#comunicato stampa Carabinieri
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pier-carlo-universe · 23 days ago
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Natale Sicuro – La risposta dei Carabinieri alle festività
Operazioni straordinarie tra arresti, denunce e sicurezza garantita.
Operazioni straordinarie tra arresti, denunce e sicurezza garantita. Il comunicato stampa diffuso dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Alessandria, dal titolo “Natale Sicuro”, evidenzia l’impegno costante delle forze dell’ordine nel garantire serenità e sicurezza alla cittadinanza durante il periodo natalizio. Attraverso un linguaggio diretto e ricco di dettagli, il resoconto offre uno…
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osappleobeneduci · 5 months ago
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Detenuto Passa la Notte Appeso a 20 Metri nel Carcere di Porto Azzurro: Protesta Risolta dopo Ore di Mediazione
PORTO AZZURRO (Livorno) – Una drammatica protesta ha tenuto in sospeso l’intero Carcere di Porto Azzurro per tutta la notte. Un detenuto, ieri al rientro dall’ora d’aria intorno alle 14, ha deciso di mettere in atto un gesto estremo: si è arrampicato sulla grata di una finestra, a un’altezza di 20 metri ed ha minacciato di non scendere finché non fosse stato ascoltato il suo appello al Magistrato…
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assowebtv · 2 years ago
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Comunicato stampa Comando Generale Carabinieri Latitante Matteo Messina Denaro, arrestato in data odierna a Palermo
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claudio1959 · 8 months ago
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*VIVA MORI, ABBASSO MORI!*
Il comunicato stampa del Comando Generale dei Carabinieri, di solidarietà al Generale Mario Mori, ha provocato, sui social, la solita forma della narrativa nazionale cui siamo abituati da tempo. La polarizzazione del tifo da stadio. Da una parte i Guelfi dall’altra i Ghibellini.
Una narrativa dalla quale nessuno, purtroppo, esce vincitore.
E nessuno ha fatto scacco a nessuno.
Perché esce certamente perdente lo Stato, di cui fa parte la Giustizia, e quindi siamo perdenti tutti.
O meglio, continueranno ad uscire vincitori solo i veri delinquenti, che restano tantissimi. E si sentiranno ancor più in diritto di confondersi con le vittime delle migliaia di casi Tortora del nostro paese. Troppi anche per le statistiche che permettono un tasso fisiologico di errori giudiziari. Migliaia di casi tortora anche tra le forze di polizia. Dove non tutti hanno la celebrità e l’attenzione riservata, nel bene e nel male, al generale Mori.
Nella Guardia di Finanza, ad esempio, io ne ho conosciuti diversi. A due dei quali, il Generale Mango ed il Colonnello Mendella, lo scorso anno ho dedicato il premio « amico del Consumatore » che mi era stato consegnato dal Codacons.
E Mori, a tanti, sembra esserlo, a 83 anni, e dopo anni di processi subiti, una vittima.
Almeno per chi, come me, sino al giorno dell’ennesimo avviso di garanzia ricevuto dopo piena assoluzione per gli stessi fatti, credeva nella sacralità del “*ne bis in idem*”…
Sacralità violata che, non so se opportunamente (a mio avviso) o meno (ad avviso di altri), il Comando Generale dei Carabinieri ha voluto denunciare pubblicamente.
Con una sobria ma ferma nota di solidarietà umana che utilizza una formula ciclostilata di questi tempi: “abbiamo fiducia nella magistratura e nella giustizia”.
Ma quale magistratura e quale giustizia? Quella di Firenze, Napoli, Palermo, Milano, Udine, Canicattí o dell’agognato « giudice a Berlino »?
Anche il tuo parere mi sarà prezioso.
