#cose che non saprei come dire
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certe cose sono belle solo dette o con le canzoni o in un altra lingua per esempio lo spagnolo
dio parlami in spagnolo e mi faccio fare qualunque cosa da te
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«Avrò avuto vent’anni, non ero nessuno e non avevo fatto ancora niente. Mi trovai in uno studio televisivo davanti a un dirigente loquace ed entusiasta: “Lei è fortunata. La vede quella scalinata? La scenderà ogni settimana con un abito meraviglioso e una benda sugli occhi. Nell’ultima puntata se la toglierà per annunciare i premi della Lotteria Italia”.
Lo guardai e poi dissi la mia: “Grazie, ma odio le scale, in giro ci sono almeno ottomila ragazze più belle di me e questa cosa può farla chiunque. Lei forse non lo sa, ma lo scoprirà: io sono bravissima”.
Mi sono impegnata perché come diceva mia madre: “Se le cose non le fai bene, poi devi rifarle due e tre volte”. Non mi piace perdere tempo. Se però una cosa non la sento, la rifiuto. Perché non ho mai creduto nel rimmel o nel mio personaggio, ma nell’idea, nella creatività e nel destino. Sono rimasta sempre me stessa e ho provato a non cambiare pelle.
Timida, che quando ricevo un premio o un riconoscimento smetto quasi di parlare e a disagio, un disagio profondo, quando intorno a me c’è troppa gente. Divento un’altra e alle grandi feste non vado mai. Non saprei cosa dire e cosa fare e cercherei subito un modo per fuggire. Se mi fossi specchiata nel successo sarei stata insopportabile. Ho cercato di evitarlo, per me e per le persone che avevo intorno, ma non ho faticato perché è la mia natura.
Oltre il balletto, le prove, le canzoni, il trucco, i concerti e tutto il resto, c’ero sempre io. Quella che dimessa e struccata va in vacanza a un’ora da Roma e d’inverno indossa il golf e la calzamaglia perché sente freddo. Amo il mio nido e le mie piccole certezze. La Carrà mi è simpatica, ma con Raffaella Pelloni ci vivo tutti i giorni. La vita è una partita a carte e a me piace avere il mazzo in mano. Io me la sono giocata. A volte ho pagato un prezzo e altre mi è andata bene, ma non posso dire di non essermi divertita».
Raffaella Carrà
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Se qualcuno mi chiedesse "'come stai?" risponderei "tutto bene", perché non sono una persona a cui piace parlare e dire le cose, ma se mi ci dovessi soffermare su questa domanda e dare una vera risposta, io non saprei che risposta dare, perché non lo so come sto, non lo so. Ho tanti pensieri nella mia mente e non li riesco a mettere a posto o far tacere la mia mente, sento tante mancanze, a partire da me stessa, ho perso quella gioia, felicità, la voglia di fare e da un sacco di tempo, mi manca qualcuno da avere veramente al mio fianco con cui lasciarmi andare seriamente, con cui non avere paura di nascondere una parte di me stessa, mi manca la voglia di vivere ogni tanto ed è brutto dirlo.
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Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se potessi tornare studente?
Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orecchio dei doveri non ci sento.
Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo.
Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi.
Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua.
Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi.
Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che – dite – valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io?
E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No.
Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia.
Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni.
Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi.
Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l’occhio a trasformare la luce in immagini.
Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.
E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla.
Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano.
Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete ditemelo.
Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri?
Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno?
Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità.
Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni.
E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi?
E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano…
Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi.
Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.
Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato.
Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego.
E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami.
Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi.
E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite.
Per questo, un giorno, vi ricorderò.
- Alessandro D'Avenia
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A volte non riesco a dormire, come oggi come ora, penso alla mia vita, a ciò che è stato, che è e che sarà e spesso mi rabbuio. Mi rendo conto che in fondo pur essendo cambiate tante cose, essendo cambiata io, certe dinamiche rimangono le stesse mentre cambiano solo i figuranti.
Mi piacerebbe poter asserire che la mia vita sia quella che desideravo per me quando ero bambina, con le persone giuste attorno, con quella giusta a fianco, realizzata e felice; non posso dire che tutto sia perduto o di non aver realizzato nulla rispetto a questi proponimenti fanciulleschi, tuttavia non mi sento felice.
Mi chiedo se io la felicità l'abbia poi davvero conosciuta ed incontrata, se saprei poi realmente riconoscerla o se stia perseguendo un miraggio o un'idea effimera partorita dalla mia mente, ma che poco ha a che vedere con la felicità e la gioia pura di una persona che si sente in pace con sé stessa ed il mondo, oppure che abbia quantomeno quello o quei buoni motivi per cui esserlo; ciò poiché non credo ci sia una definizione univoca di felicità o quantomeno ritengo per ciascuno di noi assuma sfaccettature e contorni differenti.
