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Monografie seriali: Ezzedine sebai, il serial killer delle vecchiette
Ben Mohammed Ezzedine Sebai, noto come il serial killer delle vecchiette, fu un serial killer disorganizzato, alcolista edonista sessuale. Nato in Tunisia e immigrato in Italia, è noto come il serial killer delle vecchiette. Fatti ed eventi che lo contraddistinguono descrivono l’infanzia di un bambino dal carattere recalcitrante, indesiderato e stigmatizzato, allevato tra violenza e abusi, dalla…
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Figmenti
Le richieste a cui può rispondere un partito che fa proprie le parole d'ordine di ogni movimento populista: la lotta contro la criminalità, la diminuzione della pressione fiscale, la difesa dal prepotere statale e dalla capitale fonte di ogni male e corruzione, la severità e il disprezzo nei confronti di ogni comportamento deviante. Umberto Eco, A passo di gambero, 2006
Figmento: s. m. [dal lat. tardo figmentum, der. di fingĕre: v. fingere], letter. ant. – Finzione, raffigurazione fantastica o illusoria: Del mago ogn’altra cosa era figmento; Che comparir facea pel rosso il giallo (Ariosto) (Vocabolario Treccani).
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Franca Ongaro Basaglia
Un odore spaventoso che ti impregnava i vestiti e che non ti andava via neanche quando tornavi a casa, ti facevi la doccia e ti cambiavi. L’odore del manicomio. Odore di chiuso, di feci, di orine e di sofferenza.
Franca Ongaro scrittrice, attivista e politica italiana, è stata protagonista, insieme al marito, Franco Basaglia, del movimento della Psichiatria Democratica.
Nata a Venezia, il 15 settembre 1928, era all’ultimo anno del liceo classico, nel 1945, quando ha incontrato uno studente di medicina che, nel 1953, è diventato suo marito e il compagno di vita e battaglie.
I suoi interessi, all’inizio, erano rivolti verso la letteratura, ha pubblicato diversi racconti per l’infanzia, una riduzione dell’Odissea (illustrata da Hugo Pratt) e un’altra del romanzo Piccole donne, sul Corriere dei Piccoli.
Quando, negli anni sessanta, Franco Basaglia, da medico ha abbandonato la carriera accademica per tentare la strada della pratica clinica, entrando nell’ospedale psichiatrico di Gorizia, dove è iniziata la “rivoluzione psichiatrica” proseguita poi a Trieste, Franca Ongaro ha stravolto i suoi interessi e si è dedicata completamente alle pratiche di rottura istituzionale attuate in quegli anni.
Col marito e con il gruppo di psichiatri e intellettuali radunati attorno a loro, ha scritto, curato e tradotto i testi che testimoniano il prezioso lavoro che, scuotendo le fondamenta dell’istituzione ospedaliera, ha portato alla legge 180, che ha portato la chiusura dei manicomi in Italia.
Due suoi testi, Commento a E. Goffman, La carriera morale del malato di mente e Rovesciamento istituzionale e finalità comune, fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos’è la psichiatria (1967) e L’istituzione negata (1968). È stato grazie alle sue traduzioni di Asylums (1969) e Il comportamento in pubblico (1971) che l’Italia ha potuto leggere i testi di Erving Goffman, ha tradotto e introdotto anche il lavoro di Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972).
È stata coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia, L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico (del 1968), Morire di classe (1969), La maggioranza deviante (1971), Che cos’è la psichiatria (1974), I crimini di pace (1975) fino alle Condotte perturbate, uscito in Francia nel 1987.
Ha portato, nel continuo scambio di idee col coniuge e nel gruppo di lavoro, il prezioso contributo della sociologia, di cui era appassionata pur non avendo una formazione accademica, che all’epoca era molto lontana dal contesto della psichiatria.
Ha curato la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia, morto prematuramente nel 1980, appena un paio d’anni dopo l’approvazione della legge che porta il suo nome.
È autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, sulla condizione femminile, sulle pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali ci sono i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (1979), raccolta dei lemmi di sociologia della medicina scritti per l’Enciclopedia Einaudi; Manicomio perché? (1982); Una voce. Riflessioni sulla donna (1982) in cui ella stessa parla del rischio di ritrovarsi «relegata a preparare il latte caldo ai rivoluzionari» e che include la voce donna della Enciclopedia Einaudi.
Tra i saggi, Eutanasia, in Le nuove frontiere del diritto, Democrazia e Diritto, n. 4 – 5, Roma, 1988; Epidemiologia dell’istituzione psichiatria. Sul pensiero di Giulio Maccacaro (1997); Eutanasia. Libertà di scelta e limiti del consenso in Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella società contemporanea del 2001.
Attiva in politica, si è impegnata, come parlamentare, affinché la legge 180 non venisse snaturata o archiviata, promuovendo una maggiore comprensione dei temi relativi alla salute mentale da parte della classe politica e di chi nell’amministrazione era poco favorevole al cambiamento.
Da senatrice della Sinistra Indipendente, per due mandati, dal 1983 al 1992, è stata leader della battaglia parlamentare e culturale per l’applicazione dei principi posti dalla riforma psichiatrica, da cui è scaturito il testo base del primo Progetto obiettivo salute mentale (1989). Ha collaborato alla stesura delle varie disposizioni regionali che hanno diffuso maggiormente la cultura dell’accoglienza delle persone malate psichiatriche nelle più diverse zone del Paese.
Franca Ongaro, si è tanto spesa per la condizione femminile. Avendo avuto occasione di incontrare molte pazienti psichiatriche, ha visto l’impatto della malattia mentale su di loro e verificato che spesso che la causa dell’internamento era dovuta a semplici atti di ribellione contro il patriarcato e l’ordine costituito dominato dai maschi.
Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health e nell’aprile 2001 l’Università di Sassari le ha conferito la Laurea Honoris Causa in Scienze Politiche.
Franca Ongaro ha lasciato la terra il 13 gennaio 2005 a Venezia, lasciandoci diverse eredità, prima di tutto, la capacità di conferire al proprio lavoro un valore politico, agendo sulle contraddizioni e lottando contro ogni facile riduzionismo della realtà. Guardando alle sue azioni, resta l’insegnamento di proseguire ad accogliere le persone diverse da noi, spalancando non soltanto le porte delle istituzioni ma delle nostre menti. Si tratta di tenere aperta una finestra sull’impossibile, la stessa da cui Basaglia e Ongaro scelsero di iniziare a guardare i panorami di quell’utopia della realtà che avrebbe costituito gli scenari di Gorizia e Trieste.
Il suo pensiero e la passione civile di una vita per tutelare i diritti delle persone più deboli continuano a essere un faro che illumina la strada che dobbiamo ancora percorrere.
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Seja bem-vinda, @kirarakwn!
Nome: Kitagawa Kirara
Faceclaim: Hina Takamine - Designer/Modelo
Nacionalidade e Etnia: Japão, japonesa
Data de Nascimento e Idade: 01/11/1999 + 24 anos
Gênero e Pronomes: Mulher cis, ela/dela
Ocupação: Dançarina no Red District
Bairro: Sakura no Ame
Gangue: Krasue
Temas de interesse: Todos
Personalidade: Alucinada. Transtornada. Perturbada. Pense em todos os sinônimos dessas palavras e provavelmente você chegará a uma descrição próxima da personalidade de Kirara. Dizer que ela é inclinada à violência beira a mentira, considerando que é impossível desassociá-la desta. O impulso agressivo habita em seu corpo desde que ainda era uma criança, sempre dotada de uma personalidade sádica - e também bastante masoquista. Por essa razão, ela sempre causou muitos problemas para seus pais e dois irmãos. Não é que ela seja incapaz de sentir empatia e compaixão… Ela sente sim, não é uma psicopata. Mas seus sentimentos positivos são muito seletivos e dependem muito tanto da relação quanto da impressão quase fantasiosa que ela nutre pela pessoa. Ela ama seus pais e seus irmãos, amou alguns namorados e namoradas, ama animais. Mas sua capacidade de empatia caiu drasticamente depois do seu trauma. Kirara tem, ainda, um lado viúva negra, advindo do acontecimento do passado. Seja ele despertado pela decepção advinda de interesses amorosos aos quais ela era mortalmente obcecada, pelo envolvimento sexual periculoso com pessoas de índole duvidosa ou pelo medo, justificado ou não, de sofrer uma violência, ela só não foi presa por diversos crimes de lesão corporal - alguns os quais poderiam até mesmo ser classificados como tentativas de homicídio - pelos contatos de seu pai dentro da polícia. É, não dá para negar que ele criou um monstro. Sexualmente deviante, um tanto promíscua, mas bastante simpática e expansiva. Não é necessariamente difícil despertar o seu lado ruim, mas é algo que poucas pessoas acabam presenciando. Por isso, apesar de quase todo mundo saber muito bem que a menina é um problema, eles ainda acreditam nas suas boas intenções. E ela realmente as possui. Ela é boa para as pessoas que ama - ou para as pessoas de quem quer tirar algo. Apesar de tudo e apesar dos pesares, ela tem um lado belo, um lado bom. Só é preciso cativá-lo.
TW's no Background: Violência, uso de drogas, alcoolismo, estupro de menores, assassinato.
Background:
Ela também tinha sonhos. Grandes sonhos. Ela sonhava com beleza, com luxo, com fama, com dinheiro. Sonhava em ser uma modelo mundialmente conhecida e respeitada; que seu rosto estivesse estampado nas revistas, jornais e outdoors. Sonhava, ainda, em viver o amor mais lindo, sincero e intenso que a vida poderia lhe proporcionar. Ela sonhava, sobretudo, com a grandeza.
Kirara era dona de uma personalidade difícil desde criança. Os pais tinham que comparecer na escola quase toda semana: às vezes por apresentar comportamento violento, outras vezes por praticamente perseguir um colega ou outro. Eles inventavam inúmeras desculpas para justificar o injustificável. Não gostava da escola. Era diferente, e melhor, que os colegas. Estava com ciúmes do novo irmão. Tinha a personalidade excêntrica de um artista. Afinal de contas, era difícil admitir que talvez houvesse algo de errado com ela.
Conforme crescia, seu comportamento de risco se tornava cada vez mais perigoso. Ainda menor de idade ela começou a fazer uso de drogas menores, além de desenvolver um quadro de alcoolismo não muito severo. Ela saía durante as noites, bebia muito mais do que seu corpo conseguia e voltava para casa depois que o sol já havia nascido.
Mas por mais alucinada que fosse, ela ainda era só uma adolescente. E ela tinha só 15 anos, com os sonhos e fantasias de uma garota de 15 anos.
Numa dessas festas, ela conheceu um homem que se dizia ser um agente de uma grande agência de talentos. Modelos, especificamente. Prometeu que a faria famosa, que ela teria a vida que sempre sonhou. E ela, com a ingenuidade de uma menina, acreditou. Eles marcaram de se encontrar no apartamento dele, onde ele faria os testes com ela. Estranho, com certeza, mas as palavras do homem eram como um canto de sereia; não precisou de muito para convencê-la de que não havia nada de errado.
Ao chegar lá, ele a ofereceu uma bebida e um cigarro. Ela aceitou e se fez confortável para conversarem um pouco antes de começarem os supostos testes. É claro que não demorou muito para ela se sentir tonta, fraca e, finalmente, desmaiar. Apenas desmontou no sofá.
Hora depois, ela acordou com a visão girando, a cabeça pesada, o estômago embrulhado e dor. Muita dor, no corpo todo. Tentou se levantar devagar, até perceber que estava em outro lugar. Era uma cama de casal, e ela estava coberta por um lençol branco. Nua. Trêmula, sua respiração pesou e ela passou a mão por seu ventre. Sabia o que havia acontecido.
Ela foi dominada por tantos sentimentos e sensações que quase desmaiou outra vez. Nojo, raiva, repulsa, medo, horror, desespero. Vontade de chorar. Mas o que prevaleceu foi um enorme e incontrolável vazio. Apatia. Lentamente, ela colocou os pés no chão e se direcionou à cozinha. Com uma calma sinistra, procurou nas gavetas e armários, até que achasse uma faca de cozinha grande e afiada o suficiente - e fez questão de se certificar disso ao cortar o próprio polegar com facilidade. Seu sangue escorreu, e ela o lambeu.
Retornou para o quarto onde o homem dormia profundamente. Kirara subiu na cama e engatinhou até ele, sentando-se sobre seu colo. Não havia nada em seus olhos: sequer um vislumbre de brilho ou vida. Ela segurou a faca com as duas mãos e o esfaqueou 15 vezes no peito. 15. Assim como ela.
