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Carla Lonzi
“Il femminismo mi si è presentato come lo sbocco possibile tra le alternative simboliche della condizione femminile, la prostituzione e la clausura: riuscire a vivere senza vendere il proprio corpo e senza rinunciarvi. Senza perdersi e senza mettersi in salvo”.
Carla Lonzi è stata critica d’arte, editrice, scrittrice, poeta e, sopra ogni cosa, femminista.
Teorica e iniziatrice dell’autocoscienza e del femminismo della differenza ha portato un cambio di prospettiva, il gesto imprevisto di porsi fuori dalla cultura e dalle istituzioni, come ella stessa ha scritto è stato: uno sconquasso e anche una festa.
Nata a Firenze il 6 marzo 1931 da una famiglia della media borghesia fiorentina, madre insegnante e padre industriale con cui è stata sempre in conflitto, il suo desiderio di autonomia, di allontanamento dalla famiglia, l’ha portata a decidere di andare a studiare, a soli nove anni, in collegio. Dopo il liceo classico si è trasferita a Parigi, ma è rientrata presto per problemi di salute. Si è laureata con lode in Storia dell’arte con la tesi su Rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell’Ottocento, pubblicata molti anni più tardi.
Come critica d’arte, piena di talento, creatività e intelligenza, ha curato mostre prestigiose e viaggiato tanto.
Con il passare degli anni è stata sempre più attratta dalle dinamiche relazioni e di potere uomo-donna che dall’arte come elemento slegato dalla contemporaneità. Ha denunciato apertamente ingiustizie, prevaricazioni e comportamenti retrogradi ai danni delle donne, ritrovandosi isolata dall’entourage a cui apparteneva.
L’attività di critica si è conclusa nel 1969, col suo libro Autoritratto, che riporta i colloqui registrati, assoluta novità per i tempi, con tredici artisti e artiste, con particolare rilievo al dialogo con Carla Accardi, da cui ha cominciato a maturare la presa di coscienza femminista e l’attenzione alla soggettività femminile. Ha concluso negando il ruolo della critica, in quanto potere e ideologia sull’arte e sugli artisti.
Dell’arte le interessava non l’opera, il prodotto, ma il manifestarsi dell’autenticità dell’artista. È questo il filo comune al suo lavoro di critica, alla scrittura poetica, al femminismo.
Mettendo in discussione il ruolo della critica ha provato a sottrarre l’arte al ‘mito culturale’ per permettere alla creatività di entrare in rapporto con l’autenticità.
Con Elvira Banotti e Carla Accardi, nel 1970 ha fondato il gruppo Rivolta Femminile che è stato anche una casa editrice per cui ha redatto il Manifesto di Rivolta Femminile. Il testo, redatto in sessantacinque frasi brevi e lapidarie, contiene tutti gli argomenti d’analisi che il femminismo ha fatto propri: l’attestazione e l’orgoglio della differenza contro la rivendicazione dell’uguaglianza, il rifiuto della complementarità delle donne in qualsiasi ambito della vita, la critica verso il matrimonio, il riconoscimento del lavoro delle donne come produttivo e la centralità del corpo e la rivendicazione di una sessualità soggettiva e svincolata dalle richieste maschili.
A partire dal primo gruppo romano ne vennero fondati altri in diverse città. Tutti nati attorno alle pratiche, del separatismo e dell’autocoscienza: del partire dalle relazioni tra donne, del partire da sé e del fare pensiero di questa esperienza.
Sempre nel 1970 ha scritto e pubblicato Sputiamo su Hegel, in cui critica l’impostazione patriarcale della politica marxista e comunista invitando le donne a prendere posizione nella società patriarcale.
L’anno seguente è uscito La donna clitoridea e la donna vaginale, in cui, attraverso un confronto con fonti che vanno dalla psicanalisi alla paleoantropologia fino ai testi indiani del Kamasutra, sostiene che il mito dell’orgasmo vaginale è funzionale al modello patriarcale della complementarità della donna all’uomo. Se nel momento procreativo tale complementarità tra donna e uomo è ammessa, non lo è invece nel momento erotico-sessuale.
Con quest’opera ha posto il piacere come uno degli aspetti centrali della formazione dell’identità, individuando il ruolo della donna rispetto all’aggressività primitiva dell’uomo. Lo scritto, suscitando varie discussioni all’interno dei gruppi femministi, aveva portato ad approfondire la necessità di mettere in questione il desiderio e la possibilità di essere un soggetto che può identificarsi nella donna senza negare la differenza sostanziale con l’uomo.