In questi anni, soprattutto da quando ho finito l'adolescenza, mi sto mettendo molto in discussione, rifletto molto e cerco di compiere passi verso l'accettazione della mia persona e l'amor proprio, anche attraverso la creazione di un'autostima che non ho mai avuto del tutto; questo per me è un percorso tutt'altro che in discesa e che compio giorno per giorno tra alti e bassi, dove non mi sento ancora arrivata e dove posso dirmi orgogliosa dei passi avanti compiuti fin'ora e che sto compiendo, tuttavia non posso dirmi felice.
Ho imparato tanto su me stessa e gli altri, ho migliorato il mio stile di vita, ho allontanato persone ed abitudini che non mi facevano stare bene e crescere, ho studiato, imparato tanto e da tante persone, mi sono persino laureata, eppure non riesco a goderne e questo mi butta un po' giù in momenti di riflessione come questo nel quale sto scrivendo.
Noto che più mi accetto e mi amo e più sono sola, accetto la mia solitudine e mi piace, ma la differenza tra solitudine e sentirsi soli è sottile, e noto che più proseguo nel mio percorso e più lascio dietro di me persone che credevo ci sarebbero state fino all'ultima pagina, mi dico che si cresce, si matura e si cambia e che forse in alcuni casi questo dimostra anche le persone che sono loro davvero, ma a volte ne dubito. Talvolta vorrei talune ci fossero a vedere i passi in avanti ed i traguardi raggiunti e ciò mi fa soffrire, ma poi ricordo che ciò che sto facendo è in primis per me e quindi devo goderne io.
Il problema che mi attanaglia e su ciò credo dovrò lavorare tanto, è proprio questo, come si fa ad essere felici?
(riflessioni senza senso)
-umi-no-onnanoko ( @umi-no-onnanoko )
#life#vita#umi-no-onnanoko#write#writer#writing#scrivere#scrittura#scrittrice#pensieri#pensiero#thought#thougts#free thought
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Avrei voluto vedere il mondo cambiare insieme a te, non vedere te cambiare insieme al mondo. Oggi hai sorriso? Ricordo che un tempo ci raccontavamo persino i sogni che avevamo fatto la notte stessa; ricordo che prima di addormentarmi speravo di sognare nitidamente, per poterti raccontare. Un tempo parlavamo di tutto, e niente era mai banale. Un tempo tu sapevi tutto quello che le persone accanto a me non avrebbero mai sognato. Parlavamo più che altro delle nostre emozioni, e mettevamo sempre in secondo piano i fatti, non perché non fossero importanti, è solo che se ci pensi bene, puoi trovare qualsiasi persona a cui raccontare superficialmente la tua giornata, ma non puoi far capire a tutti cosa -e con che intensità- ci ha fatto soffrire, o gioire. Intensità. Il nostro rapporto lo descriverei con poche parole, ed intensità è certamente una di queste. Intensità con cui due sconosciuti sono diventati, nel giro di pochi mesi, profondamente l'uno parte dell'altro. L'intensità delle nostre parole, come quando ti scrivevo che mi sentivo solo e tu mi dicevi che c'eri. Ti credevo sempre. Non li senti i chilometri di distanza, quando a legarti con qualcuno sono le emozioni. Se qualcuno mi chiedesse quando abbiamo smesso di essere semplici conoscenti e abbiamo iniziato a diventare intensi conoscenti, non saprei dirlo. E se qualcuno mi chiedesse quando abbiamo smesso di essere quello che eravamo -e un nome non lo so proprio dare, a quello che eravamo- allora direi che probabilmente è stato quando abbiamo cercato di comportarci come persone normali. Abbiamo iniziato a perderci noi stessi quando, al posto di parlare di emozioni, abbiamo iniziato a scambiarci i fatti. Le cose quotidiane. Storie d'amore e storie di un bacio. Problemi della vita. Scuola, lavoro. Tutte cose troppo distanti da noi, da noi che ci eravamo legati proprio perché avevamo saltato quella parte in cui si inizia a conoscersi e ci siamo conosciuti subito, nudi.
Se potessi farti una domanda, la mia domanda sarebbe: oggi hai sorriso? Perché una volta me lo hai detto con tanto entusiasmo, "oggi ho sorriso", che ogni giorno dopo quel giorno ho sperato di sentirtelo dire ancora. Però non è successo: forse è da quel momento che abbiamo smesso di essere nudi tra noi, e ci siamo rivestiti un poco alla volta. E se oggi hai sorriso, ti prego, anche se probabilmente so che non leggerai mai queste parole, fammelo sapere. In qualsiasi modo.
Ho bisogno di sapere.
