#sbaria
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Sbarià n°1 \ Parole Di Classifica
Vorrei ringraziare @popolodipekino, che ha donato una sua parola nei commenti, e anche @tendreestlanuit che mi ha raccontato del siciliano assamarati e @medeline del modo in cui i nonni lombardi definiscono il raschio del mal di gola "Gu un ranfeg, Quando ti gratta tipo in gola che un po' dà fastidio e un po' devi tossire ma non è ancora tosse" . Tre esempi meravigliosi.
L'uso intensivo, spropositato e spesso fuori luogo delle parole finisce per svuotarle del significato originario, che non di rado subisce delle virate estreme rispetto all'etimologia originale. Oggi dopo la sua esibizione durante l'intervallo del SuperBowl si parla nuovamente del "dissing", in questo caso di Kendrick Lamar verso Drake: l'aura che il termine dello slang acquista, vista anche la popolarità dei contendenti, svia dal fatto che il rispondersi a tema non è affatto una novità, tanto che la tenzone, genere fiorito nel Medioevo da una tradizione provenzale, era la stessa cosa: un dibattito, per lo più in rima (da cui il nostro modo di dire "rispondere per le rime") sugli argomenti più disparati, dall'amore alla filosofia alla politica, con i registi altissimi o le più sporche volgarità.
Tra gli obiettivi di questo spazio, c'è quello di ragionare sulle parole più abusate. La prima di questa carrellata è:
ECCELLENZA
dal lat. excellentia, qualità di chi o di ciò che è eccellente (Vocabolario Treccani). Equivalente del massimo grado, la perfezione. Penso che si noti come non c'è giorno in cui non si parli di eccellenza del territorio, o del nostro sistema produttivo, di luoghi di eccellenza, dell'eccellenza dell'offerta, di qualsiasi manifestazione che per questa ha bisogno di un riconoscimento, che sia l'attestazione come patrimonio Unesco, o un a denominazione, una vetrina. Perchè "eccellenza" vuole stabilire una classificazione di merito, al cui apice c'è appunto la situazione eccelsa. Eccelso tra l'altro dovrebbe derivare da excellere, che in latino deriverebbe da cellere, "‘elevarsi", uso il condizionale perchè è una ipotesi, poichè il verbo non esiste mai nella forma da solo.
Credo che sia una parola che va benissimo nella società attuale che mette in competizione ogni cosa, che cerca qualsiasi dimensione "perfomativa" (altro obbrobrio), che non fa altro che stabilire classifiche. Facendo sì non solo di non considerare null'altro se non l'eccellenza, che ovviamente non può essere per definizione possibile sempre. Anche perchè il secondo uso di Eccellenza era ad appannaggio prima del Sovrano, e poi di altissime cariche pubbliche, religiose e provate, abolito tra l'altro nel 1945 dalla legge italiana, ma che rimane nell'uso comune.
E le vostre parole che iniziano ad essere insostenibili?
Non c’è niente di peggio al mondo che un’opera mediocre che finge di essere eccellente. Joseph Joubert
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Sbarià N° 0
Sbarià, da sbariare, verbo del dialetto napoletano. Ha un duplice significato: farneticare, delirare, smaniare, per cui chi sbarea è oppresso da un'idea fissa, concentrandosi e soffrendone; ma vale anche divagarsi, distrarsi, fantasticare, dedicarsi ad un piacevole sfizio per esempio, per cui chi sbarea è anche chi carezza sogni o insegue chimere. Deriva non da svariare, come verrebbe da pensare (con la trasformazione della v a b tipica del napoletano), ma dal ben più antico verbo greco bareo (a cui si è aggiunta una s rafforzativa) che vuol dire proprio avere la sensazione di oppressione.
Ho scelto questo nome per questa nuova occasione, un nuovo modo per chiacchierare insieme. Sarà estemporanea nei tempi e nei modi, ma mi impegno affinchè sia divertente.
Per iniziare chiedo, a chi ne ha voglia, di riportare un termine del proprio dialetto (o anche di un altro non proprio) che non ha corrispettivi specifici con l'italiano.
Inizio io dal mio, con uno dei termini più belli del vocabolario napoletano:
Schizzechià
anche con la g (sghizzechià): che vuol dire "piovigginare lento e leggero, continuo e persistente, con goccioline fitte e sottili, simili a stille" (Renato De Falco, Alfabeto Napoletano), azione che, va sottolineato, non sfocia necessariamente in una pioggia più forte. Deriva da un uso particolare del verso schizzare, che ha tra i suoi significati stillare.
