#consonanze
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aitan · 2 years ago
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"Penso […] che l’armonia del nostro tempo non debba essere ricercata attraverso una via «geometrica», bensì attraverso una via rigorosamente antigeometrica, antilogica. Questa via è quella delle «dissonanze nell’arte», dunque anche nella pittura, come nella musica. E la dissonanza pittorica e musicale «di oggi» non è altro che la consonanza di «domani». […]"
Da una lettera di Kandinsky inviata a Schönberg il 18 gennaio del 1911
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klimt7 · 11 months ago
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Affinità elettive?
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artlimited · 1 year ago
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Sui Conflitti, Divergenze e Consonanze Armoniche by Roberto De Mitri https://www.artlimited.net/31143/art/photography-sui-conflitti-divergenze-e-consonanze-armoniche-medium-format-film-people-portrait/en/11958654
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thebeautycove · 1 year ago
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ANOMALIA PARIS - NARCOTIC BOHEMIC - Eau de Parfum -
The way you make me feel… Always looking forward to something remarkably enthralling every time I’m about to press the vaporizer…And here it is. That’s what makes me feel free to be me.
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Sette fragranze sui generis per Anomalia Paris. Lontane dall’ovvio, dai luoghi comuni, da certe impersonali narrazioni, così atipiche nella sostanza e con un fatale plus, essere oltremisura immaginifiche, sfrontate, astutamente versatili.
Una collezione che non conosce frontiere, non pone limiti all’indagare ogni aspetto del piacere, che sa ampliare gli orizzonti su nuove emozioni, stimolare ignote capacità percettive, intercettare nuove frequenze sensoriali e inedite consonanze aromatiche.
E che spavaldo blend è stato immaginato per Narcotic Bohemic, un inconsueto, affascinante metissage olfattivo, buono per risvegliare certi feeling in stallo, creato per spronarti a godere la vita in tutte le sue possibili declinazioni sensoriali.
Immediata la piacevolezza nel lasciarsi afferrare da questa sensazione primigenia di libertà, dai sussurri dell'istinto, nessuna regola in campo, docilmente in ascolto della mia anima scapigliata.
Che sappia creare dipendenza è lampante, si impossessa della pelle con un merrygoround aromatico composito, ipnotico e penetrante, provoca ma è spassosamente conviviale e indulge nella lentezza di certe sere d'estate, appese al plenilunio.
Piccante di spezie remote in nitida pienezza, cardamomo, salvia sclarea, chiodi di garofano rivelano un approccio balsamico al limite del lenitivo. Nell'evoluzione si impone la sfumatura più sensuale e dissoluta, note acute di caffè, tabacco e un rimando audace alla nuance cuoio. Qui ciò che pareva una promessa proibita muta in dolcezza inaspettata, si alza morbido e rotondo un sillage di beatitudine con l'ineffabile grazia dell'iris, il soffice toffee della tonka, la nostalgia a velo del legno di cedro.
Parfum Fétiche.
Rimarchevole la cura dei dettagli per il pack design che guarda al futuro nel segno di sostenibilità e upcycling. Splendidi il flacone realizzato da Pochet du Courval di sapore vintage, i contenitori delle candele profumate e i diffusori di aromi, tutti rigorosamente ricaricabili.
Eau de Parfum 70 ml. Online qui
©thebeautycove @igbeautycove
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danzameccanica · 10 years ago
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C'era una volta, nei freddi boschi del Nord, una giovane fanciulla che, presa dal sopravvento di una troppo breve giornata di sole, perse il sentiero di casa e si ritrovò a contatto con la natura più glaciale. Nel corso della notte fece conoscenza di tutti gli spiriti del bosco, i quali la ammaliarono con le loro dolci e desiderose parole. Con la forza della persuasione, riuscirono a trascinare la povera fanciulla nel cuore della foresta, dove lo spirito della montagna la immolò.
Una leggenda in 5 capitoli… questo è Bergtatt, il primo capolavoro degli Ulver. Un album talmente completo, stupefacente e innovativo, che a tutt'oggi si impone, nel panorama della musica estrema, come un gioiello più unico che raro. Un disco che mescola, nel modo più sorprendente, black metal e folklore, rabbia e malinconia, creando un canone esemplare che verrà ammirato da moltissimi fan (non solo del mondo metal).
L'anno della pubblicazione era il 1995 e gli Ulver avevano (auto)prodotto solo un demo, Vargnatt, che già faceva gridare alla novità: partiture di chitarra classica e folk su sezioni ritmiche rock registrate in bassissima qualità ("Tragediens Trone", "Ulverytterens Kamp"…) ed estranianti voci pulite che mandavano fuori di testa l'ascoltatore. Più di tutti mandarono fuori di testa Metalion (della famosa Slayer mag.), il quale, grazie alla sua Head Not Found, permise alla band di entrare agli Endless Studio per registrare il loro debut.
Le qualità avanguardistiche dell'album si notano dai primi attimi di I troldskog faren vild: la pienezza delle melodie è data dall'armonizzante accostamento delle due chitarre ritmiche, le quali forniscono un ottimo e armonioso tappeto per la trascendentale voce pulita di Garm -che manterrà questo registro per tutta la durata della canzone, ricordando quasi un canto gregoriano. Le dolci e malinconiche note sono un lungo coro, una folcloristica pastorale, che descrive la presa di coscienza della ragazza, la quale si rende conto di essersi perduta e di essere totalmente in balìa degli spiriti. I grandi rintocchi del basso di Skoll percorrono il brano dalla ritmica semplice e schematica. Poi i suadenti assoli di Aismal e di Håvard dipingono l'immagine della passione della poveretta:
Dai ramoscelli degli alberi, alla testa della fanciulla; goccia a goccia come il sangue da l corpo di Cristo.