E então, ela foi embora. Não se importava de ter deixado provas que a incriminasse, não se importava se a tinham visto. Não se importava com nada. Quando voltou para casa, seu comportamento estava completamente mudado. Agora ela estava quieta, quase não saía, apenas ficava em seu quarto. Apesar de seus pais considerarem uma melhora, eles sabiam que tinha algo de errado. Preocupados, tentaram conversar com ela sem sucesso. E depois de muitas tentativas fracassadas, apelaram para uma ajuda terapêutica.
No início, ela ofereceu resistência. Porém depois de um tempo começou a se abrir, até finalmente contar o que havia acontecido. A psicóloga entrou em contato com os pais para que Kirara os contasse também; eles precisavam saber. Para os pais, ela contou a história completa - inclusive a parte de matar o homem, cuja morte já estava em investigação há uns bons meses. Eles se desesperaram, não queriam que sua menina fosse presa. Dava para culpá-la pelo que fez?
Aos poucos ela foi melhorando, mesmo que nunca voltasse ao comportamento anterior. Ela passou a ser um pouco menos rebelde e irresponsável. Por outro lado, começava a demonstrar um lado mais agressivo, violento e obsessivo. Talvez uma resposta ao trauma sofrido. Ela passou a perseguir pessoas pelas quais tinha interesse, ao ponto de invadir suas casas; passou, também, a agredir homens que saía com canivetes. Mas ela não podia entrar na mira da polícia.
Por isso, seus pais, desesperados, decidiram que ela iria se mudar para uma cidade mais longe até que o terreno estivesse novamente seguro para ela. Eles tinham alguns parentes morando em Kowloon, uma cidade próxima a Hong Kong com uma grande comunidade nipônica. O local não era o melhor, sabiam que se tratava de uma cidade que favorecia a vida criminosa, mas não tinham escolha. E ela aceitou de bom grado.
Logo que chegou lá, Kirara se estabeleceu num apartamento pequeno onde passou a morar sozinha. Ela não tinha dificuldade de conhecer pessoas e fazer amizades, já que sempre fora uma pessoa simpática - muito apesar de perder um pouco da sua alegria depois do acontecimento. É claro que a mudança de cidade não mudou nada nela, e em questão de semanas acabou se envolvendo numa briga com um cara.
O que ela não esperava era que esse homem pertencesse a uma gangue. Krasue era o nome dela. Em sua época no Japão, ela chegou a participar de algumas gangues de motoqueiros e conhecer alguns yakuza; porém nada muito grave. Quando se viu cercada por mulheres e pelo homem com o qual brigou, ela estava num beco sem saída.
Mais surpreendente ainda foi o fato de que a responsável, uma mulher tailandesa chamada Somsri Hathai, não estava lá para matá-la; na verdade, ela estava lá para dizer que sabia de toda a vida de Kirara no Japão, inclusive do assassinato daquele homem. Ela queria pessoas como a garota na sua gangue, precisava dela. E bem, era isso ou sofrer um destino pior. A japonesa aceitou, pronta para iniciar um período mais turbulento e interessante de sua conturbada vida.
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Oggi dovrebbe arrivarmi la nuova cover! e anche il materiale per fare un lavoretto 😚
E invece domani dovrebbe arrivarmi il cavetto per collegare le cuffie al telefono, in modo che io sia libera da questa curse di non avere più il jack 3.5 😁
Momento di riflessione:
Vedi, comprare cose su Amazon mi fa sentire meglio. Ma perché? Cosa c'è dietro? È perché comprare qualcosa (di piccolo ma utile) è qualcosa che faccio per me stessa, cosa che non faccio molto spesso, dicono.
In realtà, avrei da ridire anche su questo punto, cioè che proprio dicono che faccio troppo poco per me stessa. Secondo me, -mi rendo conto ora- dovrebbe essere fatta una distinzione tra le varie me stesse. Diciamo che ultimamamente non sto facendo molto per la me stessa del mio futuro, ma -sai cosa?- secondo me sto facendo delle cose per la me stessa del passato, cioè per la me stessa che in questi mesi era distrutta ma in qualche modo ha comunque tirato dritto. Non sembra all'esterno ma da una parte mi sembra di stare dicendo molti "no", forse sono troppo pochi, anzi!
Forse tutto questo è un mio modo (deviante) di "riprendere in mano la mia vita" e "vendicarmi" per tutto il tempo in cui ho dovuto subire una pressione esageratamente grossa rispetto a quanto potessi sopportare. Quindi -note to self-: sotto pressione funziono ancora bene, è l'aftermath il problema 😅
Comunque, è da tenere ben presente che è solo dopo aver compreso qualche proprio comportamento che allora si può intervenire per modificarlo, quindi diciamo che forse sono quasi arrivata al punto di poter fare questa cosa, cioè di smettere di vivere nel passato e cominciare a stare di più nel presente.
Credo che le cose del presente siano cercare di impostare delle routines sane e fare le visite mediche e mangiare meglio e iniziare palestra e forse iniziare degli hobbies.
Forse è solo quando avrò sistemato queste cose che mi potrò occupare del futuro, non credi anche tu?
Comunque, stavo anche riflettendo sul fatto che, a parte che ho 4 anni in più e più esperienza in fatto di relazioni e anche una laurea in più (mi dicono), sono, in realtà, un po' nella stessa situazione di P. Siamo fratelli veramente dopotutto, I guess 😌
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Le sei condizioni per attuare la sudditanza mentale - risultato di analisi sulle vittime di culti e sette. 1. Non far sapere alla vittima cosa stia succedendo, cosa avverrà poi e come la stiano manipolando un passo per volta; 2. Controllare l'ambiente sociale della vittima, dove si muove e chi incontra; controllare in special mondo il suo tempo; 3. Determinare una sistematica sensazione di impotenza, un senso di permanente mancanza di controllo nella vittima; 4. Elaborare un sistema di ricompense, punizioni e situazioni che inibiscano i comportamenti collegabili alla precedente identità sociale della vittima; 5. Elaborare un sistema di ricompense, punizioni e situazioni che promuovano l'assorbimento e l'adesione alla ideologia, credenze e comportamenti approvati. In particolare va punito il dubbio, lo scetticismo, le critiche, anche il semplice porre domande. 6. Eliminare ogni possibilità di critica e comportamento deviante rispetto alle logiche dettate dalle Autorità. Non è previsto che il Potere possa avere torto.
Margaret Singer: “Six Conditions of Mind Control” in Cults in Our Midst, 1995, tradotto da https://www.zerohedge.com/covid-19/covidian-cult-exposed-six-conditions-mind-control
NON VI E’ ANCORA CHIARO?
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Spesso ci viene detto che dobbiamo avere cura di noi stessi; che siamo le persone più importanti della nostra vita e che non dobbiamo mai giudicarci pesantemente o in maniera irreversibile. Ciononostante viviamo in una società che è sempre di fretta e non dà il tempo di godersele le gioie e le soddisfazioni. Se ne arriva qualcuna, subito dopo siamo di nuovo lì alla ricerca dell'irraggiungibile. Viviamo in una società in cui se cedi il passo al tempo per un anno vieni tagliato fuori. Essa indica quali sono le mete che tutti dovrebbero raggiungere, ma non fornisce a sufficienza gli strumenti idonei al loro raggiungimento. Di sicuro non li fornisce a tutti in egual modo, ognuno possiede un punto di partenza differente per motivi soggettivi, ma anche per fattori socioambientali o socioeconomici. Questi due aspetti, che sono tanto concreti quanto invisibili nel mondo in cui viviamo, sono stati approfonditi da molti studiosi del crimine e della devianza, in particolare criminologi, psicologi e sociologi. Costituiscono solo alcune delle probabili cause che inducono un individuo ad assumere un comportamento deviante.
La verità è che ognuno dovrebbe soddisfare i propri desideri e non possiamo vivere in una società che invia costantemente dei doppi messaggi, producendo in questo modo una sorta di schizofrenia nel singolo. È necessario che nel concreto vengano contemplate tutte le scelte, di tutti gli individui, che non per forza devono essere le stesse. Non saranno mai uguali le aspirazioni e le ambizioni del singolo: ognuno è diverso dall'altro.
Accettare le proprie differenze, averne cura e permettere a ognuna di queste d'esistere attraverso il compimento delle proprie scelte è il primo passo per vivere in armonia con se stessi e con gli altri. Se, infatti, è indispensabile ci siano delle regole, delle norme sociali e giuridiche per il corretto funzionamento della società, è altrettanto indispensabile la concreta ed eguale distribuzione di strumenti e risorse. Esistono la dignità della persona umana e lo sviluppo della personalità che, soprattutto dal secondo dopoguerra, sembrano costituire, insieme ad altri diritti inviolabili e fondamentali, una meta da perseguire a livello nazionale, internazionale, sovranazionale e transnazionale.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo per certi versi: anche imporre stereotipi e modelli; farli circolare attraverso il potente ruolo dei mass media e permettere loro di manipolare e irrigidire le menti, può mascherare una forma di controllo sociale che viene ambiguamente spacciata per informazione.
•Costancen
Nota bene: questa è soltanto una mia riflessione sulla base degli studi svolti. Se siete interessati all'argomento potrei parlarvi di alcuni libri che ho trovato interessanti.
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Eternos no UCM.
"De um modo geral, os Eternos podem voar, projetar energia e manipular moléculas. Eles são dotados de super-força e são praticamente imortais." (via: Omelete) Mas cada um também tem habilidades únicas:
Thena: guerreira, consegue usar energia cósmica para se fortalecer.
- interpretada por Angelina Jolie
Ikaris: projeta rajadas de energia cósmica pelos olhos.
- interpretado por Richard Madden
Ajak: líder espirirual, poder de cura, levitação, é a única que pode se comunicar com os Celestiais.
- interpretada por Salma Hayek
Sersi: manipulação genética da matéria, fator de cura, projeção de luz e ilusões, telecnese e teletransporte.
- interpretada por Gemma Chan
Gilgamesh: agilidade, reflexos e resistência sobre-humanas. Nasceu no neolítico então por ser tão antigo, ele conhece métodos de luta e tem habilidades com armas de diferentes momentos da história.
- interpretado por Ma Dong-Seok
Makkari: mulher mais rápida no universo, viaja entre planetas.
- interpretada por Lauren Ridloff
Phastos: Inventor, desde que tenha a matéria prima ele consegue criar.
- interpretado por Brian Tyree Henry
Kingo: dispara projéteis de energia cósmica através das mãos, habilidades samurai. Ao longo dos anos se tornou famoso como ator e produtor.
- interpretado por Kumail Nanjiani
Druig: pode usar energia cósmica para controlar a mente da humanidade, telecinese, projetar seus pensamentos em outras pessoas, telepatia, criar campos de força, criar ilusões, teletransportação, mutação de matéria. Não concorda com o jeito de viver dos outros Eternos.
- interpretado por Barry Keoghan
Sprite: única Eterna que é de fato imortal. Pode criar ilusões super realistas e manipular carga cósmica, o que lhe dá o poder de lançar jatos de energia. Não envelhece, permanece sempre no corpo de uma pré adolescente e tem comportamentos inconcequentes.
- interpretada por Lia McHugh
Mas quem são os Eternos?
São um grupo de super heróis quase imortais criados pelos primeiros seres a pisarem na terra, os Celestiais, que também criaram os inimigos dos eternos, chamados Deviantes.
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"INCONGRUÊNCIA DE GÊNERO NA INFÂNCIA" OU REPATOLOGIZAÇÃO DA HOMOSSEXUALIDADE?
Eugenia Rodrigues[1]* e Gays pela Abolição de Gênero[2]**
[1] * Eugênia Rodrigues é graduada em Comunicação Social, na habilitação Jornalismo, pela Universidade do Estado do Rio de Janeiro (UERJ). Seu trabalho de conclusão de curso foi “Fora da caixa: a construção da criança trans no jornalismo brasileiro”. É pesquisadora da área de estudos de mulheres, feministas e de gênero, porta-foz da campanha No Corpo Certo e crítica à medicalização da vida. Contato: [email protected].
[2] ** Gays pela Abolição de Gênero (antiga Gay AntiQueer) é um coletivo formado por homens gays alinhados por ideais materialistas e abolicionistas que, desde 2015, procura produzir e traduzir conteúdo, aproximando a militância gay de uma visão crítica de gênero. Contato: [email protected].
Nota dos autores
Apoiamos o direito a uma vida digna e saudável para todas as pessoas, respeitando sua autonomia corporal e escolhas enquanto adultas. Portanto, a questão discutida neste trabalho deve ser tratada com extrema delicadeza. Nosso intuito é promover uma reflexão e levantar hipóteses sobre como tem sido abordada a “incongruência de gênero” a fim de abrir espaço para uma discussão crítica de possibilidades. As respostas para nossas indagações não são fechadas e requerem atenção a estudos futuros. É imprescindível mencionar a importância do acolhimento por parte das famílias de crianças cujos comportamentos não se enquadrem nos estereótipos vigentes, pensando sempre no bem-estar destes jovens em situação de vulnerabilidade psicossocial.
