#cultura dell’ulivo
Explore tagged Tumblr posts
Text
Pieve Ligure di Maura Mantellino: un racconto che celebra tradizioni e paesaggi liguri
Un viaggio attraverso il tempo e la bellezza del borgo ligure narrato da Maura Mantellino
Un viaggio attraverso il tempo e la bellezza del borgo ligure narrato da Maura Mantellino. “Pieve Ligure” è un racconto di Maura Mantellino che ci trasporta in un piccolo borgo ligure situato tra mare e collina, con una narrazione che intreccia storia, tradizioni e paesaggi incantevoli. Attraverso una prosa delicata e descrittiva, l’autrice ci conduce alla scoperta di una comunità radicata nelle…
#agricoltura tradizionale#Alessandria today#Borghi italiani#borghi liguri#chiesetta Santa Croce#cultura dell’ulivo#Cultura italiana#Google News#Identità locale#italianewsmedia.com#Liguria cultura locale#Liguria paesaggi#Liguria terrazzamenti#luoghi storici Liguria#Maura Mantellino#muretti a secco#narrativa di paesaggio#narrativa di tradizione#narrativa italiana#Narrativa storica#natura Liguria#paesaggi Liguri#paesaggi mediterranei#Patrimonio culturale italiano#Pier Carlo Lava#Pieve Ligure racconto#pievesi tradizioni#Racconti di viaggio#racconto identità culturale.#racconto Maura Mantellino
0 notes
Link
0 notes
Quote
Sulla tanto citata lettera di Indro Montanelli dove parla della sua giovane sposa bambina africana dico due cose: fu pubblicata sul Corriere della Sera venti anni fa, quando Montanelli era diventato un eroe della sinistra perché antiberlusconiano e dichiarato elettore dell’Ulivo. Motivo per cui nessuno ebbe niente da ridire. Piuttosto invece di prendersela con una statua sarebbe più sensato prendersela con quei paesi che tutt’oggi praticano l’infibulazione e sposano e stuprano milioni di bambine. Ah già, ma lì subentra il rispetto per le culture. Per cui chi imbratta la statua oggi è come Montanelli negli anni Trenta: potremmo dire che Indro aveva rispettato la cultura del posto (mica l’aveva infibulata lui), in fondo era un multiculturalista come tanti oggi. Come tutte quelle donne, intellettuali, giornaliste, scrittrici, che si mettono il velo per incontrare una donna islamica. O che applaudono a una ragazza sequestrata che una volta liberata decide di chiamarsi Aisha. Si rispettano le culture, ci mancherebbe. E poi ci si sente meglio buttando della vernice su un pezzo di bronzo.
Massimiliano Parente
11 notes
·
View notes
Text
Perchè è importante adottare un ulivo abbandonato
Negli ultimi Decenni 4 milioni di ulivi sono stati abbandonati in Toscana. L’ulivo rappresenta una cultura millenaria occidentale ed è un simbolo dei paesaggi di campagna della Toscana.
Questo albero ricopre un ruolo molto importante per il pianeta, il territorio ed il paesaggio:
- Un campo di ulivi assorbe più CO2 di un bosco e può aiutarci a mitigare il riscaldamento climatico.
- Gestire bene un uliveto aiuta significativamente ad evitare il rischio idrogeologico grazie alla regolazione delle acque piovane superficiali.
- Creazione di paesaggi bellissimi ed essere la casa della fauna locale.
Perchèdovremmoregalareunulivo
Puoi regalare un ulivo alle persone a te più care e fare un regalo speciale Green per le seguenti ragioni:
- Mostrare a qualcuno l’importanza che lui/lei ha per te
- È un regalo per duraturo che rappresenta pace, forza ed intelligenza.
- Vieni a visitare il tuo ulivo in Toscana con la tua famiglia e partecipa al PicNic annuale sotto il tuo ulibo
Il rapido sviluppo industriale Mondiale sta facendo danni all’ambiente ed al Clima di tutto il pianeta e l’Italia non fa eccezione. Negli anni recenti, l’impatto del cambiamento climatico può essere notato anche in questo paese. La Start-up Ager Oliva è arrivata con una soluzione innovativa ed intelligente per conservare la natura e la cultura millenaria.
Questo progetto innovativo permette alle persone di adottare o regalare un ulivo abbandonato in Toscana. Puoi apportare molti cambiamenti significativi con il tuo piccolo contributo a questo progetto. Impariamo come il tuo prezioso contributo salverà la cultura millenaria.
Ø Benefici di salvare un ulivi, adottanto un pezzo della Toscana
- Il tuo contributo a questo progetto ambientale salverà una vita di un ulivo
- Puoi salvare la biodiversità
- Il tuo contributo a questo progetto porterà una conservazione rispettosa dell’ambiente, 100% biologica.
- L’economia locale ne beneficia in maniera diretta di ogni prezioso contributo a questo progetto ambientale.
Ø Salvare un ulivo abbandonato
Sebbene gli ulivi abbiano sempre giocato un ruolo cultura significante nella società italiana e mediterranea, recentemente questo settore sta affrontando una forte crisi. Il tuo contributo a questo progetto aumenterà la consapevolezza tra le persone. Di conseguenza, sempre più persone ed aziende si faranno avanti per salvare più ulivi.
Ø ITA Conservazioneambientale
Il ruolo dell’ulivo non è solo quello di produrre ulive, ma assorba anche anidride carbonica dall’aria e ci rende in cambio ossigeno. Un campo di ulivi assorbe più CO2 di un bosco in Italia. Per questa ragione, puoi ridurre la tua impronta di carbonio contribuendo allo sviluppo di questo progetto. Questo progetto salva ulivi può insegnare al Mondo come la Toscana può combinare la produzione di prodotti alimentari di alta qualità con la mitigazione del riscaldamento globale.
Un’altra cosa incredibile è che gli ulivi con le loro radici prevengono l’erosione del suolo. Per questa ragione, con il tuo prezioso aiuto, puoi apportare un beneficio ambientale plurimo. Questo progetto per la salvaguardia degli ulivi è a lungo termine e porterà molti benefici alle nostre future generazioni.
Ø ITA Supportare l’economia locale
Anche in questa era moderna, crescere e raccogliere frutti deve essere un business profittevole. Raccogliere olive dagli alberi è un processo impegnativo e può creare migliaia di opportunità locali di lavoro. Ogni ulivo adottato in questo progetto porterà un sorriso sul viso di lavoratori locali.
