#confisca beni mafiosi
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Operazione DDA e ROS: Sgominate dai vertici della ‘Ndrangheta internazionale, la reazione del Presidente Domenico Rossi. PD. Torino
Un richiamo alla responsabilità collettiva per contrastare il radicamento mafioso in Piemonte.
Un richiamo alla responsabilità collettiva per contrastare il radicamento mafioso in Piemonte. Un’operazione contro il traffico internazionale di droga. L’operazione condotta dai Carabinieri del ROS e dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) ha portato a sgominare un’organizzazione internazionale dedita al traffico di stupefacenti, che aveva ai vertici figure tutte al femminile. Tra gli…
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Palermo, eseguita la confisca patrimoniale del valore di oltre 500.000,00 euro nei confronti di Ribisi Nicola per associazione mafiosa
Palermo, eseguita la confisca patrimoniale del valore di oltre 500.000,00 euro nei confronti di Ribisi Nicola per associazione mafiosa. Lo scorso 1° marzo, la Polizia di Stato ha dato esecuzione al provvedimento giudiziario della confisca di beni disposto, su proposta del Questore di Agrigento, dal Tribunale di Palermo - Sezione Misure di Prevenzione nei confronti di RIBISI Nicola (classe 1980). La proposta, che ha condotto il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione a disporre il sequestro patrimoniale nei confronti di RIBISI Nicola prende spunto dal suo arresto, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal G.I.P. del Tribunale di Palermo su richiesta della DDA, eseguito in data 18.09.2009 dalla locale Squadra Mobile, conseguentemente al quale il predetto fu condannato, in via definitiva, alla pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione per associazione di tipo mafioso, per essere stato incaricato dai vertici dell'organizzazione mafiosa Cosa Nostra di riorganizzare la "famiglia" di Palma di Montechiaro, come pure dagli ultimi contributi forniti dalle risultanze di recenti indagini che hanno condotto alla sbarra numerosi mafiosi appartenenti a Cosa Nostra agrigentina Acclarata la pericolosità del RIBISI Nicola, necessaria ai fini dell'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, l'indagine sui flussi economici ha riguardato il suo nucleo familiare e quello della madre, prendendo in esame un periodo di circa 15 anni, dal 2005 al 2020. Gli accertamenti hanno evidenziato una sproporzione tra i redditi dichiarati e le spese accertate, in particolare quelle per edificare abusivamente, su un terreno agricolo ubicato nella contrada Piano Daino di Palma di Montechiaro, una lussuosa villa vista mare a due elevazioni, per complessivi mq.252, accessoriata con patio e piscina, utilizzata come abitazione estiva. Pertanto, il Tribunale di Palermo – Sezione M.P. – ha accolto pienamente la richiesta avanzata dal Questore di Agrigento, con indagini esperite dalla Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Polizia Anticrimine, ed ha disposto la confisca, oltreché della sopra citata villa residenziale, anche di rapporti bancari/finanziari e di un veicolo, per valore complessivo stimabile di oltre 500.000,00 euro.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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I due magistrati, Falcone e Borsellino, segnavano una profonda differenza tra la mafia palermitana e quella trapanese: la prima, dicevano, era quella militare, la seconda quella economica. La prima è stata più facile da colpire, ma non è sconfitta e non finisce nelle tombe come i boss; la seconda ancora primeggia nonostante arresti, condanne e decine di provvedimenti di confisca, che nel trapanese superano il cinque miliardi di euro. A Trapani la mafia economica è rimasta nelle mani di Matteo Messina Denaro, sin da prima di quel 1993, anno dell’inizio della sua latitanza, cominciata, col padre, il padrino del Belìce, don Ciccio Messina Denaro, nella canonica di una chiesa di Calatafimi, dove un sacerdote si prendeva anche cura dei beni archeologici frutto degli atti predatori dell’anziano don Ciccio Messina Denaro.
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Qui la mafia non è la Cosa nostra dei viddani, ma la mafia dei borghesi. Esempi? Il medico Melchiorre Allegra, specialista in malattie infettive e boss, in epoca fascista finì arrestato e confessò l’esistenza dell’organizzazione mafiosa. Oppure l’imprenditore trapanese Totò Minore, uomo d’onore che viveva con il rispetto di una intera città, presidente della squadra di calcio, tra i protagonisti del sacco edilizio della città e contrario alla presenza nel suo territorio delle raffineria di droga dei corleonesi di Riina, che per questo volle la sua morte nel novembre 1982. E sempre imprenditori con buone frequentazioni sono stati gli ultimi accertati capi, Vincenzo Virga e Francesco Pace, tutt’altro che viddani.
Questa mafia ha sempre avuto una precisa capacità della sommersione che funziona ancora oggi. È tanto legata alla massoneria da averne assorbito anche le caratteristiche organizzative. Mafiosi affiliati alla massoneria ne esistono tanti, ma il più importante fu il mazarese Mariano Agate tra gli iscritti alla loggia segreta C creata all’interno del circolo culturale capeggiato da un professore di filosofia, Gianni Grimaudo. Un circolo ben frequentato, anche da magistrati e giudici, pronti a colpire il lavoro onesto di loro colleghi, alcuni dei quali uccisi da Cosa nostra, come Gian Giacomo Ciaccio Montalto.
Non c’è indagine ancora oggi condotta dalla procura di Trapani che non si imbatta in personaggi della massoneria. In Tribunale è in corso il processo denominato Artemisia, imputati di aver creato una loggia segreta un pugno di politici di Castelvetrano, capeggiati da un ex deputato Giovanni Lo Sciuto, amico di gioventù di Messina Denaro. E ci sono inchieste che oggi dimostrano come la magistratura continui ad avere un ventre molle che permette pericolose infiltrazioni: non si spara più, ma ancora oggi finiscono nell’occhio del ciclone i magistrati che lavorano correttamente e non i traditori o i corvi. Inoltre partendo da Trapani e girando per la Sicilia, fermandosi a Capaci, dove la resistenza a Cosa nostra non pare essere quella che appare, è ancora oggi facile imbattersi in investigatori preparati finiti sotto accusa proprio le loro qualità. Come accadde al Bellodi uscito dalla penna di Leonardo Sciascia.