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lamilanomagazine · 11 months ago
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Furto nella scuola primaria di Sasso Morelli. Individuato e arrestato il presunto autore del reato dai Carabinieri
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Furto nella scuola primaria di Sasso Morelli. Individuato e arrestato il presunto autore del reato dai Carabinieri. Sasso Morelli (BO): I Carabinieri della Sezione Operativa di Imola (BO) hanno arrestato un 32enne macedone per furto aggravato. È successo nella serata del 10 febbraio 2024, durante un servizio di contrasto ai reati predatori, con particolare riferimento agli istituti scolastici dell'imolese che di recente erano stati presi di mira dai ladri, soprattutto di notte. Per questo motivo sono stati intensificati i servizi per prevenirli. L'attività preventiva dei Carabinieri ha ottenuto un risultato alle ore 23:25, quando l'attenzione dei militari è stata richiamata da un soggetto con una borsa in mano e uno zaino in spalla che stava uscendo dalla scuola primaria di Sasso Morelli. Raggiunto e bloccato dai Carabinieri, mentre si stava allontanando in sella a una bicicletta, il soggetto è stato identificato nel 32enne e perquisito. All'interno della borsa e dello zaino che l'uomo aveva con sé, i Carabinieri hanno trovato un paio di scarpe sportive, un cucchiaio da cucina, con dei segni di vernice rossa nel manico, tre tablet, di cui due marca Apple e uno marca Samsung con i relativi carica batterie. Accendendo i tablet rinvenuti, i Carabinieri si sono accorti che appartenevano al Comune di Imola. Sospettando di aver individuato il presunto autore di un reato di furto appena perpetrato, i Carabinieri hanno effettuato ulteriori controlli e ispezionando la scuola, hanno scoperto che una porta finestra presentava dei segni di forzatura nell'infisso in alluminio di colore rosso, identico alle tracce di vernice presenti nel cucchiaio rinvenuto nella disponibilità del soggetto. I precedenti di polizia a carico del 32enne hanno confermato la sua indole a delinquere, come accaduto a gennaio, quando i Carabinieri della Stazione di Casalfiumanese lo avevano arrestato per un fatto analogo accaduto ai danni dei distributori automatici di alimenti di Imola (v. comunicato stampa del 22/01/2024). Su disposizione della Procura della Repubblica di Bologna, il 32enne macedone arrestato dai Carabinieri, è stato trattenuto, in attesa di essere tradotto nelle aule giudiziarie del Tribunale di Bologna per il giudizio direttissimo. In sede di Giudizio direttissimo, l'arresto è stato convalidato e il 32enne è stato sottoposto agli arresti domiciliari, in attesa della sentenza posticipata per la richiesta dei termini a difesa.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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gregor-samsung · 3 years ago
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“ Senza volersi addentrare nel dettaglio di un nodo tanto intricato del dibattito pubblico, serve però guardare alla posizione, diffusa allora come oggi, che carica sulle spalle dei gappisti romani la responsabilità dell’eccidio compiuto dai tedeschi alle Fosse Ardeatine. Peraltro impiegando tra gli elementi a sostegno di questa lettura un’accusa infamante per quei partigiani, cioè di aver avuto la possibilità di evitare la strage e di non averla colta. Secondo quest’accusa, i gappisti si sarebbero sottratti vigliaccamente alla richiesta di consegnarsi – quale via offerta per fermare la rappresaglia – rivolta dal Comando tedesco, a mezzo di manifesti affissi in città, ai responsabili dell’attentato di via Rasella. Un argomento falso puntualmente smontato dalla ricerca storica, sulla base di dichiarazioni più che credibili, perché rese dagli stessi tedeschi (Kappler, ad esempio, nel processo che si apre a suo carico nel 1948 afferma di aver tenuto nascosta la strage per timore di una reazione da parte dei partigiani o della popolazione della capitale). E, ancor prima, la diceria si mostra per quello che è dal momento che la notizia della strage si apprende solo a cose fatte, con un comunicato stampa del Comando tedesco che viene diffuso il giorno successivo (il 25 marzo) e che si chiude con parole inequivocabili: «L’ordine è già stato eseguito», non a caso divenute il titolo perfetto per il volume di Alessandro Portelli che più approfonditamente ha studiato questi eventi. La ricerca smentisce inoltre la percezione distorta di un massacro che si abbatte su civili del tutto estranei alla lotta partigiana: l’“Atlante delle stragi”, infatti, per le Fosse Ardeatine, su 335 vittime, identifica 87 partigiani, 100 antifascisti, 67 ebrei (tra i quali alcuni partigiani), 9 militari, 11 carabinieri, e 61 persone non riconducibili a una categoria specifica. Le carceri, qui come altrove, per i tedeschi (e per i fascisti) sono come un serbatoio da cui prelevare gli ostaggi su cui compiere le rappresaglie e rigurgitano di combattenti e di oppositori. Qui come altrove, dunque, quando i gappisti – e più in generale le formazioni partigiane – compiono un attacco sono consapevoli che possono mettere a repentaglio vite altrui oltre alla propria: sanno che esiste il rischio di coinvolgere civili estranei alla battaglia, ma sanno anche che un rischio ancora maggiore pende sulle teste dei compagni di lotta che sono stati fatti prigionieri. I resistenti, quindi, mettono in pericolo in primo luogo sé stessi. Il falso argomento secondo cui ai gappisti romani è stata data la possibilità di consegnarsi per scongiurare la rappresaglia è disarmante, inossidabile com’è a qualsiasi confutazione, con l’idea dei fantomatici manifesti periodicamente rilanciata sui giornali, in televisione e in Rete anche grazie agli sviluppi giudiziari di quegli eventi che si sono trascinati nei decenni (basta pensare ai processi a carico di Erich Priebke). Ma a ben vedere poggia su qualcosa di più profondo. Con una logica che si irrigidisce quanto più i fatti si allontanano nel tempo, si tende a saldare l’azione gappista con la rappresaglia, come se fossero un unico evento, mentre sono e restano due eventi distinti, «collegati da una decisione politico-militare». È una riflessione di Portelli, illuminante nella sua semplicità: la strage è una scelta deliberata, non è la inevitabile e meccanica conseguenza dell’attacco di via Rasella. Chi programma l’attacco gappista, com’è ovvio, non ignora che potrà esserci una reazione e, ad azione realizzata, dato il suo esito eclatante, può certamente prevedere una risposta feroce: non le sue proporzioni. “
