#convenzione di Ginevra
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scritti-di-aliantis · 3 months ago
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(Foto: tattoedaime)
Posizione tattica di studio, prima dell'attacco e del combattimento...
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...battaglia in corso. L'esito è incerto. Fino all'ultimo sospiro... gemiti e fatiche dal letto di battaglia... I condomini s'incazzano...
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(Foto: machine-x)
...verifica delle condizioni della vittima dopo la vittoria in battaglia, secondo la Convenzione di Ginevra! "Lo vuoi un caffè?"
Aliantis
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colonna-durruti · 7 months ago
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Mediterranea
Morto Bija. Trafficante di esseri umani. Collaborava con il Governo italiano
Ieri sera tutte le agenzie hanno battuto la notizia dell'uccisione avvenuta a Tripoli di "Bija", il trafficante di esseri umani e alto ufficiale della cosiddetta guardia costiera libica.
Bija, ricercato internazionale per crimini contro l'umanità, era la prova vivente delle collusioni tra il governo italiano, quello attuale e i precedenti, e i grandi trafficanti di persone, armi, droga, petrolio. Il fatto che Bija fosse un alto ufficiale di quella che viene definita "Guardia costiera" ma in realtà è una copertura anche per far viaggiare milioni di euro dall'#Italia alla #Libia, necessari per pagare il lavoro sporco di cattura in mare, deportazione e detenzione di migliaia di donne, uomini e bambinǝ migranti, non figura nemmeno come interrogativo nei lanci di agenzia. Si descrive questo esponente della milizia di #Zawhya per come risulta dalle numerose inchieste, anche della Corte dell'#Aja, ma poi non una parola sul fatto che fosse uno dei destinatari di soldi e mezzi forniti dall'Italia. Le sue foto a bordo delle motovedette italiane spiccano.
E dunque per noi, che Bija l'abbiamo conosciuto grazie ai racconti di persone migranti che abbiamo avuto a bordo, che ci hanno raccontato le torture, gli stupri, le sofferenze che era capace di infliggere ad altri esseri umani, non è la sua morte violenta il tema. I gangster, i capimafia, di solito vengono eliminati in questo modo. E qualcuno ora prenderà il suo posto, e non sarà migliore di lui. Il tema per noi è come sia possibile che questo paese, il nostro, non si fermi subito e chieda conto alla presidente del consiglio, al ministro Piantedosi, di questi rapporti con le mafie dei trafficanti e dei torturatori. Come è possibile che un parlamento come quello italiano, non batta ciglio vedendo queste cose. Anzi. Piantedosi, uno che "lavora sistematicamente" ai respingimenti di esseri umani, vietati dalla Convenzione di #Ginevra, rivendica i suoi "successi". Ecco, ora che è morto Bija, dovranno certamente sostituirlo. Ma questo mondo abbonda di macellai, purtroppo.
Ma non chiedano a noi di "collaborare" con questi loro amici. Noi non collaboriamo con chi tortura, uccide, stupra e ottiene milioni di euro attraverso il business del respingimento. Quando Piantedosi ci punisce perché non abbiamo collaborato con i banditi, per noi è una medaglia al valore.
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mistressemmedi · 2 months ago
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Ripetere il jingle di "Tutta l'Italia"più di tre volte va contro la convenzione di Ginevra
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stunmewithyourlasers · 10 days ago
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Notte insonne,3 ore di sonno stentate e mi devo alzare per un tirocinio.
Convenzione di Ginevra hello???dovresti tutelarmi oh è sabato .