Resumo
Tem-se notado em diversos países, entre eles o Brasil, um aumento do número de crianças e adolescentes diagnosticados com “incongruência de gênero” (termo atual para condições que já foram nomeadas genericamente como “inversão sexual”, “transexualismo”, “disforia de gênero” e “transtorno de identidade de gênero”). Paralelamente, as vendas de medicamentos utilizados como bloqueadores da puberdade em crianças com esses diagnósticos também têm aumentado expressivamente. Entretanto, estudos de longa duração revelam o desaparecimento desses sintomas após a puberdade e a homossexualidade como características predominantes entre os pacientes. Tão recente quanto a despatologização da homossexualidade, em 1973, data o reconhecimento do “transtorno de identidade de gênero” na infância. Este trabalho busca investigar a correlação entre a medicalização de comportamentos infanto-juvenis desviantes do sistema de gênero vigente e a medicina como instrumento de normatização.
Palavras-chave: Crianças transgênero. Homossexualidade. Patologização.
“GENDER INCONGRUENCE OF CHILDHOOD” OR REPATHOLOGIZATION OF HOMOSSEXUALITY?
Abstract
In several countries, including Brazil, there has been an increase in the number of children and adolescents diagnosed with “gender incongruence” (current term for conditions that have been generically referred to as “sexual inversion”, “transsexualism”, “gender dysphoria” and “gender identity disorder”). At the same time, sales of drugs used as puberty blockers in children with these diagnoses have also increased significantly. However, long-term studies show disappearance of these symptoms after puberty and homosexuality as predominant characteristics among patients. As recent as the depatologization of homosexuality, in 1973, there was the recognition of “gender identity disorder” in childhood. This paper aims to investigate the correlation between the medicalization of deviant child behaviors from the current gender system and medicine as an instrument of normatization.
Keywords: Transgender children. Homosexuality. Pathologization.
1 Introdução
O aumento do número de crianças e adolescentes diagnosticados com “incongruência de gênero” é expressivo, chegando a cem vezes, entre 2009 e 2016 no Reino Unido (DE GRAAF et al., 2018). Consequentemente, as vendas do SUPPRELIN®, um medicamento utilizado como bloqueador da puberdade — quando ocorrem, entre outras mudanças fundamentais no organismo, o desenvolvimento dos caracteres sexuais secundários como crescimento dos seios e menstruação em meninas, ou barba e engrossamento da voz em meninos — aumentaram 800%, entre 2010 e 2018 (ENDO PHARMARCEUTICALS, 2010, 2019).
Por outro lado, estudos de longa duração observam o desaparecimento da disforia de gênero após a puberdade em 70% dos pacientes (STEENSA; COHEN-KETTENIS, 2015) e a predominância da homossexualidade entre eles, superando os 60% (AITKEN et al., 2015). Um fato significativo é relatado pelo teórico queer Giancarlo Conejo (2011) em seu artigo denominado “A guerra ao menino afeminado”. Conejo, que é gay, relata que foi levado a psicólogos por seus pais, ansiosos por uma “cura” para seu “afeminamento” e que recebeu um diagnóstico de “transtorno de identidade de gênero”. Relatos similares são feitos por transexuais adultos, conforme veremos adiante. Como indaga Kreher (2016), estaríamos expondo lésbicas, gays e bissexuais adolescentes a intervenções médicas desnecessárias, pautadas por estereótipos de gênero? Este trabalho realiza uma análise inicial multidisciplinar destes fenômenos, passando pela história da patologização da homossexualidade no final do século XIX (JEFFREYS, 2003; TREVISAN, 2000) até os critérios internacionais atuais para o diagnóstico de incongruência de gênero adotados no país, inclusive pela Sociedade Brasileira de Pediatria. É fundamental, portanto, uma reflexão sobre os efeitos e riscos destas políticas para crianças e adolescentes fora do padrão, resguardando o direito de pessoas adultas à sua autonomia corporal.
2 Histórico da questão
Tratar como uma condição médica comportamentos que fogem às normas sociais vigentes não é algo recente: no século XIX, a medicina e a psicologia já se empenhavam em corrigir o comportamento das mulheres e homens desviantes — inclusive sua sexualidade. A publicação do Psychopatia Sexualis, de Henrich Kaan, em 1846 inaugura um domínio médico-psicológico das chamadas perversões, que ocuparia o lugar das velhas categorias de devassidão e sodomia (FOUCAULT, 1978). Na tentativa de explicar o comportamento homossexual masculino, o jurista alemão Karl Heinrich Ulrichs, talvez o primeiro ativista gay, postulou que certos homens teriam “almas femininas presas em corpos masculinos”, afirmando assim o desejo por homens como essencial — e necessariamente — de ordem feminina (HERDT, 1993). Magnus Hirschfeld, médico e fundador da primeira organização pelos direitos homossexuais em 1897 na Alemanha, também teorizou sobre a homossexualidade a partir da ideia de uma “inversão sexual”, de homens “femininos” pertencentes a um “terceiro sexo” (STEAKLEY, 1997).
[…] de acordo com declarações de seus parentes, não era como os outros meninos. Sua indisposição para atividades masculinas e sua preferência por divertimentos femininos começaram bem cedo. Assim, ele evitava todos os jogos de menino e exercícios de ginástica, enquanto brincar de bonecas e outras ocupações femininas eram particularmente agradáveis a ele […]. Sexualmente, o paciente sentia como uma mulher para os homens, e tinha inclinações por pessoas de seu próprio sexo […]. Também sua aparência externa, hábito, formas, costumes e vestiários são notáveis, e decididamente lembram forma e características femininas. Essa impressão de uma mulher vestida de homem é ainda maior por um crescimento fino de pelos no rosto, que são raspados, com exceção de um pequeno bigode […]. Opinião: 1. Sr. V. H. é uma pessoa anormal e com um defeito de origem. Seu instinto sexual contrário representa uma parte de sua condição física e mental anormal; 2. Esta situação, na medida em que congênita, é incurável. Existe uma organização deficiente dos maiores centros cerebrais, o que o torna incapaz de viver uma vida independente. Seu instinto sexual perverso o impede de exercer as funções sexuais normais […]. (KRAFFT-EBING, 1892 apud SIMIÃO, 2015, p.189–191)
Nota-se, no relato acima, os processos de medicalização e patologização entrelaçando-se no diagnóstico. A medicalização da sociedade, ensina Ivan Ilitch, consiste num processo em que a área de atuação da medicina se alarga ao ponto de constituir uma forma de violência sobre o indivíduo (ILITCH, 1975). Coloca-se no campo da medicina a origem e a solução de um problema que não é — ou que, a princípio, não seria — médico. No exemplo acima, a homossexualidade, as preferências por certos brinquedos e jogos na infância e algumas características externas são apontadas como tendo origem numa suposta “organização deficiente dos maiores centros cerebrais”. O “tratamento” indicado, felizmente, não foi dos mais extremos: o médico entendeu que bastava que o sr. V.H. vivesse “sob o cuidado e conselho de indivíduos normais”. Há de se observar que o termo “medicalização” sugere um processo que pertence ao exercício da medicina, enquanto que essa perspectiva é, cada vez mais, difundida por psicólogos (as), psicanalistas, fonoaudiólogos (as), assistentes sociais e por toda a sociedade, de modo que é mais conveniente utilizar o termo “patologização”. O profissional que atendeu ao sr. V.H. patologizou — leia-se, entendeu como elementos caracterizadores de uma patologia, uma doença (física e ou mental) a ser curada — comportamentos que hoje consideramos, ou ao menos deveríamos considerar, normais: o desvio dos padrões impostos a cada sexo e a atração por pessoas do mesmo sexo. A patologização também sugere que haveria uma causa, em geral biológica, para aquele sintoma, que seria preciso se chegar a um diagnóstico e, finalmente, a uma cura (usualmente através da prescrição de fármacos e/ou de cirurgias). Esse processo, no sistema capitalista, está subjugado aos interesses da indústria médico-farmacêutica.
A partir dessa visão de mundo e de técnicas que se aperfeiçoariam ao longo dos anos, iniciam-se, então, experimentos científicos para corrigir o comportamento homossexual, utilizando-se de lobotomia, castração física e química, enxertos de órgãos, transplantes de testículos, terapia eletroconvulsiva e medicamentos hormonais (BLAKEMORE, 2019; OVERWHELMED, 2017). A história das intervenções médicas em homossexuais se confundiria com as daqueles que Magnus Hirschfeld nomearia de “transexuais”. Magnus participaria indiretamente das primeiras cirurgias de readequação genital, praticadas como uma cura para estes “doentes” (KHAN, 2016). No ano de 1952, três fatos acontecidos na Inglaterra e nos Estados Unidos marcam a continuidade da medicalização da homossexualidade: no primeiro país, a descoberta da orientação sexual do cientista Alan Turing ensejou sua condenação por “grave indecência”. Figura central para a vitória dos Aliados na Segunda Guerra Mundial, ele foi obrigado a aderir ao “tratamento médico” com hormônios femininos, que visavam a diminuir seu desejo indevido e a modificar seu corpo para assemelhá-lo ao do sexo que é autorizado a se relacionar com homens. Turing ficou impotente, lhe cresceram seios e ele morreria dois anos depois envenenado — especula-se que por suicídio. No mesmo ano, nos EUA, a Associação de Psiquiatria Americana patologizou formalmente a homossexualidade listando-a como um transtorno mental e a mídia celebrou a primeira pessoa norte-americana a se submeter a uma cirurgia de “mudança de sexo”: Christine Jorgensen. Christine, que em alguns depoimentos se descreve como “um homossexual masculino” (JEFFREYS, 2014), se submeteu ao protocolo elaborado pelo médico dinamarquês Christian Hamburger (KHAN, 2016).
Influenciado por Hamburguer e por Hirschfeld, com quem havia convivido diretamente, e à vista da grande procura de norte-americanos pela nova “cura”, o endocrinologista Harry Benjamin começou a atender a este grupo e em 1967 publicaria o livro The Transexual Phenomenom, que se tornou referência para o que hoje se conhece como “´processo transexualizador” nos Estados Unidos e no resto do mundo. Nele, defende-se por princípio o uso de hormônios artificiais e cirurgias como possível cura para o “transexualismo” (BENJAMIN, 1967). O uso de hormônios como “tratamento” chegaria à África do Sul: durante o período do apartheid (1948–1994), homossexuais foram castrados quimicamente com doses massivas de hormônios e, entre 1969 e 1987, cerca de 900 homens e mulheres foram submetidos à cirurgia de redesignação de gênero em hospitais militares (KAPLAN, 2004). A patologização da desviância atingiria crianças e adolescentes, seja ao se considerara a infância fora do padrão dos pacientes como sintoma de uma patologia, como no citado caso do “sr. V.H”, seja para celebrar a “cura” de um menino “afeminado” através da terapia de modificação comportamental, como fez o psicólogo norte-americano George Alan Rekers (RECKERS, 1974).
Esses parâmetros guiariam não apenas médicos (psiquiatras, endocrinologistas, cirurgiões plásticos) mas também psicólogos — a medicalização, repita-se, não é um processo exclusivo de profissionais da medicina. À rigidez dos padrões de comportamento para o sexo do século XIX, o psicólogo John Money oporá a bebês intersexuais a plasticidade tecnológica do que ele denominará “gênero”. Money utiliza pela primeira vez sua noção de gênero em 1947 e a desenvolve clinicamente mais tarde com Anne Ehrhardt e Joan e John Hampson para falar da possibilidade de modificar hormonal e cirurgicamente o “sexo” dos bebês nascidos com órgãos genitais e/ou cromossomos que a medicina, com seus critérios visuais e discursivos, não pode classificar somente como femininos ou masculinos. O neozelandês, que viveria a maior parte da vida nos Estados Unidos, conceitua gênero para nomear o “sexo psicológico; pensa sobretudo na possibilidade de utilizar a tecnologia para modificar o corpo segundo um ideal regulador preexistente que prescreve como deve ser um corpo humano feminino ou masculino” (PRECIADO, 2008, p. 81).
