delle Crociate, ed in particolare della IV Crociata e del transito a Trani oltre che della sindone, di maestri scalpellini di origine francese ed il rientro dalla Terrasanta dopo aver lavorato alla realizzazione del Santo Sepolcro e di altri monumenti sacri a Gerusalemme come nei luoghi della cristianità in medio oriente. Marmo Biancone Il Marmo Biancone, noto anche come Bianco Perlino o Bianco di Asiago, è un marmo proveniente dalle cave dell'Altopiano di Asiago, in Veneto. Questa roccia è formata da calcare micritico compatto a frattura concoide in strati anche fitti e a grana fine. Il suo colore bianco neutro, a volte tendente al beige chiaro, è discretamente omogeneo, rendendo il Marmo Biancone un materiale versatile e molto resistente, che conferisce eleganza ad ogni ambiente ed elemento. Il Marmo Biancone è stato utilizzato fin dall'antichità per la realizzazione di opere d'arte e di architettura. Era molto apprezzato a Roma e nell'editto dei prezzi di Diocleziano compare tra le varietà di marmo bianco più economiche, probabilmente data la facilità con cui veniva estratto. Travertino Il Travertino è una roccia naturale a base calcarea, resistente nel corso del tempo. Questa pietra robusta, compatta e resistente è impiegata come materiale da costruzione e da decorazione, grazie alla sua particolarità di non avere un colore uniforme. Può essere impiegato nella realizzazione di costruzioni e decorazioni per ogni gusto e design, grazie alle sue caratteristiche principali di versatilità, resistenza e malleabilità. Il Travertino è stato utilizzato fin dall'antichità per la realizzazione di opere d'arte e di architettura, era molto apprezzato dai Romani, che lo utilizzavano per la costruzione di monumenti e di edifici pubblici. Oggi è ancora utilizzato per la realizzazione di pavimentazioni, rivestimenti, colonne e altri elementi architettonici, grazie alla sua bellezza e resistenza. La lavorazione richiede grande maestria e attenzione ai dettagli. Il travertino viene tagliato in blocchi dalle cave, poi trasportato e lavorato in laboratorio. Il risultato finale è un materiale di grande eleganza e raffinatezza, capace di conferire un tocco di classe ad ogni ambiente. Pietra Leccese La Pietra Leccese è una pietra naturale estratta nel Salento, in Puglia. Questa pietra presenta una struttura porosa dal colore giallo dorato paglierino e ha buone qualità funzionali dovute agli elevatissimi indici di coibenza termica e fono assorbenza. La Pietra Leccese è stata impiegata fin dal XV secolo in maestosi monumenti storici, cattedrali ed edifici, diventando un elemento distintivo del "Barocco Leccese". Chianca Classica (o Chianca pugliese) La Chianca classica è una pietra naturale la cui origine può essere ricondotta a diverse regioni del mondo in cui sono presenti giacimenti di questo materiale. Una delle fonti più celebri per la chianca classica è l'Italia, in particolare la regione della Puglia. Qui, la pietra chianca è stata estratta e utilizzata in molte costruzioni storiche e architettoniche. La sua storia in Puglia risale a secoli fa e ancora oggi è ampiamente apprezzata per la sua bellezza e durabilità. La sua formazione geologica avviene tramite sedimentazione di minerali, spesso con tonalità di colore che variano dal beige al grigio, con venature e texture che ne conferiscono un'apprezzata unicità estetica. La Chianca classica è un elemento di arredo adatto per uno stile rustico o contemporaneo, è adatta per ambienti interni ed esterni. Questa pietra naturale, con le sue caratteristiche imperfezioni e texture uniche, aggiunge un tocco di eleganza e autenticità agli spazi in cui viene utilizzata. La sua versatilità è uno dei suoi punti di forza, in quanto si sposa perfettamente con una vasta gamma di design d'interni ed esterni, offrendo un'ampia flessibilità nell'arredamento di case, giardini e spazi commerciali. Read the full article
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Capire l’arte dell'Ottocento
Capire l’arte dell'Ottocento
Ricostruire il mondo su basi nuove
Il pensiero filosofico di matrice illuminista del secondo Settecento ebbe immediati e notevoli riflessi anche nel campo delle arti, determinando l'affermarsi di orientamenti estetici nei quali prendono importanza finalità come la promozione di un'umanità nuova, più semplice e libera, vicina alla natura e al tempo stesso capace di seguire la ragione. Ne derivarono importantissime conseguenze, sia per quanto riguarda i procedimenti tecnici della pittura e della scultura, dai quali si pretendeva l'allontanamento dai precedenti virtuosismi, sia per quanto riguarda gli obiettivi del fine artistico, che rientravano in un complessivo miglioramento dell'umanità cui tutti dovevano tendere.