Chiara Colombini, Anche i partigiani però..., Laterza (collana I Robinson / Letture), 2021. [ Libro elettronico ]
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corallorosso · 3 years ago
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Perchè non avete letto la notizia dell’incidente di via Ca’ Orecchiona: forze dell’ordine imbavagliate di Natalia Bandiera Nessuna volontà di omettere fatti di cronaca, nessuna manipolazione ed i complottisti, pronti a scendere in campo pure per le sciocchezze, devono sapere che esiste l’ordine da parte della Procura di Vicenza di vietare la comunicazione alla stampa locale di fatti di cronaca, che riguardano reati penali. Ci sentiamo in dovere di mettere al corrente i lettori di AltovicentinOnline di quanto è entrato in vigore il 20 dicembre scorso e ci sta creando non poche difficoltà. In sostanza, se non trovate sul nostro quotidiano online le notizie riguardanti incidenti, rapine, furti e tutto quello che può riguardale il ‘penale’ è perchè le forze dell’ordine sono state imbavagliate, da chi ha intimato loro di non fornire notizie alla stampa, se non dietro l’autorizzazione della Procura stessa (generale), in applicazione del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 188. Anche il magistrato di turno, il pm che coordina la singola inchiesta, non può farlo se dall’alto non arriva l’ok. Immaginate quanto cambierà il nostro lavoro, com’è già cambiato e quanto sta scatenando tutto questo. Vi facciamo un piccolo esempio per farvi capire in pratica quanto accaduto e, tanto per cambiare’, le insinuazioni di chi non è addetto ai lavori che si è scatenato sul web, accusando cronisti e forze dell’ordine di occultare i fatti per chissà quale teoria complottista. E’ il caso dell’incidente avvenuto l’altra sera in via Cà Orecchiona, all’altezza del ristorante il Caminetto con un Suv, il cui conducente, a forte velocità, dopo un impatto fortissimo, ha finito la sua corsa contro un palo in calcestruzzo della luce ed ha preso fuoco l’autovettura. Un fatto gravissimo, con un nostro affezionato lettore che ci ha raccontato che la moglie aveva attraversato quella stessa strada poco prima con il passeggino. Insomma, si è sfiorata la tragedia e a causa dei danni del palo dell’Enel, 12 famiglie sono rimaste al buio prima che si ripristinasse il guasto e ritornasse la corrente. Gli abitanti della zona hanno avviato una raccolta firme per chiedere un dissuasore di velocità, anche se, andando sui luoghi e ascoltando alcuni testimoni oculari che hanno assistito ai rilievi della Polizia Locale e ai primi soccorsi, questa volta non c’entrerebbe la velocità sostenuta dal conducente del Suv, se non come causa secondaria. Questo incidente per Thiene è chiaro rappresenti una notizia. Una persona che rischia di morire alla guida del suo mezzo, una mamma ed un bambino che pochi istanti prima sarebbero potuti essere falciati, 12 famiglie che rimangono senza luce. Prima della direttiva di cui vi abbiamo parlato prima, è naturale che la Polizia Locale avrebbe redatto un comunicato stampa con i dettagli del gravissimo incidente, ma così non è stato perchè proprio il 20 dicembre, giorno dello schianto, è entrata in vigore la normativa, che ha vietato che le nostre forze dell’ordine ci mettessero al corrente. E se non fosse stato per i nostri lettori che ci hanno scritto di loro pugno alla mail della redazione, non ne avremmo saputo proprio niente. Noi giornalisti non abbiamo la palla di cristallo per vedere quello che accade fuori dalla visuale dei nostri occhi. Il nostro punto di riferimento sono carabinieri, polizia locale, polizia di stato, vigili del fuoco, ecc. : tutti ora imbavagliati da questo decreto, che non ci consentirà più di essere sulla notizia, di darvi lumi su quanto accade nel nostro territorio. Figuriamoci se la Procura di Vicenza si preoccupa di collaborare con noi cronisti di provincia per un incidente avvenuto in uno dei comuni dell’Alto Vicentino, con tutto quello che accade nel capoluogo! Abbiamo sentito il bisogno di darvi queste spiegazioni per non dare adito ai soliti polemici con la mente svolazzante al complotto politico di volare nei prossimi giorni ancora più in alto: siamo noi giornalisti le prime vittime di queste nuove disposizioni, che i miei colleghi stanno subendo in silenzio. Io mi ribello, invece. Da cronista di ‘nera’ da 27 anni, non ci sto a lavorare con il racconto dei fatti fornito dai cittadini , che, per quanto preziosi e utili nelle loro segnalazioni, non sempre conoscono quei risvolti che solo gli uomini in divisa possono sapere attraverso sopralluoghi e indagini. Rivendico il rapporto istituzionale con le forze dell’ordine per potere ricostruire gli accadimenti di cronaca nel modo giusto e autorevole con cui si deve fondare una narrazione, che si avvicini il più possibile alla verità dei fatti. Ci auguriamo che altri colleghi scendano in campo per cambiare le cose e per poter tornare a darvi le notizie in maniera puntuale e attenta. Qui c’è in serio pericolo il diritto di cronaca. Anche l’ordine dei giornalisti, in questi giorni impegnato a riscuotere le quote degli iscritti, si dovrebbe muovere per metterci nelle condizioni di lavorare. (...)