Em 1973, após longa luta, a homossexualidade deixou de ser listada oficialmente como uma patologia pelo Manual de Diagnóstico e Estatística dos Estados Unidos. Contudo, sete anos depois, o mesmo documento passou a reconhecer o chamado “transtorno de identidade de gênero” (gender identity disorder, GID) na infância. Rapidamente, esse diagnóstico passou a ser aplicado a crianças cujos comportamentos não se enquadravam nas rígidas normas. A prescrição de medicamentos e cirurgias partem de diagnósticos médicos; assim, se ao longo do século XX quase não há registros de menores de idade sendo encaminhados para “terapia hormonal”, isso mudaria na virada do século. Em 2006, foi publicado o primeiro estudo acerca do uso de uma substância inibidora de hormônios gonadotrópicos, a triptorrelina, na inibição da puberdade de crianças e adolescentes fisicamente saudáveis que receberam diagnósticos de “disforia de gênero” (WAAL et al., 2006). A partir dessa experiência, outras substâncias com efeitos semelhantes seriam utilizadas com a mesma finalidade como a histrelina, a leuprorrelina e a goserelina. O bloqueio de puberdade para estes fins começou a ser recomendado e utilizado internacionalmente[3] e, em paralelo, iniciou-se também a prática de ministrar a menores de idade uma segunda categoria de hormônios artificiais que já era aplicada em adultos — os cross-sex hormones ou ���hormônios cruzados”, que suprimem as características sexuais secundárias do sexo biológico e induzem características físicas do outro sexo.
A medicina e psicologia brasileira seguirão as tendências estrangeiras ao longo do século XX e XXI (TREVISAN, 2000). No alvorecer do XXI, John Green relata o caso de Marina:
Nascido com genitais masculinos, mas sexualmente atraído por outros homens, alguns pensavam que sua essência, alma, espírito, ou pensamento eram, na verdade, femininos, e estavam encarcerados erroneamente num corpo masculino. Nem sua provável formação católica, ou meio social em que foi criado no Brasil rural, nem o aconselhamento médico ofereceram a Marina um modelo alternativo para construir sua identidade sexual e social. Seu desejo de servir, de assumir o papel tradicional da mulher num relacionamento, parecia-lhe a única opção disponível. (2000, p. 136���137)
Em 2008 e 2013 o Brasil criou e ampliou o financiamento público do chamado “processo transexualizador” (Portarias nº 1.707/2008 e nº 2.803/2013 do Ministério da Saúde) estabelecendo a idade mínima de 18 anos para os pacientes se submeterem aos hormônios e 21 às cirurgias irreversíveis. No mesmo ano de 2013, o Conselho Federal de Medicina, baseando-se em estudos estrangeiros, emitiu o Parecer n.º 8/2013, sugerindo o bloqueio da puberdade de crianças diagnosticadas com o que denominava à época “transtorno de identidade de gênero” tão logo surjam os primeiros sinais de amadurecimento físico e recomendando a administração de hormônios cruzados para adolescentes a partir dos 16 anos. Em 2017, a adoção dos critérios internacionais para o diagnóstico de disforia de gênero na infância e adolescência foi sugerida pelo Manual para Disforia de Gênero da Sociedade Brasileira de Pediatria, critérios esses que incluem a preferência por brinquedos e roupas socialmente atribuídos ao outro sexo:
Em meninos (gênero designado), uma forte preferência por cross-dressing (travestismo) ou simulação de trajes femininos; em meninas (gênero designado), uma forte preferência por vestir somente roupas masculinas típicas e uma forte resistência a vestir roupas femininas típicas […] Em meninos (gênero designado), forte rejeição de brinquedos, jogos ou atividades tipicamente masculinas e forte evitação de brincadeiras agressivas e competitivas; em meninas (gênero designado), forte rejeição de brinquedos, jogos e atividades tipicamente femininas. Forte desgosto com a própria anatomia sexual. (SBP, 2017, p. 5)
Em 2018, o Conselho Federal de Psicologia, a exemplo de outros países, publica a Resolução n.º 1/2018, que penaliza profissionais que questionem identidades de gênero. Finalmente, em janeiro de 2020, o Conselho Federal de Medicina publicou a Resolução nº 2265/2019, reiterando a sugestão de intervenções hormonais em menores de 18 anos e recomendando a redução da idade mínima para cirurgias de 21 para 18 anos.
3 O que os estudos nos mostram
A partir do final dos anos 1960, começam a ser publicados estudos de longa duração acerca de crianças e adolescentes atendidos para o que atualmente a Organização Mundial de Saúde e o Manual de Diagnóstico em Saúde Mental (DSM) denominam “incongruência de gênero”.
3.1 O aumento no número de diagnósticos
Dados do Brasil e do mundo vêm mostrando um aumento considerável no número de diagnósticos e atendimentos para as condições supracitadas em todas as idades.
No cenário internacional, destaca-se um aumento de 400% no número de diagnósticos para disforia de gênero em crianças e adolescentes entre 1980 e 2008 no Canadá (WOOD et al., 2013) e, também, lá, um aumento de 500% nos casos entre 1998 e 2011 (KHATCHADOURIAN, 2014).
Nos Estados Unidos, o número de crianças que se identifica como trans aumentou de 0,7% para 3% entre 2017 e 2018 (MEERWIJK et al., 2017; RIDER et al., 2018). Na Inglaterra, houve um aumento de 1000% (mil por cento) no número de diagnósticos entre 2009 e 2016 (DE GRAAF et al., 2018) e os casos quadriplicaram entre 2013 e 2018 (TURNER, 2018). Na Suécia, foi reportado um aumento de 900% entre 2011 e 2016 (FRISÉN; SÖDER; RYDELIUS, 2017).
No Brasil, foi registrado aumento de 32% nos atendimentos ambulatoriais para o protocolo transsexualizador, passando de 3.388 em 2015 para 4.467 entre 2015 e 2016, o número de cirurgias de transgenitalização do sexo masculino para o feminino cresceu 48% (de 23, em 2015, para 34 em 2016) e a chamada terapia hormonal também subiu de 52 para 149 procedimentos, num aumento de 187%. (BRASIL, 2017). Em 2017, o Ambulatório de Identidade de Gênero da USP informa aumento de 60% na procura e que “a busca é maior por parte de famílias de crianças entre 5 e 12 anos” (FARIAS, 2016). Finalmente, em 2019, após a flexibilização para mudanças em documentos, o número de pedidos para inclusão do nome social no Estado de São Paulo disparou: em menos de 30 dias da nova regulamentação, foram feitos quatro pedidos para crianças entre 5 e 10 anos, sete para a faixa etária de 11 a 16 e 45 com idades entre 17 e 21 anos (LEITE, 2019).
3.2 Sobre a persistência para os diagnósticos
Uma série de estudos indica que as taxas de persistência para este tipo de diagnóstico, historicamente, são baixas; a maioria dos casos se resolve após a puberdade. A exceção, conforme será apontado nas considerações finais, reside nas crianças e adolescentes que receberam bloqueadores de puberdade.
Em 2008, um estudo mostrou uma variação na persistência do transtorno de identidade de gênero após a puberdade de 2,5% a 20%, ou seja, na maioria dos casos, o transtorno desaparece antes da puberdade (KORTE, 2008).
No levantamento de Steensma et al., realizado em 2011, foram analisados 10 estudos realizados entre 1968 e 2008 que revelaram que, de um total de 246 crianças, apenas 39 delas mantiveram a disforia. A taxa geral de persistência foi de apenas 16% e variou entre os diferentes estudos de 2% a 27%. Ou seja, entre 73% e 98% das crianças acompanhadas pararam de se sentir disfóricas após a puberdade. O estudo ainda se colocou fortemente contra a chamada “transição social” (mudança de nomes, pronomes, documentos etc.) para crianças menores de 10 anos, argumentando que, a partir dos dados levantados, ela diminui as chances de desistência (STEENSMA et al., 2011).
A pesquisa de Singh (2012) mostra que apenas 12% dos nascidos meninos estudados tiveram persistência para identificação como transexual após seus 17 anos, o que endossa a afirmação de Steensma et al. (2013) de que a puberdade é um fator de resolução para os diagnósticos em 84,2% dos casos analisados.
Por fim, Steensma et al. (2015) revelaram que 70% das crianças diagnosticadas não retornaram à clínica e à transição.
3.3 A relação com a homossexualidade
Parece existir uma sobreposição entre a orientação sexual e estes diagnósticos. Em sua revisão, Nucci (2009) encontrou quinze artigos publicados entre 1977 e 2006 que estabeleciam uma relação entre a homossexualidade e a bissexualidade na vida adulta e a não conformidade de gênero na infância, destacando que as dimensões da orientação sexual e de gênero são, para parte significativa dos pesquisadores, interligadas:
Nesses estudos, o “comportamento atípico” em crianças é pensado pelos autores como um indicador, na infância, de uma possível homossexualidade na vida adulta. Tal teoria, como vimos anteriormente, está ancorada na associação entre gênero e preferência sexual, onde ser homem é igual a ser heterossexual, e a preferência heterossexual é signo de masculinidade. Como consequência, o homem homossexual seria de algum modo feminino (neste caso, seu comportamento na infância seria “feminino”) e a mulher homossexual, da mesma forma, seria masculina.
Também no ano de 2008, estudos longitudinais forneceram evidências de que o comportamento atípico de gênero na infância é correlacionado à orientação homossexual na idade adulta (KORTE, 2008).
Wallien (2008) afirmaria que “no que diz respeito à orientação sexual, o resultado mais provável da GID infantil seria a homossexualidade ou a bissexualidade na vida adulta e não a transexualidade”. Em um estudo, 70% das meninas diagnosticadas e 67,7% dos meninos foram classificados como homossexuais (WOOD et al., 2013).
Outra pesquisa mostraria que maioria dos indivíduos estudados exibiu atração pelo mesmo sexo na adolescência ou idade adulta (HEYLENS et al., 2012).
Numa outra ocasião, o percentual de pacientes que não se declaravam como heterossexuais foi superior a 60% (AITKEN et al., 2015; LITTMAN, 2018).
Reckers (1972) concentrou sua pesquisa de doutorado no tratamento de meninos “femininos”. Neste trabalho, ele cataloga uma série de “comportamentos femininos” como postura “feminina”, marcha, gestos de braço e mão, inflexão na fala e interesse em roupas, jogos e tópicos de conversação considerados típicos do sexo femininos.
Em 2005, Zucker e Spitzer argumentaram contra a ideia de que os diagnósticos para GID seriam uma forma de continuar a patologização da homossexualidade. Para os autores, a inclusão do novo diagnóstico teria sido feita pelos mesmos membros do comitê que lutaram pela remoção da homossexualidade do DSM-II e, portanto, não faria sentido que o intuito fosse esse. Apesar disso, eles reconhecem que, já em 2005, em alguns casos os diagnósticos para GID foram utilizados como argumento para “tratar” a homossexualidade precocemente (PLEAK, 1999; ZUCKER; BRADLEY, 1995; DE AHUMADA, 2003; NICOLOSI; NICOLOSI, 2002).
3.4 A disforia e as nascidas meninas
Um aumento no número de casos entre pacientes do sexo feminino também chama a atenção. Wood já apontava para um aumento de 400% no número de casos de disforia no sexo feminino (WOOD et al., 2013).
Em 2015, mais um estudo canadense mostraria um aumento local no número de diagnósticos em adolescentes do sexo feminino, assim como verificado em 2013 (AITKEN et al., 2015). Em 2018, no Reino Unido, dos 256 casos analisados, 83% eram meninas (LITTMAN, 2018).
No mesmo ano, um grupo finlandês que observou a mesma desproporção reconheceu uma prevalência de comorbidades psíquicas e psiquiátricas em seus pacientes, de ambos os sexos (KALTIALA-HEINO, 2015).
Observou-se, também, que mais meninas persistiram em seus diagnósticos e entraram de fato em transição: 38,5% das meninas contra 27% dos meninos (STEENSA; COHEN-KETTENIS, 2015).
Dos indivíduos que deixaram de apresentar o diagnóstico, uma porção significativa — todas as mulheres e metade dos homens — passou a expressar orientações não heterossexuais (VAN SCHALKWYK et al., 2015).
Milrod e Karasic destacaram, em 2017, que um número crescente de adolescentes do sexo feminino está recebendo hormônios análogos ao liberador de gonadotropina na infância e puberdade e, posteriormente, hormônios do sexo oposto, tendo a mastectomia e a faloplastia como possibilidades ao completarem 18 anos. Há registros de cirurgias transexualizadoras sendo realizadas antes dessa idade, violando os padrões de atendimento da própria Associação Profissional Mundial para a Saúde Transgênero (WPATH) (MILROD, 2017).
A psicóloga Lisa Marchiano (2017) se posicionou criticamente à transição infantojuvenil denunciando que adolescentes de 14 anos estão passando por processos de mastectomia (ROWE, 2016) e que um médico prescreveu a uma menina de 12 anos hormônios do sexo oposto por ela se recusar a usar vestidos (LYONS, 2016).
Aitken et al. (2015) também apontam uma mudança na proporção entre meninos e meninas na busca por tratamento da incongruência de gênero. Até 2006, tinha-se uma maioria de meninos (sexo biológico), invertendo-se o cenário, de 2006 a 2013, para uma prevalência de meninas.
