#colpirà
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Il 23 marzo Weather kids contro i cambiamenti climatici, appello dei Giovani meteorologi: "Aumento delle temperature colpirà il 94% dei bambini nel mondo"
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Mi metto in tiro per riconquistarti
Cos’ha quella sciacquetta che io non ho? Ce l’ha forse coi campanellini? Hai ritrovato la tua piena mascolinità, con lei? Mi scopi al massimo una volta al mese e sbrighi la vicenda in tre minuti. Io per parte mia ho deciso che stasera ti farò impazzire. I nostri figli li ho spediti da mia madre. Ho fatto un lungo bagno con rari e costosi sali ammorbidenti che vengono dalla miniera di vattelapesca e mi sono accuratamente incremata e depilata. So che mi vuoi liscia come il raso. Perché, come un tempo mi sussurravi all'orecchio, arrapato e innamorato, la tua lingua deve poter correre libera sulla mia pelle di seta per fermarsi ad assaporarmi solo su alcune zone che preferisci. O dentro le mie parti intime.
Quando vuoi e come vuoi, perché tu resti il Signore e Padrone del mio corpo tutto. Perciò non devi mai trovare ostacoli. Mai. E io lì a squagliarmi di gioia e piacere nel sentirmi tanto desiderata da te. Tutto svanito magicamente. Stasera: riscossa. Mi sono profumata abbondantemente ovunque di quella colonia che mi hai regalato e che quando la indosso ti fa perdere la testa. Sia benedetta. Ho comperato della nuova lingerie frou-frou che sono sicura ti colpirà. Indosserò un vestitino cortissimo e sexyssimo. Sai: per una moglie quarantacinquenne tradita, ferita ma sempre innamoratissima, combattere con un’amante giovane può essere una battaglia durissima.
Le caverò gli occhi prima o poi, alla puttanella, vedrai. O magari la coltiverò e me la scoperò, meglio. Al solo pensiero mi eccito già. Io ho dalla mia che ti conosco bene, il mio corpo è già ben rodato ed elastico nell’accoglierti ovunque e so esattamente quali giochetti da fare e ricevere ti fanno impazzire. Stasera te li chiederò e te li farò tutti, a costo di stancarmi, di arrivare alle due di notte. Malgrado tu mi farai arrossare la fica o sanguinare l’ano. A costo di slogarmi le mascelle e ferirmi la gola, perché vorrò fare indigestione del tuo succo d'uomo. E poi quando avremo finito, metterò la sveglia perché dopo un’ora di sonno al massimo ti scuoterò per ricominciare.
Fino al mattino. Sono un anno e dieci mesi che vado in palestra tre volte a settimana e sudo, mi sforzo e rassodo. La domenica mattina corro per un’ora. E poi yoga, dieta: a pranzo due olive e una costa di sedano. Poi, tisane dimagranti, zero dolci e stretching quotidiano. Devi sapere comunque che finalmente da qualche tempo in palestra un tuo coetaneo, un gran bel fusto in verità, s’è accorto di me e mi sorride, mi offre il caffè, mi chiede consigli su varie cose, si intrattiene con me di continuo. Mi dice anche ripetutamente e guardandomi fissa negli occhi che con la moglie non fa più l’amore da tempo. Infine, invariabilmente si offre con insistenza di accompagnarmi a casa.
E adesso senti quest'altra: nello spogliatoio femminile c’è anche una donna mia coetanea che mi adora e che, me l’ha fatto capire chiaramente, vorrebbe approfondire la nostra amicizia. Molto bella e affascinante: una persona fine, colta, alta e biondissima. Confesso che malgrado cerchi di respingere l’idea, penso a lei sempre più spesso. Per ora ho declinato sempre tutto cortesemente. Ma sono, i loro complimenti, dei deliziosi colpetti alla mia autostima. E intuisco inequivocabilmente che entrambe queste persone vorrebbero passare a ben altri “colpetti” da darmi, con grande soddisfazione dei loro e miei sensi. Qualche sera di queste vedrai. Intanto, per stasera sono ancora innamoratissima di te e ti voglio, ti voglio, ti voglio…
RDA
RDA
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Per una volta mi piacerebbe abbassare le difese con qualcuno, sapendo che non mi colpirà.
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Tra pochi giorni uscirà al cinema Nosferatu.
Parlando di questo film tra le opinioni che mi è capitato di incontrare vi è la banalissima "Ormai non si fa più niente di nuovo" chiusa da "Non c'è più fantasia". Lungi da me definire ciò che è nuovo e cosa si intende per fantasia ma personalmente non posso che trovarmi in disaccordo con queste affermazioni.
Nosferatu (quello originale) è un film muto del 1922 di Friedrich Wilhelm Murnau ispirato al romanzo Dracula di Bram Stoker. Qualche anno fa ho avuto il modo di apprezzare una proiezione del film originale con l'esecuzione di musica dal vivo e trovo che la scelta di riprendere un classico dandogli una voce e un soundtrack ufficiale non solo richiede coraggio ma anche un grande lavoro di inventiva.
L'ambientazione horror e le scene disturbanti sono ancora attuali e suggestive (il film originale fu vietato in Svezia per 20 anni dall'uscita) e rendono il Conte Orlok il vampiro per eccellenza dell'immaginario collettivo. Da queste premesse non ci si può che aspettare un grande omaggio a una delle pellicole che ha fatto la storia del cinema horror che sicuramente colpirà anche i non amanti del genere.
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L'antica benedizione del pellegrino.
=🕊=
In, con e per Gesù. Amèn!
Canto dei pellegrinaggi. (Sl. 121)
youtube
=👣=
Io alzo gli occhi ai monti; da dove mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto i cieli e la terra.