Nel 1973 ha lasciato il gruppo della Rivolta Femminile e l’anno successivo è uscita la collana Libretti verdi, che comprende la ristampa dei suoi scritti, tra cui i testi firmati da Rivolta Femminile.
Nel 1978 ha pubblicato Taci, anzi parla. Diario di una femminista, con un approccio autobiografico di nudismo esistenziale in cui vengono messe in luce le tappe della sua vita facendo emergere il suo impegno politico femminista. Prendendo il via dalla fine dell’amicizia con Carla Accardi e dal suo distacco dal mondo dell’arte, in questo libro cambia la sua concezione dell’artista, che dapprima aveva esaltato come autentico e libero e che invece parteciperebbe alla marginalizzazione e all’esclusione delle donne, incitando ad abbandonare la strada della creatività di tipo patriarcale e imboccare quella dell’autocoscienza femminista.
Nel 1980 ha inaugurato la nuova collana Prototipi con Vai pure, che riporta i dialoghi più significativi avvenuti tra lei e il suo compagno, l’artista Pietro Consagra.
È morta il 2 agosto 1982 a Milano in seguito a un cancro.
Il suo contributo è stato cruciale nel dibattito italiano. L’intelligenza della realtà, la profondità delle analisi, la dote di saper cogliere nel reale ciò che limita la libertà femminile e ciò che invece è in grado di realizzarla, la capacità di mettere al mondo ciò che l’ordine dato non ha previsto, sono la sostanza della sua riflessione.
Per anni le sue opere sono circolate solo attraverso fotocopie, pdf, fotografie scattate male, frasi copiate a penna e passate di mano in mano, di donna in donna, di generazione in generazione. Con la loro forza prorompente e il valore sociopolitico, hanno delineato un punto di partenza, un modello di riferimento e fonte di ispirazione per moltissime attiviste.
Dopo essere rimasti a lungo assenti dagli scaffali, sono recentemente tornati in libreria grazie a Claudia Durastanti, direttrice della casa editrice La Tartaruga, creata nel 1975 da Laura Lepetit che oggi fa parte del gruppo editoriale La Nave di Teseo.
Carla Lonzi, con la sua esistenza e con i suoi scritti, che della sua vita sono il frutto, ha mostrato che la libertà femminile è l’imprevisto che apre ad altri imprevisti.
Guidata dal suo grande amore della libertà, ha mostrato la via di accesso a un mondo nuovo possibile, facendoci vedere che amore del mondo e amore di sé non divergono.
Nel 2017, suo figlio, Battista Lena, ha donato tutto il suo archivio, scritti, note, appunti, diari, a quello che è diventato il Fondo Carla Lonzi ospitato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Questo grande patrimonio storico e archivistico che rappresenta ancora oggi un atto politico, generativo e di lavoro radicale della memoria, minaccia di sparire dalla pubblica fruibilità perché la nuova direzione del museo ha deciso di non rinnovare il comodato d’uso.
Un ulteriore attentato alla cultura e alla storia di un’Italia che naviga sempre più ostinatamente verso una deriva reazionaria.