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curiositasmundi · 1 year ago
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[...] Come giornaliste, giornalisti, video e fotoreporter siamo sconvolti dal massacro dei nostri colleghi, delle nostre colleghe e delle loro famiglie da parte dell'esercito israeliano. Siamo al fianco dei nostri colleghi e delle nostre colleghe di Gaza. Senza di loro, molti degli orrori sul campo rimarrebbero invisibili. Ci uniamo alle nostre colleghe e ai nostri colleghi statunitensi e francesi nel sollecitare la fine delle violenze contro i e le professioniste dell’informazione a Gaza e in Cisgiordania, e per invitare i responsabili delle redazioni italiane ad avere un occhio di riguardo per le ripetute atrocità di Israele contro i palestinesi. Le nostre redazioni, senza il lavoro di chi ora è sul campo, non sarebbero in grado di informare il pubblico italiano rispetto a ciò che sta accadendo nella Striscia. Eppure, la narrazione quasi totalitaria della nostra stampa sembra essere poco oggettiva nel riportare le notizie. Molteplici redazioni italiane e occidentali stanno continuando a disumanizzare la popolazione palestinese e questa retorica giustifica la pulizia etnica in corso. Negli anni sono state diverse le accuse di doppio standard. Tra le più eclatanti il caso della BBC, analizzato dalla Syracuse University nel 2011 e lo studio di come, negli ultimi 50 anni, la stampa statunitense ha coperto le notizie relative alla questione palestinese con una predilezione per il punto di vista israeliano. Nel 2021 più di 500 giornalisti hanno firmato una lettera aperta in cui esprimevano preoccupazione per la narrazione dei fatti di Sheikh Jarrah. Nelle stesse settimane, diversi accademici italiani hanno inviato una lettera aperta alla Rai in merito alla copertura delle stesse notizie. Le nostre redazioni hanno in troppi casi annullato le prospettive palestinesi e arabe, definendole spesso inaffidabili e invocando troppo spesso un linguaggio genocida che rafforza gli stereotipi razzisti. Sulla carta stampata e nei programmi di informazione, la voce palestinese è troppo spesso silenziata. Non è stato dato abbastanza spazio a giornalisti e giornaliste arabofone esperti ed esperte sul tema, che sarebbero in grado di dare anche il punto di vista dei Paesi della regione. La copertura giornalistica ha posizionato il deprecabile attacco del 7 ottobre come il punto di partenza del conflitto senza offrire il necessario contesto storico - che Gaza è una prigione de facto di rifugiati dalla Palestina storica, che l'occupazione di Israele dei territori della Cisgiordania è illegale secondo il diritto internazionale, che i palestinesi sono bombardati e attaccati regolarmente dal governo israeliano, che i palestinesi vivono in un sistema coloniale che usa l’apartheid e che in Cisgiordania continuano i pogrom dei coloni israeliani contro la popolazione indigena palestinese. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno dichiarato di essere "convinti che il popolo palestinese sia a grave rischio di genocidio", eppure diversi organi di informazione non solo esitano a citare gli esperti, ma hanno iniziato una campagna denigratoria contro esperti indipendenti delle Nazioni Unite, come Francesca Albanese, Relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati. Il nostro compito, però, è fare informazione, fare domande scomode e riportare i fatti. L’omissione delle informazioni e il linguaggio che incita alla violenza, come la richiesta della bomba atomica su Gaza, sono comportamenti che rischiano di diventare complicità di genocidio, ai sensi dell’art. II.c della Convenzione di Ginevra del 1948 sul genocidio. [...]
Via - Lettera aperta: Condanna della strage di giornalisti a Gaza e richiesta di una corretta copertura mediatica della pulizia etnica e del rischio genocidio in corso.
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generaleinverno · 2 years ago
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Ok che erano anni che non si potevano fare le sagre ma le cover band di Vasco e Ligabue alla domenica sera sono contro le convenzione di Ginevra.
E non ce l'ho perché la sagra è a 400m da casa mia. Preferirei serata liscio e Casadei ngl.
Grazie Reagan, bombardaci, Giulio.