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Un errore catastale fa un regalo ai mafiosi: la casa del boss Badalamenti, che uccise Impastato, torna agli eredi A causa di un pasticcio burocratico, la confisca della casa di Cinisi del boss mafioso Tano Badalamenti, noto soprattutto per essere stato il mandante dell’omicidio di Peppino Impastato, è tornata agli eredi del boss, eludendo la confisca. Il casolare era in mano al fratello di Peppino, Giovanni, che si è trovato i carabinieri alla porta di casa con la richiesta di consegnare le chiavi. “Ma io non avevo ricevuto nessuna notifica e mi sono rifiutato di consegnarle”, spiega Impastato. Un rifiuto che ha permesso di recuperare tempo: adesso la prossima scadenza è il 29 aprile. Potrebbe quindi esserci il tempo per trovare una soluzione. (...) La casa di Badalamenti adesso si chiama ‘Casa Felicia’, come il nome della mamma di Peppino Impastato, ed era diventato un punto di riferimento per la lotta alla mafia. Una “sconfitta per Cinisi, per noi, per la società civile, per l’antimafia, per tutto il Paese: troppo”, dice Impastato. “Non è possibile per un errore burocratico perdere tutto quello che abbiamo fatto fino ad oggi”, continua. Una perdita anche economia: negli anni, per sistemare la casa che era ridotta a un rudere, ci sono voluto più di 400mila euro. Sarebbe veramente il colmo se a godere delle migliorie fatte alla casa fossero gli eredi del mafioso che ha ordinato l’uccisione di Peppino. L’erede ha un nome: è Leonardo Badalamenti, secondogenito del boss. Indagato in Brasile per traffico di droga, su di lui pendeva una richiesta di estradizione. Fu arrestato dalla Dia, ma un anno dopo la seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo disse no all’estradizione e fu scarcerato. Ricercato dal Brasile ma senza condanne in Italia, il figlio di don Tano vive in libertà ed ora rientrerà in possesso del casolare alle porte di Cinisi. Gli avvocati di Impastato e del Comune si sono messi subito al lavoro, e hanno scovato una legge che permette loro di non restituire il bene, ripagando però l’antico proprietario del valore catastale dell’epoca e risarcendolo del mancato possesso. Ma risarcito da chi? Il Comune di Cinisi si è detto disponibile, che con delibera di giunta ha confermato, ma “a pagare dovrebbe essere chi ha commesso l’errore”, indica Impastato. Ovvero l’Agenzia per i beni confiscati o addirittura i tecnici responsabili dell’errore catastale. Globalist
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Luciano De Carolis, l'affiliato del clan Bottaro-Attanasio, con un patrimonio vergognoso
Luciano De Carolis, l’affiliato del clan Bottaro-Attanasio, con un patrimonio vergognoso
Indigna chiunque la somma sequestrata, del valore di 500 mila euro, riconducibile, anche per ipotesi, a un affiliato di un clan del siracusano. Non è tanto la confisca dei beni in sé, ma quella frase che in tanti, mafiosi e delinquenti, osano ripetere “noi ti aiutiamo, lo Stato dov’è? Basta fermarsi a riflettere: se ad un solo affiliato del famigerato clan Bottaro-Attanasio vengono confiscati…
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I commenti sulla confisca dei beni a Vincenzo Zangrillo
Confisca Sulla conferma della misura a carico del noto imprenditore del sud pontino, già eseguita dalla Dia nel 2018, è intervenuto Gianpiero Cioffredi,presidente dell'Osservatorio sicurezza e legalità della Regione Lazio: "Ringrazio il centro operativo della Dia di Roma e il suo capo, colonnello Francesco Gosciu, per la complessa e raffinata operazione di confisca di beni di Vincenzo Zangrillo, imprenditore di Formia, secondo gli investigatori legato al clan dei Casalesi. E' di grandissima importanza la decisione della Corte di Appello di Roma che ha confermato l’impianto accusatorio formulato dalla Dia. Il basso Lazio è da decenni unterritorio privilegiato di influenza camorrista. Una camorra imprenditrice che trova la disponibilità di alcuni investitori e professionisti, alimentando quell’area grigia in grado di garantire il riciclaggio di soldi e l’inquinamento dell’economia pulita. Nel sud pontino operano clan campani come l'alleanza di Secondigliano, il clan Moccia e le strutture criminali eredi del clan dei Casalesi. Aggredire i patrimoni illeciti delle mafie, restituire alle comunità locali i beni confiscati sono la nuova frontiera per una rigenerazione sociale ed economica dei territori”. Sulla decisione della Corte d'Appello è intervenuto anche il deputato pontino Raffaele Trano: "C'è un uomo che abita a pochi chilometri da casa mia. Nel corso del tempo il suo nome è comparso in molte attività commerciali. Il suo successo si è dilatato a dismisura tra Formia e i centri vicini: società, terreni, proprietà immobiliari. Un impero che la Dia, indagando, ha indicato come frutto di attività criminali che vanno dal riciclaggio al narcotraffico. Si chiama Vincenzo Zangrillo. E oggi apprendo che la Corte d'Appello di Roma ha confermato la confisca di quel patrimonio fatto di immobili, società e conti bancari e stimato in oltre 22 milioni di euro. Zangrillo è considerato legatissimo ai Casalesi, il gotha della mafia campana, e mi gira in testa una domanda, una di quelle cattive, una di quelle che fanno paura. Quante aziende "sporche", quante aziende di mafia in queste settimane stanno preparandosi ad assaltare la torta dei finanziamenti che il Governo ha predisposto? Quanti colletti bianchi hanno seguito i lavori parlamentari per capire quanto sarà forte la rete dei controlli? Con i miei colleghi in commissione Finanze avevamo predisposto un protocollo per bloccare ogni tentativo di infiltrazione. Lo abbiamo composto seguendo i consigli del procuratore antimafia Cafiero De Raho e dei capi delle procure di Milano e Napoli, Greco e Melillo. Il Governo non ci ha seguiti, ha predisposto una semplice auto-dichiarazione per i finanziamenti alle aziende. Questa scelta è stata duramente criticata da associazioni antimafia, magistrati e ha trovato eco sui media. Non finisce qui, però. In ogni sede, in ogni momento io continuo questa battaglia. Le confische dei beni mafiosi sono fondamentali ma non bastano. Tutti i Vincenzo Zangrillo devono sapere che lo Stato c'è, che siamo più bravi di loro a creare ricchezza seguendo le regole. Nelle prossime ore attiveremo una serie di iniziative per fare pressione sul Governo. I mafiosi e i loro colletti bianchi non devono nemmeno sentire l'odore dei soldi pubblici". Read the full article