Egli, non permetterà che il tuo piede vacilli, e colui che ti protegge, non sonnecchierà.
Ecco, colui che protegge Israele, non sonnecchia e non dorme.
L'Eterno è colui che ti protegge, è la tua ombra, Egli è alla tua destra.
Di giorno, il sole non ti colpirà e nè la luna di notte.
L'Eterno, ti custodirà da ogni male e custodirà la tua vita.
L'Eterno custodirà il tuo uscire e il tuo entrare, ora e sempre. Alleluya!!
===
Molti sono i passi di un cammino ed ogni passo lascia due orme. Ecco, Signore, che ogni passo possa tu riceverlo come una preghiera rivolta in lode a te ed ogni orma che lascio come richiesta di benedizione per mia figlia, per tutti gli amici e fratelli che ho nel mondo. E ti prego ancora, per coloro che mi vogliono bene, ma anche per tutti quelli che non me ne vogliono. Che il seme della tua Parola, che ho seminato lungo tutti i sentieri del cammino, possa germogliare nei loro cuori e come la goccia scava la pietra scolpirsi nelle loro menti per portare sempre buoni frutti. Amèn!🙏
lan ✍️
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L’AFFIDABILITÀ DELLE PREVISIONI METEOROLOGICHE MIGLIORA SENSIBILMENTE
Le previsioni meteorologiche sono sempre più accurate ed oggi la loro affidabilità raggiunge il 97%.
In un contesto in cui è probabile che le condizioni meteorologiche diventino sempre più estreme, lo sviluppo della modellazione numerica computerizzata e dell’intelligenza artificiale sta permettendo di anticipare sempre di più gli eventi meteorologici. All’inizio degli anni 2000 le previsioni a 5 giorni avevano un’affidabilità di circa l’80%, valore oggi raggiunto dalle previsioni a 7 giorni. Una previsione a quattro giorni oggi è accurata quanto una previsione a un giorno di 30 anni fa.
Questi progressi sono il risultato di migliori dati satellitari e grazie a stazioni terrestri che coprono sempre più aree in tutto il mondo e a una densità maggiore. Il Met Office, uno dei principali istituti di previsioni meteorologiche mondiali, suddivide il mondo in aree sempre più piccole e dettagliate. Mentre i primi modelli consideravano quadrati larghi 90 chilometri, ora sono ridotti a una griglia di quadrati larghi 1,5 chilometri. Negli anni ’70, la previsione a 48 ore di un uragano aveva un errore tra 200 e 400 miglia nautiche; oggi è di circa 50 miglia nautiche. I meteorologi possono ora fare previsioni piuttosto accurate sui luoghi in cui colpirà un uragano con tre o quattro giorni di anticipo, il che consente alle città e alle comunità di prepararsi in tempo. Notevoli benefici inoltre ne traggono l’agricoltura, gli enti di protezione civile ma anche la programmazione aerea e spaziale e a quella produttiva e cantieristica, ludica e turistica.
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Fonte: Ufficio studi Mezzopieno – Guarda altri grafici
European Centre for Medium-Range Forecasts; Hannan Ritchie Our World in Data; Met Office
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Il governo italiano sta per introdurre una nuova regolamentazione che equiparerà la cannabis light alla cannabis tradizionale. Questo cambiamento è stato inserito in un emendamento al ddl Sicurezza, recentemente approvato dalle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera. È stata ritirata, invece, la proposta della Lega per vietare l’immagine della pianta di canapa per fini pubblicitari.
La lotta del governo alla cannabis light sta assumendo proporzioni grottesche
L'esecutivo ha presentato nuove proposte per una stretta sul settore, che comprendono anche un divieto alle immagini che raffigurano la canapa
La legislazione italiana attuale, che risale al 2016, consente la coltivazione di canapa per scopi industriali, purché il contenuto di Thc – la sostanza psicoattiva della presente nella pianta – non superi lo 0,2%. La nuova normativa, invece, proibisce il commercio, la lavorazione e l'esportazione di foglie, infiorescenze, resine e di tutti i prodotti contenenti sostanze derivate dalla pianta di canapa. Ciò colpirà diversi ambiti, dalla cosmesi all'erboristeria, dagli integratori alimentari al florovivaismo. I negozi specializzati nella vendita di prodotti a base di cannabis light, sorti come funghi negli ultimi anni, sarebbero costretti a chiudere. Inoltre, le tabaccherie, che attualmente offrono alcuni di questi prodotti, non potrebbero più includerli nel loro assortimento.
L'impatto economico di questa decisione sarà significativo perché si tratta di un mercato in piena espansione in Italia. Attualmente, circa 800 aziende coltivano cannabis light nel nostro paese e 1.500 si occupano della sua trasformazione, generando un fatturato annuo di circa 500 milioni di euro e coinvolgendo circa 11.000 posti di lavoro. Secondo Davide Fortin, ricercatore all’Università Sorbona di Parigi e collaboratore di MPG Consulting (Marijuana Policy Group di Denver) il mercato della cannabis light in Italia nel 2021 era valutato circa 44 milioni di euro all’anno e sarebbe potuto crescere fino a 400-500 milioni con una regolamentazione adeguata, inserendosi in un mercato europeo potenziale di 36 miliardi di euro. Il prodotto coltivato in Italia, è infatti molto richiesto anche all'estero, con esportazioni verso Germania, Belgio, Olanda e Francia.Le reazioni della politica sono state in generale molto critiche. Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani, ha definito la decisione come una "grave sconfitta per la libera impresa". Anche Riccardo Magi, segretario di Più Europa, ha duramente criticato la misura su X: “Il governo Meloni ha appena ucciso il settore della cannabis light nel nostro paese", "in preda alla furia ideologica [il governo], cancella una filiera tutta italiana 11mila posti di lavoro. E pensano anche di aver fatto la lotta alla droga”.