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avvloscerbo · 1 month ago
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La Commissione di Vicenza Riconosce la Protezione Speciale per Integrazione
📰 Nuovo articolo sul blog! 📌 **Titolo:** La Commissione di Vicenza Riconosce la Protezione Speciale per Integrazione 📝 **Anteprima:**  La Commissione di Vicenza Riconosce la Protezione Speciale per Integrazione Introduzione La Commissione Territoriale di Vicenza ha deliberato in data 10 marzo 2025 sul caso di un cittadino marocchino, riconoscendo la protezione speciale ai sensi dell’art. 32, comma 3, del D.Lgs. 25/2008. La decisione è di particolare interesse poiché analizza in profondità gli elementi di radicamento socio-lavorativo del richiedente e l’impatto di un eventuale rimpatrio sul suo diritto alla vita privata e familiare. Quadro Fattuale e Normativo Il richiedente, nato in Marocco nel 2001, ha lasciato il paese nel settembre 2021, giungendo in Italia nel luglio 2022. Nel corso dell’audizione, ha dichiarato di aver lasciato il Marocco a causa di difficoltà economiche e dell’impossibilità di sostenere le cure mediche dei genitori. La sua richiesta di protezione internazionale è stata formalizzata presso la Questura di Rovigo nel gennaio 2023. La Commissione ha valutato la domanda alla luce della Convenzione di Ginevra del 1951, del D.Lgs. 251/2007 e del D.Lgs. 25/2008, escludendo il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, in quanto il richiedente non ha allegato elementi di persecuzione personale né un rischio di danno grave derivante da violenza indiscriminata. Elementi Chiave della Decisione La protezione speciale è stata concessa sulla base di tre fattori determinanti: Radicamento socio-lavorativo Il richiedente ha dimostrato di essere occupato in Italia dal marzo 2023 con contratti di lavoro a tempo determinato e, successivamente, a tempo indeterminato nel novembre 2024. Ha prodotto la documentazione fiscale relativa ai redditi percepiti e le buste paga, attestando una condizione di autonomia economica. Tutela della vita privata e familiare La Commissione ha riconosciuto che il richiedente, essendo presente in Italia da oltre due anni e con un’occupazione stabile, ha sviluppato legami sociali e professionali significativi. L’eventuale rimpatrio costituirebbe una violazione del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’art. 8 CEDU e dell’art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998. Situazione economica e sanitaria nel paese di origine Il richiedente ha dichiarato di essere l’unico sostegno economico della sua famiglia e di non poter garantire, in caso di ritorno in Marocco, un adeguato sostegno ai genitori malati. La Commissione ha considerato le difficoltà di accesso ai servizi sanitari e alle opportunità lavorative nel paese di origine. Conclusione La decisione della Commissione Territoriale di Vicenza conferma il ruolo della protezione speciale come strumento di tutela per chi ha costruito un percorso di integrazione significativo in Italia. Il provvedimento evidenzia l’importanza del radicamento lavorativo e sociale come elemento determinante per l’applicazione dell’art. 32, comma 3, del D.Lgs. 25/2008, in linea con i principi sanciti dalla CEDU. Avv. Fabio Loscerbo - Lobbista in materia di Migrazione e Asilo, registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36 🔗 **Leggi l'articolo completo qui:** [http://loscerbo.blogspot.com/2025/03/la-commissione-di-vicenza-riconosce-la.html](http://loscerbo.blogspot.com/2025/03/la-commissione-di-vicenza-riconosce-la.html)
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personal-reporter · 1 month ago
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Isabelle Eberhardt, in viaggio per l’Africa
Una donna libera da ogni convenzione sociale… Isabelle Eberhardt nacque a Ginevra nel 1877, da Nathalie Eberhardt Moerder, vedova di un generale russo, e da Alexandre Trophimowsky, e crebbe in un ambiente familiare ricco principi libertari e laici. Continue reading Isabelle Eberhardt, in viaggio per l’Africa
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awardseasonblog · 7 months ago
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(via Oscar 2025 Miglior film internazionale: la Cina seleziona The Sinking of the Lisbon Maru)
Nella corsa agli Oscar 2025, la Cina schiera il documentario The Sinking of the Lisbon Maru di Fang Li, incentrato su un tragico evento bellico. Il film non solo racconta un episodio oscuro della seconda guerra mondiale, ma funge anche da vivido promemoria della crudeltà della guerra e del coraggio della gente comune. The Sinking of Lisbon Maru, uscito nelle sale il 6 settembre, ha incassato più di 15 milioni di yuan (2,11 milioni di dollari) al botteghino. Il film ha anche ottenuto un punteggio di 9,3 su Douban, l'equivalente cinese di IMDb, con oltre 14.000 commenti sulla piattaforma.  La Lisbon Maru era una nave cargo giapponese armata utilizzata durante la seconda guerra mondiale per trasportare più di 1.800 prigionieri britannici (POW) da Hong Kong al Giappone, senza alcun cartello che indicasse che trasportava POW, una violazione della Convenzione di Ginevra.  Nell'ottobre del 1942, la nave fu colpita da un siluro di un sottomarino statunitense. Ciò che seguì fu una tragedia inimmaginabile: i soldati giapponesi sigillarono i prigionieri sottocoperta, lasciandoli annegare e persino sparandogli mentre tentavano di scappare, uccidendo ben 828 persone. Quando la nave si avvicinò alla costa delle isole Zhoushan nella provincia di Zhejiang, nella Cina orientale, 384 sopravvissuti furono fortunatamente tratti in salvo dai pescatori cinesi locali, che rischiarono la propria vita usando barche da pesca in legno per salvare i soldati britannici dall'acqua.
