#come dovrebbe essere il mondo
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Qualche dubbio su come dovrebbe essere il mondo??? chiedete!!!!!!
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Piccoli gesti
Attimi di gentilezza
Momenti di grazia.
Il mondo come dovrebbe essere
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Vorrei ricordare a tutti quelli che si lamentano della concorrenza sleale di tanti prodotti stranieri, a tutti gli agricoltori che scendono in piazza per difendere i loro ortaggi, vini e formaggi dall'assalto di prodotti stranieri, a tutti quelli che danno retta a tesi strambe o a quella retorica nazionalista di certi politici.. che quando si sottoscrivono accordi commerciali bilaterali, vuol dire che si danno cose e cose si prendono. Se tu vuoi portare mobili in quel paese, devi prenderti la sua carne e il suo grano. Se vuoi gas algerino, ti prendi tutti i suoi prodotti agricoli, arance, olio, limoni o datteri che siano. Dovrebbe essere buona norma della politica (tutta) , illustrare a noi cittadini, i termini dettagliati degli accordi che l'Italia va sottoscrivendo con tanti Paesi al mondo, così da capire quali settori ne trarranno vantaggio e chi svantaggio, altrimenti siamo alla solite frasi roboanti come se per l'Italia arrivano solo vantaggi. Ma qualcuno puo' credere che noi siamo i "furbetti" e gli altri tutti cojoni? Poi, se a voi piace essere presi per il c.lo dando retta a chi promette difese e barricate pur di tenere il nemico fuori dalle mura, accomodatevi.. @ilpianistasultetto
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Il vizio della parola
Il vizio della parola
Il divieto per le donne di usare la voce in pubblico nell’Afghanistan dei talebani. E noi ammutoliti da un diluvio di neologismi assurdi (vedi alla voce “maranza” o “sunshine guilt”)
Se togli loro la parola, scompariranno. I talebani hanno recentemente emanato una serie di leggi inerenti la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. Già questo proietta lo sguardo su un mondo che appartiene a una galassia lontanissima. E quando mai dalle nostre parti si parla più di vizi e virtù? In ambito legislativo, oltretutto.
In ogni caso, queste leggi sono state approvate dal leader supremo dei talebani, Hibatullah Akhundzada, e tra i provvedimenti ne spicca uno: «La voce di una donna è considerata intima e quindi non dovrebbe essere ascoltata mentre canta, recita o legge ad alta voce in pubblico». Per promuovere la virtù e scacciare il vizio, le donne non potranno esprimersi a voce alta nei contesti pubblici. Le imbavagliano, anzi le ammutoliscono, ma per il loro bene s’intende.
La scena è agghiacciante, ci costringe a una doccia terribilmente fredda. I talebani hanno chiaro chi sia una donna, a differenza della nostra situazione un po’ più aperta, cioè confusa. Abbiamo trascorso l’estate – ma è stata la ciliegina su una torta sfornata da tempo – a interrogarci su livelli di testosterone, Dna, intenzioni d’anima. Magari, al prossimo caso mediatico, potrebbe essere utile cambiare sfondo e ambientare tutti i nostri dubbi per le vie di Kabul e «vedere l’effetto che fa».
Se dai loro in pasto tantissime parole, scompariranno. Aggiungere vocaboli non è per forza segno di progresso, si può diventare muti per eccesso terminologico. L’aggiornamento dello Zingarelli per il 2025 prevede che il dizionario si arricchisca di nuovi termini, “maranza” e – udite udite – “gieffino” si conquistano un posto nell’Olimpo delle parole validate da definizione. Ma questo è solo un ritocco brutalmente onesto al nostro ritratto umano.
Il crimine terminologico è altrove, là dove spuntano espressioni che ci ritroviamo sotto gli occhi scrollando le notizie. “Coolcation” è la tendenza in crescita per trovare mete di viaggio al fresco. “Workation” è la scelta di lavorare da remoto scegliendo luoghi che offrano svago e servizi per il tempo libero. Una medaglia d’oro per l’assurdo spetta all’espressione “sunshine guilt”, il senso di colpa per aver sprecato una giornata di sole.
C’è, nel nostro intimo, un ribollimento senza nome. Sono scampoli di paura mescolati a slanci di affetto, pulsioni cattive e lacrime struggenti. È questa fucina scabrosa, feconda e indicibile che alimenta la libertà nel tumulto di gesti, scelte, responsabilità. Sono poche, devono essere poche e vertiginose, le parole a cui ricondurre il senso del nostro travaglio. Sillabe scottanti come “amore” o “invidia”. Frantumare il quadro in un mucchio di nuovi pezzettini lo riduce a un puzzle che resta scombinato.
Finiamo per scomparire ed essere muti se l’impegno di affrontare la novità di ogni nuova alba – l’ignavia che fa a pugni con la rabbia, i desideri che bevono sorsi di fiducia – viene sgonfiato dalla bugia che tutto affondi in un senso di colpa per il timore di perdere un giorno di sole.
via tempi.it
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summer pride
Che quello che sono, l'amore che provo, lo porto fieramente al collo, come fosse un ciondolo prezioso. E non dovrebbe essere così pesante, non dovrebbe essere faticoso indossarlo, eppure. Eppure ci si scorda che è l'amore a muovere il mondo, si perde di vista la bellezza. E allora urliamo, cantiamo, balliamo per svegliare dal torpore dell'ignoranza: alla fine si chiede solo di poter amare (se stessi, gli altri, o semplicemente qualcosa).