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“ «Com'è strano, — pensava Veročka — già le sapevo dentro di me, già le presentivo, tutte le cose che ha detto sulle donne, sui poveri, sull'amore. Dove le ho imparate? Forse nei libri che ho letto? No, non là. In quei libri ci sono tanti dubbi, tante riserve, e ogni cosa sembra insolita, incredibile. Come si trattasse di sogni belli, ma irrealizzabili! A me sembra invece che questi sogni siano semplici, semplicissimi, comuni, che senza di essi non si possa vivere, che si dovranno avverare senz'altro. Eppure, secondo me, questi libri sono ottimi. George Sand; per esempio, è così buona e morigerata, eppure, tutto in lei è sogno! E i nostri? No, nei nostri non si parla di questo. In Dickens, invece, sì, ma tutto è come senza speranza; certo, lui se l'augura, perché è buono, però sa bene che non si avvererà. Come fanno costoro a non sapere che in mancanza di questo non si può vivere e che bisogna darsi da fare, e si lavorerà senz'altro, perché non ci siano più uomini poveri e infelici? Ma che, forse non lo dicono? Dire lo dicono, ma provano solo pietà, mentre pensano che tutto resterà com'è ora: sì, qualcosa migliorerà, ma per il resto. No, essi non dicono le cose che io penso. Se le dicessero, saprei che le persone buone e intelligenti ragionano come me. E invece sinora ho creduto di essere l'unica a pensarla così, perché sono una stupida. Nessuno pensa come me, nessuno si aspetta che le cose cambino realmente. E ora lui assicura che la sua fidanzata ha detto a tutti coloro che l'amano che le cose andranno proprio secondo le mie idee. E ha parlato così chiaramente, dice lui, che tutti già lavorano perché tutto avvenga al più presto. Che donna intelligente! Ma chi è? Lo saprò di certo. E come sarà bello, quando non ci saranno più poveri, quando nessuno sarà costretto a ricorrere agli altri per bisogno, quando tutti saranno allegri, buoni, felici...». Assorta in queste riflessioni, Veročka si addormentò, e dormì profondamente, senza sognare. “
Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, Che fare?, traduzione e cura di Ignazio Ambrogio, Edizioni Studio Tesi (collana Collezione Biblioteca, n° 85), Pordenone, 1990; p. 78.
NOTA: Il testo originale (Что делать?), che Černyševskij scrisse in prigionia nella fortezza di Pietro e Paolo a San Pietroburgo, cominciò ad essere pubblicato a puntate nel 1863 sul mensile letterario russo Sovremennik sino a quando le autorità sequestrarono l’intera opera, ritenuta sovversiva. Il libro circolò quindi clandestinamente fino alla pubblicazione integrale nel 1905, all’inizio della breve stagione riformista dello zar Nicola II.
#Che fare?#leggere#letture#idealismo#libri#George Sand#Nikolaj Gavrilovič Černyševskij#citazioni letterarie#progressisti#letteratura russa del XIX secolo#libertà#progresso#narrativa#intellettuali dell'800#liberazione#progressismo#gioia#ideali#romanzi russi del XIX secolo#San Pietroburgo#giovani#futuro#Ignazio Ambrogio#Russia zarista#Russia#riformismo#vita#lotta di classe#socialismo#libertà di pensiero
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mi sento spesso in colpa a dire che sto male. o mi vergogno. o entrambe le cose. per questo motivo tutti pensano sempre di me che io stia bene, e si sorprendono quando vomito fuori una qualche verità all'improvviso, quasi sorridendo, davanti a un caffè. mi sento comunque in colpa, anche se la mia verità, e me la sono detta oggi mentre camminavo, quantificandola in modo oggettivo, è che per almeno 15 giorni al mese sento come se una persona accendesse un fiammifero nella mia vagina, lo spegnesse, e tutto poi bruciasse lentamente come brace. mi ripeto questa verità visiva e semplice, come se la dovessi far comprendere a un bambino, dicendomi che potrei sopportare qualunque cosa, che saprei stare meglio in qualunque altra condizione psicologica. che potrei anche accettare il resto - giuro che lo accetto, accetteró ogni cosa - la paura del cibo, gli acufeni, le incertezze e le paure, questa inedita tristezza nello star sola. ma la mia verità è la mia verità. continuo a camminare, a correre anche se mi fa soffrire e non mi riesce più bene, a piegarmi su ginocchia che mi fanno sempre più male perché no, questo corpo non si muove come dovrebbe, a spiegare in inglese che mi spiace ma no, non farà meno male in un'altra posizione, è che proprio non va, è così da tanto tempo; e nel mentre vorrei piangere per il dolore, per la frustrazione, e perché vorrei dormire con un altro. cristo
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Come ti sei avvicinato a Tumblr?
L’ho scaricata durante la pandemia e devo dire che tralasciando alcuni bug per cui la utilizzo di rado mi ci trovo bene.
