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Corpo Estraneo: Il Thriller Avvincente di Stefania Sperandio. Recensione di Alessandria today
Un’indagine tra sopravvivenza, misteri e il lato oscuro dell’animo umano
Un’indagine tra sopravvivenza, misteri e il lato oscuro dell’animo umano Con “Corpo Estraneo”, Stefania Sperandio ci regala un thriller avvincente che trascina il lettore in un vortice di suspense, colpi di scena e interrogativi esistenziali. Disponibile in formato Kindle, il romanzo racconta la storia di Manuela Guerra, una giovane giornalista stagista, la cui vita viene stravolta da un…
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ASCANIO CELESTINI
FASCISTI contro ITALIANI
Bologna 2 agosto 1980
Il nuovo fascismo è il risultato di una sconfitta.
Ha le radici nel 25 luglio del ’43 con l’arresto di Mussolini e la fine del fascismo di governo col suo mito dell’impero. Il nuovo fascismo comincia a ristrutturarsi attorno al sentimento di vendetta e rivalsa dopo l’8 settembre aggrappandosi in maniera ancor più solida al nazismo tedesco e combatte per due anni una guerra contro l’Italia e gli italiani. Lo spiega Junio Valerio Borghese in una famosa intervista: «Combattere contro gli italiani non mi ha imbarazzato affatto». Siamo nel 1975 quando è già scappato all’estero dopo aver tentato il colpo di Stato dell’8 dicembre 1970. Per lui e per i suoi sodali della Decima Mas… quella che piace al “camerata” Vannacci, insomma…Per quei fascisti «Non era una guerra territoriale, era una guerra ideologica». In nome di quelle che definisce civiltà occidentale e mondo orientale, ribadisce che ancora «oggi combatto contro gli italiani» perché tra gli italiani ci sono i comunisti «che sono nemici e che se potessimo sterminarli io sarei molto contento».
Il fascismo di Salò è soprattutto questo: vendetta, rivalsa e anticomunismo. Un’ideologia che non solo ce li presenta orgogliosi dei crimini che hanno commesso, ma li vede anche pronti a commetterli di nuovo. A combattere con orgoglio “contro gli italiani”.
Giorgio Almirante lo dice chiaramente: «Sono stato fascista insieme con molti italiani fino alla fine con Mussolini e se le stesse circostanze potessero riprodursi io farei certamente le stesse cose».
Nel congresso del ’56 il fascista repubblichino fondatore del MSI conia una definizione chiara per i nuovi camerati della Repubblica quando parla di una strana contraddizione, ovvero: «L’equivoco, cari camerati, è uno e si chiama essere fascisti in democrazia».
Sempre Almirante, emblema del fascismo che è pronto a togliersi giacca e cravatta per tornare a indossare la camicia nera, si dichiara rispetto alla dittatura dei colonnelli in Grecia.
Per lui i «veri patrioti greci» sono i fascisti. E dichiara: «Noi siamo virilmente pronti alla realtà, senza ipocrisie. Qualora soluzioni anche di forza ci salvassero dal comunismo… ben vengano le soluzioni di forza».
Nel frattempo sono cominciate le stragi. Il fascismo ha una presenza ben articolata nel panorama della politica italiana: il partito dei fascisti in democrazia ha un piede nei governi (comuni, provincie, regioni oltre che in Parlamento); l’eversione di destra passa in scioltezza dallo spontaneismo di Mambro, Fioravanti e Ciavardini all’organizzazione di golpe e di stragi; cresce l’alleanza con la delinquenza di basso livello e con la criminalità che gestisce i grandi traffici e si relaziona col potere; si prepara alla colonizzazione dei mezzi di informazione e dei partiti politici per coinvolgere una classe dirigente presentabile e che non sia sfacciatamente amante dell’olio di ricino. E con questo ultimo passaggio siamo arrivati a quel magnifico documento trovato nel 1981 che descrive la strategia della loggia massonica P2. Ovvero il manifesto per una trasformazione democratica del paese dove «L’aggettivo democratico sta a significare che sono esclusi dal presente piano ogni movente od intenzione anche occulta di rovesciamento del sistema».
Se non teniamo conto di questa storia
non capiamo le motivazioni del neofascismo.
L’ideologia nefasta che accompagna la storia dell’Europa.
Che non si presenta sempre a petto nudo in mezzo al grano coi baffetti e il saluto col braccetto dritto, ma anche in giacca e cravatta, in tailleur e tacchi alti.
L’ideologia che colpisce i diritti in Parlamento, ma non disdegna l’uso della violenza esplicita, la strategia della tensione e del terrore come il 2 agosto del 1980 a Bologna.
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Oggi ci troviamo in una situazione molto pericolosa. La guerra non è solo un campo di battaglia per le armi, ma anche per l’informazione. Julian è stato messo in prigione per aver pubblicato notizie vere su una guerra impopolare, come era quella in Iraq, dove le forze di occupazione americane controllavano totalmente la narrazione dei fatti”.
Con queste poche parole al Fatto Quotidiano, Stella Moris, la moglie del fondatore di WikiLeaks, centrava l’essenza del caso Assange e WikiLeaks, mentre la guerra in Ucraina era appena all’inizio. Oggi che da Gaza a Kiev, la guerra brucia migliaia di vite innocenti e per Julian Assange è l’ultima chiamata, le parole di Stella rimangono la sintesi perfetta del caso. Sì, perché l’unica ragione per cui Assange non ha più conosciuto la libertà e rischia di perderla per sempre, forse nel giro di pochi giorni o di pochi mesi, è che lui e WikiLeaks hanno esposto le atrocità e le manipolazioni della macchina della guerra su larga scala come mai nessuna organizzazione giornalistica, aprendo uno squarcio profondo in quel “Potere Segreto”, che è il complesso militare-industriale degli Stati Uniti e dei loro alleati. Ma non solo: WikiLeaks non ha rivelato soltanto i crimini del mondo occidentale. Ha esposto anche i massacri dei talebani, la ferocia di al Qaeda e le complicità di tanti Paesi non occidentali nella War on Terror. Per Assange è stata la fine.