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Odette Brailly
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Odette Brailly è stata la più famosa agente dei servizi segreti britannici, passata alla storia per i suoi atti eroici durante la seconda guerra mondiale, è stata una delle donne più decorate di tutto il conflitto.
Insignita della Croce di George, ha ricevuto diverse medaglie al valore, era stata nominata Dama dell’Ordine dell’Impero Britannico e in Francia, aveva ricevuto la Legion d’Onore, la più alta onorificenza del paese.
Nata ad Amiens il 28 aprile 1912, quando suo padre perse la vita nella battaglia di Verdun, venne affidata a un convento dove a otto anni si ammalò di poliomielite che la rese quasi cieca per molti mesi.
Nel 1931 aveva sposato Roy Patrick Sansom, con cui si era trasferita in Gran Bretagna, dalla loro unione erano nate tre figlie.
Quando il marito venne richiamato in guerra, rispose a una richiesta dell’Ammiragliato che invitava chiunque fosse in possesso di cartoline o foto  delle coste francesi a inviarle per scopi militari.
Aveva allora spedito le sue foto di Boulogne sur Mer, dove aveva abitato per lungo tempo, insieme a una lettera di accompagnamento in cui spiegava di essere francese e di conoscere bene la zona. Per un errore di indirizzo la lettera era finta in mano al SOE (Special Operations Executive), che l’aveva reclutata come agente segreta.
La sua prima identità era stata quella della vedova Odette Métayer, col nome in codice di Lisa, ebbe l’incarico di trovare a Auxerre una casa sicura per accogliere e aiutare gli agenti di passaggio. Ha condotto operazioni di spionaggio e sabotaggio nelle aree occupate dalle potenze dell’Asse.
Nel 1942 aveva lavorato come corriere agli ordini del capitano Peter Churchill, che era a capo dell’organizzazione Spindle. Si era occupata di procurare viveri e al mercato nero e di paracadutare armi ed equipaggiamenti destinati ai vari gruppi di resistenza. 
Quando i tedeschi occuparono la zona sud della Francia, venne arrestata.
Rifiutatasi di parlare venne portata a Parigi, nella sede dell’SD, il Sicherheitsdients tedesco che si occupava del servizio di spionaggio, dove venne interrogata e torturata per due settimane di fila.
Nella sua biografia racconta che le vennero strappate le unghie dei piedi, che venne bruciata sulla schiena con un ferro rovente e che a torturarla fu sempre un giovane francese, probabilmente malato di mente.
Le spie non erano tutelate dalla Convenzione di Ginevra, non erano prigioniere di guerra, potevano essere giustiziate in qualunque momento.
Nel maggio 1944, dopo più di un anno di detenzione a Fresnes, indebolita e ammalata, venne trasferita in Germania insieme ad altre sette agenti. Era l’operazione ‘Nacht und Nebel’ (Notte e nebbia), faceva parte dei prigionieri politici condannati a morte che sparivano senza lasciare traccia.
Nel luglio dello stesso anno, venne trasferita a Ravensbrück da sola, le sue compagne erano state tutte uccise. La lasciavano in vita soltanto perché aveva millantato una parentela col primo ministro inglese e i tedeschi volevano giocarsi la carta di un possibile scambio.
Per molti mesi, da sola in una cella buia e fredda, viveva lo stress di sapere che ogni mattina poteva essere quella dell’esecuzione.
Liberata il 1° maggio 1945, aveva impiegato più di un anno per ristabilirsi.
Nel 1946 è stata la prima donna insignita della George Cross, la massima onorificenza britannica per i civili. Dopo aver ottenuto il divorzio dal primo marito, nel 1947 aveva sposato Peter Churchill da cui aveva divorziato nel 1955, anno in cui ha sposato Geoffrey Hallowes, un altro agente del SOE in Francia.
