#cucinare con mamma
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Tiramisùùù
☕😋🍫
6 strati di dolcezza
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#fotografia#foto#scatto fotografico#tiramisù#dolce#caffè#cioccolato#pavesini#cucinare con mamma#delizioso
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Cose sparse di questo ultimo giorno dell’anno
Ho fatto la spesa per stasera, ma non mi va molto dover cucinare
Quest’anno ho speso un sacco di soldi senza concludere molto e devo ancora pagare gli ultimi due affitti più la bolletta della luce più il condominio
Mia mamma e mio papà probabilmente non sono molto soddisfatti di me, o comunque non si dicono orgogliosi
Le amicizie mi sembrano sempre più distanti e fievoli
Potrei aver interiorizzato una tristezza e un’angoscia che non mi appartengono
Dovrei andare dal parrucchiere, prima o poi
Dovrei tagliare i ponti con alcune collaborazioni che non mi portano a niente e che anzi mi svalutano
Dovrei avere un piano da seguire per i prossimi cinque anni con obiettivi chiari misurabili e realizzabili, ma mi perdo anche con Google Maps nel centro di sto paese
Ho iniziato il primo journal della mia vita
Forse più tardi continuo
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Quando seppi che il figlio di mia sorella incontrava difficoltà a trovare una stanza nella città dove avrebbe frequentato l’Università, mi venne naturale offrirmi di ospitarlo.
“So che abito lontano dalla sede della Università che Emanuele dovrà frequentare, ma, con il treno, ci mette 30-40 minuti da qui. Per il resto, come sai, la casa è spaziosa, io ci vivo sola, avrebbe la sua stanza, la sua indipendenza. Io posso occuparmi di lui e risparmierebbe un bel po’ per l’affitto, non pensi?” fu quanto dissi a mia sorella.
La mia proposta era così vantaggiosa e ciò convinse facilmente mia sorella. Emanuele, forse un po’ meno, e potevo comprendere che un ragazzo desiderasse vivere completamente da solo, anziché andare ospite di sua zia. Non lo vedevo da parecchio, da quando era un ragazzino.
Mi ritrovai davanti un ragazzo di diciannove anni, molto carino, alto, un bel fisico. Fui felice di avere la sua compagnia: a 59 anni, vedova da alcuni anni, complice il vivere in campagna, avevo finito con l’essere un po’ solitaria, e ritrovare la casa animata da un’altra presenza non mi dispiacque.
Non ero per niente felice all’idea di andare a vivere a casa di mia zia. Non la conoscevo bene, visto che aveva sempre vissuto lontano. Immaginavo una vecchia signora vedova e sola, bisognosa di aiuto nelle faccende di casa, impicciona, una casa piena di muffa. Ma se volevo frequentare l’Università non c’era alternativa. Ma quando la vidi capii subito che tutte le mie idee erano sbagliate. Zia Margherita era certamente più grande di mamma, e fra noi c’erano 40 anni di differenza. Ma sembrava decisamente più giovane della sua età. La sua vita era stretta e i suoi fianchi si allargavano in modo femminile, portando l'occhio verso il basso a gambe piuttosto lunghe e belle, con una gonna al ginocchio e delle calze scure. Aveva i capelli sul biondo, ben pettinati, occhi verdi, truccata con un rossetto color rosso brillante, le unghie smaltate pure di rosso. Inoltre era allegra, giovanile, e non sembrava per niente intenzionata a controllare ogni cosa che facevo….
Emanuele era discreto, attento, e anche se mi occupavo io di cucinare e lavare, cercava di non pesare: si rifaceva da solo il letto, mi aiutava con la spesa…
Più volte, i quei primi giorni, sorpresi i suoi occhi su di me. Gli sorridevo e lui di rimando, arrossiva. Di giorno andava a lezione, al pomeriggio studiava, e la sera non avendo ancora amici, restava a casa e si guardava la televisione insieme. Fu una di queste sere che mi chiese come mai ero sola, e risposi che dopo aver conosciuto alcuni uomini, dopo la morte di mio marito, ed esserne rimasta delusa, preferivo fare a meno di storie. “E poi adesso ci sei tu”, dissi innocentemente, ma gli vidi diventare rosse le orecchie.
Il sabato sera cominciammo a uscire insieme: lo portavo a una pizzeria poco lontana da casa, o a un ristorantino tranquillo, senza entrare in città. Mi truccavo e mettevo lo smalto rosso sulle unghie che sembrava piacergli. Mi piaceva, infatti, come mi osservava, certamente vestita in modo diverso dalle ragazze che frequentava. Mi piaceva anche come arrossiva. E come educatamente scostava la sedia per farmi sedere o apriva la portiera dell’auto….
Con zia mi trovavo davvero bene. Senza essere maniaca dell’ordine si occupava di me e io cercavo di rendermi utile in casa. Sapeva essere spiritosa e non aveva mai insistito perché la sera restassi con lei, anche se certamente essere in mia compagnia le faceva piacere. Non avevo ancora fatto amicizie, ma restare con zia non mi annoiava per niente….Fu lei a propormi di uscire insieme per mangiare fuori qualche volta e questa cosa mi emozionò abbastanza. Mai ero stato invitato da una donna, che guidava e pagava lei la cena. Quando usciva, zia si cambiava sempre d’abito. In pizzeria notavo che quando entravamo diversi uomini la guardavano. E anche io….bè non passava inosservata. Mi vergognavo un po’, ma non riuscivo a non approfittare, quando le tenevo la portiera dell’auto aperta e lei si sedeva al posto di guida, per guardarle le gambe che la gonna scopriva….
Una sera eravamo sdraiati sul divano, a chiacchierare del più e del meno. Mi accorsi che mi guardava le gambe, che tenevo rannicchiate sotto di me sul divano. Quale donna non lo avrebbe notato?