‘O sole che fa mo trase e ghiesce e intanto jamme cchiù llà schizzechea
Pino Daniele, Schizzechea, 1988
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Sbarià n°4 - Musica In Movimento
Nella Storia di Musica 365 ho citato lo studio Mobile dei Rolling Stones. Ve lo mostro
Il tipo biondo appoggiato al camioncino è Robert Plant, perchè il Rolling Stones Mobile Studio fu il primo e più leggendario esempio di studio di registrazione su ruote della musica rock.
L'idea nacque proprio al gruppo di Mick Jagger, che voleva registrare le canzoni con maggiore libertà a Stargroves, la dimora dell'Hampshire dove lui soggiornava. Ian Stewart, che era sia il pianista che il manager della band, ebbe l'idea non di allestire uno studio nella magione, ma di creare uno studio che potesse muoversi con la band. Fu allestito così un camion BMC, con i preziosi consigli dei migliori ingegneri del suono, che chiesero materiale all'azienda leader del settore in quel momento, la Helios Electronics: la giovanissima azienda di mix consolle fu fondata nel 1969 da un ex ingegnere del suono degli Olympic Studios di Londra, Richard "Dick" Swettenham, che tramite Glys Johns, uno dei mitici fratelli Johns tra i massimi esperti e maghi del suono rock di quei tempi, decise di produrre la sua console fatta a mano, e di diventare l'ingegnere del suono dei nuovissimi studi di registrazione della Island di Chris Blackwell, aperti a Notthing Hill, a Londra.
L'idea fu geniale per due motivi: in quel momento, tutti i gruppi desideravano registrate "live in the studio", senza fronzoli, e la possibilità di registrare non in un proprio studio di registrazione era perfetta; lo studio si rivelò eccezionale per catturare le registrazioni dei concerti dal vivo.
La lista dei dischi registrati con l'RSM è epocale. E comprende tra gli altri:
Sticky Fingers e Exile on Main Street – The Rolling Stones Zeppelin III e Zeppelin IV (ma anche materiale che finirà in House Of the Holy e Physical Graffiti)– Led Zeppelin Machine Head, Burn, e Live in Europe – Deep Purple Penguins e Mystery to Me – Fleetwood Mac Live! – Bob Marley and The Wailers Alchemy: Dire Straits Live – Dire Straits Live in Italy – Lou Reed
e soprattutto è omaggiata in quella che è probabilmente la canzone più famosa del rock: Smoke On The Water dei Deep Purple fu registrata proprio con questo studio a quattro ruote, nell'ormai leggendario racconto del fumo che dal casinò di Montreux si alzava per l'incendio provocato da "uno stupido" che accese un fumogeno durante il concerto di Frank Zappa & the Mothers Of Inventions.
We all came out to Montreux On the Lake Geneva shoreline To make records with a mobile, yeah We didn't have much time now (...)
We ended up at the Grand Hotel It was empty, cold and bare The Rolling truck Stones thing just outside Huh, making our music there now
Lo studio fu molte volte aggiornato, arrivando a ospitare verso la fine della sua storia operativa addirittura un registratore a 32 piste.
Nel 1985, i Rolling Stones vendettero l'RSM a Bill Wyman, che nel 1987 creò il progetto Ambition Invention Motivation Success (il progetto AIMS), che era un mezzo per dare alle nuove band in tutto il paese la possibilità di lavorare al Mobile Studio e produrre un demo di alta qualità. Nel 1996 il Mobile, ancora nella sua forma originale, fu venduto all'asta da Bonham's e portato negli Stati Uniti dai Loho Studios di New York City. Dopo un po' di manutenzione tecnica, fu messo in azione nella scena musicale underground di New York, realizzando registrazioni tra cui esibizioni dal vivo di Patti Smith, i Ramones e quasi 30 altre band al Continental per l'album Best of NYC Hardcore. Nel 1999, lo spettacolo "finale" dei DGeneration alla Coney Island High nell'East Village, New York City fu registrato dal Mobile dall'ingegnere del suono dei Loho Studios, Greg Di Gesu. L'unità è attualmente di proprietà del National Music Centre di Calgary, Alberta, Canada.
