#cura da mente
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souamorinfinito · 9 months ago
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O ego tem construído para ti uma casa depauperada que não te abriga, porque não
pode construir de outra forma. Não tentes fazer com que essa casa empobrecida fique de pé. A sua fraqueza é a tua força. Só Deus poderia fazer uma casa digna das Suas criações, que escolheram deixá-la vazia por desapropriarem a si mesmos. Apesar disso, a Sua casa ficará de pé para sempre e está pronta para ti quando escolheres entrar. Disso tu podes estar totalmente certo. Deus é tão incapaz de criar o perecível quanto o ego de fazer o eterno.
Um Curso em Milagres.
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blogpopular · 9 days ago
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Mudras para Rejuvenescimento e Vitalidade: Descubra os Segredos dos Gestos de Mãos Energizantes
O uso de mudras, gestos específicos com as mãos, é uma prática antiga que se originou no contexto do yoga e do Ayurveda, e tem sido cada vez mais reconhecida pelos seus efeitos no rejuvenescimento e na vitalidade do corpo e da mente. Neste artigo, vamos explorar os mudras para rejuvenescimento e vitalidade, explicando como esses gestos podem ajudar a restaurar a energia, equilibrar as emoções e…
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energiavivaterapiaquantica · 2 months ago
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ideeperscrittori · 4 months ago
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HO UN LINFOMA E FARÒ DEL MIO PEGGIO
Fra un mese compio 51 anni e pochi giorni fa ho scoperto di avere un Linfoma Non Hodgkin. È una patologia abbastanza aggressiva ma è stata presa in tempo. Ed è ben curabile, perché la scienza sta facendo passi da gigante nella cura dei linfomi.
Vivo a pochi passi di distanza da un ospedale all'avanguardia che mi ha preso in carico. Sotto molti aspetti, sono davvero fortunato e privilegiato rispetto a molte persone.
Quale sarà il mio atteggiamento di fronte alla malattia? Mi conosco bene e posso prevederlo, perché c'è una parola che lo definisce con precisione. È una parola significativa, addirittura emblematica, che riguarda il mio tasso di maschitudine alfa. Come potete intuire, non mi riferisco a "guerriero", quindi le metafore belliche possiamo tranquillamente metterle da parte.
La parola misteriosa è "mammoletta". Sì, sarò una mammoletta. Questo vuol dire che non vi darò lezioni filosofiche. Non diventerò un maestro di vita pronto a snocciolare grandi verità come "quello che non ci uccide ci rende più forti", "le sofferenze fanno parte dell'esistenza", "l'importante è apprezzare le piccole cose".
Sarò una mammoletta perché lo sono sempre stato, per esempio quando ho scoperto di avere una massa all'inguine. Era un rigonfiamento, duro come un sasso, grande come una pallina oblunga. La mia reazione? Due settimane senza far nulla. Mi sono detto: "Magari passa. Vuoi vedere che fra qualche giorno non ci sarà più? Non ho voglia di affrontare visite ed esami per un falso allarme. Odio gli ospedali".
Questo mio atteggiamento nasce anche da un'idea completamente sbagliata e irrazionale: la paura che gli esami possano creare malattie dal nulla. In pratica una zona oscura del mio cervello ragiona (si fa per dire) più o meno così: sei perfettamente sano, fai l'esame e ti trovano qualcosa. Lo so, non c'è niente di logico in questa convinzione, ma la mia mente non è mai stata fatta di pura logica.
Per quasi due settimane ho cercato di non pensarci anche perché ero in preda all'imbarazzo. Tra tutti i posti, proprio all'inguine doveva capitarmi? Ma la massa non ha dato cenni di sparizione e alla fine mi sono attivato.
Ho riscritto cinquanta volte il messaggio su WhatsApp prima di inviarlo alla mia dottoressa per fissare una visita, perché ogni volta il testo mi sembrava una molestia sessuale: "Buona sera, dottoressa, ho questa massa dura all'inguine e vorrei chiederle un appuntamento per mostrargliela". "Buona sera, dottoressa, ho un rigonfiamento...". Dopo un numero incalcolabile di tentativi, ho trovato le parole giuste e ho scritto un messaggio asettico, inequivocabilmente sanitario, con un perfetto stile burocratico ospedaliero.
Sono stato una mammoletta nei tre mesi e mezzo necessari per giungere alla diagnosi.