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Nuovo codice Antimafia 1)Cosa prevede e, 2) cosa pensa Confindustria 1) Corrotti come mafiosi, procedure per i sequestri più efficaci, confisca rafforzata, trasparenza negli incarichi per circoscrivere le parentopoli, maggiori possibilità per intervenire sulle imprese infiltrate dalla criminalità organizzata. Sono solo alcuni degli obiettivi che il nuovo Codice Antimafia, definitivamente approvato mercoledì dalla Camera - con 259 voti a favore, 107 contrari e 28 astenuti - si prefigge di ottenere. Ci sono voluti quattro anni di lavori, tre letture - la prima nel novembre 2015 da parte della Camera, la seconda lo scorso 6 luglio al Senato e infine la terza oggi - per dare il via libera a un testo complesso, costituito da dieci articoli, ma anche molto contestato da Fi e M5S che hanno votato contro. Corrotti come mafiosi. Si allarga il perimetro dei possibili destinatari cui possono essere applicate le misure di prevenzione personali e di natura patrimoniale: da un lato a chi è indiziato di terrorismo o di assistenza agli associati a delinquere e dall’altro a chi è indiziato di associazione a delinquere finalizzata ad alcuni gravi delitti contro la pubblica amministrazione, tra cui peculato, corruzione propria e impropria, corruzione in atti giudiziari, concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità. Misure di prevenzione sono applicabili anche agli indiziati di stalking. Procedimenti di prevenzione garantiti e dai tempi certi. Il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione è reso più trasparente, garantito e veloce (trattazione prioritaria con rafforzamento delle sezioni competenti, copertura immediata delle vacanze, relazioni periodiche sull’operatività delle sezioni, utilizzo delle videoconferenze, immediata decisione sulle questioni di competenza). Si introduce la distrettualizzazione delle misure di prevenzione prevedendo sezioni o collegi distrettuali specializzati, mentre il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è inserito tra i soggetti titolari del potere di proposta delle misure di prevenzione. E’ peraltro meglio definito il coordinamento tra le figure dei proponenti. Ai fini delle indagini patrimoniali tutti i titolari del potere di proposta di prevenzione avranno accesso al SID, al sistema di interscambio flussi dell’Agenzia delle entrate. Sequestro più efficace. Il sequestro di partecipazioni sociali ‘totalitarie’ si estende a tutti i beni aziendali. A provvedere materialmente al sequestro sarà ora la polizia giudiziaria (non più l’ufficiale giudiziario). Se il bene immobile è occupato senza titolo, il giudice delegato ordina lo sgombero. Gli immobili, tra l’altro, potranno anche essere concessi in locazione alle forze di polizia o alle forze armate e ai vigili del fuoco. Confisca rafforzata. E’ stabilito espressamente che non si può giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli è frutto di evasione fiscale. Se il tribunale non dispone la confisca, può nel caso applicare l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario. E’ ampliato l’ambito di applicazione di sequestro e confisca per equivalente, mentre la confisca allargata diventa obbligatoria anche per alcuni ecoreati e per l’autoriciclaggio e trova applicazione anche in caso di amnistia, prescrizione o morte di chi l’ha subita. In caso di revoca della confisca, la restituzione del bene avviene per equivalente se nel frattempo sia stato destinato a finalità di interesse pubblico. Controllo imprese infiltrate. E’ introdotto il nuovo istituto del controllo giudiziario delle aziende quando sussiste il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose che ne condizionino l’attività. Il controllo giudiziario, previsto per un periodo che va da un anno a tre anni, può essere chiesto volontariamente anche dalle imprese che abbiano impugnato l’informazione antimafia interdittiva di cui sono oggetto. Una volta disposto, gli effetti dell’interdittiva restano sospesi. Estensione amministrazione giudiziaria. L’amministrazione giudiziaria di beni e aziende sarà possibile anche in presenza di indizi da cui risulti che il libero esercizio di attività economiche agevola l’attività dei soggetti colpiti da una misura di prevenzione patrimoniale o che abbiano comunque in corso un procedimento penale per specifici delitti di mafia o gravi reati contro la Pa. La durata raddoppia, con possibile proroga per un periodo comunque massimo di due anni. Alla scadenza, può essere revocata e trasformata in controllo giudiziario. L’amministratore giudiziario esercita tutti i poteri che spettano ai titolari. Trasparenza in incarichi ad amministratori giudiziari. Dovranno essere scelti tra gli iscritti all’apposito Albo secondo regole di trasparenza che assicurino la rotazione degli incarichi, al ministro della Giustizia spetterà individuare criteri di nomina che tra l’altro tengano conto del numero degli incarichi in corso (comunque non superiori a 3). Gli amministratori di aziende sequestrate vanno scelti tra gli iscritti all’Albo come esperti di gestione aziendale. Se la gestione dei beni sequestrati è particolarmente complessa, il tribunale può nominare più amministratori giudiziari. E può anche nominare, nei sequestri di aziende di particolare interesse socio-economico, esperti iscritti all’Albo indicati tra i suoi dipendenti da Invitalia Spa (società interamente partecipata dal Mise). In tal caso l’incarico non sarà retribuito. Stop a parentopoli negli incarichi. Non potranno più assumere l’ufficio di amministratore giudiziario, coadiutore o diretto collaboratore il coniuge, i parenti e gli affini, i conviventi o i commensali abituali del magistrato che conferisce l’incarico. Il governo poi è delegato a disciplinare un regime sistematico di incompatibilità da estendere ai curatori fallimentari vietando di nominare chi abbia rapporti di parentela, affinità, convivenza e comunque assidua frequentazione con uno qualunque dei magistrati dell'ufficio giudiziario che conferisce l'incarico. Tempi certi per recupero a legalità aziende sequestrate. Entro 3 mesi dalla nomina l’amministratore giudiziario dovrà presentare una relazione che evidenzi le concrete possibilità di prosecuzione dell’attività allegando un piano e censendo creditori e lavoratori impiegati. In mancanza di prospettive, l’impresa sarà liquidata o cesserà l’attività secondo modalità semplificate. Sostegno economico ad aziende confiscate meritevoli. Le aziende sequestrate per il proseguimento dell’attività potranno contare su apposite sezioni del Fondo di garanzia (3 milioni di euro all’anno) e del Fondo per la crescita sostenibile (7 milioni di euro all’anno) istituite dalla legge di stabilità 2016. Il governo è poi delegato a individuare altre misure a sostegno dell’occupazione. Al fine di favorire la continuità produttiva saranno anche istituiti tavoli provinciali permanenti presso la prefettura con i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni datoriali e dei lavoratori ed è previsto il supporto tecnico a titolo gratuito di imprenditori del settore che matureranno, dopo un anno di collaborazione, un diritto di prelazione in caso di vendita o affitto dell’azienda. Terzi in buona fede più tutelati. Sono garantiti i diritti dei terzi in buona fede che risultano da atti anteriori al sequestro. L’amministratore giudiziario può essere autorizzato a pagare subito i ‘creditori strategici’ a beneficio della continuità aziendale. La tutela dei terzi creditori è peraltro disciplinata in modo più funzionale per ciò che riguarda domande di ammissione del credito, tempi di accertamento e udienza di verifica ed eventuale vendita dei beni a confisca definitiva per il pagamento dei creditori ammessi. Nell’elenco dei creditori in vista dell’udienza di verifica va inserito anche chi vanta un diritto di godimento o garanzia. Chi ha