De Graaf e colaboradores (2018) encontraram um número ligeiramente maior de meninos, 50,6%, (2000–2017), mas esse número representa uma diminuição de 20% do período anterior (2000–2006)
3.5 Comorbidades
Estudos apontam que diagnósticos de incongruência de gênero têm sobreposição com outras comorbidades. No período da infância e adolescência destacam-se distúrbios alimentares, e também diagnósticos para o espectro autista.
Em 62% dos casos, a pessoa havia sido diagnosticada anteriormente com algum tipo de transtorno mental (LITTMAN, 2018).
Campo et al. (2003) revelam que 61% dos pacientes com transtorno de identidade de gênero tinham outras comorbidades psiquiátricas, sendo a identidade de gênero um problema secundário aos outros transtornos presentes.
Khatchadourian (2014) verificou que, dos pacientes com incongruência de gênero, 35% tinham algum distúrbio de humor (20 do sexo feminino e 9 do sexo masculino), 24% tinham transtorno de ansiedade (15 do sexo feminino e 5 do sexo masculino), 10% tinham TDAH (2 do sexo feminino e 6 do sexo masculino), 7% tinham um indicativo de que estariam no espectro do autismo (2 do sexo feminino e 4 do masculino), 5% tinham algum distúrbio alimentar (2 do sexo feminino e 2 do sexo masculino), 7% de seus pacientes tinham algum problema de abuso de substâncias (2 do sexo feminino e 4 do masculino), e 26% de seus pacientes tiveram dois ou mais diagnósticos de problemas de saúde mental (12 do sexo feminino e 10 do sexo masculino).
Embora disforia de gênero e distúrbios alimentares não sejam entendidos clinicamente como um mesmo fenômeno, a associação e sobreposição entre tais diagnósticos foi observada por Coutrier et al. (2015), Hepp et al. (2004), Khatchadourian (2014), Walter e Whitehead (1997), Nelson (2012) e Strandjord (2015).
Também foi encontrada sobreposição com o espectro autista por Williams et al. (1996), Vermaat et al. (2018), Abelson (1981), Landpen e Rasmussen (1997), Meyenburg (2014), van der Miesen et al. (2018), Mukaddes (2012) e Tateno (2015; 2008).
Em 2018, uma revisão mostrou que 35% dos pacientes atendidos na clínica de identidade de gênero londrina Tavistok — de um total de mais de 1000 menores atendidos lá desde 2001 — tinham traços de autismo (ADAMS, 2018).
Finalmente, o Guia da Sociedade Brasileira de Pediatria admitiu:
Sabe-se que os transtornos de humor, transtornos de personalidade, uso e abuso de drogas e ansiedade são mais frequentes entre sujeitos com o diagnóstico de disforia de gênero, quando comparados com a população geral. O comportamento suicida também é maior, independentemente da presença de qualquer comorbidade psiquiátrica. (2019, p. 4)
3.6 Sobre raça e etnia
Dados demográficos oficiais para esta população ainda são escassos, principalmente para o Brasil. Entretanto, nos EUA, Flores et al. (2016) encontraram que as pessoas adultas que se identificam como trans tinham maior probabilidade de pertencer a minorias étnicas e raciais, principalmente de origem latina, do que a população adulta em geral. Esses dados falam especificamente da população adulta; por isso, podem não representar a situação dos jovens e crianças medicalizados aqui retratada. Também nos EUA, Rider (2018) encontrou que jovens de minorias étnicas representavam 41,3% daqueles em desconformidade de gênero, contra 28,5% dos demais, o que sugere que o desconforto com a identidade de gênero possa ser agravado por questões étnico-raciais.
4 Possíveis causas e efeitos
4.1 Cobertura midiática
Os meios de comunicação são responsáveis por formação de opinião, direcionamento de consumo e influência no comportamento de crianças, adolescentes e adultos. A abordagem da questão da incongruência de gênero, cada vez mais frequente na mídia, não foge a essa regra, contribuindo significativamente para o aumento do número de casos observado. Littman (2018) destacou como fator importante a exposição à internet e também chamou a atenção para o fato de que 37% dos casos faziam parte de grupos de amigos em que havia mais de um caso de disforia de gênero. A cobertura midiática, inclusive no Brasil, costuma acatar acriticamente as falas de médicos das especialidades beneficiadas pelo processo transexualizador, reproduzir estereótipos sexistas e negligenciar aspectos fundamentais da questão como os efeitos colaterais dos hormônios (RODRIGUES, 2017).
4.2 As “regras do jogo”
As rígidas normas sociais para cada sexo biológico, as quais poderíamos aqui conceituar resumidamente como “gênero”, são uma gama de rituais e símbolos complexos. Seu entendimento por parte de crianças e adolescentes é parte de um processo de individualização e subjetivação. É esperável que existam períodos de desacordo e confusão acerca dos mesmos principalmente com as mudanças fisiológicas intensas da puberdade e a forma como isso afeta a percepção do próprio corpo pode ser decisiva. Em entrevista à revista Crescer concedida em 2019, a psicóloga Elaine Di Sarno afirma:
Atualmente, as crianças tendem a observar e perceber como as diferentes características físicas são vistas pela sociedade, o que pode resultar na construção de um ideal, à medida que abstraem conceitos do que é valorizado como atraente, bem como do que tende a ser “rejeitado” na aparência física. Essa percepção voltada aos corpos dos outros e ao seu próprio corpo podem vir a gerar a satisfação ou insatisfação corporal, desde a infância.
Em 2019, o Dr. Marcus Evans pediu uma supervisão externa da Clínica Tavistock, em Londres, na qual foi observado um aumento de 400% no número de casos de incongruência de gênero em crianças nos últimos 5 anos (2014–2019) . Ao expor a gravidade da questão, ele destaca que a adolescência e a infância são períodos em que as pessoas se desenvolvem social e biologicamente — um período em que os jovens se identificam com diferentes grupos e com aspectos masculinos e femininos de si mesmos:
Há pressão da criança em estado de angústia, pressão da família e do grupo de colegas e dos lobbies pró-trans — e tudo isso pressiona o clínico que pode querer ajudar o indivíduo a resolver seu estado angustiado, indo junto com uma solução rápida […] Há muita coisa em jogo aqui, pois essas decisões têm consequências de longo alcance. (apud IVES, 2019)
O bullying também é um fator determinante nessa percepção distorcida. Um estudo de 2017 mostrou impactos diretos do bullying homofóbico em crianças como fator decisivo para o surgimento posterior de disforia de gênero (DELAY et al., 2017). O processo de subjetivação que direciona esses jovens para a transexualidade parece, portanto, ter origem extrínseca, na socialização e nos agentes socializadores:
Nenhuma criança se define como transgênero. Ela recebe esse rótulo de adultos, que na maioria das vezes são os próprios pais e, posteriormente, especialistas. As crianças estão amplamente imersas em suas fantasias e podem ter identificações lábeis; é preciso respeitar os movimentos identificatórios delas para poder obter uma saída saudável. (JORGE; TRAVASSOS, 2018, p. 115)
4.3 Heteronormatividade e não conformidade
A tentativa de corrigir comportamentos homossexuais através de tratamentos médicos e psicológicos está pautada por uma visão heteronormativa de ser. Essa conexão entre estereótipos de comportamento de gênero e sexualidade é lembrada em:
As performances de gênero, a sexualidade e a subjetividade são níveis constitutivos da identidade do sujeito que se apresentam colados uns aos outros. O masculino e o feminino só se encontram por intermédio da complementaridade da heterossexualidade. (BENTO, 2010, p. 173)
Exemplos da imposição da heteronorma são trazidos por membros da própria comunidade LGBT. Conejo, por exemplo, relembra:
De fato a psicóloga que mencionei declarou que eu tinha um transtorno de identidade de gênero […] Eu não fui o único patologizado por estes professores, psicólogas e psiquiatras, o foram também meus pais, e especialmente minha mãe. Figuras como as do ´pai ausente´ ou ´mãe super protetora´ não tardaram a aparecer como explicações depois teria que ser explicado) meu afeminamento. (2011 apud RODRIGUES, 2017)
A heteronormatividade enquanto um ideal também é encontrada no relato de uma pai que ganhou notoriedade na mídia brasileira por ter uma “filha trans”, atendida no Hospital das Clínicas de São Paulo. Na matéria, ele parece aliviado por descobrir que seu filho não era homossexual mas sim “uma menina no corpo de um menino” (THERRIE, 2017). Vemos essa mesma conexão na obra do ativista trans João W. Nery (2011). No trecho, fica evidente como a construção de sua própria transexualidade residiu em conflitos com sua sexualidade e os estereótipos de gênero:
Adorava as brincadeiras consideradas de menino. Era reprovado. Gostava de me vestir como os garotos, tentando rivalizar e competir com eles. Era ignorado. Tremia e me apaixonava pelas meninas, mas era impedido de me declarar. Meus sonhos eram ser um super-herói, mais tarde casar com uma princesa e ser pai. Era incompreendido. (apud RODRIGUES, 2017)
História semelhante à de João Nery é contada por Jô Lessa, também homem trans. Na adolescência, relatou à mãe seu interesse em uma amiga. As consequências foram traumáticas:
Ela me levou a uma clínica, disse que eu seria atendido por um psicólogo e assim aconteceu. Só que o psicólogo que me atendeu já estava orientado por ela no que fazer, como fazer e fez. […] Eu pensava assim até entender que naquela época eu apresentava sintomas de “homossexualismo”, pois estou relatando acontecimentos entre o final da década de 70 e início dos anos 80, ou seja, ela não precisava orientar o psicólogo para que o mesmo me internasse, esse procedimento constava no CID — Código Internacional de Doenças. (LESSA, 2016)
Jô passou por duas internações em clínicas no Rio de Janeiro, sendo submetido a “tratamentos” degradantes. Amanda Guimarães, youtuber conhecida como Mandy Candy, relata:
Mas os adultos, minha mãe, por exemplo, percebiam que eu não era um menino como meus irmãos. Por mais que eu brincasse de tudo com eles, como subir em árvore, guerrinha, lutinha etc., meu jeito era muito diferente, eu sempre fui muito delicada, meu jeito era feminino. […] E pra piorar tudo na minha cabeça, além da negação do meu corpo masculino, eu também não sentia atração por meninas […]. (2016, p. 19, 30)
Não obstante a lenta e gradual aceitação de gays, lésbicas e bissexuais na sociedade, precisamos ficar atentos para as novas roupagens que a homofobia pode assumir na contemporaneidade. Pelúcio e Miskolci (2009, p. 152) alertam:
O “fantasma” que rondou os leitos lascivos das décadas de 1980 e 90 não perdeu de todo o seu poder de assombro, mas desdobrou-se em muitas fobias materializadas em monstros sociais. Se a homossexualidade foi higienizada, em boa medida controlada em suas expressões mais rebeldes no modelo monogâmico-familiar, agora se avança na patologização de outros comportamentos.
Alguns grupos gays também começaram a se posicionar criticamente a este processo:
Esse processo (de feminilização) parece intensificar-se quando fazemos um recorte socioeconômico dessa situação: quanto mais na periferia, mais o jovem gay é empurrado ao polo de comportamento feminino, ao ponto de muitas vezes ser levado a crer que ele é “uma mulher presa no corpo de um homem”. Feminizar-se é exatamente o que a sociedade espera de nós, para que ela encaixe qualquer discordância com gênero na categoria oprimida e possa perpetuar os dois polos de comportamento que sustentam o patriarcado e a heterossexualidade compulsória. A grande mídia se aproveita disso, ao vender personagens estereotipados em suas produções que só reforçam essa imagem da bicha (GAYS PELA ABOLIÇÃO DE GÊNERO, 2015).
Assim, a feminilidade não é algo natural, nem para mulheres e nem para homens. Para Judith Butler (1993) “a feminilidade não é, então, a consequência de uma escolha, mas a citação forçada de uma norma, cuja complexa historicidade é indissociável de relações de disciplina, regulação, punição” ( apud SALIH, 2002, p. 125).