È morta nel 1995 a 82 anni il 13 marzo 1995, a Walton-on-Thames.
La sua storia ha ispirato il famoso film Odette, del 1950, che aveva personalmente supervisionato per impedire che venisse falsata la storia.
Alle vicende che l’hanno vista protagonista insieme alla collega Violette Szabo sono stati ispirati i romanzi Fortitude di Larry Collins e Le gazze ladre di Ken Follet.
Nel 2012 è stato emesso un francobollo che la ritraeva.
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raffaeleitlodeo · 1 year ago
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Molt* trovano la situazione paradossale. Ma il Sudafrica non può che accusare lo Stato (di Isr@ele) se vuole riferirsi alla "Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio" del 1948.
La quale infatti, oltre a qualificare il crimine di genocidio come atto commesso con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, chiama in causa non solo le responsabilità individuali, ma anche la responsabilità dello Stato (per la commissione del reato o per omessa prevenzione e punizione del crimine). Non poteva fare altrimenti il Sudafrica, insomma, se voleva richiamarsi alla "Convenzione" (e se voleva farlo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell'ONU). Né si possono usare, nel dibattito attuale, altre parole che quelle della "Convenzione", se il quadro di riferimento del diritto internazionale è questo.
Cosa diversa dal capo di imputazione sono le accuse, da provare come in un qualsiasi dibattimento (in questo caso non un processo ma una disputa tra Stati). Lo Stato di Isr@ele può essere giudicato responsabile di "genocidio"?
I termini sono importanti, sempre. E ancor più nel diritto, dove sono - dovrebbero essere - chiari, precisi, monosemici. "Genocidio" non equivale a "crimini di guerra" né a "crimini contro l'umanità". Sembrano distinzioni di lana caprina, di fronte alla brutale escalation degli ultimi mesi, e alla morte di decine di migliaia di persone, ma sono distinzioni importanti, che è bene ricordare anche a chi fa informazione in questi giorni, e discutendo qui come altrove.
Della definizione di "genocidio" si è già detto. Fu, come noto, l'avvocato ebreo polacco Raphael Lemkin a coniare il termine durante il processo di Norimberga per descrivere lo sterminio nazista di sei milioni di ebrei. Il reato di genocidio venne poi formalmente creato proprio attraverso la “Convenzione sul genocidio del 1948” come crimine internazionale: molto specifico ed anche molto difficile da provare, poiché - secondo la giurisprudenza - richiederebbe la prova della cosiddetta "motivazione mentale".
I "crimini di guerra" sono invece gravi violazioni del diritto internazionale commesse contro civili e combattenti durante i conflitti armati (art. 8 dello Statuto di Roma del 1998, col quale si è istituita la Corte Penale Internazionale dell'Aia). Lo statuto li definisce come "gravi violazioni" delle Convenzioni di Ginevra del 1949, che coprono più di cinquanta scenari, tra cui uccisioni, torture, stupri e presa di ostaggi, nonché attacchi a missioni umanitarie. Il suddetto articolo 8 riguarda anche gli attacchi deliberati contro civili o "città, villaggi, abitazioni o edifici che sono indifesi e che non sono obiettivi militari" nonché "la deportazione o il trasferimento di tutta o parte della popolazione" di un territorio occupato.
“Crimine contro l'umanità” è infine un concetto formulato per la prima volta l'8 agosto 1945, e codificato nell'articolo 7 dello stesso Statuto di Roma. Implica "un attacco diffuso o sistematico diretto contro qualsiasi popolazione civile", inclusi "omicidio" e "sterminio", nonché "riduzione in schiavitù" e "deportazione o trasferimento forzato" della popolazione. I crimini contro l'umanità possono verificarsi in tempo di pace (qui sta la principale differenza con i crimini di guerra) e includono torture, stupri e discriminazioni, siano esse razziali, etniche, culturali, religiose o di genere.
Non so – anzi, mi chiedo – se il Sudafrica abbia fatto 'tecnicamente' bene a chiedere la condanna dello Stato di Isr@ele in base alla “Convenzione” del 1948 di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia (soggetta, suo malgrado, all'influenza del Consiglio di Sicurezza dell'ONU), o se invece non occorresse potenziare l'azione della Corte Penale Internazionale (il cui mandato è però fortemente ostacolato da molti, e di difficile attuazione), reiterando le accuse nei confronti dei rappresentanti di quello Stato per “crimini di guerra” o “crimini contro l’umanità”.