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a volte problemi e situazioni si accavallano e sembra che tutto ti colpisca come un mitra spianato e tu ovviamente non sei keanu reeves in matrix, ma una cosa la puoi fare, concentrarti su un proiettile per volta, risolvere quello che puoi risolvere e per il resto che ti colpirà comunque tenere botta e sopportare
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Tutto ciò che ami, inevitabilmente, svanirà, scivolerà via come sabbia tra le dita, lasciandoti con il vuoto di ciò che era. Ma l’amore, con la sua crudele ironia, trova sempre la strada per tornare, trasfigurato, vestito di altre forme, altre facce, altre storie, e ti colpirà di nuovo, sempre quando meno te lo aspetti, come un'onda che si infrange sulla riva, ricostruendo con la stessa intensità con cui prima ha distrutto.
Massimo Bisotti
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Meno male che c'è Daria
Daria arriva in ufficio prima che l’edificio si animi di vita umana. Le luci al neon, fredde e implacabili, illuminano moquette sporche di passi e scrivanie nude di personalità. Appoggia la borsa sulla sua sedia girevole, controlla la sua agenda, si liscia la giacca stazzonata. La macchina del caffè borbotta nell’open space vuoto, l’odore amarognolo riempie l’aria. Non ha dormito bene, questa notte. Non dorme mai bene quando la luna piena si avvicina. Dentro di lei scorrono scie di sogni feroci; artigli prima invisibili e poi molto concreti lacerano la sua pelle, dall'interno, e le strappano pezzi di sonno. Ha graffi sul corpo, nascosti sotto la camicetta, segni del suo essere altro, oltre la pelle umana. La porta di vetro scorrevole sibila e il primo ad entrare è il direttore delle vendite, Tommaso, con quel suo sorriso storto. Le si avvicina.
«Daria, caffè. Subito. Doppio zucchero. Ho una call tra cinque minuti, sbrigati.» Daria annuisce. Non discute. Devia verso di lui il caffè che stava preparando per se stessa. Riesce quasi a fiutare il disgusto del collega, la sua insofferenza: per lui Daria non è davvero una persona, è un distributore automatico. Una donnina da cui esigere aiuto e assistenza. Lei abbassa gli occhi, con un vago «sì, certo.» Le mani tremano appena. Dentro di lei, qualcosa ringhia, ma è un ringhio silenzioso, acquattato tra le costole. Perché di giorno la sua natura è in letargo, soffocata in un involucro di normalità. A mezzogiorno l’ufficio è un alveare di voci maschili che si accavallano. Pochissime donne, tutte recluse in ruoli marginali: segretarie, archiviste, centraliniste, rare impiegate amministrative. Un paio di stagiste dall’aria intimorita.
Gli uomini lì giocano a misurarselo figurativamente per stabilire gerarchie, spandono cologne aggressive, ridacchiano sporcamente all’angolo della macchinetta del caffè, occupano tutto lo spazio, informano gli altri delle proprie conquiste, riappacificano conflitti professionali con una battuta rivolta alle tette della nuova assunta. Daria è la segretaria del capo dei capi, il CEO supremo e intoccabile, Massimo: un uomo sui cinquant’anni, stempiato e con la pancetta, sempre in giacca di lino costosa, con la bocca unta di burrocacao fighetto e arroganza. Si crede il non plus ultra, valuta se stesso usando come riferimento la leccaculaggine dei sottoposti sottopagati. Lei trascrive i suoi appunti, organizza le sue agende, corregge i suoi refusi, aggiusta il tiro delle sue cazzate, fissa le riunioni, fa chiamate importanti al posto suo. Però, è lo stipendio mensile di Massimo a sfoggiare cinque cifre, non quello di Daria. Quando anche lui entra nella stanza, l'aria si fa pesante.
«Daria, oggi niente pausa pranzo, dobbiamo preparare le slide per la riunione di domani. Ricordati di indossare qualcosa di carino, eh?» commenta senza guardarla negli occhi. Lei stringe le labbra. Annuisce. Non risponde. Sa che se fiata, lui la colpirà con un: «Scusa, hai detto qualcosa?» e le farà passare la voglia di replicare di nuovo. In questa Babele di sguardi insistenti, prevaricazione e allusioni, Daria si sente minuscola.
Ma è solo una faccia della medaglia. La sera, quando le scrivanie tornano vuote, lei rassetta i documenti, controlla le ultime email, e poi esce nel parcheggio sotterraneo. Saluta appena il guardiano che le fa un cenno distratto, ignaro di tutto, e torna a casa a piedi. Le strade della città hanno un odore diverso dopo le otto di sera, l’asfalto butta fuori aria più sporca e stanca, ci sono voci agitate che arrivano dai vicoli e dai bar che costellano il quartiere. Daria ingoia la solita umiliazione della giornata e sa, con una certezza atavica, che la notte le darà giustizia. Non giustizia legale, non retribuzione, no: qualcosa di più antico, un equilibrio che si ristabilisce con sangue e denti. Non ricorda come sia iniziato tutto, quando la bestia che dormiva nella sua carne si è svegliata. Forse è sempre stata lì. Forse è il risultato di anni di soprusi, di violenze subdole, di mani sul culo e commenti inaccettabili sussurrati. Forse è l’eredità di una notte di luna piena, di un incontro con qualcosa di inumano. Non importa. Ora quella forza animale è parte di lei. E le serve.