Adotta un albero è un progetto Nobile che aiuta la società in molti modi. Salvare 4 milioni di ulivi abbandonati è un progetto ambizioso e ha bisogno dell’aiuto di molte persone ed aziende per lasciare un grande impatto nel settore agricolo. In meno di 6 mesi più di 10 persone sono state coinvolte in questo progetto and molte altre lo saranno nei prossimi anni. Questo progetto non salva solo ulivi, ma aiuta anche la comunità locale in Toscana, Italia. Grazie a questi alberi, l’ambiente migliorerà molto nel futuro. Dando il tuo contributo a questo progetto ambientale, stai migliorando il futuro del Pianeta.
0 notes
Photo
Nuovo post su https://is.gd/bIgUw6
Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri (V)
di Cristina Manzo
5) Michael Binder arrivò nel sud del Salento chiamato da Helmut Dirnaichner, altro artista della Baviera che, nel 1979 insieme alla moglie, aveva conosciuto il Salento ed era stato “subito amore”. Alla fine si conoscevano un po’ tutti, ed era come se una parte della Baviera fosse rifiorita in quel luogo magico alla fine della terra. Michael, dopo molto girovagare, compresa un’esperienza deludente in Grecia, quindi, si trasferisce. Del Salento ama l’odore che si innalza nella campagna quando i contadini bruciano per mesi le foglie dell’ulivo: – “È un profumo inebriante, come l’incenso nelle chiese” – dice. Ne ama gli spazi di solitudine, lo scorrere del tempo tra le incombenze dei lavori agricoli, nell’alternarsi delle stagioni, il senso assoluto di libertà; gli piace quella vita povera e semplice che parla al cuore senza grandi filosofie: del lavoro, della terra, del cibo, del vino, degli animali, dei raccolti, dell’aiuto reciproco che le persone si danno senza tanti perché. Si ritrova in perfetto agio, immedesimato nel ruolo di massaro, vivendo come più gli piace e dialogando con la campagna, si sente felice e soddisfatto a cuocere pane e verdure, tutto made in home e trova che in questo sia il senso della vita, nella cultura delle piccole cose. L’unica concessione che si è fatta è stata quella di una piccola stanza da bagno con una vasca, annessa a quella che oggi è una stanza per gli ospiti ma, che in origine, era un ricovero per le capre. Sul muro sopra la vasca ha graffito e affrescato una figura di donna che sembra un modello di pittura romana, come la nuotatrice di Ercolano o il tuffatore di Paestum.
Dipinto nella stanza da bagno della casa di Michael Binder, Salve[1].
Fuori a fare ombra sulla casa, il grande albero di noce sotto al quale l’estate si fa salotto, e intorno eucalipti, albicocchi, ulivi e la vigna dal quale è fierissimo di ricavare vino rosso e rosato per sé e per gli amici. L’artista tenta anche di imbrigliare intorno alla casa la natura prorompente nelle reti e nei cartoni disposti tra i filari della vite, nel tentativo, inutile, di impedire all’erbaccia di crescere, ma il verde rigoglioso e indomabile invade la sua terra in ogni dove; fichi e campanule si intrecciano in un abbraccio inestricabile.
Appesa al muro, nell’abitazione vi è la locandina di una sua mostra personale a Brema, dal titolo “Menshen und katzen”, (uomini e gatti). E, dei gatti, l’artista possiede il senso di libertà, l’orgoglio, l’autonomia duramente conquistata.
Locandina della mostra di Michael Binder, e in basso il giardino della sua casa, nelle campagne di Salve[2].
Il pittore sembra il pifferaio magico delle favole, con al seguito tredici gatti, mentre traffica nella campagna. Curioso è lo scenario che si presenta agli occhi quando si appresta a dar loro da mangiare e gli corrono incontro da ogni dove. Non è un caso questa folta compagnia felina che lo circonda, ed essi prendono la forma anche dei suoi dipinti, di cui spesso sono protagonisti, fino all’identificazione in “un autoritratto come gatto”.
“Un autoritratto come gatto”, di Michael Binder, nella sua casa di Salve[3]
Ma, se all’esterno dell’abitazione sembra che il dominio appartenga alla natura, in casa regna l’ordine, ci sono troppe, tante cose, tuttavia ogni cosa è messa in un certo qual modo al suo posto. E la stessa cosa è nel suo studio, un capanno in mezzo alla vigna: qui i pennelli sono nei loro contenitori, i colori nei barattoli, i dipinti e i disegni occupano un ordinato posto sulle superfici, l’artista ha a suo modo organizzato e sistemato ogni cosa. Sul cavalletto vi è una tela appena finita, su uno sgabello una composizione, le sue opere raffigurano le stagioni che si susseguono in quella vita rupestre e tranquilla ma, accanto a queste vi sono anche opere astratte, dal carattere più allusivo, dove entrano in gioco sottili componenti emotive e psicologiche. C’è negli oli, un tratto sicuro e sintetico, un cromatismo pacato intriso di luce. Quella di Michael è una pittura stringata, secca, assomiglia all’uomo, ha il suo pudore[4]. Quella di Michael è, come quella di tanti altri artisti di cui abbiamo raccolto le storie, una narrazione poetica attraverso forme e colori di una terra che ispira da sempre le muse e i poeti, che fa sentire a casa, che invade di serenità l’anima. Una terra generosa, senza confini, come solo il Salento può essere. Abbiamo visto cinque diverse storie, di gente straniera arrivata da lontano per caso o per scommessa, alla ricerca di un posto da amare e che li amasse, di una terra, meglio ancora di un luogo, che lasciasse loro spazio per esprimere appieno la loro arte e la loro creatività. E, non persone qualunque ma, gente di grande cultura e talento. Tutti sono rimasti stregati dalla magia del mare e della campagna, dal modo che si prospettava loro di poter condurre una vita semplice, fuori dagli schemi e, dalla libertà che vi hanno trovato. Essi hanno arricchito notevolmente la memoria del Salento e la sua visione, rendendolo noto in tutto il mondo, con il loro personale contributo.
