#comprar casa in Piemonte
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Suggerimenti per vendere la tua casa - Consulenti immobiliari
Prima o poi arriverà il momento in cui vorrai vendere la tua casa. Sebbene tu possa pensare che la tua casa sarebbe una vendita rapida e sicura, il processo effettivo di vendita può avvenire per un periodo di tempo più lungo del previsto.
Quindi, per assicurarti che questo non accada, devi assicurarti che la tua casa abbia il giusto "feeling". Il fattore "sensazione" può avere una grande influenza sull'acquirente della proprietà. Vuoi che comprar casa in Piemonte si sentano come se fossero già la loro casa. Quindi prepara la tua casa, ci sono alcune cose che dovresti tenere a mente quando vendi:
Prime impressioni
Le prime impressioni sono assolutamente vitali, quindi assicurati che la tua casa sia pulita. Elimina tutto il disordine che potrebbe ostacolare le persone mentre passeggiano per casa tua. Il disordine fa anche sembrare un luogo più piccolo di quello che è in realtà, quindi è davvero essenziale per te liberare la casa, il che includerebbe anche la rimozione di eventuali mobili non necessari.
Dopo aver fatto una buona pulizia di primavera a casa tua, assicurati che anche la tua casa abbia un buon profumo. Gli odori possono creare o distruggere un affare e sfortunatamente perché gli acquirenti usano tutti e cinque i sensi quando cercano un nuovo posto. Se c'è qualcosa di rotto, come una piastrella per esempio, che aggiustalo. Piccole cose come queste possono avere un'influenza maggiore di quella necessaria per vendere la tua casa.
Camere da letto
È stato stimato che quasi il 60% di tutti gli acquirenti si è trasferito a casa a causa delle camere da letto. Le camere da letto aggiungono più valore alla tua casa di uno studio o di qualsiasi altra stanza extra che potresti avere, specialmente la camera da letto principale. I tuoi acquirenti sono adulti, quindi ovviamente lo è dove sarà il loro obiettivo principale, quindi fai di tutto per impressionarli con la bellezza della tua camera da letto principale. Le stanze dei bambini non infastidiscono tanto gli acquirenti, ma assicurati che siano ordinate e prive di disordine.
Animali domestici
Se hai animali domestici, assicurati che siano fuori mano quando le persone vedono la tua casa. Non a tutti piacciono gli animali e potrebbe anche prevenire situazioni impreviste. Quindi, per la sicurezza degli animali domestici e la possibilità che i potenziali acquirenti non apprezzino gli animali, lascia piuttosto che i bambini portino i tuoi cani a fare una passeggiata per un breve periodo di tempo, o prova a fare altri tipi di accordi con gli animali domestici in modo che vincano essere arrabbiato e i tuoi acquirenti si sono sentiti a disagio.
Il giardino
La maggior parte delle case moderne ha un giardino piuttosto piccolo, quindi è più facile da mantenere. Questo see more potrebbe essere un buon punto di forza, perché non tutti hanno il pollice verde. Se invece hai un giardino più grande e non hai il tempo per lavorarci, investire in un servizio di giardinaggio sarebbe una buona idea. In questo modo puoi essere sicuro che l'erba è più verde dalla tua parte.
Storia
Se hai una vecchia casa, cerca di scoprire il più possibile sulla storia della casa. La gente ama conoscere la storia e, si spera, avrebbe un significato storico.
Il buono, il cattivo e la via di mezzo
Quasi tutte le proprietà hanno un https://verdeabitare.it/ lato positivo e uno negativo. Quindi cerca di non mostrare la cattiva osservazione della tua casa, ma piuttosto focalizza la tua attenzione sul positivo. La maggior parte delle persone probabilmente non noterebbe il male a meno che tu non lo indichi direttamente a loro, quindi per questo semplice motivo, fai notare la grandezza della tua casa. Se presenti la tua casa come un bicchiere d'acqua mezzo vuoto, vedrebbero la tua casa allo stesso modo. Se ti fanno domande sulla casa, rispondi in modo onesto e diretto.
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c'è voluta una cazzo di pandemia perché i lavoratori dei supermercati potessero starsene a casa il primo maggio.
ora estendeteli a tutti gli altri negozi, grazie.
(possiamo sopravvivere un fine settimana senza comprare cose. fidatevi).
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Authentic Point out Agent conduce strumenti
Innumerevoli acquirenti di case utilizzano Google per cercare informazioni immobiliari ogni mese. Google offre una suite completa di strumenti for every i professionisti del settore immobiliare che ti consentono di raggiungere potenziali clienti nella tua regione in tutte le fasi della ricerca della casa, mentre cercano proprietà, controllano le posizioni e selezionano un agente o un broker. È il modo in cui raggiungi più venditori, attiri più acquirenti e vendi più situation. click here Parole dell'annuncio Foundation Mappe Terra Nearby Organization Centre Google Sketch up Google Applications Google AdWords fornisce una generazione di direct locali efficace ed efficiente. Google AdWords fornisce la generazione di guide più efficace ed efficiente for every i professionisti del settore immobiliare. Google AdWords è il chief nella pubblicità basata sul costo per clic perché offriamo una soluzione misurabile, a pagamento, affidabile al 100%. Determinate i costi in foundation ai vostri obiettivi. Paghi solo quando un potenziale cliente fa clic sul tuo annuncio per visitare il tuo sito web. Ottieni un ritorno sull'investimento (ROI) in tempo reale con i dati di monitoraggio delle conversioni. E puoi modificare o interrompere la tua campagna in qualsiasi momento. Rendi le tue schede più facilmente ricercabili su Google.com utilizzando Google Foundation, gratuitamente. Google Foundation è un servizio gratuito che ti consente di semplificare la ricerca delle tue inserzioni for each gli acquirenti di scenario e gli agenti immobiliari quando cercano proprietà tramite Google. Google Foundation amplia la tua distribuzione, fornendo traffico gratuito e conduce attraverso risultati di ricerca naturali sulle proprietà di Google. Google Base è una migliore esperienza di ricerca for every gli utenti perché possono perfezionare i risultati in foundation advertisement attributi specifici e vedere i risultati su Google Maps, concentrandosi immediatamente sui quartieri più attraenti per loro. Google Maps Posiziona mappe interattive sul tuo sito web con Google Maps. Mostra i tuoi annunci su mappe dettagliate e immagini satellitari e offri ai tuoi utenti un modo visivo e intuitivo for each trovare la proprietà giusta for each loro. Inoltre, utilizza Google Maps for each mostrare la posizione del tuo ufficio e fornire indicazioni per raggiungere la tua porta. Google Earth Offri ai tuoi agenti e clienti la potenza delle immagini satellitari 3D con Google Earth Professional. If you have any type of concerns relating to where and just how to use comprar casa in Piemonte, you can call us at our own site. Superando i two hundred milioni di download, Google Earth ha ridefinito il modo in cui le persone interagiscono con le informazioni sugli immobili e sulle proprietà. LocalBusinessCenter di Google Più di un terzo delle persone che cercano informazioni immobiliari su Google cercano agenti o broker.four Desideri che il tuo nome e indirizzo vengano visualizzati durante la ricerca. Il Business Centre di Google Maps offre ai professionisti del settore immobiliare un modo semplice for each inviare elenchi di attività commerciali. Google Sketchup Google Sketchup Professional è uno strumento apparentemente semplice e incredibilmente potente per creare, presentare e modificare modelli 3D. Modella le tue proprietà in Google Sketchup e offri ai tuoi clienti una vista 3D. Migliora l'elenco del tuo sito web utilizzando la capacità di animazione di Google Sketchup Pro.
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Presentato in anteprima alla 36esima edizione del Torino Film Festival nella sezione TFFDOC/FUORI CONCORSO "Dove Bisogna Stare" arriva nelle sale, e non solo, distribuito da ZaLab.
Georgia, ventiseienne, faceva la segretaria. Un giorno stava andando a comprarsi le scarpe; ha trovato di fronte alla stazione della sua città, Como, un accampamento improvvisato con un centinaio di migranti: era la frontiera svizzera che si era chiusa. Ha pensato di fermarsi a dare una mano. Poi ha pensato di spendere una settimana delle sue ferie per dare una mano un po’ più sostanziosa. E’ ancora lì.
Lorena, una psicoterapeuta in pensione a Pordenone; Elena, che lavora a Bussoleno e vive ad Oulx, fra i monti dell’alta Valsusa, e Jessica, studentessa a Cosenza, sono persone molto diverse; sono di età differenti, e vengono da mondi differenti. A tutte però è successo quello che è successo a Georgia: si sono trovate di fronte, concretamente, una situazione di marginalità, di esclusione, di caos, e non si sono voltate dall’altra parte. Sono rimaste lì, dove sentivano che bisognava stare.
Questo documentario racconta di una possibile risposta a questi tempi cupi. Non racconta l’immigrazione dal punto di vista di chi sceglie di partire o è costretto a farlo: è innanzitutto un film su di noi, sulla nostra capacità di confrontarci con il mondo e di condividerne il destino.
Mentre la classe politica insegue emergenze e visibilità, c’è un’Italia che agisce quotidianamente per mettere al centro dignità e giustizia. E’ un’Italia plurale e spesso femminile; la raccontiamo in Dove Bisogna Stare.
LE PROTAGONISTE
Elena, Ulzio - Val Susa
L’inizio ideale di questo viaggio nella frontiera alpina italiana parte dalla zona tra Bardonecchia e Briançon. In questo ultimo lembo della Val di Susa si sono riversati molti migranti che non trovano la possibilità di attraversare il confine blindato di Ventimiglia/Menton per tentare di giungere in Francia passando per le montagne.
Elena, che vive ad Ulzio, in alta val di Susa, è figlia di questa valle e della sua cultura e nonostante conduca una vita intensa e impegnata, non si è tirata indietro quando si è trattato di affrontare forse uno dei casi più difficili: accogliere in casa sua un giovane camerunense salvato in extremis da alcuni volontari sulle montagne che ha corso il rischio dell’amputazione dei piedi per congelamento.
Georgia, Como
Como è terra di frontiera, la Svizzera è appena fuori dal centro cittadino. Negli ultimi anni il confine era un passaggio tranquillo per persone di origine straniera – con diritto d’asilo o senza – che andavano verso il Nord Europa. A luglio 2017 la guardia di frontiera svizzera cambia politica, e comincia a respingere sistematicamente. Nel giro di pochi giorni, fra la stazione ferroviaria di Como San Giovanni ed il parco antistante cominciano ad accamparsi i migranti bloccati.
Georgia ha 26 anni. Faceva la segretaria in uno studio medico; saputo dell’arrivo dei primi migranti in stazione ha allungato per comprare una decina di spazzolini e qualche tubetto di dentifricio; si è trovata davanti 80 persone. Ha deciso di spenderci le ferie. Da quel momento non ha più smesso.
Lorena, Pordenone
Lorena Fornasir, 64 anni, psicologa clinica e psicoterapeuta, ha diretto per molti anni il servizio adozioni dell’ASL di Pordenone. Da poco più di due anni è in pensione. Da vent’anni convive con Andrea Franchi, un ex professore di filosofia bolognese di 84 anni.
Incontriamo Lorena e Andrea nella prima periferia di Pordenone, di fronte ad una vecchia area industriale ormai vuota da anni, che tutti chiamano “jungle". È uno dei luoghi in città in cui trovano riparo Pakistani, Afghani e Bengalesi che non riescono ad entrare nei percorsi di accoglienza istituzionali. L’area è delimitata da alte reti di alluminio con divieto d’accesso per pericolo di crollo. Lorena e Andrea scavalcano con agilità e ci invitano a seguirli. Nella jungle diventano fondamentali portando aiuti, informazioni e attenzione a chi è costretto a rifugiarsi.
Jessica, Cosenza
Jessica è la più giovane delle quattro. A ventidue anni è il centro di gravità di una grossa occupazione abitativa a Cosenza dove vivono quasi ottanta persone. Famiglie, singoli, adulti e anziani. Per Jessica non ci sono italiani e stranieri: ci sono persone che condividono un bisogno radicale, il bisogno abitativo, e che si organizzano per risolverlo assieme.
Non c’è nessun umanitarismo nelle motivazioni di Jessica: se occupa non è per dare una mano a qualcuno di più sfortunato di lei; è perché lei stessa ha questo bisogno. Nello spazio comune dell’occupazione, una stanzetta in cima alle scale, un vasto cortile di cemento, e la guardiola all’ingresso in cui a turno gli occupanti stanno di guardia, cantano, chiacchierano e fumano sigarette, per non farsi trovare impreparati da un possibile sgombero.
Crediti
Regia di Daniele Gaglianone
scritto da Daniele Gaglianone e Stefano Collizzolli
una produzione Zalab film srl
Da un’idea nata in collaborazione con Medici Senza Frontiere Rai3-Doc3 Annamaria Catricalà e Fabio Mancini
Realizzato con il sostegno di Medici Senza Frontiere, Piemonte Doc Film Fund – fondo regionale per il documentario – Piemonte Film Commission
Distribuito in Italia da ZaLab
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I flussi migratori delle grandi città
Per comprendere meglio quali siano stati gli spostamenti sul territorio da parte di chi compra casa, l’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa ha analizzato le compravendite realizzate attraverso le agenzie affiliate Tecnocasa e Tecnorete nelle grandi città italiane nel 2020. Per ogni grande città si è calcolata la percentuale di acquirenti già residenti in città, in arrivo dall’hinterland ed in arrivo da altre province italiane. L’analisi mette in evidenza che Milano, Roma e Torino sono le città con le percentuali più alte di acquisti da parte di persone in arrivo da altre province (rispettivamente 12,4%, 10,1% e 9,8%). Rispetto al 2019 la percentuale di Milano è in aumento, infatti, gli acquirenti in arrivo da altre province si fermavano al 10,7%. A Roma e a Torino si evidenziano percentuali sostanzialmente invariate rispetto al 2019. In generale a Milano si registra l’82,8% di compravendite da parte di residenti, il 4,8% in arrivo dall’hinterland e il 12,4% in arrivo dalle diverse province dello stivale. Queste ultime sono così suddivise: il 6,3% proviene dal Nord Italia, il 3,7% dal Sud e il 2,4% dal Centro. Le regioni più attive sono la Lombardia, la Liguria ed il Piemonte per quanto riguarda il Nord, la Campania, la Puglia e la Sicilia per il Sud ed il Lazio e la Toscana per il Centro. Anche nel 2019 erano gli acquirenti in arrivo da Nord Italia a primeggiare (5,2%), seguiti anche in questo caso da Sud Italia (3,8%), per finire con il Centro (1,6%). A Roma l’87,0% delle compravendite riguarda persone già residenti in città, il 2,9% riguarda acquirenti in arrivo dall’hinterland ed il 10,1% riguarda persone in arrivo dalle altre province italiane. Queste ultime arrivano nel 6,4% dei casi dal Sud Italia, nel 2,3% dal Centro e nell’1,4% dal Nord. Le regioni più attive sono la Calabria, la Campania e la Puglia per quanto riguarda il Sud, il Lazio, la Toscana e l’Abruzzo per il Centro e la Lombardia per il Nord. Rispetto al 2019 si registra un sorpasso degli acquirenti provenienti dal Sud rispetto a quelli in arrivo dal Centro: un anno fa, infatti, era il Centro a dominare per quanto riguarda gli acquisti da fuori provincia (5,0%), seguiti dalle regioni del Sud (4,0%) e da quelle del Nord (0,9%) Per quanto riguarda Torino si registra un 76,9% di compravendite effettuate da persone già residenti in città, un 13,3% di transazioni concluse da acquirenti in arrivo dall’hinterland ed un 9,8% di compravendite effettuate da persone in arrivo dalle altre province d’Italia. Seguono le altre grandi città che hanno una più bassa percentuale di transazioni immobiliari concluse da persone in arrivo da altre province: Firenze 8,9%, Bologna 7,7%, Bari 7,3%, Napoli 6,4%, Genova 6,3%, Verona 5,5 e Palermo 4,3%. Spesso chi arriva da fuori è un investitore, a Milano ad esempio il 28,0% degli acquirenti che arrivano da altre province compra per investimento, a Torino si raggiunge addirittura il 50,9%, mentre a Roma il tasso di investitori in arrivo da altre province è più basso e si ferma al 13,6%. Dato interessante quello che mostra come in alcune delle grandi città a comprare siano quasi esclusivamente persone già residenti: a Genova ben il 91,5%, a Roma l’87,0% e a Bologna l’84,6%. Infine, Bari, Verona e Firenze sono le metropoli nelle quali il tasso di acquisto da parte di persone provenienti dall’hinterland è più elevato: Bari 19,5%, Verona 18,4% e Firenze 13,9%. Il 2020 è stato segnato dall’emergenza Covid, ma i risultati dell’indagine non evidenziano particolari variazioni rispetto al 2019: nel 2020 infatti, nelle grandi città analizzate, la media di acquirenti in arrivo da altre province si attesta all’8,2%, quota molto simile a quella del 2019 che si fermava all’8,0%. Anche per quanto riguarda gli acquirenti provenienti dall’hinterland non si notano scostamenti di rilievo: nel 2020 il tasso medio delle grandi città è al 10,2%, nel 2019 era al 10,0%. Read the full article
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COME FARE PER SCEGLIERE IL MUTUO: A Tasso Fisso O Variabile?