Con civetteria tutta femminile, allora le allungai. “Ti piacciono questi collant ?” Si, belli, rispose, non senza imbarazzo. “Forse troppo poco velati, vero? Sono da signora anziana, come me, le ragazze li portano più velati…” Rispose che le ragazze che conosceva lui non portavano proprio calze e….che non gli sembravo “anziana”.
Quella risposta mi fece molta tenerezza. Avevo 40 anni più di lui! Ero più vecchia di sua madre, mia sorella. Allungai le gambe sul divano, fino a toccargli le ginocchia con le dita dei piedi.
Quella sera avevamo spento il televisore. C’era della musica in sottofondo. Sorseggiavamo del vino. Ne avrò bevuto un po’ troppo. Si, sarà stato questo il motivo per cui, nell’alzarmi e dargli la buonanotte prima di andare a letto, mi protesi su di lui e sfiorai le sue labbra con le mie…solo un istante, solo un bacio…tra zia e nipote…..
Quella sera…non so cosa mi prese…..lei era seduta rannicchiata sul divano….aveva quelle calze scure opache e io non riuscivo a non guardarle le gambe. Pensavo che non avrebbe potuto notarlo, ma poi quella domanda (“Ti piacciono questi collant?”) mi fece accelerare di colpo il battito del cuore…..Risposi di sì balbettando, maledicendomi perché mi sentivo uno sciocco. Ma poi lei allungò addirittura le gambe verso di me, sentii i suoi piedi toccarmi….e la mia confusione aumentò perché il mio coso si era decisamente svegliato tra le gambe. Ero terrorizzato che lei potesse accorgersene….ma quello fu niente rispetto al momento in cui zia mi diede il bacio della buonanotte, non sulla guancia come sempre, ma sulle labbra. Solo un attimo ma mi parve di sentire perfino il sapore del suo rossetto…..Forse abbiamo bevuto troppo vino sia io che lei…pensai, dopo, nel letto, senza riuscire ad addormentarmi e calmando la mia eccitazione nell’unico modo che potevo…..
(1/continua)
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Quando ci sono feste e ponti la domanda di rito è "cosa stai organizzando ? " Io aspetto queste feste per potermi riposare e rimanere sola si sola come un cane, stare in pace silenzio, nessuno che mi chiama 200 non dover badare a nessuno, potrei stare 3 giorni di fila sul divano a mo di Larva .
Così sono andata a fare la spesuccia tutta roba facile da cucinare roba per aperitivi un buon amaro per dopo cena, già immaginavo io ..il divano ..patatine uno spritz gatti e TV , una bella lista di horror ❤️❤️
E invece il 2 novembre mi ricorda che ho 2 compleanni da festeggiare e mica 2 compleanni così, ma di mia mamma e mia sorella.
Spero con tutto il cuore che abbiamo trovato qualcosa di super bellissimo da fare e invece messaggio chat di famiglia, non voglio guardare ..mi fingo morta..ma non funziona.
Passiamo a prenderti domani mattina abbiamo prenotato alle terme 2 notti prepara la borsa , ricordati i regali 😭😭😱😱😱 sfregata alla grande.
Alla fine sono qui ho passato 2 giorni piacevoli con 2 super donne ci siamo riposate divertitevi abbiamo riso tanto
Domani si inizia una nuova settimana
Buona notte a tutti
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abito in un paesino in provincia di Napoli,
esattamente a metà strada tra Napoli e Caserta
poco meno di trentottomila abitanti.
sarebbe un'assurdità dire che tutti conoscono tutti,
ma la maggior parte conosce la maggior parte.
ho sempre voluto scappare da qui, non l'ho mai sentito mio questo piccolo angolo di mondo;
sempre stata estranea a questa realtà,
un po' come se in viaggio verso il mio posto qualcuno mi avesse persa per strada senza accorgersene e mi sono ritrovata per sbaglio a crescere qui.
negli anni ho cominciato a definire casa mia la mia piccola isoletta felice,
forse perché ho avuto l'immensa fortuna di essere capitata in un contesto in cui ho potuto crescere con i miei affetti più cari anch'essi catapultati entro i confini di quest'isoletta.
mi basta fare toc toc ad una porta per ritrovarmici dietro mio fratello,
cercarla con lo sguardo e trovare mamma,
allungare la mano fuori dal letto per essere bagnata dal nasino di luna,
svegliarmi la mattina con papà che si affaccia in camera prima di andare a lavoro;
mai dovuto fare un passo per aiutare nonna a cucinare per tutti o sentire la sua voce che ogni due per tre urla il nome del cagnolone che c'è in giardino credendo sia scappato, cagnolone che ormai in cinque anni ha imparato a conoscerla e si nasconde dietro ogni albero per spaventarla;
non ho mai dovuto varcare nessun confine per sedermi accanto a nonno mentre scrive, con quella grafia che avrei sempre voluto fosse un po' anche mia; per dirgli che l'uomo che vorrei al mio fianco dovrebbe essere esattamente come lui;
salgo solamente una semplice rampa di scala ed ecco che sono sul letto di mia cugina a parlare per ore.
sono sempre stati tutti qui,
salvi, tra queste mura, dalla guerra che c'è al di fuori.
se chiedete alla me bambina però, vi risponderà che la guerra è sia dentro che fuori queste mura,
si perché il padre non è sempre stato quello che si affacciava alla porta di camera sua e la madre non sempre quella che riusciva a trovare solo con lo sguardo;
vorrei ora dire a quella bambina che con gli anni siamo riuscite a perdonarli, che la madre e il padre sono adesso mamma e papà, che erano troppo piccoli forse all'epoca per saper crescere due figli, che sono cresciuti anche loro insieme a noi e non possiamo fargliene una colpa.