Michael Binder nel suo capanno di pittura, in agro di Salve[5]
Ovviamente, ce ne sarebbero a migliaia di queste storie da raccontare, tutte uniche e interessanti nella loro diversità, ci si potrebbe scrivere un’enciclopedia. Tuttavia, grazie a Carlo Stasi e, al suo profondo legame con il Salento, (nato a Berna, in Svizzera, nel 1960, da padre di Acquarica del Capo e madre di Salve), la provincia di Lecce è la prima ad avere un dizionario bio-bibliografico, una voluminosa opera in due tomi, “Dizionario Enciclopedico Dei Salentini” (Vol. I, A-L; Vol. II, M-Z, Edizioni Grifo, Lecce, 2018, prefazione di Alessandro Laporta, Università del Salento), che illustra a largo raggio il panorama del patrimonio storico-culturale salentino in un quadro sincronico, ma anche diacronico: l’antico con le sue radici storiche unito all’attualità del contemporaneo con i suoi diversificati e multiformi aspetti e le sue molteplici espressioni. Nella raccolta di dati enciclopedici, l’autore non prende in considerazione solo personaggi insigni del passato, ma dà spazio anche a contemporanei che si sono distinti per il loro contributo creativo nei diversi campi del sapere, dell’etica, per l’impegno sociale, per le competenze specifiche storico-culturali: dalla politica all’imprenditoria, dalla moda alle invenzioni, dalle medaglie ai riconoscimenti poetici , canori e sportivi. Un’indagine che va oltre il mondo della letteratura e delle arti e delle scienze, spaziando negli ambiti più svariati, al fine di illustrare “tutto quanto sia notabile o notevole”. Sfilano in questo modo personaggi illustri dell’antichità, dell’età moderna e contemporanea accanto a chi si è imposto all’attenzione sociale nei cento comuni della provincia, non solo autori leccesi di nascita, ma tutti quelli che hanno operato ed operano nel Salento, valorizzandone il patrimonio culturale, il contesto ambientale e artistico: “personalità “forestiere” che ci hanno aiutato a conoscere e riconoscere la nostra terra, a guardarla con occhi diversi”, scrive Stasi nella premessa[6]».
Santa Maria di Leuca, tramonto a Finibusterrae (foto Cristina Manzo)
Quando si giunge a capo Otranto, dove Jonio e Adriatico si incontrano, da un lato vi è il mare, dall’altro la macchia mediterranea, la sensazione è quella di essere arrivati alla fine del mondo. È ora che, chiudendo gli occhi dinanzi a questa visione di infinito, ci si può immaginare in tutti i posti e in nessuno.
« I pescatori del tratto di mare tra la Torre del Serpe e la Palascìa raccontano che in certe giornate, quando le nuvole in cielo sono gonfie di pioggia e il sole le illumina come fossero vele, sulla superficie dell’acqua si può scorgere un brillio: i riflessi dorati di qualcosa di simile a una tromba [8]» “Il viaggio è un cantiere in evoluzione e tu, viaggiatore che intraprendi questo cammino ricorda che non sei mai, “solo” in viaggio, per il gusto di viaggiare, ma che ti accingi a scoprire camminando il tuo sentiero nascosto, il senso del tuo “esplorare e sentire” di un luogo che darà pace alla tua anima migrante. Tornerai a casa con uno zaino più pesante di pensieri e di parole a cui potai attingere all’occorrenza, come da un pozzo per dissetarsi e, allora, ti sarà certo che il tuo viaggio è stata un’esperienza di cui il tuo cuore mai si scorderà.
(fine)
Note
[1] Verso Sud, 2008.
[2] Idem.
[3] Verso Sud, 2008
[4] Cfr. Verso Sud, 2008.
[5] Verso Sud, 2008.
[6] https://www.iltaccoditalia.info/2019/01/09/il-salento-leccese-di-tutti-i-tempi-nel-dizionario-enciclopedico-di-carlo-stasi/.
[7] Scatto personale.
[8] Roberto Cotroneo, E nemmeno un rimpianto, Mondadori, Milano, 2011.
Per la prima parte:
Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri
Per la seconda parte:
Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri (II)
Per la terza parte:
Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri (III)
Per la quarta parte:
Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri (IV)
0 notes
Text
Anticipazioni per "LINEA VERDE" del 1° dicembre alle 12.20 su RAI 1: Bari, tra olio e vino
Anticipazioni per “LINEA VERDE” del 1° dicembre alle 12.20 su RAI 1: Bari, tra olio e vino
Anticipazioni per “LINEA VERDE” del 1° dicembre alle 12.20 su RAI 1: Bari, tra olio e vino
Bari, tra olio e vino un quadrilatero di scoperte emozionantiDomenica 1 dicembre, alle 12.20 su Rai1, “Linea Verde” si muoverà nel territorio della provincia di Bari, in Puglia, un quadrilatero tra le Grotte di Castellana, Acquaviva delle Fonti, Gioia del Colle e Putignano, dove la cultura dell’ulivo e…
View On WordPress
0 notes
Text
Novembre gustoso sui colli di Brisighella Dalla Pera volpina all’Olio d’oliva Dop
New Post has been published on http://www.it-gourmet.it/2017/11/08/novembre-gustoso-sui-colli-di-brisighella-dalla-pera-volpina-allolio-doliva-dop/
Novembre gustoso sui colli di Brisighella Dalla Pera volpina all’Olio d’oliva Dop
“4 sagre x 3 colli” per celebrare le eccellenze novembrine di Brisighella, borgo romagnolo fra i più belli d’Italia che sorge sulle colline di Ravenna e gode di una posizione particolarmente favorevole.
Si posiziona infatti nel cuore della verde vallata del Lamone e del Parco Regionale della Vena dei Gessi Romagnola. Il borgo medioevale è “sovrastato” da 3 colli di gesso su ognuno dei quali trova dimora l’imponente Rocca Veneziana, la Torre dell’Orologio e il Santuario della Madonna del Monticino.
Brisighella è altresì conosciuta e apprezzata da tutti i buongustai d’Italia per le prelibatezze gastronomiche che la caratterizzano. Ad alcune di esse, nel corso di un intensissimo mese di novembre, sono dedicati eventi ad hoc che compongono una gustosa rassegna dal titolo “4 sagre x 3 colli”: Sagra della pera volpina e del formaggio stagionato il 12, Sagra del tartufo il 19 e Sagra dell’Ulivo e dell’Olio il 26.
Durante le sagre, il sabato sera e la domenica a pranzo lo stand gastronomico e i ristoranti del paese proporranno menù a tema con il prodotto cui è dedicata la sagra. Inoltre, tutte e quattro le domeniche le vie del centro storico saranno percorse da un trenino turistico che farà il giro dei tre colli per ammirare splendidi panorami.
Domenica 12 novembre – Sagra della pera volpina e del formaggio stagionato La seconda sagra è un originale mercato dei frutti autunnali e dei prodotti tipici della collina, dove la regina e il re della giornata saranno la pera volpina, che si abbina perfettamente con il formaggio stagionato. Le pere volpine, piccole, tonde e dure erano un prodotto tipico della valle del Lamone. La sagra ha contribuito nel corso degli anni alla riscoperta delle proprietà di questo frutto dimenticato, offrendo la possibilità di riassaporarlo. In piazza Carducci si potrà ammirare come vengono utilizzati questi frutti. Le pere vengono consumate bollite, cotte in acqua o vino, oppure al forno. La ricetta tipica della Romagna vuole che le pere volpine vengano cotte in un buon vino rosso, meglio se Sangiovese, aromatizzato con chiodi di garofano e cannella. La cottura in forno ammorbidisce il frutto e il vino si trasforma in un delizioso sciroppo nel quale inzuppare la polpa dolce e fibrosa. Abbinando il tutto con il formaggio stagionato di Brisighella, un pecorino invecchiato in grotte di gesso con procedimento di antica tradizione locale.