Dal 2010 a oggi: dall’arresto all’ultima udienza Inumato da vivo dal 2010, all’età di 39 anni, quando lui e WikiLeaks iniziarono a pubblicare i 700 mila documenti segreti del governo americano. Questa mattina, il giornalista australiano comparirà davanti alla High Court di Londra, per quella che può essere l’ultima udienza sul suolo inglese. Se la High Court confermerà l’estradizione negli Stati Uniti, dove rischia 175 anni di prigione, ad Assange rimarrà solo una possibilità: appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma il rischio che possa venire estradato prima che la Corte emetta misure protettive è reale.
I file segreti sulla verità delle guerre americane Le rivelazioni di WikiLeaks, per cui il suo fondatore rischia di passare la vita in prigione, sono tra gli scoop più grandi nella storia del giornalismo. I 91.910 Afghan War Logs e i 391.832 Iraq War Logs, report segreti sulla guerra in Afghanistan e in Iraq rispettivamente, hanno permesso di bucare la nebbia della guerra proprio mentre questa era in corso e non dopo trenta o quaranta anni dopo, quando ormai quei conflitti non interessavano più a nessuno, a parte gli storici di professione, perché troppo lontani nel tempo. Grazie a quei file segreti, abbiamo potuto confrontare quello che la macchina della propaganda ci raccontava su quelle due guerre e quello che accadeva sul campo, secondo il racconto dei soldati americani che li combattevano.
Afghanistan: conflitto perso in partenza Abbiamo così scoperto, per esempio, che già nel 2010 la guerra in Afghanistan era un conflitto senza speranza: dopo dieci anni, le truppe americane e della coalizione Isaf, di cui faceva parte anche il nostro paese, avevano ottenuto così poco che nel distretto di Herat, controllato dagli italiani, le forze di polizia afghane da noi addestrate avevano problemi così seri che molti di loro si univano ai talebani, perché non venivano pagati e non si capiva dove andavano a finire i loro salari. La situazione appariva così compromessa che alcuni arrotondavano con i sequestri di persona. Mentre la propaganda ci raccontava le magnifiche sorti progressive del conflitto afghano, i 91.910 documenti fotografano un fallimento che, undici anni dopo, nell’agosto del 2021, ci avrebbe portato al ritiro. Gli Afghan War Logs ci hanno permesso di scoprire unità segrete mai emerse prima, come la Task Force 373, un’unità di élite che prendeva ordini direttamente dal Pentagono. La brutalità dei raid portati avanti nel cuore della notte da queste forze speciali, aveva prodotto stragi tra forze afghane alleate, bambini e donne, creando un forte risentimento contro gli americani e contro le truppe alleate da parte della popolazione locale. A oggi gli Afghan War Logs rimangono l’unica fonte pubblica per ricostruire attacchi, morti civili ed esecuzioni stragiudiziali tra il 2004 e il 2009, a causa della segretezza di quelle operazioni. E sono una delle pochissime fonti che permettono di ricostruire i civili uccisi prima del 2007, su cui neppure la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, l’Unama, che compila queste statistiche, possiede dei dati affidabili.
Iraq; i morti mai contati e il carcere di Guantanamo Quanto agli Iraq War Logs, hanno permesso di rivelare, tra le altre cose, 15 mila vittime mai conteggiate prima nella guerra in Iraq. Possono sembrare statistiche, puri numeri, in conflitti come quello in Iraq, che ha registrato circa 600 mila civili uccisi e 9,2 milioni di rifugiati e sfollati – ovvero il 37 per cento della popolazione prima dell’invasione americana dell’Iraq – ma quei 15 mila civili mai conteggiati prima erano padri, madri, fratelli. È un diritto umano sapere che fine ha fatto una persona cara. E l’unica giustizia che quegli innocenti hanno avuto, è la verità fatta emergere da WikiLeaks. I documenti segreti sul carcere di Guantanamo Bay hanno permesso di conoscere 765 su 780 detenuti del lager, facendo emergere per la prima volta le ragioni per cui gli Stati Uniti li avevano trasferiti nel campo di detenzione, tra informatori comprati e torture da Inquisizione.
I cablo tra gli Usa e altri Paesi (Italia compresa) Ma le rivelazioni più cruciali sono sicuramente quelle che emergono dai 251.287 cablo: le migliaia di corrispondenze diplomatiche inviate da 260 ambasciate e consolati americani in 180 Paesi, che hanno fatto affiorare scandali, abusi, pressioni, come quelle sulla politica italiana per garantire l’impunità agli agenti della Cia (Central Intelligence Agency) responsabili per il rapimento e la tortura di Abu Omar o i sospetti dell’Amministrazione di George W. Bush che l’Italia pagasse mazzette ai talebani per evitare attacchi ai suoi soldati in Afghanistan. È per questo lavoro giornalistico, e solo per questo, che gli Stati Uniti vogliono seppellire per sempre Julian Assange in una prigione.
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Di fronte all’intenzione di De Gasperi di chiedere l’estradizione perché, processando i criminali di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema, l’Italia ribadirebbe il suo diritto a un trattamento diverso dalla vinta Germania, l’ambasciatore sottolinea i rischi politici dell’operazione. "Comprendo benissimo il desiderio dell’opinione pubblica italiana di vedere citati in giudizio quei tedeschi che si sono resi responsabili di crimini di guerra in Italia; comprendo anche che il Governo, per ovvie ragioni di prestigio e di impostazione generale della nostra situazione giuridica e morale, desideri gli venga riconosciuto il diritto di prendere parte attiva alla punizione dei criminali germanici. Ma noi siamo purtroppo in una situazione per cui altri paesi ci possono chiedere la consegna di colpevoli di vere o presunte atrocità. I termini dell’armistizio, al riguardo, non potrebbero essere più espliciti.