ora siamo tutti grandi,
lei e il fratellino, entrambi forse con qualche piccolo trauma irrosilto, ma che stanno cercando di costruirsi una vita serena;
e mamma e papà, forse non l'emblema di un matrimonio felice, ma capaci di essere ora genitori.
non vorrei spoilerarti troppo, bambina, ma continuerai a fantasticare ogni giorno di una vita completamente diversa da quella che hai,
per un periodo di tempo penetrerai così tanto in quei racconti che perderai la connessione con la realtà e farai credere ad altre persone di vivere vite che non hai mai vissuto.
incontrerai il primo amore, quello fatto di emozioni forti, quello che ti brucia dentro;
e quello stesso amore continuerai a cercarlo in altre mille volti e in altri mille cuori una volta perso,
la tua sarà una ricerca sfrenata, quasi interminabile,
qualcuno ci si avvicinerà, altri nemmeno lontanamente,
e poi finalmente un giorno ti arrenderai
ti arrenderai il giorno in cui incrocerai i suoi occhi per la prima volta e nascerà dentro di te la consapevolezza di non poter mai rivivere un qualcosa di così forte,
lo capirai, lo accetterai e te ne farai una ragione,
d'altronde certe cose sono fatte per essere vissute una volta soltanto, altrimenti diventerebbero ordinaria quotidianità.
continuerai a sognare quel mare quasi tutte le notti
e sarai grata per questo, perché i contorni di quel ricordo sembreranno non sbiadire mai.
viaggerai, bambina, non tanto quanto vorresti, ma qualche città diversa dalla tua la vedrai
e sentirai in quel luoghi sensazione di casa,
sensazione che giù in quel paesino non sei mai riuscita a sentire.
riuscirai addirittura ad andare via da lì, salvo poi rirornare,
come risvegliarsi di colpo da un sogno e accorgersi di essere sempre lì, nello stesso letto, il tuo.
avrai però, almeno l'illusione di aver vissuto per un periodo quella vita che avevi sempre voluto, circondata da persone che avevi sempre aspettato,
con una di esse ci passerai addirittura una notte su un tetto durante un turno in ospedale.
cambierai poi di nuovo vita, scenderai da quel tetto e ritornerai nella tua isoletta, circondata dalla guerra.
ti sembrerà di aver ritrovato la tua strada, ma ad un certo punto questa strada si interromperà nuovamente
e non saprai se costruirci sopra un ponte per raggiungere l'altro lato dell'interruzione
o tornare indietro e imboccare un altro vicoletto.
scapperai dalle persone, da chiunque, anche da chi sembra farti provare qualcosa di nuovo.
non so ancora dirti se ci sarà quella persona che ti prenderà per mano e ti fermerà,
spero di riscriverti tra qualche anno per dirti che ce l'abbiamo fatta, la nostra strada l'abbiamo trovata, la stiamo percorrendo con accanto qualcuno di speciale e siamo dirette verso la vita che hai sempre sognato.
chissà bambina.
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OPPURE, SE SEI UN BAMBINO...
Non voglio assolvere chi non ha avuto una educazione affettiva corretta perché ci sono anche ragazzi che in famiglie disfunzionali sono cresciuti in modo sano, magari grazie alla scuola.
Voglio solo evidenziare come sia necessario contrastare l’educazione stereotipata e come sia necessario l’intervento delle agenzie educative diverse dalla famiglia, la scuola soprattutto. Ma anche i media naturalmente hanno un peso enorme: tv, film, canzoni, pubblicità, social media.
Abbiamo assolutamente bisogno dell’educazione affettiva, dell’educazione al rispetto, del contrasto agli stereotipi. Ho fatto alcuni esempi, in questo ipotetico percorso di crescita, giusto per rendere più realistico questo bisogno.
Ecco cosa può succedere quando nasce un bambino, maschio.
Appena nato sei festeggiato perché sei maschio oppure, ti hanno festeggiato perché sei sano e bello.
Dopo un giorno sei registrato all’anagrafe con il cognome di tuo padre oppure potrebbero averti dato il doppio cognome.
Dopo tre giorni torni a casa con le tutine di supereroe oppure indossi delle bellissime tutine di tanti colori.
A un anno hai paura a dormire da solo ma ti dicono che sei un maschio e devi essere coraggioso oppure ti spiegano che mamma e papà sono nella camera affianco se hai paura.
A due anni hai già piena la cameretta di un certo tipo di giocattoli, da maschio oppure hai tanti giochi diversi incluse le pentoline per cucinare come papà e mamma.
A tre anni, poiché fai i capricci per mangiare, ti dicono che se mangi diventi forte come papà oppure ti dicono che mangiare è importante per diventare grande, in salute.
A quattro anni vai alla scuola dell’infanzia e ti dicono che puoi dare il bacetto a quella bimba che ti piace, anche se lei non vuole oppure ti spiegano che non si dà un bacetto a chi non lo vuole.
A cinque anni impari che puoi difenderti dal compagno prepotente restituendogli lo schiaffo oppure ti spiegano che se subisci prepotenze a scuola puoi chiedere aiuto ai genitori o all’insegnante.
A sei anni ti regalano libri solo con protagonisti maschi, perché sei un maschio oppure ti regalano tanti libri diversi perché non esistono libri per maschi o libri per femmine.
A sette anni ti sei fatto male e vorresti piangere ma ti dicono di fare l’uomo, piangere è da femminucce oppure ti medicano, ti lasciano piangere (perché le lacrime escono) e ti consolano con delle coccole.
A otto anni pensi che, se non puoi piangere, puoi dare un calcio alla sedia se sei arrabbiato oppure ti spiegano che puoi elaborare la rabbia parlandone.
A nove anni ti fanno capire che sei grande per avere le coccole oppure mamma e papà continuano a farti le coccole, finché le desderi.