Nella sua piccola stanza in affitto, Daria toglie la camicetta, la gonnella grigia lunga che fa storcere il naso a Massimo, i collant neri e le scarpe col tacco basso consumato. Lancia tutto in un angolo. Indossa una tuta larga, annusa l’aria: la notte è tiepida, la finestra aperta lascia entrare un refolo di vento carico di odori. Il suo olfatto diventa più acuto, la pelle formicola. Sa già dove andare. Nella sua testa si mescolano le voci delle sue colleghe e di tutte le donne che ha conosciuto, storie mormorate di inferni taciuti, di percosse rimaste impunite, di grasse risate sempre così dolorose. Lei non è una giustiziera con spada e mantello. È un animale che risponde agli impulsi ferini che animano i suoi muscoli.
Quando si trasforma, non prova compassione, non prova pietà. Non è più remissiva o titubante. Quella parte sottomessa della sua mente si offusca in una fame antica. Ciò che resta è l’istinto di cacciare i maschi peggiori della città: quelli che gridano “troia!” se guidi troppo lenta, che ti spogliano con gli occhi quando torni a casa sull'autobus la sera, che trascinano le ragazze dietro i cassonetti scambiando la cortesia con un via libera libidinoso. Resta l'istinto di odorare la loro paura, sentire le loro ossa spezzarsi tra le fauci; quello la fa sentire viva.
Daria non giustifica se stessa, sa che questa è una regressione senza ritorno, un atto estremo. Ma è anche un equilibrio: il mondo scivola nella follia e lei si adegua, usando le sue zanne dove la ragione fa male i conti. Quella notte, la luna è quasi piena. La schiena si curva, i muscoli si gonfiano, la pelle si copre di peli scuri e ispidi. Le dita si rompono in artigli, il volto si allunga, la bocca si affolla di denti affilati come pugnali. Una donna lupa alta quasi due metri, su due zampe posteriori, massiccia, la coda che sferza l’aria. Gli occhi gialli brillano nell’oscurità.
Esce dalla finestra con un salto silenzioso. Corre sui tetti, annusa l’aria. Cerca l’odore dell’orrore umano: il sudore rancido di chi sta per fare del male. Lo trova, sempre. Quella città ne è piena. Nelle vie più buie, ci sono uomini che non temono nulla. Non immaginano che la predatrice è in agguato. Individua un maschio che piscia in un vicolo dietro un locale notturno: un omone con l’alito di birra e i pugni chiusi. Daria lo riconosce: è piuttosto noto in zona perché pesta le prostitute e strattona le maniche delle cameriere quando non lo servono subito. Mano, lo chiamano. Lavora in municipio. Mano stanotte ha adocchiato una bambola con cui giocare: magra, giovane, straniera, ingenua. Ce l'ha lì accanto. Lei se ne sta lì con la borsetta stretta al petto, si guarda attorno incerta, come un passerotto. «Ho parcheggiato qui vicino, ti faccio vedere una cosa. Se fai la brava ti do il numero di quel mio amico al commissariato. Se fai la brava.» Lei sbianca. Ma la lupa Daria non conosce diplomazia. Balza giù da un tetto, atterra dietro Mano. Un ringhio bassissimo, un suono che fa vibrare l’aria. La ragazzina scappa via strillando – a Daria dispiace, ma tant'è. L’uomo si volta, con ancora il cazzo in mano; urla peggio della sua preda.
In un attimo, artigli nella gola, zanne in quella carne molliccia, il sangue schizza e dipinge i mattoni sporchi, la trachea di Mano gorgoglia. Il corpo cade a terra come un sacco vuoto. Basta così poco, per morire. Bastano pochi secondi e tutta quell'arroganza scivola via in un rivolo di sangue, urina puzzolente e birra. Daria si lecca il muso, poi si dilegua, risalendo sul tetto con un balzo. Sente la vita pulsare in ogni cellula. Sente l’ingiustizia del giorno mitigata dalla sua ferocia notturna. Non ha rimorsi. Ha solo fame.
La mattina successiva Daria torna in ufficio come se nulla fosse accaduto. C’è un certo brusio nell’aria: qualcuno ha sentito che nella notte c’è stato un omicidio cruento, un altro uomo massacrato come un animale. Non è la prima volta, chiaro, solo che a volte la notizia si fa strada fino ai telegiornali, a volte no, a seconda di quanto è succosa o di quanto era un pezzo grosso il morto. Tommaso ne parla a voce alta, con una certa eccitazione: «Avete sentito? Un altro cristiano fatto fuori. Dove andremo a finire? Che città di merda.»
Daria non solleva lo sguardo dalla sua tastiera. Sorride leggermente. Se solo sapessero. Dopo la presentazione, Massimo la chiama nel suo ufficio e, come al solito, la rimprovera per una sciocchezza inesistente. Le ricorda che deve sorridere di più quando parla con i clienti. Borbotta che a nessuno piace parlare con una musona so-tutto-io. Le fa la predica su tutti i vantaggi che le donne come lei potrebbero avere lì dentro se solo si lasciassero andare. «Daria, puoi averli in pugno quei tizi, lo capisci o no? Sono uomini, un paio di sorrisi, qualche moina e ti firmano qualsiasi contratto. Ascolta me, lo so. Le basi!»
Daria annuisce, sentendo i canini umani premere sulle labbra. Pensa a come sarebbe facile sbranarlo se solo là fuori ci fosse l'eleganza della luna e non l'impertinenza del sole. Ma no, bisogna aspettare. E poi Massimo è troppo in vista, troppo protetto. È un manipolatore subdolo. Lei preferisce colpire prede più manifestamente violente. Almeno per ora. A pranzo Daria non ha appetito. Va a prendere un caffè nell’angolo cottura. Anche altre segretarie gravitano attorno a quel piccolo rifugio temporaneo. Una di loro, Caterina, ha il mento che trema e gli occhi così stanchi da sembrare vuoti. Lavora sotto Fulvio, uno che ha tenuto il broncio a tutti per settimane perché il suo staff non gli aveva fatto i complimenti per il suo nuovo completo Hugo Boss. «Vi incazzate perché i maritini non notano le vostre tinte, ma quando c'è qualcosa di davvero interessante da guardare fate le finte tonte.» Aveva detto.