Domenica 19 novembre – Sagra del tartufo La terza domenica è dedicata a Sua Maestà il tartufo, uno dei prodotti più ricercati della collina faentina. I tartufai della zona sono abili nel ricercare questo prezioso prodotto del sottosuolo. Durante la sagra, le tipiche bancarelle poste nella piazza di fronte alla suggestiva “Via degli Asini” esporranno la varietà del “bianco autunnale”, che emana un profumo particolarmente intenso, e del tartufo nero. La manifestazione sarà allietata da complessi di musica folk e attrazioni varie. Inoltre, per questa occasione da Bologna e Imola partirà il treno a vapore per Brisighella (info e prenotazioni tel. 05736367158).
Domenica 26 novembre – Sagra dell’ulivo e dell’olio (58ª edizione) Nell’ultima domenica del mese di novembre si celebra il preziosissimo olio extra vergine d’oliva “Brisighello” Dop, il prodotto enogastronomico principale della Terra di Brisighella. L’Olio extravergine di Oliva di Brisighella è stato il primo ad aver ottenuto, era il 1996, il riconoscimento Dop (Denominazione di Origine Protetta). Un riconoscimento che ha premiato la passione, la cultura, la qualità con la quale è sempre stato ottenuto il prezioso prodotto, poiché la coltivazione dell’ulivo in terra brisighellese risale a tempi antichissimi: già in epoca romana l’ulivo e i suoi prodotti erano conosciuti e apprezzati. Quella di Brisighella è una delle realtà olivicole più interessanti del Nord Italia. Il 90% del prodotto della zona viene conferito per la trasformazione al frantoio sociale della Cab. Qui le olive, raccolte con brucatura a mano, vengono lavorate tramite perforamento a freddo da macine e macchinari di ultima generazione in regola con il disciplinare dell’Ue.
Per informazioni: www.brisighella.org
0 notes
Text
“Guadagnare Salute Creando Sviluppo”
Il Workshop Guadagnare Salute Creando Sviluppo, magistralmente organizzato. dai dottori Silvana Zoda e Stefano Carpino, del L.C Palermo Leoni in un afoso sabato di giugno, presso la Bella Villa Magnisi di Palermo, sede dell’Ordine dei Medici, che insieme all’Ordine degli Agronomi ne ha dato il Patrocinio, si è svolto, come previsto, dalle ore nove alle tredici e trenta. Esso, impeccabilmente presentato dalla nostra bella e forbita Cerimoniera, Avv, Natalia Alimena Favata, è iniziato con gli indirizzi di saluto dell’Ing. Aldo Giglio, Presidente del Club, che ha ringraziato calorosamente relatori e partecipanti, per aver accettato di condividere questo tema di studio, rimandando le attività ludiche di un afoso sabato mattina, ad altra data .
Assenti i politici On.le Dottor Baldo Gucciardi, assessore Regionale alla salute e l’On.le Dottor Antonello Cracolici, Assessore Regionale di Agricoltura, Sviluppo Regionale e Pesca. Assente anche il Dottor Giovanni Migliore, Direttore Generale dell’Arnas e la Dott.ssa Rosalia Murè, direttore sanitario dell’Arnas, ma presenti tutti i relatori previsti nel programma, che hanno appassionato e impegnato l’attento uditorio, costituito da Lions, personale sanitario, amiche ed amici, interessati dall’argomento proposto.
Il saluto degli Agronomi è stato portato dal Dottor Paolo Lo Bue, che si è detto lieto di partecipare a queste tematiche e quello dell’Arnas dal Dottor Giuseppe Carruba (Sir-Arnas), il quale ha asserito che queste tematiche non debbono sembrare strane, ma debbono essere attivate anche negli ospedali, dove i pazienti debbono sentirsi a loro agio e star bene. Il saluto dell’Ordine dei Medici è stato portato dal Presidente, dottor Toti Amato. “Questo tema interessa tutti- ha detto – perché parlare di salute significa coinvolgere tutti i cittadini e diventa economia reale, quando si parla del paradigma della patogenesi, perché non ci sono le risorse per curare bene, tutti”. A tal proposito ricordo quanto asseriva Elio Cardinale, già Preside della facoltà di Medicina e poi sottosegretario alla sanità:”La salute non ha prezzo, ma, la sanità ha un costo”. E allora, ha continuato Amato, “Bisogna parlare di Salutogenesi, che crea sviluppo economico, coinvolgendo le professioni, anche se può sembrare una utopia.”
A introdurre il tema è stata poi la dott.ssa Silvana Zoda, moderatrice, che pleonasticamente si è chiesto:”perché siamo qui a parlare di alimentazione e salute?” solo perché una parte delle informazioni che arrivano alla consapevolezza del pubblico hanno basi scientifiche. Oggi il completamento del progetto genoma umano porta il rischio di voler identificare nel proprio DNA un destino “genetico” che porta inevitabilmente alla malattia e alla perdita dello stato di salute. In realtà, l’attività dei nostri geni ed i meccanismi che ne regolano la funzione sono direttamente influenzati dall’ambiente e dallo stile di vita, con particolare riferimento all’Alimentazione. Dice Herbert: – chiunque sia stato il padre di una malattia, una alimentazione non corretta ne è la madre- La prevenzione delle malattie cronico-degenerative è un obiettivo condiviso a livello internazionale. I fattori di rischio sono noti e modificabili, usando strategie preventive. Il sistema salute deve guidare al processo di una nuova cultura della salute.”
Del programma FED, progetto di azione formativa, orientata al sociale, promosso dall’Assessorato alla Salute, che ha come obiettivo il miglioramento della salute dei cittadini, modificando comportamenti e stili di vita anomali e negativi, perché favoriscono l’insorgere di malattie cronico – degenerative, di grande impatto socio-economico , ne ha parlato il Dottor Salvatore Requirez, evidenziando i rischi e costi, connessi all’ obesità, che assorbono oltre il 60% del budget nazionale. Considerata un tempo segno di opulenza (vedi i quadri di Alessandro Del Borro); Obesità = Benessere , oggi : Obesità = Patogenesi, ossia inizio di tanti mali (tumori, ischemie cardiache, diabete), dal forte impatto economico per: Assenza dal lavoro, ridotta performance lavorativa e pensionamento anticipato. In Italia oggi vivono 4.898.500 obesi e 16 milioni in sovrappeso, con un BMI (indice di massa corporeo) dal 25%, al 30% ed oltre, per gli obesi. Per questi elementi l’azione del FED dovrebbe essere incisiva e martellante.