Sono stato una mammoletta nel giorno della TAC con mezzo di contrasto. Quella mattina sono giunto all'ospedale in autobus, dopo una notte insonne. Alla fermata ho controllato la cartella che conteneva i documenti. C'erano referti di ecografie, pareri medici e soprattutto l'impegnativa da presentare per svolgere l'esame. Ho controllato perché sono una persona molto precisa, di quelle che tornano indietro mille volte per verificare di aver chiuso il gas. "Non manca nulla", mi sono detto. Ho rimesso i documenti nella borsa. Ho raccolto le forze, mi sono alzato dalla panchina e ho raggiunto l'accettazione dell'ospedale. Senza la borsa. Vi lascio immaginare questa sequenza di eventi: imprecazione, insulti molto pesanti rivolti contro me stesso, corsa a perdifiato verso la fermata. La borsa era ancora lì. Nessuno me l'aveva fregata.
Per fortuna scelgo solo borse brutte.
Sono stato una mammoletta in occasione della PET, che ha rispettato un copione simile a quello della TAC. Venivo da una notte insonne e non ero in grado di comprendere istruzioni elementari, perché la mia intelligenza svanisce quando affronto esami medici. Mi chiedevano di porgere il braccio sinistro e porgevo il destro. Mi chiedevano il nome e recitavo il codice fiscale.
Sono stato una mammoletta quando mi hanno comunicato il risultato della biopsia. Per un considerevole lasso di tempo non ci ho capito nulla. La mia coscienza era come una trasmittente che passava una musica di pianoforte triste sentita mille volte in TV: quella che certi telegiornali usano per le notizie strappalacrime.
Ora guardo al futuro e la mia ambizione non ha limiti: raggiungerò nuove vette nel campo del mammolettismo. So di essere fortunato per molti motivi: l'ematologo, un tipo simpatico, mi ha rassicurato. Le terapie esistono e sono molto efficaci.
Ma mi lamenterò tantissimo, perché non voglio correre il rischio di essere considerato una persona ammirevole da qualcuno. Non lo ero, non lo sono e non lo sarò mai. Rivendico il diritto di essere fragile e fifone. Lasciatemi libero di essere una mammoletta. Per citare un motto di Anarchik, il mio piano è questo: farò del mio peggio.
[L'Ideota]
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angelap3 · 2 months ago
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👵 Scritto da una 90enne!! ❤️ 🤙
41 lezioni che la vita mi ha insegnato 💖
Dovremmo leggerle almeno una volta a settimana! Assicurati di leggere fino alla fine! Scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio.
Per celebrare l'invecchiamento, una volta ho scritto le 41 lezioni che la vita mi ha insegnato. È la colonna più richiesta che abbia mai scritto. Il mio contachilometri è arrivato a 90 ad agosto, quindi ecco di nuovo la colonna:
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando sei in dubbio, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve – goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sarai malato. I tuoi amici e la tua famiglia lo faranno.
5. Paga le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più curativo che piangere da soli.
8. Risparmia per la pensione a partire dal tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, resistere è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il presente.
11. È OK lasciare che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di quale sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti esserci dentro.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di tutto ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in molti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Ma dipende tutto da te e da nessun altro.
18. Quando si tratta di inseguire ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola belle, indossa la lingerie elegante. Non riservarlo per un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati in modo eccessivo, poi lascia scorrere le cose.
21. Sii eccentrico adesso. Non aspettare la vecchiaia per indossare il viola. 💖
22. L'organo se*suale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità tranne te.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, avrà importanza?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Dai tempo al tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non fare il revisore della vita. Presentati e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell'alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli hanno solo un'infanzia.
35. Tutto ciò che conta davvero alla fine è che tu abbia amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque. (Adoro questa)
37. Se tutti buttassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è una perdita di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò di cui hai bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire...
40. Non importa come ti senti, alzati, vestiti e presentati.
41. La vita non è legata con un fiocco, ma è comunque un dono.
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minhasnuances · 9 months ago
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Aprender a me amar foi um dos meus maiores desafios e por mais que, às vezes, quero fugir de dentro da minha mente, na maioria das tormentas, é comigo que encontro o maior acolhimento, porque só eu sei o que sinto e preciso naquele momento e entender e conseguir fazer isso por mim, está sendo libertador. Ter pessoas ao meu lado é, sim, essencial, mas me ter, sem dúvidas, é a maior dádiva. Eu encarei e encaro inúmeros medos, mesmo com medo e o processo não é linear, muito menos feliz, dói muito ainda, mas sinto que é uma dor necessária para a cura e evolução.