un diritto di garanzia sul bene in sequestro può intervenire nel procedimento di prevenzione patrimoniale. Segnalazione banche colluse. Si fa più rigorosa la disciplina dei presupposti che consentono alla banca titolare di ipoteca sul bene confiscato di ottenere parte di quanto prestato. Se in corso di verifica alla banca che vanta un credito non è riconosciuta la buona fede, il decreto che rigetta la domanda di ammissione al credito deve essere comunicato alla Banca d’Italia. Restyling e rafforzamento Agenzia beni confiscati. L’Agenzia nazionale resta sotto la vigilanza del ministero dell’Interno ma vengono ridefiniti i compiti, con particolare riferimento allo scambio di flussi informativi. Il direttore, scelto tra specifiche figure professionali, non necessariamente dovrà essere un prefetto, e presiederà il Comitato consultivo di indirizzo, un nuovo organo interno che esprime pareri e presenta proposte. L’Agenzia ha competenza, dopo la conferma della confisca in sede di appello, tanto sui sequestri di prevenzione quanto su quelli penali. Al riguardo, nel ridefinirne i compiti, viene potenziata l’attività di acquisizione dati e valorizzato il ruolo in fase di sequestro con l’obiettivo di consentire un’assegnazione provvisoria dei beni e delle aziende e la funzione di assistenza all’autorità giudiziaria nella gestione del bene fino alla confisca definitiva. L’Agenzia può destinare beni e aziende direttamente a enti territoriali e associazioni. 2) Boccia leader di Confindustria: Con il nuovo codice antimafia si equipara l'attività degli imprenditori a quella dei delinquenti». Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, presidente della Confindustria, intervenendo alla convention Euromed del Gruppo Grimaldi ha bocciato severamente la nuova legge che consente di applicare le misure di prevenzione per i reati di stampo mafioso, incluso il sequestro dei beni, anche a coloro che commettono atti di corruzione. «In questo Paese ogni mattina si deve combattere con una cultura antindustriale e iperideologica che, pensando di far bene, fa in realtà molto male al Paese intero», ha aggiunto il numero uno di Viale dell'Astronomia sottolineando che «l'impostazione del nuovo codice è un errore madornale che abbiamo denunciato a voce alta e non da soli, anche Raffaele Cantone, anche Sabino Cassese sono su questa linea». Il presidente di Confindustria ha anche osservato che nel nuovo codice antimafia si possono rilevare anche profili di incostituzionalità. «Il punto di rottura si genera tra la realtà dei fatti e una visione della società anomala, in cui non si capisce cos'è un'impresa», ha proseguito evidenziando che «un imprenditore vive di reputazione, se lo rovini con la cultura del sospetto e della prevenzione non è che poi, quando lo riammetti al consesso sociale senza macchia, lo riabiliti in pieno, ormai lo hai comunque distrutto». Infine un appello alla politica affinché ritorni sui propri passi. «Dover essere eroi per fare l'imprenditore non ci piace. Viviamo un paradosso, siamo il secondo Paese industriale d'Europa, eppure respiriamo una delle più forti culture antindustriali del mondo», ha concluso auspicando che in campagna elettorale non si danneggino demagogicamente «gli interessi collettivi reali». È chiaro che l'unica speranza è in una resipiscenza di Matteo Renzi nelle prossime settimane. Il segretario del Pd, pur essendo contrario all'inasprimento delle misure anticorruzione, non ha di fatto esercitato nessuna moral suasion sui propri parlamentari per non esasperare ulteriormente il clima. Il codice antimafia è, infatti, una bandiera issata dalla sinistra (e da Repubblica) dopo lo smacco subito sullo ius soli. Le residue speranze di recuperare il rapporto con il mondo imprenditoriale sono affidate, perciò, alla legge di Bilancio 2018 non tanto (e non solo) in termini di decontribuzione per i neoassunti, ma soprattutto con l'approvazione di qualche norma emendativa che depotenzi la legge appena approvata. «È un modus operandi che comincia a essere intollerabile a prescindere da ogni altra valutazione politica», ha commentato Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica, criticando la presa di distanza di Renzi nei confronti del ministro della Giustizia Orlando (fervente sostenitore del testo) dopo che il Pd ha approvato «ostinatamente e cocciutamente» la legge.
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E' proprio vero quello che dice PIF: "La mafia uccide solo d'estate", o, perlomeno, con le belle giornate. E' quel momento dell'anno in cui il calendario dei martiri della Repubblica inizia ad intensificarsi di santi laici caduti per la nostra "salvezza". E' triste doverli ricordare, ma al tempo stesso è doveroso, mai noioso, mai patetico, mai banale, soprattutto quando molti nostri quotidiani si impegnano di più a parlare di frivolezze e mondanità. In questi casi, è ancora più necessario. Leonardo Sciascia, nel 1978, scrisse che la mafia andava combattuta con il diritto. Ebbene, questo è ciò che ha fatto Pio La Torre consegnando al nostro Paese il primo vero provvedimento legislativo che, non solo riconosceva pienamente l'esistenza del fenomeno mafioso, ma prevedeva anche la confisca dei beni. Purtroppo, anche in quel caso, la nostra politica ha atteso che gli sparassero con la mitragliatrice accanto ad un marciapiede di Piazza Turba a Palermo, esattamente 35 anni fa. Andava di moda utilizzare queste cazzo di mitragliette per spargere sangue ed andava di moda farlo quando si era in macchina. Andava di moda pagare il pizzo, rimanere in silenzio, assecondare il giogo politico-mafioso; andava di moda chiedere il lavoro ai padrini ed ai boss e fare la colletta per i mafiosi carcerati. Andava di moda sentirsi comunque importanti nel mondo per gli atti di mafia, andava di moda aspettare che il posto fisso arrivasse perchè una parte della politica lasciava assumere gente raccomandata dai mafiosi. Poi, ad un certo punto è andato di moda combatterla questa minchia di mafia e la politica che la proteggeva; è andato di moda dire di no al pizzo, scendere in piazza a lottare per i beni pubblici, studiare per vincere i concorsi e partecipare correttamente agli appalti; ha cominciato andare di moda lo Stato di diritto grazie ad uno dei primi morti contemporanei del santo calendario agiografico della Repubblica, Pio La Torre. E' come se fossimo in periodo di quaresima: attendiamo di ricordare Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, Rizzotto, Basile, uccisi e comunque ancora vivi. Attendiamo giorno per giorno di continuare a celebrare questa silenziosa rivoluzione civile che oggi ci consente di essere più liberi, più forti, almeno un po'. Immagino sempre Pio La Torre in campagna, vicino al mare, a pranzo con compagni e amici, chino sullo "scannatore" (tavola di legno sulla quale prima si impastava la farina e poi si pranzava in gruppo) a mangiare legato la pasta con il sugo, melenzare e ricotta salata (insomma quella pasta conosciuta in continente come "norma"). Lo immagino in questa semplicità autentica di chi non si è mai arricchito a spese degli altri, di chi, nonostante tutto ha trovato l'essenza della vita nella libertà.