Ho conosciuto poche persone e quest’ultime erano un po’ strafottenti non c’è molta libertà di pensiero, dovresti pensarla solo ed unicamente come loro però, non sono questi i problemi per me e in ogni caso ho avuto la possibilità di trovare un una ragazza molto simile a me, mi farebbe piacere che dessi un’occhiata al suo blog che ti ho lasciato su Instagram ;)
Cosa ne pensi della community?
In realtà ti avevo già anticipato qualcosa sopra, che dire questa applicazione è divisa a metà: da una parte chi utilizza Tumblr per passione, sfogo, e magari perché no per fare semplicemente qualche amicizia mentre dall’altra leggo tanta cattiveria e in determinati casi questa cattiveria diventa odio nei confronti di blog che fanno il loro zitti zitti ma chiaramente questo da evidentemente fastidio perciò ho letto numerose frecciatine alquanto infantile questo loro comportamento a mio modo di vedere le cose.
Dove trovi ispirazione quando scrivi?
Scrivo da quando sono entrato in depressione circa 8 anni fa.
La sera quando torno da lavoro prendo e vado al mare poco distante da casa mia e mi metto a scrivere poesie che col tempo pubblicherò.
Tumblr l’ho scoperto come dicevo nel 2020 e questo un po’ mi dispiace perché tutti ne parlano bene della community di diversi anni fa.
Quale idea ti sei fatto sulla nostra generazione?
Ne parlerò nel mio blog in futuro ho già una bozza a riguardo, non voglio anticipare nulla anche se credo che ci sarebbe molto da esporre su questo tema.
Perché un altro blogger dovrebbe iniziare a seguirti?
A questa domanda non saprei darti una risposta precisa, qualora si ritrovassero in ciò che scrivo ben venga ;)
@dalprofondodellanima
#AdOgniBlogIlSuoPerchè
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LASCIA CHE TI SCIVOLI VIA
Quante volte mi sono sentito dire di farmi scivolare addosso una situazione, un'emozione o delle parole.
Lasciare che mi scivoli via, come se la mia pelle fosse unta d'olio.
In effetti, riflettendoci, è una capacità che mi preserverebbe da molte lacerazioni che ho subito. Come uno scudo protettivo sulla pelle, una cotta di maglia.
Eppure non ci sono mai riuscito. La mia pelle è come una spugna, che tutto assorbe. E spesso trattiene a lungo, troppo a lungo.
Così mi devo strizzare, per perdere il peso di alcune parole. O di azioni che subisco.
Penso che la differenza stia non tanto nella pelle, che ho usato come metafora, ma sulla permeabilità o meno dell'anima che sta in ognuno di noi.
Andare oltre non dando peso alle parole che le mie orecchie odono, a quello che i miei occhi vedono. Oppure ascoltare bene, osservare meglio e catturare l'essenza di gesti o verbi che possono anche far male.
Quando sei abituato a notare anche i particolari non puoi sottrarti a questa peculiarità. Io non posso fare a meno recepire.
Questo è il prezzo che pago per come sono fatto.
Ma esiste un altro aspetto. Quello di saper accogliere le parole e i gesti di chi invece è mosso da buoni sentimenti.
Assorbire gesti cordiali e gentilezza mi rende felice.
Se dovessi farmi scivolare tutto, non saprei assorbire anche le cose belle quindi. Una spugna la puoi mettere in una bacinella di acqua limpida o in una di acqua putrida, essa assorbirà nello stesso modo.
O imparo a farmi scivolare tutto, perdendo le parole e le intenzioni di persone meravigliose; oppure pago dazio e nell'accogliere le buone intenzioni farò entrare anche quelle perfide.
Io, che dai gesti cordiali e delle anime buone traggo la forza di andare avanti in questa vita ruvida, sarò quindi sempre condannato a impregnarmi anche delle cattive intenzioni.
Perché non rinuncerò mai a ospitare in me le emozioni belle.
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Come al solito questo paese mi ruba il tempo, la vita, le parole e la voglia di scrivere. Forse perché non c'è niente da dire eppure come 5 anni fa da una parte avrei così tanto da dire da poter diventare un fiume in piena, ma, appunto, non ho il tempo di ordinare nessuno dei centomila pensieri e metterli per iscritto.
Oggi sono andata a lavorare, in sede. Con divisa fatta da giacca, camicia a maniche lunghe, pantaloni e tacchi da 5cm. Quindi sveglia alle 6:30 perché Tokyo è lontana e solo così puoi arrivare in orario (che non è alle 9, ma alle 8:45 perché essere in orario qui vuol dire essere in ritardo). Il lavoro consisteva in un training su come creare una rete LAN. In cosa è consistito? Hanno dato delle slide con dei comandi scritti e mezze istruzioni, ci hanno dato i PC, i router, gli switch e hanno detto: fate. Io uno switch so a malapena cos'è e qual è la sua funzione (solo perché mi sono messa a vedere qualche video prima di partire, sennò non saprei nemmeno quello). Fortuna che c'erano due ragazzini giapponesi volenterosi e insieme ci siamo messi e siamo riusciti a fare qualcosa, sennò fossi stata sola non avrei saputo nemmeno da dove cominciare. Gli altri due cinesi, entrati in azienda 2 anni fa, erano più ignoranti di me. Molto poco chiaro che cazzo si faccia in questa azienda e come funzioni il sistema.