"Il giorno in cui il primo criminale tedesco ci fosse consegnato, questo solleverebbe un coro di proteste di tutti quei paesi che sostengono di avere diritto alla consegna di criminali italiani."
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Dedicato a tutti i Michele Santoro di tutte le età e appartenenze politiche.
Dedicato a quei finti pacifisti con gli occhi bendati, che imperversano sulle televisioni e sui giornali italiani chiedendo, implorando assurdi negoziati. Negoziati per cosa?
Per darla vinta alla Russia??
Io non ci sto.
Io, in direzione ostinata e contraria, a questi intellettuali ipocriti e ideologizzati rispondo con una risata.
Io preferisco vedere i fatti concreti.
Io preferisco guardare cosa stanno facendo tutti i giorni i Russi in Ucraina .
STANNO ANNIENTANDO UNA CULTURA. UNA NAZIONE. UN POPOLO
Radendo al suolo intere città ucraine, fin dai primi giorni della guerra (era il febbraio 2022!), intendono cancellare dalla faccia della terra, un popolo.
Bombardano le chiese ortodosse le biblioteche e mostrano di non avere rispetto per niente e nessuno.
Dimostrano a noi Occidentali cosa accade quando il Nazismo putiniano opera senza freni.
Accadono stragi, torture inumane, crimini di guerra e crimini contro l''Umanità
E ALLORA COSA C'È DA TRATTARE CON QUESTI BARBARI???
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Il documento sulle foibe redatto dai partigiani italiani, sloveni e croati è stato pubblicato ieri ma è (giustamente) passato sotto silenzio. (L)a musica che i partigiani suonano dal 2004 (anno in cui è stato istituito il Giorno del Ricordo) è sempre la stessa. Ed è sempre stonata.
A leggere il documento, infatti, (si passa furbettamente dal becero negazionismo degli anni del PCI a) “giustificare” il comportamento dei partigiani titini. (...)
Scrive l’Anpi: “Furono uccisi molti responsabili di crimini, ma anche persone innocenti e persino alcuni collaboratori del movimento di liberazione. In altri casi le foibe furono causate da una cieca volontà di vendetta ed in altri ancora da veri e propri delinquenti. Condanniamo le esecuzioni sommarie e rispettiamo il dramma dell'esodo che ha colpito tanti italiani che vivevano in Istria e in Dalmazia; prendiamo anche atto che la ricerca storica dimostra che vi sono state e persistono pesanti esagerazioni e strumentalizzazioni (...)”.
La ricerca storica dimostra, sic. Bene: guardiamo ai numeri. Parlando della Slovenia, c’è una fossa o foiba ogni 27 chilometri quadrati, con una media di 135 vittime ciascuna, secondo le stime di una loro commissione governativa. Altri numeri: a guerra finita, Tito fece massacrare 250mila persone, soprattutto (sloveni serbi e croati che) avevano combattuto dalla parte sbagliata della storia e civili, ma pure migliaia di italiani, spazzati via e nascosti nelle viscere della terra in nome di una pulizia etnica (...) attuata con ferocia (...).
Il problema, giustamente afferma l’Anpi, non è solamente italiano. (...) (L)a strada per portare il paradiso comunista in terra è sempre lastricata di pietre con inciso il nome di centinaia di migliaia di morti spariti per sempre nel nulla.
da https://www.ilgiornale.it/news/nazionale/riparte-l-assalto-dei-partigiani-foibe-solita-storia-2115233.html
Fu pura pulizia etnica. Avidità.
Due lezioni: la prima, la Storia si ripete quando la travisi, e infatti la pulizia etnica se la sono ri-ciucciata per bene, da quelle parti.
La seconda: l'unico motivo per cui un comunista non ti massacra per derubarti e violentare, è la paura. Appena si sente "coperto", lo fa. E s'inventa scuse per "giustificare".
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//OC ebreo per il roleplay per la seconda guerra mondiale ma è l'opposto di Shlomo Elliot//
Alexander Stein è un ebreo tedesco nato il 20 aprile 1889 a Berlino e ha partecipato alla Prima guerra mondiale come soldato. Nel 1933, Alexander fu costretto a lasciare la Germania e ottenne un passaporto dal governo nazista tedesco in cambio dell'adesione all'Accordo di Haavara e di non tornare mai più in Germania.
Nel 1934, Alexander iniziò a unirsi alla milizia Irgun nella Palestina britannica e negli anni successivi si incontrò segretamente con i fascisti italiani per avviare operazioni violente contro le forze britanniche, arrivando a torturare alcune autorità britanniche. Alexander compie crimini come attaccare gli inglesi nella Palestina britannica per avere un futuro Stato ebraico, rimuovere alcuni territori arabi e uccidere alcuni civili arabi che avevano cercato di protestare contro l'Irgun.
Durante la Seconda guerra mondiale, Alexander si schiera contro la Germania nazista a causa del suo sostegno agli arabi in Iraq contro gli ebrei iracheni, ma rimane ostile verso la fine della Seconda guerra mondiale nei confronti degli inglesi e cessa la sua ostilità verso la Gran Bretagna solo quando viene fondato lo Stato di Israele dopo la Seconda guerra mondiale.