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A Trevi - Campo Marzio sventata una truffa del tipo "rip deal" per migliaia di euro
A Trevi - Campo Marzio sventata una truffa del tipo "rip deal" per migliaia di euro. Roma. Nella giornata di sabato 30 settembre, gli agenti del I Distretto "Trevi-Campo Marzio", impiegati in abiti civili in un servizio antiborseggio, nel transitare su via delle Muratte hanno notato, nei pressi di un ristorante di zona, la presenza di due cittadini di presunta nazionalità serbo/croata, con un atteggiamento sospetto, vestiti in abiti eleganti e con una pochette al seguito. Poiché gli stessi operatori del Distretto hanno verificato che, in alcune circostanze, sono state realizzate truffe denominate “rip deal”, (truffe nelle quali alla vittima viene proposta un'operazione di cambio fraudolenta, in cui i truffatori promettono una certa cifra in una determinata valuta in cambio di una cifra in un’altra valuta, con il miraggio di un certo guadagno quale premio per l’intermediazione prestata), proprio da soggetti con lo stesso atteggiamento, i poliziotti hanno deciso di effettuare un servizio di osservazione a distanza. Poco dopo hanno notato due persone straniere, un uomo ed una donna, che dopo essersi presentate ai due soggetti attenzionati, si sono accomodate al medesimo tavolo. Gli agenti, al fine di seguire più da vicino l'incontro, fingendosi clienti del ristorante si sono seduti in un tavolo adiacente a quello dei due sospettati, constatando che il dialogo, in lingua inglese, era incentrato su una trattativa commerciale avente ad oggetto milioni di euro di "business" con espliciti riferimenti alle criptovalute. Inoltre, uno dei due soggetti seduti al tavolo, di origine slava, è stato riconosciuto da un agente come uno dei due autori che, nel mese di settembre dello scorso anno, avevano perpetrato una truffa posta in essere con il medesimo modus operandi. A quel punto i poliziotti, avendo fondato motivo di ritenere che fosse in corso un tentativo di truffa, hanno chiamato in supporto altro personale e bloccato i due truffatori. Successivamente gli agenti hanno invitato le vittime a recarsi presso il Distretto di piazza del Collegio Romano per sporgere la relativa querela nei confronti degli autori della tentata truffa. In sede di denuncia si è appurato che le vittime erano due imprenditori originari della Lettonia contattati per l’acquisto di 26 case mobili, il cui valore complessivo ammontava a circa 2.200.000 euro. Dopo aver stabilito il luogo dell’incontro, ovvero il ristorante sopracitato, le due vittime hanno appreso che i due uomini presenti non erano i veri compratori ma gli intermediari, che affermavano di voler pagare tutta la fornitura in anticipo in cambio di un tornaconto in loro favore, il c.d. "cash back". Questa somma sarebbe dovuta essere corrisposta ai due intermediari in cripto valuta. Più precisamente questi ultimi avrebbero gonfiato la spesa facendo lievitare il prezzo d'acquisto ad euro 2.500.000 e la differenza, pari a circa 300.000 euro, l'avrebbero intascata loro in criptovaluta, attraverso un "wallet virtuale" (portafoglio virtuale). Mentre l'affare era in fase di definizione in merito alle modalità di pagamento, gli operanti sono intervenuti, interrompendo tutto; a quel punto i due lettoni hanno capito di essere vittime di un tentativo di truffa. I soggetti sono stati denunciati in stato di libertà. Sono stato sequestrati i telefoni cellulari e il veicolo utilizzato per raggiungere il ristorante, oltre ad orologi rolex di ingente valore e bracciali di dubbia provenienza. Ad ogni modo gli indagati sono da ritenere presunti innocenti, in considerazione dell'attuale fase del procedimento ovvero quella delle indagini preliminari, fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Ritratto ricamato del Perugino, concerto con i fuselli e tanti laboratori per tutti: a Panicale "Fili in Trama" stupisce ancora Se è vero che l’undicesima edizione di “Fili in Trama” è dedicata al Perugino, a Panicale per la Mostra internazionale del Merletto e del Ricamo non p...
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The beauty of art presented in Medici: The Magnificent (2018).
Most of the scenes of the second season of the Medici series were filmed in real Renaissance palaces and churches in Italy. Of course many of the locations don’t correspond to historical reality, because many of the places where the story is set (1469-1478) no longer exist or have been heavily reworked over the centuries. Obviously the private rooms of the main characters have not been preserved. The shots of Florence’s gate and walls are in fact the gate and walls of Volterra, which are better conserved. The exterior shots of Palazzo Vecchio in Florence would have been too complicated to make because of the swarming tourists, the shots were made at the Palazzo dei Priori in Volterra, which is the oldest town hall in Tuscany and has a striking resemblance to the Palazzo Vecchio.
However the series tries to be historically accurate in order to create a vision for a viewer of the time of Lorenzo the Magnificent. The aerial shots of the hills and castles, the interior shots and especially the glimpses of the artworks are the gems of the series.
The horse statue presented in Palazzo Pazzi and the palace interiors are obviously built for the series, because there is not a horse statue in the real Palazzo Pazzi and the palace itself differs from the fiction. The statue has possibly got influences from Donatello’s Equestrian Statue of Gattamelata (1453) in Padua or Giambologna’s Equestrian Statue of Cosimo I de’ Medici (1594) in Florence.