@cartasparaseufuturo
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cartasparaviolet · 6 months ago
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Não sou problema, sou poema mal compreendido. As letras que escrevo são maus presságios aos desavisados. Sugiro. Expanda a mente para compreender o que eu digo. Sofro em silêncio para não incomodar os já aflitos. Andei em círculos, brincando de ciranda cirandinha. Ao retornar dos momentos de diversão na infância, a realidade caía sobre meus frágeis ombros e eu a temia. As fantasias são um lugar seguro para as almas em choque. A vida choca aqueles sensíveis de coração. Deparamo-nos a cada esquina com a falta de compaixão. Perdão, não tenho estrutura para isso. Sou apenas um poema mal compreendido. A sociedade segue seu ritmo frenético e doentio. Eu sigo na contramão do sistema, um ser arisco. As montanhas russas do cotidiano afetam-me mais do que deveria. Sigo como um fantasma nesse inferno aberto de seres vendados e mutilados. Vejo a contragosto o desgosto no olhar daqueles que eu amo. Sinto muito por não pertencer a nada deste velho mundo. Transito e perambulo como moribundo de mim, uma alma afim, quiçá, poderá me salvar. Oriunda do cosmo, sinto falta de meu lar nas estrelas, lá meu poema encantava e as dúvidas eram certezas de que o Amor é a cura para todos os males da existência. Não sou problema, sou poema mal compreendido, sinto pena, pois existo transcendendo as expectativas do reino das ruínas das prisões atuais. Coreografando a dança de um adeus ao velho eu. O problema, no fundo, nunca fui eu. Sou apenas um poema que ninguém reconheceu.
@cartasparaviolet
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smokingago · 8 months ago
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“Un giorno forse arriverà la notte delle notti dove magari non fai l’amore ma dormi solo insieme, a fumare previsioni di pace, con la testa sul suo seno, sereno. A capire che toccare una mente è assai più complicato che toccare un corpo, perché un corpo puoi stringerlo in un letto ma una mente no. Una mente va dove vuole. Quando resta, una mente, vuole darti tutto, vuole darsi davvero. Oltre presenze e assenze, oltre distanze e vicinanze, oltre quello che puoi dire o non dire, fare o non fare. È ubiquamente tua. Sa sorriderti più delle labbra, quando si accorge che non vuoi possederla ma prendertene cura. Ed è questo il miracolo profondo, il senso denso di un vero incontro. Questo l’apice di ogni corrispondenza d’anima. Questo il senso di appartenenza. Partire per restare. Viaggiare senza spostarsi ma andare dappertutto. Mantenersi sempre un po’ selvatici ma farsi attraversare oltre i limiti dei propri confini. E lasciarsi finalmente contaminare gli occhi da radici felici.”
Massimo Bisotti
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projetovelhopoema · 4 months ago
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Pisei nos cacos das minhas dores, me feri e percebi que as dores não eram externas e sim internas. A frustração invade meu ser. Revivo o meu caos, me corto e me vejo sangrar, sem ao menos sentir uma dor. Percebo que minha dor é interna e que talvez não exista cura para isso, talvez exista, talvez a solução esteja lá em minhas profundezas. E o que falta? Coragem? Me questiono. Sinto uma mistura de sentimentos que embaralham minha mente, que sempre causam um colapso, ainda que tente, não consigo fugir. Me questiono novamente, qual o sentido de reviver o que dói? Ao invés de simplesmente deixar ir e deixar cicatrizar? Assim como o dente-de-leão quando voa em direção ao vento. Insisto em dizer que sentimentos são complicados, a dor é algo que tende a nos massacrar dia após dia. Talvez exista um motivo, talvez não exista. Enfim, eu sou uma confusão, uma bagunça que tento arrumar e somente eu sou capaz de manter tudo em seu devido lugar.
— Carolina Alves em Relicário dos poetas.
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souamorinfinito · 10 months ago
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Não há necessidade de ajuda para entrares no Céu, pois nunca o deixaste. Mas há necessidade de ajuda além de ti mesmo, pois estás cercado de falsas crenças sobre a tua Identidade, que apenas Deus estabeleceu na realidade.