A dieci anni tuo padre ti fa notare come sono belle le tette della ragazza dell’ombrellone affianco oppure tuo padre continua ad insegnarti il rispetto verso le donne.
A undici anni ti dicono che è sciocco che un maschio scriva e legga poesie, oppure ti dicono che scrivere poesie è un bellissimo modo per narrare ed elaborare le emozioni.
A dodici anni sei il più bravo in italiano ma ti dicono che poiché sei maschio dovresti essere il più bravo in matematica oppure ti spiegano che non esistono materie maschili o femminili in cui essere più bravi.
A tredici anni vorresti praticare danza ma non te lo permettono, perché sei un maschio oppure non ti costringono a fare calcio e sono felici che tu voglia fare danza.
A quattordici anni i tuoi compagni prendono in giro un compagno perché è gay e devi farlo anche tu per essere parte del gruppo oppure comprendi che puoi non seguire il branco e puoi ragionare con la tua testa.
A quindici anni hai la tua prima ragazza ma lei ti lascia e per la rabbia dici in giro che è una ragazza facile oppure ti confidi con un amico per sfogarti e pensi che ti innamorerai presto di un’altra ragazza.
A sedici anni hai un’altra ragazza ma sei geloso e le controlli il telefonino oppure sai che non il controllo non è sano in una relazione sana.
A diciassette anni insisti con la tua ragazza per avere rapporti sessuali oppure aspetti che anche lei sia pronta per fare l’amore.
A diciotto anni sui social ridi delle battute sessiste dei tuoi amici oppure, da adulto quale sei diventato, li inviti ad evitarle.
Potrei continuare, fare tanti altri esempi per l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta. Basta fare un giro attento soprattutto su Instagram per leggere in questi giorni, ma non solo, commenti rivoltanti sul consenso, sulla libertà delle donne, sulla negazione stessa della violenza.
Abbiamo bisogno di uomini che prendano tutti i giorni le distanze da tutto ciò e non solo quando succede qualcosa che provoca dolore. Facile addolorarsi per Giulia, più difficile non ridere della battuta sessista sull’aspetto di una donna o chiedere di evitarla. E potrei fare mille esempi del sessismo maschile diffuso, quotidiano, becero che alimenta la cultura della violenza e dello stupro.
Noi donne continueremo a fare quello che già facciamo ma sarà abbastanza inutile finché davvero non si daranno da fare gli uomini, in modo deciso, forte, autorevole. Abbiamo bisogno che gli uomini facciano oggi quello che le donne hanno fatto negli anni Settanta del secolo scorso, una vera rivoluzione. Non sarà un percorso breve, ci vorranno anni anche perché in questo spaventoso backlash culturale che stiamo vivendo sul piano politico e sociale bisognerà andare molto controcorrente, ma è il momento di cominciare.
Mentre finisco di scrivere questo testo sul mio cellulare arriva la notifica dell’arresto di Turetta. Ogni volta che scriverete un commento duro su di lui ricordate di non ricominciare poi domani a praticare quel sessismo, anche benevolo che è pure peggio, chi ci porta a dover vivere queste tragedie.
Donatella Caione su: https://lapizzicallante.blog/2023/11/19/oppure-se-sei-un-bambino/#
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A me questa intervista da Fazio non è piaciuta per niente. Poco preparata. Domande a caso, molte cose già chieste. Avrebbe potuto approfondire il futuro artistico di Ale, visto che lui ha accennato all’America… E poi il voler forzare il discorso sulla vita provata chiedendo alla Vanoni… daiiiii.
Eh mamma mia. Poco preparata perché non credo fosse affatto prevista: Ale è stato annunciato solo due giorni fa e ho come l'impressione che inizialmente avrebbe solo dovuto "cantare" con Ornella.
Non ha nulla in promozione, e pure sul discorso dell'America non c'era più niente da dire a parte quello che Ale aveva già detto e cioè che gli piacerebbe andare per un po' a scrivere/produrre.
Non ha chiesto proprio nulla sulla vita privata, ha solo menzionato che Ornella era andata a cena da Mahmood, semmai è stata Ornella a rimarcare che non è lui a cucinare. Cena venuta fuori tra l'altro menzionata pure da Alessandro: "Io mi ricordo che ci siamo telefonati un sacco e poi tu sei venuta a casa".
Va bene che ti sia sembrata frettolosa come intervista (Gianni Morandi aveva un disco in promozione a differenza di Ale e più o meno il tono dell'intervista è stato lo stesso), ma da lì a vedere del marcio mi pare assurdo. Proprio Fazio poi, insistere sulla sfera privata non è proprio roba sua.
Ale era rilassato (a parte quel secondo di panico comprensibile), magari facciamo un bel respiro pure noi che non guasta.
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Mia madre a volte non la capisco. M aveva detto una cosa su un’aspirapolvere che ha comprato il figlio e per un’affermazione di M mia madre è andata su di giri e ha iniziato a strillare
Ad un certo punto M si alza, perché fa il turno di notte al lavoro e ho chiesto a mia mamma se andava al lavoro, M. Lei ha risposto in maniera affermativa con stizza.
Poi per sbaglio e sicuramente è stato per sbaglio, mi aveva chiamata M perché avevo mandato il messaggio che la pizza era arrivata. E quindi per uscire aveva schiacciato la videochiamata.
Lei era innervosita poi fa: appena è arrivato un messaggio Whatsapp si è alzato ed è andato via. Vorrei ricordare a mia madre che M fa il turno di sera e su quell’ora va sempre via saranno state le 21 e qualcosa non ho badato bene all’ora.