One room in Medici Palace features many times in the series. The room with masterfully painted walls where Bianca’s and Guglielmo’s wedding ceremony is held and drunken Giuliano is having a conversation with her mother. The scenes are shot in The Magi Chapel in Palazzo Medici Riccardi in Florence. Benozzo Gozzoli was commissioned by Cosimo de’ Medici to decorate the chapel. Procession of the Magi (1459-1460) portrays the Medici family and illustrious personalities. The most presented part of the work in the series is the Procession of the Young King on the east wall. Palazzo Medici Riccardi serves as a museum today.
Sandro Botticelli’s Venus and Mars (c. 1485) painted with tempera and oil on poplar, was probably a piece of bedroom furniture. The ’spalliera’, a backboard from a chest or day bed or a piece of wainscot. The wasps ('vespe' in Italian) at the top right suggest a link with the Vespucci family, though they may be no more than a symbol of the stings of love. The burning painting is a fictional scene. The painting exists in the National Gallery in London.
The decorations on Lorenzo’s bedroom walls are Pietro Perugino’s frescoes (1496-1500) in the moneychangers’ halls of Collegio del Cambio, which is an old seat of Moneychangers’ Guild in Perugia. The ornamentation is in the audience hall (Sala di Udienza). The detail seen here is called Famous Men of Antiquity. Today the place serves as a museum Nobile Collegio del Cambio in Perugia.
Sandro Botticelli’s La Primavera (c. 1480) painted with tempera on panel, was created for Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, a cousin of Lorenzo the Magnificent. The painting’s Three Charities symbolize a human love. The God Mercury intents to dispel the clouds to preserve an eternal spring. Although the complex meaning of the composition remains a mystery, the painting is a celebration of love, peace, and prosperity. The sketches are obviously fictional. La Primavera exhibits at Galleria degli Uffizi in Florence.
Sandro Botticelli’s Fortitude (1470) painted with tempera on panel, is Botticelli’s one of the earliest known works. It was part of a set of seven panels representing Virtues, commissioned by the Court of Mercanzia in 1470 to be placed in the Hall of Mercanzia located in the Piazza della Signoria. The other six panels are painted by Pietro Pollaiolo's workshop. Fortitude’s young woman wearing armour over her graceful dress alludes to strength and perseverance in the pursuit of good. Considering that Piero de’ Medici died in 1469, it is highly unlikely that he could have seen this painting. The painting is housed in Galleria degli Uffizi in Florence.
Vespucci’s salone decorations are the Saint Vincent polyptych (c. 1460-1470) consisting of six panels by Portuguese painter Nuño Gonçalves. The detail seen here is The Archbishop panel. The polyptych contains a superb gallery of highly individualized portraits of members of the court, including a presumed self-portrait. The panels are in Museu Nacional de Arte Antiga in Lisbon, Portugal.
Donatello’s bronze statue David (c. 1440-1460) was presumably commissioned by Cosimo de’ Medici and placed in the center of the courtyard of Palazzo Medici. The statue was originally placed on top of a pedestal, so the viewer would be looking up at it from below. While Medici family were exiled from Florence in 1494, some works such as David were transferred to the Palazzo della Signoria. Today David remains in Museo Nazionale del Bargello in Florence. The scene with David statue was shot in a courtyard of Palazzo Piccolomini in Pienza.
The Last Judgement painting on a corridor of duke Galeazzo Maria Sforza in Milan is apparently filmed in Palazzo Te in Mantua, where all the Milanese court scenes were filmed. The corridor scene might have filmed inside of North wing of Palazzo Te.