Infine il primo epilogo, contrassegnato dall'intreccio delle due chitarre acustiche, per poi proseguire su toni più aggressivi e minacciosi, esplicitando la condizione dello smarrimento:
Ahimé… da sola e sperduta nella foresta… stanotte, sento e temo che nessuno si ricorderà di me.
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Una rilassante chitarra acustica duetta con un rassicurante flauto dolce, intonando note alla notte silènte di Sølen gåer bak åse ned; (lacune frasi forse appartengono alla tradizione norvegese visto che Satyr le ha riutilizzate nel suo progetto Storm) una notte che sta partorendo le più vili crudeltà che madre natura possa concepire. Infatti i riff scorrono improvvisamente veloci e stridenti e la batteria incide i suoi blast-beat sotto le urla di Garm.
Tra le rocce cala il sole, e le ombre si stanno allungando, presto viene la notte con la sua mòle, già mi sta legando e imprigionando.
I cori si fanno ancora più suadenti (questa canzone contiene a mio avviso le più belle parti cantante degli Ulver) dipingendo una natura evanescente nella sua foschia e nei suoi substrati; tutto è dosato nei minimi particolari: la registrazione è più che eccellente (per l'epoca, per il messaggio, per il budget e a confronto del resto delle uscite contemporanee), le voci pulite sono sempre raddoppiate creando perfette consonanze e le chitarre acustiche vengono aggiunte sempre al momento giusto.
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E sono sempre le bonàrie chitarre acustiche che lasciano trasparire i bassi e calmi cori nell'incipit di Gråblick blev hun vaer; è la temporanea calma di quando uno si desta dal sonno e ancora un po' sbattuto e con la mente non perfettamente a fuoco, cerca di capire, silenziosamente, dove si trova. E poi lo shock di quando ci si rende conto di essere stati spiati per tutto il tempo. Le chitarre dissonanti rivelano la terribilità degli esseri notturni, i quali si divertono con la bambina rapita, illudendola di mostrarle il sentiero verso casa, mentre invece verrà solamente sbattuta da un lato all'altro del bosco. I rintocchi del basso suonano una melodia parallela, analoga al parallelismo figurato del brano: la chitarra acustica e l'arpa presto faranno da colonna sonora all'annaspare della poveretta, la quale corre sulla ghiaia e sulle foglie secche del bosco, zigzagando invano verso un tentativo di scampo…
Tutta sola e smarrita; batte forte il suo cuore; e il suo sangue si ghiaccia.
I toni si incupiscono per l'ennesima volta, e i tamburi della batteria scandiscono le risate di scherno del bosco, fissando sulla tela la disperazione dell'innocenza:
Su quelle guance rosa e su quella bocca priva di alcun sorriso, un fiume di lacrime scorre libero, mentre tutto il mondo, nel sonno è intriso.
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Il quarto capitolo, "Een stemme locker", vede la fanciulla al cospetto dello spirito della Montagna; quattro minuti di chitarra acustica che rintocca all'infinito mentre i fraseggi secondari accompagnano il dialogo fra la poverina e il grande Spirito (esecuzione formale che anticipa il futuro lavoro, totalmente acustico, Kveldssanger). I suadenti e lontani cori femminili attirano la fanciulla al cuore della montagna come i compagni di Ulisse cedettero inermi ai cori delle sirene.
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La storia (e il disco) si conclude con il quinto capitolo Bergtatt - Ind I fjeldkamrene. I riff riprendono leggermente i toni del primo capitolo, sono però sempre più spesso ritoccati da chitarre acustiche, mentre i cori vengono quasi del tutto cancellati, in favore del climax finale della storia.
La fanciulla chiese di essere liberata, ma per le sue preghiere non fu ascoltata… Ancora una volta una fanciulla è scomparsa… fecero di ella ciò che volevano, e senza alcun riguardo o gentilezza la trattarono.
La coda del brano è percorsa da lunghi soliloqui di chitarre suonate quasi come strumenti ad arco, gli ululati di Garm descrivono la definitiva azione della notte, che ingloba in sé la ragazza, in una voluttuosa violenza; e dopo la pioggia e la tempesta, gli ultimi rintocchi di chitarra classica descrivono l'alba di un nuovo giorno che si lascia alle spalle il sacrificio appena compiuto, senza la certezza però, che l'inestinguibile sete della Montagna sia appagata.
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Bergtatt è un album che si impone come un'opera d'arte totale, dall'artwork del libretto, ai testi stilati rigorosamente in lingua-madre e in rima, come fosse una tragica ballata da accompagnare alle pitture del nazionalromanticismo norvegese (Johan Dahl, Adolph Tidemand…). L'approccio musicale e lirico è quanto di più anomalo e poetico si possa trovare nel black metal e, oggettivamente, nel mondo della musica estrema. L'assetto innovativo e persistente nel tempo, fanno di questo disco le qualità più importanti: le stesse qualità che in tempi recenti lo hanno fatto apparire perfino sulle pagine di webzine non addette al metal, e le stesse qualità che lo hanno portato ad essere amato da tutti gli ascoltatori di musica che riescono a mettere appena il naso nel mondo underground.
https://www.metallized.it/recensione.php?id=4434
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valentina-lauricella · 7 months ago
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(Di Saverio Baldacchini, 1869)
A GIACOMO LEOPARDI
Tristi ipocriti, e che? gridare osate
Empio, empi voi, chi con amor da l'ime
Valli si aderge, ove in lui tanta imprime
Orma d'alto splendor l'achea beltate?
E Dio niegar poria chi di beate
Consonanze orna le sue dolci rime?