L'importanza dell'architettura
Tutte le arti, potevano rivestire un ruolo nel gigantesco sforzo collettivo per il cambiamento della società, ma l'architettura, era in grado di svolgere una funzione più importante e foriera di conseguenze sul piano della concreta esistenza individuale.Gli architetti più in linea con simili tendenze, nella Francia degli anni precedenti e successivi alla Rivoluzione o nella Milano napoleonica, progettarono dunque interventi poco rispettosi della forma urbana quale si era sviluppata nel corso dei secoli (si veda il progetto di Giovanni Antonio Antolini per il Foro Bonaparte a Milano) oppure addirittura città pensate in forme del tutto inedite.Al francese Etienne-Louis Boullée, dobbiamo fantasie architettoniche, affidate a una serie di progetti conservati presso la Bibliothèque Nationale de France a Parigi, in cui una grandiosità di derivazione classica si abbina a una certa idea di semplicità.
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Etienne-Louis Boullée. Disegni
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Gustave Eiffel, Torre Eiffel, particolare, 1889, Ferro e ghisa. Altezza 300 m. Parigi
I nuovi materiali per l'architettura
In relazione con gli sviluppi economici e tecnologici (e con le mutate esigenze della popolazione), si fece sempre più impellente la necessità di creare strutture nuove. Chi costruiva un ponte, adottando soluzioni tecniche ardite e coraggiose, riteneva necessario completare il tutto, ad esempio, ricorrendo per gli accessi all'armamentario stilistico neogotico; così come i progettisti delle gallerie, non rinunciavano ad abbellire le strutture con decorazioni tratte dalla tradizione.Furono rari i casi in cui le potenzialità insite nei nuovi materiali, come il ferro e il vetro, vennero riconosciute nella loro valenza estetica autonoma. Questo accadde nella Londra a metà dell'Ottocento, quando Joseph Paxton realizzò il Palazzo di Cristallo, in ferro e in vetro, divenuto modello imprescindibile, poiché in esso funzionalità, luminosità ed economicità si univano a una nuova idea di bellezza, affidata a una semplicità del tutto inedita, che non aveva bisogno di desumere le sue fonti dal passato.Una celebrazione di queste nuove tipologie (e questi nuovi ideali) sarebbe poi venuta con la Torre che l'ingegnere Gustave Eiffel progett�� per l'Esposizione Universale del 1889: alta 300 metri, con nessun altro scopo se non dichiarare lo slancio creativo della tecnologia e della modernità.