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paoloxl · 4 years ago
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14 gennaio 1980: FPLP e l'arresto di Pifano | Palestina Rossa
Giorgio conosce bene "Fausto", con il quale aveva collaborato anni addietro in più occasioni per la raccolta di medicinali da inviare nei campi profughi palestinesi, da sempre bersaglio delle rappresaglie aeree degli israeliani. Questa volta, Giorgio deve recuperare d'urgenza una grossa cassa depositata in un punto preciso dell'autostrada Roma – Pescara e trasportarla ad Ortona, in provincia di Chieti. Per farlo decide di farsi aiutare dal altri due compagni di Via Dei Volsci, Daniele Pifano e Luciano Nieri, con i quali imbocca il casello dell'autostrada Roma – Pecara intorno alle 21,30. Giorgio, che nella fretta ha dimenticato a casa tutti i documenti, patente compresa, è alla guida di un camper piuttosto malandato insieme a Luciano, mentre Daniele guida una fiat 500.
La cassa viene recuperata in autostrada e portata nella piazza di Ortona dove sarebbe dovuto avvenire lo scambio, la stessa piazza dove, pochi giorni prima, era stata rapinata una banca. E' per questo motivo che un metronotte, insospettito dalla presenza dei tre, decide di avvisare i carabinieri locali; Giorgio, Daniele e Luciano vengono così fermati poco prima dello scambio senza che la perquisizione dei due veicoli risulti positiva e portati in questura per accertamenti dal momento che Giorgio era sprovvisto di documenti. Il nome di Pifano, comunicato in centrale, fa sì che venga richiesto un controllo più accurato: a questo punto nel camper viene rinvenuta la cassa contenente due lanciamissili SA-7 Strela. Insieme ai tre militanti viene anche arrestato Saleh Abu Anzeh, militante dell'FPLP incaricato di gestire il travagliato passaggio di mani dei lanciamissili.
L'episodio fornì lo spunto per far sbizzarrire tutti gli organi di stampa e i soliti policanti, primo fra tutti il Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, soddisfatto di poter finalmente avvallare, con la complicità dei servizi segreti e del nucleo speciale del generale Dalla Chiesa, il teorema del definitivo passaggio di Autonomia Operaia alla lotta armata. Le ipotesi più bizzarre si susseguirono senza sosta nei giorni successivi agli arresti: secondo alcuni i missili sarebbero serviti per attentare alla vita del papa, secondo altri per colpire l'aereo di Kossiga, altri ancora pensavano ad un assalto ad una base Nato o ad un carcere speciale. La realtà, come sempre, è a dir poco lontana dalle ingegnose ipotesi dei media e dalle congetture fantapolitiche di chi vedeva nella diffamazione il modo più semplice per screditare la lotta politica di un intero movimento. Certo, trovarsi tra le mani tre esponenti di spicco di Via dei Volsci che trasportavano missili terra-aria faceva comodo a tutti, perché l'ipocrisia del potere può tollerare che certi traffici vengano compiuti dai partiti, dai sindacati o da chiunque altro non si professi a favore dell'internazionalismo proletario, dei movimenti rivoluzionari a favore dei popoli oppressi e soprattutto, che lo riveli apertamente con la propria militanza politica. Ancora più imbarazzanti furono le prese di posizione dell'area anarco-sindacalista romana, a metà fra il sarcasmo e la stizza, soprattutto nel momento in cui vennero pubblicamente smentiti dopo aver diffuso un volantino in cui si accusava, senza mezzi termini, il collettivo di Via dei Volsci di essere "amico di Mosca" (a causa dei due missili di fabbricazione sovietica).