(il colore blu della versione AIMS era dovuto allo sponsor Pernod, famosa azienda di alcolici francese).
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Sbarià n° 5 - Caratteristiche Materiali
Nel ringraziare tutti quelli che hanno votato al piccolo sondaggio sulle espressioni che "fanno irritare", vorrei fare due brevi osservazioni.
1: La resilienza è stata votata come la più irritante, anche con un certo distacco. C'è da dire che di per sè il concetto non è affatto brutto, anzi, e non è nemmeno recente (vi invito a leggere questo stupendo articolo). Solo che è diventato di moda, in maniera come spesso succede alle mode del tutto incontrollata, perdendo il significato originario e pregnante, in favore di un uso sconsiderato la cui ripetizione a casaccio ne mina la correttezza e la forza semantica: per esempio, l'uso del termine in psicologia si deve a studi portentosi e per molti versi drammatici sui bambini e la loro reazione a traumi fortissimi. Rimane un caso eclatante di uso sconsiderato di un concetto di per sè interessante, ma che diventa quasi insopportabile (l'hanno messo pure nel PNRR);
2: le altre scelte sono più raggruppate, con una prevalenza dell'espressione "normalizziamo il fatto che...", la quale cela sempre una sorta di mettere le mani avanti rispetto ad una caratteristica che l'interessato sostiene di dover essere "accettata". Un po' lo stesso capita con "chiedo per un amico\ un'amica", sono strumenti che chiaramente sottendono all'importanza di essere valutati positivamente dagli altri: in tutte e due i casi, si tende a nascondere o a sminuire un qualcosa che potrebbe metterci in imbarazzo rispetto all'opinione altrui. Che è, all'opposto, il senso nell'uso di "caso umano" (che per me è un'espressione violentissima), smarcando la propria responsabilità alla stravaganza dell'altro, tanto da essere considerato un caso, quasi alludendo ad una natura clinica della questione. È molto interessante notare come quando si cerca di inquadrare "una normalità" (in qualsiasi accezione si voglia) si finisce per marcare anche una "stranezza" equivalente ma opposta. Ultima osservazione su location, che mi fa pensare che ormai non esiste più un modo alternativo per definire il posto dove si svolge un qualsiasi tipo di evento che non è mai un luogo, è sempre una location.
Dorothy: "Come fai a parlare se non hai il cervello?".
Spaventapasseri: "Ah, non ne ho idea… ma c'è un mucchio di gente senza cervello che chiacchiera sempre…".
Judy Garland e Ray Bolger, in Il mago di Oz, 1939
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Sbarià 6 - Rima in -are
Con un po' di ritardo, i commenti dei risultati del secondo sondaggio sulle sofferenze linguistiche. I risultati sono stati inequivocabili:
Ha stravinto skillare, che nelle mie intenzioni del sondaggio riunisce in sè tutti i verbi presi a calco dalle lingue straniere e coniugati all'infinito come in italiano. Nel caso specifico, skillare ha un duplice significato: quello di una situazione dove serve o è presente una forte competenza in materia (dal significato proprio di skill, abilità, competenza) e quello, preso dal mondo del gaming, di aumentare le proprie competenze, sviluppare specifiche abilità, dato che nei giochi di ruolo online la skill è una qualsiasi abilità di cui è dotato un personaggio, come abilità magiche o fisiche.
Un terzetto vicinissimo: Impattante è accolto nei Dizionari Italiani verso fine anni '90, ma già dagli anni '80 era molto usato nel suo senso figurato di "scontrarsi", come verbo da impatto, che fu usato per la prima volta nel 1966 da molti giornali seguendo le prime missioni spaziali, da impact in inglese; è da dire che impattare ha valore anche di "andare in patta, pareggiare". L'aggettivo -gate che viene affibbiato a qualsiasi inchiesta di tipo giornalistico o investigativo, è una delle manie della nostra informazione, non solo italiana. Tutto deriva dal famoso episodio del Watergate, scoppiato negli Stati Uniti nel 1972, innescato dalla scoperta di alcune intercettazioni illegali effettuate nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, da parte di uomini legati al Partito Repubblicano e in particolare al "Comitato per la rielezione" del presidente Richard Nixon, che prese il nome dal Watergate, un complesso edilizio di Washington che ospita il Watergate Hotel, l'albergo in cui furono effettuate le intercettazioni che diedero inizio allo scandalo. La fortuna fu anche la leggendaria inchiesta giornalistica portata avanti sul Washington Post da Bob Woodward e Carl Bernstein. Staccato di poco anche l'uso della simbologia maggiore o minore per mettere in relazione i propri gusti personali rispetto a quelli generali (spesso tutta la vicenda sui social è seguita da un hashtag Unpopular opinion o qualcosa di simile);
Staccatissimi Piatto Povero, che è un altro luogo della modernità linguistica, denominazione che acquista qualsiasi pietanza che vuole comunicare una genuinità di base, sia negli ingredienti che nella preparazione (e su questa cosa ci ritornerò) e Tavolo partecipativo, altro feticcio del sacrosanto Processo partecipativo per includere le vere istanze dei cittadini nelle decisioni democratiche.