The Freak (https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1502904866400797&id=259339740757322)
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Condivido il post dell'amico Claudio Bellavita. DALLA MANOMORTA ECCLESIASTICA ALLA MANOLESTA DEL VOLONTARIATO Per secoli la Chiesa ha incassato nei paesi cattolici le eredità delle famiglie che si estinguevano, che venivano lasciate alle parrocchie, alle diocesi e agli ordini religiosi nella convinzione che ne avrebbero fatto buon uso: il che era però a discrezione dei pii gestori, che spesso nella categoria del “buon uso” facevano rientrare prima di tutto sè stessi. Il fenomeno era così imponente che nei 70 anni intercorsi tra la confisca dei beni ecclesiastici operata da Napoleone e quella operata dal Regno d’Italia oltre la metà delle terre coltivabili del cuneese era tornata nelle mani della chiesa, come rilevato da una ricerca del giovane Luigi Einaudi. Non abbiamo dati su quel che è successo nei successivi 140 anni, cioè fino ad oggi: quel che è certo è che mentre gli ospedali cattolici vanno verso il fallimento, i loro beni son goduti dai gestori e i loro immobili concessi gratuitamente ai prelati, vedi caso Bertone. E’ l’andazzo in corso da più di 15 secoli a Roma, che ne ha permeato la mentalità, da cui gli attuali saccheggi di Mafia Capitale, degli immobili degli enti previdenziali e degli affitti agli enti pubblici. Adesso si scopre che nel giro di una trentina di anni questo malcostume è penetrato anche nelle opere collegate a Don Ciotti, che da anni vorrebbe ampliare il suo impero economico facendosi affidare la gestione e possibilmente la proprietà dei beni sequestrati ai mafiosi. Il principio è sempre lo stesso: nessuno si permette di chiedere i conti a un sant’uomo. Il guaio è che i santi non si interessano di conti e i non santi se ne approfittano. Si dice che i monsignori della congregazione che crea i santi e i loro collaboratori laici che certificano i miracoli siano particolarmente benestanti: un fondatore santo moltiplica i lasciti...E poi , nei seminari e negli atenei pontifici non si insegna il controllo di gestione ma le opere della provvidenza... Insomma, alle opere religiose e al connesso volontariato, è meglio sostituire le fondazioni laiche con dipendenti professionali, ben pagati e molto attenti ai conti ed ai certificatori esterni.
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Trapani, operazione "Mafiabet": confisca di beni a Calogero Jonn Luppino
Trapani, operazione "Mafiabet": confisca di beni a Calogero Jonn Luppino. Il 28 dicembre 2022, i Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani hanno dato esecuzione, nei confronti di Calogero Jonn LUPPINO, ad un provvedimento di confisca di beni del valore di circa 6 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Trapani - Sezione Misure di Prevenzione. Tale provvedimento, che scaturisce a seguito del sequestro beni eseguito sempre dai Carabinieri di Trapani e dal ROS nel marzo 2021, è stato notificato anche nei confronti di ulteriori 15 persone (cd. “terzi intervenienti”) e 5 società, comunque riconducibili all’interessato, tuttora detenuto in carcere per associazione di tipo mafioso dopo l’arresto operato dai militari dell’Arma nel 2019. Il Luppino, in passato Consigliere Comunale di Campobello di Mazara, era stato arrestato per associazione di tipo mafioso nella c.d. indagine Mafiabet che aveva permesso di monitorare la rapidissima ascesa imprenditoriale di LUPPINO Calogero Jonn nel mondo delle scommesse e giochi on-line. Il LUPPINO dirigeva e controllava il settore economico dell’esercizio di giochi e scommesse affidando alcune delle relative agenzie ad altri associati mafiosi. La sua ascesa era stata favorita in tutto e per tutto dagli affiliati ai mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo che obbligavano i vari esercizi commerciali del trapanese ad installare i device delle società di LUPPINO, pena pesanti ritorsioni. Gli esercizi che invece accettavano il monopolio facente capo a Cosa Nostra, potevano godere della “protezione” dei mafiosi pronti a punire chi, tra la delinquenza comune, prendeva di mira quegli esercizi commerciali. Così accadeva con un bar della provincia che aveva subito un furto proprio di macchinette per giochi gestite da società legate all’imprenditore mafioso. Cosa Nostra aveva individuato il responsabile del furto e, tramite il referente mafioso di quel luogo, aveva provveduto alla punizione del presunto reo, colpevole di aver danneggiato un esercizio che già aveva pagato la protezione dell’associazione mafiosa. L’ascesa dell’imprenditore LUPPINO era stata sovvenzionata con cessioni di denaro ad esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi di Mazara del Vallo e Castelvetrano, tra cui familiari del latitante MATTEO MESSINA DENARO, nonché ad esponenti apicali dell’associazione mafiosa. Le indagini patrimoniali condotte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Trapani costituiscono il completamento della più generale attività di contrasto condotta dai Carabinieri, coordinati dalla Procura Distrettuale palermitana, nei confronti del potente mandamento mafioso di Castelvetrano. I beni confiscati sono costituiti da 10 società e relativi compendi aziendali, 6 terreni, 14 rapporti bancari, 1 motoveicolo, 1 cavallo da corsa, nonché denaro contante, titoli di credito e finanche lingotti d’oro. https://www.youtube.com/watch?v=mIChQ-TmIvE... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Carabinieri: su disposizione della DDA di Palermo il ROS sequestra i beni dei boss Francesco Madonia e Francesco di Trapani
Nella mattinata odierna, i Carabinieri del ROS, su disposizione della Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito un decreto di confisca emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione su proposta della citata Procura, nei confronti degli eredi dei fu noti esponenti mafiosi MADONIA Francesco e DI TRAPANI Francesco.
