#compiti evolutivi
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scogito · 2 years ago
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La cosa più difficile per gli esseri umani è assopire la mente, perché la cosa più difficile da fare a questo mondo è aprire il cuore.
Riconoscerlo. Lasciarlo parlare. Ascoltare. Creare ciò che c'è dentro.
Non a caso la libertà sta dall'altra parte di tutto questo ...e non è regalata a nessuno.
(non è di bontà che parlo).
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cinquecolonnemagazine · 4 years ago
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Plusdotazione: intelligenza è essere se stessi
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“L’intelligenza è essere se stessi”. Definisce così la sua plusdotazione un ragazzo gifted ed è su questo che l’Istituto di Ortofonologia (IdO) punta la sua attenzione: “Far capire che al di là del funzionamento, è importante che ogni individuo plusdotato si sintonizzi con se stesso e con tutto ciò che ruota intorno al suo Quoziente Intellettivo (QI)”. Per Laura Sartori, psicoterapeuta dell’età evolutiva e coordinatrice del progetto Gifted dell’IdO, c’è ancora molto da fare nell’ambito della plusdotazione. La terapeuta lo ribadisce al convegno in diretta streaming, che celebra i 50 anni di attività dell’Istituto e totalizza 22.000 visualizzazioni nei primi tre giorni. Come il concetto di intelligenza, anche quello di plusdotazione è in continua ridefinizione, ma quando i gifted raccontano cosa sia per loro l’intelligenza, “riescono a farci capire la loro velocità, questo affollamento di pensieri divergenti o, potremmo dire, arborescenti. Hanno una capacità di processare le informazioni che genera tutta una serie di risposte, idee e associazioni alternative decisamente superiore a quelle prodotte da un soggetto con un QI nella media.  Vivono in un mare di possibilità e di elementi creativi e originali- spiega la specialista- che a volte, però, può creare anche un affaticamento e una dispersione all’interno del loro divergere del pensiero”. Verosimilmente, sottolinea il neuropsichiatra infantile dell’IdO Davide Trapolino, “la plusdotazione ospita in qualche modo il germe di un genio dentro quello del plusdotato. Ma il genio per definizione coglie ciò che gli altri non riescono a cogliere. Questo dono sembra essere bilanciato da un rischio costante di non aderire esattamente al cosiddetto senso comune. Quindi- precisa il neuropsichiatra- vedere le cose diversamente dall’altro non è soltanto un dono, può diventare una dannazione che amplia lo scarto tra me e la realtà trasformandosi in una difficoltà di ordine relazionale”. A livello epidemiologico i dati sono noti. Se si considerano i soggetti che hanno un QI maggiore o uguale a 130 si parla di circa il 2,5% della popolazione, mentre quelli che hanno un alto potenziale cognitivo con QI superiore a 120 sono circa il 5-6% della popolazione. Statisticamente si tratta di uno studente per classe. “L’individuazione precoce- aggiunge Sartori- è fondamentale per dare il prima possibile a questi adolescenti e bambini l’opportunità di sintonizzarsi realmente con il loro funzionamento, comprenderlo, dargli un nome, descriverlo e consentire agli adulti che ruotano intorno a loro – nei contesti familiare, scolastico ed extra scolastico – di capire il perché di determinati comportamenti, risposte e anche di alcune sovrainvestimenti negli aspetti emotivi”.Successivamente, nei casi in cui sia presente una doppia eccezionalità, l’inquadramento diagnostico non si dovrà fermare “all’etichettamento del sintomo- puntualizza Trapolino- ma deve interpretarlo come un compromesso, un’espressione sintomatologica che racconta un modo di stare al mondo e una difficoltà. Ovviamente quello che ci guida è la compromissione del funzionamento qualora il giovane gifted si presentasse alla nostra osservazione con una difficoltà, che merita un ascolto ed eventualmente la costruzione intorno a lui di un percorso terapeutico”. Prima ancora della diagnosi, quindi, c’è l’individuazione precoce. Un processo in cui sono due gli attori fondamentali: gli specialisti e il personale scolastico. “La scuola arriva prima degli specialisti nel processo di osservazione- ricorda Sartori- gli insegnanti, che devono essere informati e formati sull’argomento, hanno a disposizione delle schede di osservazione che permettono di individuare degli indicatori e degli elementi che possono rientrare in un quadro di plusdotazione, avviando poi una verifica da parte dello specialista”. In questo senso, e da oltre dieci anni, l’Istituto di Ortofonologia ha iniziato il suo lavoro nelle scuole incontrando gli insegnanti: ha inviato a 700 scuole con cui collabora il kit per facilitare