Rivendicazione del volto:
Wilhelm Frankl
#Roleplay#seconda guerra mondiale#haavara agreement#irgun#palestina britannica#OC#Alexander Stein#ebreo tedesco#sionista#terrorista#Wilhelm Frankl
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NONC'ÈDICHE
di Daniele Luttazzi
L’informazione italiana funziona da gigantesca macchina influenzante
Il Fatto Quotidiano 17 MAGGIO 2023
Cercare di correggere l’oceano di cazzate che ogni giorno stampa e tv rovesciano sugli italiani è un’impresa improba. Troppo pochi quelli che si oppongono all’andazzo, perché se non ti adegui ci rimetti di brutto; la stragrande maggioranza dei sedicenti professionisti dell’informazione campa taroccando quotidianamente le notizie secondo agende prestabilite; e così impera il loro frastuono. Da un anno, per esempio, i media embedded cercano di convincere l’opinione pubblica ad accettare certe conseguenze apocalittiche (la guerra della Nato contro la Russia) di cui l’apparato politico-militare Usa ha bisogno per i suoi fini geopolitici. Facile farti passare per complottista, se lo fai notare; ma la cronaca della guerra russo-ucraina dimostra che la micidiale macchina influenzante è una realtà. Uso la definizione di “macchina influenzante” non a caso: la macchina influenzante è uno dei deliri persecutori più frequenti nei pazienti schizofrenici, che, proiettando all’esterno i propri dinamismi psichici, arrivano a immaginare un macchinario che ruba, modifica o influenza i loro pensieri (ne scrisse, agli inizi del secolo scorso, lo psicanalista Viktor Tausk). Inquieta che il complesso informativo nazionale funzioni come una gigantesca macchina influenzante: la realtà viene trasformata in una realtà psicotica. Lo psicotico è angosciato e abulico: così ci vogliono? Vespa ha incontrato Zelensky sulla terrazza colonnata del Vittoriano, una scenografia degna di Patton, confezionandogli addosso la puntata (ha usato il panorama di Roma come fosse il plastico della villetta di Cogne). C’erano pure Mentana, Maggioni, Molinari, Porro, Tamburini, De Bortoli e De Bellis. Spero non vi siate persi la vigorosa stretta di mano di Molinari a Zelensky (qui a 3’ 35’’: bit.ly/3IgnmgS): valeva 100 editoriali di propaganda bellica. Peccato non fosse commentata dal trillo di un registratore di cassa, sarebbe stata perfetta (satira: gli Agnelli-Elkann fanno affari d’oro con la guerra). Nessuno dei direttoroni ha contestato a Zelensky la sua versione dei fatti: “La cosa importante è che parliamo delle cose pratiche, concrete; non proporre, come ha fatto la Russia, gli accordi di Minsk per attendere, riarmarsi e continuare l’occupazione”. Un rovesciamento interessante: secondo Angela Merkel (intervista al Die Zeit, dicembre 2022) gli accordi di Minsk furono un tentativo “di dare tempo all’Ucraina” di ricostruire la sua difesa. E se a far saltare gli accordi di Minsk non ci si fosse messo anche Zelensky, oggi non saremmo a questo punto. Cosa c’è di più pratico e concreto di un cessate il fuoco immediato? Lo propone la Santa Sede, ma Zelensky non vuole, il suo piano è andare avanti con la guerra finché i russi non si ritireranno: “Noi crediamo nella vittoria”. Nessuno dei direttoroni gli ha fatto presente che questa è pura follia, erano troppo presi ad annuire: e così, con la macchina influenzante in azione, il folle diventa chi, sulla base di informazioni più realistiche (quelle di generali statunitensi e italiani), non crede alla propaganda. Lo stratagemma più odioso è il ricatto morale. Al Parlamento tedesco, Zelensky rammentò la responsabilità della Germania nei crimini nazisti; da Vespa, ha ricordato gli aiuti che l’Ucraina ci diede agli inizi dell’emergenza Covid: come se la sua agenda militare fosse l’unica possibile e dissentire un’ingratitudine di cui vergognarsi. Poi s’è incartato: “Putin non porta il vaccino: lui porta la malattia”. Un’allegoria infelice: tutti ricordano l’aiuto russo all’Italia in pandemia. “Se l’Ucraina cade, il passo successivo è la Moldova”, l’argomento del domino con cui gli Usa giustificavano la guerra in Vietnam; ma un cessate il fuoco non farebbe cadere l’Ucraina: fermerebbe la guerra, impedendone davvero ogni allargamento. (1. Continua)
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10 Febbraio - Il Giorno del Ricordo
"Il Giorno del Ricordo - ha dichiarato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all’esodo, di tutti coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della Seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo".
Alla sciagurata guerra fece seguito per gli Istriani, i Fiumani, i Dalmati e gli altri Italiani abitanti di quelle zone un succedersi di crimini contro l'umanita': ostilità, repressione, terrore ed esecuzioni sommarie.Questi orrendi avvenimenti, storia vissuta, hanno guadagnato rispetto, dignità, ascolto e sono diventati monito e responsabilità per il futuro.Solo cosi' il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile.E non si puo' dimenticare il fatto che i sopravvissuti e gli esuli, insieme alle loro famiglie, hanno tardato a veder riconosciuta la verità delle loro sofferenze.Una ferita che si è aggiunta alle altre gia' subite.E' importante che questa memoria sia affidata alle generazioni del domani, affinché possano tramandarla e contribuire alla creazione di un Paese migliore.Una società dove vengano rispettate le libertà di tutti, la tolleranza e la dignita' umana, evitando la sopraffazione e la violenza.La Legge n. 92 del 30 marzo 2004 riconosce quale «Giorno del Ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”
L'Amministrazione Comunale
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Ora mi chiedo perché quanto sta succedendo in questi ultimi anni in Africa, dai genocidi agli eccidi alle torture a cui i migranti sono sottoposti dall’odierna tratta araba (e di cui si sollevano solo le responsabilità dell’Europa), non sia oggetto di attenzioni del giornalismo internazionale, di quello italiano, del mondo culturale, dello spettacolo, dei think tank italiani, europei, internazionali, dei singoli intellettuali e giornalisti e conduttori radiofonici e televisivi italiani e europei, internazionali, dei geopolotici, pensatori, tanto quanto ciò che sta succedendo in Medio Oriente.