Piccola lista di verbi (prestiti e calco) in are:
cringiare, triggerare ma anche realizzare (nell'accezione di rendersi conto) e perfino salvare, inteso come memorizzazione sicura dei dati informatici.
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Sbarià n°3 - Raccontane un'altra Sam
Cambiare la narrazione: è diventato una sorta di mantra. Esiste ormai ambito sociale, economico, politico, culturale dove non è richiesto un cambio di narrazione? Per valorizzare un luogo, bisogna costruire una narrazione adeguata. Per far conoscere un prodotto, bisogna attivare la giusta narrazione. Ma ha davvero senso come concetto?
Narrazione è di fatto un nuovo passe-partout linguistico argomentativo, buono per qualsiasi cosa. Prende spunto, come calco, dall'inglese narrative, che alcuni traducono con narrativa, come un sostantivo, ma il tutto deriva dalla traduzione dell'altrettanto modaiolo storytelling. Con questo termine si delinea un mezzo creato dalla mente per inquadrare gli eventi della realtà e spiegarli secondo una logica di senso. La teoria della comunicazione ha osservato come la costruzione narrativa del discorso sia particolarmente efficace per chi cerca il consenso politico, perché le forme discorsive della narrazione sono più efficienti di quelle logico-argomentative, favoriscono processi di identificazione collettiva, coinvolgimento emotivo, consenso diffuso, come dimostra il formato narrativo dei grandi miti fondativi dei popoli e delle culture: questo spiega come sia naturale per il potere "raccontare che tutto sia in crescita" rispetto a controbattere i dati, le storture, a spiegare i numeri e non le sensazioni come comunemente avviene ormai.
È una narrazione sbagliata, una narrazione di comodo, nella consapevolezza che la gente che non ha la pancia piena non ragiona, perde i lumi della ragione. Questa è una dichiarazione di un Sindaco molisano, del M5S, riguardo l'immigrazione straniera in Italia. Narrazione in questo caso è usata impropriamente come "rappresentazione", "interpretazione" ma acquista "senso" per l'uso ormai discriminato del termine che racchiude ormai il meta-significato di "realtà dei fatti" pur non avendo mai voluto significare ciò. Quindi se qualcosa non va, non è importante definirne le cause, ma "cambiarne la narrazione", se una parte non è ascoltata, non è perchè non dice le cose, ma ne sbaglia il modo, e quindi è necessario "cambiare la narrazione". Ed è bene notare come sia sempre "sbagliata" la narrazione, per questo c'è bisogno di cambiarla, sbaglio che di per sé non ha alcun senso: può essere bella o brutta, convincente o meno, ma come fa una narrazione ad essere sbagliata? Sbagliata è un’interpretazione, una rappresentazione concettuale, una valutazione, un’affermazione: tutti sinonimi per cui sta, nell’approssimativo linguaggio dei nostri politici, la parola narrazione (Vittorio Coletti, Narrativa e Narrazione, Accademia della Crusca, Risposte Ai Quesiti).
Mi piace finire però con una nota positiva: la narrazione ha un grande valore in ambito psicoterapeutico, poichè attraverso il percorso di analisi può aiutare il paziente a cambiare il racconto che fa di sé e della sua vita, riformulando in maniera più centrata la consapevolezza dei proprio desideri e pensieri sul modo in cui la realtà viene percepita.
I fatti non son mica tutto; almeno metà della faccenda consiste nel modo in cui si sanno trattare i fatti. Fëdor Dostoevskij
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