Questo è il dilemma che coglie tutti quelli che vogliono comprare casa e hanno bisogno di un mutuo. .. Ma come per quasi tutte le domande in campo economico finanziario, la risposta è DIPENDE! .. Prima però di affrontare i vantaggi e gli svantaggi se fare un mutuo a tasso fisso o uno a tasso variabile, vorrei esaminare le differenze che ci sono tra i due tipi di mutuo. .. La differenza principale è nel tasso di riferimento a cui i due tipi di mutuo sono legati. .. Il mutuo a tasso variabile è legato al famoso EURIBOR (Euro Inter Bank Offred Rate) ed è un tasso di riferimento calcolato giornalmente sulla media degli scambi finanziari tra le principali banche Europee. .. L’EURIBOR è un tasso che si usa per calcolare il costo del denaro a breve termine e quindi quando è applicato al mutuo variabile, varia nel tempo. .. Negli ultimi anni grazie all’intervento della BCE, il tasso EURIBOR è addirittura negativo.
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I PREFERITI DEL MESE #11: Novembre
Novembre è stato un mese eterno e super difficile per me, sono stata di nuovo in lockdown, perché il Piemonte era zona rossa e anche se fondamentalmente la mia vita quotidiana non subisce sostanziali cambiamenti da febbraio, pure sapere di non potermi muovere e di non poter andare in giro mi ha molto demoralizzata. Non che chissà dove volessi andare però dover girare con l’autocertificazione anche per andare a fare la spesa è stato peso. Sono immensamente fortunata, lo so bene, però la sensazione di aver completamente messo in stand by la mia vita è sempre presente e un po’ mi tormenta. È passato un anno e non ho realizzato niente. Non lo so, da un lato penso che non sono impazzita, che sono sopravvissuta, che ho ricevuto doni speciali nonostante tutto, che passioni apparentemente inconsistenti mi hanno praticamente salvato rendendomi anche molto competente nei campi di ricerca minuziosa, nella costruzioni di solide timeline e nel riconoscere eventi solo da una misera foto, dall’altro ho la sensazione che sarà impossibile uscirne indenni e a conti fatti non so ancora cosa ho perso e non voglio fare il punto della situazione. Novembre è sempre un mese orrendo per me, il brutto tempo che si divora il mio umore, il gelo che penetra sotto i vestiti e la sensazione di non riuscire a scaldarmi neanche rivestita di coperte, mi lasciano sempre in balia della mia meteoropatia, ma quest’anno più di sempre. Uno dei momenti più alti di novembre resta comunque la scoperta che il mio Commerciale mi ha scritto il feedback più bello che abbia mai ricevuto per il mio lavoro, mi ha stupito così tanto che mi ha lasciato senza parole. Non che non mi abbia mai detto quanto sia importante il mio lavoro eh, però vederselo scritto in certi termini nero su bianco mi ha fatto una certa impressione. E meno male che ci sono le ragazze che mi accompagnano ogni giorno in questa tempesta.
Comunque, per cambiare le carte in tavola e dare una rinfrescata a questo blog, da inizio anno ho deciso di portare qui su questo spazio di web una delle rubriche che più mi piace guardare su Youtube e che sostanzialmente dimostra che non mi so inventare niente, ma che amo inglobare nel mio modo di essere espressioni, modi e idee che mi colpiscono l’immaginario. “I preferiti del mese” è un format che forse non si presta molto alla parola scritta ma ci proviamo, che tanto se non funziona lo facciamo funzionare a modo nostro.
Enjoy!
MUSICA
Meno male che ho la musica, davvero, che mi tiene ancorata a me stessa e riesce a regalarmi sempre una nuova prospettiva su me stessa e sulle cose. E il mese scorso è uscita un sacco di musica nuova. Prima di tutto ho consumato su Spotify Scooby Doo la traccia che ha anticipato Ahia! il nuovo cd dei Pinguini Tattici Nucleari. Non so se sia il testo accattivante, il ritmo, la voce di Zanotti, ma lo sto ascoltando a ruota da quando è uscita. Non correlato l’ascolto compulsivo anche di We lost the summer dei Tomorrow x Together una canzone che in realtà è di una tristezza incredibile perché racconta del tempo che stiamo vivendo di come letteralmente abbiamo perso un’estate, un anno in realtà, così, in un soffio. A novembre sono uscite anche Lacri-ma e Scusa di Gazzelle. Sto recuperando musica anche dagli episodi di Bones: meritano un ascolto Some of us di Starsailor e A pain that i'm used to dei Depeche Mode. Ma soprattutto a novembre è uscito BE il nuovo cd dei BTS. Un album in cui si sono messi in gioco in prima persona con ogni fase del processo di produzione e che racconta la loro vita, la nostra vita, in questi tempi difficili della pandemia. Inutile dire che me ne sono innamorata al primo ascolto. Scollarmi dalla voce di Kim Seokjin diventa impossibile.
Il lead single è Life goes on una di quelle canzoni che è impossibile non canticchiare e che regala un’atmosfera di calma, e la sicurezza che ce la faremo, che dopo molti inverni arriverà di nuovo la primavera. L’altra mia canzone preferita è Stay: una canzone ritmata e allo stesso tempo incredibilmente malinconica, l’invocazione a rimanere è così sincera da togliere il fiato.
LIBRI
A novembre ho finalmente finito un libro che ho molto amato ma che mi trascinavo iniziato fin da luglio: Il sussurro delle api di Sofia Segovia. Ho letto api e non mi sono fatta troppe domande quando ho preso in mano questo libro, avevo letto superficialmente anche la trama ma mi aveva intrigato subito anche grazie alla copertina e non mi ero sbagliata. La Segovia recupera avvenimenti storici realmente accaduti nei dintorni di Monterrey in Messico e li unisce alla sua fantasia e a un tocco di magia che non guasta mai. Si tratta di una saga familiare dalle suggestioni potentissime che affascinano immediatamente. La storia della Segovia unisce monito e superstizione, realtà storica e personaggi di fantasia, gioia e dolore, la dolcezza del miele delle api e lo spavento del loro pungiglione e regala una storia piena di meraviglia da leggere con la consapevolezza che siamo sempre noi i fautori del nostro destino. Super consigliato.
FILM & SERIE TV
A novembre ho guardato due film bellissimi in modo diverso di cui vi vorrei parlare. Da un lato Ferro, il documentario autobiografico di Tiziano Ferro. Io sono una grande fan di Tiziano Ferro fin da ragazzina, posso aver dimenticato un sacco di cose ma non le canzoni contenute in Centoundici, e vederlo in questa veste così intima e trasparente è stato molto intenso e interessante. Si dice spesso che qualcuno “si mette a nudo” e mai come in questo caso le parole sono giuste per rappresentare le emozioni che Tiziano Ferro comunica agli spettatori. Non vi nego che ho pianto parecchio durante la visione. Sono arrivata alla fine con tante domande e molta speranza.
In un sabato sera di novembre le mie compagne di “Team Drama Club” mi hanno convinta a guardare Rock of ages e non pensavo che lo avrei affermato, ma nel suo genere è il film della vita. Nel 1987 a Los Angeles il Bourbon Club è il centro della scena Rock della città. In questo mitico locale s'incontrano Sherry, ragazza di provincia appena arrivata per cercare fortuna come cantante, e Drew, che con lei condivide la passione per la musica. Intorno a loro una serie di comprimari che come loro dovranno fare i conti con i loro sogni, le loro paure, i loro errori: in mezzo a tutto ciò il dio del rock Stacee Jaxx (interpretato niente poco di meno che da Tom Cruise).
Certo, bisogna prenderlo per quello che è: un musical fuori dagli schemi che intreccia le storie di vari personaggi per fornire il quadro di una città in un periodo storico in cui non ci sono regole. Il mondo del rock, quello nutrito da fan scatenati, comportamenti sopra le righe, decisioni impulsive e sogni di gloria. Ci sono alcol, sesso e rock & roll come nella migliore tradizione, c'è musica cult, c'è Tom Cruise che di solito odio ma che insomma qui fa una interpretazione pazzesca con la sua faccia da pesce lesso (capisco perché Cruise si sforzi di cancellare questo ruolo dalla sua carriera come se non fosse mai esistito). Ci sono delle battute che ti fanno cadere dalla sedia e momenti in cui salti sulla sedia per cantare (non a squarciagola perché sennò i vicini di casa mi sarebbero venuti a suonare inviperiti). Quello che ci vuole per sopravvivere per farsi quattro risate.
BEAUTY
A novembre ho iniziato ad usare Maschera Fructis Hair Food Aloe Idratante sperando che potesse aiutarmi a districare i capelli e ridurre la quantità di capelli che perdo regolarmente in giro per la casa. Per quello non è un rimedio, per il resto è una bomba. Mi piace tantissimo il profumo e la resa sui capelli, un ottimo acquisto compulsivo.
CIBO
Una delle cose che più mi fanno sentire amata è condividere il cibo, questo mese il mio cibo preferito sono sicuramente i tortelli verdi che mi ha regalato Chiara. Le poche e semplici istruzioni prevedevano solo due varianti di condimento: burro e salvia o “soffritto” una semplice passata di pomodoro. La mia scelta è caduta sulla prima opzione e in una domenica di tristezza estrema li ho mangiati sentendo addosso l’ultimo abbraccio che ci siamo scambiate, quando l’ho vista mettere la retro in macchina per tornare a casa. Mi manca un sacco.
Ho scoperto queste… una droga.
RANDOM
Lo spazio è sempre stata una delle mie grandi passioni e mi dispiace non aver potuto andare avanti a studiarlo una volta che ho dovuto scegliere il mio percorso universitario. Ma continuo a leggerne con immensa curiosità. Voglio condividere con voi un paio di articoli: uno della NASA in cui si parla del fatto che in un tempo passato la Luna e la Terra condividevano uno schermo magnetico e un altro in cui si racconta di un pianeta coperto da un oceano di lava.
Dopo mesi e mesi di smartworking mi sono finalmente decisa a comprare una sedia da ufficio, la mia schiena sinceramente ringrazia.
Un’intelligenza artificiale (AI) della divisione DeepMind di Google è riuscita a risolvere in poco tempo uno dei più grandi problemi della biologia: determinare la forma di una proteina, partendo dalle catene di amminoacidi che la costituiscono. E questo è il primo passo per il futuro.
E voi che avete combinato a novembre?
Raccontatemelo in un commento.