La cintura subsahariana stretta da Russia e Iran che va dal Sudan, attraversa il Niger, il Burkina Faso con guerre stragiste, devastazioni e genocidi di cristiani e minoranze etniche, fino al Mali e prossimamente Gambia e Senegal. L’ONU tace.
Il genocidio tentato in Marocco verso il popolo sharawi: un muro lungo più di 2000 km nel Sahara. Una guerra di 15 anni, un conflitto senza fine.
Richieste all’Onu mai considerate. Un popolo che vive da più di 40 anni nei campi profughi.
L’apartheid in Tunisia verso gli immigrati africani istituito dal Presidente Kais Saied che non si risparmia parole di odio, razziste e xenofobe contro i sub-sahariani18.
Le famose prigioni libiche, definite “lager”, dimenticate dai funzionari ONU che per anni sono stati comodi osservatori dalla Tunisia in hotel 5 stelle e ignorati dalle ONG internazionali, che non hanno mai voluto sporcarsi le mani con una politica preventiva e sempre preferito operare al colmo delle tragedie.
Detto questo, auspico che un giorno il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, ritenga, alla luce di questi fatti sistematicamente omessi, di prendere atto che rappresenterebbe le Nazioni Unite di cui fanno parte 193 nazioni e la cui missione costitutiva è di peacekeeping e peacebuilding e non di tribunale del BRICS.
Sarà possibile quindi che l’ONU un giorno si occupi della storia dimenticata della tratta arabo-islamica, dei milioni di morti causati dal razzismo arabo nei confronti dei neri africani ieri e oggi? Sarà possibile che finalmente l’ONU possa dedicare attenzione alle persecuzioni dei cristiani nel mondo, ai genocidi “minori” che il mondo arabo perpetra nei confronti di etnie e minoranze religiose come quella yazida19 e magari per questa popolazione che si sta estinguendo istituire un organismo come l’UNRWA che possa aiutare queste vittime dell’odio, del fanatismo religioso? Sarà mai possibile che l’ONU ricordi i 500 milioni di morti dell’olocausto dei neri e che ne riconosca le responsabilità del mondo arabo oltre quelle dell’Occidente?
E per ultimo, sarà un giorno possibile che quel mondo arabo, quello più progressista, quello più vicino e attento al nostro Occidente faccia – come fanno, e hanno fatto quei tanti intellettuali musulmani perseguitati e vittime del fondamentalismo e dall’islam politico – un mea culpa dei suoi crimini contro l’umanità nella storia? Oppure, anche solo, semplicemente, riconoscere che oltre la vita del suo Profeta Maometto, esiste la storia.
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Cronache ribelli, perfetti come sempre
Visto il governo in carica il giorno del ricordo se possibile verrà oggi celebrato, se possibile, con ancora maggior retorica nazionalista e minore aderenza ai fatti.
Nel tentativo ormai riuscito di piegare a squallidi interessi di partito la ricostruzione dei tragici eventi che coinvolsero il confine orientale prima, dopo e durante la Seconda guerra mondiale, non c’è più spazio per un confronto serio che parta dai numeri e dai fatti.
Questo sciatto revisionismo di stato prima di tutto è una violenza nei confronti delle cosiddette "vittime delle foibe”. Cioè di quella parte di innocenti che nell’ambito delle due ondate - a ridosso dell’armistizio del ‘43 e alla fine della guerra - furono infoibate nel corso di episodi di giustizia sommaria e rese dei conti. Come già stabilito in sede di ricerca da ogni storico di ogni orientamento politico, il fenomeno riguardò un numero di persone comprese tra le 3.000 alle 8.000; tra questi si annoveravano soldati, funzionari del regime, collaborazionisti e civili innocenti. Non si trattò di pulizia etnica, né tanto meno di genocidio ma, al limite, del tentativo delle nuove autorità jugoslave di rimuovere, anche con la violenza o con l’esodo, quei membri della burocrazia, dell’amministrazione e dell’intellighenzia imposta dall’Italia nelle terre di confine.
Lo stato italiano, nel suo tanto coerente quanto imbarazzante percorso di continuità, fino alla fine dell’ex Jugoslavia si è ben guardato dall’ “aprire” il cassetto del confine orientale. Dentro ci avrebbe trovato l’1,5 milioni di morti causati dall’occupazione nazifascista, le decine e decine di campi di concentramento costruiti dall’Italia, gli abominevoli crimini di guerra e soprattutto i criminali mai consegnati e completamente riabilitati dopo il conflitto.
Di questi se ne contano 729 solo tra gli ufficiali superiori, perlopiù di dichiarata fede fascista e in ogni caso monarchica, che l’Italia repubblicana ha difeso strenuamente. Come si poteva chiedere conto alla Jugoslavia, paese vincitore, di perseguire le violenze praticate verso gli italiani innocenti quando ci si rifiutava di consegnare assassini conclamati in sede internazionale?
Nella logica del “baratto delle colpe” non abbiamo chiesto conto nemmeno alla Germania dei crimini compiuti nella penisola, al fine di non concedere ai tribunali jugoslavi, sovietici ma anche etiopi, francesi, greci e albanesi i nostri criminali.
Insomma le vittime innocenti del confine orientale sono state rimosse come quelle di Marzabotto e di Sant’Anna per proteggere i fascisti, i cui eredi usano la retorica “delle foibe” per nascondere ancora oggi le responsabilità di chi ha condotto l’umanità nel più sanguinario conflitto di sempre.
Non possiamo quindi che inorridire dinanzi all’uso strumentale che si fa dei morti e al tentativo di rinfocolare l’odio tra i popoli che soggiace a certa becera retorica.