Fu così che nel mezzo del processo ai quattro imputati, Giorgio Baugartner, Luciano Nieri, Daniele Pifano e Saleh Abu Anzeh, iniziato ufficialmente il 14 gennaio 1980 dopo svariati rinvii, arrivò, per mezzo dell'avvocato Mauro Mellini, la smentita ufficiale dell'FPLP alle innumerevoli ipotesi che erano state avanzate dopo il 7 novembre. Nel comunicato si assicurava che i missili erano di proprietà del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che si trattava di missili inefficienti, in quanto rotti, il cui utilizzo in territorio italiano non era mai stato contemplato; si precisava inoltre che la presenza di Pifano e Nieri non era stata richiesta dall'FPLP, il quale aveva contattato esplicitamente solo Giogio Baumgartner, e che queste informazioni furono recapitate al Governo Italiano pochi giorni dopo l'accaduto. Si chiedeva infine l'immediata liberazione dei quattro detenuti.
Al termine della sua requisitoria, il Pm Abrigati richiese 10 anni di reclusione per ogni imputato, su cui pesavano le accuse di introduzione nel territorio nazionale e detenzione e trasporto di armi, anche se dal primo reato, il più grave, gli imputati furono assolti per insufficienza di prove. La sentenza definitiva, emessa il 25 gennaio, con un'insolita efficienza della macchina giudiziaria italiana, condannò tutti e quattro gli imputati a sette anni di reclusione, provocando più di una polemica in ambienti giudiziari poiché il capo d'accusa solitamente non prevedeva più di cinque anni. Una sentenza già scritta da tempo, volta a colpire non solo l'Autonomia romana, ma tutto il movimento rivoluzionario, compresi gli stessi compagni Palestinesi, rei di non aver mai smesso di lottare per la liberazione della loro terra.
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vividiste · 4 years ago
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Grazie a nome di noi cittadini Palermitani..
..a questo agente di polizia(,e ai tanti ragazzi impegnati ieri, nei soccorsi , carabinieri, vigili del fuoco, Soccorritori del 118, ) che ha rischiato , aiutando le persone rimaste incastrate dentro l'auto
Ieri Palermo è stata investita da una grave alluvione che ha causato un disastro pazzesco alla NS città...
La foto cn i ringraziamenti è quasi un atto dovuto nei confronti di uomini/donne impegnate ogni giorno al servizio dei cittadini
Fonte Fb♥️
Chiunque tu sia, a te va il nostro grazie...
15.07.2020, Palermo.
Giornata come tutte le altre, il turno ti è cominciato da un paio d'ore. Ieri avrai fatto probabilmente servizio di sera, mentre la città festeggiava il festino, tu ed il tuo "coppio" a pattugliare.
Forse non sei nemmeno di Palermo, forse questa città ti sta stretta, forse vorresti tornare dalla tua famiglia. O forse sei di Palermo, forse sei tornato alla tua famiglia... Fatto sta che stai facendo la tua pattuglia quando comincia a piovere.... Piovere... Piovere come se non ci fosse un domani... "Collè, minchia acqua!!"...
Eh già, tanta, troppa... Comincia ad accumularsi... Forse transitavate dal Viale Regione o forse vi ci ha mandato la centrale operativa in supporto, fatto sta che arrivi e trovi davanti ai tuoi occhi l'apocalisse: decine di auto sotto metri di acqua e fango, decine di persone che gridano e piangono, bambini intrappolati, madri impaurite... E allora tu cosa fai? Ti scordi della paga più bassa d'Europa, ti scordi delle infamie della magistratura, ti scordi delle cattiverie delle malelingue, della stampa pronta a metterti in croce e ti fiondi li, dove serve, dove senti di dover essere e fai la cosa per cui siamo nati: SERVIRE!
Ed ecco che, senza pensarci, ti ritrovi a nuotare verso quelle macchine, a portare in salvo le persone e a tornare indietro a controllare se ci sia ancora qualcuno... Quando ci chiamate SERVI DELLO STATO, quando gridate ACAB, quando puntate il dito contro di NOI, quando alludete a corruzioni inesistenti o fate le vostre invidiose considerazioni sul 24 sicuro bhe... Sappiate che noi non siamo servi ma SERVITORI, siamo BASTARDI ma non per come lo intendete voi ma, soprattutto, ricordatevi che quello che ognuno di noi vive OGNI GIORNO durante la propria carriera, VOI forse lo vedrete una volta sola nella vita... A quanti incidenti mortali avete assistito? Quanti morti avete toccato? A quante madri avete comunicato la morte di un figlio? Quanti delinquenti vi siete trovati davanti? Ecco... Pensateci... E riflettete che, NONOSTANTE TUTTO, noi SERVITORI BASTARDI, figli della strada, saremo sempre pronti a venirvi in aiuto anche se questo significa mettere a rischio la propria vita... Perché siamo fatti così: siamo figli del TRICOLORE, fratelli che indossano divise diverse ma che hanno cuori UNIFORMI... non siamo Angeli ne eroi... Siamo semplicemente uomini e donne che vorrebbero avere rispetto sempre e non solo quando vi accorgete che esistiamo... ABBIAMO BISOGNO DEL VOSTRO AFFETTO, l'unica vera SODDISFAZIONE di questo nostro mestiere...