Martedì si è concluso il "training" di 8 giorni che è consistito per l'80% in "filosofia aziendale", questionari giornalieri e settimanali su cosa si è imparato (spoiler: un cazzo), lavori di gruppo inutili, spiegazioni su come fare carriera aziendale (tramite un sistema di punteggi assurdo e complicato) e giusto qualche volta ci hanno parlato delle piattaforme che si utilizzano per "timbrare" o per richiedere i rimborsi ecc (uniche cose utili). Il resto dei giorni? Meeting alle 9 per check di: 1. Che non stai dormendo 2. Che sei vestito correttamente e che sei "sistemato" 3. Per sapere se fisicamente stai bene o sei malato. Il resto della giornata: rispondi alle email degli uffici, fai qualche meeting e studia per prendere le certificazioni - che non ti pagheremo noi e che non dovrai fare durante l'orario di lavoro. Perché mica le sto prendendo per lavorare, le prendo per sport personale giustamente. Va bene.
In tutto questo pagheranno il primo stipendio 25 Agosto e non avremo la possibilità di chiedere nessun permesso per 6 mesi. Fortunatamente ci hanno recentemente pagato il supporto per il trasloco perché sennò stavamo freschi.
Benedico un po' il cielo per aver conosciuto questo indiano che è mio collega e che vive nel mio stesso dormitorio. L'India a quante parte è il Sud Italia del Sud-est asiatico, per molti aspetti (non c'è niente di stupefacente in fondo). Malediciamo questo paese, questa azienda e noi stessi per essere venuti tutti i giorni. Qui è tutto così caro che non ci facciamo capaci di come la gente riesca a vivere. Si pensa sia il paese del pesce e del riso e invece il pesce è quasi inacquistabile da quanto costa (filetti di soli 200gr intorno a 4/5€), il riso che dovrebbe essere come la nostra pasta e invece 5kg costano 15€ (5€/kg). Non è un caso infatti che il tasso di povertà stia salendo alle stelle: gli stipendi sono gli stessi da 25 anni. Questi di che cazzo dovrebbero vivere?
Personalmente, non so mai che cazzo mangiare e vivo di tofu e pesce -che compro solo perché mi piace e perché sono anni che evito la carne nella mia quotidianità. Ma qui è quasi impossibile evitarla, dato che la carne rossa è persino nei contorni di verdure (che non so mai come cazzo cucinare e ogni volta che trovo una ricetta di verdure taaac carne di manzo dentro machecaaaazz - viva il paese del sushi come sempre insomma).
Soffro perché mi manca già la palestra e non è passato nemmeno un mese. Ma con la situazione economica di adesso non mi sembra il momento adatto per ricominciare. Oltretutto non ho ancora una routine e non ho ancora capito come cazzo funziona in questa azienda. Avere un quantitativo proteico adeguato è stato difficile perché le mie fonti proteiche preferite (ovvero yogurt greco e albumi) qui sono inesistenti o insostenibili economicamente nelle quantità che mi servono (tipo yogurt greco a 20€/kg). Mi manca fare le mie colazioni specie le mie omelette e i miei pancakes di albumi.
Ho pensato a quanto sia difficile andare a vivere in un altro paese. Sembra di diventare bambini viziati perché le cose minuscole, quotidiane, che davi per scontato, diventano voragini. E per me la voragine è legata soprattutto al cibo. Persino sui biscotti: noi abbiamo pacchi minimo da 350gr, oltre a una varietà da fare invidia a un biscottificio. Qui i biscotti oltre ad essere di pochissimi tipi (quasi solo cookies/biscotti al burro) hanno pacchi sono da massimo 150gr e finemente impacchettati singolarmente creando bustoni enormi ma leggeri come una nuvola perché sono 80% plastica. I loro dolci sono bombe a mano di carboidrati: mangi 2 daifuku o 2 dorayaki e hai mangiato la stessa quantità di carboidrati di un piatto di pasta da 100/120gr. Ti viene da pensare: se mi mangio la pasta almeno mi sazio, con ste cacatine piccoline mi faccio salire solo la fame. Per le verdure o piatti già pronti idem, vedi i valori nutrizionali e hanno una quantità di zucchero all'interno che manco una fetta di torta.