Ainda faltam mais dados sobre o fenômeno conhecido como “destransição” ou a reversão do processo de “transição de gênero”, mas Charlie Evans, jovem destransicionada e ativista lésbica, fundou a “A Rede de Defesa da Destransição” (“The Detransition Advocacy Network”) e afirma que o grupo tem sido procurado por centenas de pessoas nessa situação (apud SCULLY, 2019). Segundo ela:
Jovens lésbicas são excepcionalmente vulneráveis a esse tipo de ideologia, particularmente porque muitas apresentarão inconformidade de gênero. Somada à opressão do sexo feminino como um todo, muitas jovens lésbicas satisfarão os critérios necessários para utilizarem bloqueadores de puberdade a partir dos dez anos de idade. Existe alguma surpresa em um mundo que oprime lésbicas e idolatra homens heterossexuais que tantas meninas queiram ser homens? (EVANS, 2019)
Evans, em outro texto, revela seu temor em relação aos direitos das mulheres:
Esta não é a única forma em que corpos femininos são alterados pelo bisturi a fim de ajustá-los. Há enormes violações de direitos humanos de mulheres e meninas pelo mundo assim. Porém, poucas são encorajadas, mantidas, ou mesmo prescritas, pelos serviços de saúde e escolas e política governamental. Eu suspeito que essa seja a única violação como tal que é celebrada como progressista e liberal. Por isso é tão aterrorizante. (EVANS, 2019)
4.4 Padrões corporais e as nascidas meninas
Embora o maior número de transexuais representados na mídia seja do sexo masculino (mulheres trans) (GLAAD, 2018), o que os dados revelam é que isso vem mudando. Todos os estudos supracitados apresentam um crescimento no número de indivíduos do sexo feminino diagnosticados com incongruência de gênero. Em seu trabalho, Aitken et al. (2015) creditam isso ao fato de que a transição seria mais aceita em fêmeas, já que, segundo eles, haveria um custo social menor em ser homem trans. Contraditoriamente, os autores também argumentam que homens são mais intimidados quando “afeminados” do que mulheres por serem “masculinizadas” e que isso poderia afetar as decisões de transição.
Em 2016, em sua revisão denominada Será que os diagnósticos para transgeneridade na juventude colocam gays, lésbicas e bissexuais adultos em risco de intervenção médica desnecessária?, Kreher destaca a permissividade de médicos e pesquisadores destes estudos para com a questão e levanta algumas possíveis explicações para o fenômeno:
Eu argumentaria que foi negligente por parte dos autores deste estudo sequer considerar essa mudança de contexto com o fato de que as mulheres experimentam significativamente mais ódio em relação ao próprio corpo do que os homens. Isso se manifesta em mais cortes, dietas, anorexia, bulimia e cirurgia plástica. Labioplastia agora está se tornando mais popular entre adolescentes e mulheres jovens, de modo que seus órgãos genitais possam estar em conformidade com representações da pornografia. Todos estes comportamentos no sexo feminino costumavam ser inexistentes ou raros, mas tornaram-se populares através do contágio social devido ao aumento da atenção da mídia. Eu não estou dizendo que anorexia é o mesmo que disforia de gênero. Há semelhanças e há grandes diferenças.
É importante destacar que os índices de dismorfia corporal em crianças é 7 vezes maior em meninas do que em meninos (NHS DIGITAL, 2017), o que indica uma maior vulnerabilidade do sexo feminino à pressão por normatizações em relação aos seus corpos. A organização australiana Pretty Foundation, que busca promover a autoestima em meninas, aponta dados preocupantes: 38% das meninas de 4 anos se sentem insatisfeitas com seus corpos, 34% das meninas de 5 anos sentem vontade de fazer dieta e 68% delas já sofreu bullying por sua aparência física (2019). Ao passo que traços dessa visão distorcida do próprio corpo são assimilados à construção da feminilidade, isso também afeta jovens não-heterossexuais em conflito com essas normas. Rapazes gays e bissexuais relataram três vezes mais problemas relacionados a distúrbios alimentares do que os heterossexuais, e o mesmo estudo ainda mostrou que não há diferenças significativas entre moças heterossexuais e lésbicas e bissexuais na prevalência de qualquer um dos transtornos alimentares (FELDMAN, 2017).
4.5 Medicalização e mercado
Os efeitos colaterais dos hormônios artificiais que conferem características do outro sexo são conhecidos há décadas[4]* e, em relação aos que bloqueiam o amadurecimento dos corpos infantojuvenis,
Os bloqueadores de puberdade são indicados para o tratamento da puberdade precoce, porém ainda não é possível afirmar se são seguros para a fisiologia de crianças com saúde normal que apresentam disforia de gênero. O estudo com hormônios antagônicos em adultos revelou uma propensão ao desenvolvimento de doenças cardíacas, hipertensão arterial, trombose, acidentes vasculares, diabetes e câncer. (JORGE; TRAVASSOS, 2018, p. 114)
Além dos efeitos adversos, é impossível não registrar que pacientes que emendem o bloqueio puberal com os hormônios cruzados e, obviamente, os que se submetam a cirurgias de redesignação sexual, ficam permanentemente estéreis. Retomando um olhar histórico sobre a eugenia, reconhecemos o padrão de impedir que indivíduos com determinadas características físicas, mentais e comportamentais deixem descendentes. Um trabalho de 2013 já chamava a atenção para as complexidades ofuscadas por essa narrativa “de salvar as crianças do iminente desastre da puberdade” (SADJADI, 2013).
Apesar de muitas vezes ter seu pensamento utilizado como forma de justificar a noção de transsexualidade, Judith Butler se manifestou sobre a “disforia de gênero” na infância, citando o psiquiatra Richard Isay, referência em sexualidade e ele mesmo homossexual:
O diagnóstico, por si só, ele escreve, “pode causar dano emocional por ferir a autoestima de uma criança que não tem nenhum transtorno mental”. Isay aceita o argumento de que muitos jovens gays preferem, quando crianças, o assim chamado comportamento feminino, brincando com as roupas da mãe, recusando-se a participar de atividades rudes e conturbadas; no entanto, ele afirma que o problema aqui não se deve às características, mas às “repreensões dos pais, […] visando a modificar esse comportamento, que teriam efeito deletério sobre a autoestima desses garotos”. A solução que ele propõe é que os pais aprendam a dar apoio ao que ele chama de “características atípicas de gênero”. (2009, p. 103)
Atualmente, as principais substâncias utilizadas com a finalidade de bloquear a puberdade são a histrelina e leuprorrelina. Dentre os medicamentos cujo princípio ativo é a histrelina, os mais vendidos nos EUA são o VANTAS® e o SUPPRELIN®, segundo a PharmaCompass (2018). De acordo com o relatório anual da companhia, a receita com as vendas do SUPPRELIN® aumentaram 800% entre o período de 2010 e 2018 (ENDO PHARMARCEUTICALS, 2010; 2019). Ou seja, o aumento da prescrição e venda destes medicamentos acompanhou o aumento do número de diagnósticos para “TIG”/”disforia de gênero”/”incongruência de gênero” no mesmo período. E embora bloquear a puberdade de crianças rotuladas como trans não seja o único uso previsto para tais substâncias, há uma publicidade massiva na mídia para estas intervenções, as quais no Brasil, são oferecidas gratuitamente nos ambulatórios de identidade de gênero.
A quem interessa diagnosticar a desviância? A quem interessa patologizar como “incongruentes” meninos e meninas com determinadas preferências de brinquedos, vestuário e amizades? A quem interessa medicalizar a homossexualidade, modificando, por vezes de maneira irreversível, os corpos de gays e lésbicas e esterilizando-os antes que cheguem à idade adulta? À erradicação da homossexualidade visível, para que estes indivíduos sejam vistos como heterossexuais? Quem protege o menino que brinca de ser princesa e a menina que se recusa a usar vestidos? A quem interessa a manutenção de homossexuais como nichos de mercado de profissionais de saúde e laboratório, sejam os homossexuais reais, sejam os assim presumidos na infância por conta dos comportamentos desviantes? Para Sheila Jeffreys e Lawrence Mass, através do diagnóstico de “transtorno de identidade de gênero” em crianças e adolescentes, a psiquiatria norte-americana continua sutilmente engajada em terapias de controle social e “cura” da homossexualidade (2003, p. 47).
Até que ponto interesses econômicos não estariam moldando a nossa forma de ver a questão, em especial os de quem detém o poder de prescrever fármacos e os que comercializam fármacos? Bilek (2018) observou a influência de interesses financeiros de conglomerados farmacêuticos, instituições filantrópicas e personalidades milionárias nas pautas do ativismo trans, inclusive, através do financiamento estratégico de universidades americanas e canadenses. Na política, como Hadfield (2019) relata, o grupo britânico Lib Dems recebeu do laboratório Ferring Pharmaceuticals, que fabrica bloqueadores de puberdade, mais de £300.000,00, entre 2018 e 2019, somando £1.454.258,27 entre 2012 e 2019 (BBC, 2019). O Lib Dems se comprometeu com reivindicações de grupos trans, inclusive para menores de idade. Em seu site, le-se: “O direito de pessoas transgênero — e especialmente crianças transgênero — de receber os cuidados médicos adequados está cada vez mais sob ameaça de múltiplas frentes” (LGBT+ LIBERAL DEMOCRATS, 2015).
5 Considerações finais
Os estudos indicam que sujeitos homossexuais e bissexuais são parte significativa dentre os que receberam e recebem diagnósticos do que se denomina atualmente incongruência de gênero. Apesar da despatologização formal da homossexualidade em 1973 pelo DSM, muitos destes sujeitos ainda são, na prática, medicalizados através desse diagnóstico e das intervenções corporais. A chamada “afirmação de gênero” vem acontecendo cada vez mais cedo, adequando menores de idade à heteronorma antes mesmo que eles tenham tempo para se perceberem, ou não, como gays, lésbicas e bissexuais. Isso nos faz pensar se o processo medicalizador que se desenvolveu a partir do século XIX com o objetivo de “curar” homossexuais — em vão, obviamente — continua vigente e também se não estaríamos individualizando em diagnósticos questões coletivas como a dificuldade de acolhimento por parte das famílias, escolas e sociedade em geral das meninas e meninos “fora da caixa”. Convidamos a comunidade acadêmica a refletir sobre este tema e se engajar em práticas que protejam a humanidade, a saúde e os afetos de crianças, em especial das que desafiam os padrões estabelecidos.
[3] Entre outras, as Diretrizes para os cuidados primários e de afirmação de gênero de pessoas trans e não-binárias de gênero, da Universidade da Califórnia (DEUTSCH, 2016), e o Parecer n.º 8 de 2013, do Conselho Federal de Medicina.
[4] Ver: <http://www.nocorpocerto.com/efeitos-colaterais/>.
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Detenzione Speciale. Nel carcere «programma innovativo» «non invasivo» per valutarne i comportamenti
Le scene che balzano subito alla mente sono quelle del film Arancia meccanica di Kubrick, quando il protagonista, Alex DeLarge, si sottopone «a un innovativo programma di rieducazione» per cercare di uscire più in fretta possibile dal carcere in cui è rinchiuso. Divaricatori nelle palpebre per tenere gli occhi sempre spalancati, viene obbligato a fissare a lungo immagini violente allo scopo di annichilire la sua pericolosità sociale. In Abruzzo ecco ora «un innovativo programma» che vede come cavie i detenuti del penitenziario di Chieti.
LO DESCRIVE, in un comunicato ufficiale, pubblicato, nelle scorse settimane, sul sito web, quindi quello istituzionale, del Consiglio regionale, il garante dei detenuti dell’Abruzzo, Gianmarco Cifaldi. Che annuncia la sottoscrizione, poi avvenuta, tra egli stesso, in veste di garante, il rettore dell’Università «Gabriele d’Annunzio» di Chieti-Pescara Sergio Caputi e il direttore della casa circondariale «Madonna del Freddo» di Chieti Franco Pettinelli di un «protocollo di collaborazione» per un progetto «di ricerca altamente innovativo che mira a valutare le risposte comportamentali di detenuti sottoposti ad un determinato stimolo». Esso – continua la nota – «verrà svolto attraverso tre diversi Dipartimenti dell’ateneo», ovvero quelli di «Scienze giuridiche e sociali nella persona del professor Gianmarco Cifaldi» – cioè sempre lui -; di «Scienze mediche, orali e biotecnologiche nella persona del professor Michele D’Attilio» e di «Neuroscienze, Imaging e Scienze cliniche nella persona del professor Arcangelo Merla». «La ricerca – spiega ancora Cifaldi – volge a verificare i presupposti di un comportamento deviante mediante una metodica di stimolo-risposta» che vuole accertare «il grado di aggressività del detenuto».
SI ANDRÀ A VERIFICARE – viene sottolineato – «se c’è o meno un cambiamento posturale in soggetti dotati di una particolare aggressività» con l’utilizzo di «apparecchiature non invasive: la pedana posturo-stabilometrica, che rileva le variazioni del baricentro corporeo nei tre piani dello spazio; la termografia, che stabilisce la temperatura dei muscoli superficiali del viso». «Il test – continua Cilfadi – sarà suddiviso in tre fasi». I soggetti interessati – e riecco Kubrick – verranno sottoposti «alla visione di immagini emotivamente significative ed emotivamente neutre» e «ad un questionario di anamnesi medica ed odontoiatrica». Inoltre verranno testati «col protocollo posturale di D’Attilio». «Il confronto statistico che ne verrà fuori e tra i vari esami – è la conclusione – ci darà informazioni circa l’obiettivo del nostro studio». Il progetto – conclude – si è potuto realizzare «anche grazie alla disponibilità del ministero della Giustizia e del provveditore interregionale, Carmelo Cantone».