Daria la osserva, Caterina abbassa gli occhi. La bestia dentro ringhia. Si chiede se quella notte uscirà ancora. Probabile. Ma deve stare attenta, la polizia comincia a cercare pattern, a capire se dietro quei delitti c’è una mano umana o altro. In effetti, nella zona, alcune telecamere di sicurezza hanno ripreso ombre vaghe, sagome impossibili. Gli inquirenti sono confusi. Un animale feroce? Un serial killer impazzito mascherato da animale? Una leggenda metropolitana? Daria si sta sfogando più del solito. Più di quanto non abbia mai fatto. Ne ha bisogno. Il tempo passa, le notti si susseguono, le lune cambiano forma, si gonfiano e si sgonfiano, come lattiginosi polmoni in cerca d’aria, ma la rabbia che scuote le ossa di Daria non muta mai. Aumenta la frequenza delle sue cacce. Non sempre uccide. A volte spaventa soltanto, fa scappare un gruppo di bulli. Altre volte interviene quando qualcuno tenta uno stupro o allunga le mani dove non dovrebbe. In quei casi non c’è pietà: lascia i corpi smembrati e aperti, segnati dai suoi artigli. Non c’è una regola chiara, solo la sua fame di punire.
Ma più la storia va avanti, più l’ufficio diventa un luogo di tensione. Massimo e gli altri manager testosteronici si innervosiscono: le notizie dei morti agitano i loro sogni. Un paio di clienti importanti hanno annullato un meeting proprio all'ultimo; non se la sentivano di fare trasferte. E i giornali parlano di un “mostro della notte” che uccide uomini. I giornalisti esitano a creare connessioni non confermate dalla polizia, anche se quelli più audaci iniziano a far andare a braccetto le parole “violenti” e “uomini”. Qualcuno propone un movente: un gruppo di nazifem esaltate? Una setta? Il dibattito si infiamma. Daria gode di questi dibattiti, anche se non lo mostra. Va avanti a testa bassa, nella sua miserabile vita diurna. Ma una sera, al rientro a casa, trova una pattuglia che gironzola proprio nel quartiere. Annusa la paura degli agenti, o meglio la tensione. Deve stare attenta. Forse deve cambiare zona di caccia.
Ma un giorno Massimo fa una battuta sui tacchi di Daria davanti a un nuovo cliente – «Sembrano due punteruoli! Speriamo non abbia le sue cose o siamo fritti!» – e lei decide che quella notte lo seguirà. Non torna neanche a casa dopo i soliti straordinari non pagati che la inchiodano alla sua scrivania fino a tardi: nel parcheggio dell'ufficio lascia che sia il suo naso a pensare per lei e fiuta l'odore del suo capo; è lì, come una scia rumorosa che aspetta solo di essere svelata. Lo trova in un ristorante costoso a mangiare in compagnia della moglie e della figlia. Daria abbandona la sua forma lupina e si avvicina alla vetrata di quel posto così chic. Li guarda; lui ride e divora il filet mignon che ha davanti, la moglie pilucca distrattamente un'insalata e la figlia è immersa nello schermo del cellulare.
Daria stringe la mascella. Massimo non è uno stupratore di strada, no, ma è uno che distrugge la dignità delle donne ogni giorno, pezzo per pezzo. Non sarebbe giusto punirlo? La bestia scalpita. Ma lui è lì con la famiglia. Non può lasciarsi alle spalle altri testimoni e in fondo detesta traumatizzare le povere donne che hanno la sfortuna di essere in compagnia degli uomini che caccia. Tentenna, anche se prima era così certa sul da farsi: ammazzare un CEO come lui significa chiudere i giochi. Diventerebbe impossibile per lei continuare a fare quello che fa ed essere una donna lupa.
Quella notte lascia stare Massimo e trova un’altra preda: un uomo che sulla strada di casa le chiede ripetutamente quanto vorrebbe per un pompino. «Oh, si fa per scherzare! Sei vestita come una di quelle, ecco» aveva riso. Daria indossa un abito lungo di lana. Beige. Basta un secondo e quell'abito viene fatto a brandelli dal corpo bestiale della lupa. La trasformata Daria piomba sull'uomo, gli fa morire la risata nel petto e poi la strappa dalla sua cassa toracica con una zampata brutale. Torna a casa con un malumore che le fa vibrare un basso ringhio in gola; quel vestito le piaceva.
La mattina successiva, appena mette piede in ufficio, Daria avverte subito un’atmosfera diversa. C’è un chiacchiericcio strisciante. Se tende le orecchie può cogliere stralci di conversazioni: nomi di vittime, ipotesi sussurrate, frasi mezze dette. Sui social, qualcuno ha cominciato a parlare di una “giustiziera”. Una che sbrana gli uomini violenti e abusanti, letteralmente. E lo fa come se fosse una bestia feroce, un lupo. Il cerchio si stringe e a Daria gira la testa; va in bagno. Lì, mentre si sciacqua la faccia, sente due segretarie parlottare. Una dice che sarebbe figo stampare degli adesivi con la silhouette di una lupa nera su sfondo rosso.
«Che top, ne vorrei troppo uno. Lo metterei sul computer, terrebbe lontani gli stronzi.» L'altra dice che nei quartieri periferici stanno spuntando dei murales a forma di colpo d'artiglio o di lupo con la bocca spalancata. Dice poi che un collettivo di universitarie femministe ha usato una semplice immagine stilizzata, due orecchie a punta e occhi gialli, per pubblicizzare un talk sulla misoginia. «Un po' pulp tutta questa storia, ma devo dire che mi fa meno paura uscire la sera.»