Banalità... eppure no. Ci vuole tanto spirito di adattamento, tanta pazienza e tanto coraggio ad andare via dal proprio paese. Andare al Nord è letteralmente NIENTE in confronto (sebbene la sofferenza ci sia sempre).
L'unica cosa che potrebbe migliorare di gran lunga la situazione è avere così tanti soldi da permettermi tutto quello che voglio. Ma a volte nemmeno quello basta.
#ovviamente parlo di cibo#my life in tokyo#pensieri notturni#Giappone#real Japan#situazione attuale#palestra#alimentazione#pensieri#expat#lavoro#non sono cose che ho scoperto adesso#sono cose che sto RACCONTANDO solo adesso
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Alzò la mano, interrompendomi. “Non mi interessa quello che stai per chiedermi, Eden, qualunque cosa sia. Rispondi solo alla mia domanda. Credi in un valore supremo?”. Mi mordicchiai l’interno delle guance. Ero rosso in viso, come se mi fossi presentato impreparato a un esame. “Io credo in Dio”. “D’accordo, fantastico, ma quello che intendo è qualsiasi cosa ci sia alla base di Dio. Qualsiasi cosa Dio incarni. Un bene unico e totalizzante. Il centro di tutte le cose”. Tirai fuori il mio libro di testo di biologia, lo sfogliai. “Sì, mi suona bene”. “E se fossimo noi quel valore?”, disse Evan. “Se fossimo noi a dettare un significato alle nostre vite?”. Lo guardai di nuovo. “Chi intendi con noi? Io e te? L’umanità?”. “L’interesse personale, l’egoismo”. Si rigirò la penna a sfera tra le dita. “La volontà di un solo essere umano”. “Non credo che sia così”. “No? E allora cosa credi?”. “Non lo so. Qualunque altra cosa. La beneficenza. L’amore. Il sacrificio di sé. Crescere i figli”. Scosse la testa. “Vivere senza limiti. Avere il coraggio di dire sì a te stesso. Riconoscere che la volontà umana, sprigionata in modo appropriato, definisce il valore”. Sorrisi divertito. “Immagino che per me non sia, non saprei, molto convincente”. Evan si stiracchiò, inarcando la schiena. “Nietzsche rifiuta una delle premesse umane fondamentali che ci stanno a cuore”. Diedi un’occhiata alla biblioteca, invidiando tutti quelli che in quel momento si stavano dedicando con soddisfazione a faccende banali, come completare un compito o scrivere un sms che suonasse abbastanza civettuolo. “Vale a dire?”. “L’anima atomistica”. “Non ti seguo”, dissi. “L’idea classica dell’anima: che esiste, che rende vivo il nostro corpo. Che è qualcosa di indistruttibile e indivisibile. Tu credi in tutto questo, Eden?”. “Certo. Credo di sì”. “Beh, Nietzsche non ci crede. Nietzsche pensa che bisognerebbe sbarazzarsi completamente di questa nozione”. “E tu sei d’accordo”. “Per un po’ lo sono stato. Ma ora non più. Ora, a dire il vero, credo nel contrario”.
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Questa è la storia di un uomo affranto dal potere, dagli impegni, dalle responsabilità.
Pensavo, pensavo a quanti anni sono che non vado più a pescare…
mi piaceva così tanto andare a pescare, non sono più andato…
magari avevo delle cose più importanti da fare anche se in questo momento non saprei dire quali, non sono più andato!
abbiamo sempre delle cose più importanti da fare che non ci fanno stare bene, come se stare bene non fosse abbastanza importante…
io quando andavo a pescare per l’eccitazione mi svegliavo prima della sveglia anzi ero io che svegliavo la sveglia SVEGLIAAA!!!!
e sei lì che peschi e sei solo e se sei solo… sarai tutto tuo non pensi più a niente
non pensi al mutuo da pagare, non pensi alla guerra in corso…
non pensi al mutuo da pagare per mantenere la guerra in corso…
senti una voce gentile, una voce garbata
una voce che abbiamo sentito almeno tutti una volta nella vita, una voce di dentro una voce che ti dice…
uèh… uèh… uèhi… come sei fortunato!
come sono fortunato… come sono fortunato!
per me pescare è un lavaggio un battesimo
l’acqua del fiume se la lasci lavorare ti porta via tutti i tuoi pensieri e forse anche tutti i tuoi peccati, compreso il peccato originale che tra tutti i peccati è quello che più mi sta sulle balle è puro accanimento giudiziario…
l’acqua del fiume se la lasci lavorare ti lava via tutti i tuoi pensieri e forse anche tutti i tuoi peccati e ti rimette al mondo nuovo, ti sistema tutto
e allora ho pensato, a tutta la gente… paralizzata dal potere, diamogli una canna da pesca, diamogli la possibilità di stare con se stessi, aiutiamoli a dimenticare di essere indispensabili gli farà del bene, CI farà del bene! pescare, può sembrare una cosa piccola e banale però è un ritorno alle cose semplici, a quei fondamentali che stiamo perdendo
bene, pescare mi dava la grande occasione di sentire quella voce garbata, quella voce gentile, quella voce che ti dice…
ohh… come sei fortunato!