Questa foto possa diventare simbolo di tutto ciò che significa essere SERVITORE, FIGLIO DELLA GENTE...
di Marco Billeci
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tifatait · 2 years ago
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Nuovo invio - Comunicato Stampa Settimana dell'Albero Carabinieri Forestale Caserta del 26.11.2022 | agenparl.eu
Nuovo invio – Comunicato Stampa Settimana dell’Albero Carabinieri Forestale Caserta del 26.11.2022 | agenparl.eu
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ifattinews · 2 years ago
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Incendi boschivi: una denuncia nel Reatino
Comunicato stampa Da Comando Provinciale di Rieti – Rivodutri (RI) Foto di repertorio I Carabinieri della Stazione Forestale di Rivodutri hanno denunciato alla Procura della Repubblica di Rieti un venticinquenne del luogo, per aver provocato un incendio boschivo colposo. Nel primo pomeriggio del 4 agosto, i militari sono intervenuti, unitamente a colleghi della Stazione Carabinieri Forestale di…
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osappleobeneduci · 6 months ago
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Incendio al Carcere di Lecce: Fiamme e Ingenti Danni nel Laboratorio Sartoriale, Intervenuti Vigili del Fuoco e 118
LECCE – Momenti di paura ieri sera all’interno della Casa Circondariale di Borgo San Nicola, alla periferia di Lecce, dove un incendio è divampato intorno alle 21:30. Le fiamme, presumibilmente causate dal surriscaldamento delle apparecchiature, hanno interessato uno dei depositi utilizzati per le attività lavorative nel settore femminile del carcere. Il rogo ha preso origine da un laboratorio…
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Bologna. 34enne marocchino, già noto alle Forze dell’Ordine, arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti dai Carabinieri
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Bologna. 34enne marocchino, già noto alle Forze dell’Ordine, arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti dai Carabinieri. I Carabinieri della Stazione Bologna San Ruffillo hanno arrestato un 34enne marocchino, senza fissa dimora, per spaccio di sostanze stupefacenti. Il 34enne è stato arrestato la mattina del 28 gennaio 2024 per aver ceduto due confezioni di sostanza stupefacente del tipo "cocaina" a un automobilista, 62enne italiano che era stato visto aggirarsi con fare sospetto in una via in zona Foscherara, sorvegliata dai Carabinieri per la presenza di spacciatori e assuntori di sostanze stupefacenti. Un fatto analogo, infatti, era accaduto nella stessa zona a luglio 2023 (v. comunicato stampa del 15/07/2023) e nella circostanza, il 34enne era stato arrestato per aver ceduto droga a un altro cliente. In merito ai fatti odierni, l'automobilista è stato segnalato alla Prefettura di Bologna per uso personale di sostanze stupefacenti, mentre nei confronti del presunto responsabile, il 34enne, è scattato l'arresto. Su disposizione della Procura della Repubblica di Bologna, il 34enne è stato trattenuto in attesa di essere tradotto nelle aule giudiziarie del Tribunale di Bologna. In sede di Giudizio direttissimo, l'arresto è stato convalidato e il 34enne è stato rimesso in libertà, ma sottoposto al divieto di dimora nella Città Metropolitana di Bologna, in attesa della sentenza posticipata per la richiesta dei termini a difesa.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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corallorosso · 4 years ago
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La sperimentazione dei taser non è andata bene Secondo quanto scrive La Stampa, il 21 luglio il ministero dell’Interno con una circolare avrebbe comunicato che si può considerare terminata la sperimentazione delle pistole elettriche conosciute come taser date in dotazione alle forze dell’ordine. La sperimentazione era stata avviata dal primo governo Conte nel 2018 per Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato in 6 città: Milano, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Catania e Brindisi. Il decreto che ne aveva introdotto la sperimentazione prevedeva che al termine del periodo di prova l’arma fosse fornita a tutte le pattuglie delle forze dell’ordine, comprese quelle locali di alcune città. Ora però il ministero avrebbe deciso la «non aggiudicazione» delle pistole elettriche dell’azienda Axon Public Safety Germany, ex Taser International, che lo scorso anno aveva vinto la gara per la fornitura delle stesse pistole, modello TX2. L’ordinanza inoltre ha disposto il ritiro delle armi, in totale 