Quando fa così mia madre è insopportabile. Specialmente quando le si parla in maniera normale e lei inizia ad alzare la voce. Ba’ guarda non mi ci metto nemmeno a capirla quando fa così. Mi da proprio fastidio questo suo atteggiamento e poi diceva di me che mi stizzisco facilmente. Ba’
M è una bravissima persona, si prende cura di mia mamma, l’aiuta quando ha bisogno. Lei che per stizza pensa che M chissà cosa. Quando lui lavora facendo turni mattutini, notturni (come questa settimana) e pomeridiani. Fa i cani e i suoi gatti. Sistema le cose a casa che si rimpono. Se mamma compra un mobile lui ed io ci mettiamo a montarlo.
Mamma si lamenta che cucina. Posso capire se appena pulisci casa si sporca ed è okay, ci può stare. Ma non lamentarti di cucinare, nessuno ti obbliga a cucinare MA se cucina M si lamenta che sporca. O impara a non lamentarsi o impara e non lamentarsi o prendersela quando le parlano in tranquillità
Dovevo sfogarmi, scusate
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Martedì 27 agosto è arrivato a Mondaino l'ultimo artista selezionato nel contesto del progetto europeo Stronger Peripheries. Si tratta di Hamdi Dridi, artista di origini tunisine che vive tra Tunisi e Montpellier in Francia ma principalmente nomade, come preferisce definirsi beyond borders.
"Mi occupo di coreografia" racconta Hamdi "ma quello che mi interessa per primo è l'incontro con l'altro". Dan(s)e House trio and constellations è il titolo del progetto a cui sta lavorando: si tratta di un lavoro in cui danza, cucina e musica provano a mescolarsi sulla scena per creare un ambiente accogliente e immersivo per lo spettatore. Per questo, per la scrittura coreografica, Hamdi sta collezionando un archivio di gesti attraverso l'osservazione della preparazione di alcune ricette o particolari cibi che le persone che incontra gli propongono. L'archivio, costituito dai movimenti del corpo, in particolare tronco e braccia, servirà a definire la danza delle tre performer che saranno in scena: Ewa Bielak, Lucia de Oliveira Moreira, Debora N’Jiokou, danzatrici e dj, mixano, preparano le loro ricette tradizionali e danzano su una base hip hop le danze tradizionali dei loro paesi di origine, Polonia, Portogallo e Capo Verde, e le partiture di gesti scritti da Hamdi.
In queste prime giornate di residenza in Italia quindi, dopo aver trascorso nei mesi scorsi un periodo di residenza in Spagna e in Francia confrontandosi con le comunità di quei territori, Hamdi ha iniziato a incontrare alcune persone di Mondaino e dei dintorni per cercare nei loro gesti non solo l'amore per la cucina ma anche per lo stare insieme e condividere un tempo e uno spazio di vita: stare, osservare, raccontarsi e ascoltare.
Così scopriamo che il progetto è ispirato da una parte al ricordo del lavoro del padre e alla ripetizione dell'azione, nel suo caso del dipingere, dall'altro all'amore della madre per la cucina.
Nel giorno del suo arrivo a Mondaino è stato accolto da Elisa ed Erica, due sorelle che si sono trasferite da poco in collina e che hanno aperto un'associazione culturale Sentieri Felici che si occupa principalmente di curare progetti per l'infanzia.
Al nostro arrivo tutto è pronto per accoglierci al meglio. Subito entriamo in cucina ed Elisa ed Erica iniziano a illustrarci quello che ci preparerano di li a poco, cioè cassoni e piadine. E mentre mescolano gli ingredienti facendo scivolare farina e acqua tra le mani ci raccontano l'origine di quella passione per il cibo e il cucinare per qualcuno. La tradizione di famiglia, che è passata dalla nonna alla mamma, è fatta di ristoranti e forni, di gesti ripetuti e di cibi condivisi, di accoglienza e piatti tradizionali.
Nella piccola cucina si muovono agili mentre Hamdi le segue con attenzione, cercando di non perdere nessun frammento dei loro movimenti coordinati, ritmici e ripetuti: il tempo è scandito dalla ripetizione dei gesti, dall'impastare e dal farcire, dall'attesa del riposo dell'impasto alla foratura del cassone "per farlo respirare" fino alla cottura finale.
La condivisione del cibo con tutta la famiglia, i sorrisi dei bambini e i loro sguardi attenti, i profumi e i sapori chiudono per Hamdi la prima intensa giornata di incontro con la comunità.
"Si tratta", racconta Hamdi, "di comprendere un gesto che diviene ritmico: non è la danza che prende il sopravvento ma è il gesto che nel suo essere grezzo diventa ritmico e le due cose diventano organiche: è il gesto naturale che si fa danza inscrivendosi nei corpi".
Siamo a Marazzano ora, nel comune di Gemmano, e siamo a casa di Ivan Fantini dove ha sede il suo Boscost'orto. Ci accoglie insieme alla sua compagna, la danzatrice Paola Bianchi; poi seduti in giardino attorno a un lungo tavolo Hamdi e Ivan si raccontano, sorseggiando caffè e succo di mele appena fatto.
Ivan è un cuoco eterodosso, dimissionario e anarchico. Di origine romagnola proveniente da una famiglia del sottoproletariato inizia a cucinare in casa, a sette anni, per aiutare la madre e la nonna malate: così apprende la cucina tradizionale. Da qui in avanti non abbandonerà mai il mondo del cibo e della condivisione: dall'istituto alberghiero al primo lavoro a 16 anni in un ristorante famoso della zona, per poi entrare a far parte di un circolo culturale a Rimini, Quadrare il circolo, poi l'esperienza con festival e musei fino alla Biennale Teatro diretta da Romeo Castellucci dove curava installazioni gastronomiche d’arte, che potevano essere viste, toccate, mangiate. Infine un'osteria con cucina dentro un antico mulino prima di abbandonare tutto per ritirasi nella sua casa di Marazzano.