Mi chiedo se una causa contro Net@nyahu e i membri del suo governo non sarebbe forse più diretta e penalmente dimostrabile e chissà – last but not least - capace anche di ridare fiato a quell'opposizione interna israeliana che le stragi del 7 ottobre hanno ridotto alla rassegnazione e alla paura (di finire in galera, ad esempio, se manifestano contro il primo ministro). E mi chiedo se così, forse, non si potrebbero anche separare le responsabilità e le scelte di un governo dalla storia di un popolo (che si identifica in quello Stato), togliendo dal quadro i paragoni impropri (vedi: processo di Norimberga), l'antisemitismo, l'Olocausto, e tutte le loro drammatiche implicazioni.
Lo dico altrimenti: bisognerebbe finalmente sgomberare il campo sia dalla minimizzazione dell’antisemitismo e della Shoah – che non dovrebbero essere paragonati a niente, per la loro specificità storica e per la loro tragica unicità – sia dalle accuse di antisemitismo verso chi esprime dolore e rabbia per le sorti del popolo palestinese e muove critiche verso le politiche del governo di Isr@ele e le azioni del suo esercito.
Temo (ma spero di sbagliarmi) che il dibattito intorno al processo in corso alla Corte di Giustizia Internazionale rischi invece sia di rendere ancora più compatta la (auto)difesa di Net@nyahu, sia di alimentare l'antisemitismo (come dimostra, appunto, il largo uso di paragoni impropri).
Personalmente, ho sempre cercato di contrastare - coi miei interventi pubblici e i miei lavori, a partire da "Parole contro" (2004) - l'antisemitismo, svelandone gli aspetti più insidiosi nella 'cultura popolare' e nel senso comune, e di usare con la massima cautela e sensibilità le parole “Shoah” e “Olocausto”, e trovo offensivo e diffamante essere accusato di antisemitismo se mi esprimo per il "cessate il fuoco" o per il rispetto dei diritti umani in P@lestina e Isr@ele, avendo tra l'altro detto parole chiare e univoche - vedi un post di qualche tempo fa - di condanna alle atrocità di Ham@s del 7 ottobre.
E spero oggi che il dibattimento in corso all’Aia – indipendentemente dai suoi esiti niente affatto scontati in termini penali, e da certe approssimazioni mediatiche - possa finalmente smuovere la comunità internazionale e mettere al centro gli orrori, le ingiustizie, i diritti umani negati, e le vite spezzate nella Striscia di Gaz@, in Palestin@, e in Isr@ele. A questa mattanza - e a chi la alimenta: il terrorismo nichilista di Ham@s e dei suoi sostenitori e l'ultra ortodossia colonialista israeli@na - occorre rispondere con il diritto internazionale (anzi, con il diritto alla vita, una vita dignitosa, per tutte le persone coinvolte) e con un piano di pace, di lungo periodo, che deve trovare consenso e forza, oltre i timidi equilibrismi e i vergognosi silenzi-assensi (della UE, ad esempio).
Soprattutto, non credo si possa più assistere a ciò che sta avvenendo pensando che l’unica opzione sia quella di un conflitto che duri indefinitamente, e che continuerà a fare migliaia di morti, per la stragrande maggioranza civili. Né posso credere che chi vive prigioniero nella Striscia di Gaz@ - da generazioni, e non ha mai avuto alcuna possibilità di essere liber* cittadin* del mondo - non possa avere un destino diverso. O che chi vive in Isr@ele debba sentirsi continuamente minacciato da atti terroristici e in guerra permanente, così come chi vive in P@lestina debba avere il terrore che da un giorno all'altro arrivi qualcuno a espropriarti della tua terra, della tua casa, del tuo futuro.
Ecco: spero che, paradossalmente, il dibattimento in corso all’Aia - spingendo innanzitutto per un cessate il fuoco - possa far(ci) ricominciare a parlare di futuro. Un futuro per due popoli, e per il diritto ad esistere di entrambi.