Chi di sdegno divampa e di sublime
Ira contro l'italica viltate?
Empio, chi i vizi abborre, e di nostr'arte
Tocca i fastigi? È col poeta Iddio:
Da chi'l bestemmia o niega Ei lo diparte.
Si estimi empio, che val? con la parola,
Col pensiero infiammato e col disio
Chiede il ver dolorando, ed al ciel vola!
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Mantova, "Out to lunch!" è la 43esima edizione di MantovaJazz
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Mantova, "Out to lunch!" è la 43esima edizione di MantovaJazz. MantovaJazz arriva nel 2023 alla sua quarantatreesima edizione in piena salute, proponendo al pubblico mantovano una ricognizione in quattro tempi sulle possibilità di un “mainstream” progressivo” in questi anni. Avanguardie e radici La capacità del jazz di rigenerarsi senza tradire le proprie radici è sempre stata sorprendente in tutto l’arco ormai secolare della sua crescita di importanza e delle sue inesauste evoluzioni linguistiche. Trovandosi esattamente a metà tra attitudine conservatrice, o neoclassicista, e pulsione d’avanguardia, la grande corrente principale del jazz è quella che scorre ormai senza barriere geografiche o generazionali. Usa le avanguardie come sprone e il classicismo come richiamo alla bellezza delle proprie radici. Organizzazione Il programma è stato presentato venerdì 18 agosto nella sede municipale di via Roma 39 dall’assessore al Commercio del Comune di Mantova Iacopo Rebecchi, dall’esponente di Arci Mantova Marco Monici, dagli aderenti al Circolo del Jazz “Roberto Chiozzini” Giorgio Signoretti e Roberto Biaggi. MantovaJazz è organizzato da Arci Mantova e Circolo del Jazz “Roberto Chiozzini” con il sostegno del Comune di Mantova e della Fondazione Comunità Mantovana, in collaborazione con il Conservatorio di Mantova “Lucio Campiani”, l’Istituto Carlo d’Arco e Isabella d’Este e le scuole di musica Accademia delle Arti, Consonanze, Nuova Scuola di Musica e Sonum Music School. Mainstream Nel campo di questo vitale “mainstream” possono senz’altro rientrare il pianismo impressionante del giovanissimo Tigran Hamasyan (sabato 4 novembre – Teatro Ariston), capace di evocare col proprio trio i sapori armeni della propria tradizione famigliare e la potenza ritmica di una grande band di rock progressivo. O lo stupefacente sax tenore di Chris Potter (venerdì 10 novembre – Auditorium Monteverdi), che ci ricorda come questo strumento, da Dexter Gordon a John Coltrane, da Wayne Shorter a Michael Brecker, sia stato fondamentale nell’evoluzione dei codici linguistici del jazz moderno. Mainstream contemporaneo Nel mainstream contemporaneo si muove anche il poderoso e magistrale contrabbasso di Christian McBride (venerdì 13 ottobre – Teatro Ariston), regista e perno di New Jawn, lo splendido quartetto che proietta nel presente e anche un po’ nel futuro la grande tradizione “hard bop” degli anni Sessanta. E c’è spazio anche per i tesori locali, col bravissimo bassista Marco Cocconi (venerdì 27 ottobre – Arci Tom), tornato finalmente nelle vesti di leader dopo aver egregiamente sostenuto da sideman un numero considerevole di progetti eterogenei.  Una storica partnership MantovaJazz - Festival “Roberto Chiozzini”, è frutto di una storica partnership tra Arci Provinciale e Circolo del Jazz e porta a Mantova ininterrottamente dal 1981 il più grande jazz della scena statunitense ed europea, individuando ogni anno un tema complessivo che serva da stimolo, rivolto a spettatori, musicisti e studenti, per una riflessione sempre più consapevole sul valore assoluto che il jazz ha assunto come forma espressiva universale e straordinariamente ricca e vitale.  Abbonamenti e biglietti I biglietti per gli spettacoli sono acquistabili in prevendita sul sito (www.vivaticket.it) o nei punti vendita VivaTicket oppure il giorno stesso del concerto direttamente sul luogo dell’evento a partire dalle ore 19.00. Per l’edizione di quest’anno, oltre ai biglietti dei singoli concerti, è possibile acquistare l’abbonamento a tutti e quattro i concerti al costo di 60 €. Maggiori informazioni sul sito mantovajazz.it, alla mail [email protected] o al numero 348 0072215. Un pubblico più ampio MantovaJazz non è solo il festival: da alcuni anni sta cercando di ampliare il pubblico a cui rivolgersi – soprattutto i giovani - attraverso la proposta di concerti in location più popolari e accessibili. Come ad esempio i concerti gratuiti del cartellone “Ypung” - ovvero dei giovani e promettenti jazzisti e bluesman italiani - che sono stati realizzati a luglio di quest’anno su ArciFesta e che ogni anno vengono proposti in club e circoli Arci nello stesso periodo di MantovaJazz (a breve maggiori info sulla sezione MantovaJazz Young che si terrà nell’autunno 2023). O come l’adesione alla Giornata Internazionale del Jazz (istituita nel 2011 su iniziativa dell'ambasciatore Unesco Herbie Hancock, dalla Organizzazione delle Nazioni Unite) che quest’anno si è sostanziata in un grande concerto gratuito realizzato dagli alunni del Liceo Musicale e dagli studenti del Dipartimento Jazz del Conservatorio di Mantova. Per i giovani Inoltre, a sottolineare l’impegno di MantovaJazz nella diffusione della musica jazz verso le nuove generazioni sono previste agevolazioni per gli studenti del Conservatorio di Mantova, del Liceo Musicale e Coreutico e delle scuole di musica Accademia delle Arti, Consonanze, Nuova Scuola di Musica e Sonum Music School. Gli studenti interessati possono contattare direttamente la scuola di musica di riferimento per avere maggiori informazioni. I Concerti Venerdì 13 ottobre 2023 CHRISTIAN McBRIDE’S NEW JAWN Ore 21.00 - Teatro Ariston (Via Principe Amedeo 20 – Mantova) Christian McBride