Ci racconta, infatti, come a partire dal 2008 con l'introduzione in Italia dell'HACCP, norma che concerne la sanificazione dei luoghi e degli alimenti, siano iniziati i problemi: Ivan non ha mai accettato di sottostare a quella norma e alle leggi del mercato: non ha voluto acquistare prodotti del mondo globalizzato ma ha continuato a lavorare con i contadini della zona, che ovviamente non potevano sottostare a queste norme e dopo tre anni di multe e una crisi depressiva ha scelto di uscire dal sistema.
Ha abbandonato, si fa per dire, il suo mestiere per fare quello che non sapeva fare. Ha cominciato a scrivere. Ha disboscato un bosco per avere un'autonomia alimentare. Ha iniziato a recuperare lo scarto del capitale, ciò che la comunità non acquista, e a saccheggiare quello che la natura offre vivendo di baratto.
E proprio grazie al baratto, un amico gli ha portato del pesce fresco. Così ci mettiamo in cucina, Ivan inizia a muoversi tra lavello e spianatoia, il dialogo prosegue mentre pulisce e disseziona seppie e sgombri, affetta cipolle, raccoglie foglie di alloro, rametti di rosmarino e scorze di limone per produrre un trito aromatico speciale. Il suo ritmo è serrato e sincopato allo stesso tempo, i gesti ripetuti sono ritmici e sicuri, le mani si muovono veloci e violente.
"Vivo il lusso della povertà: ho relazioni umane e politiche molto potenti in tutta Italia. Sono felice, malgrado quello che accade nel mondo", ci dice. Intanto i suoni e gli odori del cibo iniziano a pervadere lo spazio nonostante siamo all'aperto.
E Hamdi osserva, registra con gli occhi ogni movimento e con le orecchie, grazie anche al supporto di Anouk nella traduzione, le parole: lo sguardo non si arresta, entra ed esce dalla cucina, segue ogni movimento di Ivan.
E si tessono fili.
"La cucina è musica: come reagisce chimicamente la padella è un concerto."
"Conoscere le regole per poterle sovvertire. Opero come fa un musicista jazz che conosce le note e improvvisa."
"La cucina è una danza, un gesto poetico e brutale allo stesso tempo!"
"La cucina come tutto è poetica e politica: quando cucino ho una specie di rabbia".
Così, tra una battuta e l'altra, si arriva al pranzo condiviso in giardino: il lungo tavolo apparecchiato si riempie e ci accoglie. E ce ne andiamo, ricchi di questo nuovo incontro.
#Tandem 11
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On Tuesday, August 27, the last artist selected for the European project Stronger Peripheries arrived in Mondaino. His name is Hamdi Dridi, a Tunisian artist who lives between Tunis and Montpellier in France but is primarily nomadic, as he prefers to define himself beyond borders.
“I work in choreography,” Hamdi explains, “but what interests me most is the encounter with others.” The project he is working on is titled Dan(s)e House Trio and Constellations: it is a work in which dance, cooking, and music try to blend on stage to create a welcoming and immersive environment for the audience. For this, in choreographic writing, Hamdi is collecting an archive of gestures through the observation of the preparation of certain recipes or particular foods proposed by the people he meets. The archive, consisting of body movements, especially torso and arms, will be used to define the dance of the three performers who will be on stage: Ewa Bielak, Lucia de Oliveira Moreira, and Debora N’Jiokou, dancers and DJs who mix, prepare their traditional recipes, and dance traditional dances from their countries of origin—Poland, Portugal, and Cape Verde—on a hip-hop base, along with the gesture scores written by Hamdi.
In these first days of residency in Italy, after spending time in Spain and France in the previous months interacting with communities in those regions, Hamdi has started to meet some people from Mondaino and the surrounding areas to look for not only the love for cooking but also for being together and sharing a time and space of life: being, observing, storytelling, and listening.
We discover that the project is inspired partly by memories of his father’s work and the repetition of the action, in his case painting, and partly by his mother’s love for cooking.
On the day of his arrival in Mondaino, he was welcomed by Elisa and Erica, two sisters who have recently moved to the hills and opened a cultural association, Sentieri Felici, which mainly deals with projects for children.
Upon our arrival, everything is ready to welcome us in the best possible way. We immediately enter the kitchen, and Elisa and Erica begin to show us what they will prepare for us shortly: cassoni and piadine. As they mix the ingredients, letting flour and water slide between their hands, they tell us about their passion for food and cooking for others. The family tradition, passed down from grandmother to mother, is made of restaurants and bakeries, repeated gestures, shared foods, hospitality, and traditional dishes.
In the small kitchen, they move gracefully while Hamdi watches them closely, trying not to miss any part of their coordinated, rhythmic, and repeated movements: time is marked by the repetition of gestures, from kneading and stuffing, from waiting for the dough to rest to puncturing the dough box “to let it breathe” until the final baking.
Sharing the food with the whole family, the smiles of the children, and their attentive gazes, the aromas and flavors close for Hamdi the first intense day of meeting with the community. “It’s about,” Hamdi recounts, “understanding a gesture that becomes rhythmic: it’s not the dance that takes over but the gesture that, in its rawness, becomes rhythmic and the two things become organic: it’s the natural gesture that becomes dance inscribed in the bodies.”
We are now in Marezzano, in the municipality of Gemmano, at Ivan Fantini’s home where his bosco-storto (wooded garden) is located. He welcomes us together with his partner, dancer Paola Bianchi; then seated in the garden around a long table, Hamdi and Ivan share stories while sipping coffee and freshly made apple juice.
Ivan is an unorthodox and anarchic cook. Of Romagnolo origin, coming from a working-class family, he began cooking at home at the age of seven to help his sick mother and grandmother: this is how he learned traditional cooking. From then on, he never left the world of food and sharing: from culinary school to his first job at 16 in a famous local restaurant, then joining a cultural circle in Rimini, Quadrare il Circolo, then working with festivals and museums up to the Biennale Theater directed by Romeo Castellucci, where he curated gastronomic art installations that could be seen, touched, and eaten. Finally, an inn with a kitchen inside an old mill before abandoning everything to retire to his home in Marazzano.