Um Curso em Milagres
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ilpianistasultetto · 9 months ago
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Questi giorni non si parla d'altro che di blocchi stradali degli agricoltori, bloccano strade perche' i guadagni sono ridotti al lumicino viste alcune normative europee, aumenti di carburante, di mangimi e anche la fine di esenzione IRPEF. Sono imbufaliti perche' i loro prodotti gli vengono pagati pochissimo e rivenduti a tantissimo. Eh, gli agricoltori.. Mi riviene in mente mia Zia Maria, sposata con quello che poi divenne mio zio Mario. Furono gli unici della parentela fino al terzo grado a rimanere su quelle colline ascolane a fare gli agricoltori. Trent'anni di agricoltura campando con i loro pochi prodotti, con qualche contributo annuale dello Stato, zero tasse e contributi previdenziali figurativi ovvero, non si pagavano contributi ma risultavano come pagati ai fini pensionistici, questo prevedevano ( e prevedono ancora) certe leggi proprio a tutela di chi rimaneva o entrava nel mondo dell'agricoltura. Poi, e' arrivato il momento della pensione ( a 60anni). Sui 900 euro lui e 900 lei. Poi e' arrivato il momento dell'invalidita' civile per mio zio Mario e dopo qualche anno anche per mia zia Maria, 400 euro cadauno. Perche' racconto tutto questo? Semplice! Due persone che per una vita intera non hanno mai versato una lira di tasse ma che hanno usufruito di sanita' per loro, scuole per i figli, di pensioni e da qualche anno di casa di cura. Insomma, sembra brutto quantificare ma direi una cifra importante. Sapete, di agricoltori come i miei zii ce ne sono migliaia di migliaia nel nostro Paese e tutti nelle loro stesse condizioni. Sono quelli che adesso bloccano le strade per lanciare il loro grido di dolore, pronti a marciare su Roma. Manifestano contro chi, nel bene e nel male li sostiene da 70anni e non un fiato contro chi gli impone i prezzi, contro i grossisti e la grande distribuzione, quelli che gli tengono il cappio intorno al collo. Gente che applaude e vota convintamente chi stravede per il libero mercato ma..non per loro, non per loro. Loro vogliono le massime tutele possibili, il libero mercato va bene per tutti gli altri. Inutile dire che sto dalla parte degli agricoltori ma solo di quelli consapevoli, non dei furbetti o degli sciocchi, quelli che protestano sbagliando bersaglio. Non si puo' battere le mani a chi racconta le bellezze del capitalismo e poi lagnarsi quando si viene chiamati a pagare il conto. Non ci si puo' spellare le mani a favore di chi butta miliardi e miliardi di euro per sostenere le guerre dei potenti prepotenti e poi, un domani, lagnarsi perche' si e' invasi dal grano ucraino. Non si puo' votare chi promette "mai patrimoniali' per i grandi capitali e poi lagnarsi che mancano gli aiuti all'agricoltura. Quella parte, per me, puo' andare tranquillamente a fanculo e mi resta difficile dare loro solidarieta'.
@ilpianistasultetto
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risposte-e-reblog-randagi · 22 days ago
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Lui mi ha lasciato e io impazzisco: hai la cura?
Innanzitutto, mi dispiace...
...ma la cura la ho, per banale che sembri, ed è il tempo: credimi, ci sarà un giorno, non so quando, in cui improvvisamente realizzerai che lui non è stato il tuo primo pensiero...e poi ci sarà un giorno in cui ti accorgerai che, da qualche giorno, lui non è nemmeno più un pensiero...e poi un giorno in cui nemmeno ti accorgerai di nulla che lo riguarda, in cui ti verrà in mente e con un sorriso ti dirai ''ma tu pensa'' e magari ti ricorderai le cose belle, oppure quelle che d'ora in poi non vorrai più sopportare, o un aneddoto buffo...
...capiterà così, davvero, come è capitato a milioni di altri noi, come magari è già capitato anche a te...tornerai a quel luogo da cui sei venuta, quello stato in cui eri prima di conoscerlo, ovvero quel mondo in cui lui non c'era e tu stavi bene.
Tempo.
Tempo, pazienza e coscienza nella sofferenza.
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quebraram · 7 months ago
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Aquela foi a pior sexta feira da minha vida, aquela manhã, aquele dia e todos os outros que vieram em seguida... Não há um dia em que eu deixe de lembrar daquela sensação, daquela dor, daquela tristeza. Eu ouvi o meu coração rachando e gritando dentro do meu peito e eu não podia fazer nada além de chorar e me perguntar o porquê. E eu ainda procuro as respostas, os motivos e principalmente, uma forma de fazer parar de doer, mas como é que se cura das feridas, como é que estanca a dor, se quem faz tudo melhorar não está mais aqui? Se não liga para como eu estou e como eu me sinto? Se ignora minha existência? Talvez a dor seja a única forma de me lembrar que estou vivo, mesmo tendo morrido por dentro. Mas talvez eu não quisesse mais me lembrar, só deixar de sentir dor e não sentir mais nada para sempre, eu só queria desligar de verdade a minha mente e o meu coração. Eu não aguento mais.
— O meu nome é solidão, D. Quebraram.