è, in ordine di tempo, l’ultimo grande interprete di quella linea afroamericana del contrabbasso jazz la cui genealogia comprende autentici monumenti di suono e drive come Ray Brown o Ron Carter. Partner voluto dai musicisti più influenti, da Joe Henderson a Freddie Hubbard, da Pat Metheny a Diana Krall, McBride è anche un magnifico leader. Il suo quartetto New Jawn è una macchina perfetta costruita su una sezione ritmica “pura”, senza strumenti armonici, che eredita potenza, dinamismo e groove dal grande hard bop progressivo degli anni Sessanta e Settanta, rielaborandoli alla luce di quanto di nuovo il jazz ha prodotto negli ultimi decenni. Sul palco: Christian McBride • Contrabbasso Marcus Strickland • Sassofono Josh Evans • Tromba Nasheet Waits • Batteria Inizio concerto ore 21, apertura teatro ore 20 Biglietti: posti numerati in platea 30 € - abbonamento a tutti i concerti 60 €   Venerdì 27 ottobre 2023 MARCO COCCONI QUARTET Ore 21.00 – Arci Tom (Piazza Tom Benetollo 1 – Mantova)   È tradizione di MnJazz segnalare le produzioni discografiche dei musicisti che più hanno contribuito alla crescita di una scena, quella mantovana, dai contorni a suo modo sorprendenti. Marco Cocconi è uno di questi. Specialista indiscusso del basso elettrico, al quale conferisce con lucidità e rigore una dimensione sonora totalmente jazzistica, Cocconi si dedica sempre più frequentemente al contrabbasso, sul quale fa riconoscere le stesse preziose doti di chiarezza armonica e di poetico nitore di segno. Una chiarezza che traspare anche dalle composizioni originali dello squisito cd Even In My Soul, il secondo da leader, a distanza di vent’anni dal precedente, altrettanto delizioso, Chiaroscuri. Sul palco: Marco Cocconi • Contrabbasso Manuel Caliumi • Sassofono Riccardo Barba • Piano Federico Negri • Batteria Inizio concerto ore 21, apertura teatro ore 20 Biglietti: posti non numerati in platea 5 € - abbonamento a tutti i concerti 60 € Sabato 4 novembre 2023 TIGRAN HAMASYAN - THE CALL WITHIN Ore 21.00 - Teatro Ariston (Via Principe Amedeo 20 – Mantova) Tigran Hamasyan è probabilmente la grande rivelazione del pianoforte jazz contemporaneo. Nasce in Armenia il 17 luglio 1987 e, dopo il trasferimento della sua famiglia a Los Angeles, si afferma con impressionante rapidità nel villaggio globale del grande jazz. Oltre ai modi originalissimi del suo virtuosismo strumentale, vengono subito notate le sue qualità organizzative da leader già maturo e le architetture cangianti di un jazz magnificamente ricombinativo che assorbe l’incanto degli elementi ritmici e melodici del folk armeno e non esita a nutrirsi delle più potenti suggestioni del rock progressivo. Hamasyan porta a Mantova il suo splendido trio europeo “The Call Within” con Marc Karapetian al basso e Arthur Hnatek alle percussioni Sul palco: Tigran Hamasyan • Piano Marc Karapetian • Basso Arthur Hnatek • Batteria  Inizio concerto ore 21, apertura teatro ore 20 Biglietti: posti numerati in platea 25 € - abbonamento a tutti i concerti 60 €   Venerdì 10 novembre 2023 CHRIS POTTER CIRCUITS TRIO - 'SUNRISE REPRISE' Ore 21.00 - Auditorium Monteverdi (Via Conciliazione 33 – Mantova) CHRIS POTTER Circuits Trio 'SUNRISE REPRISE' La scena del jazz postcoltraniano presenta una fioritura continua di grandi tenoristi bianchi come Joe Farrell, Joe Lovano o Michael Brecker, musicisti enormi che hanno saputo creare una linea poetica consistente, a cavallo tra tradizione ed esplorazione ed ugualmente a proprio agio nell’asciuttezza dei piccoli gruppi o nell’esplosività delle big band e dei contesti più elettrici. Chris Potter ha oggi nelle mani il testimone di quella entusiasmante tradizione e ogni sua esibizione suona travolgente per energia e impressionante per tecnica ed ispirazione. A Mantova porta il Circuits Trio, lo stesso del cd Sunrise Reprise del 2021, con gli stupefacenti James Francies alle tastiere e Eric Harland alle percussioni. Sul palco: Chris Potter • Sassofono James Francies • Tastiere Piano Eric Harland • Batteria Inizio concerto ore 21, apertura teatro ore 20 Biglietti: posti numerati in platea 20 € - abbonamento a tutti i concerti 60 € Read the full article
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fashionbooksmilano · 7 years ago
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Delio Gennai.  Consonanze
A cura di Ilario Luperini
Bandecchi & Vivaldi , Pontedera 2010, 64 pagine,  cm 22x22
euro 15,00*
email if you want to buy :[email protected]
Pontedera, Centro per l'Arte Otello Cirri, 11 dicembre 2010 - 31 gennaio 2011
A partire dal disegno, dal progetto grafico, l'artista sviluppa un lavoro minuzioso, preciso, paziente, appassionato, spesso defatigante. La precisione dei tagli, l'incollaggio su un supporto diverso delle garze e delle parti tagliate, in maniera da rendere immediatamente evidente il rapporto pieno-vuoto, positivo-negativo, le leggerissime incisioni, tutto comporta un'assoluta padronanza dei materiali e delle tecniche che, però, non scade mai nel tecnicismo, in virtù di un'intensa partecipazione emotiva al lavoro. [...] Ed è proprio nella riproposta dei materiali e delle tecniche del fare artigianale che in Gennai si attua una sorta di riscoperta del passato, come memoria di un'antica sapienza che ha dato vita a oggetti e forme da ripensare e da valorizzare alla luce dell'esperienza contemporanea, anche con evidenti trasferimenti di significato. [...] Le tarsie marmoree della facciata del Duomo di Pisa, gli stendardi della Chiesa dei Cavalieri, i ghirigori o le geometrie della scrittura kufica stanno alla base della ricerca estetica di Delio Gennai, ne costituiscono la fonte di ispirazione. La memoria, la storia, il passato.