Federico Faloppa, Facebook
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Guantánamo: un luogo di controversie
Guantánamo è una baia situata sulla costa sud-est dell'isola di Cuba. È un territorio affittato dagli Stati Uniti dal 1903 e ospita una base navale statunitense. Tuttavia, Guantánamo è anche sede di un campo di prigionia noto per le sue controverse condizioni. Cos'è Guantánamo? Il campo di prigionia di Guantánamo è stato aperto nel 2002, dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre. Inizialmente, il campo era destinato a ospitare i prigionieri catturati in Afghanistan e sospettati di essere affiliati ad al-Qaeda o ai talebani. Tuttavia, nel corso degli anni, il campo ha ospitato prigionieri provenienti da tutto il mondo, alcuni dei quali sono stati accusati di aver commesso atti di terrorismo, mentre altri sono stati catturati per errore o senza alcuna accusa. Le condizioni di detenzione nel campo di Guantánamo sono state oggetto di numerose critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani e di alcuni governi. I prigionieri sono tenuti in isolamento per lunghi periodi di tempo, sono sottoposti a interrogatori coercitivi e non hanno accesso a un processo equo. Nel corso degli anni, sono stati rilasciati o trasferiti in altri paesi molti prigionieri di Guantánamo. Tuttavia, ancora oggi nel campo rimangono circa 30 prigionieri. Le controversie sul campo di prigionia Le controversie sul campo di prigionia di Guantánamo riguardano diversi aspetti, tra cui: - La legalità della detenzione dei prigionieri: alcuni esperti legali sostengono che la detenzione dei prigionieri senza processo sia illegale, in quanto viola la Convenzione di Ginevra. - Le condizioni di detenzione: le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato numerosi casi di abusi e maltrattamenti nei confronti dei prigionieri, tra cui isolamento, torture e trattamenti inumani. - Il costo: il mantenimento del campo di prigionia costa agli Stati Uniti circa 500 milioni di dollari all'anno. Il futuro del campo di prigionia Il futuro del campo di prigionia di Guantánamo è incerto. Il presidente Barack Obama ha promesso di chiudere il campo entro la fine del suo mandato, ma non è riuscito a mantenere la promessa. Il presidente Donald Trump ha invece dichiarato che il campo rimarrà aperto. Il campo di prigionia di Guantánamo è un simbolo delle controversie che circondano la guerra al terrorismo. La sua chiusura sarebbe un segnale positivo per la comunità internazionale, ma è una decisione che richiederà il consenso del Congresso degli Stati Uniti. Foto di Tayeb MEZAHDIA da Pixabay Read the full article
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Hamas, Biden responsabile operazione Israele ad al Shifa
Hamas ha accusato il presidente americano Joe Biden di essere “interamente responsabile” dell’operazione militare israeliana nell’ospedale al Shifa di Gaza.     In un comunicato, Hamas ha definito l’operazione militare israeliana all’interno dell’ospedale al Shifa un “crimine barbaro contro una struttura medica protetta dalla Quarta Convenzione di Ginevra”. Lo riporta Al Jjazeera.…
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iotnoitutti · 2 years ago
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Due cose sulla guerra in Ucraina
Torno su un tema bollente del priodo: la guerra in Ucraina e il suo andamento. La prima: i combattenti ucraini stanno usando bombe a grappolo, fornite dagli Americani. Come sappiamo la convenzione di Ginevra le proibisce ma, quello che fa piu’ effetto e’ che quando le usano i russi la mozione di sdegno e’ unanime, quando le usano gli ucraini tutto va bene, anzi, e’ normale. La seconda: sono…
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ferro5 · 2 years ago
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La Convenzione sull'abolizione del lavoro forzato, 1957 è la convenzione n. 105 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), adottata il 25 giugno 1957 a seguito della riunione del 5 giugno 1957 a Ginevra e ratificata dall’ Italia. Qualcuno gentilmente potrebbe spiegarmi perché c@zzo sono obbligato a lavorare fino a 70 anni per mantenere con le imposte che assorbono il 50% del mio reddito politicanti semianalfabeti & inadeguati, alti prelati, burocrati & gran commis d’ O’stato, falsi invalidi, truffatori del reddito di cittadinanza in perenne attesa del rilancio del mezzogiorno e compagnia cantando ? Grazie !