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UN CEMENTO CHE IMMAGAZZINA ENERGIA ELETTRICA: LA BATTERIA DEL FUTURO?
Il cemento, uno dei materiali da costruzione più diffusi al mondo, potrebbe rivoluzionare lo stoccaggio di energia grazie alle innovazioni di Damian Stefaniuk e del suo team al MIT (Massachusetts Institute of Technology). I ricercatori hanno infatti sviluppato un super condensatore utilizzando tre materiali di base: acqua, cemento e nero di carbonio, un materiale altamente conduttivo. Una combinazione che permette di creare un cemento capace di immagazzinare energia elettrica. Quando durante un esperimento Stefaniuk ha collegato questo cemento ad un LED, la lampadina si è accesa, dimostrando il potenziale del materiale per lo stoccaggio energetico.
Il problema principale delle energie rinnovabili come quella solare, eolica ed idroelettrica è la loro disponibilità intermittente. Questo richiede sistemi di stoccaggio energetico efficienti, ma le batterie tradizionali, basate sul litio, presentano diversi limiti: il litio è una risorsa limitata, destinata ad esaurirsi velocemente considerata la richiesta sempre maggiore di questo materiale, inoltre la sua estrazione è energeticamente dispendiosa e causa danni ambientali. I super condensatori di cemento-carbonio sviluppati dal team di Stefaniuk, essendo molto efficienti nello stoccaggio di energia e capaci di caricarsi rapidamente, potrebbero rappresentare una soluzione valida per lo stoccaggio di energia rinnovabile. Stefaniuk sostiene che 30-40 metri cubi di questo cemento potrebbero soddisfare le esigenze energetiche quotidiane di una casa. Secondo Michael Short, direttore del Centro per l’Ingegneria Sostenibile all’Università di Teesside nel Regno Unito “Questo metodo dovrebbe essere approfondito ulteriormente e potenzialmente potrebbe ricoprire un ruolo molto importante nella transizione verso un futuro più pulito e sostenibile”.
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Fonte: MIT; foto di Engin Akyurt Pexels
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Promemoria:
Cari lettori,
Quante volte ci siamo sentiti spegnere, quasi senza accorgercene, sotto il peso delle parole e delle azioni di chi sembra vivere per farci dubitare di noi stessi? Ci sono persone che, con abilità silenziosa, insinuano il dubbio nelle nostre certezze, sminuendo ciò che siamo, fino a farci perdere di vista il nostro valore. È facile cadere preda del loro gioco, lasciare che la loro ombra si allunghi su di noi, facendoci credere che la nostra luce non basti più.
Sono abili nel denigrare, nel farci sentire come se ogni nostro sforzo fosse vano, come se la nostra essenza fosse inadeguata. Eppure, nessuno dovrebbe avere il potere di riscrivere la nostra storia, di definire i nostri confini o di sottrarci quella bellezza unica che ci appartiene. La loro forza deriva solo da ciò che decidiamo di concedere loro.
C’è una delicatezza e una forza immense nel scegliere di proteggerci, nel riconoscere che il nostro valore non è in vendita, non è negoziabile. Non serve cercare l'approvazione di chi non sa vedere al di là delle proprie paure o insicurezze, di chi cerca di controllarci per non affrontare i propri vuoti.
Il nostro percorso, con tutte le sue imperfezioni, è sacro. Ogni passo, ogni errore, ogni caduta fa parte di ciò che siamo. E nessuna voce esterna ha il diritto di sussurrare diversamente. Non dobbiamo adattarci a chi non sa apprezzare la nostra autenticità o a chi vuole piegarci alla propria visione distorta del mondo.
Che queste parole siano un promemoria: la nostra luce è nostra, e solo noi decidiamo quanto farla splendere. Non lasciamo che altri ne riducano l'intensità. Meritiamo di essere interi, senza compromessi.
Con stima, Una voce tra tante.
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🍀
"Va' serenamente in mezzo al rumore e alla fretta,
e ricorda quale pace ci può essere nel silenzio.
Finché è possibile, senza cedimenti,
conserva i buoni rapporti con tutti.
Di' la tua verità con calma e chiarezza,
e ascolta gli altri,
anche il noioso e l'ignorante,
anch'essi hanno una loro storia da raccontare.
Evita le persone rumorose e aggressive,
esse sono un tormento per lo spirito.
Se ti paragoni agli altri,
puoi diventare vanitoso o aspro,
perché sempre ci saranno persone superiori ed inferiori a te.
Rallegrati dei tuoi successi come dei tuoi progetti.
Mantieniti interessato alla tua professione, per quanto umile,
è un vero patrimonio nelle fortune mutevoli del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari,
poiché il mondo è pieno di inganno.
Ma questo non ti renda cieco su quanto c'è di virtuoso,
molte persone lottano per alti ideali,
e dovunque la vita è piena di eroismo.
Sii te stesso.
Specialmente non fingere negli affetti.
E non essere cinico riguardo all'amore,
perché a dispetto di ogni aridità e disillusione
esso è perenne come l'erba.