Ripartire dall'Antichità
Il tentativo di rinnovamento in atto nelle varie arti prese avvio dall'ammirazione per l'Antichità e i suoi valori. Il mondo dei Greci e dei Romani assumeva il volto, negli scritti di Winckelmann e di altri teorici del movimento, di una perfezione ideale, confinata in una lontananza irrecuperabile eppure ancora capace di spingere all'emulazione gli artisti contemporanei, che avrebbero tratto dal passato, l'esempio di un atteggiamento, di un certo modo di porsi di fronte alle case, di stoico eroismo o di suprema serenità, senza escludere la manifestazione di sentimenti. Il passato greco e romano, rivisitato in chiave moderna, si prestava ad interpretare gli ideali e i sogni del presente: sia quelli sovrumani dei rivoluzionari impegnati, prima in Francia e poi altrove in Europa, a cambiare il mondo, sia quelli dei sensibili e morbidi adoratori dei miti e delle favole. Si trattò comunque di un movimento che, ancora una volta, dopo le sue prime campagne nel Medievo carolingio e ottoniano e nel Rinascimento, basava la sua forza sulla riproposizione di valori considerati universalmente validi, e che, invece per la prima volta, dimostrava una capacità di irradiazione ben oltre il luogo della sua origine (che era sostanzialmente la Roma del secondo Settecento) in ambiti sempre più vasti, in Europa e in tutto il mondo. Il Neoclassico, il primo stile a definizione mondiale, tra l'altro sviluppatosi in contemporanea con il proliferare dell'arte industriale per quanto riguarda i bronzetti, le ceramiche e i tessuti (si pensi ai prototipi mitologici delle officine ceramiche di Wedgwood, in Inghilterra).
La nascita dell'Estetica
Con il secolo XVIII si assiste alla nascita di una disciplina filosofica apposita, l'Estetica, finalizzata alla comprensione del bello e dell'arte. Il primo ad utilizzare in questi tremori la parola estetica fu, nel 1733, il filosofo tedesco Alxander Gottlieb Baumgarten, secondo il quale la conoscenza che si attua attraverso i sensi, pur da considerarsi inferiore a quella intellettuale, merita di essere considerata nella sua autonomia La conoscenza estetica è un "analogo della ragione" ed è connaturata allo spirito umano, che non a caso si svolge spontaneamente verso la bellezza sensibile ed artistica. Queste tesi si trovarono una prima formulazione nel libro di Baumgartne Aesthetica, pubblicato tra il 1750 e il 1758, e furono riprese poi da Immanuel Kant nella Critica del giudizio (1790).In Kant l'Estetica trova la sua prima formulazione sulla base del riconoscimento di una comune capacità, negli uomini, di riconoscere la bellezza. Anche se i giudizi di gusto, secondo Kant, istituiscono una relazione immediata tra sentimento di piacere/dispiacere e facilità conoscitiva.Prima del Settecento le trattazioni riguardanti l'estetica, ma entravano in ambiti più larghi, come quello della metafisica, oppure si caratterizzano per l'analisi di determinati aspetti tecnici. La novità che si fa strada nel corso del secondo Settecento è invece proprio una conoscenza unitaria, per cui esse hanno in comune un medesimo riferimento ad un ideale di bellezza e si distinguono nettamente dalle tecniche, alle quali pure in passato veniva attribuito il nome di "arti" l'arte della guerra, l'arte della navigazione e così via.
Nuovi strumenti per l'arte
Fatto fondamentale per lo sviluppo dell'arte dell'Ottocento fu l'invenzione della fotografia (dagli anni Trenta) con la sua rapida espansione, sia in termini autonomi e in relazione con esigenze prettamente documentarie, sia in rapporto con le arti figurative.Tra le conseguenze, accanto alla possibilità di ottenere immagini o la veduta, ci fu una crisi significativa della tradizionale modalità di visione dei pittori. La pittura fu allora in grado di affermare con forza la propria autonomia e unicità grazie alle sue caratteristiche tecniche, che la rendevano incompatibile con il nuovo strumento di rilevazione del vero.Accanto alla fotografia vanno considerate, nuove tecniche di produzione più rapide, economiche ed efficaci di quelle tradizionali: la litografia, l'acquatinta, l'incisione a colori.Ne derivò un collezionismo borghese interessato alle stampe da arredo ispirate alle opere pittoriche dei filoni più popolari, come i paesaggi, le veduta urbane, i oggetti devozionali e le scene di genere moralistiche o umoristiche. Ne fu incrementato anche al valore aggiunto che le stampe garantivano all'editoria popolare illustrata, ai romanzi, alle strenne, a un certo tipo di giornalismo.