Per noi i carnefici, chi ha cercato di fermarli e le vittime del conflitto restano tali indipendentemente dai confini.
Cronache Ribelli
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Le foibe sono un crimine di guerra, su questo non ci possono essere dubbi. Uccidere nemici inermi, dopo la cattura, al di fuori del combattimento e senza un giusto processo (come è spesso avvenuto in quelle circostanze) è sempre un crimine. Specie se ciò avviene alla fine di una guerra, quando si suppone che ci sia il tempo per giudicare i responsabili di reati commessi in precedenza, come avvenuto infatti a Norimberga, ma non (vale la pena ricordarlo) per i criminali di guerra italiani. Tuttavia, come sanno tutti gli storici, le vittime delle foibe non state uccise «solo perché italiane», a differenza di ciò che viene ossessivamente ripetuto nella vulgata politico-mediatica. Decine di migliaia di italiani combattevano nelle file dell’esercito partigiano jugoslavo, ovvero dalla parte di chi ha commesso quei crimini, e non hanno subito, ovviamente, alcuna violenza. Inoltre fra le vittime della resa dei conti condotta dalle forze jugoslave a fine guerra, gli italiani rappresentano tra il 3 e il 5%; gli altri sono jugoslavi (serbi, croati, sloveni, ecc.): tutti uccisi perché ritenuti fascisti, nazisti, spie, collaborazionisti o contrari alla conquista del potere da parte delle forze partigiane. I liberatori jugoslavi dunque se la prendono contro specifici nemici identificati in base all’appartenenza politica e militare, non nazionale.
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Da circa vent’anni sono state istituite due giornate commemorative, quella della Memoria dei crimini nazisti e quella del Ricordo delle foibe. Tali celebrazioni sono simili nella denominazione, vicine nel tempo (27 gennaio e 10 febbraio) e hanno lo stesso identico peso formale. Ripeto per essere più chiaro: i crimini contro l’umanità commessi dai nazisti nelle logiche che sono state ricordate, e che hanno ucciso 10 milioni di persone, sono commemorati alla stessa stregua delle violenze condotte dai partigiani jugoslavi contro 5.000 persone, molti dei quali condividevano il campo nazista.
Nei discorsi istituzionali e nella propaganda mediatica sulle foibe si parla di «pulizia etnica», si afferma che le vittime sarebbero state uccise «solo perché italiane» e si ribadisce il paragone con la Shoah, ignorando al tempo stesso i crimini fascisti e nazisti commessi in precedenza in quello stesso territorio. Come credo sia ormai chiaro, tutto ciò è assurdo, offensivo, umiliante, di fatto «negazionista» o almeno enormemente «riduzionista» nei confronti della Shoah e dei crimini nazisti e fascisti. Per di più negli ultimi anni il giorno del Ricordo ha acquisito un’importanza politica addirittura maggiore rispetto a quello della Memoria. La Rai ha prodotto due film sul tema, se ne interessano programmi televisivi di ogni genere, se ne parla addirittura a Sanremo durante il festival dei fiori; politici di tutti gli schieramenti ne strumentalizzano la vicenda, enti pubblici di ogni livello intitolano strade, piazze, parchi, monumenti a Norma Cossetto o ai «martiri delle foibe»; il Ministero dell’Istruzione dirama circolari-fiume sul tema («Linee guida» di ben 90 pagine), i prefetti di tutta Italia chiedono alle scuole di insegnare la falsa «pulizia etnica» ai loro studenti e il Parlamento ha da poco approvato lo stanziamento di milioni di euro per incentivare la propaganda antistorica delle associazioni nostalgiche, finanziando «viaggi del ricordo» scolastici al confine orientale.
Non ci possono essere dubbi: nella nostra memoria pubblica le violenze dei partigiani a fine guerra hanno acquisito un peso molto maggiore dei crimini nazisti, e sono probabilmente oggi più conosciute e ritenute più rilevanti dall’opinione pubblica. Può sembrare assurdo e paradossale, ma è così. Eppure manca ancora un tassello, la beffa oltre al danno.
Che fine hanno fatto i crimini fascisti? Su questo semplicemente non esiste una memoria pubblica. Chi davvero uccideva intere popolazioni solo per la propria appartenenza, chi ha davvero ucciso «etiopi solo perché etiopi» e «jugoslavi solo perché jugoslavi», non viene nemmeno menzionato sui libri di scuola, non merita film, vie, parchi, lapidi né uno straccio di dichiarazione pubblica di condanna.
E dunque, in definitiva: si mente sulle reali motivazioni del crimine delle foibe per cercare di farlo passare come un crimine fascista; e intanto si ignorano i veri e propri crimini del fascismo, finendo per far passare i fascisti come innocenti e anzi vittime dei partigiani. Si dedicano energie politiche e risorse economiche straordinarie per diffondere tali falsità e si cerca in questo modo di fare percepire all’opinione pubblica le foibe come addirittura più gravi dei crimini nazisti e della Shoah.
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“Lei, signor Ministro, ha fatto scarcerare tutti i fascisti, con delitti sulle loro coscienze, gente che certamente andrà a rafforzare le file dei neofascisti...."
“Lei, signor Ministro, ha fatto scarcerare tutti i fascisti, con delitti sulle loro coscienze, gente che certamente andrà a rafforzare le file dei neofascisti.
Ci domandiamo noi partigiani: è giustizia questa?
Abbiamo combattuto i fascisti perché?