Accetta serenamente l'insegnamento degli anni,
abbandonando con grazia le cose della giovinezza.
Coltiva la forza d'animo per difenderti dall'improvvisa sfortuna.
Ma non angosciarti con fantasie oscure.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.
Al di là di una sana disciplina,
sii gentile con te stesso.
Tu sei un figlio dell'universo,
non meno degli alberi e delle stelle;
tu hai diritto ad essere qui.
E che ti sia chiaro o no,
senza dubbio l'universo va schiudendosi come dovrebbe.
Perciò sta' in pace con Dio,
comunque tu Lo concepisca,
e qualunque siano i tuoi affanni e le tue aspirazioni,
nella rumorosa confusione della vita conserva la pace con la tua anima.
Nonostante tutta la sua falsità, il lavoro ingrato ed i sogni infranti,
questo è ancora un mondo meraviglioso.
Sii allegro.
Fa' di tutto per essere felice."
Desiderata, Max Ehrmann
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Ho bisogno di cambiare. Forse questa è l'unica cosa che so al momento. E' tornato il buio, è tornato prepotentemente, come non mai e non so come affrontarlo. Sinceramente non so cosa sia andato storto nella mia vita, in quale momento o in quali momenti mi sono perso. Non è la prima volta che mi accade, ho avuto i miei periodi no ma non sono mai stati così visibili, esposti al mondo. C'è un mondo di rabbia dentro me che ho sempre saputo gestire ma ultimamente no, basta veramente un cazzo e come una bomba sono pronto ad esplodere. Questo mi fa tremendamente paura, anche perché non importa chi ci sia dall'altro lato e si ritroverà a beccarsi tutto il mio odio. Odio, odio per cosa? Questo ancora devo capirlo. Nella mia vita ho sofferto si, come tutti e meno di molti ma questo non può e non dovrebbe giustificare nulla. Sono bloccato, non riesco a vivere, e quando poi lo faccio e torno alla normalità è sempre peggio, ogni volta fa un po' più male. Forse la parte peggiore è vivere quegli attimi di felicità che mi mancano perché sono un ingordo, ho bisogno di sentirmi pieno, a volte anche un po' apprezzato ma allo stesso tempo non sono capace di gestirlo. Ho imparato che non sono mai contento di nulla, non mi basta mai e quindi come si fa? Come posso sopraffare questo mio modo di essere? Sono sempre in conflitto con me stesso, come se ci fossero due personalità che a volte convivono nello stesso momento e questo crea un conflitto enorme, vado in tilt. Spesso penso che l'unica soluzione sia quella di isolarmi, di mandare tutti via, le persone sono sempre state bene senza di me, possono continuare a farlo per il resto della loro vita. Ma della mia che ne sarà, deve davvero finire così? Deve essere davvero "un solo attimo di beatitudine può forse colmare una vita intera?". Non sono pronto a questo, non sono pronto a vivere un futuro misero fatto di solitudine, ne ho già vissuta tanta, ad un certo punto deve arrivare il mio momento no? Forse il mio momento è già arrivato e l'ho perso? Ed ora che si fa? Come supero tutta la tristezza che sento in ogni centimetro della mia pelle? Tutta questa tristezza che a volte non ha fatto parte della mia vita per alcuni attimi. Ci si abitua mai a stare male? Dobbiamo davvero vivere una vita di merda quando potremmo essere felici? Non lo so, ho perso il libretto delle istruzioni di questa vita. Ho perso tanto e sto continuando a perdere, sto continuando a perdermi. Aspetto un po' di luce in questa oscurità, una mano che forse mi tiri su anche se so che dipende tutto da me. Da me, appunto, questo è il problema più grande. Ho sempre provato a fare tutto da solo nella mia vita e questo è il risultato, un "uomo" a pezzi che distrugge tutto ciò che tocca. In fondo volevo solo una vita, una famiglia, una casa e dei figli, ed invece eccomi qui, io e i miei demoni a pensare su come farla finita. Ho bisogno di cambiare, ma per cambiare devo cambiare me, non so se ci riuscirò.
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Racconti di viaggio - parte 1
L'India non è per tutti.
È un paese complicato che mette a dura prova te stesso in molti aspetti.
Il primo aspetto è l'igiene. Io non sono affatto una persona schifettosa e igieno-fobica come molte persone del primo mondo sono (anzi faccio cose che solo a dirle molti mi vomiterebbero in faccia), per cui ho un'alta tolleranza alla carenza di igiene e pulizia e la cosa mi è pesato solo in un punto. In India hanno le case mediamente a posto, ma fuori è letteralmente una discarica a cielo aperto: non ci sono cestini, proprio non esistono, e l'immondizia si butta a terra con tutta la non-chalance del mondo, che sia una bottiglia di plastica o un piatto di carta con rimasugli di cibo. Tutto a terra, sempre. Questo ovviamente crea spesso odori molto sgradevoli e una presenza esagerata di insetti e mosche ovunque. La cosa molto triste è anche che ci sono tantissimi animali in giro tra mucche e cani abbandonati (letteralmente centinaia, mai visti così tanti sebbene dove sono cresciuta è sempre stato pieno) che mangiano quella roba e spesso è praticamente plastica. Più dello schifo questa cosa mi ha messo molta tristezza. L'unico punto che proprio non ho tollerato su questo tema è l'assenza di carta igienica. Pensavo fosse una mancanza della casa del mio amico e invece persino nei ristoranti non c'era. Piuttosto mettono sempre una fontana o una mini doccia da usare a mo' di bidet... va bene, perfetto, ma io dall'acqua puoi come mi asciugo? Mistero della fede (ancora oscuro).