I beni sottoposti a…
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CONFISCATO UN MILIARDO E 300 MILIONI DI EURO A 1.000 GRANDI EVASORI FISCALI: SCHIVAVANO IL FISCO CON FATTURE FALSE E SOLDI ALL’ESTERO. CACCIA ANCHE A CORROTTI E CORRUTTORI: 644 IN MANETTE. APPALTI “TRUCCATI” PER 3 MILIARDI DI EURO. TRAFFICI: ARRESTATI IN 751 TRA NARCOTRAFFICANTI E SCAFISTI CHE SFRUTTAVANO IL BUSINESS DELLA MIGRAZIONE. 2 MILIARDI DI CONFISCHE ALLE “MAFIE”. 3 MILIARDI DI EURO INTERCETTATI DALLE FIAMME GIALLE COME RICICLAGGIO DI DENARO SPORCO DI EVASORI, CORROTTI E MAFIOSI. TUTTI I NUMERI DELL’ULTIMO ANNO E MEZZO DI ATTIVITÀ DELLA GUARDIA DI FINANZA, CHE OGGI FESTEGGIA I 244 ANNI DI VITA. LOTTA ALL’EVASIONE, ALL’ELUSIONE E ALLE FRODI FISCALI LA DISFATTA DEI 1000 GRANDI EVASORI FISCALI
Non si tratta di piccoli commercianti, artigiani e imprenditori, che rappresentano l’ossatura economica del Paese – sempre da tutelare – e che magari hanno omesso di rilasciare uno scontrino 2 Nella “categoria” dei grandi evasori non rientra soltanto chi si avvale delle fatture false. Ci sono anche quelli delle frodi cosiddette “carosello”, quelli che costituiscono crediti IVA fittizi o che ottengono indebite compensazioni di imposte e contributi: sono 3.188 i casi di società “cartiere” o “fantasma”, create ad hoc per la realizzazione di frodi all’IVA, la costituzione di crediti fittizi e l’ottenimento di indebite compensazioni (vgs. punto 2 allegata scheda). Vi sono poi coloro che, più intraprendenti, si spingono oltreconfine trasferendo all’estero i propri profitti e, per finire, quelle imprese straniere che operano in Italia, ma non dichiarano nel nostro Paese i redditi su cui hanno l’obbligo di pagare imposte nazionali. Nel settore della fiscalità internazionale i casi di evasione scoperti nel 2017 e nei primi 5 mesi del 2018 sono stati 2.120 (vgs. punto 3 allegata scheda). COMBATTERE LE INSIDIOSE FRODI FISCALI ANCHE INTERNAZIONALI Interventi sempre più mirati per contrastare le frodi fiscali: 128.000 in tutto, tra verifiche e controlli, avviati nei confronti delle persone e delle imprese considerate maggiormente a rischio di evasione fiscale. Sfiorano i 23.000 i reati fiscali denunciati in un anno e mezzo di attività. Il 67% di questi sono rappresentati dagli illeciti più insidiosi e pericolosi per la stabilità economico-finanziaria del Paese e per la libera concorrenza tra imprese: l’emissione di fatture false, la dichiarazione fraudolenta, l’occultamento di documentazione contabile. 17.000 i responsabili individuati, 378 dei quali finiti in manette. I sequestri di disponibilità patrimoniali e finanziarie ai responsabili di frodi fiscali ammontano a 1,1 miliardi di euro, cui si aggiungono le ulteriori proposte di sequestro già avanzate, per 5,7 miliardi di euro. L’ECONOMIA “INVISIBILE”, LE ACCISE, I GIOCHI E LE SCOMMESSE CLANDESTINE Sono 12.824 le persone del tutto sconosciute al fisco (evasori totali) responsabili di aver evaso, in un anno e mezzo, 5,8 miliardi di IVA. Nello stesso periodo sono stati verbalizzati 6.361 datori di lavoro per aver impiegato 30.819 lavoratori in “nero” o irregolari. Nel settore delle accise, i 5.300 interventi conclusi dalle Fiamme Gialle hanno portato al sequestro di oltre 18.400 tonnellate di prodotti energetici oggetto di frode. A questi si aggiunge un consumato in frode pari a circa 225.000 tonnellate (vgs. punto 4 allegata scheda). Nel comparto del gioco e delle scommesse, eseguiti oltre 6.000 controlli e concluse 352 indagini di polizia giudiziaria (vgs. punto 5 allegata scheda). 3 CONTRASTO AGLI ILLECITI NEL SETTORE DELLA TUTELA DELLA SPESA PUBBLICA AL BANDO CORRUZIONE E SPRECHI Altra fenomenologia illecita contro cui, dopo l’evasione, il Corpo riversa le proprie migliori risorse, è la corruzione, campo nel quale, sempre nell’ultimo anno e mezzo, sono state denunciate, per reati in materia di appalti e altri delitti contro la Pubblica Amministrazione, oltre 6.000 persone, il 10% delle quali è finito in manette (644). Anche i sequestri eseguiti per 800 milioni di euro in tutto il comparto della tutela della spesa pubblica danno il senso dell’efficacia delle misure intraprese se si pensa che 600 milioni sono i sequestri nel solo settore degli appalti e del contrasto alla corruzione. Sequestri che consentono, almeno in parte, di ristorare lo Stato dai fenomeni di malaffare e di cattiva amministrazione scoperti dalla Guardia di Finanza. Il valore degli appalti in cui sono state riscontrate irregolarità è di 2,9 miliardi di euro su un totale di gare sottoposte a controllo pari a 7,3 miliardi di euro: il che si traduce nel 40% di irregolarità nell’aggiudicazione delle gare oggetto di indagine (vgs. punto 6 allegata scheda). Ma la corruzione è solo la punta dell’iceberg di un insieme di inefficienze e sprechi di risorse di cui si rendono colpevoli persone che, operando nel pubblico, procurano danni all’erario: nell’ultimo anno e mezzo le Fiamme Gialle ne hanno individuate 8.400, responsabili di un danno erariale da 5 miliardi di euro (vgs. punto 7 allegata scheda). LE FRODI AL BILANCIO NAZIONALE E COMUNITARIO, DEL “TICKET SANITARIO” E DELLE PRESTAZIONI SOCIALI AGEVOLATE Le frodi scoperte in danno del bilancio nazionale e comunitario sono state pari a oltre 1,5 miliardi di euro, mentre si attestano a 175 milioni quelle nel settore della spesa previdenziale e sanitaria. I soggetti nel complesso denunciati sono stati 12.741 (vgs. 8 punto allegata scheda), con l’esecuzione di oltre 40.000 interventi a tutela dei principali flussi di spesa pubblica. Proseguendo in ambito sanitario, ci sono poi i “furbetti” del ticket, settore nel quale i controlli mirati hanno consentito di individuare “sacche” di irregolarità nel 90% dei casi: in pratica, ogni 10 persone controllate, almeno 9 si sarebbero fatte curare gratis, in ospedali pubblici o in altre strutture private convenzionate senza averne diritto. Altro settore particolarmente a rischio è quello delle assistenze domiciliari, dei pasti a domicilio, degli assegni per il nucleo familiare e di quelli di maternità, degli assegni per le mense scolastiche, delle borse di studio, ecc.; insomma di tutti quegli aiuti economici e servizi sociali di assistenza spettanti ai cittadini che versano in particolari e delicate condizioni economiche e sociali. I controlli svolti in tale ambito dalla Guardia di Finanza – polizia economico-finanziaria a forte vocazione sociale – mirano proprio a evitare che delle “prestazioni sociali agevolate” – questa la definizione tecnica degli aiuti in argomento – possa beneficiare chi non ne abbia diritto, a danno dei più bisognosi. I risultati ottenuti sono significativi: il 39% dei controlli svolti ha evidenziato irregolarità. 