I nostri sacrifici non sono certamente da Lei riconosciuti, i nostri Martiri non son vendicati! Signor Ministro! Tutti i Partigiani d’Italia vogliono i loro compagni scarcerati, anche se hanno commesso dei delitti, crediamo che abbiano più il diritto loro che i fascisti, perché dopo tanti patimenti che hanno sofferto sulle montagne, sono compatibili se hanno commesso qualche cosa. Come avete fatto scarcerare tutti i fascisti, Signor Ministro, fate scarcerare subito tutti i partigiani che ancora si trovano carcerati, per qualsiasi motivo lo siano. Questo è il vostro dovere di Comunista, di ministro e di uomo.”
Così i partigiani bellunesi scrivevano a Palmiro Togliatti all’indomani della promulgazione della nota amnistia. Il provvedimento rappresentò un colpo di spugna sulle responsabilità di numerosi esponenti, a vari livelli, del regime, che videro ridotte o addirittura cancellate le pene che gli erano state inflitte. Ben diecimila fascisti ne usufruirono, anche grazie alla Corte suprema di cassazione, che annullò o rimodulò centinaia e centinaia di sentenze emesse dalla Corte straordinarie d’Assise volut dal governo Bonomi prima della fine del conflitto.
L’uso politico dell’amnistia fece sì che criminali di guerra italiani superarono indenni la fase, così come i soldati tedeschi responsabili degli eccidi nella penisola, mentre numerosi processi ai partigiani per fatti relativi al dopoguerra vennero riesumati e tanti uomini della Resistenza dovettero espatriare per non finire in carcere o nei manicomi giudiziari. Va detto chiaramente che, sebbene porti il suo nome, l’amnistia non fu solo farina del sacco del segretario del PCI, bensì un compromesso all’interno del governo De Gasperi (che ne ampliò gli effetti rispetto al testo orginale), avallato dai vari attori internazionali che da tempo avevano stabilito il ruolo e la collocazione dell’Italia nel dopoguerra.
Resta a distanza di molti anni l’effetto di questo provvedimento che sostanzialmente adottò la politica dei due pesi e due misure verso partigiani e vecchi esponenti di regime. A fronte di dati palesi (in Italia - 42 milioni di abitanti - i fascisti condannati dopo 20 anni di regime e 20 mesi di RSI furono 5600, in Norvegia, 3 milioni di abitanti, i condannati per collaborazionismo a fine guerra furono 18000) appare ancora più imbarazzante e in malafede tutta quella pubblicistica recente che - inventando o ingigantendo vendette personali ed errori in seno alla Resistenza - cerca di riabilitare il passato regime, di cui grazie all’amnistia ben diecimila appartenenti hanno potuto evitare di pagare per i crimini commessi.
Cronache Ribelli FB
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Oristano, commemorazione del 36° anniversario dell'uccisione del Carabiniere Umberto Erriu presso i Giardini di Via Messina
Oristano, commemorazione del 36° anniversario dell'uccisione del Carabiniere Umberto Erriu presso i Giardini di Via Messina. Ieri mattina, presso i Giardini Pubblici di Via Messina, i Carabinieri di Oristano hanno svolto la cerimonia solenne di commemorazione del 36° anniversario dell’uccisione per mano armata del Carabiniere Umberto ERRIU, insignito di Medaglia d’Oro al Valor Civile e di Medaglia d’Oro di Vittima del Terrorismo “alla Memoria”, caduto nell’adempimento del Dovere in un vile agguato ad opera del feroce gruppo criminale noto come “Banda della Uno Bianca”. La banda della Uno bianca fu un'organizzazione criminale che, nell'Emilia-Romagna e nelle Marche, tra il 1987 e il 1994, commise 103 crimini (soprattutto rapine a mano armata), provocando la morte di 24 persone e il ferimento di altre 114.L’evento si è tenuto alla presenza del Comandante Provinciale, del Vicario del Prefetto di Oristano, del rappresentante del Sindaco di Oristano, dei Vertici delle Forze di Polizia Provinciali e, quali invitati speciali, i congiunti del militare insignito: la Mamma Maria Vitalia Cabiddu, Ved. ERRIU, la sorella Maddalena e il fratello Salvatorangelo. Umberto ERRIU era nato ad Oristano il 21 gennaio 1964, figlio di Carabiniere (il padre era Appuntato ed uno zio era anch’egli militare dell’Arma caduto nella 2^ Guerra Mondiale) era un ottimo studente ed un eccelso mezzofondista di Atletica che si allenava tutti i giorni al Campo di atletica della città Arborense. Arruolatosi nell’Arma nel 1984, ha prestato servizio presso il Centro Sportivo Carabinieri di Bologna, quale atleta di livello nazionale, il 2° BTG Liguria di Genova e presso la Stazione Carabinieri di Castel Maggiore (BO). Il 20 aprile 1988 Umberto Erriu ed un altro Carabiniere, Cataldo Stasi, vennero uccisi mentre si trovavano in un parcheggio a Castel Maggiore, nei pressi di Bologna, dopo che gli stessi avevano fermato per un controllo l'auto con a bordo 3 componenti della banda. Durante un servizio di perlustrazione in via Gramsci verso le 22.15 avevano notato tre uomini sospetti all'interno di una Uno bianca, parcheggiata vicino alla Coop. Scesi dall'Alfetta, sono stati vilmente investiti da un impressionante volume di fuoco: “un'esecuzione spietata”. L'immediata reazione al fuoco, benché gravemente feriti, i due Carabinieri, Umberto Erriu e Cataldo Stasi, poco più che ventenni, immolarono la loro giovinezza. Uccisi, barbaramente. Alla memoria di Umberto Erriu sono intitolate le Caserme sedi della Compagnia e Stazione Carabinieri di Molinella (BO), della Stazione Carabinieri di Simaxis (OR), e le Sezioni dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Oristano e di Quartu Sant’Elena (CA). Umberto Erriu è sepolto nel cimitero di Oristano. E a Oristano presso i Giardini Pubblici di Via Messina, a lui intitolata, vi è deposta una targa acanto ad un cippo commemorativo, CHE RECITA: “GIARDINI UMBERTO ERRIU (1964 – 1988) CARABINIERE - MEDAGLIA D’ORO AL VALOR CIVILE - FEDELE AL SUO COMPITO, SERVÌ GENEROSAMENTE L’ITALIA, IMMOLANDO LA SUA GIOVANE ESISTENZA”… Nel caloroso ed affettuoso Onore che l’Arma ha voluto tributare al Carabiniere Umberto Erriu, e ai suoi familiari, il Comandante Provinciale si è rivolto ai partecipanti che con la loro presenza hanno contribuito a tener alto il ricordo del militare: "Umberto Erriu quel giorno cadde mentre faceva il Suo dovere per gli italiani: serviva il Suo Paese per portare Giustizia. Ed è stato importante ricordarlo anche oggi, dopo 36 anni dai fatti perché questo dimostra l'importanza per tutta la comunità nel non dimenticarsi di un punto di riferimento importante. Un uomo che ha perso la vita per il proprio dovere, un esempio di cittadino disposto al sacrificio che si vuole trasmettere anche alle nuove generazioni".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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"Quante Storie" e il colonialismo imperialista italiano
E i crimini di guerra italiani… Ma, mi vien da pensare… se nella seconda guerra mondiale non ci fosse stata la Resistenza Partigiana in Italia, i fascisti italiani sarebbero anche loro finiti tutti a Norimberga sotto processo? http://www.afnews.info segnala: Riflessioni sull’espansionismo in Africa durante il fascismo… Leggi il resto su Ufficio Stampa Rai – Tutte le news…
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Non farò bilanci
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Mi limito a ricordare alcuni punti positivi e altri negativi di quest'anno 2023.