Il secondo aspetto è la povertà. Ero nella capitale per cui in teoria ci dovrebbe essere una concentrazione alta di gente che riesce a vivere dignitosamente (e infatti è così perché i miei amici avevano case okay, sebbene i palazzi siano fatiscenti all'esterno), eppure la quantità di gente che vive in delle baracche di fortuna o per strada è allarmante. Manco fossero in guerra come in Palestina. Una volta ho letteralmente visto una madre che faceva il bagnetto in strada a sua figlia con una bottiglia d'acqua. In più, quando la madre del mio amico mi ha detto: "dopo arriva la persona che pulisce per cui chiedile anche di pulire la tua stanza" io mi aspettavo una donna, come da noi, matura o quanto meno adulta... invece mi ritrovo davanti una BAMBINA. Avrà una decina di anni e viene pagata dalla famiglia del mio amico per pulire e lavare a terra (con lo straccio tra le mani, mica con la mazza da scopa), lavare i piatti ecc. Quando me la sono trovata davanti e l'ho vista pulire ho avuto una pietà infinita.
Esiste una parte di India ancora più povera di quella che ho visto, eppure, esiste anche un'India che sa rivaleggiare con il primo mondo. Quando sono andata in ospedale perché la mia amica giapponese scema si è sentita male tra febbre e diarrea, l'ospedale non sembrava affatto fatiscente e anzi non aveva nulla da invidiare a un comune ospedale italiano. Bollywood sa sfornare film di una profondità e di un genio disarmanti. In ultimo, quest'anno sono riusciti ad andare totalmente da soli sulla luna. È un piccolo continente che racchiude in sé i problemi di tutto il globo e, da europea, la cosa è straniante.
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Israele ci disturba
Perché ci impedisce di crogiolarci nell’illusione di un mondo perfetto, dove la guerra è stata cancellata. Quella piaga millenaria, che ha accompagnato l’uomo da sempre, noi l’abbiamo relegata al passato, eliminata. E poi arriva Israele. Ci ricorda che, a volte, la guerra è inevitabile. Che serve coraggio per assumersi la responsabilità di uccidere l’altro, quando la propria sopravvivenza è in gioco.
Isarele ci disturba
Perché non è politically correct. Non fa tutte le cose a modo. D’altra parte, quando sei grande come la Lombardia e sopravvivi per 70 anni in una regione dove sei costantemente sotto attacco, non stai ancora lì perché giochi pulito. La sopravvivenza impone di sporcarsi le mani. Il cane che viene azzannato, se non salta alla gola dell’aggressore, di solito viene sbranato.
Israele ci disturba
Perché è realista, non idealista. E questo proprio non va giù a chi si è messo in testa che se sei una democrazia e sei un “giusto”, devi rispettare le regole sempre; stare lì a subire davanti a chi le regole non sa che sono, e all’occorrenza farsi anche divorare. Meglio morto e pulito che vivo e dannato. Ma nella realtà, le cose non funzionano così. Gli Stati suicidi non fanno la storia, spariscono e basta.
Israele ci disturba
Perché se sei di sinistra, farselo piacere è del tutto fuori moda. Lo devi odiare per forza o sei messo al bando. Perché la sinistra è idealista e crede nella giustizia universale; nella difesa dei deboli; in quel mondo politically correct fatto di giusti e sbagliati. In quel mondo tanto puro quanto inesistente, perché alla resa dei conti (e lo dice la storia), quell’idealismo ha portato a più morti di qualsiasi porcheria realista.
Israele ci disturba
Perché ci sbatte in faccia la nostra ipocrisia. Quella del pensare di essere migliori perché stiamo con i “deboli”, anche quando quei deboli fanno stragi, si fanno esplodere sugli autobus, stuprano, sequestrano, lanciano razzi e missili. Allora i deboli li chiamiamo “resistenza” e accettiamo che per loro è normale non avere regole. Israele invece dovrebbe averne. Ma Israele se ne sbatte. Se non vuoi farti ammazzare, i moralisti li chiudi in cantina e butti la chiave.
via https://x.com/a_libutti/status/1845736108434358467
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[…]
avete mai pensato che la curiosità possa essere un’arma a doppio taglio?
quel motore invisibile che ci spinge a esplorare, conoscere e superare i confini del nostro sapere.
una pulsione intrinseca che nasce dalla nostra mente, desiderosa di dare senso al mondo che ci circonda.
psicologicamente parlando, la curiosità deriva da un meccanismo un po’ complesso, cioè che l’uomo è programmato per cercare risposte.
secondo la teoria della “discrepanza cognitiva”, formulata dallo psicologo George Loewenstein, ci sentiamo spinti ad esplorare quando percepiamo una distanza tra ciò che sappiamo e ciò che vorremmo sapere.
un senso di incompletezza.