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estaticheparole · 3 months ago
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Vorrei essere altrove. Non avere in mente nessuno di cui prendermi cura per qualche giorno. Ascoltare i suoni di una città lontana. Assaggiare i sapori. Perdermi. Guardare la gente. Poter rallentare. Non essere schiava del tempo. Non avere nulla da “dover” fare. Comprare cose inutili ma che scaldano. Girare per un mercato e ascoltare le voci, scegliere frutta secca e una pashmina. Chiudere Google maps e andare a caso. Avere pace per sentire il mio corpo che si muove in quel tutto nuovo, centrato, vivo, nel presente.
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nominzn · 1 year ago
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Ela quer, Ela adora
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capítulo II eu sou poema e problema pra tua vida, sua metida
notas: como (quase) sempre, não tá revisado. espero que gostem mesmo assim! quero saber o q acharam, minhas dms estão abertas. masterlist
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J.S. é um dos únicos amigos de Junin no meio da arte, é difícil ser amigável entre tanta competição. Os dois esperam atrás do palco improvisado para a apresentação de hoje, você está do outro lado revirando os olhos sem paciência. 
Renjun pediu muito para que você não arrumasse barraco com ninguém desta vez, e tudo está indo bem apesar das meninas invejosas que já tentaram te provocar mil vezes. Elas sempre tentam dizer que Jun merece mais, ou algo parecido, uma pena (para elas) que você confia muito no seu taco. 
O motivo da sua impaciência é justamente J.S, ou Jisung. A cada vez que você consegue vê-lo cochichar com Junin seu sangue ferve. Amigo porra nenhuma. Aquele moleque é olho junto, falso, e claramente está doido para puxar o tapete do seu namorado, enchendo a cabeça dele sempre. Ele não é bobo, sabe que você não o suporta, por isso não deixa barato. 
— Ainda tá com aquela mina? — J.S. termina o quinto latão da noite, rindo com escárnio. Já havia sentido os seus olhares à distância, não perderia a oportunidade de implicar.
Se você não estivesse ao lado de Junin, seria muito mais fácil conseguir engambelar o rapper inocente. Toda tentativa é válida. 
Quando vê o mais velho assentir, nega com a cabeça, fingindo desapontamento. 
— Meus pêsames. — estala os lábios, a ironia no tom de voz incomoda Junin. — Essa daí parou teu trem mermo, hein, Junin? Que merda. 
— Se tu tem algum problema com ela, resolve comigo, irmão. 
— Tô de boa, tenho mais o que fazer. 
Ele, então, entra para apresentar o número que havia preparado. Ainda que talentoso, não se compara ao outro que vem depois. 
Assim que Renjun entra, o palco, a energia, os sorrisos… tudo muda. É como se tudo fosse inteiramente dele, e até mesmo no improviso, o público inventa uma forma de cantar junto e vibrar para prestigiar o artista cheio de intimidade com o próprio dom. 
Sob o olhar atento e um tanto recalcado de J.S, Junin conquista mais fãs e mais seguidores no instagram pelo seu carisma tão cativante. 
Assim que chegam em casa, pedem dois combos de hambúrguer, batata-frita e guaravita no Beto Lanches para matar a fome depois de horas na rua. Enquanto esperam o pedido chegar, conversam baixo no banheiro debaixo da água gelada limpando a pele dos dois. Perto das três manhã, exaustos, finalmente se deitam na cama de casal no quarto do rapper. A adrenalina ainda corre pelas veias do menino, por isso, mesmo com o cafuné relaxante que suas unhas deixam no couro cabeludo, ele ainda está mais acordado do que dormindo. 
— Tá sem sono? — indaga com a voz transbordando manha, se acomodando mais no corpo do namorado. 
— Um pouco. — ele diz, pensativo. — Posso te mostrar uma coisa? 
Morde os lábios ao te sentir balançar a cabeça positivamente. Ele se senta, pegando o celular com tanta pressa que te faz despertar levemente. 
— Que isso? — espia cheia de curiosidade o texto nas notas do celular. 
— Eu meio que escrevi uma música nova. 
Os seus olhos brilham de orgulho enquanto os dele passeiam pelo seu rosto em expectativa. 
— Me mostra agora, seu bobo! — deixa um tapa falso no antebraço que ainda envolve sua cintura. 
Ainda hesitante, ele levanta e pega o violão encostado no canto da parede e traz para o colo ainda que volta ao seu lado. Afina as cordas de ouvido mesmo e começa um dedilhado que noutro dia você o escutou tocar. Parecia distraído naquela tarde, perdido nos pensamentos, mas as notas já estavam adornando a ideia na mente criativa. 
O que que aconteceu?