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L’Italia è un Paese ricco di tesori nascosti da scoprire, e tra le molte città che meritano almeno una visita c’è senza dubbio quella di Domodossola. Situata in Val d’Ossola, nella provincia del Verbano-Cussio-Ossola, questa cittadina è da sempre un crocevia in una posizione strategica, poiché non è lontana da Milano, dalla Svizzera, dal lago Maggiore e dal resto del Piemonte. Ma riscuote anche grande successo per i luoghi di interesse artistico che ne adornano il centro storico e le periferie. Se state quindi pensando di fare un salto da queste parti e dedicare una visita di un giorno a Domodossola, ecco quali sono i luoghi e le attrazioni imperdibili. Cosa vedere a Domodossola: il centro storico Tra i luoghi da visitare a Domodossola merita una menzione il centro storica della città, che conserva ancora un aspetto medievale tra stradine e viuzze tortuose. Il fulcro è rappresentato dalla Piazza del Mercato, un vero e proprio gioiellino di arte rinascimentale adornata da affascinanti portici quattrocenteschi. Qui si svolge ogni sabato un suggestivo mercato, inaugurato nel 917 d.c dal re Berengario. Sulla piazza del Mercato si affacciano vari palazzi rinascimentali. Tra i più suggestivi c’è Palazzo Silva, costruito nel Rinascimento e oggi monumento nazionale. Questo edificio è famoso per le incorniciature delle finestre realizzate in marmo di Crevola e la scala a chiocciolo che mette in comunicazione tutti i piani all’interno della casa. Altrettanto suggestivo è Palazzo Mellerio oggi sede della polizia municipale e di alcuni uffici comunali. Sulla sua facciata si trovano il medaglione del conte Giacomo Mellerio e il bassorilievo dell’abate Antonio Rosmini. Merita infine una menzione il Palazzo di Città, attuale sede comunale, costruito nel 1847. Al suo interno c’è la sala storica della Resistenza ossolana, mentre una lapide ricorda la motivazione della medaglia d’oro al valor militare conferita alla val d’Ossola dopo la Seconda Guerra Mondiale. Molto suggestiva è anche via Briona, su cui si affacciano le caratteristiche case con tetti in piode. Nel vecchio quartiere La Motta, invece, spicca Piazza Fontana, al cui centro si possono ammirare la fontana ottagonale e l’obelisco. Piuttosto difficile, infine, scorgere i resti delle antiche mura pentagonali, che già dai primi del 1300 cingevano il borgo di Domodossola. L’architettura religiosa di Domodossola Domodossola è famosa anche per le bellissime Chiese situate nel suo territorio. Tra tutte citiamo la Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, costruita tra il 1792 e il 1798. L’edificio, composto da tre navate e sei cappelle, conserva un pregevole altare maggiore in marmi policromi. Abbiamo poi il Santuario della Madonna della Neve, risalente al XVII secolo. Al suo interno si trovano numerosi affreschi di pregio, tra cui il dipinto Matrimonio della Vergine attribuito al pittore fiorentino Luigi Reali. Di fronte, sorge il Collegio Mellerio Rosmini, che contiene una ricchissima biblioteca (circa 60.000 volumi) ed è sede del Museo di Scienze Naturali, visitabile su richiesta. Il sacro monte di Domodossola A circa 30 minuti dal centro di Domodossola, sorge il Sacro Monte, inserito nella lista dei Patrimoni dell’Unesco. Qui si ergono diversi edifici religiosi tra cui quindici cappelle e il Santuario del SS. Crocifisso. Domodossola: le attrazioni per i buongustai Due attrattive di Domodossola sono assai interessanti per i buongustai. La prima è L’Officina del Cioccolato, un laboratorio artigianale per la lavorazione del cioccolato a cui è annesso un minuscolo shop in cui si possono ammirare e comprare delle splendide minuscole sculture di cioccolato. Il secondo è il birrificio Balabiòtt, che produce birra artigianale in tre varietà (bionda, ambrata e scura), oltre a conserve, miele e altri prodotti del territorio. Qualora decidiate di concedervi una gustosa pausa in uno dei ristoranti o trattorie della città, non potrete fare a meno di assaggiare alcune specialità del territorio ossolese. Su tutte, il pan negar (pane nero), a base di farina di segale integrale, acqua, sale e lievito naturale. Volendo, ne esiste anche una versione con l’aggiunta di noci ed uvetta, detta crescenzin (con una minima aggiunta di lievito di birra), perfetta nell’abbinamento con i salumi. Se siete di passaggio nella stagione fredda, sono da provare gli gnocchi all’ossolana, a base di patate, castagne e zucca. https://ift.tt/2IgyQlq Cosa vedere e cosa fare in una giornata a Domodossola L’Italia è un Paese ricco di tesori nascosti da scoprire, e tra le molte città che meritano almeno una visita c’è senza dubbio quella di Domodossola. Situata in Val d’Ossola, nella provincia del Verbano-Cussio-Ossola, questa cittadina è da sempre un crocevia in una posizione strategica, poiché non è lontana da Milano, dalla Svizzera, dal lago Maggiore e dal resto del Piemonte. Ma riscuote anche grande successo per i luoghi di interesse artistico che ne adornano il centro storico e le periferie. Se state quindi pensando di fare un salto da queste parti e dedicare una visita di un giorno a Domodossola, ecco quali sono i luoghi e le attrazioni imperdibili. Cosa vedere a Domodossola: il centro storico Tra i luoghi da visitare a Domodossola merita una menzione il centro storica della città, che conserva ancora un aspetto medievale tra stradine e viuzze tortuose. Il fulcro è rappresentato dalla Piazza del Mercato, un vero e proprio gioiellino di arte rinascimentale adornata da affascinanti portici quattrocenteschi. Qui si svolge ogni sabato un suggestivo mercato, inaugurato nel 917 d.c dal re Berengario. Sulla piazza del Mercato si affacciano vari palazzi rinascimentali. Tra i più suggestivi c’è Palazzo Silva, costruito nel Rinascimento e oggi monumento nazionale. Questo edificio è famoso per le incorniciature delle finestre realizzate in marmo di Crevola e la scala a chiocciolo che mette in comunicazione tutti i piani all’interno della casa. Altrettanto suggestivo è Palazzo Mellerio oggi sede della polizia municipale e di alcuni uffici comunali. Sulla sua facciata si trovano il medaglione del conte Giacomo Mellerio e il bassorilievo dell’abate Antonio Rosmini. Merita infine una menzione il Palazzo di Città, attuale sede comunale, costruito nel 1847. Al suo interno c’è la sala storica della Resistenza ossolana, mentre una lapide ricorda la motivazione della medaglia d’oro al valor militare conferita alla val d’Ossola dopo la Seconda Guerra Mondiale. Molto suggestiva è anche via Briona, su cui si affacciano le caratteristiche case con tetti in piode. Nel vecchio quartiere La Motta, invece, spicca Piazza Fontana, al cui centro si possono ammirare la fontana ottagonale e l’obelisco. Piuttosto difficile, infine, scorgere i resti delle antiche mura pentagonali, che già dai primi del 1300 cingevano il borgo di Domodossola. L’architettura religiosa di Domodossola Domodossola è famosa anche per le bellissime Chiese situate nel suo territorio. Tra tutte citiamo la Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, costruita tra il 1792 e il 1798. L’edificio, composto da tre navate e sei cappelle, conserva un pregevole altare maggiore in marmi policromi. Abbiamo poi il Santuario della Madonna della Neve, risalente al XVII secolo. Al suo interno si trovano numerosi affreschi di pregio, tra cui il dipinto Matrimonio della Vergine attribuito al pittore fiorentino Luigi Reali. Di fronte, sorge il Collegio Mellerio Rosmini, che contiene una ricchissima biblioteca (circa 60.000 volumi) ed è sede del Museo di Scienze Naturali, visitabile su richiesta. Il sacro monte di Domodossola A circa 30 minuti dal centro di Domodossola, sorge il Sacro Monte, inserito nella lista dei Patrimoni dell’Unesco. Qui si ergono diversi edifici religiosi tra cui quindici cappelle e il Santuario del SS. Crocifisso. Domodossola: le attrazioni per i buongustai Due attrattive di Domodossola sono assai interessanti per i buongustai. La prima è L’Officina del Cioccolato, un laboratorio artigianale per la lavorazione del cioccolato a cui è annesso un minuscolo shop in cui si possono ammirare e comprare delle splendide minuscole sculture di cioccolato. Il secondo è il birrificio Balabiòtt, che produce birra artigianale in tre varietà (bionda, ambrata e scura), oltre a conserve, miele e altri prodotti del territorio. Qualora decidiate di concedervi una gustosa pausa in uno dei ristoranti o trattorie della città, non potrete fare a meno di assaggiare alcune specialità del territorio ossolese. Su tutte, il pan negar (pane nero), a base di farina di segale integrale, acqua, sale e lievito naturale. Volendo, ne esiste anche una versione con l’aggiunta di noci ed uvetta, detta crescenzin (con una minima aggiunta di lievito di birra), perfetta nell’abbinamento con i salumi. Se siete di passaggio nella stagione fredda, sono da provare gli gnocchi all’ossolana, a base di patate, castagne e zucca. Domodossola, piccola città in Piemonte, è ricca di cose da vedere: dal centro storico, con il quartiere La Motta, al Santuario della Madonna della Neve.
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Ricevo da un amico, che ha richiesto l'anonimato, uno scritto dedicato al Vicebrigadiere Mario Cerciello Rega.
Caro Pino, mi permetto di scriverti queste righe solo per puro conforto. Come sai mio padre era un Vice Brigadiere della Benemerita, ha svolto 41 anni di servizio, dal 1946 al 1987. Dopo 3 anni di prigionia nel campo inglese di Alessandria d'Egitto, periodo durissimo trascorso tra privazioni di ogni sorta inferte dagli inglesi ai non collaborazionisti che si rifiutavano di abiurare il Fascismo, rientrò in Sicilia. Il difficile periodo post bellico ed il desiderio di continuare ad indossare una divisa della sua amata Italia, spinse mio padre ad arruolarsi nell'Arma dei Carabinieri. Nonostante la sua 5^ elementare, riuscì a superare a pieni voti i corsi ed alla fine del 1946 prestò giuramento. In quegli anni erano tantissime e stringenti le norme tassative alla quale dovette assoggettarsi, tra gli altri l'impossibilità di sposarsi con donna della città dove prestava servizio; l'obbligo di uscire in divisa anche nella "libera uscita"; le enormi difficoltà anche nelle più semplici indagini, in cui il muro di omertà e la paura la facevano da padrone in una Italia che improvvisamente aveva visto rinascere la mafia..di cui addirittura se ne negava l'esistenza dopo i tremendi colpi inflitti dal Fascismo a Cosa Nostra e la rinascita impetuosa sotto la sapiente guida americana; la mancanza di un giorno di riposo settimanale, la scarsità di mezzi di trasporto di servizio che lo costringevano spesso ad andare in bici nei luoghi da controllare, i frequenti trasferimenti, un misero stipendio che non bastava mai ma per noi faceva bastare sempre..il tutto condito da una ferrea disciplina che non permetteva la minima manchevolezza. Ma tutto questo non bastò a fermarlo, in pochi anni, anche grazie allo studio nelle ore notturne, fu promosso Vice Comandante di Stazione. Ricordo ancora con trepidazione il trillo notturno del telefono nel corridoio d'ingresso che svegliava tutta la famiglia, la voce di mia madre che gli chiedeva cos'era successo, il mio timore e la mi ammirazione verso mio padre che, qualsiasi notizia avesse ricevuto, tranquillizzava mia madre dicendo che non era niente di brutto..senza dimenticare di entrare nella mia stanza e baciare la mia testa credendo stessi dormendo ma per me era cominciato l'attesa del suo ritorno..lasciando la mia stanza inondata da profumo di dopobarba misto a quello della lana della sua divisa e dell'olio della sua arma. Ricordo ancora i suoi rientri dal servizio durante i mesi estivi, dopo ore passate sotto il sole inclemente della Sicilia o dopo il freddo intenso del Piemonte. A quel tempo non aveva i soldi per comprare nemmeno una "Vespa" e spesso rientrava a casa a piedi o con mezzi di fortuna. Aveva certamente mille motivi per lamentarsi e spesso lo sentivo borbottare di nascosto, ma verso di me e mia sorella ha sempre avuto un immenso amore, certo scevro di esteriorità o sdolcinature, militarmente contenuto, ma certamente immenso come un oceano. Purtroppo in special modo dagli anni '70 tra terrorismo, guerre di mafia e l'avvento della droga di massa, si moltiplicarono i pericoli e prese forma la lunga scia di sangue che è arrivata incontrastata fino ai giorni nostri. Mio padre applicava la regola del buon padre di famiglia, tutti sapevano che quando operava degli arresti era perchè erano state esaurite tutte le altre opzioni..non prendeva un caffè con nessuno preferiva quello di mia madre..ciononostante subì qualche minaccia..una di queste fu proprio in mia presenza..ma tutte fortunatamente senza esito, anche perchè all'epoca "minacce a pubblico ufficiale" era reato ed alcuni di loro non la fecero franca. Ho visto piangere solo due volte mio padre, quando morì sua madre e durante la strage al casello autostradale di S.Gregorio a Catania nel 1979 in cui furono uccisi i tre Carabinieri della scorta ad un mafioso durante un trasferimento. Ad ogni assassinio il suo carattere, sempre gioviale, si incupiva, il suo volto trasfigurava facendo emergere il dolore e la rabbia per quanto accaduto. Dal 2008 mi ha lasciato, ma sono certo che dall'aldilà continua a seguire le tristi vicende, fino alla morte del giovane V. Brigadiere Mario Cerciello Rega. Il mio primo pensiero va ad ogni militare e civile che cade in servizio o durante lo svolgimento propria attività lavorativa..nemmeno una parola sulla belva sanguinaria che ha sferrato i fendenti sul povero Mario Cerciello..alla belva ci sarà chi ci penserà!
Un figlio dell'Arma
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Opinione: Ipnagogica, di Christian Sartirana
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Cinque racconti horror che vi condurranno lungo le strade perdute del Piemonte da incubo di Christian Sartirana, dove si incrociano fantasmi di vecchi carri funebri, bambini con gli occhi cuciti, porte che si aprono su luoghi sbagliati, e mani deformi dotate di vita propria... "Creare incubi, distillare i succhi acidi delle nostre cattiverie, cercare il fascino freddo delle ombre più scure e malate, indagare la metà oscura di luoghi e anime, vedere la realtà (e in particolare quella della provincia italiana) con gli occhi acuti di chi, con la fantasia e le parole, sa comporre mosaici d'inquietudine e percorsi nella follia, nella fobia e nel terrore. Questo fa Christian Sartirana, e lo fa bene." - Eraldo Baldini
° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° °
Essendo una raccolta di racconti brevi, c'è poco che possa dire senza fare spoiler. Si tratta di cinque racconti: La Manina Il racconto di un ragazzo nato con una deformazione che non ha mai accettato e ha fatto di tutto per nascondere durante la sua vita, ovvero una mano deforme. Ma quando crede di aver una soluzione per risolvere questo problema, le cose gli sfuggiranno di mano... Una Collezione di Cattiveria Due amiche da sempre, anche se diversissime tra loro: Claudia, espansiva e alla ricerca di nuove emozioni (e storie) e Sabrina, più calma, con una famiglia e dei figli da crescere. Un giorno Claudia fa conoscere a Sabrina Anna, una nuova vicina a cui è diventata molto amica, ma questa persona la mette subito a disagio, non sapendo bene come comportarsi. Questa sensazione non l'abbandona e, dopo qualche settimana, si renderà conto insieme a Claudia che non è la sola a provare disagio in sua presenza. Ma c'è dell'altro da scoprire su Anna.... La Porta Lavorare come "Sgombero Cantine e Solai" porta Enzo in una vecchia casa, colpita da una tragedia, e ad imbattersi in un quadro molto strano che rappresenta una porta. Ma non è la sola particolarità del dipinto, come capirà presto... Le Facce Bianche Flavio vive in un mondo dove qualcosa si muove, una specie di setta che professa una specie di "Quarantena dell'anima", per preservare la purezza dell'anima delle persone. Dove un opuscolo, lasciatogli sull'autobus, con facce piatte, vuote, bianche, continua a perseguitarlo sempre di più. La Memoria Della Polvere Una giovane coppia ha deciso di andare a vivere in un piccolo villaggio praticamente disabitato dopo un terribile incidente. Ma per Filippo non è così semplice, perché inizia a vedere cose, persone, che gli fanno dubitare cosa sia reale o meno, portandolo ad indagare su quella faccenda e finire...... Purtroppo devo "rompere le scatole" ancora una volta. Da amante degli horror (e ricercatrice quasi fanatica di libri che mi facciano tremare le gambe), questo, purtroppo, non ci si avvicina nemmeno. Sono racconti sul mistero, sull'assurdo,...ma di paura, per me, proprio no. E mi duole aggiungere che spesso i racconti sembrano incompleti, perché si chiudono lasciando un po' perplesso il lettore, non sapendo bene cosa abbia letto e come sia finita la storia. Una cosa che mi irrita, in qualunque genere, come i finali aperti senza seguiti. Un altra nota negativa è il prezzo: per il numero di pagine il costo è eccessivo (e parlo del digitale). Non lo avrei mai preso in considerazione se non mi fosse stato dato dalla Casa Editrice da leggere. Una lettura veloce d'altronde, racconti piuttosto brevi che scorrono rapidi. Alcuni più piacevoli di altri. Non lo sconsiglio affatto, perché magari a voi farà stringere lo stomaco e troverete i finali giusti. Tenetelo d'occhio, magari ci saranno promozioni che ve lo faranno comprare con un buon prezzo. from Blogger http://ift.tt/2vvLJ5v via IFTTT
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Secondo una recente indagine svolta Gate-away.com, ( importante portale internazionale, che promuove immobili Italiani esclusivamente ad acquirenti esteri, da tempo utilizzato dal gruppo Great Estate per proporre i suoi immobili di prestigio alla sua clientela internazionale ), nel cui ambito sono stati intervistati molteplici clienti acquirenti internazionali in cerca di una seconda casa all’ estero, oltre il 55% degli stessi sarebbero fortemente interessati ad acquistare un immobile proprio in Italia, anzi, il nostro paese sarebbe stato prescelto come l’ unico possibile nella loro ricerca di un immobile all’ estero.