come sono fortunato, come sono fortunato!
come siamo fortunati… come siamo fortunati
però…
però io ogni volta che sento quella voce un pò mi vergogno e quasi mi imbarazzo…
allora ho pensato… dobbiamo essere messi proprio male, se ci vergogniamo di star bene…
forse è per questo che sono affranto, forse è per questo che non vado più a pescare, perchè mi fa paura sapere che volendo… VOLENDO… posso stare bene.
Di Antonio Albanese
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Mi dispiace molto per ciò che hai passato, sono colpito dalla profondità con cui hai scritto certi passaggi. Ora ti chiedo, come si risale? Come si torna ad avere una visione pulita e positiva della vita? Ma soprattutto, perché non ne sei uscito prima, nonostante tutto il male che vi siete fatti? Da come l’hai descritto sembra atroce, viste anche le tue condizioni…
Questa è la tipica domanda da un milione (almeno per me ahahahah). Non ho mai avuto nessuno che mi abbia offerto soluzioni e/o ricette "pronte", come tantissime altre cose nella vita del resto. Credo che ogni situazione, ogni persona, ogni "legame chimico" tra le persone sia unico ed irripetibile. Poi c'è anche da considerare il "quando" una cosa avviene. Col senno e la maggior maturità di adesso forse saprei stare alla larga da certe cose bloccandole sul nascere. Il "quando" è maturo oggi ma non lo era in passato. Insomma, non siamo mai realmente pronti al 100% nella vita, è tutto una grandissima incognita e questo è ciò che ho imparato dopo 24 anni e mezzo tra felicità e sofferenze (a partire dalla famiglia che per fortuna/sfortuna ho avuto, oggi la apprezzo nei suoi mille difetti, probabilmente non avrei la testa di adesso e che sarà sempre più matura con gli anni a venire).
Sto divagando.
Ho pensato tante volte a cose come: "e se ne fossi uscito prima?", "e se avessi ascoltato i miei amici e mia madre?". Col tempo ho capito che è inutile pensare ai vari "se" ma reagire direttamente davanti alla realtà delle cose, prendendo anche delle decisioni drastiche a volte (come una rottura). Io penso che le cose siano dovute andare come sono andate, né chiudendola prima, né chiudendola dopo, la "vita" ha voluto così (so che parlo molto da buddhista o credente dell'universo ma ti assicuro che non lo sono in senso lato ahaha)
E la cosa più buffa è che non sono nemmeno stato io ad uscirne. Lei mi ha scritto mentre ero ricoverato e dopo la dimissione le ho dato un'altra chance nonostante avessi TUTTI contro (psichiatri inclusi). Siamo durati per altri sei mesi circa e alla fine ha chiuso lei (dopo che era evidente che si stesse spegnendo il nostro "fuoco", ci credo, ero apatico ed ero ancora sotto abbondanti dosi di cinque psicofarmaci diversi). Insomma l'ha chiusa lei ed io ci sono rimasto male ma non come le nostre precedenti due rotture. Non ci sentiamo dal mese in cui abbiamo rotto e va benissimo così. Però questo è per dire che io ero talmente cieco al punto che ha dovuto chiuderla lei, altrimenti io ci sarei stato ancora. E lei ha chiuso definitivamente (cosa che avrei dovuto fare io dopo i primi tre mesi, non dopo due anni). Ma io, da bravo scemo (e da persona cieca, testarda, che non ascoltava nessuno in mezzo a quel vortice) sono andato contro a tutto e tutti, pure contro al mio evidente stato di salute mentale.
Questo discorso è per dire che anche il mio "quando" risalire non era una cosa per cui fossi esattamente pronto, soprattutto perché il "quando" l'ha scelto l'altra persona. È stata lei a farmi uscire, non sono io che sono uscito da quella situazione, sono stato obbligato a farlo
Io vorrei veramente aiutarti ma ogni situazione è a sé stante e le persone che ne fanno parte sono diverse, ognuno con le proprie storie e i propri trascorsi. Poi nemmeno cose come il gaslighting sono belle, anzi, ti distruggono nel tempo senza che nemmeno tu ne sia consapevole e inizi a diventare una persona che non sei. Io mi sono riguardato indietro e mi sono reso conto di essere stato una persona che non ero. Ma mentre succedeva non me ne sono neanche accorto. Ci ho fatto caso solo mesi dopo essere uscito da quel tornado.