Tudo mudou quando ela apareceu
Tentei escapar, mas a paixão pegou
Nossa vibe, nosso beijo combinou, amor
— Ah, não acredito… — você fala baixinho, rindo sem acreditar. Ele ri da sua reação envergonhada, porém continua mostrando. 
Você é minha cura
Jura que tu não vai me abandonar?
Me fazendo perder a postura de cria
Admito, não vou negar
Junin é o seu estresse diário, e ele sabe. Sabe ainda mais amolecer seu coração de ferro, usando da própria habilidade para desmontar todos os seus muros. 
Retira o instrumento dos braços do menino e o envolve com suas pernas, deixando um beijo apaixonado nos lábios de Junin, que te corresponde com vontade. A felicidade de você ter gostado da música que ele compôs transborda nos carinhos perigosos pelo seu corpo.
— Você é doido, vida. — sussurra entre o beijo. — É linda, eu amei muito.
— Gostou, é? — ele deixa outros selares pelo seu queixo e pescoço. — É isso que importa.
— E se você gravasse a música? Tipo num estúdio. — você sugere, trazendo o rosto dele do seu pescoço para a altura do seus olhos. 
— Ah, amor… deve ser caro. — a expressão que pinta a face de Junin é de desânimo. — Eu nunca parei pra pesquisar, mas… 
— Mas nada. Amanhã a gente vai ver isso. — ralha com firmeza. — A gente tenta, ué. 
Ele concorda ainda sem estar muito convencido, mas sua animação acaba criando um pouco de expectativa no coração acelerado de Renjun. No entanto, agora o que resta fazer é cair no sono com você nos braços, o verdadeiro tesouro dele. 
Ir trabalhar na manhã seguinte foi complicado. Levantar foi difícil não só por ter dormido pouco, mas também porque sair do abraço quentinho do namorado dengoso era a última coisa que queria fazer às sete da manhã de uma segunda-feira.
As horas estão arrastadas na recepção do Island Offices, o movimento está baixo hoje. Alguns cadastros aqui, outras validações de estacionamento aqui… nada demais. Logo, quando Renjun te liga, não hesita em atender. 
“Bom dia, metida.” 
Já são quase onze horas, que inveja de Junin. Mas, tadinho, ele acorda cedo todos os dias. Conseguiu acordar mais tarde hoje porque Nando liberou que ele começasse a rodar só pela tarde. 
— Bom dia, preguiçoso. Já tá indo trabalhar? 
“Fala isso não. Tô quase saindo de casa, amor. Escuta…” 
Alguma coisa está sendo remexida do outro lado da linha, e então há um barulho de portão. 
“Liguei pra um parceiro meu que conhece um cara com um estúdio por esses teus lados aí.” 
— Hm, e aí? — arregala os olhos, futucando os cantinhos das unhas, nervosa. 
“É caro pra um caralho! Não dá.” 
Revira os olhos, Renjun pode ser muito pão duro para si mesmo. 
— Caro quanto, Jun? — o jeito que pergunta já denuncia que duvida da informação. 
“100 conto por hora, amor.” 
Puta que… 
— Porra! — deixa escapar alto, tapando a boca assustada e olhando para os lados. — Mas calma, não é impossível. A gente vai dar um jeito, amor. 
“Tá bom, minha princesa.”
É óbvio que ele não está nem um pouco confiante. Ao desligar a ligação, você começa a calcular várias possibilidades. Junin está apertado com as prestações do fogão da mãe dele, mas seu cartão já está livre há algum tempo, te deixando mais folgada para economizar. 
O aniversário do namorado é em três meses, e não tinha pensado em nenhum presente ainda. Pronto, já decidiu. 
No quinto dia útil tudo está preparado. O dinheiro bate na conta e você guarda grande parte do que usaria para outras coisas no porquinho do banco, escolhendo a opção de retirada só na data certa para que rendesse um pouco mais.
Sorri para si mesma, a primeira parte do plano está cumprida este mês.
O próximo passo seria mais difícil, não deixar que ele desconfiasse de nada. Como você é e sempre foi extremamente vaidosa, não pode abrir mão de fazer a manutenção das suas garrinhas de acrigel. No entanto, o cronograma capilar no salão vai ter que esperar. 
O Sol de Bangu não tem pena de ninguém, você pensa ao segurar as sacolas pesadas da Monamie pelo calçadão lotado. Comprou vários cremes da Skala para seguir com os tratamentos que está acostumada de casa mesmo, seus fios agradecem. Ainda aproveita para passar no Guanabara para comprar uns lanches para não precisar gastar uma fortuna nas opções super caras da Barra nas próximas semanas. 