Cerchiamo di delineare un profilo più preciso dei cliente stranieri intenzionati ad acquistare un immobile in Italia:
Chi sono?
Soprattutto inglesi, americani tedeschi, olandesi e svedesi. Il livello di cultura di questi potenziali acquirenti internazionali risulta essere medio-alto; la maggioranza assoluta degli stessi solitamente effettua la ricerca di immobili tramite Internet, utilizzando motori di ricerca e portali immobiliari specializzati.
Perché acquistare un immobile in Italia?
I potenziali acquirenti stranieri si dichiarano insoddisfatti delle loro attuali condizioni di vita, con riguardo ad esempio, alla situazione politica o economica del loro paese o alla relativa qualità della vita. Per tutto ciò sono fortemente intenzionati a migliorarla, intravedendo nel nostro Bel Paese la migliore delle scelte in vista di un trasferimento; infatti ritengono che in Italia la qualità della vita, la natura, il clima, ed altre elementi come, l’ arte la cultura o l’ enogastronomia siano assolutamente migliori che nel resto degli altri paesi stranieri. Gli intervistati inoltre hanno riportato altre ragioni: l’attrazione dei prodotti made in Italy, l’ interesse a riscoprire le origine italiane, la giusta proporzione fra qualità e prezzo degli immobili offerti dal mercato italiano. Trattasi dunque di persone fortemente motivate, costantemente impegnate per avere sempre maggiori informazioni sul nostro Paese, vicine al pensionamento e con l’obiettivo di trovare la proprietà ideale – che sia al tempo stesso anche un buon investimento – per trascorrere almeno 6 mesi l’anno, o addirittura il resto della vita, in un Paese “ baciato dal sole “!!. Motivazione così tanto radicata che il 26% degli intervistati ha comunque già deciso di comprare, nonostante l’ eventualità di possibili eventi sismici, attentati terroristici, o burocrazie varie nel nostro paese. Si tratta di dati assolutamente positivi che si sposano con l’ altra circostanza, ugualmente ottimistica, secondo cui la crescita delle richieste di immobili italiani da parte di acquirenti esteri nel 2016 ha avuto rispetto all’ anno precedente, un incremento di oltre il 53%
Dati positivi ed importanti anche per Great Estate, il network italiano di agenzie immobiliari specializzato nella compravendita di casali, ville, aziende agricole, borghi, castelli di lusso a clienti internazionali e, più in generale, in investimenti immobiliari in Italia. Great Estate ha uno staff composto sia da professionisti italiani che internazionali: oltre 80 consulenti, professionisti esperti e trasversali che, insieme, sono in grado di curare la compravendita immobiliare in ogni sua fase, dal primo contatto con il cliente alla firma contrattuale davanti al notaio, senza dimenticare l’assistenza post vendita offerta dai partner di servizi. dal 2001, grazie ad importanti valori come la correttezza, professionalità e disponibilità, il gruppo Great Estate è riuscito a consolidarsi sul territorio nazionale, diventando importante punto di riferimento per la compravendita di immobili di lusso, di prestigio e di rappresentanza ad una prestigiosa clientela specificatamente internazionale.
Volete dunque acquistare un immobile di prestigio in Italia? Affidatevi quindi con fiducia al gruppo Great Estate!
Alcune proposte di prestigio:
Villa di prestigio in vendita in Piemonte, immersa nelle verdi colline del Monferrato
Great Estate vi propone una caratteristica villa liberty in provincia di Alessandria, situata tra le famose colline piemontesi, terre di famosissimi vini D.O.C. e D.O.C.G., del tartufo bianco, e, dal giugno 2014, patrimonio mondiale dell’UNESCO. La villa copre una superficie di circa 325 mq su tre piani; ad oggi al suo interno si contano due unità abitative distinte, nell’ ambito delle quali si possono ammirare gli originari soffitti affrescati ed i caminetti dell’ epoca. Nel totale la villa liberty dispone di 7 camere da letto e 4 bagni. Esternamente la villa in vendita in Piemonte gode di un giardino privato di quasi 9000 mq con piante secolari ed alberi da frutto.
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Stupenda villa liberty in vendita in Piemonte – Codice: vpge003159 – Prezzo: € 495.000
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Casale esclusivo in vendita a Cetona, Toscana “ Casale Belle Vue “:
“Casale Belle Vue” è una prestigiosa dimora in pietra di circa 775 mq, immersa in un rigoglioso parco con piscina. E’ circondato da 11 ettari di terreno, nell’ ambito dei quali, oltre a seminativo e bosco, vi sono anche un vigneto di 3.500 mq ed un uliveto in produzione con 800 piante. ” Casale Belle Vue “ recentemente ed accuratamente ristrutturato presenta rifiniture di particolare pregio: pavimenti in pietra di travertino levigato a noce e parquet ; solai con travi in legno a vista e pianelle in cotto, sempre originali; le facciate esterne sono in caratteristica pietra faccia vista. Location panoramica, aperta ed ariosa, a pochi chilometri dal centro storico del borgo di Cetona, in provincia di Siena.
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Casale Belle Vue – Codice: cpge2786 – Prezzo: € 3.500.000
Villa di prestigio in vendita nei pressi di Castiglione del Lago, tra Umbria e Toscana ” La Dimora di Porsenna”:
” La Dimora di Porsenna” è una magnifica villa situata tra Umbria e Toscana, in una posizione a dir poco fantastica! Infatti si trova sopra una collina dalla quale è possibile ammirare un panorama mozzafiato, con alcuni scorci sul vicino lago di Chiusi, nonchè sui vicini borghi toscani di Montepulciano e Chiusi. ” La Dimora di Porsenna” era una caratteristica ed antica casa padronale ristrutturata negli anni ’80; oltre al panorama, altro suo punto di forza è il parco in cui si trova immersa, con alberi secolari e piscina di recente costruzione circondata dal verde. ” La Dimora di Porsenna” misura circa 660 mq e dispone anche di una dependance di circa 280 mq. Nel totale ci sono 6 stanze da letto e 9 bagni. Il terreno di proprietà è di circa 3 ettari.
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La Dimora Di Porsenna – codice vpge3008 – prezzo € 2.200.000
Dimora con trulli in vendita in Puglia nella Valle d’Itria ” Undici Bianchi Trulli “:
Splendida dimora ubicata nel cuore della Valle Tra Alberobello e Locorotondo, in Puglia, ” Undici bianchi trulli “ è una magnifica dimora, affascinante e di grande charme formata da una lamia ed undici trulli, per una superficie totale di circa 230 mq, comprendenti una casa principale ed una dependance totalmente indipendente , il tutto circondato da un ettaro di terreno, con piante secolari ed ulivi , un’ ampia area lastricata in chianche locali con solarium e piscina.
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Undici Bianchi Trulli – Codice: csge3567 – Prezzo: € 975.000
Acquistare un immobile di prestigio in Italia: oltre il 55% dei potenziali acquirenti internazionali lo cerca nel nostro Paese! Secondo una recente indagine svolta Gate-away.com, ( importante portale internazionale, che promuove immobili Italiani…
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Scriviamo queste righe con il pensiero alle nostre montagne, mentre ancora bruciano e gli interventi continuano. Fiamme altissime e fronti di fuoco immensi stanno attraversando la valle e tutta la Regione Piemonte da domenica. Piccoli focolai nell’arco di poche ore hanno percorso anche duemila metri di dislivello muovendosi poi per chilometri spinti da un forte ed eccezionale vento fino alla tarda serata di lunedì. Frazioni intere e paesi evacuati, scuole chiuse e migliaia di ettari bosco bruciati sono un primo provvisorio bilancio dei danni. Un’attacco di forza naturale enorme ed immenso. La risposta del territorio altrettanto forte. Centinaia di persone, volontarie e non, che insieme hanno risposto. In condizioni disperate, chi pronto ed attrezzato, chi in modo più spontaneo, accomunati dalla tristezza e dalla rabbia disegnate sui loro visi sporchi e anneriti dalle fiamme. Non una casa di un immenso patrimonio rurale è andata persa. Questo deve restare nella memoria di chi ha visto da Bussoleno le fiamme partire e di chi nei giorni successivi anche da lontano ha seguito le notizie giungere con il cuore in mano da una terra amica e avvolta dalle fiamme. Una battaglia triste in cui si vede il bosco, la propria terra ardere. Allo stesso tempo una battaglia combattuta in modo feroce e determinato, casa per casa, metro dopo metro, con le lance e gli idranti, con le pale i rastrelli, ed ogni mezzo occasionale. Senza tregua per anche 48 ore di fila senza interruzioni. Quella di Bussoleno in particolare, come la battaglia dell’Argiassera, frazione a nord del paese, domenica sera, data quasi per persa ed evacuata, ma vinta nella notte a colpi di lancia e pala dalle squadre locali degli anti incendi boschivi, dagli abitanti che tenacemente sono rimasti a lottare. Nella disperazione del momento, nel vedere la natura piegata, la gioia dell’aver scelto la lotta, sul campo e di persona. Oggi, per difendere la terra in cui si è nati e che si ama, dalle fiamme, ieri e domani da chi vuole distruggerla speculando e riempiendola di cemento. I bilanci delle spese li lasciamo per domani, di come si sarebbe dovuto investire il denaro pubblico, dei tanti canadair che si sarebbero potuti comprare al posto di un F35, o dei tanti tagli alla pulizia boschiva per far posto di una inutile galleria. Oggi vogliamo addormentarci così, con la gioia di aver combattuto pensando agli ignavi col culo pesante che stanno a Torino e a Roma a governare e che un’esperienza così, tragica, forte e vera non la vivranno mai. Un grazie di cuore alla Valle che Resiste, a chi ha pensato a questa terra da lontano sentendo del fuoco e a chi è corso da lontano per aiutarci.
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Che cibo stiamo comprando in quarantena?
L’arrivo del coronavirus ha cambiato radicalmente il modo in cui mangiamo e i prodotti che acquistiamo, dicono i dati.
Prima delle restrizioni per contenere il contagio da coronavirus, gli italiani mangiavano spesso fuori casa, cucinavano sempre meno, erano sempre più attenti ai cibi biologici e considerati salutari (più o meno a ragione), consumavano pochi prodotti industriali, e quando non avevano voglia di cucinare ricorrevano alle consegne a domicilio. Le restrizioni hanno completamente ribaltato queste abitudini, come mostrano i dati sui consumi dei prodotti alimentari delle ultime settimane.
Nel 2019, secondo il rapporto della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE), i consumi alimentari delle famiglie fuori casa erano stati il 36 per cento del totale; nel 2018 erano pari a 84 miliardi di euro e nel 2019 le spese erano aumentate ancora dello 0,7 per cento. Dal 2008 al 2018 la quantità di pasti consumati fuori era cresciuta del 5,7 per cento, pari a 4,9 miliardi di euro in più; nello stesso periodo c’era stata una riduzione di 8,6 miliardi di euro nei consumi alimentari a casa.
Si mangiava fuori soprattutto a colazione e a pranzo (circa il 10 per cento degli intervistati lo faceva ogni giorno). Secondo il rapporto FIPE del 2018, il 32,7 per cento degli intervistati cucinava a pranzo tutti i giorni e il 53 per cento cucinava a cena tutti i giorni; in media all’operazione erano dedicati 37 minuti. Sempre nel 2018 il settore del food delivery aveva registrato un fatturato di 350 milioni di euro, il 69 per cento in più rispetto al 2017.
Queste tendenze andavano avanti da anni e già nel 2016 un rapporto Nielsen parlava del poco tempo passato a cucinare e dei cibi ordinati o comprati pronti al supermercato. L’acquisto di prodotti base, come burro, latte, farina e uova, era calato del 5,3 per cento; i pomodori pelati, che fino agli anni Ottanta rappresentavano il 50 per cento degli acquisti di prodotti lavorati, erano scesi al 10 per cento, soppiantati dai sughi pronti. Erano invece cresciute le vendite di spuntini e tramezzini (+27,9 per cento, nei primi mesi del 2016) e delle zuppe pronte (+45,2 per cento nello stesso periodo).
L’arrivo del coronavirus ha fatto chiudere bar, pub, ristoranti – che devono limitarsi solo alle consegne a domicilio – ma anche mense aziendali e scolastiche, visto che tutte le scuole sono chiuse e che soltanto circa due terzi degli occupati italiani continuano a lavorare (una percentuale che comprende anche quelli che lo fanno da casa). Cucinare a casa e fare la spesa è diventato imprescindibile: secondo l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), dal 16 febbraio al 15 marzo nella grande distribuzione organizzata (GDO, cioè i grandi negozi al dettaglio, dai 200 metri quadri in su) sono stati spesi circa 750 milioni di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Intanto, segnala il FIPE, il 15 per cento dei ristoratori si è organizzato per fare consegne a domicilio.
Nelle prime tre delle cinque settimane di restrizioni, i prodotti più acquistati sono stati quelli di prima necessità e non deperibili, come burro, zucchero, pasta, riso, farina e pelati. Nelle ultime due settimane l’acquisto di questi prodotti si è assestato o ridotto e sono cresciute soprattutto le vendite di farina e lievito – che in molti supermercati è ancora introvabile – per preparare pane e altri prodotti da forno, pizza e dolci; per lo stesso motivo è aumentata anche la vendita di uova.
Secondo dati Nielsen sulla GDO, nella settimana che va dal 9 al 15 marzo, cioè quella in cui sono entrate in vigore le misure restrittive in tutta Italia, la vendita in tutti i canali (quindi ipermercati, supermercati, discount e negozi più piccoli) è aumentata del 16,4 per cento rispetto alla stessa settimana del 2019 (il dato maggiore è al Sud, con un aumento del 28,4 per cento). Sono state acquistate soprattutto provviste di latte UHT a lunga conservazione (+62 per cento), pasta (+65 per cento), farina (+185 per cento), uova di gallina (+59,6 per cento), surgelati (+48 per cento), caffè macinato (+26 per cento), burro, (+71,9 per cento), riso (+71,2 per cento) e conserve rosse (+82,2 per cento).
È aumentata la vendita di mozzarelle (+43,4 per cento), patatine (+31,3 per cento) e affettati (+32,4 per cento) che, secondo Nielsen, potrebbero indicare la preparazione di aperitivi in casa, e di altri tipi di “comfort food” come le creme spalmabili dolci (+57,7 per cento), la pizza surgelata (+54,3 per cento), tavolette e barrette di cioccolato (+21,9 per cento).
Nella settimana successiva, quella dal 16 al 22 marzo, le vendite nella GDO sono continuate a crescere, del 5,4 per cento rispetto allo stessa settimana nel 2019, ma con rallentamenti. I prodotti da dispensa sono ancora molto richiesti, così come i surgelati e i comfort food: oltre alla pizza surgelata e agli affettati, alle patatine e alle creme spalmabili, anche mozzarelle (+44,6 per cento), wurstel (+44,2 per cento), gelati (+21,5 per cento) e camomilla (+76,3 per cento).