l’individuazione del gifted. “Abbiamo standardizzato il primo strumento in Italia di osservazione nel contesto scolastico ad utilizzo dei docenti, la scheda Gates-2 per l’individuazione di questi primi possibili segnali di alto funzionamento cognitivo”, fa sapere Sartori. Un forte impegno l’IdO lo ha destinato anche alla “formazione degli specialisti, lavorando con diverse scuole di specializzazione per psicoterapeuti dell’età evolutiva così da evitare le mis-diagnosi: il confondere alcuni comportamenti correlati all’alto potenziale cognitivo con dei disturbi veri e propri”. Infine, in ambito valutativo e clinico, l’IdO ha sviluppato “un protocollo di valutazione specifico per l’alto potenziale che va oltre la misurazione del QI. L’obiettivo e’ comprendere tutti gli aspetti emotivi e relazionali, conoscere il contesto familiare, scolastico e il rapporto del gifted con i pari. In ultimo, quando la plusdotazione è contemporaneamente presente a un reale disturbo (doppia eccezionalità), abbiamo attivato una serie di protocolli specifici di intervento, supporto e terapia con operatori adeguatamente formati”.  Ormai la letteratura scientifica ha fatto passi enormi, tanto da definire differenti tipologie cliniche di minori con plusdotazione. “Un esempio da non sottovalutare è il sottotipo gifted dell’underachievement- continua Trapolino- cioè il soggetto che non riesce a esprimere a pieno il proprio potenziale. Anzi nelle sue manifestazioni comportamentali, nella sua espressività sintomatologica, non pone prima di tutto la propria intelligenza ma il proprio disadattamento. In questo caso vi è probabilmente uno scollamento fra l’ideale, le aspettative (anche quelle familiari) e la sua capacità di ottenere risultati, che può esitare in condotte disfunzionali di tipo ansioso depressivo, o in disturbi comportamentali più conclamati. Allo stesso modo può esservi un soggetto- chiosa il neuropsichiatra- che ha un altissimo rendimento scolastico ed è a rischio di ritiro sociale, non trovando da un punto di vista della socializzazione un linguaggio comune col proprio coetaneo”. Trapolino parla chiaramente: “Non ci interessa solo intercettare il disagio, ma l’esperienza soggettiva che il plusdotato fa del disagio. E la domanda è: ‘Esiste una peculiare modalità per questi soggetti di vivere il disagio adolescenziale?’ I meccanismi di difesa, lo sviluppo della personalità, le capacità di regolazione emotiva di base, i compiti evolutivi tipici dell’età, vengono affrontati da un’altra prospettiva? Sono tutte domande aperte e ovviamente non abbiamo risposte definite. Speriamo, tuttavia, che il nostro lavoro, prima di tutto clinico, possa contribuire ad ampliare la conoscenza su questi soggetti”. Read the full article
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Quando non vuole andare a scuola
Fobia Scolare
Quando si parla di rifiuto scolare si fa riferimento ad un disturbo in cui il livello di ansia ad andare e restare a scuola sono tali da compromettere in modo significativo una regolare frequenza scolastica e causare sequele a breve e lungo termine.
Le conseguenze possono riguardare lo sviluppo emotivo sociale, le acquisizioni scolastiche, difficoltà nei rapporti con la famiglia. In seguito si possono avere difficoltà lavorative e può aumentare il rischio di un’importante compromissione della salute mentale della persona.
Il rifiuto scolare non va confuso con l’assenza ingiustificata da scuola, quest’ultimo è un comportamento in cui è assente l’ansia e la paura eccessiva di frequentare la scuola e spesso è associato a comportamenti antisociali e alla mancanza di interesse per la propria formazione scolastica. Il ragazzo che soffre di rifiuto scolastico può assentarsi dalla scuola fin dall’inizio della giornata, o può recarsi a scuola e poi, dopo poche ore, chiedere di tornare a casa.
Durante le ore scolastiche il bambino resta a casa, un ambiente fidato e sicuro, può dedicarsi in modo sereno ad altre attività tra cui svolgere i compiti.
Tale disturbo riguarda l’1-5% dei ragazzi in età scolare senza differenze di genere, dai dati presenti in letteratura sembra più frequente in alcuni delicati cambiamenti evolutivi quali l’inserimento nella scuola elementare (5-6 anni) e il passaggio alle scuole medie (10-11 anni).
Il disturbo si caratterizza per i seguenti comportamenti problematici e sintomi somatici:
elevata reazione di ansia nel momento in cui esce da casa o giunge davanti alla scuola, al punto da presentare sintomi da panico.........
http://www.psicologadeibambini.it/si-rifiuta-di-andare-a-scuola-cosa-fare/
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lucia-mariani-blog · 6 years ago
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Ansia da separazione.