4 LOTTA ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA ED ECONOMICOFINANZIARIA CONTRASTO PATRIMONIALE ALLE MAFIE, LOTTA AL RICICLAGGIO E AL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO Le indagini patrimoniali contro le mafie, volte a sottrarre le risorse finanziarie e patrimoniali dalle quali le consorterie criminali traggono sostento, hanno portato alla confisca (e ristabilito il possesso da parte dello Stato) di beni e valori per 2 miliardi di euro. Ulteriori 3 miliardi sono stati, inoltre, sequestrati, mentre le richieste di sequestro in corso ammontano a 4,6 miliardi di euro (vgs. punto 9 allegata scheda). Il denaro illecitamente accumulato dalle “mafie”, dagli evasori seriali, dai corrotti e corruttori e dagli altri criminali, per poter essere “lavato” della sua provenienza “sporca”, deve essere riciclato in attività o in investimenti apparentemente “puliti”. Ecco che seguire i flussi finanziari diventa fondamentale in ogni tipologia di contrasto agli illeciti. Il valore del riciclaggio accertato dalla Guardia di Finanza nell’ultimo anno e mezzo si è attestato attorno ai 3 miliardi di euro. Un fiume di soldi intercettato grazie alle circa 1.300 indagini di polizia giudiziaria avviate, da cui sono “scattate” denunce per riciclaggio e autoriciclaggio nei confronti di 2.508 persone (di queste 284 agli arresti) (vgs. punto 10 allegata scheda). I sequestri effettuati su ordine della Magistratura ammontano a 769 milioni di euro. La lotta al fenomeno del riciclaggio non si fa però solo con la repressione. Per contrastarlo al meglio è necessaria anche una seria azione preventiva attraverso le analisi del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria delle segnalazioni di operazioni sospette. Delle oltre 131.600 S.O.S. esaminate, 38.600 sono state sottoposte a indagini più approfondite. Di queste, 756 sono risultate attinenti al finanziamento del terrorismo internazionale (vgs. punto 11 allegata scheda). Il controllo dei movimenti di soldi presso i confini terrestri e navali, compresi porti e aeroporti e sedi doganali, ha portato alla scoperta di 14 milioni di euro illecitamente trasportati al seguito dalle persone che entravano in Italia o ne uscivano. Accertate 8.500 violazioni (vgs. punto 12 allegata scheda). Scoperti infine reati fallimentari con il sequestro di beni per 725 milioni di euro su un totale di patrimoni risultati distratti di oltre 6 miliardi di euro (vgs. punto 13 allegata scheda). IL MERCATO DEL “FALSO” Anche la contraffazione fa male al Paese perchéè danneggia il made in Italy, svilendo il prestigio del marchio italiano nel mondo. Rientrano negli oltre 264 milioni di articoli sequestrati dalle Fiamme Gialle nell’ultimo anno e mezzo quelli propriamente contraffatti o con falsa indicazione del made in Italy, quelli non sicuri e i prodotti alimentari recanti marchi industriali falsificati o indicazioni non veritiere circa l’origine e la qualità. Praticamente è come se ogni italiano avesse fatto esperienza – dal 1° gennaio 2017 a oggi – di prodotti con marchio falso per ben 4 volte. In questo settore, i Reparti operativi del Corpo hanno eseguito oltre 15.600 interventi, svolgendo più di 4.500 deleghe dell’Autorità giudiziaria. Di pari passo, le Fiamme Gialle hanno oscurato o sequestrato 521 siti internet, utilizzati per commercializzare on line merce contraffatta. 5 OCCHIO ALLE BANCONOTE La contraffazione non risparmia alcun settore: ne sono testimonianza le banconote, le monete, i titoli, i certificati e i valori bollati falsi sequestrati dal Corpo dal 1° gennaio 2017, per un valore complessivo di 12 milioni di euro. Denunciate 366 persone, 65 delle quali agli arresti (vgs. punto 14 allegata scheda). CACCIA AI TRAFFICI ILLECITI VIA TERRA, MARE E CIELO Non tende sicuramente a rallentare l’azione a contrasto dei traffici di droga. Con il tempo diventano semmai più efficaci i modi e i mezzi usati per combatterli. Significativo il fatto che il 50% delle oltre 100 tonnellate di stupefacenti, sequestrate dal 2017 a oggi, sia stato intercettato grazie a grandi operazioni aeronavali condotte dalla GdF quale Polizia Economico-Finanziaria e del Mare (vgs. punto 15 allegata scheda). E sempre in termini di tonnellate deve ragionarsi quando si fa riferimento ai risultati ottenuti dal Corpo nel settore del contrasto al contrabbando di sigarette: 370 sono state, infatti, le tonnellate di tabacco sequestrato nel corso di oltre 7.600 interventi (vgs. punto 16 allegata scheda). In mare caccia aperta ai narcotrafficanti quindi, ma anche agli scafisti e a tutti coloro che sfruttano il fenomeno della migrazione. 751 gli arresti e 382 i mezzi sequestrati dalla Guardia di Finanza nelle nostre acque. SOSTEGNO ALLE PERSONE IN DIFFICOLTÀ In termini di diretto intervento a favore dei cittadini, soprattutto di quelli che si trovano in difficoltà, ha operato nell’ultimo anno e mezzo il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, meglio noto come S.A.G.F., che ha eseguito 2.624 interventi in montagna, prestando aiuto a 2.873 persone. CAMPAGNA ESTIVA Per l’intero periodo estivo i Reparti Aeronavali del Corpo continueranno a garantire una costante presenza sul mare e nello spazio aereo sovrastante a favore dei villeggianti e delle imprese che operano lungo le coste italiane. Un piano straordinario di rafforzamento del dispositivo di sicurezza economico-finanziario nazionale è già in campo da parte della Guardia di Finanza per prevenire e contrastare fenomeni di illegalità diffusa, a tutela degli operatori nei settori economici che, proprio nel periodo estivo, vedono incrementare il proprio fatturato nonché per garantire una costante presenza del Corpo sul mare e nello spazio aereo sovrastante. Quest’estate saranno anche potenziate le attività della Guardia di Finanza connesse all’esercizio delle funzioni di controllo doganale in materia di commercio della fauna e della flora tutelate dalla Convenzione di Washington (c.d. C.I.T.ES.) per contrastare i traffici illeciti di specie animali e vegetali in pericolo di estinzione. Il controllo economico del territorio, infine, contribuirà al presidio di strade, aree urbane, porti, aeroporti, frontiere marittime e terrestri per la ricerca di fenomeni di sommerso d’azienda e di lavoro nonché per la prevenzione ed il contrasto di tutte le tipologie di traffici illeciti ROMA. LA GUARDIA DI FINANZA FESTEGGI I 244 ANNI. TUTTI I NUMERI DELL’ULTIMO ANNO E MEZZO DI ATTIVITA’. CONFISCATO UN MILIARDO E 300 MILIONI DI EURO A 1.000 GRANDI EVASORI FISCALI: SCHIVAVANO IL FISCO CON FATTURE FALSE E SOLDI ALL’ESTERO.