Infine: la vita è bella e la positività sta ovunque. Tutte le cose che sto dicendo non sono successe in una settimana. Sia le cose brutte che quelle belle post rottura si sono create in tanto tempo. Secondo me bisogna partire dall'avere più positività possibile intorno (tra ambiente, amici, famiglia, relazioni...) per poi diventare tu quella fonte di positività per gli altri. E poi anche allenarti a vedere le cose belle e positive intorno a te aiuta (rimanendo anche un po' coi piedi per terra). A volte siamo fin troppo concentrati sulle brutture e storture della vita e perdiamo di vista il fatto che l'obiettivo finale è sentirsi realizzati ed essere felici. Ma per raggiungere questo bisogna anche uscire dalla propria comfort zone e dai nostri circoli viziosi malsani facendo qualche sacrificio (e a volte bisogna proprio andarsene da certe situazioni, certe persone e certi ambienti)
Scusa ma hai toccato un argomento molto ampio e io ne avrei ancora da dire, sono in modalità sintetica ahahah
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Grazie a @der-papero per il tag :) *abbraccino*
Let's start
1. Are you named after anyone? Nope. I miei genitori sono molto credenti e hanno scelto un nome biblico che, alla fine, purtroppo, mi si addice proprio alla perfezione (per il personaggio a cui apparteneva. Amen).
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto? Ieri. È un periodo particolarmente difficile quindi il pianto è un po' più ricorrente del solito, il che mi permette di sfogare più spesso.
3. Hai figli? Non ne ho mai partorito uno, ma se dovessi contare tutti quelli che ho "adottato" vivendo il periodo universitario, finirei tutte le dita su cui contare (mani e piedi eh)
4. Fai largo uso del sarcasmo? Not that much, ma ogni tanto ci sta
5. Quali sport pratichi o hai praticato? Purtroppo non ne ho praticati, avrei voluto fare almeno danza e nuoto/pallavolo ma il contesto in cui sono cresciuta non me lo ha permesso :c
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona? Mh forse la gentilezza dei modi, non saprei dire. Cioè mi vengono in mente tante cose che dirne solo una è un po' difficile eheh
7. Qual è il colore dei tuoi occhi? Vabè ma è risaputo che il colore nella sua usuale banalità non è fondamentale, bensì lo è lo sguardo, quindi soffermarsi sul castano risulta un tantino minimizzante rispetto alla profondità di ciò che è considerato essere lo specchio dell'anima, suvvia
8. Scary movies o happy endings? Per guardare uno scary movie devo essere proprio ispirata a farlo e soprattutto non deve essere splatter perché questo azzera inevitabilmente qualsiasi mio interesse. Boh happy ending in un thriller psicologico può non guastare :)
9. Qualche talento particolare? A detta dei miei amiki sono un essere umano decente, può bastare? :') cioè, non si fanno queste domande a chi c'ha na sottospecie di sindrome dell'impostore :c
10. Dove sei nato? L'universo, con me, ha iniziato a ridere già quando alla nascita mi ha buttata al centro di un'isola, che secondo me è il posto più sfigato in cui nascere soprattutto se si ama il mare, come me. Eqquindi sugnu sicula cchiù annintra (=più all'interno)
11. Quali sono i tuoi hobby? Quando smetterò di procrastinare ne avrò uno, ne sono certa
12. Hai animali domestici? No. Vorrei un giorno averne e dar loro la possibilità di vivere all'aperto quindi spero di poter vivere un giorno in campagna
13. Quanto sei alto? Con mezzo centimetro abbonato arrivo a 1,66 m
14. Materia preferita a scuola? Anatomia.. chimica organica, biochimica... ehm in generale mi affascinavano le materie scientifiche
15. Dream job? Nell'ambito delle neuroscienze :3
Dunque, ora dovrei taggare un po'di personcine e sperare di non scatenare la loro ira funesta (scusatemi in anticipo:')). Scelgo gli ultimi che mi hanno scuoricinata
@guelfoalexander @deadlinesuperstar @cinquebianko @the-empty-walls @lejournaldelajoiedevivre @yugen3
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m è un’amica recente e speciale. siamo stati molto legati, fraterni. poi ora, da qualche mese, le cose si sono come congelate. lentamente. fino ad arrivare ad ora. dove sento un suo scontento e sento che me lo nasconde. sento che da qualche parte è ferita o arrabbiata (e le due cose in lei coincidono). sento che abbiamo qualcosa di perduto e non troviamo il modo di ricostruirlo. mi si attivano degli strani sensi, che mi fanno sentire in colpa e che allo stesso tempo mi spaventano (dovrei star più con lei? cosa dovrei fare per aiutarla?; ma anche: non è che tutto questo è un suo veleno, di quelli che ha spesso con sé e in sé? non è che mi sta ferendo?) mi torna in mente amalia e come è finita con lei. lo temo ancora, temo lo stesso. non saprei dire però dove io abbia sbagliato.
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