In certi momenti della crescita, i bambini mostrano ansia quando devono separarsi dai genitori: un fenomeno sano cha fa parte del loro sviluppo.
“Ho due splendidi bambini di cinque e due anni. Ultimamente la grande va in crisi al momento del distacco se la lascio in un ambiente “nuovo”. E sì che è andata al nido dai sei mesi d’età senza mai crisi. Neppure alla materna ha avuto problemi, neanche quando è nato il fratellino, a parte qualche piccolo episodio sporadico.
Ora, finita la scuola, l’ho iscritta a diverse proposte estive, per colmare il vuoto fino a settembre e per proporle attività stimolanti nelle tre settimane prima di andare in montagna tutti insieme; poi starà dalla nonna. La scorsa settimana: piscina. C’è andata tutto l’inverno per il corso di nuoto, ma niente: al terzo giorno ho dovuto andare a prenderla per “mal di pancia e di testa”. Non ne voleva più sapere, diceva che le fanno fare giochi troppo da grandi e che non conosce nessuno, così si isola. Questa settimana frequenta un agriturismo, dove sono molto bravi: dividono i bambini in gruppi di coetanei e li coinvolgono nella cura degli animali. Ieri mattina: scenata e pianti. L’ho lasciata là. Quando sono andata a prenderla dopo pranzo era tranquilla. Si era inserita nel gruppo, però stamattina la storia s’è ripetuta. Non capisco perché, una volta conosciuto l’ambiente e le persone, continui a soffrire tanto al momento del distacco… per poi divertirsi!”.
Ricaricare le batterie.
Credo che quelle di sua figlia siano espressioni di “ansia da separazione”, ma questa è solo una parte di quanto sembra accaderle. Sembra, infatti, che sua figlia stia vivendo, in questo periodo, una (normalissima!) crisi di riavvicinamento, che attiva angoscia nei momenti di distacco.
Le crisi di riavvicinamento sono fenomeni del tutto normali, molto importanti, purtroppo quasi sempre misconosciuti, che, paradossalmente, sono connessi al fatto che i bambini in quel momento stanno andando avanti nel processo naturale di crescita. Sembra che stiano tornando indietro, ma così non è. Tornano a essere “mammoni”, proprio perché sanno, molto meglio e per molti ambiti della vita, di essere diventati grandi rispetto ai tempi precedenti.
Questa consapevolezza di essere, relativamente a prima, “ormai grandi” produce una forte ansietà: «Accidenti! Adesso che sono grande, ce la farò? Che ne sarà di me? Perderò tutto? Potrò ancora ricevere sicurezza, coccole, amore, riconoscimenti da mamma e papà, come quando ero piccola (o piccolo)? O dovrò adesso arrangiarmi del tutto da sola? D’ora in poi dovrò considerare perduti papà e mamma come mie risorse?».
Attenzioni e coccole anche da “grandi”.
Proprio per poter tornare a procedere verso il futuro con tutte le competenze, abilità e capacità acquisite, il bambino ha, in questi momenti, assoluto bisogno di sperimentare che può anche essere “piccolo” come prima e può ancora contare sulla comprensione e sul sostegno affettuoso dei genitori, ricevendo ancora attenzioni, coccole e tenerezza.
Ma i genitori di solito reagiscono spazientiti, irritati, arrabbiati, sprezzanti: «Ma come! Hai sempre fatto di tutto, e adesso che sei grande ti metti a far la lagna?! Vergognati!». Niente è più deleterio in quei momenti, perché il bambino ha bisogno di rassicurarsi (spesso basta una settimana intensiva di coccole e attenzioni), per poi ripartire di slancio più di prima.
Per diventare grandi bisogna prima essere piccoli…
Si tratta di una fase evolutiva, che passa, anche rapidamente, se si danno adeguate risposte ai bisogni di rassicurazione che il bambino segnala. Sua figlia, del resto, lo dice chiaramente che, in questo momento, ha bisogno di essere trattata più “da piccola”: le fanno fare giochi “troppo da grandi”, e “non conosce nessuno”. Esprime come può e come sa il bisogno di rassicurazione, di ricaricare le batterie affettive. Se lei la rassicura coi fatti (pretendendo meno, coccolandola di più, standole più vicino) e con le parole, queste richieste rapidamente diminuiranno o cesseranno, magari per ripresentarsi brevemente di tanto in tanto.