ci fa sentire un po’ come degli esploratori per natura, nel senso che, guardiamo le stelle e sogniamo l’universo, osserviamo la natura e ne indaghiamo i segreti, ci immergiamo nei libri e nelle storie degli altri per dare forma alla nostra.
eppure, come ogni virtù, la curiosità porta con sé un lato ben più profondo di quel che sembra.
ad esempio, quando siamo spinti all’estremo, la curiosità può trasformarsi in invadenza.
una parola di troppo, una domanda fuori luogo o il desiderio di conoscere ciò che dovrebbe restare privato possono diventare cause di dissapori, conflitti e addirittura rotture profonde con chi ci circonda.
ho letto un romanzo poco tempo fa che mi ha fatto riflettere, si intitola Frankenstein di Mary Shelley, lo prendo come esempio perché nella storia, la scrittrice attribuisce la curiosità come un tramutarsi in ossessione distruttiva.
nel senso che, Victor Frankenstein, spinto dal desiderio di scoprire i segreti della vita, sfida le leggi della natura e, nella sua impresa, perde non solo la serenità, ma anche tutto ciò che ama.
ciò mi ha fatto pensare a come se, questo sentimento che proviamo, se non è temperato dalla consapevolezza dei propri limiti, può condurre al dolore.
è un continuo coltivare desideri di sapere, senza lasciarsi consumare dal rischio di oltrepassare confini che non ci appartengono.
[…]
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potrà essere una cosa stupida ma il video di bez mi fa piangere il cuore dalla tenerezza, perché la domanda esce così naturale e non esagerata. chiedere se ha una ragazza o un ragazzo senza farla sembrare una cosa fuori dal normale e lui che non risponde sulla difensiva (come farebbero 3/4 degli uomini etero cis) ma solo divertito dal fatto che sta dicendo di essere single due volte per poi fare la battuta sul cane. il suo orientamento restano ovviamwnre fatti suoi nel modo più assoluto e non dovrebbe mai sentirsi obbligato a dirlo, ma il fatto che non gli interessi nemmeno provare a negare… boh ecco forse è una stupidaggine ma come persona queer che sta vivendo la situazione in italia (e nel mondo) vedere questa normalità e scioltezza in televisione (come dovrebbe essere) mi commuove
Purtroppo sto in classe dalle 8.30 quindi non sono riuscita a sentire il video, ho solo letto il transcript, ma hai perfettamente ragione. Bez è proprio una persona d'oro, parla di queste questioni con una tranquillità che veramente denota una consapevolezza sull'argomento. Come quando al podcast della motogp gli è stato chiesto se gli sarebbe piaciuto essere donna per un giorno (o qualcosa del genere) e lui ha detto di no perché si sentiva bene così, che non sarebbe stato il suo corpo, il tutto con una tranquillità assurda. Bez è veramente un tesoro
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Oggi non è andato bene il mio esame. Dopo un mese di studio e una mattinata in università ad aspettare il mio turno, mi sono sentita un po' un fallimento. Parecchie materie ancora da dare e speravo che questa l'avrei superata.
Meno male che la prof è stata tanto gentile da offrirmi il suo aiuto se avessi bisogno di una mano su come studiare meglio la sua materia. Non è da tutti preoccuparsi pure di questo dettaglio, di solito se ne fregano. Questo mi ha aiutato tanto a darmi speranza per rifare l'esame in maniera diversa e superarlo brillantemente!
Inoltre ringrazio Dio che i miei genitori non sono i tipi da farmelo pesare. Anzi mi hanno detto che non fa nulla ma che andrà meglio la prossima volta! Posso sempre riprovarci, non è finito il mondo. Non sono quel tipo di genitori che se un figlio fallisce un esame lo fanno sentire un fallimento e questa non è una cosa scontata. Forse sono più io il genitore severo di me stessa che loro!
Ricordiamoci sempre di incoraggiare gli altri perché anche una sola parola può salvare vite e menti umane. L'università gioca tanto sulla salute mentale su tutti i punti di vista e basta un pensiero sbagliato e si può entrare in un tunnel di depressione. Laurearsi dovrebbe essere un obbiettivo per sé stessi e non una gara. Un pessimo voto non deve definire chi siamo, può succedere di sbagliare. L'importante è non arrendersi!
Detto questo, mi sento un pochino triste perché sento un senso di incompiutezza ma avere attorno chi non te lo fa pesare mi ha aiutato tanto a non sentirmi una schifezza. So che andrà meglio la prossima volta!
Adesso mi concedo relax mentale con qualche bella serie tv 🤍
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Sunao Yoshida)
Vol.1 From the Empire
FLIGHT NIGHT - Capitolo 2
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
La Tristan, con una lunghezza di duecentocinquanta iarde e seicentomila piedi cubi di elio, era la terza nave volante più grande al mondo. La superavano solo la Midguard Gerange del Regno di Germania e la Charmaneau del regno di Francia. Ma la sua velocità massima di cento miglia all’ora generata dalle eliche a doppia inversione del diametro di 13 iarde, insieme al suo lussuoso servizio passeggeri mettevano la Tristan in una categoria a sè stante.
La nave passeggeri era il fiore all’occhiello dei cieli del Regno di Albione.
“Ecco Capitano” disse Jessica.