INIZIATIVA CHE FA SALTARE dalla sedia Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione – Sinistra europea, ex consigliere regionale e promotore e autore della legge che, nel 2011, ha istituito, in Abruzzo, la figura del garante.
«I detenuti – afferma Acerbo – hanno già tanti problemi, ora devono pure subire gli esperimenti del garante neo eletto dall’attuale governo di centrodestra con l’appoggio dei 5Stelle». Cifaldi, sociologo e criminologo, «professore stipendiato» dalla «d’Annunzio», condurrà la «ricerca – rileva Acerbo – assieme ad altri colleghi. Siamo di fronte alla palese distorsione del ruolo che dovrebbe avere come garante» che non è «certo quello di emulare Cesare Lombroso. Con tutto il rispetto, mi sembra che esista un evidente di conflitto di interessi. Si dimetta e poi presenti a un nuovo garante le sue proposte di sperimentazione».
Nostalgia degli anni Quaranta e Cinquanta? «Limitandomi a commentare quanto annunciato dal garante – dichiara Patrizio Gonnella, giurista e presidente dell’associazione Antigone – mi auguro che questo progetto, scorretto e dal carattere pseudo-scientifico, non parta mai. Ci fa fare passi indietro ed è un triste elogio della semplificazione. La devianza è questione legale, sociale e culturale, non una patologia e, soprattutto, non è legata alla postura: basterebbe cambiare le leggi sulle droghe e, in Italia, avremmo il 30 per cento di detenuti in meno».
«Un programma – evidenzia Danilo Montinaro, di Lanciano (Chieti), psichiatra forense – che non ha senso, con cui si faranno danni. I criteri in esso individuati per rilevare aggressività e pericolosità sono inutili e deleteri, oltre che sconvolgenti. Bisogna invece tener conto di altri fattori, come la situazione carceraria, il sovraffollamento delle celle, la lontananza dalla famiglia…».
Serena Giannico
da il manifesto
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Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso
Questa volta vi porto in un museo un po’ particolare, legato in parte ai miei studi. Diverse volte, sia alle scuole superiori sia all’università, i docenti hanno fatto riferimento a Cesare Lombroso, considerato il padre della criminologia moderna. Secondo le sue teorie, il comportamento socialmente deviante di un uomo è determinato da caratteristiche anatomiche che lo differiscono da un uomo “normale”, quindi si è criminali per nascita. Nel Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso di Torino si può vedere il materiale utilizzato per i suoi studi: disegni, fotografie, preparati anatomici, corpi di reato, ecc. Inoltre avrete modo di “incontrare” il criminologo.
Nei prossimi post vi parlerò degli altri 2 musei che sono situati nello stesso complesso. Al momento della mia visita era in vigore il divieto di fotografare, quindi non pubblico immagini per questi musei.
#viaggi#museo di antropologia criminale cesare lombroso#cesare lombroso#criminologia moderna#comportamento deviante
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Ricordo di Paola De Luca, dai banchi del Mamiani all’ abbaglio della ‘lotta armata’
Ho avuto per caso la notizia per me molto triste della scomparsa di Paola De Luca, deceduta a Parigi dove viveva da quasi quaranta anni. Ne aveva settantatré. Faceva parte del gruppo dei 'rifugiati' e non ancora estradati in Italia come fiancheggiatori e partecipanti alla rovinosa e deviante avventura che negli anni Settanta macchiò di sangue una generazione di estremisti rossi abbagliati dal miraggio del 'comunismo' e della guerra civile rivoluzionaria. Paola fu una di loro. L'avevo conosciuta nel 1961 quando era appena quattordicenne, figlia di buona famiglia borghese, sui banchi di scuola del Mamiani, che frequentava assieme a Silvia Calamandrei e quasi subito si avvicinò alle idee comuniste della sua amica e con lei ebbe a frequentare il circolo della FGCI della Sezione Mazzini, dove si iniziarono molte biografie di intellettuali e dirigenti politici, chi passato in seguito al PCI, chi alla CGIL, e chi evoluto invece in direzione dell'estremismo extraparlamentare.
Eravamo adolescenti quasi coetanei; ebbi con lei un flirt che durò un annetto; poi lei divenne la ragazza di Vanni Pierini, ed eravamo allora tutti in preda ad astratti furori ideologici, al limite dell'eterodossia rispetto alla 'linea del Partito', con intendimenti che preludevano al 'disordine amoroso' del sessantotto...
Poi ognuno prese la sua via; ci perdemmo di vista per tutti gli anni terremotati dell'università, del '68 e del post'68...
Rividi Paola un giorno per la strada, tutta elegante signora sposata e, credo, già separata dal primo marito verso la fine degli anni Settanta, dopo gli arresti del 7 Aprile 1979,credo di ricordare; ci scambiammo opinioni fugaci, lei fu molto affettuosa, mi parlò della vita quotidiana, e nulla dal suo comportamento mi fece pensare a quanto già ben oltre il suo agio covava: una vita da clandestina, partigiana della 'lotta armata'.
Caddi così dalle nuvole quando appresi che era la compagna di Paolo Ceriani Sebregondi, attivo nelle Brigate rosse e accusato di diversi crimini, con lei, per suo conto, coinvolta in varie imputazioni di banda armata et similia.
Rimasi di stucco. E ne ebbi sincera compassione, perché mi tornò subito alla mente quel suo temperamento di ragazzona spontanea, esuberante e radicale, pronta a vivere in modo drastico e cioè fideistico ogni sua assunzione di verità, e pensavo per questo fino a qual punto l' astrazione ideologica potesse averla coinvolta e travolta.
Passarono alcuni anni fino a quando non seppi dai giornali (1987) che Paola era stata arrestata a Parigi con il Sebregondi dal quale aveva avuto due figli. Provai a saperne qualcosa da Oreste Scalzone col quale avevo un contatto, ma non seppe dirmi molto più di quel che ne sapevo io...
Non so poi come Paola uscì dal carcere e come riuscì a rimanere in Francia senza essere estradata in Italia. Ne ebbi piacere comunque per lei. Perché ad onta della mia esecrazione dei suoi atti e dei pensieri che li avevano motivati, le volevo bene.
Era per me la adolescente che avevo conosciuta sotto i platani di Viale delle Milizie e con la quale mi ero scambiato i primi baci d'amore. Ora la rivedo come quei giorni lontani e tutto il resto della storia mi appare come un'ombra che non l' abbia mai veramente riguardata...
Duccio Trombadori
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L’esperimento di Standford: quell’effetto Lucifero che colpisce chi indossa una divisa Quelli nella foto potrebbero sembrare una guardia carceraria e un detenuto normali, anche se occhiali a specchio e sacchetto in testa lasciano dei dubbi. In realtà sono due partecipanti ad uno degli esperimenti che hanno fatto la storia della psicologia e non solo quella. L’esperimento carcerario di Stanford. Promosso dal prof. Zimbardo per indagare il comportamento di individui definiti esclusivamente dal proprio gruppo di appartenenza si svolse nel 1971 presso l’università di Stanford, nel periodo di interruzione delle lezioni. Zimbardo creò all’interno del campus una riproduzione fedele dell’ambiente carcerario e dopo aver selezionato 24 uomini adulti, sani, equilibrati, appartenenti alla classe media, acculturati e privi di qualsiasi comportamento deviante, li divise in due gruppi. Il primo era quello dei detenuti. Ricevettero la medesima divisa, lo stesso berretto e furono incatenati alle caviglie. Il secondo era quello delle guardie, che indossarono una uniforme kaki, degli occhiali a specchio ed ebbero in dotazione manganello e manette. I detenuti avevano delle regole precise a cui attenersi e le guardie avevano il compito di fargliele rispettare. Ovviamente tutti sapevano che si trattava di un esperimento e che i ruoli in cui si erano calati erano totalmente immaginari. Eppure passarono solo due giorni prima che la situazione precipitasse in maniera drammatica. I detenuti iniziarono infatti a protestare per la loro condizione, si strapparono le magliette e si rinchiusero nelle celle. Le guardie che già li trattavano con durezza iniziarono a praticare nei loro confronti forme sempre più efferate di violenza fisica e psicologica. I carcerati furono costretti a cantare canzoncine sconce, a defecare in secchi che non potevano vuotare, a pulire a mani nude le latrine. Zimbardo, dopo un tentativo di evasione da parte dei detenuti represso con durezza, fu costretto a mettere fine al suo esperimento poiché i partecipanti cominciavano a mostrare seri segni di dissociazione dalla realtà, disturbi psicologici, fragilità e sadismo a seconda dei casi. L’esperimento dimostrò in maniera incontrovertibile che l’assunzione di un ruolo istituzionale da un lato deresponsabilizza l’individuo, portandolo a comportarsi senza quei freni sensazionali -paura, vergogna, pietà- che in condizioni normali ne regolano le azioni. Dall’altro che l’osservanza delle regole dell’istituzione a cui appartiene conduce un soggetto a non avere più alcuna autonomia comportamentale ma ad uniformarsi ciecamente al volere collettivo del gruppo. Insomma ambiente e istituzioni determinano in maniera determinante il comportamento di ogni singolo individuo. Zimbardo per spiegare questo fenomeno conierà il termine “effetto Lucifero”. (lefotochehannosegnatounepoca)
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L'ESPERIMENTO DI STANFORD: QUELL'EFFETTO LUCIFERO CHE COLPISCE CHI INDOSSA UNA DIVISA. - Cannibali e Re Quelli nella foto potrebbero sembrare una guardia carceraria e un detenuto normali, anche se occhiali a specchio e sacchetto in testa lasciano dei dubbi. In realtà sono due partecipanti ad uno degli esperimenti che hanno fatto la storia della psicologia e non solo quella. L'esperimento carcerario di Stanford. Promosso dal prof. Zimbardo per indagare il comportamento di individui definiti esclusivamente dal proprio gruppo di appartenenza si svolse nel 1971 presso l'università di Stanford, nel periodo di interruzione delle lezioni. Zimbardo creò all'interno del campus una riproduzione fedele dell'ambiente carcerario e dopo aver selezionato 24 uomini adulti, sani, equilibrati, appartenenti alla classe media, acculturati e privi di qualsiasi comportamento deviante, li divise in due gruppi. Il primo era quello dei detenuti. Ricevettero la medesima divisa, lo stesso berretto e furono incatenati alle caviglie. Il secondo era quello delle guardie, che indossarono una uniforme kaki, degli occhiali a specchio ed ebbero in dotazione manganello e manette. I detenuti avevano delle regole precise a cui attenersi e le guardie avevano il compito di fargliele rispettare. Ovviamente tutti sapevano che si trattava di un esperimento e che i ruoli in cui si erano calati erano totalmente immaginari. Eppure passarono solo due giorni prima che la situazione precipitasse in maniera drammatica. I detenuti iniziarono infatti a protestare per la loro condizione, si strapparono le magliette e si rinchiusero nelle celle. Le guardie che già li trattavano con durezza iniziarono a praticare nei loro confronti forme sempre più efferate di violenza fisica e psicologica. I carcerati furono costretti a cantare canzoncine sconce, a defecare in secchi che non potevano vuotare, a pulire a mani nude le latrine. Zimbardo, dopo un tentativo di evasione da parte dei detenuti represso con durezza, fu costretto a mettere fine al suo esperimento poiché i partecipanti cominciavano a mostrare seri segni di dissociazione dalla realtà, disturbi psicologici, fragilità e sadismo a seconda dei casi. L'esperimento dimostrò in maniera incontrovertibile che l'assunzione di un ruolo istituzionale da un lato deresponsabilizza l'individuo, portandolo a comportarsi senza quei freni sensazionali -paura, vergogna, pietà- che in condizioni normali ne regolano le azioni. Dall'altro che l'osservanza delle regole dell'istituzione a cui appartiene conduce un soggetto a non avere più alcuna autonomia comportamentale ma ad uniformarsi ciecamente al volere collettivo del gruppo. Insomma ambiente e istituzioni determinano in maniera determinante il comportamento di ogni singolo individuo. Zimbardo per spiegare questo fenomeno conierà il termine "effetto Lucifero". #EsperimentoStanford #istituzione #ruolisociali #annno1971 #divisa #effettoLucifero
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4 Giugno 2011 – Satana recluta i giovani attraverso la cultura di massa.
4 Giugno 2011 – Satana recluta i giovani attraverso la cultura di massa.
Mia amatissima figlia la conversione, come risultato diretto dei Miei messaggi che ti ho dato, si sta diffondendo in tutto il mondo. Rallegratevi perché Io vi ho detto che la Mia parola, quando viene letta, infiamma le anime di tutto il mondo comprese quelle dei peccatori tiepidi. Quando donai la Mia parola al mondo migliaia di anni fa ai miei amati apostoli essi ebbero un profondo impatto sul genere umano. Oggi, a parte per i seguaci di Dio L’Eterno Padre e Io Suo figlio, Gesù Cristo, molto di ciò che è stato insegnato purtroppo è stato dimenticato.