I supermercati COOP condividono dati sulle vendite simili. Dal 24 febbraio al 23 marzo hanno visto un aumento dell’11,3 per cento delle vendite, con un rallentamento nelle ultime due settimane. In questo periodo la pasta, per esempio, ha venduto solo il 14 per cento in più rispetto alle analoghe settimane del 2019, e l’olio è calato dell’8 per cento dopo un aumento del 35 per cento.
Sono cresciuti ancora di più, come dicevamo, i prodotti per fare pane, pasta e pizza: la farina e il lievito di birra sono aumentati rispettivamente del 205 per cento e del 203 per cento, la mozzarella del 125 per cento, mentre le conserve sono stabili. È cresciuta la vendita di uova, mentre quella di zucchero resta costante.
Lo stesso è accaduto nei supermercati Carrefour, dove il consumo della farina è salito del 400 per cento. «In un primo momento abbiamo registrato un incremento per ogni tipo di farina», ci ha detto l’azienda, «mentre ora le richieste iniziano ad essere più ricercate […]. Ci stiamo rivolgendo a piccoli fornitori, specializzati, che prima seguivano più i ristoranti. Ma con loro ci sono tempi più lunghi e non è facile tenere i banchi pieni. La farina comunque non manca, manca la capacità di imballarla e approvvigionare gli scaffali perché l’acquisto è compulsivo». Da Carrefour anche i lieviti registrano un incremento simile.
Secondo i dati di Coop, nelle ultime 5 settimane la vendita di carne è aumentata in media del 20 per cento, l’ortofrutta del 16 mentre il pesce è diminuito dell’8 per cento, forse perché più difficile da conservare. ISMEA mostra che nella prima fase della crisi c’era stato un acquisto importante di ortaggi e pizze pronte, che si era successivamente affievolito. Findus ha notato un aumento «sensibile» nelle vendite dei prodotti surgelati, sia di quelli rivolti ai bambini, come Sofficini e Bastoncini, sia di piselli, filetti di pesce, minestrone e della linea “4 Salti in padella”.
A metà marzo c’era stato anche un aumento dell’acquisto di vino rispetto allo stesso periodo del 2019, ma la crescita più interessante è avvenuta su siti specializzati online, tra cui Tannico, probabilmente il più importante e fornito. Nelle ultime tre settimane di marzo gli acquisti sono aumentati del 100 per cento, accompagnati dall’incremento del 10 per cento della frequenza di acquisto e del 5 per cento del numero di bottiglie per ordine. Gli ordini arrivavano soprattutto dalle regioni più coinvolte dalle restrizioni: Lombardia (+100 per cento), Piemonte (+90 per cento), Emilia (+85 per cento) e Veneto (+82 per cento).
La crescita delle vendite online riguarda comunque tutto il settore. Quasi la metà degli acquisti alimentari è avvenuta nei supermercati e poi nei discount, parecchi si sono rivolti a negozi ortofrutticoli e macellerie, per spostarsi il meno possibile e perché sono considerati più sicuri visto il minor passaggio di persone. Molti però hanno cercato di comprare online, finendo per intasare la capacità dei supermercati di gestire le consegne: secondo ISMEA nell’ultima settimana di febbraio gli acquisti online sono aumentati dell’81 per cento, nella seconda settimana di marzo del 97 per cento.
In Italia il mercato dell’online alimentare vale il 2 per cento del totale, mentre nei paesi europei, dov’è più sviluppato, si aggira tra il 4 e l’8 per cento. Da Esselunga copre solitamente il 4 per cento, ma nella prima settimana di marzo ha raggiunto il 20 per cento del totale: tanto che i turni delle consegne si sono esauriti in poco tempo ed era possibile prenotarne uno solo monitorando costantemente lo sbloccarsi di nuova disponibilità sul sito. È possibile che molti continueranno ad approfittare degli acquisti online anche nei prossimi mesi, e stanno già nascendo alcune società per rispondere a questa esigenza. Tra queste c’è Macai, un supermercato interamente digitale che consegna a Milano e Torino.
Non riuscendo ad acquistare sui siti dei supermercati, alcune persone hanno fatto ricorso alle società di food delivery che consegnano anche beni di prima necessità, come Glovo e Uber Eats. Uber Eats ha rafforzato il servizio di spesa a domicilio e dall’8 marzo all’8 aprile il valore degli acquisti di prodotti di prima necessità è aumentato di 55 volte rispetto alla norma; il numero di market, minimarket e negozi di generi alimentari presenti sulla piattaforma in Italia è triplicato. I prodotti più richiesti sono stati pane, verdure, yogurt e formaggi, latte, frutta, carne, pasta e uova.
Anche negozi di ortofrutta e associazioni che distribuiscono cibo biologico o a chilometro zero si sono attrezzati per consegnare a casa. Cortilia, una delle più note, ha potenziato la sua rete, altri piccoli produttori si sono organizzati in modalità più artigianali e hanno attivato la spesa a domicilio anche i mercati e gli agriturismi di Campagna Amica di Coldiretti.
Lo stesso stanno provando a fare alcune aziende agricole che non vendono alla GDO ma ai mercati all’aperto – che sono stati chiusi – e che si trovano in grande difficoltà; le consegne a domicilio però riescono a tappare solo qualche buco. Intanto sono aumentate anche le vendite del biologico: secondo Nomisma su dati Nielsen, da gennaio al 16 febbraio, prima dell’inizio dell’emergenza legata alla pandemia, erano cresciute del 4,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dal 17 febbraio al 22 marzo sono aumentate del 20,1, per cento.
Per finire, il 15 per cento delle imprese della ristorazione tradizionale si è attrezzata per il food delivery e il 40 per cento ha notato una crescita della domanda. L’85 per cento di quelle che non facevano consegne a domicilio continueranno però a non farle, perché non hanno i mezzi o non le ritengono economicamente sostenibili. Tra chi non aveva mai ordinato cibo a casa prima della pandemia, ha iniziato a farlo il 10 per cento; c’è anche chi lo faceva abitualmente e lo ha ridotto, preferendo cucinare a casa, per paura del contagio o per risparmiare. Finora il piatto più ordinato è stato la pizza con il 68 per cento del totale, seguita da piatti italiani e da hamburger e patatine.
La situazione italiana ricorda in parte quella negli Stati Uniti, un altro paese dove prima del coronavirus si mangiava molto fuori casa e le vendite di cibi sani crescevano anno dopo anno. Anche là è cresciuto l’acquisto di cibo industriale e molto lavorato: ad aprile, la vendita di zuppe Campbell era aumentata del 59 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quella dei sughi pronti per la pasta Prego del 52 per cento e dei cracker al formaggio a forma di pesciolini di Pepperidge del 23 per cento, scrive il New York Times.
L’analista di Credit Suisse Robert Moskow ha ricordato che «negli ultimi 30 anni abbiamo avuto 3 recessioni e ogni volta i consumatori sono tornati a consumare cibo a casa per risparmiare. Mi aspetto che questa tendenza aumenti non solo per i prossimi 2 mesi ma per i prossimi 12 mesi». Il successo di merendine, caramelle, cibi molto lavorati, snack e patatine non è dovuto solo alla pigrizia e alla voglia di mangiare qualcosa di soddisfacente ma è anche la ricerca emotiva di ritrovare il cibo della propria infanzia.
Ora grosse aziende alimentari come Kraft Heinz o General Mills, in difficoltà da anni, hanno finalmente l’occasione di riprendere piede e convincere i clienti che i loro prodotti sono molto migliorati, per qualità e sapore. Kraft Heinz ha detto che alcune sue fabbriche stanno lavorando a pieno regime per soddisfare la richiesta dei suoi famosi macaroni and cheese (un barattolo di pasta e formaggio da riscaldare in padella), uno dei più classici piatti americani.
Fonte: ilpost.it
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Matteo Fais: “Ve lo racconto io chi sono quelli di Altaforte: dei democratici del c@@@@”; Davide Brullo: “Il problema sono le Edizioni Anfora, che condannano a morte gli autori, e chi si sveglia dal torpore dicendo che Pound è ‘sopravvalutato’”
Caro Davide,
non hai idea di quanto mi faccia godere stare dalla parte dei reietti. Finirei anche in galera per le mie idee, come il mio conterraneo Antonio Gramsci – anche nel mio caso, ne sono certo, quelli della mia parte politica farebbero di tutto per lasciarmi marcire in gattabuia.
Pubblico ogni settimana qui su Pangea, ma collaboro anche con Altaforte. Scrivo su “Il Primato Nazionale”, la rivista pubblicata dalla casa editrice vicina a Casapound. Inutile dire che la loro esclusione dal Salone del Libro di Torino mi indigna e mi inorgoglisce. È da quando ero bambino che faccio l’esatto contrario di ciò che fanno tutti.
Ma il motivo per cui ti scrivo è per raccontarti quanto poco fascisti siano questi fascisti di Altaforte Edizioni. Vedi, come diceva un mio collega di università, “io avrei voluto battermi contro una società reazionaria fatta di bigotti e repressori, ecc. Poi, però, mi sono reso conto che questo è un mondo di baldracche e rotti in culo liberali, dunque diventare un reazionario è stata la cosa più naturale per me”. Anche io avrei voluto un uomo con i coglioni, un Mussolini per capirci, contro cui lottare, invece mi trovo questa mezza sega di Zingaretti, uno che è persino peggio di Bersani, Veltroni, D’Alema e Occhetto. Pertanto ho venduto le mie modeste doti intellettuali e conoscenze letterarie a quei fascisti esclusi dalla kermesse torinese. E sai cosa ho scoperto? Che non sono per niente fascisti.
Fino a oggi io mi sono rapportato con Adriano Scianca, l’ultra mega Direttore Galattico di questo mensile, che mi ha chiesto di scrivere di letteratura per loro. Quando mi propose di collaborare, io gli dissi più o meno così: “Vorrei precisare che io non sono di Casapound, non ho mai preso la tessera e non ho intenzione di farlo in futuro. E, perdipiù, la maggior parte dei miei autori preferiti è di sinistra”. Scianca, che è un dannato cinico inscalfibile, mi ha risposto “Vabbè, per me non è un problema”. Insomma, ma che cazzo di fascisti sono quelli di Altaforte? Io volevo essere malmenato, preso in consegna e portato in caserma, costretto a bere olio di ricino. Invece, questi quattro cazzoni di “fascisti del terzo millennio” mi hanno accettato così, senza colpo ferire, come se fosse normale scrivere di autori di sinistra su un giornale di destra che ha l’ambizione di fronteggiare l’egemonia culturale dell’avversario. Ma dove siamo? Non ci sono più i fascisti di una volta! “Il Primato Nazionale” è un mensile di fascisti democratici. Insomma, che devo fare per vedere un po’ di contrapposizione alla mia persona, chiedere un posto a “La Repubblica”?
Matteo Fais
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Impressioni dal Salone del Libro, dove i libri non contano più nulla (in appendice: incontro cavalleresco con Missiroli)
Una volta al Salone del Libro andavo per comprare i libri, era la più grande libreria d’Italia. Ricordi d’infanzia. Mio padre faceva il direttore della Biblioteca di un paese di periferia, era cresciuto a Milano, conosceva Mario Capanna, si è laureato su Pietro Nenni, a casa aveva le opere di Togliatti, la omnia di Lenin e Il tramonto dell’Occidente di Spengler. Oggi al Salone del Libro ci sono più umani che libri, si viene per ‘partecipare all’evento’, i libri, in effetti, potrebbero non esserci.
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Insieme ad Alessandro Gnocchi vado a salutare Francesco Giubilei. Ciao sporco fascista, gli dico. Conosco Giubilei da tanti anni, da quando, nel 2008, ha fondato Historica edizioni. Stefano Simoncelli, il poeta, lo ha portato a battesimo, sporco fascista pure lui. Ragazzo con idee solide – che non chiede siano accettate da terzi forzatamente, con olio di ricino in allegato – e testa quadrata, quest’anno, poveretto, viene al Salone fiero di aver pubblicato, tra l’altro, due volumi di Racconti dal Piemonte. E deve ricevere minacce di morte e vedere il suo microstand scortato a forza dalle forze dell’ordine. Giubilei. Non Longanesi. Mica Bompiani. Anni fa, con Giubilei, ho inventato una collana editoriale. Si chiamava ‘Classici in rivolta’. Siamo riusciti a pubblicare un libro di Jonathan Swift, Aboliamo il cristianesimo!, c’era in ballo un testo di Virginia Woolf, che con la Hogarth Press fondata insieme al marito Leonard, come si sa, pubblicò, nel 1933, La dottrina del fascismo di Mussolini. Sporca fascista pure lei.
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Il vero editore di cui avere paura, comunque, sono le Edizioni Anfora. L’ultimo libro si intitola Settembre 1972, firma Imre Oravecz. Le Edizioni Anfora sono specializzate in letteratura “dell’Europa Centrale”. Ungherese in particolare. Sfido la audace editrice, Monika, che mi deve una intervista da anni. Lei, con ironia ultra balcanica, mi fa la lista degli autori che ha stampato e che sono deceduti poco dopo. Beh, le dico, hai fatto risorgere l’opera di Magda Szabó e mandi sotto terra tutti gli altri… lei ride. Bisognerebbe esiliare te dal Salone, sei un pericolo, le dico. E attacco. Comunque, quando voglio farla finita ti chiedo di commissionarmi una introduzione, o un romanzo sotto falso nome.
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Nino Aragno è inafferrabile e geniale. “I miei libri non si trovano in libreria? Certo, non sono mica uguali a quelli di tutti gli altri. Dovete cercarli”. Non fa una piega. Riesco ad avere due ‘novità’ – ma i libri sono sempre nuovi – di nitida bellezza, lo Spinoza di Giuseppe Rensi e Il visitatore della sera di Marcel Proust, che racconta i rapporti del grande romanziere, tramite lettere e documenti inediti, con Paul Morand e la fascinosa, spiazzante Madame Soutzo. Ho anche l’onore di conoscere e conversare con i curatori. “…significa essere il capocomico di una compagnia di giro”, fa Aragno, che è forse l’editore più colto, oggi, in Italia, parlando di cosa vuol dire fare l’editore. Poi, sulla vicenda che vola di bocca in bocca al Salone. “Vent’anni fa, ero appena nato, esponevo al Castello di Belgioioso a Pavia. Il promotore mi aveva messo in mezzo tra Franco Freda e Curcio. La ‘guerra civile’, voglio dire, si faceva con cavalleria, senza questi strepiti”.