Assim você dá o seu jeitinho aqui e ali, sem nem fazer cosquinha no desconfiômetro do namorado inocente. Vira e mexe ele questiona os jantares que você mesma prepara para os dois em casa, ou até mesmo seu tempo livre nos horários que já eram de praxe você estar no salão da Jaque. As desculpas esfarrapadas funcionaram todas as vezes até a metade de Março, quando a própria dona do salão de beleza quase pôs tudo a perder. 
Vocês estavam andando pelas ruas movimentadas do largo, perto da igreja já, e ouviram um assobio altíssimo e um grito pelo seu nome. 
— Ô, mulher. Não fala mais com os outros não, é? — Jaque implica com a mão na cintura, mas um sorriso grande no rosto. Aperta seu corpo num abraço forte, deixando um beijo estalado na sua bochecha. — Poxa, me abandonou, hein? Tá fazendo promessa? Nunca te vi tanto tempo longe do meu cantinho. 
Você tenta disfarçar a cara desesperada com uma risada nervosa. 
— Ah, tia, sabe como é né? As dívidas do cartão… — finge um tom decepcionado. — Mas mês que vem eu volto lá pra gente voltar com os cuidados, tô precisando. — mexe nos cabelos hidratados demais para a mentira que contou. 
— Só acredito vendo. — ela diz, já girando o corpo para voltar para a mesa do bar em que estava. — Manda um beijo pra vovó e pra mamãe, fala pra elas que eu tô esperando elas lá também. Beijo, minha flor. 
Nem dá tempo de se despedir direito, porque Jaque volta apressada para a brahma que está esquentando. 
— Por que tu não vai mais lá? — fofoqueiro que só, Junin pergunta. 
— Eu quis testar um creme que ela não tinha, aí comprei e comecei a fazer em casa. — a desculpa ensaiada na mente cai como uma luva. 
— Mas tu sempre levava os cremes pra lá… — ele desconfia, sua mão suando frio também não ajuda. 
— É, mas também tava enjoada da Sheila… Ela vivia, é… Perguntando da tua vida, aí eu dei um tempo. — procura algum tópico para mudar de assunto. — Nossa, olha, a barraquinha de churrasco não tá aqui. Será que fechou? 
Junin já tinha te falado sobre a tal barraca ter falido umas quatro vezes, então ele repete a informação te zoando por não se lembrar, permitindo que o assunto anterior fosse embora. Você respira aliviada, fazendo a sonsa ao rir de si mesma após jurar de pé junto que o namorado nunca havia mencionado nada. 
Um fato sobre você é que quando você encasqueta com algo, é raro que não se concretize. Portanto, com sucesso juntou a quantia necessária para que Jun pudesse não só gravar a música, como também registrar logo os direitos. No dia 23, um sábado, você pedala na direção da casa do namorado com o estômago revirando de ansiedade. 
Ele te recebe com o carinho de sempre, o cabelo molhado e cheio de xampú te deixam saber que ele correu para abrir o portão para que você entrasse. Você encosta a bike na varanda, rindo do garoto que dispara de volta ao banheiro para acabar o banho. 
Caminha pelos cômodos rumo ao quarto bagunçado, sentando na cama ainda sentindo o nervoso na barriga. Observa enquanto Jun termina de se arrumar, a bermuda de tactel que escolhida não combina nada com a camisa do Vasco que ele passa pelo pescoço após pentear o cabelo de qualquer jeito. O perfume não pode faltar, tem que ficar cheiroso. 
Finalmente se vira para você com um sorriso tímido no rosto. Por incrível que pareça, não gosta de ser o centro das atenções na ocasião. Ele se joga ao seu lado, te trazendo para um abraço apertado. A pele geladinha na sua é como um oásis, e você aproveita para sussurrar os desejos mais lindos sobre a vida dele. 
— Te amo, meu amor. — Renjun responde, te apertando ainda mais. 
Levantam para se sentarem um de frente para o outro, a hora chegou. 
— Eu tenho um presente. — anuncia, então o sorriso dele aumenta. — Fecha o olho. 
Atendendo ao seu pedido, ele também abre as mãos. Você corre para retirar o dinheiro do porquinho e fazer o pix para a conta dele. Para facilitar, caça o celular de Jun que vibra há alguns centímetros dele e põe nas mãos estendidas. 
Ao abrir os olhos, fita o próprio telefone e ri, confuso. 
— Olha as notificações. 
Transferência de R$1000,00 recebida.
— O que é isso? — o garoto quase engasga ao notar o valor. Pisca várias vezes, com medo de estar vendo tudo errado. 