Daria non commenta, non si mostra. Ma dentro di lei si insinua un sorriso feroce. All’ora di pranzo, Tommaso non fa commenti allusivi quando Daria e le altre entrano nell’angolo cottura. Si limita a un cenno del capo. Evita il contatto visivo troppo insistente. Anche Fulvio, il capo di Caterina, ora ringrazia con cortesia forzata quando le assistenti gli portano delle carte. Come se un interruttore fosse stato premuto. Non c’è rispetto sincero, no, solo timore. Ma funziona. Un'educazione mimata a pappagallo per non attirare l’attenzione di quella punitrice sconosciuta che, come tutti ora sanno, è là fuori. Il giorno trascorre in questo strano limbo. Lei esce col tramonto, respirando l’aria di un universo parallelo: uomini che camminano guardandosi i piedi, spalle curve come a voler prendere meno spazio possibile, parole calibrate, mani in tasca. Non è giustizia, non è pace, ma è qualcosa.
Le notti di caccia continuano, e ogni morte aggiunge benzina sul fuoco della leggenda della lupa. Alcune donne hanno iniziato a radunarsi in piccoli gruppi. S’incontrano in appartamenti disadorni, bar poco illuminati, parcheggi deserti. Indossano spille o magliette con la sagoma di una lupa tutta nera. Leggono le notizie sui femminicidi che nonostante tutto non si interrompono mai e ringhiano tra i denti. Raccontano senza filtri le proprie storie di abusi, violenze, molestie, fanno nomi scandendo per bene le lettere. Una survivor intervistata alla televisione fa addirittura un gesto, alla fine del suo discorso: graffia l’aria con le unghie e mostra i denti. «Un giorno, magari non oggi ma un giorno, sarà il nostro turno di essere le vere belve» dice.
Non è un sogno innocente, è una rabbia antica che trova spazio. Non c’è più solo paura. C’è anche il desiderio acuto di non chinare la testa. Massimo, intanto, ingaggia guardie del corpo. Tre uomini nerboruti che lo seguono come cani da guardia. Ha cambiato atteggiamento verso Daria, la tratta con una finta gentilezza da vomito. Le dice: «Stasera puoi uscire prima, non vorrei mai farti fare tardi…» Lei annuisce, sente l’odore del suo sudore acre. Lui guarda la finestra, come se temesse che un’ombra pelosa possa arrampicarsi sul cornicione da un momento all'altro.
Le altre ridono a fior di labbra: «Hai visto Massimo? Pare abbia coda tra le gambe.» La lupa non ha ancora sbriciolato la sua pelle, ma sta già masticando la sua vanità. Ma nei giorni successivi, però, Massimo mostra di nuovo la sua vera natura. Prima una stagista, poi un’impiegata amministrativa, poi due segretarie a contratto determinato: con la scusa di un calo di fatturato o di ristrutturazioni interne, inizia a licenziare le donne una dopo l’altra, senza pietà né giustificazioni plausibili. Al loro posto, restano solo uomini, maschi rassicurati dalla scomparsa di potenziali accusatrici. Un ufficio tutto al maschile, come un club esclusivo dove le battute zozze sarebbero state accolte con una pacca sulla spalla e nessun senso di colpa. Senza donne non c’è bisogno di fingere rispetto, ovvio. Un modo per poter finalmente respirare il fetore della propria arroganza a pieni polmoni, convinti di aver messo in salvo la loro malsana idea di normalità. Daria è una delle poche che rimangono.
«Meno male che ci sei tu, Daria» le dice Massimo, «sempre così brava e carina.» E la guarda come guarderebbe un topolino con una zampina spezzata. Quel misto di compassione e disgusto che si dà alle creature infime, innocue e inutili. Daria sa che per finire questo circo deve fare l’ultimo passo. Perché no, non lo salverà. Massimo non è meno colpevole degli altri. Meritano tutti la stessa fine? Forse no, ma Massimo non ne uscirà vivo. La leggenda della lupa è nata dal sangue, e dal sangue verrà consacrata.
Quella notte Massimo si rifugia nel suo attico blindato. Le guardie del corpo presidiano l’ingresso. La moglie e la figlia sono via, in vacanza forzata. Lui resta con il suo whisky costoso, la cravatta allentata, il cellulare a portata di mano sudaticcia per chiamare la polizia al primo rumore. Una pistola ottenuta solo Dio sa come appoggiata sul tavolino laccato. Daria sa bene come si muovono le prede impaurite: frenetiche, prive di lucidità. Entra dal lucernario come un’ombra. Le guardie presidiano la porta e l'ingresso, ma non il tetto. Un errore banale, ma comprensibile: chi si aspetterebbe che la “lupa” giustiziera sia davvero una lupa? Daria scivola dentro, camminando carponi sui travetti. Scende con un balzo nel corridoio. Un rumore, una guardia si volta. Troppo tardi: artigli nella gola. L’altra guardia non fa neanche in tempo a urlare: un morso letale gli stacca la testa dalle spalle. La terza si precipita verso la porta, non ci pensa due volte a lasciare il suo capo da solo.
Massimo sente i passi pesanti e quei ringhi mescolati ai grugniti soffocati dei suoi uomini. Ora ha la pistola nella mano sudata. Quando Daria entra nella stanza, lo fa in forma umana. Nuda, coperta di sangue, brandelli di carne e cartilagine dalla testa ai piedi. Una donna, non un mostro. Nell'aria si spande odore di piscio mescolato al profumo di aftershave di lusso; Massimo ha paura. «No… no… ti prego…» balbetta, indietreggiando. Daria non parla, non sorride. Non c’è bisogno di parole, boriosi monologhi o giustificazioni. Si getta su di lui, un proiettile sfiora con un tuono il suo orecchio destro. Lei si sposta in un lampo e afferra il braccio di Massimo, lo torce finché sente l’osso spezzarsi, un suono secco. L’uomo urla, getta la pistola a terra. «Ti faccio ricca! Ti prego, ho soldi, lo sai! Daria, ci conosciamo da anni!»