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Nell’unico giorno che sono al Salone, accade un fatto intellettualmente cretino. Su SuccedeOggi Filippo La Porta – di cui spesso si è parlato su queste pagine, anche riflettendo sui suoi libri, con coerente curiosità – fa una bordata Contro Ezra Pound. Il sottotitolo è agghiacciante: “È arrivato il momento di rileggere Pound, un intellettuale sopravvalutato che frulla in un vortice unico Est e Ovest, haiku e provenzali, classicità e sperimentalismo, Ovidio e Cavalcanti, Jefferson e Mussolini. Forse se le merita, le speculazioni dei nuovi fascisti”. La speculazione di La Porta, fatta senza citare un brano né un verso di Pound – grave da parte di un critico letterario, mi pare – è ancora peggio. “Proprio sicuri che Pound, che si sentiva contemporaneo di Dante e Cavalcanti, sia stato uno dei maggiori poeti del ’900, come enfaticamente dichiarò una volta Cacciari di fronte alla sua tomba veneziana? Avrei molti dubbi in proposito. Per certi versi mi appare come un insuperabile software della cultura universale, una sterminata enciclopedia in forma poetica dell’intero sapere umano. Montale disse una volta che nel suo cervello si celebrava “un festival della letteratura mondiale”. Aggiungerei: un festival postmoderno inzeppato di reminiscenze classiche e mitologie culturali, a volte scadenti o perfino un po’ fasulle”. Pound, come si sa, non è solo il più influente poeta del Novecento – ha influenzato anche quei fascistoni della Beat Generation – ma è quello che ha aiutato a pubblicare Joyce, ha corretto i versi ingenui di Thomas S. Eliot, ha insegnato a Hemingway come si scrive, è stato il segretario personale (e vulcano di idee) di William B. Yeats (altro spiritato fascista). La Porta che vuol defenestrare Pound… mi sembra una cretinata pazzesca. Al contrario, io – che, per inciso, ritengo altri ‘i massimi poeti del Novecento’, ma che c’entra?, un critico non esiste per misurare chi l’ha più lungo – lotterei perché vengano pubblicati a dovere e come si deve tutti i libri di Pound, ora latitanti. Imbarazzante, poi, la differenza che La Porta situa tra Pound e Céline: a suo avviso “lo scrittore francese, che pure finì collaborazionista e autore di ripugnanti libelli antisemiti, aveva qualcosa di intrattabile e di refrattario alla destra. Nei primi romanzi difende gli sventurati e i senza potere, denuncia l’idiozia e l’orrore della guerra fino a elogiare la vigliaccheria, oltre a curare gratis come medico i barboni della banlieu parigina. No, troppo infido e pericoloso da maneggiare politicamente”. Si noti. Il Céline scrittore è niente, non lo si considera neppure: l’importante è che abbia aiutato i barboni, è come uno di Medici senza Frontiere che scriva un romanzo, ‘eccolo il nuovo Céline!’, esultiamo. Difendere Pound dagli attacchi di La Porta, mi pare un esercizio ozioso: che un critico lavori per demolire alcuni valori lirici certi, è gesto da bombarolo frustrato. Nel ricordare Giovanni Raboni, appena morto, è il 2004, sull’Independent, Ghan Singh scrive: “Su mio invito, in un saggio pubblicato nel 1990, Raboni contribuì parlando dell’umanesimo di Ezra Pound. Tra le altre cose affermava: ‘Il debito con Pound – mio e di molti poeti della mia generazione – non può essere ripagato, non potrà mai essere ripagato. Proprio perché non era un maestro, fu il solo maestro possibile, il solo che avremmo voluto avere’”. Per la legge dei vasi comunicanti, mi pare che La Porta non possa nettare il vaso da notte di Raboni.
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Ultimo sketch. Incontro con Marco Missiroli. Lo conosco da anni. Ho pure presentato un suo libro a Santarcangelo. L’ho stroncato più di una volta. I suoi romanzi mi paiono senza sale e lui senza palle. Ma è uno scrittore. Ci incrociamo, nella folla, ci stringiamo le braccia, sorridendo, senza dire nulla, come antichi cavalieri. Poi gli dico, buona fortuna, come se non fossi io ad averne bisogno. (d.b.)
In copertina: Ezra Pound con Pier Paolo Pasolini, nel fatidico incontro del 1967
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from pangea.news http://bit.ly/2VYRtCz
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LA VERITA’ SUL REGNO DELLE DUE SICILIE
17 marzo 2012 Borboni tratto da: Vittorio MESSORI, Le cose della vita, Paoline, Milano 1995, p. 304s. “Borbonico”, si sa, è un termine ingiurioso: è sinonimo di oscurantismo, inefficienza, ottusità, malaffare. Questi significati sono recenti e sono propri solo della lingua italiana. In Spagna, ad esempio, la gente di ogni convinzione politica sembra soddisfatta del suo Juan Carlos, che è un re borbonico, discendente dalla antica, ramificata dinastia che prese origine da modesti feudatari del castello di Bourbon. Proprio in Francia, una delle glorie nazionali è un altro Borbone, quel Luigi XIV significativamente chiamato “il re Sole”; e sono in molti ancora a piangere la fine dell’ultimo della dinastia, Luigi XVI, il sovrano ghigliottinato, che, pure, ebbe il solo merito di riscattare con il dignitoso coraggio in morte le fiacchezze e gli errori della vita. Se da noi – e da noi soltanto – “borbonico” suona male, il motivo va cercato nella propaganda risorgimentale che doveva giustificare l’aggressione contro il Regno delle Due Sicilie, retto appunto da un ramo dei Borbone, quello di Napoli. Sia l’ala “rivoluzionaria” (quella di Garibaldi e Mazzini), sia quella “moderata”, “liberale”, alla Cavour, alla d’Azeglio, per una volta unite, crearono attorno ai sovrani partenopei una delle numerose “leggende nere” che ancora infestano tanti manuali scolastici e che popolano l’immaginario popolare. Anche qui, la revisione storica è da tempo all’opera, ma i suoi risultati non sembrano essere giunti ai molti – anche giornalisti – che continuano a dire “borbonico”, così come scrivono “medievale”, per sinonimo di barbarie. Qualche tempo fa, uno studioso meridionale, Michele Topa, ha pubblicato sul quotidiano di Napoli, “Il Mattino”, una serie di articoli frutto di non conformistiche ricerche. Quei saggi sono stati raccolti in un grosso volume dal titolo “Così finirono i Borbone di Napoli”, pubblicato dall’editore Fiorentino. Lo storico articola la sua ricerca soprattutto attorno agli ultimi due re, quelli sui quali si è scatenata la campagna di diffamazione gestita dai Savoia, usurpatori del loro regno. Al centro del libro, dunque, Ferdinando II, re delle Due Sicilie dal 1830 al 1859 (il “re bomba”, secondo la leggenda ingiuriosa creata anche dalla massoneria inglese) e il figlio Francesco II, spodestato da garibaldini e sabaudi nel 1860, dopo un solo anno di regno e aggredito e diffamato anche per avere rifiutato – lui, cattolicissimo – l’offerta del Piemonte di spartirsi lo Stato Pontificio. Non certo per pigrizia, ma perché non sapremmo dir meglio, riportiamo qui parte della recensione al volume di Michele Topa apparsa su un numero di questo giugno della “Civiltà Cattolica” (oggi, tutt’altro che “reazionaria”), a firma di padre S. Discepolo. Ecco, dunque: «Molti manuali di storia presentano Ferdinando II come un mostro, un boia incoronato, un tiranno senza freni, alla testa di un governo che era la negazione di Dio. Queste falsità furono orchestrate e diffuse da inglesi e piemontesi con fini machiavellici; ma poi furono sconfessate dagli stessi autori. Gladstone ritrattò, affermando che le sue lettere erano false e calunniose, che era stato raggirato e che “aveva scritto senza vedere”. Settembrini, autore di un infame libretto, confessò che fu “arma di guerra”. Ferdinando II, in realtà, secondo lo storico, fu un re onesto, intelligente, capace, galantuomo, profondamente amante del suo popolo. Il regno fu caratterizzato da benessere, fioritura culturale, artistica, commerciale, agricola e industriale. Poche le tasse, la terza flotta mercantile d’Europa, una delle più forti monete, il debito pubblico inesistente, l’emigrazione sconosciuta. Il miracolo economico del Sud Italia fu elogiato nel Parlamento inglese da lord Peel. L’industria era all’avanguardia, con il complesso siderurgico di Pietrarsa, che riforniva buona parte d’Europa, e il cui fatturato era dieci volte rispetto all’Ansaldo di Sampierdarena. Oltre al primo bacino di carenaggio d’Europa, Napoli ebbe la prima ferrovia d’Italia. 120 chilometri raggiunsero presto i 200 ed erano già pronti i progetti per estendere la ferrovia in tutto il regno. I prodotti come la pasta e i guanti erano esportati in tutto il mondo. Prima del crollo, il Regno delle Due Sicilie aveva il doppio della moneta di tutti gli Stati della Penisola messi insieme. Sono significative alcune cifre del primo censimento del Regno d’Italia: nel Nord, per 13 milioni di cittadini, c’erano 7.087 medici; nel Sud, per 9 milioni di abitanti, i medici erano 9.390. Nelle province rette da Napoli gli occupati nell’industria erano 1.189.582. In Piemonte e Liguria 345.563. In Lombardia 465.003». Continua la sua sintesi del libro di Michele Topa il recensore della “Civiltà Cattolica”: «Certo, c’era il rovescio della medaglia: un governo paternalistico, una polizia – nella bassa forza – corrotta, una forte censura. Erano però le caratteristiche dei governi del tempo ed erano avvertire solo dai ceti intellettuali. Ferdinando Il, se è attaccabile sul piano strettamente politico, non lo è su quello morale. Le repressioni del 1848, così enfatizzate, sono da considerarsi moderate in confronto con quelle di altri Stati o con il modo con il quale l’Inghilterra represse i moti coloniali. Ferdinando II graziò moltissime persone per i reati politici e di 42 condanne a morte non ne fu eseguita nessuna». Se così stavano le cose (e dati, cifre, documenti, starebbero a confermarlo) come mai il crollo del Regno del Sud davanti all’aggressione garibaldina? Continuiamo, allora, a trascrivere: «Causa prima della fine fu la prematura morte di Ferdinando II. Suo figlio Francesco II, mite, dolce, cavalleresco, mal consigliato e tradito dai suoi collaboratori comprati dall’oro piemontese, si trovò a combattere non solo contro Garibaldi, ma contro Vittorio Emanuele II (suo cugino), Cavour, la Francia, l’Inghilterra. Lo sbarco dei Mille avvenne sotto la protezione della flotta inglese e, nella decisiva battaglia di Milazzo, Garibaldi aveva sull’esercito napoletano la supremazia di 5 a 1. Il tradimento, la corruzione e l’inettitudine dei generali portarono Garibaldi a Napoli. Ma nella battaglia sul Volturno i napoletani ebbero la meglio, a Caiazzo i garibaldini furono sconfitti, a Capua travolti. Il mito dell’infallibilità di Garibaldi fu infranto, a stento riuscì a salvare la vita…». Ci permettiamo, poi, di rimandare pure a quanto scrivevamo al proposito, in una raccolta precedente, sui tre milioni di franchi oro versati in segreto ai capi dei Mille per comprare la resa dei borbonici (cfr. Pensare la storia, p. 258s). Ma che avvenne dopo? Ecco: «A Napoli, bastarono 62 giorni di dittatura garibaldina per distruggere le floride finanze e l’economia del Paese, che crollò industrialmente. Il disavanzo napoletano alla fine del 1860 era già salito a 10 milioni di ducati, nel 1861 a 20 milioni. Ben presto gli abitanti del Regno toccarono con mano quanto più duro fosse il nuovo regime. Molti divennero “briganti”. Per domarli, dovette intervenire un esercito di 120.000 uomini…». Adesso, siamo avvertiti: prima di ingiuriare qualcosa a qualcuno definendoli “borbonici”, conviene informarsi meglio. Così splendeva Napoli al tempo dei Borbone. tratto da: Avvenire, 20.5.2000 Storia della famiglia che fece prosperare le terre su cui regnava: fu la prima in Italia a volere la costruzione di ferrovie, ostelli per i poveri, cantieri navali e persino grandi fabbriche. Il napoletano, poi, era una delle lingue diplomatiche parlate in tutta Europa. Viaggiare nella storia mettendo da parte i libri. Si può da ieri, a Napoli e in altre città del Sud. È infatti iniziato il «Viaggio nella Memoria» di quel periodo che va dal 1734 al 1861 e che vide prima la nascita del Regno delle Due Sicilie, con la dinastia dei Borbone, e poi la sua fine con l’Unità d’Italia. Non cominciate a storcere il naso e a sbuffare, bambini. […] Provate invece a immaginare di studiarla da vicino. Come? Per esempio ammirando trecento soldatini da collezione: uniformi, bandiere, copricapi, armi bianche e da fuoco, generali e soldati semplici tutti in fila per voi al Palazzo Reale di Napoli, per spiegarvi la vita militare al tempo dei Borbone. Oppure visitando lo storico Bacino di Raddobbo per le navi da guerra, il primo mai realizzato in Italia, all’ex Arsenale Marittimo di Napoli, dove nel 1818 fu varato “Torquato Tasso”, il primo bastimento a vapore italiano. Lo potrete vedere anche voi perché sarà riportato a Napoli, recuperato dal fondo del mare. Sarà il simbolo di quella marina mercantile e militare che per tutto il periodo borbonico fu la prima in Italia per forza e mezzi e da cui è nata la moderna Marina Militare Italiana. E allora, che ne dite? La storia si fa interessante. Se poi pensate che questi sono solo alcuni esempi e che la manifestazione sui Borbone «Viaggio nella Memoria» dura fino a dicembre, potete credere che ci sarà da divertirsi. Andando indietro nel tempo, potremo scoprire nuove cose sugli antichi Romani che vivevano a Pompei ed Ercolano, le città che furono seppellite dalla cenere del Vesuvio nel 79 d.C. e che i Borbone fecero riportare alla luce. O ci basterà camminare per Napoli e anche per Caserta per scoprire palazzi, regge e strade che cinque re costruirono e che richiamavano viaggiatori anche dall’estero. Davvero ci sarà la possibilità di vedere e conoscere cose mai viste prima d’ora. I primati del Regno delle Due Sicilie. tratto da: realcasadiborbone.it https://ift.tt/2OCwlL9 Alla fine di questa ampia panoramica sulla storia politica, civile, culturale e sociale del Mezzogiorno italiano sotto il regno della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie (1734-1860), può essere utile riassumere in maniera schematica i principali “primati” che segnarono in maniera profonda la civiltà e la società meridionale nella seconda metà del XVIII secolo e nella prima metà del XIX. Dal sintetico quadro, apparirà infatti evidente da un lato come positiva e costruttiva fu l’opera dei sovrani Borbone (e in special maniera, come abbiamo potuto ben vedere, di Carlo, Ferdinando e Ferdinando II), e dall’altro quanto fallace e sovente menzognera sia la “vulgata” risorgimentale