#medici: the magnificent#season 2#s2e1-8#the beauty of art gives a nice contrast to political intrigues and violence in the series#palazzo pazzi’s horse statue#benozzo gozzoli#procession of the magi#sandro botticelli#venus and mars#pietro perugino#collegio del cambio#la primavera#fortitude#nuno goncalves#saint vincent polyptych#donatello’s david#the last judgement#procession of the young king#filming locations in tuscany lazio lombardy#renaissance art#cinematography#medici#please correct me if there’s a lack of information#i couldn’t find any info about the last judgement#and found only poor results of palazzo pazzi#own gif#own post
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Le incredibili motivazioni della condanna a 13 anni a Mimmo Lucano: "Ha strumentalizzato l'accoglienza" Una motivazione che ha dell’incredibile, quella fornita dal presidente del Tribunale di Locri Fulvio Accurso nelle motivazioni della sentenza con cui il collegio ha condannato Mimmo Lucano, il 30 settembre scorso, a 13 anni e 2 mesi di reclusione. L’ex sindaco di Riace Mimmo “Lucano ha strumentalizzato il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica”. Insomma, Lucano non avrebbe accolto i migranti e creato il Villaggio Globale a Riace, esperimento unico nel suo genere in Europa, per spirito di umanità, ma per tornaconto personale. Un’organizzazione, scrive il giudice, “tutt’altro che rudimentale, che rispettava regole precise a cui tutti si assoggettavano, permeata dal ruolo centrale, trainante e carismatico di Lucano il quale consentiva ai partecipi da lui prescelti di entrare nel cerchio rassicurante della sua protezione associativa, per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi, collaudati negli anni e che ciascuno eseguiva fornendogli in cambio sostegno elettorale”. Lucano, “dopo aver realizzato l’encomiabile progetto inclusivo dei migranti, che si traduceva nel Modello Riace, invidiato e preso ad esempio da tutto il mondo, essendosi reso conto che gli importi elargiti dallo Stato erano più che sufficienti, aveva pensato di reinvestire in forma privata gran parte di quelle risorse, con progetti di rivalutazione del territorio, che, oltre a costituire un trampolino di lancio per la sua visibilità politica, si sono tradotti nella realizzazione di plurimi investimenti (l’acquisto di un frantoio e di numerosi beni immobili da destinare ad alberghi per l’accoglienza turistica), che costituivano, una forma sicura di suo arricchimento personale, su cui egli sapeva di poter contare a fine carriera, per garantirsi una tranquillità economica che riteneva gli spettasse, sentendosi ormai stanco per quanto già realizzato in quello specifico settore”. Per il Tribunale “nulla importa che l’ex sindaco sia stato trovato senza un euro in tasca – come orgogliosamente egli stesso si è vantato di sostenere a più riprese – perché ove ci si fermasse a valutare questa condizione di mera apparenza, si rischierebbe di premiare la sua furbizia, travestita da falsa innocenza, ignorando però l’esistenza di un quadro probatorio di elevata conducenza, che ha restituito al Collegio un’immagine ben diversa da quella che egli ha cercato di accreditare”. globalist
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Il mancato equilibrio nella governance del sistema universitario italiano risale, come detto, alla legge del 1998 e poi, soprattutto, alle modifiche introdotte dalla Legge Gelmini, che hanno attribuito al Rettore un potere smisurato. Egli è membro del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione contemporaneamente (un'assurdità!), a lui sono attribuite la rappresentanza legale dell'Università, le funzioni di programmazione economica e di bilancio, di approvare regolamenti e statuti, di indirizzo, iniziativa e coordinamento delle attività scientifiche e didattiche, di efficienza, nonché di prevedere sanzioni disciplinari a docenti e studenti, di nominare il direttore generale e i membri del CdA. Come ben capite si tratta di funzioni da despota assoluto, che non hanno eguali in nessun'altra università del mondo. Questa verticalizzazione del potere (cioè a dire il rafforzamento del ruolo del Rettore, del Direttore Generale e del Consiglio di Amministrazione), lungi dall'essere un aspetto di bilanciamento della governance si alimenta secondo meccanismi deviati e rafforza ancor più il potere delle lobbies accademiche più affamate e pericolose: il Rettore, infatti, viene eletto sulla base dell'appoggio politico e del voto di scambio degli stessi docenti, in cambio della promessa di concorsi pilotati e predeterminati e di avanzamenti di carriera “blindati”. Come hanno messo in evidenza, in modo chiaro e inequivocabile, alcune inchieste delle procure (in particolare quella di Catania, denominata “Università bandita”), il Rettore e i direttori di Dipartimento arrivano a decidere arbitrariamente, in molti casi trasgredendo platealmente la legge, e a predeterminare tutti gli aspetti della vita economica e sociale dell'Ateneo di riferimento, proprio perché non esistono, se non formalmente e con un ruolo meramente ornamentale, veri organi di controllo esterni (Ministero) e interno (Collegio dei revisori dei conti). Se considerate che i revisori dei conti non svolgono alcune reale attività di contenimento delle spese (in particolare sugli appalti alle ditte, sui bandi e sul reclutamento del personale), se tenete conto che il Senato Accademico di ogni Ateneo è sempre formato da una maggioranza che è la stessa che ha portato all'elezione del Rettore e che si spartisce tutto, capite bene come la vita quotidiana accademica sia tutt'altro che democratica e aperta al confronto e alla critica. Anzi, ogni richiesta di accesso agli atti nelle procedure e ogni richiamo alla trasparenza viene vista dai vertici come una invasione di campo e contrastata con ogni mezzo, complice il silenzio generale dei docenti omertosi (comunque la maggioranza)
Come può essere competitiva e trasparente l'Università italiana se perfino il Rettore non è eletto democraticamente?