Nuovo pubblico e nuova committenza
Fu un allargamento del pubblico coinvolto nel mondo dell'arte, a livello di fruizione ma anche di produzione. Le stesse teorie romantiche secondo cui l'arte è una creazione individuale e quindi l'espressione spontanea di una creatività che è in ciascuno di noi, determinarono un sensibile accrescimento al numero di coloro che volevano cimentarsi personalmente con i pennelli, con la conseguente nascita del fenomeno del dilettantismo, a cui molti si volsero, in particolare in ambito borghese e nobiliare e specialmente tra le donne. Cambiò anche la committenza o per meglio dire si allargò, estendendosi dai soggetti tradizionali, la Chiesa e la nobiltà, a settori della borghesia che vedevano nell'acquisizione di un dipinto o di una scultura un mezzo di promozione sociale la cui efficacia era universalmente riconosciuta. La fortuna dei generi quali quello del ritratto, o quello del paesaggio. Sono fenomeni che crescono nel corso del secolo, ma che si presentano sin dalla fase neoclassica, in particolare per quanto riguarda la ritrattistica, in riferimento all'immagine che i nuovi intellettuali o gli ufficiali o i borghesi vogliono dare di sé.Così Jacques-Louis David, ci ha lasciato una serie di ritratti, affidatigli da una committenza facoltosa i quali, si basano su una visione realistica e piana, anche quando (si veda il Ritratto di Madame Récamier) gli accessori e le mode del tempo condizionano fortemente l'iconografia.I fatti dell'arte divennero oggetto di discussione quotidiana, giovandosi di un'attenzione costante da parte della stampa e di una maggiore circolazione delle immagini grazie allo sviluppo delle tecniche di riproduzione a stampa.Le grandi esposizioni, come il Salon di Parigi (divenuto annuale nel 1831), durarono spesso vari mesi ed erano seguitissime dal pubblico.
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Jacques-Louis David, Ritratto di Madame Récamier, 1800 circa. Olio su tela, 174x244 cm. Parigi, Museo del Louvre
Una nuova critica d'arte
Contemporaneamente a un vistoso allargamento del pubblico degli amatori e degli appassionati d'arte, si andò sviluppando una critica d'arte impersonata, al livello più alto, da Charles Baudelaire, il quale iniziò la sua carriera letteraria proprio con gli articoli dedicati al Salon del 1845. Il poeta dei Fiori del male era un ammiratore entusiasta di Delacroix e appoggiava il lavoro dei "pittori della vita moderna" come Constantin Guys, ma sapeva anche riconoscere il valore di artisti tra loro assai diversi come Ingres e Daumier.
Neoclassicismo, Preromanticismo, Romanticismo
Secondo lo storico dell'ate Giulio Carlo Argan (1970) il Neoclassicismo "non è altro che una fase della concezione romantica dell'arte", in entrambe le correnti si avrebbe il prevalere di un "fattore ideologico, talora esplicitamente politico" in sostituzione del "principio metafisico della natura come rivelazione". E' talora ben difficile distinguere nella cultura europea il paesaggio della fase neoclassica a quella romantica, al concetto di Preromanticismo. La distinzione tra i due movimenti può avvenire su varie basi: tendenzialmente razionale il primo, passionale il secondo: adoratore dell'Antichità il Neoclassicismo, interessato al Medioevo cristiano il Romanticismo. Il superamento della tradizionale suddivisione di generi artistici e del sistema di regole convenzionale, un fatto di portata enorme che diede avvio alla grande pittura inglese, tedesca e francese (Turner e Constable, Runge e Friedrich, Delacroix e Damier).L'importanza della soggettività dell'artista non ne implicò al contrario la funzione dell'artista nella società s accrebbe.Un pittore neoclassico come David si fece interprete di valori emergenti, collaborando fattivamente con l'opera dipinta e con l'organizzazione delle feste repubblicane, all'affermazione degli ideali rivoluzionari. Negli anni dopo la restaurazione, i pittori e gli scultori assecondarono il dibattito teorico con un impegno costante e sincero, per quanto con qualche inevitabile caduta a seguito di sommovimenti della storia (si pensi a Delacroix per la Francia, ad Hayez per l'Italia).Questa partecipazione agli eventi, anche drammatici ed esaltanti, propri di tempi particolarmente inclini al cambiamento, convisse in alcune figure con la ricerca di una dimensione più intima e raccolta, come nel tedesco Friedrich, interessato a scrutare oltre il visibile e i limiti terreni, con una tensione verso l'infinito che è un altro dei punti cardine del Romanticismo.Nel suo dipinto le bianche scogliere di Rügen, i motivi naturalistici sono considerati, come nel costo della sua opera, geroglifici di una rivelazione divina, le figure viste di spalle, alludono alla vastità degli spazi che si aprono davanti all'uomo.In quest'opera il pittore ha raffigurato anche se stesso che, in ginocchio, si sporge oltre l'orlo dell'abisso, in grado di misurare con lo sguardo profondità che noi possiamo solo intuire.