Quello delle crisi di riavvicinamento è un modello fondamentale di reazione che attiviamo, in tutte le età della vita, di fronte alle situazioni in cui sentiamo la necessità di progredire nei percorsi di realizzazione di noi stessi: i nostri bisogni di rassicurazione balzano in primo piano per l’esigenza di integrarli con i nostri bisogni evolutivi.
Se invece, magari con l’illusoria intenzione di aiutarla, si intestardisse a spingerla ancor più ad affrontare le situazioni “nuove” (che, come lei nota, magari non hanno nulla di nuovo, se non il modo di essere percepite), lei farebbe correre a sua figlia il serio rischio di “fissarsi” su una immagine di sé come incapace, spaventata, ansiosa, che rifugge le situazioni “da grandi” in quanto sentite come sproporzionate. Un bel guaio, soprattutto per il futuro.
Prendere le cose con calma.
Conviene, a questo punto, fare una precisazione: questi non sono capricci, ma espressione di bisogni reali, ancorché transitori, cui è necessario dare risposte dirette.
Ricordo una bambina iper-attivata dai genitori in tantissime iniziative (sport, musica, gruppi…), che un giorno esclamò: «Ma i bambini non vanno mai in vacanza?!». Sentiva gli impegni cui i genitori cercavano di interessarla come fossero obblighi scolastici: magari divertenti, ma soprattutto obblighi, compiti. Attenzione, quindi: se la spinge troppo, ottiene l’effetto contrario e la bambina si aggrapperà sempre più a lei, perché si sentirà:
insicura
non compresa
spinta a fare cose “da grandi”, ma “con le pile scariche”
I bambini che sono stressati da un “iperdosaggio” di attività stimolanti hanno bisogno (come noi adulti) anche di prendersela con calma. Sua figlia si trova spinta a fare tre settimane di vacanza in tre ambienti differenti: forse davvero la vita le sta apparendo come una cosa che pretende troppo da lei.
Coccoli, dunque, sua figlia, che ha davanti a sé l’esempio del fratellino, cui vengono riservate coccole e accudimenti. Ne riservi anche a lei un po’, e la vedrà ripartire con entusiasmo verso il mondo esterno.
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Fonte web: https://www.uppa.it/psicologia/emozioni/ansia-da-separazione/
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tmnotizie · 8 years ago
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GROTTAMMARE – La complessità delle crisi adolescenziali odierne genera interrogativi educativi inediti per le famiglie, costringe sempre più spesso i professionisti del settore psicosociale a rivalutare i propri strumenti e le proprie metodologie di intervento. Obiettivo del percorso formativo “I nuovi adolescenti. Una lettura di ispirazione psicoanalitica” è la presentazione di una delle proposte più attuali e significative all’interno dei modelli della psicanalisi dell’adolescenza, la “Psicoterapia evolutiva” formulata da Gustavo Pietropolli Charmet insieme ai docenti dell’Associazione “Minotauro” di Milano.
Il corso dedicato ai “nuovi adolescenti” è realizzato da La scuola Ama – Agenzia per l’Alta Formazione della Cooperativa Sociale Onlus Ama Aquilone, un’offerta formativa articolata, dove la conoscenza si traduce in nuove modalità di operare nel sociale. Un percorso multidisciplinare che, avvalendosi del contributo didattico di autorevoli realtà, professionisti ed opinion leader, si propone di Sviluppare una visione solidale, Accrescere le competenze per contribuire al cambiamento, Promuovere una prospettiva globale, Contribuire alla costruzione di percorsi di networking e business community.
Il corso a cura dei docenti dell’Associazione “Minotauro” è rivolto ad assistenti sociali, psicologi, educatori, medici, professionisti, operatori di comunità, studenti universitari, insegnanti. Dedicato alla psicoanalisi dell’adolescenza, il percorso formativo che partirà il 21 aprile, è realizzato da “La scuola Ama” – Agenzia per l’Alta Formazione della Cooperativa Sociale Onlus Ama Aquilone. Conferisce crediti ECM. Il percorso, che si terrà presso l’auditorium Caritas di San Benedetto del Tronto (AP), è articolato in dieci moduli, in ognuno dei quali viene approfondita una tematica specifica.
Gli argomenti. Nuovi adolescenti ed i compiti evolutivi che devono affrontare. Un nuovo padre e una nuova madre. Attacco al corpo e suicidalietà. Disturbi del comportamento alimentare. Dipendenze tecnologiche. Ritiro sociale. L’adolescente e la capacità di rappresentare e simbolizzare. Comunità terapeutiche, relazione e ricerca. Abuso di sostanze ed antisocialità. Conclusione e analisi dei casi.