sul “borbonismo” in Italia. A completamento di tutte le voci precedenti, ci limiteremo ad elencare, uno dopo l’altro, ogni singolo “primato”, almeno i più significativi. Al lettore lasciamo il giudizio in merito (si veda a riguardo: M. VOCINO, “Primati del Regno di Napoli”, Mele editore, Napoli; AA.VV., “La storia proibita. Quando i piemontesi invasero il Sud”, Controcorrente, Napoli; “La Civiltà del Sud”, numero unico, p. 5; G. RESSA, “Rilettura sintetica della storia del Regno delle Due Sicilie”, in www.duesicilie.org; N. FORTE, in https://ift.tt/2nB5Z0z). INDUSTRIA: Nell’Esposizione Internazionale di Parigi del 1856 fu assegnato il Premio per il terzo Paese al mondo come sviluppo industriale (primo in Italia); Primo ponte sospeso in ferro in Italia (sul Fiume Garigliano); Prima ferrovia e prima stazione in Italia (tratto Napoli-Portici); Prima illuminazione a gas di città; Primo telegrafo elettrico, in funzione dal 1852; Prima rete di fari con sistema lenticolare; La più grande industria metalmeccanica in Italia, quella di Pietrarsa; L’arsenale di Napoli aveva il primo bacino di carenaggio in muratura in Italia; Prima nave a vapore del Mediterraneo (il battello “Ferdinando I”); Prima Nave da guerra a vapore d’Italia (pirofregata “Ercole”), varata a Castellammare; Primo Piroscafo nel Mediterraneo per l’America (il “Sicilia”, 26 giorni impiegati); Prima nave ad elica (“Monarca”) in Italia varata a Castellammare; Prima Nave da crociera in Europa (“Francesco I”); Primo telegrafo sottomarino dell’Europa continentale; Primo esperimento di Illuminazione Elettrica in Italia a Capodimonte; Primo Sismografo Elettromagnetico nel mondo costruito da Luigi Palmieri; Prima Locomotiva a Vapore costruita in Italia a Pietrarsa. ECONOMIA: Bonifica della Terra di Lavoro; Rendita dello Stato quotata alla Borsa di Parigi al 12%; Minor tasso di sconto (5%); Primi assegni bancari della storia economica (polizzini sulle Fedi di Credito); Prima Cattedra universitaria di Economia (Napoli, Antonio Genovesi, 1754); Prima Borsa Merci e seconda Borsa Valori dell’Europa continentale; Maggior numero di società per azioni in Italia; Miglior finanza pubblica in Italia(*); ecco lo schema al 1860 (in milioni di lire-oro): – Regno delle Due Sicilie: 443, 2 – Lombardia: 8,1 – Veneto: 12,7 – Ducato di Modena: 0,4 – Parma e Piacenza: 1,2 – Stato Pontificio: 90,6 – Regno di Sardegna: 27 – Granducato di Toscana: 84,2 Prima flotta mercantile in Italia (terza nel mondo); Prima compagnia di navigazione del Mediterraneo; Prima flotta italiana giunta in America e nel Pacifico; Prima istituzione del sistema pensionistico in Italia (con ritenute del 2% sugli stipendi); Minor numero di tasse fra tutti gli Stati italiani; La più grande Industria Navale d’Italia per numero di operai (Castellammare di Stabia, 2000 operai); La più alta quotazione di rendita dei titoli di Stato (120 alla Borsa di Parigi); Rendita dello Stato quotata alla Borsa di Parigi al 12%; Minor tasso di sconto (5%); Prima città d’Italia per numero di Tipografie (113 solo a Napoli); Primo Stato Italiano in Europa, per produzione di Guanti (700.000 dozzine di paia ogni anno); Primo Premio Internazionale per la Produzione di Pasta (Mostra Industriale di Parigi); Primo Premio Internazionale per la Lavorazione di Coralli (Mostra Industriale di Parigi). GIURISPRUDENZA – ORGANIZZAZIONE MILITARE: Promulgazione del primo Codice Marittimo italiano; Primo codice militare; Istituzione della motivazione delle sentenze (Gaetano Filangieri, 1774); Istituzione dei Collegi Militari (Nunziatella); Corpo dei Pompieri; Prima applicazione dei principi della Scuola Positiva Penale per il recupero dei malviventi. SOCIETÀ, SCIENZA E CULTURA: Prima assegnazione di “Case Popolari” in Italia (San Leucio presso Caserta) Primo Cimitero italiano per poveri (il “Cimitero delle 366 fosse”, nei pressi di Poggioreale); Primo Piano Regolatore in Italia, per la Città di Napoli; Cattedra di Psichiatria; Cattedra di Ostetricia e osservazioni chirurgiche; Gabinetto di Fisica del Re; Osservatorio sismologico presso il Vesuvio (primo nel mondo), con annessa stazione metereologica; La più alta percentuale di medici per abitante in Italia; Più basso tasso di mortalità infantile in Italia; Prime agenzie turistiche italiane; Scavi archeologici di Pompei ed Ercolano; Officina dei Papiri di Ercolano; Primo Osservatorio Astronomico in Italia a Capodimonte; Prima cattedra di Astronomia; Accademia di Architettura, una delle prime e più prestigiose in Europa; Primo intervento in Italia di Profilassi Anti-tubercolare; Primo istituzione di assistenza sanitaria gratuita (San Leucio); Primo Atlante Marittimo nel mondo (G. Antonio Rizzi Zannoni, “Atlante Marittimo delle Due Sicilie”); Primo Museo Mineralogico del mondo; Primo “Orto Botanico” in Italia a Napoli; Primo Periodico Psichiatrico italiano pubblicato presso il Reale Morotrofio di Aversa da Biagio Miraglio; Primo tra gli Stati Italiani per numero di Orfanatrofi, Ospizi, Collegi, Conservatori e strutture di Assistenza; Primo istituto italiano per sordomuti; Prima Scuola di Ballo in Italia, annessa al San Carlo; Prima Città d’Italia per numero di Teatri (Napoli); Prima Città d’Italia per numero di Conservatori Musicali (Napoli); Prima Città d’Italia per numero di pubblicazioni di Giornali e Riviste (Napoli); Scuola pittorica di Posillipo (da cui uscì, fra gli altri, G. Gigante); Le celeberrime fabbriche di ceramica e porcellana, fra cui quella di Capodimonte; Teatro S. Carlo (il primo nel mondo), ricostruito dopo l’incendio del 1816 in soli 270 giorni; Scuola musicale napoletana (Paisiello, Cimarosa, Scarlatti); Successo mondiale (e tutt’oggi valido) della canzone napoletana; I grandi palazzi reali. Questi sono solo i “primati”, non certo tutte le attività avviate nel Regno e i progressi raggiunti in ogni campo, che abbiamo per altro già delineato in tutte le voci precedenti basti pensare, come già visto, alla scuola di arazzeria). Riteniamo superfluo, per concludere, fare polemiche. Ci basta sottolineare tre verità storiche tanto ovvie quanto inoppugnabili: alla luce di tutto quanto descritto in questo sito, 1) si può ancora continuare a credere alla “vulgata” risorgimentale che presenta il Regno borbonico come il più regredito e odiato d’Italia? 2) come si può spiegare il fatto che prima del 1861 non esisteva praticamente il fenomeno dell’emigrazione, e che dopo tale data sono emigrati quasi 20.000.000 di disperati? 3) tutto questo costituisce una spiegazione al tragico quanto eroico fenomeno della rivolta filoborbonica del 1860-1865? Appare evidente, oggi come non mai, la necessità di ripresentare agli italiani la loro storia secondo criteri di maggiore imparzialità. Non per spirito di sterile polemica, ma ad onore e servizio della verità storica. A servizio della memoria della identità culturale e civile di tutti gli italiani. * Cfr. F.S. NITTI, “La scienza delle finanze”, cit. in H. ACTON, “Gli ultimi Borbone di Napoli”, (1962) Giunti, Firenze 1997, p. 2. I tanti primati del Regno delle Due Sicilie: 52 primati del Regno delle Due Sicilie. Fonte: “ Le Industrie del Regno di Napoli” di Gennaro De Crescenzo https://ift.tt/2OADAD1 1735 Prima Cattedra di Astronomia, in Italia, affidata a Napoli a Pietro De Martino 1754 Prima Cattedra di Economia, nel mondo, affidata a Napoli ad Antonio Genovesi 1762 Accademia di Architettura, una delle prime e più prestigiose in Europa 1763 Primo cimitero italiano per poveri (il “Cimitero delle 366 fosse”, nei pressi di Poggioreale a Napoli, su disegno di Ferdinando Fuga) 1781 Primo Codice Marittimo, nel mondo, opera di Michele Jorio 1782 Primo intervento, in Italia, di profilassi anti-tubercolare 1783 Primo cimitero, in Europa, ad uso di tutte le classi sociali (Palermo) 1789 Prima assegnazione di “Case Popolari”, in Italia: San Leucio (presso Caserta) 1789 Prima istituzione di assistenza sanitaria gratuita (San Leucio) 1792 Primo Atlante Marittimo nel mondo (G Antonio Rizzi Zannoni, “Atlante Marittimo delle Due Sicilie”) elaborato dalla prestigiosa Scuola di Cartografia napoletana 1801 Primo Museo Mineralogico del mondo 1807 Primo Orto Botanico in Italia (a Napoli) 1812 Prima Scuola di Ballo in Italia, annessa al San Carlo 1813 Primo Ospedale Psichiatrico italiano: il “Reale Morotrofio” di Aversa 1818 Prima nave a vapore nel Mediterraneo, la “Ferdinando I” 1819 Primo Osservatorio Astronomico, in Italia (a Capodimonte) 1832 Primo ponte sospeso, in ferro, in Europa continentale (sul Garigliano) 1833 Prima nave da crociera, in Europa: la “Francesco I” 1835 Primo istituto italiano per sordomuti 1836 Prima Compagnia di navigazione a vapore nel Mediterraneo 1839 Prima ferrovia italiana: tratto Napoli-Portici 1839 Prima illuminazione a gas di una città italiana (terza in Europa dopo Londra e Parigi) con 350 lampade 1840 Prima fabbrica metalmeccanica d’Italia per numero di operai (1050): Pietrarsa, presso Napoli 1841 Primo Centro Sismologico, in Italia, presso il Vesuvio 1841 Primo sistema a fari lenticolari a luce costante in Italia 1843 Prima nave da guerra a vapore d’Italia (pirofregata “Ercole”), varata a Castellammare 1843 Primo periodico psichiatrico italiano pubblicato presso il Reale Morotrofio di Aversa da Biagio Miraglia 1845 Prima locomotiva a vapore costruita in Italia a Pietrarsa 1845 Primo Osservatorio Meteorologico italiano (alle falde del Vesuvio) 1852 Primo telegrafo elettrico in Italia (inaugurato il 31 luglio) 1852 Primo bacino di carenaggio in muratura in Italia (nel porto di Napoli) 1852 Primo esperimento di illuminazione elettrica in Italia (a Capodimonte) 1853 Primo viaggio di piroscafo dal Mediterraneo per l’America (il “Sicilia” della Società Sicula Transatlantica del palermitano Salvatore De Pace: 26 i giorni impiegati) 1853 Prima applicazione dei principi della Scuola Positiva Penale per il recupero dei malviventi 1856 Primo Premio Internazionale per la produzione di pasta (Mostra Industriale di Parigi) 1856 Primo Premio Internazionale per la lavorazione di coralli (Mostra Industriale di Parigi) 1856 Primo Sismografo Elettromagnetico nel mondo costruito da Luigi Palmieri 1859 Primo Stato in Europa per produzione di guanti (700.000 dozzine di paia ogni anno) 1860 Prima flotta mercantile e prima flotta militare d’Italia (seconda nel mondo) 1860 Prima nave ad elica (la “Monarca”), in Italia, varata a Castellammare 1860 La più grande industria navale d’Italia per numero di operai (Castellammare di Stabia, 2000 operai) 1860 Primo tra gli Stati italiani per numero di Orfanotrofi, Ospizi, Collegi, Conservatori e strutture di Assistenza e Formazione 1860 La più bassa percentuale di mortalità infantile d’Italia 1860 La più alta percentuale di medici per abitanti in Italia 1860 Prima città d’Italia per numero di Teatri (Napoli) 1860 Prima città d’Italia per numero di Conservatori Musicali (Napoli) 1860 Primo “Piano Regolatore”, in Italia, per la città di Napoli 1860 Prima città d’Italia per numero di Tipografie (113, in Napoli) 1860 Prima città d’Italia per numero di pubblicazioni di giornali e riviste (Napoli) 1860 La più alta quotazione di rendita dei titoli di Stato (120% alla Borsa di Parigi) 1860 Il minore carico tributario erariale in Europa 1860 Maggior quantità di Lire-oro conservata nei Banchi Nazionali (dei 668 milioni di Lire-oro, patrimonio di tutti gli Stati italiani messi insieme, 443 milioni erano del regno delle Due Sicilie) “Le Industrie del Regno di Napoli”. di Gennaro De Crescenzo Grimaldi & C. Editori, Napoli 2002 https://ift.tt/2nz7ige Il Regno di Napoli prima dell’unità d’Italia aveva delle fabbriche? Perchè oggi non guidiamo automobili costruite a Pietrarsa? Perchè non usiamo saponi Bevilacqua oppure orologi Marantonio? Perchè non indossiamo maglioni Sava? Quali erano i prodotti più in uso nell’Italia meridionale poco più di un secolo fa? Quali erano i produttori più famosi, e perchè sono scomparsi? Queste sono alcune delle domande cui tenta di rispondere Gennaro De Crescenzo nel volume “Le Industrie del Regno di Napoli”. Si tratta di interrogativi davvero stimolanti per le ricerche condotte dall’autore, che non si è proposto di risolvere una questione così complessa come quella dell’industrializzazione meridionale preunitaria, ma solo di recare un contributo utile all’approfondimento di un tema ancora molto attuale. De Crescenzo, infatti, ricostruisce parzialmente, nelle pagine del suo libro, la storia delle industrie della parte continentale del Regno delle Due Sicilie (i “Reali Domini al di qua del Faro”), in attesa di nuove ricerche relative alla Sicilia (“Reali Domini al di là del Faro”). Il periodo verso il quale concentra la sua attenzione è quello successivo alla rivoluzione industriale, che dall’Inghilterra introdusse la forma-fabbrica a noi più nota e cambiò per sempre il rapporto tra lavoro e vita in senso generale. Proprio negli anni che precedettero l’unificazione italiana la società meridionale, insieme con il resto della penisola, fu messa per la prima volta di fronte al problema dell’industrializzazione e della progressiva affermazione di nuove potenze industriali nelle zone più settentrionali dell’Europa. Le scelte fatte dalla dinastia borbonica intorno alla metà dell’Ottocento, con le tracce delle industrie che in quell’epoca nacquero o si consolidarono, costituiscono una base necessaria per ulteriori ricerche ed eventuali confronti sui problemi ancora irrisolti del Mezzogiorno d’Italia. Dalla consultazione di dati e documenti archivistici e dalla lettura di testi specialistici e settoriali dell’epoca, De Crescenzo trae fuori un quadro sintetico complessivo del tessuto produttivo meridionale della prima metà dell’Ottocento, dalla pasta alla ceramica e alla carta, dalle sete ai fucili, dalle lavatrici ai profumi. L’indagine dello scrittore napoletano permette anche di ritrovare e analizzare spunti interessanti di vita quotidiana, riferimenti a temi di grande attualità come la continuità tra passato e presente di alcune produzioni tradizionali, la modernità di scelte rispettose delle vocazioni del territorio o l’interesse architettonico-archeologico-industriale di strutture e siti superstiti. Il libro si chiude con un elenco di cinquanta primati del Regno di Napoli, dal 1735 al 1860, inseriti da De Crescenzo nel suo volume non senza una punta di sorniona polemica contro i sopracciò della storiografia e della cultura ufficiale, i quali sono soliti irridere quanti ricordano loro le glorie passate di un Mezzogiorno attivo e orgoglioso della propria forza, tanto diverso da quello attuale, improduttivo e depresso, che quegli stessi intellettuali hanno alacremente contribuito a forgiare. La Casa di Borbone, ovvero tre Regni e un Ducato. tratto da: in realcasadiborbone.it https://ift.tt/2OAtdzm Una nobilissima antica gloriosa famiglia La tradizione vuole che il ramo principale della Casa Borbone risalga all’VIII secolo dopo Cristo: il fondatore, Childeprando, era un fratello di Carlo Martello, e quindi prozio di Carlo Magno. In ogni caso, la certezza della documentazione storica la ritroviamo già nel IX secolo: i signori di Bourbon, vassalli del conte di Bourges, erano proprietari del medesimo castello (oggi Bourbon-l’Archambault) e un documento del tempo parla di un certo Aimar, fondatore, tra il 916 e il 922, del monastero di Souvigny, presso Moulins, definito “miles clarissimus”, mentre un altro del 936 parla di suo fratello Guido, conte di Borbone. Un altro documento del 953 parla di Aimone I, figlio di Aimar, e lo descrive come un uomo già abbastanza potente per ritenersi non più soggetto ai conti di Bourges e signore del feudo di Bourbon. A lui successero Archembaud I (980?