Daria ringhia e in un attimo la lupa torna a essere pelo, denti e artigli. Non è questione di soldi, ovviamente, e mai lo è stata. È questione di equilibrio. Di sangue. Chiude le fauci sulla mascella di Massimo e tira, forte. Snap. Il sangue sgorga generoso sul lusso di quella casa, lui rantola e poi si ammutolisce. Un altro cosiddetto maschio alfa ridotto a carcassa vuota e inutile. L’indomani la città è nel caos. Massimo era importante, conosciuto, intoccabile. E ora è morto, sbranato come un coglione qualsiasi, in casa sua. Le donne che organizzano incontri clandestini si scambiano sguardi allibiti, alcune quasi piangono di commozione. Gli uomini, tutti, sentono un peso sullo stomaco. Ora sanno che nemmeno la ricchezza, le guardie o i piani alti li salvano. La donna lupa può arrivare ovunque. Qualcuno si convince che è ora di cambiare. Altri semplicemente si nascondono. Le donne indossano la spilla della lupa con ancora più orgoglio. Ma Daria non resta a godersi lo spettacolo. È braccata, lo sa. La polizia ispezionerà l’azienda, farà domande, cercherà tracce. Lei non può restare. C’è stato un tempo in cui voleva solo riequilibrare i conti. Ora ha generato un mito. E i miti sono pesanti.
Quella sera, se ne va. Si volta indietro un’ultima volta, dalla stazione degli autobus. Vede un gruppo di ragazzine incappucciate agitare bombolette spray davanti alla serranda chiusa di un negozio. Iniziano a disegnare la silhouette di una lupa. Daria tende le orecchie e le sente mormorare slogan ancora confusi, ma già colmi di rabbia e determinazione. Non hanno bisogno di conoscerla davvero, di metterla su un piedistallo. A loro basta un'idea. E a Daria basta sapere che sono meno sole. Daria sale su un autobus diretto lontano, con uno zainetto e poche cose. Avrà tempo per decidere cosa fare del suo potere, del suo futuro. Per ora quello che doveva e voleva fare è stato portato a termine. Dietro il finestrino sporco, la luna sfuma tra i palazzi, di nuovo quasi piena, ancora affamata di grida e giustizia imperfetta ma vera. La lupa è in cammino.
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"Quando avrai 27 anni, la vita ti colpirà duramente.
Capirai il detto "i soldi non crescono sugli alberi. " Lavorerai, pagherai la casa e le bollette, poi lavorerai di nuovo. Ripeto.
Ti mancherà il te stesso più giovane, con meno responsabilità e senza sapere molto del mondo.
Ci saranno notti in cui conterai le tue ore di sonno. Ti sveglierai per lavorare per soldi, trovando un'altra truffa per guadagnare di più.
La realtà è che, ora che sei cresciuto, il peso che porti è più pesante.
A 25, 27 o 30 anni, ti renderai conto che non stai più inseguendo solo i tuoi sogni. Cerchi di dare ai tuoi cari il meglio che questa vita possa offrire. ”
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A medley of covers of "Ai wo Torimodose!!" from Fist of the North Star, some of them with lyrics translated into languages other than the original Japanese.
Credits and lyrics under the Read More.
1st part: the original Japanese version, performed by "Jam Project" featuring Rika Matsumoto.
YOU wa SHOCK Ai de sora ga ochite kuru YOU wa SHOCK Ore no mune ni ochite kuru Atsui kokoro kusari de tsunai demo Ima wa muda da yo Jama suru yatsu wa yubisaki hitotsu de DOWN sa YOU wa SHOCK Ai de kodō hayaku naru YOU wa SHOCK Ore no kodō hayaku naru Omae motome samayou kokoro ima Atsuku moete iru Subete tokashi muzan ni tobichiru hazu sa Ore to no ai wo mamoru tame Omae wa tabidachi Ashita wo miushinatta Hohoemi wasureta kao nado mitaku wa nai sa Ai wo torimodose YOU wa SHOCK Ai de yami wo kirisaite YOU wa SHOCK Ore no yami wo kirisaite Daremo futari no yasuragi kowasu koto Deki wa shinai sa Hikitsuke au kizuna wa hanarenai nido to Ore to no ai wo mamoru tame Omae wa tabidachi Ashita wo miushinatta Hohoemi wasureta kao nado mitaku wa nai sa Ai wo torimodose
2nd part: a French cover by "Le Covers du Terrier".
Comme un choc ! Le ciel devant l'amour sagite et s'écroule. Comme un choc ! Et tout dans ma poitrine sagite et s'écroule. Et même si vous étouffez mon coeur flamboyant sous vos chaînes, je n'en ai cure, croyez-moi. D'un simple pression du doigt, je ferai voler vos entrailles en poussiére. Comme un choc ! Tout mon coeur palpite à vitesse accrue. Comme un choc ! Et ton coeur palpite à vitesse accrue. En cherchant ta trace, je sens mon coeur s'embraser par le feu d'une passion ardente. Un souffle enflammé qui fait tout fondre sans pitié devant moi… Parti dans le but de sauvegarder notre amour, tu vagabondes seul et sans fin, abandonnant l'espoir d'un lendemain… Ce visage livide incapable de sourire, n'est pas ce que je veuz voir… Ramène-nous le pouvoir d'aimer ! Comme un choc ! Mon amour taffranchit de l'obscurité. Comme un choc ! Ton amour taffranchit de l'obscurité. Personne n'aura le pouvoir de souiller cette sérénité qui subsiste entre nous deux. Ces liens ne seront jamais profanés une seconde fois. Je le jure ! Parti dans le but de sauvegarder notre amour, tu vagabondes seul et sans fin, abandonnant l'espoir d'un lendemain… Ce visage livide incapable de sourire, n'est pas ce que je veuz voir… Ramène-nous le pouvoir d'aimer !