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lesser-known-composers · 2 years ago
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Giovanni Maria Trabaci - Consonanze stravaganti ·
Daedalus - Conductor: Roberto Festa
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scottishsquirrel · 3 years ago
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Jusepe de Ribera 1591-1652
Portrait of a Musician 1638
Toledo Museum of Art, Ohio U.S.A
The roll of music paper in this man’s right hand suggests that he is a musician. It was once proposed that he might be Giovanni Maria Trabaci, a composer and the music director of the royal chapel in Naples where Jusepe de Ribera painted this portrait. However, in 1638, Trabaci was in his 60s, while the man in the painting appears much younger. His identity remains a mystery.
Giovanni Maria TRABACI (1575 -- 1647) 
Consonanze stravaganti (Il secondo libro de ricercate & altri varij capricci, Napoli, Giacomo Carlino, 1615) Accademia d'Arcadia Davide Monti, Fabio Ravasi, violini Guido De Vecchi, viola Claudia Pasetto, viola da gamba
https://www.youtube.com/watch?v=c3a4KJabAb0&list=RDEMok8sfxVs3c0wcrLH1n5nFA&start_radio=1
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chez-mimich · 3 years ago
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NANDA VIGO: “GIOVANI E RIVOLUZIONARI”
Il titolo può trarre in inganno, poiché leggendolo si potrebbe pensare ad un saggio storico della casa editrice Il Mulino o magari di Laterza… Invece no, non si tratta di questo. “Giovani e rivoluzioni” (Ed. “Mimesis/le parole dell’arte”) è uno straordinario volumetto di pettegolezzi artistici e dico subito che uso il termine pettegolezzi in senso assolutamente positivo. Nanda Vigo, compagna di vita di Piero Manzoni (sì proprio l’autore della “merda d’artista”), è stata protagonista un po’ defilata della scena artistica a italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. Designer stravagante e “psichedelica”, conobbe e fu in contatto con tutti i più grandi artisti italiani dell’epoca e questo gustoso diario racconta degli incontri e degli scontri, delle consonanze e delle dissonanze, che l’autrice ebbe con loro. Potremmo aggiungere che il diario tratta anche “del personale e del politico”, come si sarebbe detto allora, e rende molto bene l’idea di cosa accadde tra Brera e New York, o forse sarebbe meglio dire tra il Bar Jamaica e il MoMa. Nanda Vigo ci racconta particolari gustosi e anche un po’ pruriginosi di un mondo che la maggior parte di noi ha conosciuto solo dai libri o dalle esposizione delle opere e che, raccontato da una protagonista, sembra essere molto meno leggendario e molto più godibile. Nel diario capita di leggere anche di persone vicine ai novaresi (sempre sonnacchiosi e indifferenti); è il caso dello spietato giudizio su Antonio Calderara che Nanda Vigo non esita a definire un frustrato. Per fortuna qualcun altro, vicino anche alla nostra città, come fu Guy Harlof risulta essere affabile e ospitale (aveva preso casa in Via dei Fiori Chiari a due passi da Brera e dal Bar Jamaica e spesso le serate degli artisti terminavano a casa sua). Chi altri avrebbe potuto ci avrebbe potuto svelare la passione di Manzoni per il sesso orale o raccontarci di Dada Maino nuda sdraiata su un letto che si finge Nefertiti per sedurre un ragazzo un po’ sbronzo? Ma naturalmente il fulcro di tutta la sua diaristica non che poteva che essere l’amato Piero, anzi “il” Piero, con l’articolo determinativo che caratterizza sempre il gergo milanese. Ma è proprio questo articolo che ci fa comprendere la prossimità di Nanda Vigo con i grandi dell’arte italiana del dopoguerra; insieme a Piero Manzoni ecco il Lucio (Fontana), con il quale la Vigo intrattenne anche rapporti di lavoro, il Giò (Ponti), che lavorò intensamente con lei, il Gianni (Colombo), il Bruno (Munari), ma anche l’Enzo (Biagi), il Gualtiero (Marchesi), il Nanni (Balestrini), l’Antonio (Porta) e poi ancora il Gian Maria (Volonté), il Franco (Maria Ricci), la Mariangela (Melato) il Nanni (Svampa) e si potrebbe continuare. Ai pettegolezzi gustosi si affianca una narrazione nostalgica dei tempi andati e indimenticabili, anni di creatività, di appassionato dibattito politico, giocato tutto negli ambienti della sinistra milanese. Oggi i giovani del titolo sono diventati vecchi o se ne sono andati e le “rivoluzioni” non si possono nemmeno immaginare, ma tutto questo patrimonio artistico, ideale e politico ci è stato lasciato come eredità spirituale. Se mi è concessa una riflessione digressiva, e forse poco pertinente, chissà quale patrimonio ci lasceranno la Meloni e Salvini…
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robertobuscettablog · 4 years ago
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PASSEANDO, un cd uscito mentre nessuno poteva farlo
Il primo CD degli Alenfado, intitolato (in portoghese) Passeando, è uscito a fine maggio 2020, in pieno lockdown e contiene anche brani inediti composti dal gruppo palermitano: “A chi vali unni nascisti” e “Unni si va’ curca ‘u suli”, quest’ultimo con testo del giornalista e scrittore Daniele Billitteri. I rimanenti brani, composti da altri, sono stati  comunque in qualche modo “personalizzati” e reinterpretati dagli Alenfado grazie agli arrangiamenti e alle orchestrazioni originali di Toni Randazzo, che li ha adattati al “sound” e all’organico del gruppo.