-1031?), Archembaud II (1034?-1078?), che si intitolò principe e conte di Borbone, Archembaud III (1078-1105), al quale sarebbe dovuto succedere il figlio Archembaud IV ma il titolo gli venne usurpato dallo zio Aimone II (1105-1116), cui seguì il figlio di questi Archembaud V (1116-1171), che riuscì a stringere legami di sangue con i capetingi: infatti sposò Agnese contessa di Savoia e sorella di Alice, moglie del Re di Francia Luigi VI. Prese parte alle crociate e vi si distinse, ma perdette in giovane età l’unico figlio, il quale lasciava alla figlia Matilde (1171-1215) – la cui madre era Alice di Borgogna – titoli e possessi. Dopo un primo infelice matrimonio, Matilde sposa un valoroso generale del Re Filippo Augusto, Guy de Dampierre, tanto valoroso che il loro figlio, Archembaud VI, detto Il Grande (1215-1243), col quale inizia la famiglia dei Borboni-Dampierre, si ritrovò molto ingranditi i suoi domini territoriali. Con il figlio Archembaud VII si ripropose il problema della successione: morì infatti crociato a Cipro, e lasciò due femmine, tutt’e due spose dei figli del Duca di Borgogna. Ereditò i titoli paterni prima Matilde II (1249-1262), poi la sorella Agnese (1262-1288). E qui avviene il grande evento, destinato a cambiare il destino della famiglia Borbone. La figlia di Agnese, Beatrice (1277-1310) va in sposa a Roberto di Clermont, sesto figlio di S. Luigi IX, Re di Francia. Inizia in tal maniera il ramo principesco dei Borbone, ormai imparentati col ramo principale dei capetingi, Re di Francia. E pertanto, discendenti diretti di S. Luigi IX e di Carlo Magno (da cui ereditarono il simbolo del giglio di Francia). Gli storici discutono ancora oggi se quell’Eude, zio di Ugo Capeto, fondatore della dinastia regale di Francia, fosse o meno un discendente di Carlo Magno. Per quanto molto fa pensare positivamente in tal senso, qualora anche si volesse propendere per la tesi negativa, è noto che la madre di S. Luigi IX, Bianca di Castiglia, discendeva per linea certa da Carlo Magno. Pertanto, è altrettanto certo – al di là di Eude e Ugo Capeto e al di là della incerta tradizione di Childeprando fratello di Carlo Martello – che il figlio di Beatrice e Roberto, Luigi I, nipote di S. Luigi, e con lui tutti i suoi discendenti, ebbero nelle vene il sangue del fondatore del Sacro Romano Impero, incarnazione storica dell’idea stessa della regalità terrena del mondo cristiano. La linea ducale. Il figlio di Roberto e Agnese, Luigi I (1310-1341) ebbe il titolo di Duca dal Re Carlo IV di Valois (si era intanto estinta la linea diretta dei capetingi). Ma non fu tale linea quella che ebbe il miglior destino. Occorre lasciarla e seguire invece quella del terzogenito di Luigi, Giacomo I (1342-1361), eroe di guerra con il figlio primogenito (morirono entrambi in battaglia), che ottenne i titoli di conestabile di Francia e conte di La Marche (e altri feudi). Gli fu erede il figlio Giovanni (1361-1393), anch’egli valoroso uomo d’armi, che sposò l’ereditiera della contea di Vendôme, che assegnò al secondo figlio Luigi (1393-1446), iniziatore della linea dei Borbone-Vendôme. Ricordiamo: Giovanni (1446-1478), il figlio Francesco (1478-1495), il figlio Carlo (1495-1537), che nel 1515 ottenne dal Re Francesco I il titolo di Duca trasmissibile agli eredi, il figlio Antonio (1537-1562), erede del Ducato e, per il matrimonio con Giovanna d’Albret, Re di Navarra. Un antico e glorioso Regno. tratto da: realcasadiborbone.it Gli Altavilla e la costituzione del “Reame” È il “Reame” per eccellenza. Il suo territorio si è delineato fin dai primissimi anni della sua costituzione sotto Ruggero II d’Altavilla, rimanendo immutato nel corso dei secoli, fino alla caduta nel 1861: a nord, il confine seguiva una linea che partiva da Civitella del Tronto sotto Ascoli ed arrivava a Gaeta passando per Leonessa, L’Aquila, sopra Pontecorvo e quindi giù fino al Mar Tirreno; a sud, il confine era il mare stesso, compresa la Sicilia. Dopo la caduta dell’Impero Romano, i territori del futuro Regno furono in parte sotto il dominio bizantino (Bassa Puglia, Calabria, Sicilia e Ducato di Napoli), in parte sotto il dominio longobardo (il Ducato di Benevento); nel IX secolo la Sicilia cadde in mano musulmana. Nei secoli successivi, specie nell’XI, la situazione geopolitica del Meridione precipitò in una tristissima frammentazione di piccoli potentati locali, mentre gli antichi domini bizantini e longobardi andavano via via sempre più perdendo il controllo della situazione. Si arrivò progressivamente in una sorta di “guerra di tutti contro tutti”, aggravata dalle continue incursioni saracene. In tale stato naturalmente il Meridione si impoverì e indebolì; chi ne seppe approfittare furono i normanni, guidati dalla audace famiglia degli Altavilla (Hauteville). Già intorno all’anno Mille erano giunti i primi avventurieri normanni, che si ponevano al servizio dei vari signori in guerra col signore rivale; in questa politica mercenaria brillarono gli Altavilla, che seppero presto creare una loro contea a Melfi nel 1043; da questo momento la loro espansione politico-militare fu costante (specie con Roberto il Guiscardo, che conquistò la Puglia e la Calabria), finché, intromessisi anche nelle guerre per la Lotta delle Investiture, seppero spregiudicatamente farsi riconoscere dai Pontefici come signori infeudati delle terre meridionali della Chiesa (nel 1091 cacciarono anche i musulmani dalla Sicilia). Infine, nel 1130, Ruggero II d’Altavilla (1101-1154) poté farsi proclamare, sebbene come suo vassallo, da Papa Anacleto II Re di Sicilia, Puglia e Calabria, poi con dominio anche su Capua, Benevento e Napoli. Era la nascita formale del Regno di Napoli, allora chiamato “Regno di Sicilia”. A Ruggero II successero: Guglielmo I il Malo (1154-1166), Guglielmo II il Buono (1166-1189), Tancredi (1189-1194), Gugliemo III (1194). Il “Reame”. La dinastia normanna venne meno con Costanza d’Altavilla, moglie dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Enrico VI di Hohenstaufen (il figlio di Federico I Barbarossa) e madre di Federico II di Svevia, il quale ereditò appunto, alla morte del padre nel 1197, oltre l’Impero, il Reame (era nato a Jesi e cresciuto a Palermo). Dopo la morte di Federico II nel 1250, luogotenente del Regno divenne il suo figlio naturale Manfredi come reggente al posto del fratellastro Corrado IV, il quale morì prematuramente nel 1254; Manfredi allora mantenne la reggenza a nome del figlio di questi Corradino di Svevia, ma poi nel 1258 ruppe con il nipote e si proclamò Re di Sicilia, riprendendo la politica antiecclesiastica del padre. Urbano VI prima e poi Clemente IV favorirono allora la discesa in Italia di Carlo d’Angiò (d’Anjou), fratello del Re di Francia Luigi IX (il Santo), il quale affrontò e uccise il ghibellino Manfredi a Benevento nel 1266. Senonché sopraggiunse allora Corradino, che vantava i diritti dinastici sul Regno; Carlo lo affrontò a Tagliacozzo nel 1268 sconfiggendolo; dapprima lo fece arrestare, ma poi lo fece decapitare a Piazza del Mercato a Napoli. In tal modo, Carlo poté tranquillamente assumere il titolo di Carlo I d’Angiò Re di Sicilia, dando inizio al dominio angioino – e quindi capetingio – sul Reame. A causa delle conseguenze della Guerra dei Vespri, perse la Sicilia nel 1282 a favore di Pietro III d’Aragona (che aveva sposato Costanza, figlia di Manfredi), che divenne Re di Sicilia (1282-1285). Il Reame è ora diviso in Regno di Napoli, agli angioini, e Regno di Sicilia, agli aragonesi. Il Regno di Napoli sotto gli Angiò e gli Aragona. Gli Angioni tennero la parte continentale fino al 1442, anno in cui Alfonso d’Aragona vinse definitivamente la guerra con gli angioni (scoppiata a causa del fatto che Giovanna II d’Angiò aveva dapprima nominato suo erede Alfonso e dopo aveva ritrattato nominando un suo lontano parente francese, Luigi d’Angiò) e conquistò in trionfo Napoli, unificando di nuovo il Reame. Dopo Carlo I, regnarono su Napoli: suo figlio Carlo II (1285-1309), Roberto il Saggio (1309-1343), Giovanna I (1343-1381), Carlo III di Durazzo (1381-1386), Ladislao di Durazzo (1386-1414), Giovanna II di Durazzo (1414-1435), Luigi III (1435-1438), Renato (1438-1442). Nel 1443 il Regno di Napoli venne conquistato, come detto, da Alfonso V d’Aragona (1443-1458), cui successe suo figlio Ferdinando I (1458-1494), il famoso Ferrante, che rimase solo Re di Napoli (e mai anche di Sicilia). Gli successe Alfonso II (1494-1495), momentaneamente spodestato da Carlo VIII di Francia; ma il Regno tornò subito agli Aragona con Ferdinando II (1495-96) e con Federico (1496-1501), finché, nel 1504, Ferdinando il Cattolico (Re d’Aragona, di Sicilia e di Spagna – per il suo matrimonio con Isabella di Castiglia), riunì il Regno di Napoli a quello di Spagna e Sicilia. Da questo momento, quindi, il Regno di Napoli (come quello di Sicilia) è a tutti gli effetti parte integrante del Regno di Spagna, e sarà governato per circa due secoli da un Viceré. Il Regno di Sicilia sotto gli Aragona. In Sicilia, successero a Pietro III (I come Re di Sicilia): Giacomo II (1285-1296), Federico II (1296-1336), Pietro II (1336-1342), Luigi (1342-1355), Federico III (1355-1377), Martino I (1377-1409), Martino II (1409). Nel 1412 il Regno di Sicilia venne unito al Regno d’Aragona: ne furono Sovrani: Ferdinando I (1412-1416), Alfonso il Magnanimo (1416-1458), Giovanni (1458-1479), Ferdinando il Cattolico (1479-1516). Con Ferdinando il Cattolico, marito di Isabella di Castiglia e fondatore con lei del Regno di Spagna, la Sicilia divenne parte unica con il Regno di Napoli del Regno di Spagna. Il Vicereame. Dal 1504 al 1713 il Regno di Napoli è di fatto unificato con il Regno di Spagna. Come è noto, alla morte di Ferdinando il Cattolico divenne Re di Spagna Carlo I d’Asburgo. Carlo (1500-1558) era figlio di Filippo il Bello d’Asburgo, a sua volta figlio dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano, e di Giovanna la Pazza, figlia di Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia. Egli si trovò pertanto ad ereditare nel 1516 il Regno di Spagna con tutti i suoi domini (fra cui i Regni di Napoli e Sicilia), e nel 1519 divenne anche Imperatore del Sacro Romano Impero col titolo di Carlo V, divenendo di fatto uno dei più importanti sovrani che la storia abbia conosciuto, anche perché i suoi immensi territori furono accresciuti alla conquista delle colonie americane. Abdicò nel 1556, lasciando al fratello Ferdinando il Sacro Romano Impero con il titolo imperiale, al figlio Filippo II il Regno di Spagna e tutti i domini ad esso connessi, compresi i Regni di Napoli e Sicilia. Carlo fu quindi a tutti gli effetti anche Re di Napoli e Sicilia. Gli successe come Re di Spagna suo figlio Filippo II (1556-1598); furono poi Re di Spagna (e quindi di Napoli e Sicilia, che, ricordiamo, erano direttamente governate da Vicerè di nomina regia): Filippo III (1598-1621), Filippo IV (1621-1665), Carlo II (1665-1700). Carlo II di Asburgo-Spagna morì senza eredi, e nominò suo successore Filippo d’Angiò, nipote di Luigi XIV, preferito a Carlo d’Asburgo-Austria; egli prese il titolo di Filippo V di Borbone, Re di Spagna; ciò provocò la Guerra di Successione Spagnola (1700-1713), che vide vincitore Filippo V, il quale, in cambio del riconoscimento internazionale del suo diritto sul Trono di Madrid, dovette cedere i Regni di Napoli e Sicilia agli Asburgo. Così, dal 1713 il “Vicereame” è di nuovo sotto il dominio asburgico, anche se questa volta si tratta degli Asburgo d’Austria: esso divenne quindi parte integrante del Sacro Romano Impero, ed ebbe come sovrano l’Imperatore Carlo VI. Peraltro, dal 1714 al 1720 la Sicilia fu data al Re Vittorio Amedeo di Savoia, ma poi tornò agli Asburgo. I Borbone delle Due Sicilie, restauratori del Regno. Nel 1734, per vicende storiche che descriviamo meglio alla voce dedicata a Carlo di Borbone (Re di Napoli e Sicilia dal 1734 al 1759), questi, figlio di Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese, conquistò le Corone di Napoli e Sicilia, restaurando a tutti gli effetti un regno unito e sovrano. Dopo due secoli di dipendenza politica, il “Reame” divenne di nuovo una nazione libera sotto la dinastia dei Borbone di Napoli e Sicilia. Le voci della sezione storica di questo sito, che seguono la presente, descrivono brevemente ma in maniera puntuale come Carlo e i suoi discendenti seppero governare, riformare ed ammodernare il loro regno, conquistando quell’amore dei sudditi che nessun’altra dinastia ebbe nel corso dei secoli (se non in maniera minore), e che si manifestò apertamente durante gli anni dell’invasione napoleonica e durante quelli seguenti alla caduta del Regno in mano ai Savoia. Successori di Carlo di Borbone furono: Ferdinando IV (1759-1825), dal 1814 Ferdinando I delle Due Sicilie; Francesco I (1825-1830), Ferdinando II (1830-1859), Francesco II, che nel 1860 perse il Regno, conquistato dal Vittorio Emanuele II di Savoia. Con tale conquista, il Regno delle Due Sicilie smette di esistere in quanto regno sovrano e indipendente. Preso da: http://www.cogitoergo.it/la-verita-sul-regno-delle-due-sicilie/ https://ift.tt/2vJEEO7
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