3rd part: an Italian cover by "Green Noize".
YOU'RE IN SHOCK! Quando amore vibrò sotto il cielo blu. YOU'RE IN SHOCK! Un pilastro tremò e il cielo cadde giù. Anche se provassi a incatenarmi il cuore, lo sai, il tuo sforzo è vano. Con un solo dito, ogni intralcio abbatterò davanti a me. YOU'RE IN SHOCK! Sale il battito e ancora aumenterà. YOU'RE IN SHOCK! Il mio battito gli risponderà. Questo cuore perso brucia ardente in cerca di te e consuma il mondo. Scioglierà le trame e in piena luce senza pietà colpirà. Il tuo voto grida amore e libertà, ma quando finirà? Perderai il contatto con la realtà… La tua vecchia voglia di sorridere giace nella polvere… Devi ritornare in te! YOU'RE IN SHOCK! Sei il lampo che fende l'oscurità, YOU'RE IN SHOCK! ed illumina la mia anima. Mai nessuno più minaccerà la serenità che abbiamo costruito. Un legame nuovo forte come acciaio che mai cederà. Il tuo voto grida amore e libertà, ma quando finirà? Perderai il contatto con la realtà… La tua vecchia voglia di sorridere giace nella polvere… Devi ritornare in te!
4th part: a Spanish cover written by "Marianne", performed by "Dark Shingo" & Elisa Petrikowski.
¡Es un shock! Que esté flotando en el aire tanto amor. ¡Es un shock! El pensar que, por ti, así me siento yo. Quisiera entregarte este ardiente corazón, pero aún no puedo darlo. No hasta que supere a quien se quiera interponer. ¡Van a caer! ¡Es un shock! Cuando todo este amor ejerce presión. ¡Es un shock! Cuando puedo acelerar tu corazón. Si estás buscando la pasión en mi corazón, estás jugando con fuego, pues al encenderlo, ya no lo podrás apagar nunca más. Anhelo ser digno de poderte amar, estar listo para luchar. Por tu amor, ¡Nada me detendrá! Al ver tu sonrisa, ya no lo dudo más, sé que tengo oportunidad. ¡Tu amor a mí volverá! ¡Es un shock! Que tu amor la oscuridad me ayudó a vencer. ¡Es un shock! Que tu amor me iluminó como el amanecer. Juntos venceremos toda adversidad y dolor que se nos presente. Te daré estas flores como símbolo incondicional de nuestro amor. Anhelo ser digno de poderte amar, estar listo para luchar. Por tu amor, ¡Nada me detendrá! Al ver tu sonrisa, ya no lo dudo más, sé que tengo oportunidad. ¡Tu amor a mí volverá!
5th part: an English cover by "Shame" aka "Barry Roquefort".
You're in shock! As the sky breaks apart, falling from our love. You're in shock! And agape it becomes deep inside my heart. Nothing can contain us! Passion sparks up blistering flames. The chains that bind have broken. No one can surpass me, and all who choose to get in my way, down they fall! You're in shock! Passion will live on, longer than my life. You're in shock! So my pulse quickens as I reach the light. Inner fire burning brighter as I get to be with you. Every day, I get closer. Embers of my will shall melt away everything, clear the path! Long ago, you left to make our love eternal even after we're dead and gone. But even so, time has gone by so fast. I don't want to take the joy away from your life, maybe time is on our side. Until then, I shall fight for you! You're in shock! With the two of us here, darkness becomes light. You're in shock! And my sorrow is gone, crushed and torn apart. We can never fall as our bond will keep us forever close. We cannot be divided. I will never let us part as long as I have a pulse. We are one! Long ago, you left to make our love eternal even after we're dead and gone. But even so, time has gone by so fast. I don't want to take the joy away from your life, maybe time is on our side. Until then, I shall fight for you!
6th part: the original Japanese version, performed by "Vocapanda" aka "Jhona".
(Same lyrics as in the 1st part, of course)
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"Apprezza più un nemico sincero che un falso amico, il primo sai che ti colpirà guardandoti negli occhi, il secondo lo farà ABBRACCIANDOTI..."
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Abbi il coraggio di vivere, anche se la vita è il viaggio più arduo. Qualche volta ti colpirà duramente, ma devi lenire il dolore e andare avanti. Dimentica il passato, perché potrebbe rubarti la gioia. Usa la testa, ascolta gli altri, ma fai da solo le tue scelte. E non smettere mai di dare qualcosa di te al tuo prossimo, anche quando ti sembrerà di non avere più niente da offrire. Corri dei rischi, non risparmiarti. Fai quello che ami e cogli l’occasione. Questa è la tua storia, sta a te raccontarla. Sergio Bambarén, L’eco del deserto ************** Have the courage to live, even if life is the hardest journey. Sometimes it will hit you hard, but you have to take the pain away and move on. Forget the past, because it could steal your joy. Use your head, listen to others, but make your own choices. And never stop giving something of yourself to your neighbor, even when you feel like you have nothing left to offer. Take risks, don't spare yourself. Do what you love and take the opportunity. This is your story, it's up to you to tell it. Sergio Bambarén, The echo of the desert
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Non puoi mettere a nudo l’anima con chiunque, scegli sempre con chi farlo ,
perché prima o poi ti colpirà alle spalle
e ti farà male …
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