La sfida musicale della formazione palermitana è sempre stata quella di interpretare a modo loro i brani di fado portoghese e di altre tradizioni popolari, con la sensibilità personale di alcuni componenti della band, i loro strumenti e la storia musicale di ognuno di loro, salvando però il carattere e l’anima di ogni brano e, al contempo, con l’intenzione di avvicinare alle sonorità del fado anche brani non necessariamente portoghesi e non obbligatoriamente tradizionali. Per questo motivo, oltre agli strumenti tradizionali del fado, quali la guitarra portuguesa, la chitarra classica e il basso acustico, che accompagnano la voce, la formazione ha voluto includere la chitarra acustica, il violino e le percussioni (cajòn, djambé e glockenspiel).
Passeando, che contiene brani in lingua portoghese, spagnola e siciliana, rappresenta un viaggio musicale attraverso il Portogallo, la Spagna, l’America Latina e la Sicilia, coerentemente con il nome stesso del gruppo, Alenfado, che significa “oltre il fado”, “al di là del fado”, e che testimonia la vocazione del gruppo di rintracciare le affinità e le consonanze tra le espressioni musicali e le tematiche di varie culture popolari, soprattutto quelle dei vari sud del mondo. Il senso delle proposte musicali è proprio questo: non solo far conoscere dalle nostre parti il fascino della canzone portoghese, ma far sì che mediante essa si riconosca l’anima delle canzoni popolari di tantissime zone del pianeta, che è anche la nostra anima. In fondo le espressioni musicali popolari si assomigliano tutte un po’, con gli stessi elementi esistenziali, passionali, emotivi e narrativi, trattando argomenti di vita quotidiana, di quartieri e borgate, di passioni e sentimenti più o meno corrisposti, di tradimenti, viaggi, lontananze, speranze, illusioni e delusioni, nostalgie e sogni.
Il titolo Passeando vuole intenzionalmente e significativamente evocare il termine siciliano Passiannu che spesso, italianizzandolo, diventa Passiando (ma anche quello spagnolo Paseando), a testimonianza ancora una volta del loro tentativo di mettere in collegamento le due tradizioni popolari, portoghese e siciliana. Il Portogallo presenta grandi affinità con la Sicilia. Il sentimento del popolo portoghese è intriso di umanità e di genuinità, ma anche di vittimismo, fatalismo, rassegnazione, speranza, malinconia e tristezza, come quello del popolo siciliano. Letteralmente, fado è discendente diretto del fatum latino: il fato, il destino. Un destino vissuto da entrambi i popoli come già scritto e inesorabile, nella ineluttabilità e ciclicità dell’esistenza, della sofferenza strettamente legata ad ogni aspetto anche gioioso della vita.
Un valore aggiunto del CD, rispetto a ciò che si può ascoltare in un concerto del gruppo, è costituito dal fatto che in sala di registrazione ci siamo potuti permettere un numero di strumenti, di effetti, e di doppie voci maggiore rispetto a ciò che può essere eseguito sul palco, dal vivo, da sei musicisti.  Alla registrazione, ad esempio, ha partecipato anche il musicista Raffaele Pullara, che in tre brani del CD è intervenuto alla fisarmonica.
Un progetto futuro, al quale il gruppo sta già lavorando, sarà quello di concentrarsi maggiormente sul fado tradizionale e sulle possibili assonanze testuali, metriche e musicali tra il fado tradizionale e i brani della tradizione siciliana antica. È infatti già in cantiere un secondo lavoro discografico che conterrà quasi esclusivamente brani di loro composizione.
TRACCE DEL CD PASSEANDO: BRANI 1, 2, 4, 5,  7, 9, 10, 11 ARRANGIATI E RIMUSICATI CON ADATTAMENTO AGLI STRUMENTI SCELTI E USATI  DAL GRUPPO. BRANO 12 TOTALMENTE RISTRUTTURATO E REINVENTATO, BRANI 3 E 8 DI LORO COMPOSIZIONE 1. Fado triste di Vitorino Salomé in portoghese 2. Lisboa antiga (antica “marcha” portoghese) 3. Unni si va’ curca ‘u suli inedito in siciliano (Testo di Daniele Billitteri – Musica di Marco Pavone, Francesca Ciaccio, Antonino Randazzo). Daniele Billitteri ha scritto il testo dopo aver assistito a un nostro concerto al Ridotto dello Spasimo, due anni fa. 4. Fatum di Bévinda in portoghese 5. Meu fado meu, di Mariza in portoghese 6. Alfama, dei Madredeus in portoghese (colonna sonora di Lisbon Story) 7. Algo contigo, dell’argentino Chico Novarro, in spagnolo 8. A chi vali unni nascisti, inedito in siciliano (Testo di Roberto Buscetta – Musica di  Marco Pavone, Antonino Randazzo), testo ispirato al fenomeno migratorio e all’aspetto umano dei problemi conseguenti a tale fenomeno. 9. Os dias são à noite, dei Madredeus, in portoghese 10. Hora de fechar di Dulce Pontes in portoghese 11. Com que voz - fado tradizionale scritto per Amalia Rodrigues da Alain Oulman, con testo del poeta portoghese cinquecentesco Luís de Camões. 12. Qué nadie sepa mi sufrir, dell’argentino Angel Cabral, in spagnolo, dal ritmo di valzer peruviano che tanto piacque ad Edith Piaf, che ne fece una famosa versione in francese “La foule” .