“Oh grazie cara. Pensa che piloto questo mostro solo per extra come questi” confessò il Capitano. Annusò il ricco aroma del caffè. Il vapore inumidì i suoi baffi perfettamente tagliati, tipici dei nobili di Albion.
“Avete del tempo libero non é vero?” commentò la ragazza.
“Soprattutto tranquillo. Abbiamo ancora sei ore fino a Roma” rispose il Capitano.
Il timoniere e l’ingegnere erano rilassati e di buon umore— segni sicuri di un viaggio tranquillo.
“Dov’è il Vice Capitano Roswell?” Chiese il Capitano.
Dickins, il navigatore, si guardò intorno nello stretto ponte di comando, verso il sedile vuoto accanto a quello del capitano. “Capitano, ho visto Roswell di sotto. Non si sentiva bene perciò si è preso una pausa”. Lo informò Dickins.
“Non mi sembrava tanto in forma nemmeno a Londinium” osservò il Capitano.
“Si tratta di qualcosa di fisico o di personale?” Chiese il signor Orson, il timoniere, alzando un sopracciglio.
“Probabilmente qualcosa che ha mangiato” disse Dickins facendo l’occhiolino “ Sua moglie è la donna più adorabile che conosco, però…”
Il piccolo equipaggio della Tristan poteva sembrare sotto staffato per una nave così grande, ma avevano tutto sotto controllo. La loro sicurezza avrebbe tranquillizzato anche il più pauroso dei passeggeri. Ed essa era ben riposta. Il sistema di auto pilota della Tristan, disegnato dal geniale ingegnere Catherine Lang, era il fiore all’occhiello della nave. La Tristan era controllata da un ‘computer’, una reliquia della civiltà passata. Per questo motivo per pilotarla serviva solo un decimo dell’equipaggio. Ed il suo design rivoluzionario era senza pari.
“Signor Orson, mi scusi credo che…” Jessica indicò uno dei pannelli di controllo “L’assetto sia leggermente sabgliato. Non dovrebbe correggerlo?” Chiese.
“Fammi vedere. Uh. É vero. Come lo sapevi?” si chiese Orson guardando attentamente il pannello di controllo ed aggiustando un pulsante. Il resto dell’equipaggio sembrava divertito.
“Perché non lascia il timone a Jessica?” Suggerì Dickins.
Il Capitano rise “Mi renderesti il lavoro molto più semplice.”
Jessica arrossí per l’imbarazzo. Si vergognò per aver corretto il signor Orson. “Sono solo una hostess” farfugliò.
“Ma avevi fatto richiesta a questa compagnia per essere timoniere, giusto? Che spreco. Perché non possono giudicare meglio il talento?” Si lamentò il Capitano.
Il Capitano Connelly era conosciuto per le sue idee progressiste. Voleva l’equipaggio migliore, senza far caso al genere. Sapeva che quel mestiere era troppo pericoloso perché le vecchie abitudini andassero ad ostacolare il miglior lavoro possibile. Età e genere non avevano posto nella sua analisi.
“Lo farò notare ai miei superiori la prossima volta” disse il Capitano.
“Grazie, ma non c’è bisogno che faccia questo per me” mormorò Jessica timidamente.
“È nostro compito quello di raccomandare le persone con un vero talento, Jessica”
Proprio in quel momento ritornò il Vice Capitano Roswell, con un viso estremamente pallido.
“Dov’era finito Roswell?” Chiese il navigatore “E chi è lui?”
C’era un uomo dietro Roswell. Roswell iniziò a balbettare una presentazione, ma l’uomo lo interruppe “Sono Alfredo, Duca di Meinz, del Regno di Germania”
Il Duca si inchinò in maniera eccessiva. Il cappotto che portava, una costosa giacca con cappuccio, era minuziosamente confezionato. Il suo giovane viso mostrava un ghigno malvagio. “Perdonate l’intrusione, ma ho detto al signor Roswell che ho una passione per le navi volanti. Dopo aver insistito un po’, si é offerto di portarmi a vedere il ponte di controllo” disse il Duca con voce suadente.
“Duca, mi spiace ma non le posso permettere di rimanere qui” disse il Capitano educatamente. Il suo tono gentile diventò un rimprovero quando si rivolse al Vice Comandante Roswell “Cosa le è saltato in mente Vice Comandante? Sa benissimo che le persone non autorizzate non possono salire qui!” Il Capitano era furioso.
“Signore, la prego non si arrabbi con lui. La colpa è mia” disse il Duca con voce piatta.
A Jessica non piacevano per nulla le maniere affettate del Duca. Invece di sembrare nobile o elegante, appariva volgare ed insolente.
Pensò a quanto fastidioso fosse quel ricco Duca, e quanto invece fosse stato gentile quel povero prete che aveva incontrato solo pochi minuti prima. Anche se non aveva soldi, sembrava molto più ricco nello spirito.
Ora che ci pensava, non le sembrava di ricordare che nessun nobile Germanico avesse prenotato un viaggio sulla Tristan quella notte.
“Le mie più sincere scuse, Duca, ma non possiamo autorizzarla a rimanere sul ponte di controllo. Sono sicuro che capirà.”
“Che peccato” disse il Duca “Mi sarebbe proprio piaciuto far schiantare questa bellezza contro qualcosa di grosso, sapete? Così, per gioco”.