— É pra você gravar e registrar a sua música. — confessa com timidez. 
Será que ele vai odiar? 
— Meu amor… 
Ele deixa o aparelho na cômoda ao lado da cama, olhando para você com os olhos cheios de lágrimas. 
— Ei, não chora.
Renjun te puxa para o colo dele novamente, apertando os corpos com mais força que podia. Ele nunca sentiu por ninguém o que sente por você, e dia após dia você consegue mostrar para ele o motivo disso. Você é o amor dele por inúmeras razões, mas a primeira delas é por ser tão você, tão companheira, tão maravilhosa. 
— Não tem nem o que falar. Você… — as mãos calejadas do rapper passeiam pelos seus braços e pernas com devoção. 
— Então me mostra. — não era para ser sério, mas quando Jun te olha, as faíscas são inevitáveis. 
Bem devagar, deposita beijos nos seus ombros nus e avança pelo pescoço, pela mandíbula. As besteiras que fala ao pé do seu ouvido te arrepiam exatamente do jeito que só ele sabe como fazer. Quando conecta os lábios nos seus, suas digitais se perdem pela nuca e pelas costas firmes num carinho sedento. 
Você tira as peças recém colocadas do corpo do namorado com vontade de explorar os caminhos que já conhece como a palma de sua mão. Ao mesmo tempo, Junin insiste em venerar cada pedaço seu. 
Cada movimento parece ensaiado de tão perfeito, de tão encaixado. É como se, já sabendo tudo sobre o outro, ainda fossem capazes de se surpreenderem nesse fluxo delicioso. 
Satisfeito e ofegante, ele descansa o corpo no seu. A eletricidade ainda percorre pela sua pele quente. 
— Que presente, puta merda. — Junin provoca de propósito, já prevendo o tapa brincalhão que receberia em troca. 
— Você não vale nada. — repreende, mas não deixa de rir da piada idiota. 
Desde então, o mundo parece ter virado de cabeça para baixo. Tudo acontece rápido demais. 
Assim que a música ficou pronta, um movimento enorme de divulgação se deu. A família, os amigos, os rivais, os passageiros (pela insistência de Nando) e todo o pessoal de Bangu postaram nos stories, nos status, nos grupos… Além de, sem que fosse pedido, marcarem grandes nomes do ramo nos posts de Junin. Os perfis das batalhas mais famosas também postaram pelo menos uma vez por dia. 
O menino não poderia estar mais feliz, nem você menos orgulhosa. Os números aumentavam consideravelmente: seguidores, streams, views. Tudo. 
— JUN, MEU DEUS! — você exclama ao atualizar o aplicativo. — Você bateu meio milhão de visualizações no TikTok! 
Entretanto, ele não dá um pio. Está estatelado no sofá, olhando para o telefone com uma cara de horror. 
— Amor, o que houve? — agacha perto dele, preocupada. — Garoto, não me mata de susto! O que aconteceu? — por fim, desvia o olhar da tela e te encara, apenas virando o telefone para você. 
No chat do instagram, você tapa a boca com as mãos ao ler salvemalak. 
Malak ☁️: E aí, mano, tudo bem? Quero te parabenizar pelo sucesso com Minha Cura. Também queria checar sua disponibilidade para fazer uma visita a um dos meus espaços no Rio de Janeiro. Quem me mostrou seu som foi o Xamã, e ele tá maluco por um feat. Bora?
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stellesawyr · 9 months ago
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STARTER ABERTO
Estelle havia virado o dia acordada trabalhando no estoque de poções que tinha, usando tudo o que tinha para produzir e encantar coisas que achava que seriam úteis no dia seguinte; a forma em que o menino "se apresentou" na madrugada repetia em sua mente e fazia com que algo estranho voltasse a borbulhar dentro de si, o medo e ansiedade de não saber como seria o dia seguinte fazia com que se obrigasse a trabalhar para que não chegasse a beira da insanidade novamente.
Na base de uma poção para recuperar sua energia e alguns doces, Elle saiu pelo acampamento distribuindo algumas das poções que achava útil aos campistas; algumas poções de força para quem estava reconstruindo seus chalés, poções de energia para aqueles que como ela haviam virado a noite e até poções de cura para ajudar as pessoas que haviam se machucado um pouco durante o evento. Assim que viu MUSE foi logo tirando uma poção que ajudasse com seu semblante cansado da bolsa que carregava, sussurrando algumas palavras para a encantar antes de entregar nas mãos alheias "posso te ajudar em algo mais?" pergunta com a voz rouca, um pouco de uma bagunça ela mesma.
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