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mikecage1976 · 5 years ago
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L’importanza dell’oggettività e della soggettività all’interno della critica musicale
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La dicotomia oggettivo/soggettivo in una cosa così empirica come la fruizione di un opera in campo artistico (in questo caso parliamo di musica) è un po’ difficile da affrontare.
“La musica è arte e scienza allo stesso tempo.
Perciò, al lo stesso tempo, deve essere colta emozionalmente e compresa intellettualmente; e anche per la musica, come per ogni arte o scienza, non esistono scorciatoie che facciano progredire nella conoscenza.”
L'amatore che si diletta ascoltando la musica senza capirne il linguaggio è come il turista che passa le vacanze all'estero e si accontenta di godersi il paesaggio, i gesti degli abitanti, il suono delle loro voci, senza capire neppure una parola di ciò che essi dicono.
Egli sente, ma non è in grado di comprendere. Anche leggerete scrupolosamente libri puramente teorici non farà di voi dei musicisti né vi insegnerà a scrivere la musica; come in ogni lingua, anche una scorrevolezza puramente grammaticale non si può ottenere che a prezzo di molti anni di esercizio.
Giungerete cosí, alla stessa situazione del turista che conosce una lingua in modo tale da consentirgli, quando si trovi nel paese in cui è parlata, di decifrare i giornali locali, intendere un po' di ciò che si svolge intorno a lui, avere qualche idea della topografia e della struttura sociale della nazione, ed esprimersi con gli abitanti senza far la figura di un muto.
Bisognerebbe capire che l'esistenza stessa dell'opera d'arte presuppone che in essa ci sia: ciò che l'artista voleva metterci, ciò che l'artista inconsciamente ci ha messo e ciò che te fruitore vedi.
Senza peraltro nessuna possibilità di separare le tre cose.
Inoltre, come in molti libri di critica musicale viene detto, la critica va sempre contestualizzata a partire dalle proprie basi con le quali si percepisce la musica, se uno è appassionato di virtuosissimo ovviamente guarderà più al lato esecutivo che non compositivo, chi è appassionato di Free Jazz non guarderà alla cacofonia (preciso che definire “cacofonico” il Free Jazz è una semplificazione quasi obbligata in questo specifico contesto, perché la cacofonia è la sovrapposizione di cellule melodiche che non hanno nulla a che fare l'una con l'altra e il più delle è volte accidentale, mentre il Free Jazz si basa su tutto il contrario, ovvero sulla collettività dei musicisti e sull'interazione fra essi, che poi risultino melodie dissonanti, disarmoniche e senza tempo è un altro conto, ma di certo non è cacofonico) ma a come interloquiscono i vari strumenti, idem per il Punk, la No Wave, si guardano anche altre caratteristiche come “quali sono i riferimenti presi dall’artista, e quando esso è riuscito a riformulare le influenze?”.
Cosa che però per esempio non si può fare con artisti come John Cage.
Citando una parte de “Il silenzio non esiste” del critico americano Kyle Gann dedicata al controverso, illuminante e sorprendente brano 4’33”, che ha segnato la storia di John Cage e l'idea di musica di tutto il Novecento: “L'evento più famoso nella storia delle stagioni concertistiche alla Maverick si tenne la sera del 29 Agosto, quando pianista David Tudor si sedette al pianoforte sul piccolo palco di le rialzato, chiuse il coperchio della tastiera e guardo un cronometro. Per due volte nei successivi quattro minuti alzò il coperchio e lo riabbassò prestando attenzione a non fare rumore, benché girasse anche le pagine dello spartito, che erano prive di note. Dopo che furono passati quattro minuti e trentatre secondi, Tudor si alzò per ricevere gli applausi e fu cosi che venne eseguita per la prima volta una delle opere musicali più controverse, illuminanti, sorprendenti, famigerate, imbarazzanti e in fluenti dai tempi di La sagra della primavera di Igor Stravinskij”.
Comunque sia, 4’33” ha un regolare spartito di sei pagine orizzontali, i cui il tempo-spazio orizzontale di ciascun movimento viene segnato da linee verticali che appaiono a intervalli proporzionali al passaggio del tempo.
Cage concepisce quel nuovo pezzo come qualsiasi altro brano e lo scrive "nota per nota".
“L'ho compo sto come un pezzo di musica, eccetto che non c'erano suoni solo durate".
Non rinuncia alla struttura e lo divide in tre parti, anche per convincere il pubblicona riconoscerlo come un lavoro musicale: "Un periodo di silenzio non articolato sarebbe presumibilmente sembrato troppo amorfo”
Più tardi confesserà di avere usato i tarocchi per decidere le durate, anziché lanciare le abituali monetine dell'I Ching; e qualcuno avanzerà il sospetto che forse il caso non è stato cosi casuale se la somma che scaturisce alla fine (30" + 2'23" + 1’40" = 4’33") si avvicina quasi perfettamente al format buono per la Muzak che Cage aveva adombrato in una conferenza.
Ennesimo bias da eliminare:
Non si pensi che il nostro sistema tonale di scale maggiori e minori sia l'apice dell'evoluzione musicale.