Il Dottor Stefano Carpino , co-moderatore, ha ringraziato Requirez per la relazione ed ha chiosato dicendo che l’analisi dei costi relativi alla cura di pazienti obesi, ci evidenzia che essi sono in parte evitabili con la prevenzione.
-La successiva relazione è stata del prof. Tiziano Caruso, ordinario di Scienze Arboree e olivicole dell’Unipa, che ha parlato delle filiere della salute e , nello specifico, della filiera Oleicola . Egli si è prima soffermato sulla coltivazione in Sicilia dell’ulivo, che conta 153 tipi a secondo le zone , sulla composizione biochimica degli oli, che varia anche jn base alla temperatura ed alle latitudini; infatti l’olio italiano ha una temperatura di 74,9 e quello argentino 57,4. La dose giornaliera deve essere non meno di venti grammi al giorno; esso contiene il 2% di Biofenoli, che fanno bene all’organismo, perché hanno grassi mono insaturi. Infatti, sostituendo nelle diete i grassi saturi con grassi insaturi, si contribuisce a mantenere livelli normali di colesterolo nel sangue. E l’acido oleico è un grasso mono insaturo.
-Della Filiera Cerealicola, del grano duro, ne ha parlato il Dottor Giuseppe Russo, del Consorzio Ballatore, affermando che il grano duro è uno degli alimenti chiave della dieta mediterranea, in quanto materia prima per la produzione di pane di semola rimacinata e pasta . Ha detto no al pane bianco, di grani teneri, che aumenta enormemente il tasso glicemico, suggerisce il consumo della pasta, asserendo che un piatto condita con pomodoro fresco contiene: Energia, Proteine Ferro, Calcio, Vitamine (B1, B2, PP, A, C ).
Anche lo studioso arabo Idris, facendo una indagine per conto di Ruggiero, ha parlato di pasta. Purtroppo in Sicilia, mentre negli anni scorsi c’erano ben 45 pastifici, oggi se ne contano solo 10.
-Del ruolo dell’agricoltura biologica, ossia di questo modello di sviluppo sostenibile basato sui principi di salvaguardia e valorizzazione delle risorse, ne ha parlato il Prof. Paolo Lo Bue, evidenziando che la Sicilia è al primo posto nella graduatoria nazionale, seguita da Calabria e Puglia. (statistica un po’ bugiarda, perché influenzata dai contributi percepiti dagli agricoltori). In effetti chi fa agricoltura biologica deve lavorare il doppio della naturale. “Perché scegliere di mangiare Bio? – si è chiesto – e in verità si ha una maggiore qualità, più ricchezza di sostanze nutritive, eliminazione di sostanze chimiche nel nostro corpo e salvaguardia della terra. Gli insetticidi ammessi sono quasi tutti naturali, a partire dal piretro, ecc.,ecc.. I prodotti, sia agricoli che di zootecnia, sono sottoposti ai controlli di vari organismi. La certificazione dovrà evidenziare una bandierina verde con pallini bianchi.
-L’evoluzione da programma FED a Progetto DiMeSa, che ha come obiettivo la “Valorizzazione di prodotti tipici della dieta Mediterranea e loro impiego a fini salutistici e “nutraceutici” è stata illustrata dal Dottor Giuseppe Carruba, dell’Arnas Civico che, dopo avere analizzato con l’ausilio di slide la distribuzione percentuale delle cause di morte da malattie non trasmissibili, i meccanismi ambientali del cambiamento di stili di vita e quelli epigenetici di regolazione genica, i fattori di rischio scatenanti (Tabacco, Ipertensione, Sovrappeso, alcool, Colesterolo, Sedentarietà e Scarsa assunzione di frutta e verdura), ha detto:” Il progetto DiMeSa chiude il cerchio: Sarà il cibo a curare alcune patologie.”
Egli ha illustrato anche il programma IDIMED, un viaggio visionario attraverso le 189 isole del Mediterraneo, dove la dieta mediterranea diventa linguaggio condiviso, come strumento di conoscenza, di dialogo e integrazione.
-Il dibattito ch’è seguito, che non possiamo citare per motivi di spazio, ha dato altri spunti, ma, il messaggio che viene fuori da questo convegno è: a) Promuovere i prodotti siciliani salutistici, che abbiano competitività su segmenti di mercato più ampi; b) Contenimento dei costi di produzione, per l’olio extra vergine, facendo l’analisi del mercato, la valorizzazione del prodotto con tecniche di coltivazione e meccanizzazione, fino alla fase di trasformazione finale. C) consumare pane e pasta di grani duri e, per l’ Agricoltura Biologica, stare attenti alle etichette, che a volte possono essere truccate.
– Il PDG Prof Amedeo Tullio Ha chiuso l’interessante convegno, complimentandosi coi relatori per la qualità degli interventi e per la maniera con la quale hanno reso facile un materia difficile, qual è appunto l’educazione alimentare. Si ad Educazione, Informazione e Formazione, che debbono essere però filtrate criticamente, non prendendo per oro colato quello che arriva dal Web.
Enzo Traina – Redattore Della Rivista Distrettuale – Area Palermo
LC Palermo Leoni "Guadagnare Salute Creando Sviluppo” Il Workshop Guadagnare Salute Creando Sviluppo, magistralmente organizzato. dai dottori Silvana Zoda…
0 notes
Text
I politici tornino sulla strada
In una lunga intervista, pubblicata nei giorni scorsi da questo giornale, Claudio Magris faceva una disamina molto realistica del tempo presente, cercando però di riprendere un orizzonte ideale capace di superare l’inquietante stagione che stiamo vivendo. Magris è un vero intellettuale europeo. Già, gli intellettuali. Dove sono? Il giudizio dello scrittore triestino è netto: la “borghesia pezzente” non capisce la situazione, sta a guardare una politica ancor più autoreferenziale. Tra le righe Magris fa capire la necessità di una nuova cultura che combatta apertamente la deriva nazionalista in atto. Lo dobbiamo alla nostra storia, al sogno di un’Europa in grado di risollevarsi dai massacri e dalle macerie di una guerra fratricida per diventare faro di tolleranza, razionalità, solidarietà, sviluppo, democrazia, pace. Il sogno sta svanendo. Eppure ci sarebbero ancora possibilità di reazione.