Lo humor nero del Duca non fece presa sull’equipaggio. Specialmente sul Capitano Connnelly, che disse “Questa nave ha una funzione di auto-pilota. Anche se l’equipaggio cambiasse la rotta… Hey! Ma che sta facendo?” Chiese il Capitano, sbigottito.
Il Duca fece scivolare un piccolo disco di metallo dalla sua manica e lo fece cadere in uno slot sul pannello di controllo. Il capitano tentó di fermare il braccio del Duca ma era troppo tardi.
“Che cos’ha fatto? Cos’era quello?”
Dickins si alzò per protestare, ma improvvisamente lo schermo del suo display tremoló e si spense. Prima che potesse capire cosa stava succedendo, lo schermo venne invaso da del testo indecifrabile.
“Capitano, il computer sta negando l’accesso!” Urló Dickins.
“Che cos’ha fatto?!” Esclamò il Capitano.
In quel momento la nave si inclinò in avanti, come cadendo in picchiata.
“Le impostazioni per la nostra destinazione non sono cambiate ma l’altitudine è scesa a meno trecento! Se continuiamo così ci schianteremo su Roma!” Gridò il timoniere.
Un sorriso sottile si allargò sulle labbra del Duca. “È tutto qui? Cavoli è stato fin troppo facile! Questo bestione cadrá sulla testa dei quel maledetto Vaticano! Ahah!”
Dickins afferró il bavero del Duca e lo scrollò violentemente “Sei pazzo? Morirai anche tu!” Urlò.
“Non credo proprio, sporco Terran! Morire non è tra i miei piani” disse il Duca seccamente. Dietro quel sorriso compiaciuto si allungarono i bianchi canini appuntiti del Duca ”Sono un Methuselah! La morte non può toccarmi!”
“Un vampiro!” Sputò Dickins. Fece a malapena in tempo a proferire quella parola che la sua gola venne tagliata dal Duca ad una velocitá impossibile da vedere da un occhio umano. Soffocando nel suo stesso sangue, il navigatore urlò e poi cadde a terra.
Il sangue schizzò in tutto il ponte di comando. Ogni angolo della stanza si riempì di grida di terrore. Uno per uno, ogni membro dell’equipaggio cadde vittima delle azioni brutali del Duca.
Alla fine rimase soltanto Jessica, il colore scomparso dal suo viso.
“Bambolina finalmente siamo soli!” Il ghigno lascivo del Duca rivelò le sue zanne.
Il mondo di Jessica iniziò a vorticare senza controllo. Tutto l’equipaggio era morto? E che ne era stato del Vice Capitano Roswell? Lo vide sdraiato a terra vicino ai suoi piedi, il corpo senza la testa. Essa si trovava sul pannello di controllo, la sua faccia congelata in un grido eterno.
“Ahah quel tizio era veramente un idiota. Che bisogno c’è di tenere degli ostaggi quando puoi ucciderli, stuprarli e poi bere da loro?”
Jessica sentì un dolore lancinante al petto. Le dita di Alfredo le palparono il seno sotto il suo grembiule. Iniziò ad ansimare per il dolore, la paura e l’umiliazione.
“La smetta la prego….”
“Così mi fai eccitare ancora di più. Quando ci si nutre delle donne, tanto vale possederle prima, e poi leccare il sangue dalla loro gola!”
Le labbra del vampiro si incurvarono. Alfredo afferrò uno dei suoi seni con una mano, Jessica inarcò la schiena esattamente come si aspettava, e le sue zanne si allinearono perfettamente con il suo collo.
“No!” Jessica gridò nel momento in cui sentì un dolore acuto nel collo.
“Signorina Jessica, stavo pensando…” la voce gentile del prete giunse dal portellone aperto. “È contro i dettami della Chiesa accettare la generosità senza poterla ripagare. Quindi pensavo che forse potrei lavare i piatti o pulire i bagni o… Ma che sta succedendo?”
Il vampiro indietreggiò alla vista della veste del prete e sibilò: “Vaticano!” Una corda sottile uscì da sotto il suo mantello.
“Un Vampiro?!”
Abel scivolò per terra su una pozza di sangue, proprio nel momento in cui una lama trapassava l’aria sopra la sua testa.
BANG! Improvvisamente un colpo di pistola li sorprese tutti.
La pistola fissata al fianco di Abel si era staccata accidentalmente. La pallottola era rimbalzata contro la parete ed era andata a colpire una tubatura sul muro dietro Jessica. La tubatura si spezzò e il vapore bollente fuoruscito da essa ustionò il vampiro.
Il Duca lasciò andare Jessica coprendosi la faccia in preda al dolore. Evidentemente perfino gli occhi ed il viso di un vampiro erano sensibili al vapore bollente.
“Signorina Jessica, da questa parte!” Gridò Abel.
Il prete afferrò il gomito di Jessica e scapparono via. Lei si voltò indietro per vedere il vampiro accecato imprecare e distruggere le console.
“Sei morto, cane del Vaticano! Mi hai sentito? Ti tirerò fuori l’intestino e lo userò per strangolarti!”