Le mie comunicazioni attraverso te, figlia Mia, cercano di semplificare i Miei insegnamenti. Ancor più importante, ed è la ragione per cui parlo ora, è quella di ricordare, insegnare e instillare la Mia Santissima Parola nella mente dei Miei figli cosicché possano essere salvati dalle grinfie di Satana.
Figlia Mia Io ho riempito la tua anima, mediante il dono dello Spirito Santo, con il potere del discernimento. Questo potere è dato a te non solo perché tu possa capire questi messaggi, ma per rivelarti il male del peccato. Ora, quando sei testimone di un peccato ti senti disgustata a tal punto che esso ti farà sentire agitata. Ti sto dando ora un assaggio di quello che soffro quando vedo i Miei figli infestati dal peccato.
Molti di quello che vedete nella vostra vita quotidiana, attraverso i media, i film e la TV vi confondono. Il peccato, quando è presente nelle anime, si manifesta in un modo che è chiaro da vedere attraverso certi segni. Tu, figlia Mia, puoi ora mediante le Mie grazie, discernere immediatamente il peccato in qualcuno. Il primo segno che vedi è l’arroganza e la superbia laddove un uomo si considera più importante di un altro. Gli altri segni che si presentato a te derivano dal peccato di superbia e avidità.
Uno dei peccati più dilaganti oggi nel mondo è la perversione sessuale. Quando esso è presentato al mondo sarà sempre camuffato dall’umorismo. Questo è un modo intelligente di cercare di convincere gli altri che è una parte naturale del vostro umano carattere. Vedi, figlia Mia, a ogni persona nel mondo piace ridere e ha bisogno del senso dell’umorismo che è un dono di Dio. Così, quando il comportamento sessuale deviante è promosso, solitamente esso verrà presentato per farti ridere. Questo succede quando non sviliscono soltanto le donne, ma si influenzano anche i bambini piccoli cosicché essi accettino il comportamento decadente del male come normale cultura popolare.
A Satana piace reclutare giovani anime. Così usa i mezzi moderni per persuadere questi Miei preziosi piccoli agnelli. Loro, i Miei figlioletti, inconsapevolmente emuleranno il loro disgustoso comportamento il quale sarà fomentato finanche ulteriormente dalla pressione dei pari.
Attenzione a quelli che sono nell’industria della musica.
Avverto ora tutti quelli nel settore della musica, del cinema e dell’industria delle arti. Se continuate a contaminare i Miei figli sarete puniti severamente. Voi, sviati figli Miei, siete pupazzi nella collezione d’armi di Satana. Egli vi usa da prima seducendovi attraverso il fascino delle ricchezze, fama e opulenza. Poi invade la vostra anima. Dopo di che egli vi trascinerà nelle profondità della depravazione, dove i suoi demoni entreranno nel vostro corpo così da poter mettere in atto le loro proprie ed orribili lussurie e i loro atti sessualmente depravati. Per tutto il tempo penserete che questo sia solo un innocuo intrattenimento. Non sapete che le vostre anime vengono rubate? Non v’importa? Non vi rendete conto che se commettete questi atti di oscena depravazione sessuale sarete persi per sempre? Come lussuriosamente bramate per ulteriore eccitazione quando l’ultimo atto non eccita più voi diventerete insaziabili. Dopo di che vi autodistruggerete. Perché pensate ci siano così tanti di voi che vivono dietro questa falsa facciata che è la cultura della celebrità che si suicidano? Assumono un overdose di droga? Si sentono depressi. La disperazione violenta attraverso i vostri cuori? Non sapete che Satana vuole la vostra anima in fretta? Prima morite in peccato mortale più rapidamente Satana può rubare la vostra anima a Dio, Padre Onnipotente vostro Creatore.
È difficile per i Miei figli che sono coinvolti in questa menzogna capire. Ma pensate di essa in questo modo. Anche quando siete in peccato, vi è ancora la luce di Dio presente in voi. Molti peccatori, e atei non se ne rendono conto. Continuano la loro spirale discendente di peccato avvicinandosi all’inferno. Ma è solo a causa della luce di Dio che si mantengono sani di mente. Senza la luce di Dio questa terra sarebbe nelle tenebre. Questa oscurità, una volta provata, vi terrorizzerà. I vostri atti peccaminosi non saranno solo ripugnanti per voi ma vorrete correre e nascondervi. Poiché perfino allora, se la luce di Dio dovesse apparire improvvisamente non sareste in grado di sopportarne il bagliore o la potenza.
Senza la luce di Dio vi è la totale oscurità dell’anima. Poiché voi figli Miei, non avete mai avuto a che fare con l’assenza di questa luce, non sareste in grado di sopravvivere se e quando questa luce si spegne.
Nutrite la vostra anima, essa è tutto ciò che porterete con voi nella prossima vita.L’Avvertimento vi darà un senso di ciò che sarà questo sentimento. Se sarete in peccato mortale durante L’Avvertimento non abbiate paura perché è solamente questo. Un avvertimento. Purtroppo, così scioccante che quando vedrete i vostri peccati allo stato grezzo e brutto potreste essere fisicamente colpiti da uno shock. Non aspettate fino ad allora. Fate qualcosa adesso per la vostra attuale vita spirituale. Considerate la dignità della vostra anima. Nutrite la vostra anima, perché è tutto ciò che porterete con voi nella prossima vita. Il vostro corpo è di nessuna importanza. Tuttavia, se utilizzate il corpo, dato a voi da Dio Padre onnipotente come un dono, in maniera peccaminosa cosicché voi spingendo gli altri a peccare, sarà il vostro corpo che causerà la caduta della vostra anima.
Penso figli Miei alla vostra futura felicità. Il vostro tempo sulla terra è solo una frazione del tempo di cui avrete esperienza nella vostra esistenza. La mancata cura della vostra anima garantirà il vostro isolato abbandono all’Inferno in cui non esiste vita, oltre che eterno dolore e tortura.
Ogni giorno a milioni fluttuano velocemente verso le porte dell’Inferno.
Ogni giorno milioni di anime, al momento della morte, fluttuano velocemente verso le porte dell’inferno. Persone potenti, capi, ricchi, poveri, cantanti, attori, terroristi, assassini, stupratori e coloro che hanno avuto aborti. L’unico denominatore comune che tutti loro condividono è questo. Nessuno di loro credeva che l’Inferno esiste.
Il Tuo amato salvatore e maestro
Gesù Cristo
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MINDHUNTER: LA PSICOLOGIA DEL SERIAL KILLER
Nuovo Articolo https://www.nerdpool.it/2018/06/22/mindhunter-psicologia/
MINDHUNTER: LA PSICOLOGIA DEL SERIAL KILLER
Siamo negli anni ’70, precisamente è il 1977 quando Holden Ford, interpretrato da Jonathan Groff, avvia uno studio sul comportamento deviante o meglio: la psicologia dietro i comportamenti criminali, in particolare dei Serial Killer.
Mindhunter è una serie tv statunitense rilasciata nel 2017 da Netflix, basata sul libro di Mark Olshaker e John E. Douglas “Mind Hunter: Inside FBI’s Elite Serial Crime Unit” (Mindhunter: la storia vera del primo cacciatore di Serial Killer).
I PERSONAGGI
Holden Ford, il nostro protagonista, è un giovane e affascinante Agente Federale che lavora nell’FBI come istruttore di reclutamento e addestramento presso l’Unità di Scienze Comportamentali a Quantico, negli Stati Uniti d’America.
Qui Holden inizia a collaborare nei suoi studi con l’agente Bill Tench (Holt McCallany), un uomo di mezza età con una famiglia a cui badare, ma da cui il lavoro lo allontana fino a quasi devastarlo emotivamente.
Ad aiutare Holden e Bill c’è anche la psicologa Wendy Carr, una donna fredda, professionale e diffidente, interpretata da Anna Torv, già vista come Olivia Dunham nella serie del 2008 “Fringe“.
TRAMA
I tre inizieranno, dunque, uno studio centrato sulla comprensione di ciò che spinge gli uomini a compiere efferati omicidi a sangue freddo, ripetutamente nel tempo. Individui definiti inizialmente dalla squadra come “Assassini Sequenziali”.
Ma la vera particolarità, se così vogliamo chiamarla, di questi omicidi è l’utilizzo del medesimo modus operandi messo in atto da questi sicari.
E’ da qui che viene coniato il nuovo termine con il quale verranno indicati gli assassini professionisti, i cosiddetti “Serial Killer“.
LA PSICOLOGIA DI MINDHUNTER
Holden, Bill e Wendy creano un nuovo metodo di indagine per l’identificazione del colpevole: la Profilazione o Definizione del profilo criminale, metodo utilizzato anche nel celebre film “Il silenzio degli Innocenti“.
L’obiettivo è quello di provare a comprendere cosa realmente accada nella psiche oscura del criminale, da dove si origini il Male.
Per arrivare a ciò i tre agenti visitano varie prigioni per intervistare i più famosi pluriomicida, ormai dietro le sbarre, tra cui Edmund Kemper (Cameron Britton), un uomo di 2,00 metri con un QI di 145.
Kemper è un sociopatico che all’età di soli 15 anni uccise entrambi i nonni per poi essere inserito nell’Ospedale Psichiatrico Criminale di Atascadero, dal quale venne rilasciato all’età di 21 anni.
Dopo il suo rilascio Ed ha compiuto altri 8 omicidi che lo hanno condannato all’ergastolo nel California Medical Facility.
Edmund è un uomo apparentemente tranquillo, pacifico, mite e garbato, che a tratti ci ricorda il nostro amato/odiato Hannibal Lecter.
Tra Lui e Holden si crea un rapporto professionale, dato dai numerosi incontri di consulenza attraverso cui l’agente, prendendo prima appunti e poi registrando, tenta di individuare nei racconti dell’omicida cosa spinga gli uomini come lui ad agire in modo cosi crudele.
I Serial Killer non uccidono mossi da un brivido di follia omicida, loro sono meticolosi, intelligenti, consapevoli e razionali. Per queste persone uccidere non è uno sfogo, è una Vocazione.
Durante lo sviluppo degli eventi, inoltre, vedremo spesso in scena un misterioso personaggio di cui si potrà intuire la vera identità solo a fine stagione…forse.
PER CHI AMA IL CRIME PSICOLOGICO
Mindhunter, con i suoi 10 episodi dai 36 ai 60 min, è una serie incentrata sul dialogo, sull’introspezione dell’essere umano. Se vi aspettate un prodotto colmo di azione, sparatorie e indagini sulla scena del crimine alla CSI vi sbagliate di grosso.
Quello che vuole trasmettere questa serie è qualcosa di molto più profondo e riflessivo, ci fa tuffare negli studi affascinanti della criminologia, sulle note di Psycho Killer dei Talking Heads e la sigla Main Titles di Jason Hill
E’ una vera e propria immersione psicologica.
“se capiamo chi è un criminale, allora possiamo anche capire come agisce”
PRODUZIONE
L’idea di fare del romanzo di John Douglas e Mark Olshaker una serie fu nientemeno che di Charlize Theron.
L’attrice, che vediamo tra i produttori esecutivi, propose al produttore Jim Davidson e al regista David Fincher (Fight Club, Seven, Zodiac, House Of Cards…) di portare sul piccolo schermo la storia del cacciatore di Serial Killer.
Fincher, vincitore del Golden Globe come Miglior regista per The Social Network, inizialmente non fu molto entusiasta all’idea di creare un’ennesima serie crime, ma una volta letta la sceneggiatura non poté far altro che accettare.
Perché Mindhunter non è la solita serie thriller, è innovativa, intensa, coinvolgente, intrigante e imperdibile per gli amanti del crimine come la sottoscritta.
LA SECONDA STAGIONE
La seconda stagione è stata confermata da Fincher, il quale ha dichiarato che si incentrerà sugli omicidi che hanno avuto come vittime i bambini di Atlanta tra il 1979 e il 1981.
Inoltre, probabilmente rivedremo il misterioso uomo con i baffi che per tutta la prima stagione ci ha accompagnati, facendoci interrogare su chi realmente fosse e che ruolo avesse nella serie.
Magari questo mistero verrà svelato nella prossima stagione, anche se già dalle prime indiscrezioni sono nati grandi sospetti sulla sua figura, fortemente somigliante ad un noto pluriomicida.
E voi avete visto la serie? Cosa ne pensate? Se invece non l’avete vista, vi ho convinti ad andare a vederla? 😉
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–kika
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