Alla fine, volenti o nolenti, nelle democrazie conta ancora più di tutto la politica. L’elezione di Trump ne è la dimostrazione. Milioni di persone lo hanno votato per le sue idee. Distorte, pericolose, demagogiche… Poco importa. I “sovranisti” di oggi – al confine con un’impostazione apertamente fascista - hanno un chiaro programma politico. I partiti europei “tradizionali” sono in crisi per mancanza di idee, mentre i governi arrancano non per eccessi autoritari, ma per debolezza istituzionale e farraginosità nelle decisioni. Così è accaduto anche in passato: si invoca “l’uomo forte” che superi la confusione e che sappia comandare. Il fascismo era sorretto da un’ideologia chiara ed è stato sconfitto sicuramente dagli eserciti alleati, ma anche da una rivolta intellettuale, culturale, spirituale. La democrazia è nata con un impianto ideale ben preciso, seppur condiviso da orientamenti politici diversissimi, dai cattolici ai comunisti, dai socialisti ai liberali.
In un contesto molto diverso queste stesse forze “culturali” hanno trovato una sintesi nell’Ulivo di Romano Prodi. Nella prima stagione dell’Ulivo, quella tra il 1996 e il 1998, la politica aveva un substrato di idee. Discutibili certamente, ma fonte di impegno e di mobilitazione di cittadini. L’Italia doveva risollevarsi dalla “crisi di sistema” in cui era sprofondata e che aveva travolto tutti i partiti. L’Europa sembrava lanciata verso nuovi traguardi e bisognava rimanere agganciati al treno. Il mondo andava nella direzione di un possibile “ordine” basato sul multilateralismo e sulla globalizzazione. Era un periodo positivo. Prodi era riuscito ad intercettarlo con una piattaforma culturale e politica innovativa e competente. È stato l’ultimo tentativo di rinnovamento per l’Italia.
Oggi tutto è cambiato. Lo scontro sta diventando mortale. Non siamo di fronte alla scelta tra una coalizione di governo o di un’altra, tra centro sinistra e centro destra, tra programmi diversi. No, abbiamo davanti paradigmi opposti, visioni di futuro inconciliabili. Oggi non basta criticare o dileggiare Trump, Grillo o Salvini. Alla rivoluzione nazionalista che appare inarrestabile va contrapposto un concreto progetto democratico, sostenuto da una salda struttura valoriale. Ma, almeno in Italia, dobbiamo fare i conti con giochetti irresponsabili e con personalismi rancorosi – vedi Renzi e vedi D’Alema – certamente fuori dalla realtà e dalla serietà del momento.
La reazione più semplice è quella di prendersela con i politici. Di gridare “tutti a casa”, consegnandosi così ai trumpini nostrani. Ma come diceva Magris: dove sono gli intellettuali? Si accontentano di autocompiacersi sulle colonne dei giornali o ai festival sparsi per l’Italia? Sono appagati perché intervengono ai talkshow del circo mediatico? Si riempiono la bocca di sdegno altezzoso? Non è più il tempo di una cultura ignara del disagio dei cittadini e quindi incapace di proporre un orizzonte a cui tendere. È necessario sporcarsi le mani, riprendere i libri, scendere per strada, mettere da parte la bulimia del potere. A livello individuale e collettivo. Ci sono ancora forze positive. Che si devono mobilitare per vincere le elezioni, non per dare testimonianza.
Questo vale anche per il Trentino. Sta cominciando la campagna elettorale per il 2018: come sempre nascono associazioni, cantieri, vivai, progetti culturali, scuole di formazione che poi servono solo a sostenere questo o quel candidato. Non può più essere così. Gli osservatori, gli intellettuali, i giornalisti, gli “opinion maker” del Trentino devono ascoltare, pronti a mettersi sul terreno della gente comune. Tuttavia i politici devono lasciare spazio alle idee. Il centro sinistra autonomista lo saprà fare? Oppure il valzer di interviste, interventi, suggerimenti – con relative foto pubblicate dai giornali – sarà sufficiente ai nostri politici? È tutta tattica, tutto riposizionamento? In parte certamente sì, ma forse un sussulto di responsabilità è possibile. Qualcuno prenderà l’iniziativa? Su questo giornale lo vorremmo fare.
Editoriale pubblicato sul “Trentino” il 02 febbraio 2017
#democrazia#politici#intellettuali#nazionalismi#politica trentina#Politica#idee politiche#trentino#editoriale
0 notes
Photo
LA SCISSIONE DEL PD: SI, NO, FORSE... RIFLESSIONI SULLA SINISTRA
PIÙ A DESTRA DEL MONDO
di Michele Rallo
Potrebbe sembrare un titolo provocatorio. Soprattutto considerata la matrice destrorsa di chi scrive. Ma così non è, dal momento che il sottoscritto si considera seguace della destra più a sinistra del mondo. Ricordo una frase di Almirante: «Se parliamo di Dio, Patria e Famiglia, non c’è nessuno più a destra di noi. Se parliamo di Stato Sociale, non c’è nessuno più a sinistra di noi.»
Ma lasciamo stare “quella” destra, e torniamo a “questa” sinistra, di cui oggi (scrivo queste note domenica mattina) si deciderà il destino. E – sia detto per inciso – insieme al destino del PD si deciderà il destino del sistema elettorale italiano: se si dovrà rimanere ancorati al sistema anglosassone dei grandi contenitori fungibili (centro-destra e centro-sinistra, repubblicani e democratici, conservatori e laburisti, eccetera); o se, invece, si dovrà prendere atto dell’anima pluralista (e proporzionalista) della democrazia
italiana, muovendosi in direzione di aggregazioni omogenee e non di insalate miste, a sinistra come a destra.
Succeda quel che succeda, comunque, una cosa è certa: in quello che è il contenitore della pseudo-sinistra ufficiale, si è ormai raggiunto il limite massimo di sopportazione verso le politiche di estrema destra economica che hanno raggiunto l’acme con il Vispo Tereso: dall’abolizione dell’articolo 18 alle “tutele crescenti” del Jobs Act, dalla “buona scuola” alla gestione familistica delle crisi bancarie, dalla prosecuzione della funesta pratica delle privatizzazioni alle leggi elettorali liberticide, fino a quella assurda riforma costituzionale (strabocciata dagli elettori) che recepiva i “consigli” della J.P.Morgan e delle banche d’affari americane.
Certo, una parte non secondaria nell’esasperare la situazione l’ha anche avuta la presunzione, la prepotenza, la supponenza, l’arroganza, il padreternismo del ragazzo. È chiaro ed evidente che il Renzi ha gestito tutta la vicenda all’insegna del suo “Io” smisurato, da “Enrico stai sereno” in poi: le riforme scritte nel presupposto di essere sempre lui a vincere le elezioni, la promessa di lasciare tutto se fosse stato sconfitto al referendum, l’incredibile “abbiamo scherzato”, ed infine la pretesa di imporre la sua leadership al PD attraverso un congresso-lampo “cotto e mangiato”, anche a rischio di portare quel partito al tracollo elettorale.