He tells us how, starting from 2008 with the introduction of HACCP in Italy, a regulation concerning the sanitation of places and food, problems began: Ivan never accepted complying with that regulation and market laws: he did not want to buy products from the globalized world but continued to work with local farmers, who obviously could not comply with these regulations, and after three years of fines and a depressive crisis, he chose to leave the system.
He “left,” so to speak, his profession to do what he didn’t know how to do. He began writing. He cleared a forest to achieve food self-sufficiency. He started recovering discarded capital, what the community does not purchase, and to forage what nature offers, living off barter.
And it was thanks to barter that a friend brought him fresh fish. So we enter the kitchen, Ivan starts moving between the sink and the counter, the conversation continues as he cleans and fillets cuttlefish and mackerel, slices onions, gathers bay leaves, rosemary twigs, and lemon peels to make a special aromatic blend. His rhythm is tight and syncopated at the same time, the repeated gestures are rhythmic and sure, his hands move quickly and forcefully.
“I live the luxury of poverty: I have very strong human and political relationships throughout Italy. I am happy, despite what happens in the world,” he tells us. Meanwhile, the sounds and smells of the food begin to fill the space even though we are outside.
And Hamdi observes, recording with his eyes every movement and with his ears, thanks also to Anouk's help with the translation, the words: his gaze does not stop, entering and exiting the kitchen, following every movement of Ivan.
And threads are woven.
“Cooking is music: how the pan reacts chemically is a concert.”
“Knowing the rules to overturn them. I operate like a jazz musician who knows the notes and improvises.”
“Cooking is a dance, a poetic and brutal gesture at the same time!”
“Cooking, like everything, is poetic and political: when I cook, I have a kind of anger.”
So, between one comment and another, we arrive at the shared lunch in the garden: the long table is set and welcomes us. And we leave, enriched by this new encounter.
#Tandem 11
#stronger peripheries#residenza creativa#danzacontemporanea#progetto europeo#Hamdi Dridi#Dan(s)e house
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Breve storia triste non volevo cucinare (ieri ho avuto gente)però stamattina dico tra me e me vabbe' preparo i cannelloni per mio figlio....preparo, si alza mi dice con un faccia da culo mamma mi sono dimenticato di dirti che non ci sono a pranzo....vorrei mandarmi a quel paese da sola ora cerco uno specchio. Povera me.
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A me la notte piace così tanto vorrei cenare guardare la tv con mamma fare un po’ di allenamento di stretching e cucinare dei muffin morbidissimi con le gocce di cioccolato e poi andare al parco col profumo della sera d’estate e dei gelsomini a camminare
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Mi sono sentita la peggiore delle madri, quando ho visto piangere i miei figli.
La peggiore, quando li ho rimproverarti. Quando non sapevo cosa cucinare, quando non ho avuto voglia di cucinare. Quando non mi andava di alzarmi, stare con loro per la troppa stanchezza. Quando non mi andava di lavarli, sistemarli e dargli qualcosa da fare.
Mi sono sentita la peggiore delle madri, quando la casa non è in ordine, quando non riesco ad avere tutto sotto controllo, quando non riesco a dargli tutto ciò che vogliono o, meglio, che meritano. Quando mi mancavano i sorrisi e il buonumore, e mi avanzavano le lacrime e malumore.
Mi sono sentita anche la peggiore delle mogli, quando non ho fatto trovare un piatto pronto da mangiare e gustare a tavola. Quando non sono riuscita a rifare il letto per stare dietro ai bambini, ai loro bisogni e capricci.
Quando sono stata troppo stanca per darti anche un solo bacio prima di dormire. Quando la casa, anche per te, era una caos assolutamente sottosopra e non hai mai detto una parola a riguardo.. anzi mi hai sempre spronata a non pensarci, e pensare che un giorno sarà ordinata.
E forse è vero, un giorno i bambini cresceranno e non avranno bisogno di me in modo così continuativo, quasi eccessivo. La casa sarà più ordinata, pulita e non regnerà il caos e non nego che, possibilmente, quel caos mi mancherà perché vuol dire che i bambini avranno altri interessi.
Però poi, poche volte, mi sono sentita la migliore delle mamme quando ho visto i vostri sorrisi mentre giochiamo, quando le lacrime le caccio via, quando cucino e mangiate di gusto.
La migliore delle mogli quando torni a casa e riesci a rilassarti perché quel giorno, caos o no, va bene così. E andiamo a letto stanchi e sfiniti, col caos, i vestiti e i giochi in giro. Però i bambini sono felici, dormono sonni tranquilli e noi siamo appagati così. Allora mi abbracci e dormiamo sonni tranquilli e profondi anche noi.
Fino al prossimo risveglio che chiama "mamma".
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non riesco a capire da dove arrivi tutta questa malinconia ma sia ieri che oggi non ho proprio voglia di andare a lavoro vorrei solo restare a casa a cucinare torte con mia mamma con in sottofondo un cartone della disney ho solo proprio voglia di stare a casa mia con mamma
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non mi ricordo quale di queste sere, forse ieri sera, o l'altra, non riesco a ricordarmi. ma ho pensato che vorrei tornare indietro nel tempo. a quando avevo ancora 11 anni, e non era successo nulla.
ho pensato che da piccola tutto questo io non me lo aspettavo, era tutto così calmo, felice, andava tutto così bene. la notte non volevo dormire ma mi sentivo al sicuro nel lettone tra mamma e papà, non mi aspettavo avrei smesso di sentirmi così al sicuro, di starci, in quella calma, normale e quieta. pensavo che da grande sarebbe rimasto tutto così e avrei trovato l'amore della mia vita. ci pensavo spesso, ero una bimba romantica. pensavo che ci sarei rimasta per sempre. è così brutto pensare che mi sono solo illusa da bambina. che niente è più come prima e che le cose vanno sempre male.