L’istituto. Il Minotauro è formato da psicologi e psicoterapeuti che da trent’anni collaborano in attività di ricerca-formazione e consultazione-psicoterapia. “Utilizziamo un modello psicoanalitico che si ispira al pensiero di Franco Fornari, sviluppato negli anni da Gustavo Pietropolli Charmet ed altri soci”. Il Minotauro fa parte dell’AGIPPsA (Associazione Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescenza) e collabora con l’ISAPP (International Society for Adolescent Psychiatry and Psychology). Numerose sono le pubblicazioni dei soci dell’Istituto.
La Cooperativa. La Cooperativa sociale Minotauro, fondata nel 1984, promuove progetti di prevenzione, ricerca, formazione, analisi istituzionale e gestisce servizi psicosociali.
La Fondazione. La Fondazione Minotauro gestisce un Centro clinico ed una Scuola di specializzazione in psicoterapia psicoanalitica per l’adolescente e il giovane adulto.
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tmnotizie · 8 years ago
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SAN BENEDETTO – La letteratura scientifica segnala un cambiamento quantitativo e qualitativo del disagio giovanile avvenuto negli ultimi anni al punto che diversi autori parlano apertamente di “nuovi sintomi sociali”. Disturbi alimentari, uso e abuso di sostanze, dipendenze comportamentali, ritiro sociale, disturbi d’ansia e depressione costituiscono fenomeni tutt’altro che marginali tra i giovani contemporanei. L’epoca postmoderna sembra in questo senso esasperare le difficoltà degli adolescenti nel sostenere i compiti evolutivi tipici della loro età e nell’elaborare correttamente il processo di individuazione-separazione. Da questo punto di vista, è diventato ancor più complicato per i genitori, gli educatori e gli stessi professionisti della salute mentale occuparsi del disagio dei giovani ed aiutarli nella gestione dei loro momenti critici senza poter contare su strumenti solidi come quelli “passati”.  Organizzato dal Dipartimento di Prevenzione (U.O. PEAS/U.O.C. SISP) dell’Asur Marche AV 5 che si occupa da diversi anni di prevenire i comportamenti a rischio e promuovere sani stili di vita in età adolescenziale, il ciclo di incontri “Parole stupefacenti: Adolescenza in crisi” – giunto alla sua III edizione – intende mettere in rilievo il rapporto degli adolescenti con le diverse declinazioni del disagio della civiltà postmoderna, con il “vuoto” di cultura espresso dalla caduta degli ideali, con la facilità di accesso alle sostanze stupefacenti, con i lati oscuri dei social network. Il ciclo di incontri – di cui Daniele Luciani è Responsabile Scientifico – è organizzato in collaborazione con il Comune di San Benedetto del Tronto, l’Ambito Territoriale Sociale XXI, l’Ordine degli Psicologi Regione Marche, l’Associazione Lacaniana Italiana di Psicoanalisi, la Lega Italiana Lotta ai Tumori, l’Associazione Nazionale Assistenti Sanitari, Youngle Connection e il Laboratorio di Psicoanalisi. Il 5 maggio Marco Giri (Psichiatra Asur Marche AV n.5, Docente Università Politecnica Marche) proporrà un intervento sul disagio adolescenziale concentrandosi in particolar modo sugli agiti autolesivi, il 12 maggio Daniele Luciani (Psicoterapeuta Asur Marche AV n.5, Psicoanalista, membro Alidipsi) offrirà uno sguardo sui disturbi alimentari e sulle dinamiche inconsce che li sottendono, il 19 maggio Matteo Lancini (Psicoterapeuta, Presidente Fondazione Minotauro, Docente Università Bicocca Milano) affronterà il tema del ritiro sociale in adolescenza e delle dipendenze legate ad internet, il 26 maggio infine Angelo Villa (Psicoanalista, Docente Università Bicocca Milano, Docente IRPA) metterà in luce il rapporto tra adolescenza, società contemporanea e sostanze stupefacenti. Professionisti del campo socio-sanitario come Angelomarco Barioglio, Maria Grazia Mercatili, Simona Marconi, Antonio De Santis, Tiziana Capriotti, Claudio Cacaci e Antonella Baiocchi introdurranno e discuteranno i diversi interventi dei relatori. L’ingresso è libero e l’invito è esteso a genitori, insegnanti, studenti e professionisti socio-sanitari
Gli incontro sono in programma dalle ore 16,00 alle 20,00 presso l’Auditorium Comunale “G. Tebaldini” di viale Alcide De Gasperi, 124 – San Benedetto del Tronto (AP)
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