Tutto questo ha di sicuro inciso sul redde rationem in atto. Ma – mi ripeto – a determinare la svolta drammatica di questi giorni è stato un altro fattore: la presa di coscienza che il partito erede del PCI persegue oggi una linea politico-economica che è oggettivamente di destra, di estrema destra. E non mi riferisco certo alla destra politica, quella che Almirante esaltava nella tutela dello Stato Sociale. Mi riferisco all’altra destra, alla destra economica,
quella dei Rotschild e di Wall Street, quella della BCE e del Fondo Monetario Internazionale, quella del debito pubblico e della speculazione finanziaria, quella della globalizzazione e delle privatizzazioni, quella delle pensioni “contributive” e dell’addio al posto fisso, quella della riduzione della spesa pubblica e del massacro sociale.
Orbene, è a questa destra bieca, retrograda, antipopolare che la sinistra italiana si è sottomessa e allineata. Ma – attenzione – questo è un processo che è iniziato ben prima di Matteo Renzi. Il ragazzotto toscano è soltanto il tragico punto d’arrivo di una abiura che viene da lontano: almeno dagli anni ’70, quando i “miglioristi” di Giorgio Napolitano teorizzavano la “moderazione salariale” in funzione anti-inflattiva, quando si buttavano al macero decenni di cultura gramsciana e li si sostituiva con l’intellettualismo radical-chic di “Repubblica” e della spocchia scalfariana.
Andazzo che aveva una brusca impennata con la caduta del muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica, quando la classe dirigente del PCI si convinceva dell’ineluttabile trionfo del capitalismo anglosassone e si apprestava a montare sul carro del vincitore. Nel 1991 Achille Occhetto gestiva il congresso che segnava lo scioglimento del PCI e la nascita di un Partito Democratico della Sinistra che avrebbe dovuto «unificare le forze di progresso».
Ed eccole le forze di progresso, prodighe di smorfiette e pacche sulle spalle per quella “grande forza democratica” che si apriva alla modernità, alla moderazione e, in una parola, al mercato. I “progressisti” che facevano gli occhi dolci ai comunisti pentiti erano quelli delle ali sinistre di DC e PSI, quelli che, dopo aver tenuto a battesimo la privatizzazione del sistema bancario italiano
(con Andreatta nel 1981 e con Amato nel 1990), volevano sbolognarsi adesso anche la grande, preziosa industria pubblica del nostro Paese. Il guru della alienazione dei beni pubblici era un giovane virgulto della loro serre: Romano Prodi, allievo prediletto di Beniamino Andreatta, che sarà il dominus incontrastato delle privatizzazioni nella sua qualità di Presidente dell’IRI (1982-89, poi 1993-94). Prodi aveva tutte le carte in regola per fare carriera in uno schieramento della più ortodossa destra economica: a parte i numerosi incarichi ministeriali, sarà consulente della Goldman Sachs (1990-93 e poi dopo il 1997), e financo amico di quello stramiliardario Georges Soros che, con un attacco speculativo mirato, aveva messo in ginocchio la lira italiana nel 1992. Quello stesso Soros – sia detto tra parentesi – a cui il prof. Prodi propizierà poi una laurea honoris causa dall’università di Bologna (1995).
Ebbene, era proprio a Romano Prodi che il PDS (di cui era frattanto divenuto segretario Massimo D’Alema) si rivolgeva nel 1995 per chiedergli di capitanare l’alleanza di tutte le sinistre contro l’odiato Berlusconi. Nasceva così l’Ulivo (PDS + Margherita democristiana) che andava a vincere le elezioni del 1996. Prodi diventava Presidente del Consiglio, con i brillanti risultati che si ricordano.
Ammaliato dalla travolgente esperienza politica dell’Ulivo, il PDS faceva un altro passo verso la socialdemocratizzazione: cambiava ancora nome, si trasformava in DS, Democratici di Sinistra, e si affidava alla guida illuminata di Walter Veltroni, il più “amerikano” dei compagni, quello del ”Yes we can” (1998).
Poi – tutti insieme appassionatamente – DS, Margherita e Ulivo si scioglievano e confluivano nell’ultima creatura: il PD,
Partito Democratico, stesso nome del fratello maggiore americano (2007).
Il resto è storia recente, fino all’arrivo del Vispo Tereso (dicembre 2013) ed ai suoi trionfi.
La Sinistra, intanto, è andata dispersa. Prossimamente – forse – se ne occuperà “Chi l’ha visto?”.
P.S. Per una singolare coincidenza, mentre il PD marcia – forse – verso la scissione, alla sua sinistra nasce un’altra formazione politica, Sinistra Italiana. Si tratta di una iniziativa “di nicchia”, ma certamente di una iniziativa seria. Non credo, invece, che altre proposte – come quella di Pisapia – abbiano molto da dire al “popolo della sinistra”.
0 notes
Text
Tenuta Manelli Soc. Agr. srl
L’Azienda Agricola Biologica della Tenuta Manelli nasce nel 2016, nel territorio dell’alto Salento e più precisamente nell’agro appartenente al Comune di Mesagne, in una estensione di 45 ettari in una terra, dove la natura regala e dona ancora frutti speciali, in ogni stagione, generosamente, diffusamente. Oronzo Incalza, dall’età di 20 anni, era profondamente legato alla cultura dell’ulivo. Sin da subito imprenditore, ebbe la capacità di ‘creare’, soprattutto con la natura delle cose. La spremitura delle olive, era da lui percepita come un prodotto di inestimabile prestigio, religioso finanche, e in un legame ininterrotto con il passato e con la cultura antica. La sua sapienza ed il suo bagaglio di valori, lo portano a rilevare l’azienda agricola della famiglia Manelli. Era Primavera, ancora tra gli ulivi, ed ecco spuntare i fiori tra le foglie cangianti ai primi raggi del sole, le chiamavamo “mignole”: erano piccole, delicate, di un colore bianco crema. Egli sapeva che avrebbero dato i frutti, che in Autunno sarebbero divenute “oro verde”, anima di tutte le migliori preparazioni gastronomiche tradizionali. Olio è naturalità e freschezza, purezza, genuinità e bontà e nel 2018 nasce il primo prodotto, l’olio extra vergine di oliva biologico Tenuta Manelli. Ai Read the full article
0 notes
Text
Sikulus