non se lo meritava. mi ricordo com'ero da piccola, e penso che quella bambina proprio non si sarebbe meritata niente di tutta la merda che ho fatto, visto e passato. mi dispiace. aver rovinato tutto. mi dispiace essere stata così cattiva da rovinarle i sogni. rovinarle il sorriso. toglierle l'innocenza. penso a lei e non riesco a credere che quella ero io, che sono diventata in questa maniera.
quella bambina era fortissima, non aveva bisogno di coccole, bacini, abbracci, lei era in un mondo a parte, un mondo suo e adorava guardare gli altri, adorava cantare, ballare, giocare, adorava sua mamma cucinare, suo padre aggiustare le cose, sua sorella vestirsi, suo fratello che le portava il pane di altamura, e l'altra sorella disegnare con gli acquerelli. lei amava tutto questo, non avrebbe mai voluto rinunciarci. e io gliel'ho portato via. loro glielo hanno portato via. e ora non c'è niente oltre alla mancanza. alle lacrime. al dolore.
quella bambina è diventata solo un po' più grande e ha bisogno di troppe cose. mi dispiace non essere stata forte, da allontanarmi da certe cose, da dire no, per lei.
mi dispiace. non avrebbero mai dovuto farti piangere e darti la colpa del cane che non è più tornato. le cose vanno e non tornano mai, è così e basta.
è tutta colpa mia.
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Vivere da sola (nel senso di non a casa dei miei) e dover cucinare sempre può essere una rottura di coglioni notevole, ma prepararmi cose che mi piacciono tanto senza dover lottare con mia mamma per la cucina??? Non ha prezzo
#anzi#ora che mi sono abituata a farlo#e soprattutto a renderlo meno sbatti possibile quando non ho voglia#cucinare è una delle cose che più mi mette di buon' umore
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Grazie @campanauz per il tag ^_^
1. Are you named after anyone?
No, però ho rischiato di ereditare il nome di mio nonno al femminile e ho ricevuto i nomi delle mie nonne dopo il mio al battesimo. Per fortuna ufficialmente ho solo il mio, che amo molto e in famiglia è solo mio e ai miei tempi era un poco raro quindi me lo sono goduta per bene (poi nel tempo ho conosciuto alcune omonime che comunque lo "portano" egregiamente ^_^)
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Pianto di commozione da empatia mi capita spessissimo, l'ultimo qualche lacrima poco fa vedendo una scena al volo di un episodio di Heidi su youtube. Pianto serio da tristezza, coi singhiozzi, qualche settimana fa in un momento di crisi e sfogo esistenziale. Piango molto comunque, è il mio modo di sfogare lo stress quando sono al colmo della frustrazione.
3. Hai figli?
No.
4.Fai largo uso del sarcasmo?
Boh, largo non direi, cerco di non usarlo con chi non può capirlo, per esempio le mie nipotine o il mio capo in ufficio.
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
Nessuno seriamente, mi piace correre per divertimento, non sono in condizioni di farlo per sport. Vado in bici ogni giorno ma anche questo non per sport, anche se vorrei fare ogni tanto giri più lunghi. Da bambina ho fatto qualche anno di ginnastica artistica e poi in quarta o quinta elementare ho convinto mia mamma che non faceva per me. Idem con nuoto, mi sa che ho resistito due anni e comunque non ho mai imparato a nuotare a stile libero. Alle medie ho fatto un corso di canottaggio, ma abbiamo interrotto per mancanza di fondi e iscritti prima di uscire dalla piscina dopo meno di una dozzina di lezioni. Alle superiori sono stata una delle tre ragazze che si è presentata alla prima lezione del corso di calcio, che ovviamente non è proseguito. Il mio compagno ha provato a insegnarmi a usare i pattini ma ha rinunciato per paura che mi facessi male e non posso dargli torto considerata la mia scarsa coordinazione. Mi piacerebbe giocare di più a racchettoni, sto aspettando che crescano le mie nipotine perché per ora in famiglia non piace a nessuno T_T
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Lo sguardo.
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Verde oliva al centro dell'iride con un cerchio grigio intorno.
8. Scary movies or happy endings?
Lieto fine è meglio, però se muoiono tutti ed è una bella storia va bene lo stesso. Non amo gli spaventi, ma la violenza catartica è una delle mie componenti preferite. Alla Spartacus, per dirne una.
9. Qualche talento particolare?
Non credo.
10. Dove sei nato?
A due passi da dove abito.
11. Quali sono i tuoi hobby?
Disegnare, cucinare, correre, leggere, scrivere, cucire, giocare a inventare le storie con le mie nipoti, guardare serie tv, anime e documentari e film e chi più ne ha più ne metta XD
12. Hai animali domestici?
Non più e soffro molto la mancanza del mio gatto, anche se non vivevamo più insieme da anni. Se potessi prenderei cani e gatti, anche se non ho mai avuto un cane e non so se sarei capace di educarlo e farlo stare sereno.
13. Quanto sei alta?
Meno di quanto sia generalmente previsto da chi vende pantaloni, infatti devo quasi sempre fare l'orlo.
14. Materia preferita a scuola?
A volte italiano, a volte storia. Però nessuna che mi facesse dire "ah, che bello ora arriva l'ora di questa materia".
15. Dream job?
In una storia del Topolino c'era Paperino che finiva a fare il collaudatore di materassi e mi ha sempre affascinato come opzione. Se qualcuno volesse pagarmi per farmi passare il tempo a praticare uno dei miei millemila hobby, ben volentieri.
Non taggo nessuno ma se siete arrivati fino qui sentitevi invitati a partecipare se vi va ^_^
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