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Matteo Salvini e la lotta alla mafia: tante parole, ma poi danneggia le vittime di LIRIO ABBATE Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha parlato fino adesso di lotta alla mafia prendendo come esempi solo la confisca di beni ai mafiosi che sono stati effettuati da magistrati e investigatori applicando leggi del passato e misure di prevenzioni pensate prima ancora che il leader della Lega arrivasse al Viminale. Lui ha raccolto i frutti di questa grande macchina istituzionale che ogni giorno è impegnata a contrastare la criminalità organizzata applicando leggi e norme. Le parole di Salvini però contrastano da alcuni mesi con le azioni che sta facendo nel Palazzo. Infatti, ha portato avanti una circolare che di fatto è un disincentivo a denunciare e quindi a far costituire le nuove vittime del racket delle estorsioni nei processi che potrebbero aprirsi nei confronti dei loro aguzzini, come denuncia a L'Espresso l'associazione AddioPizzo . Così, mentre Salvini dice a parole di fare la lotta alla mafia, praticamente, e in silenzio, mette in campo la burocrazia che ostacolerà l'aiuto alle vittime degli estorsori mafiosi. Tutto questo alla vigilia dell'anniversario dell'uccisione dell'imprenditore Libero Grassi, simbolo di chi non si è arreso alle richieste di Cosa nostra. Oggi ci sono decine di casi di processi con centinai di imputati che si sono conclusi con pesanti condanne, grazie soprattutto alla coraggiosa testimonianza delle vittime accompagnate in aula dalle associazioni antiracket, in cui i giudici nelle loro sentenze hanno riconosciuto le spese legali sostenute dagli avvocati, ma il Viminale da adesso non riconosce più questo diritto alle spese processuali per i dibattimenti che si sono già conclusi. Una legge fino adesso prevedeva questa liquidazione diretta agli avvocati. Ma Salvini fa dire di no, che le vittime devono essere di fatto lasciate sole, senza alcun sostegno legale, come invece avveniva fino adesso in cui i giudici che liquidavano in sentenza le spese ai legali. Questo è un disincentivo che porta le nuove vittime a non costituirsi parte civile, perché dispendioso economicamente per il singolo commerciante o imprenditore. E questa politica di Salvini conduce anche i cittadini a non essere determinati contro il fenomeno del racket. Quindi, ci si chiede, quella del ministro Salvini che lotta alla mafia è? A parole? Come quella che si vedeva stampata in grandi spazi pubblicitari a Palermo durante una campagna promozionale pagata dal governo regionale di Totò Cuffaro in cui diceva che “la mafia fa schifo?”, per poi vedere lo stesso Cuffaro finire definitivamente condannato per aver avvantaggiato Cosa nostra? Sono le facce di uno stesso personaggio che non possono esistere quando si tratta di contrastare le mafie, che non sono solo la banda di zingari dei Casamonica, ma anche quella legata alla politica come l'associazione mafiosa capeggiata a Roma da Massimo Carminati (Salvini non lo ha mai nominato nei suoi comizi e non ha mai puntato il dito contro di lui e la sua gang che controlla ancora gran parte di Roma) o altri personaggi criminali che vanno a braccetto con parlamentari della Lega, il partito di cui è leader il responsabile del Viminale. La lotta alla mafia non può essere di facciata come fanno alcuni politici, perché così la si rafforza, deve invece essere di sostanza e coerenza. Salvini ne prenda atto e stia dalla parte delle vittime e non dei carnefici.
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Codice antimafia: dobbiamo concludere l’iter!
La corruzione è già prevista dalla riforma del 2015, anche per questo dobbiamo concludere l'iter parlamentare. La riforma del Codice Antimafia nella parte relativa alle misure di prevenzione patrimoniale così come approvata dalla Camera dei Deputati l'11 Novembre del 2015 già allarga la platea dei soggetti ai quali possono essere applicate le misure della prevenzione patrimoniale, il sequestro e la confisca dei beni per intenderci, anche a chi sia indiziato di uno dei reati contro la pubblica amministrazione. In particolare abbiamo inserito il riferimento a peculato, malversazione, corruzione e concussione, nella piena consapevolezza che oggi queste condotte sono frequentemente spia di sodalizi criminali mafiosi o comunque ispirati al metodo mafioso. In queste settimane anche alcune autorevoli personalità, come il PM Nino Di Matteo, hanno ripetutamente richiamato l'esigenza della estensione della prevenzione patrimoniale ai 'corrotti', così come hanno fatto diversi Senatori della Commissione Giustizia che oggi hanno la responsabilità di licenziare il testo dopo oltre un anno e mezzo di stop. Insomma: un'altra buona ragione per la quale, come ha detto anche ieri il Ministro Minniti, non possiamo permetterci di far finire la Legislatura senza approvare definitivamente la riforma.
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La bella idea di confiscare i beni anche ai corrotti
Tra le buone leggi che ci teniamo a mente e di cui possiamo andare fieri in giro per il mondo la legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni ai mafiosi forse è una delle più splendenti per la sua funzione di manifesto senza mediazioni del contrasto alla criminalità organizzata.
Pare, da queste parti, che compito il compito di certa politica sia quello di imbellettarsi in occasione della…
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