32, fornite gratuitamente dall’azienda, che erano state date in via sperimentale alle forze dell’ordine. Le pistole elettriche, ... non avrebbero superato le prove balistiche, ultimo passaggio della sperimentazione prima dell’autorizzazione alla dotazione alle forze dell’ordine. Il ministero ha quindi imposto ai questori delle città in cui era in corso la sperimentazione di «dar corso all’immediato ritiro e alla custodia, presso le rispettive armerie, dei dispositivi». ...le prove balistiche effettuate al centro di tiro della Polizia di Nettuno,... hanno rivelato alcuni malfunzionamenti delle stesse armi, che sarebbero potute diventare pericolose sia per i cittadini che per gli agenti a causa della mancanza di precisione dei “dardi”, che in alcune occasioni si sarebbero anche staccati dal cavo elettrico.... (...) Dall’ONU, nel 2007, l’arma è stata giudicata uno strumento di tortura: secondo Amnesty International ha causato centinaia di morti negli Stati Uniti (più di 800 dal 2001) dove infatti l’azienda Taser International – che ha associato le morti anche ai problemi cardiaci dei soggetti colpiti – ha deciso di cambiare nome, per modificare la propria immagine associata sempre più spesso alle morti delle persone su cui era stato usato un taser. Il Post
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paoloxl · 4 years ago
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eccidio di Via Fracchia | LA STORIA PERDUTA
Voci soffocate
occhi torbidi
pugni chiusi
Niente luce
Lampi da qualche parte
dentro i cuori
ma di luce non ne esce
tuoni singhiozzi
Fuoco si accenderà
verrà il tempo
da carne e sangue
nasce la luce
[Alekos Panagulis Agosto 1971]
Alle 2.42 di quel maledetto 28 marzo 1980 Lorenzo Betassa, Riccardo Dura, Annamaria Ludmann e Piero Panciarelli stavano dormendo all’interno 1 del civico 12 di via Fracchia, quando i carabinieri del nucleo speciale antiterrorismo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fecero irruzione sfondando la porta dell’appartamento.
I quattro compagni trucidati costituivano la colonna genovese delle Brigate Rosse ed i mercenari di Dalla Chiesa scoprirono il loro covo in seguito alle informazioni fornite al giudice Gian Carlo Caselli e a Dalla Chiesa da Patrizio Peci (ex militante pentito delle BR), dopo che questo si era ufficialmente rivolto al comandante dei servizi segreti Incandela di Cuneo, mentre era ancora nell’isolamento successivo all’arresto “coperto” da due mesi.
Erano gli anni in cui il pentitismo (e ancor peggio la dissociazione) mietevano tante vittime fra i compagni, alimentando un clima persecutorio, che era fondato spesso su accuse giudiziarie infondate e su teoremi inquisitori il cui scopo era terrorizzare e distruggere il movimento antagonista. Sul fronte della lotta di classe, le delazioni portarono all’arresto, alla tortura ed al massacro di molti militanti ad opera dei corpi speciali dei carabinieri dell’antiterrorismo, comandati da un generale senza scrupoli, Carlo Alberto Dalla Chiesa, orrida figura degna solo di essere paragonata ad un Pinochet.
Quella di via Fracchia non fu un’operazione di polizia, fu un eccidio, una mattanza: non ci furono arresti. solo esecuzioni.
Il comunicato ufficiale dei carabinieri parlò genericamente di conflitto a fuoco, ma l’ingresso nell’abitazione, dopo “l’operazione”, fu vietato alla stampa e alla televisione per diversi giorni.
Anche i giornalisti furono ammessi per la prima volta nell’appartamento il giorno 8 aprile. La “visita” permessa poteva durare solo tre minuti, i giornalisti poterono entrare uno solo alla volta, accompagnati da un ufficiale dell’arma. Molti di loro rilevarono che non tutte le cose riferite in forma ufficiale dai carabinieri combaciavano con ciò che i loro occhi poterono vedere.
Il 30 marzo con una telefonata all’ANSA, le BR avevano fatto trovare il volantino di commemorazione, datato sabato 29 marzo 1980.
Copie del volantino furono diffuse, nello stesso giorno, nelle maggiori città e, nei giorni successivi, a Genova, nell’Oregina, in via Napoli, a Granarolo e a Sampierdarena.
In un reparto dell’officina 76 dello stabilimento Fiat di Mirafiori, a Torino, nei giorni successivi la strage, comparve una stella a cinque punte con la scritta rossa: “Onore ai compagni caduti a Genova”.
I compagni assassinati erano:
– Annamaria Ludmann, nata a Chiavari (GE), 32 anni , di professione segretaria( in quanto intestataria dell’appartamento fu la prima ad essere identificata). Nel volantino commemorativo i compagni la ricordano col nome di battaglia “Cecilia”. La colonna veneta delle BR prese il suo nome: “Colonna Annamaria Ludmann”.