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Joseph M. William Turner, Tempesta di neve. Battello a vapore al largo di Harbour'sMouth, 1842. Olio su tela, 91,5x122 cm. Londra, Tate Gallery
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Caspar David Friedrich, Le bianche scogliere di Rügen, 1818 circa. Olio su tela, 9,5x71 cm. Winterthur, Fondazione Oskar Reinhard.
L'arte si accosta al reale
Secondo il critico Francesco Arcangeli, la pratica romantica è già in nuce in certa pittura del Settecento, dove si colgono "i prodromi d'un paziente, penetrante accostamento al reale". Già il filosofo G.W.F. Hegel riconosceva un principio fondamentale dell'estetica romantica: "La maniera dell'effettiva rappresentazione non oltrepassa essenzialmente la realtà comune vera e propria e in nessun modo ha paura di accogliere in sé questa esistenza reale nella sua manchevolezza e determinatezza finita".Il concetto di sublime: l'essenza del movimento romantico consiste proprio in un'attenzione più disincantata alla realtà, come mostrano per citare esempi italiani, l'opera manzoniana (i Promessi Sposi a ragione sono stati definiti il "romanzo senza idillio"), e tanta pittura, da Hayez al Piccio.Su queste basi si innestò in Francia dove, a partire già dagli anni Quaranta, il Positivismo, i cui effetti ricaddero su tutte le arti (il Naturalismo, il Verismo in letteratura, il Realismo alle arti figurative). Un dipinto come Les demoiselles des bords de la Seine (1856) di Gustave Courbet esemplifica bene, in maniera quasi brutale (le donne sdraiate sulla riva del fiume sono due prostitute), la volontà di prendere le distanze da esiti accademici e idealistici. I fatti nuovi erano la diffusione della Rivoluzione industriale, le grandi scoperte scientifiche, e l'aumento del benessere, la nascita della civiltà metropolitana e la pacificazione dell'Europa. La vita va ritratta anche nella sua dimensione più quotidiana e banale, o vista, come nel caso degli Impressionisti, nei suoi termini più effimeri, in un momento determinato (quel dato momento, quella data ora). Venne completamente esclusa qualunque prospettiva che fosse metafisica o ideale o in qualche modo staccata dal "qui e ora". Certo il Realismo voleva dire anche percezione dei problemi, riconoscimento dei modi politici e sociali irrisolti (si pensi alla pittura di Courbet o al filone sociale di tanta pittura e scultura), ma prevaleva comunque un atteggiamento scientista, le credenze che dell'arte potesse arrivare un contributo per la soluzione dei problemi.Tale concezione, finì con l'essere considerata, tanto da determinare verso la fine del secolo la cosiddetta "reazione antipositivista", basata su tendenze irrazionali e spiritualistiche. Alla base c'erano la presa di distanza dalle pretese conoscitive fondate sulla ragione umana e l'idea che la complessità della realtà esiga ben altri strumenti di comprensione e di analisi, anche al di fuori della logica tradizionale.
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Gustave Courbet, Les Demoiselles des bords de la Seine. Estate. 1856. Olio su tela, 173x205 cm. Parigi, Musée du Petit-Palais.
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