L’olio Evo Sikulus porta con sé tutta la storia, la tradizione e l’eccellenza siciliana. Un olio prezioso, frutto della singolare varietà olivicola di questa terra. Il suo sapore, è un’ode alla raccolta delle olive fatta a mano, tra i maestosi olivi nati e cresciuti sotto il Monte Etna, e coccolati dal suo vento avvolgente, artigianalmente estratto a freddo. Il suo profumo e sapore rivela la genuinità della nostra terra, evoca le note di un tempo passato, riscoprendo i valori dell’autenticità e della tradizione. Il “Don Peppino” nasce alle pendici dell’Etna, da vigorose piante circondati da una vegetazione selvaggia e lussureggiante, difficili da coltivare perché cresciuti tra le rocce laviche, arroccati in luoghi non molto accessibili ma che donano olive selvagge di altissima qualità, 100% Siciliano. CHI SIAMO/STORIA Nella Sicilia assolata alle pendici del vulcano monte Etna, l’oliveto dell’Azienda Agricola SIKULUS copre un’area distesa nei pressi del paese di Santa Maria di Licodia in provincia di Catania a circa 800 m dal livello del mare. E’ qui che Sergio Pappalardo, proprietario dell’azienda, porta in campo una vera e propria “Cultura dell’olio“, dove le conoscenze della tradizione olearia siciliana si mescolano all’innovazione tecnologica e alla sostenibilità ambientale rendendo possibile una coltivazione priva di erbicidi. Con questi valori Sergio Pappalardo tecnico e sommelier dell’olio si dedica in prima persona alla coltivazione dell’ulivo e a tutte le fasi del processo di trasformazione, dalla raccolta delle olive alla spremitura sino all’imbottigliamento. Nasce così un olio extra vergine di oliva di qualità superiore ottenuto solo con olive provenienti dall’azienda agricola. Coltivatori entusiasti da 4 generazioni La famiglia Pappalardo possiede da oltre un secolo appezzamenti di terreno nella provincia di Catania, e precisamente nella zone di Santa Maria di Licodia, cuore della produzione olivicola dell’Etna, luoghi noti per le coltivazioni secolari di alberi di cultivar Nocellara Etnea. Per oltre 4 generazioni tutti i membri della famiglia si sono dedicati con passione alla cura attenta degli ulivi vedendo ripagati i loro sforzi con la raccolta di un frutto eccellente dal quale, in seguito al processo di molitura con le tradizionali macine in pietra, si otteneva un vero e proprio “oro giallo”. Oggi l’Azienda, guidata da Sergio Pappalardo crea un olio extra vergine d’oliva di qualità superiore, risultato di un appassionato lavoro sul campo e di una sapiente gestione delle migliori risorse tecnologiche, un extravergine che si distingue per le proprietà organolettiche, per il profumo, per il colore e sapore tipico della cultivar. Ad arricchire la qualità di questo olio, contribuisce anche un packaging diverso, innovativo, che unisce praticità ed eleganza. Indirizzo: Via Fransesco Puglisi, 5/A, 95038 Santa Maria di Licodia (CT) Telefono: Tel. +39 3515310330 Email: [email protected] Social: https://www.facebook.com/oliosikulus/ Website: http://www.sikulus.it SCHEDA TECNICA DETTAGLI OLIO 2020 Nome olio Don Peppino Cultivar Nocellara Etnea Località provenienza olive Santa Maria di Licodia Tipo di Frangitura A freddo, lavorazione a 2 fasi Acidità 0.19 Perossidi 4.5 Polifenoli 342 Litri di olio prodotto 1.000 Sistema di qualità IGP Sicilia Read the full article
0 notes
Text
Azienda Agricola Maselli
Tutto nasce con Don Ciccio. È Francesco Maselli olivicoltore e frantoiano di Acquaviva delle Fonti ridente città delle Murge baresi. Maria Antonietta, sua figlia, farmacista, eredita da lui la passione per l’olivicoltura e con coraggio e cuore, pur in tempi di profonda crisi, con l’aiuto della sua famiglia ed in particolare di suo figlio Andrea, giovane intraprendente quanto amante delle attività agricole, decide di rilevare, potenziare ed innovare l’azienda di famiglia e di investire nella coltura dell’olivo integrando le tecniche olivicole del passato con quelle innovative del presente, sempre con una particolare attenzione alla olivicoltura sostenibile, biologica e alla tutela del paesaggio. Le nostre olive, provengono principalmente dai poderi di famiglia situati in territorio di Acquaviva delle Fonti e di Alberobello, celebre per i suoi trulli patrimonio mondiale dell’umanità, cittadine situate sulle colline delle Murge baresi, territorio votato per antica tradizione alla coltura dell’ulivo e della vite. Siamo convinti che per ottenere un olio con il massimo della qualità e della specificità organolettica non basti fare delle analisi sul prodotto finito ma che sia necessario entrare in contatto diretto con la terra e con coloro che la coltivano con passione e amore in prima persona. Seguendo la tradizione locale e familiare la nostra azienda coltiva diverse varietà di olive, alcune già in fase di produzione altre lo saranno fra qualche anno, dalle quali produciamo esclusivamente olio extravergine monovarietale. L’olio monovarietale è di solito un olio dalla forte personalità, molto tipico, molto rappresentativo del territorio in cui è prodotto, ricco di storia, cultura e tradizioni locali. La valorizzazione dell’olio monovarietale passa attraverso una conoscenza sempre più approfondita delle sue potenzialità qualitative e della massima espressione della tipicità, a livello analitico e, soprattutto, sensoriale. Le olive della nostra azienda vengono raccolte esclusivamente a mano o con mezzi meccanici, in lieve anticipo di maturazione per ottenere un olio fresco, profumato e per esaltarne le tipicità. Le olive vengono trasportate immediatamente dopo la raccolta in frantoi della zona di nostra fiducia e vengono molite entro 6-12 ore dalla raccolta con procedimento continuo a due fasi, estrazione “a freddo” ed immediata filtrazione. L'olio, appena estratto e filtrato viene stoccato in cisterne di acciaio inox in atmosfera modificata con argon per conservarne le proprietà salutistiche antiossidanti ed essere successivamente confezionato per la vendita. Negli ultimi anni, gli eccellenti risultati che i nostri oli hanno ricevuto in ambito nazionale e internazionale confermano la grande attenzione e passione che dedichiamo ad ogni singolo aspetto produttivo spingendoci a continuare il nostro progetto di recupero e valorizzazione del nostro patrimonio olivicolo.
Indirizzo: Via Dante Alighieri, 13 70011 Alberobello (BA) Telefono: Tel. +39 3493519215 +39 3332132319 Email: [email protected] Social: https://www.facebook.com/oliodellemurge/ Website: http://www.oliodellemurge.it SCHEDA TECNICA DETTAGLI OLIO Nome olio Coratina Cultivar Coratina Località provenienza olive Acquaviva delle fonti, Bitonto Tipo di Frangitura Ciclo continuo a due fasi Acidità 0.20 Perossidi 1.8 Polifenoli 1064 Litri di olio prodotto 1.000 Sistema di qualità BIO Read the full article
#bari#italy#puglia#coratina#Alberobello#olioextraverginedioliva#extravirginoliveoil#AziendaAgricolaMaselli
0 notes