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gregor-samsung · 5 years ago
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Il “misterioso liquido” era l'iprite o, per essere piú esatti, il diclorodietilsolfuro S(ClCH₂CH₂)₂. Fin dai primi mesi dell'estate [1935] ne erano state inviate a Massaua alcune centinaia di tonnellate, insieme ad altri gas soffocanti, lacrimogeni e starnutatori. Dell'invio erano al corrente solo poche persone, poiché l'impiego dei gas era proibito dal protocollo di Ginevra del 17 giugno 1926, che l'Italia aveva solennemente sottoscritto. A sentire il generale Faldella, che in quell'epoca dirigeva la sezione etiopica del SIM [Servizio Informazioni Militare], tanto lui che il suo diretto superiore Roatta, appresero per caso, frugando nel sacco postale di un aereo, che in Etiopia erano stati usati i gas. «Approfittando del breve scalo che il postale Cairo-Londra faceva a Centocelle,» ci ha dichiarato il generale Faldella, «i nostri agenti esaminavano i sacchi della corrispondenza. Un giorno scoprono nel plico che un giornalista inglese invia ad un'agenzia di Londra alcune foto sospette, che riproducono alcuni abissini coperti di piaghe. Qualche minuto dopo le foto sono sul mio tavolo e poco dopo su quello del professor Castellano, a quel tempo il miglior specialista di malattie tropicali. Castellano osserva le foto e risponde che non vi possono essere dubbi: gli etiopici riprodotti sono stati colpiti da liquidi vescicanti. Ci guardiamo con reciproco imbarazzo. Poi il professore soggiunge che, tuttavia, anche i lebbrosi presentano lo stesso quadro, e mi mostra a riprova alcune fotografie. Davanti a questa rassomiglianza, prendo un'improvvisa decisione. Le foto saranno recapitate a Londra, ma non quelle autentiche, le altre che riproducono i lebbrosi. E quando, qualche giorno dopo, i giornali inglesi pubblicano le “tragiche immagini”, il nostro ambasciatore a Londra, Dino Grandi, avrà buon gioco nel dimostrare che si è trattato soltanto di “un ignobile trucco” ordito dalla propaganda antifascista». Il 30 dicembre, tuttavia, con un telegramma alla SDN [Società delle Nazioni], Hailé Selassié confermava il gravissimo episodio: «Il 23 dicembre, [gli italiani] hanno fatto uso contro le nostre truppe, nella regione del Takazzè, di gas asfissianti e tossici, ciò che costituisce una nuova aggiunta alla lista già lunga delle violazioni fatte dall'Italia ai suoi impegni internazionali». Dinanzi all'ondata di indignazione suscitata nel mondo, il regime cercò dapprima di negare, poi parlò di “legittima ritorsione” contro l'impiego fatto dagli etiopici di pallottole esplosive (dum-dum), ed infine fece una parziale ammissione precisando che non si trattava di gas tossici ma di gas paralizzanti il cui effetto durava soltanto poche ore. Ma il fatto più grave è che, mentre a Roma si negavano gli addebiti, in Etiopia si continuava sistematicamente a fare uso dei gas. E ci sorprende che l'ex ministro fascista alle Colonie, Alessandro Lessona, abbia potuto scrivere nelle sue recenti memorie che i gas furono usati una sola volta, per “vendicare” il pilota Minniti: «Il generale Graziani, informato con assoluta certezza dell'accaduto, decise di far sganciare, per intimidazione e per diritto di rappresaglia, ‘tre’ dico 'tre’ piccole bombe a gas sul campo nemico teatro di tanta ferocia. Queste e nessun'altra furono le bombe a gas lanciate sugli abissini.» […]  Subito dopo la fine del conflitto, a Ginevra, l'Imperatore confidò all'antifascista Mario Rietti, che di lí a due mesi sarebbe caduto sul fronte d'Aragona in difesa della Spagna repubblicana, che egli non conservava alcun rancore per il popolo italiano e che anzi lo commiserava perché, aggiunse: «Il fascismo ha impiegato per distruggere l'indipendenza dell'Etiopia gli stessi violenti metodi che ha usato e usa ancora per distruggere le libertà in Italia.»
Angelo Del Boca, La guerra d'Abissinia 1935-1941, Feltrinelli, Milano, 1965; pp. 74-77.
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