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abito in un paesino in provincia di Napoli,
esattamente a metà strada tra Napoli e Caserta
poco meno di trentottomila abitanti.
sarebbe un'assurdità dire che tutti conoscono tutti,
ma la maggior parte conosce la maggior parte.
ho sempre voluto scappare da qui, non l'ho mai sentito mio questo piccolo angolo di mondo;
sempre stata estranea a questa realtà,
un po' come se in viaggio verso il mio posto qualcuno mi avesse persa per strada senza accorgersene e mi sono ritrovata per sbaglio a crescere qui.
negli anni ho cominciato a definire casa mia la mia piccola isoletta felice,
forse perché ho avuto l'immensa fortuna di essere capitata in un contesto in cui ho potuto crescere con i miei affetti più cari anch'essi catapultati entro i confini di quest'isoletta.
mi basta fare toc toc ad una porta per ritrovarmici dietro mio fratello,
cercarla con lo sguardo e trovare mamma,
allungare la mano fuori dal letto per essere bagnata dal nasino di luna,
svegliarmi la mattina con papà che si affaccia in camera prima di andare a lavoro;
mai dovuto fare un passo per aiutare nonna a cucinare per tutti o sentire la sua voce che ogni due per tre urla il nome del cagnolone che c'è in giardino credendo sia scappato, cagnolone che ormai in cinque anni ha imparato a conoscerla e si nasconde dietro ogni albero per spaventarla;
non ho mai dovuto varcare nessun confine per sedermi accanto a nonno mentre scrive, con quella grafia che avrei sempre voluto fosse un po' anche mia; per dirgli che l'uomo che vorrei al mio fianco dovrebbe essere esattamente come lui;
salgo solamente una semplice rampa di scala ed ecco che sono sul letto di mia cugina a parlare per ore.
sono sempre stati tutti qui,
salvi, tra queste mura, dalla guerra che c'è al di fuori.
se chiedete alla me bambina però, vi risponderà che la guerra è sia dentro che fuori queste mura,
si perché il padre non è sempre stato quello che si affacciava alla porta di camera sua e la madre non sempre quella che riusciva a trovare solo con lo sguardo;
vorrei ora dire a quella bambina che con gli anni siamo riuscite a perdonarli, che la madre e il padre sono adesso mamma e papà, che erano troppo piccoli forse all'epoca per saper crescere due figli, che sono cresciuti anche loro insieme a noi e non possiamo fargliene una colpa.
ora siamo tutti grandi,
lei e il fratellino, entrambi forse con qualche piccolo trauma irrosilto, ma che stanno cercando di costruirsi una vita serena;
e mamma e papà, forse non l'emblema di un matrimonio felice, ma capaci di essere ora genitori.
non vorrei spoilerarti troppo, bambina, ma continuerai a fantasticare ogni giorno di una vita completamente diversa da quella che hai,
per un periodo di tempo penetrerai così tanto in quei racconti che perderai la connessione con la realtà e farai credere ad altre persone di vivere vite che non hai mai vissuto.
incontrerai il primo amore, quello fatto di emozioni forti, quello che ti brucia dentro;
e quello stesso amore continuerai a cercarlo in altre mille volti e in altri mille cuori una volta perso,
la tua sarà una ricerca sfrenata, quasi interminabile,
qualcuno ci si avvicinerà, altri nemmeno lontanamente,
e poi finalmente un giorno ti arrenderai
ti arrenderai il giorno in cui incrocerai i suoi occhi per la prima volta e nascerà dentro di te la consapevolezza di non poter mai rivivere un qualcosa di così forte,
lo capirai, lo accetterai e te ne farai una ragione,
d'altronde certe cose sono fatte per essere vissute una volta soltanto, altrimenti diventerebbero ordinaria quotidianità.
continuerai a sognare quel mare quasi tutte le notti
e sarai grata per questo, perché i contorni di quel ricordo sembreranno non sbiadire mai.
viaggerai, bambina, non tanto quanto vorresti, ma qualche città diversa dalla tua la vedrai
e sentirai in quel luoghi sensazione di casa,
sensazione che giù in quel paesino non sei mai riuscita a sentire.
riuscirai addirittura ad andare via da lì, salvo poi rirornare,
come risvegliarsi di colpo da un sogno e accorgersi di essere sempre lì, nello stesso letto, il tuo.
avrai però, almeno l'illusione di aver vissuto per un periodo quella vita che avevi sempre voluto, circondata da persone che avevi sempre aspettato,
con una di esse ci passerai addirittura una notte su un tetto durante un turno in ospedale.
cambierai poi di nuovo vita, scenderai da quel tetto e ritornerai nella tua isoletta, circondata dalla guerra.
ti sembrerà di aver ritrovato la tua strada, ma ad un certo punto questa strada si interromperà nuovamente
e non saprai se costruirci sopra un ponte per raggiungere l'altro lato dell'interruzione
o tornare indietro e imboccare un altro vicoletto.
scapperai dalle persone, da chiunque, anche da chi sembra farti provare qualcosa di nuovo.
non so ancora dirti se ci sarà quella persona che ti prenderà per mano e ti fermerà,
spero di riscriverti tra qualche anno per dirti che ce l'abbiamo fatta, la nostra strada l'abbiamo trovata, la stiamo percorrendo con accanto qualcuno di speciale e siamo dirette verso la vita che hai sempre sognato.
chissà bambina.
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