Nell'arte, un progresso inteso come miglioramento non esiste.
La musica che conosciamo meglio, in realtà non è altro che il prodotto della tecnica e dello stile di poche centinaia d'anni; una musica che esce da questi confini perché piú recente o più antica, può avere lo stesso valore di qualsiasi composizione scritta da Mozart.
A partire dal 1950 il mondo della musica si è trovato di fronte una sfida enorme: la ricerca di una teoria della musica razionale ed oggettiva che potesse rimpiazzare il sistema della tonalità convenzionale, ormai ritenuto limitato e inadeguato.
Si era capito che una qualsiasi teoria della musica avrebbe dovuto rendere conto al suo interno di opposizioni sia culturali che teoriche, come quelle tra musica europea e musica non europea, tra musica scritta e orale, tra musica esistente musica immaginabile.
Nel numero di compositori del dopoguerra che hanno affrontato questa sfida, nessuno è più qualificato di Stockhausen per poter articolare i temi filosofici e pratici che stanno alla base della musica d'avanguardia.
II suo straordinario successo è prima di tutto quello di aver dimostrato sia con i suoi scritti che con le sue composizioni che il fondamento teorico della nuova musica, sia essa seriale, elettronica, statistica o indeterminata, può essere efficace, razionale, coerente e universale.
Schönberg sosteneva che non esistono definizioni dei concetti di “melodia” e di “melodico” che vadano piú in là di un'estetica da quattro soldi, e quindi la composizione delle melodie dipende esclusivamente dall'ispirazione, dalla logica, dal senso formale e dalla cultura musicale.
Nel periodo contrappuntistico, i compositori si trovavano in una situazione analoga per quanto riguardava l'armonia.
Le regole danno solo delle avvertenze “negative”, cioè dicono quello che non va fatto, e anche i compositori di quel tempo impararono quel che dovevano fare solo per mezzo dell'ispirazione.
Questo perché la bellezza, in quanto concetto indefinito, è assolutamente inutile come base di valutazione estetica; e lo stesso vale per il sentimento.
Una Gefüblsästhetik (estetica del sentimento, come la chiamava Schönberg) di questo genere ci riporterebbe all'insufficienza di un'estetica antiquata che paragonai suoni al movimento delle stelle e fa derivare vizi e virtú dalle combinazioni dei suoni.
Esiste comunque la musica oggettivamente importante storicamente, l'influenza è un fatto storico, quantificabile e misurabile.
Però sarebbe falso dire che la musica è bella solo perché storicamente importante questo non ti renderebbe un appassionato di musica ma uno storico.
Ci sono dischi che sono storicamente importanti perché hanno creato un modo nuovo di intendere o di costruire o concepire la musica e quindi inevitabilmente gente dopo di loro ha riutilizzato gli "assiomi" da cui i primi erano partiti (Velvet Underground su tutti nel Rock), ma non è che quel disco è bello perché è influente, è bello perché ha una originalità e creatività che va oltre gli schemi. Questo non è un assunto universale: anche i Queen per esempio sono influenti, che pur non avendo davvero inventato cose nuove sono stati popolari quindi per una basilare legge statistica hanno influenzato tanta gente.
Ecco perché ritengo che ridurre tutta questo universo a solo “la musica è solo oggettiva” o “la musica è solo soggettiva” rende abbastanza sterile la discussione, impedendo uno svilupparsi di una coscienza personale durante lo scambio di argomentazioni.
Concludo con una citazione - l’ennesima- sapendo che in realtà tutto ciò che ho detto sia terribilmente riduttivo e tiene conto di molti altri aspetti e dilemmi filosofico-musicologici che sono stati affrontati nei secoli, più avanti magari amplierò il discorso
Gottfried Wilhelm Leibniz a Christian Goldbach, lettera del 1706:
“La musica è un occulto esercizio aritmetico dell'anima, che non sa di numerare.
Anche se non sa di numerare, l'anima avverte l'effetto di questo calcolo insensibile, ossia il diletto che viene dalle consonanze e la molestia delle dissonanze.
Il piacere nasce infatti da molte percezioni insensibili.
Coloro che attribuiscono all'anima solo le operazioni di cui è conscia, in verità intendono male”
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artlimited · 2 months ago
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Sui Conflitti, Divergenze e Consonanze Armoniche by Roberto De Mitri https://www.artlimited.net/31143/art/photography-sui-conflitti-divergenze-e-consonanze-armoniche-medium-format-film-people-portrait/en/11958654
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susannacappello · 6 years ago
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Le #installazioniartistiche accompagnate da elementi sonori, da sfumature di colore di ombre e di luci, potevano bastare a rendere questa una giornata avvincente e carica. A un tratto la sorpresa: le #Consonanze. . #emozioniforti #emozionibelle #energiapositiva #cosebelle #arte #artecontemporanea a #OfficinaGiovani a #Prato per la #mostra #UltraModumHumanum a cura di @caffemichelangiolo e @claudio_bartoli_fotografo A @officinagiovaniprato (presso Officina Giovani) https://www.instagram.com/p/BqDlHV0AtHU/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=vmjtuj9zaugs
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thewasteland2 · 8 years ago
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BLASCO DISSONANCES
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Whisky, che schifo. Minca tua a u’ bòtu! Con un sorso di Lete faccio pròsit! Guai non ne voglio, raju chi ti strísit! Mariajuanna non si ndi bidi in sátu. Steve McQueen, chini catzu benit a èssi? Ddi narat amiculu a Henry Míller! Voglio una vita tranquilla po arregòller, anche se non da film di Tinto Brássi. A life based on “I care”, catzusàntu! che a rispettare, rispettando, inségni e…
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