– Lorenzo Betassa, nato a Torino, 28 anni, di professione operaio. Nel volantino viene ricordato col nome di battaglia “Antonio”.
– Piero Panciarelli, “Pasquale”, nato a Torino, 25 anni, faceva l’operaio alla Lancia. Fu il penultimo dei quattro militanti uccisi in via Fracchia ad essere identificato.
-Riccardo Dura, “Roberto”, era nato a Roccalumera (ME), 30 anni, faceva anche lui l’operaio. Non fu identificato per molti giorni, e furono le Brigate Rosse, il 3 aprile 1980, con una telefonata all’Ansa, a dare pubblicamente il suo nome. Il 5 aprile ad accompagnare Riccardo Dura nel cimitero di Staglieno c’era soltanto la madre.
A PUGNO CHIUSO COMPAGNI. LA TERRA VI SIA LIEVE, QUANTO A NOI, NOI CHE SIAMO RIMASTI, NON DIMENTICHEREMO E NON PERDONEREMO FINO AL GIORNO DEL RISCATTO.
“Volantino di commemorazione dei quattro militanti uccisi in Via Fracchia a Genova”
Venerdì 28 marzo 1980 quattro compagni delle Brigate Rosse sono stati uccisi dai mercenari di Dalla Chiesa. Dopo aver combattuto, e trovandosi nell’impossibilità di rompere l’accerchiamento, dopo essersi arresi, sono stati trucidati. Sono caduti sotto le raffiche di mitra della sbirraglia prezzolata di regime i compagni:
* Roberto: operaio marittimo, militante rivoluzionario praticamente da sempre, membro della direzione strategica della nostra organizzazione. Impareggiabile è stato il suo contributo nelle guerra di classe che i proletari in questi anni hanno sviluppato a Genova. Dirigente dell’organizzazione dall’inizio della costruzione della colonna che oggi è intitolata alla memoria di Francesco Berardi, con generosità e dedizione totale ha saputo fornire a tutti i compagni che hanno avuto il privilegio di averlo accanto nella lotta un esempio di militanza rivoluzionaria fatta di intelligenza politica, sensibilità, solidarietà , vera umanità, che le vigliacche pallottole dei carabinieri non potranno distruggere.
*Cecilia: si guadagnava da vivere facendo la segretaria. Come tutte le donne proletarie la borghesia aveva destinato una vita doppiamente sfruttata, doppiamente subalterna e meschina. Non ha accettato questo ruolo aderendo e militando nella nostra organizzazione, dando con tutte le sue forze un enorme contributo per costruire una società diversa, dove la parola donna e la parola proletario non significano sfruttamento.
*Pasquale: operaio della Lancia di Chivasso.
*Antonio: operaio Fiat e dirigente della nostra organizzazione.
Sempre alla testa delle lotte della fabbrica e dei quartieri nei quali vivevano. Li hanno conosciuti tutti quegli operai e proletari che non si sono piegati all’attacco scatenato dalla multinazionale di Agnelli e dal suo Stato. Proprio perché  vere avanguardie avevano capito che lottare per uscire dalla miseria, dalla cassa integrazione, dai ritmi, dai cottimi, dal lavoro salariato, vuol dire imbracciare il fucile e organizzare il potere proletario che sappia liberare le forze per una società comunista. Imbracciare il fucile e combattere. Questi compagni erano consapevoli che decidendo di combattere avrebbero affrontato la furia omicida della borghesia e che avrebbero potuto essere uccisi. Ma la certezza per combattere per la vita, per la libertà in una posizione d’avanguardia, in prima fila, è un compito che i figli migliori, più consapevoli, del popolo devono assumere su di sé  per poter rompere gli argini da cui il movimento proletario spezzerà via la società voluta dai padroni. Per loro, come per molti altri operai, la scelta è stata precisa: combattere e vincere con la possibilità  di morire; anziché subire e morire a poco a poco da servi e da strumenti usati da un pugno di sciacalli per accumulare profitti. Oggi Roberto, Pasquale, Cecilia, Antonio, sono caduti combattendo. E’ grande il dolore per la loro morte, non riusciamo ad esprimere come vorremmo quel che sentiamo perché li hanno uccisi e non li avremo più tra noi. Ma nessuno di noi ha pianto, come sempre quando ammazzano dei nostri fratelli, e la ragione è una sola: altri hanno già occupato il loro posto nella battaglia. Proprio mentre ci tocca lo strazio della loro scomparsa e onoriamo la loro memoria, si rinsalda in noi la convinzione che non sono caduti invano come non sono morti invano tutti i compagni che per il comunismo hanno dato la vita.
Alla fine niente resterà impunito.
Brigate Rosse
29 Marzo 1980
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sinapsinews · 3 years ago
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Salerno - 31 arresti per droga
31 arresti per droga a salerno COMUNICATO STAMPA CARABINIERI
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