In positivo:
E' stato l'anno che ha aperto gli occhi degli italiani, sul fatto che Giorgia Meloni lavori per la reintroduzione del Medioevo.
Che ogni suo atto politico si iscriva in una visione del potere che ci proietta all'indietro di secoli, ora, non c'è più alcun dubbio.
Che si batta per un potere che ostacola a tutti i livelli il mondo femminile, incarnando con una infinità di provvedimenti e di prese di posizione,una visione maschilista e antiquata delle relazioni.
Che la prima Presidente del Consiglio, donna, eviti volutamente, di presenziare ai funerali di Giulia Cecchettin ( il femminicidio che ha scoperchiato una volta per tutte, la natura violenta e la capillarità di questo tipo di cultura della sopraffazione) e che imponga addirittura di farsi chiamare "IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO", la dice lunga su quanto sia imbevuta di questa decrepita concezione della società (manco che la sua formazione fosse nata sui manuali del giovane Balilla di 90 anni fa!)
Alla donna, secondo questa politicante della Destra neofascista, compete solo il ruolo di fattrice, di madre, di strumento della difesa della razza italiana - come direbbe Lollobrigida. Non quello di persona che aspira ad una propria personale realizzazione umana, economica e professionale.
Che la prima donna che raggiunge una grande responsabilità politica, (invece che battersi per un avanzamento del mondo femminile, faccia approvare provvedimenti penalizzanti proprio come la nuova "Opzione Donna" e sostenga che una ragazza, abbia valore solo in quanto "madre", significa che la società italiana rischia oggi, 2023, una involuzione del tutto antistorica, assimilabile alla restaurazione talebana in Afganisthan.
Una nazione che finisce in mano a degli estremisti radicalizzati che vogliono imporre la loro visione ideologica, a tutti quanti visti ormai come sudditi di un Potere unico, che sceglie lui per tutti, quale sono i ruoli sociali.
L'azione della Meloni, a livello sociale e culturale, si traduce in un regime ideologico e non più in uno Stato Laico come è stato fino ad oggi.
Che le sue politiche non siano altro che un goffo e maldestro tentativo di manomettere la Costituzione Repubblicana per poter reintrodurre un regime autoritario è ormai chiarissimo.
In positivo:
Aver visto finalmente un film "sociale" dentro il panorama asfittico del Cinema Italiano. L'opera di Paola Cortellesi "C'è ancora domani" ha riaperto una stagione di discussione civile e pubblica sui rapporti di potere esistenti all'interno delle relazioni personali.
In positivo :
Aver smascherato definitivamente i bluff del duo Ferragni-Fedez. La loro pochezza umana e morale. Il cinismo tipico di questa figura del tutto finta e tossica dell'influencer.
In positivo :
Aver partecipato alla poderosa reazione delle piazze italiane in tema di parità di genere e lotta agli schemi del Patriarcato, in occasione della giornata del 25 novembre, proprio per fare rumore e per smentire la passività a cui ci vorrebbero condannare questi nostri governanti inadeguati.
In negativo:
Il persistere di ben due violentissimi conflitti contrassegnati da intollerabili crimini di guerra rimette in discussione tutta la storia europea e gli ultimi 70 di pace dei paesi occidentali.
In negativo:
La conferma in questo ultimo anno, degli effetti catastrofici del Cambiamento climatico, che non è più solo un dibattito della Comunità scientifica, ma un evento concreto, materiale, che ora tocca gli interessi economici e direttamente la vita delle persone.
Nelle alluvioni di maggio della Romagna e in quella della Toscana, abbiamo tutti preso coscienza, di cosa sia l'effetto di una Natura fuori controllo. Finalmente, comprendiamo che ciò che si ostinava a ripetere in ogni ambito, Greta Tumberg e cioè che "NON C'È PIÙ TEMPO", non era un semplice slogan, ma una drammatica verità.
I Gretini veri erano dunque i vari Nicola Porro, Vittorio Feltri, Giuseppe Cruciani e Belpietro con il loro arrogante negazionismo.
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AUGURI A TUTTI PER UN 2024 PIÙ SERENO E PIÙ COSTRUTTIVO.
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