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Fit for Ducal Patronage: A Quartet of Quattrocento Florentine Painters
At some point during Leonardo da Vinci’s first Milanese period, Ludovico Sforza, Duke of Milan, must have sent word to Florence in order to seek recommendations for other Florentine painters that he could patronise. Although the written request has not so far been uncovered, an archived reply to the enquiry does exist. Presumably from a Florentine agent, the note reads as follows:
Sandro di Botticelli, a most excellent painter in panel and fresco, his things have a manly air and also have very good organisation and complete balance.
Filippino di Fra Filippo [Lippi], very good, pupil of the above, and son of the most remarkable master of his time, his things have a gentler air, I don’t think they have as much skill.
Perugino, an outstanding master, especially in fresco, his things have an angelic air, very gentle.
Domenico di Ghirlandaio, good master in panel and more in fresco, his things have a good air, and he is very expeditious and does a lot of work.
All these above-named painters proved themselves in the Sistine Chapel except Filippono, but all of them at the Ospadaletto of Lord Lorenzo [de’ Medici], and the choice is almost even.
References: Creighton E. Gilbert, Sources and Documents in the History of Art Series: Italian Art 1400-1500, ed. H. W. Janson, New Jersey: Prentice Hall, 1980, pp. 138-139.
Images: Sandro Botticelli, Detail from Adoration of the Magi, 1475-1475, tempera on panel, Uffizi Gallery, Florence. Wikimedia Commons.
Filippino Lippi, Detail from The Dispute with Simon Magus, 1481-1482, fresco, Brancacci Chapel, Santa Maria del Carmine, Florence. Wikimedia Commons.
Pietro Perugino, Self Portrait, 1497-1500, fresco, Collegio del Cambio, Perugia. Wikimedia Commons.
Domenico Girlandaio, Detail from Adoration of the Magi, 1485–1488, tempera on panel, Ospedale degli Innocenti, Florence.
By Samantha Hughes-Johnson.
#ghirlandaio#perugino#filippino lippi#botticelli#ludovico sforza#leonardo da vinci#lorenzo de medici#late quattrocento#italian painter
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Valerie Solanas
«Per bene che ci vada, la vita in questa società è una noia sconfinata. E poiché non esiste aspetto di questa società che abbia la minima rilevanza per le donne, alle femmine dotate di spirito civico, responsabili e avventurose non resta che rovesciare il governo, eliminare il sistema monetario, istituire l’automazione completa e distruggere il sesso maschile».
Incipit di SCUM Manifesto di Valerie Solanas, controversa scrittrice protagonista della controcultura statunitense degli anni Sessanta.
È stata una donna e un’artista scomoda, che ha prodotto uno dei testi più iconoclasti, incendiari e parodistici del femminismo.
Con un’operazione inedita e potente, escludendo qualsiasi atteggiamento vittimistico, ha usato l’umorismo e la satira per denunciare gli sbilanciati rapporti di potere basati sul sesso.
Marginalità e scrittura sono state dimensioni inscindibili nella sua vita costellata di violenza fisica ed economica, discriminazione, dinieghi e reclusioni.
Nata il 9 aprile 1936 a Ventnor City, nel New Jersey, per tutta l’infanzia era stata abusata sessualmente dal padre. Dopo il divorzio dei genitori, sua madre si era risposata e poiché anche il patrigno non era propriamente una brava persona, l’aveva spedita in collegio. A quindici anni aveva già partorito una bambina che venne cresciuta come una sorella. Successivamente era rimasta incinta di un uomo sposato e molto più grande di lei, che le aveva imposto di dare in adozione il bambino a una coppia che, in cambio, aveva finanziato i suoi studi universitari.
Nonostante i traumi della sua giovane esistenza, nel 1958, si era laureata in psicologia nel Maryland e iniziato a frequentare un master di psicologia evolutiva all’università del Minnesota, ma dopo un anno aveva abbandonato, denunciandone il sistema di selezione fortemente sessista.
Vivendo di espedienti, aveva cominciato a vagabondare per il paese. Arrivata a New York, si era fatta conoscere negli ambienti underground come scrittrice e femminista radicale, dichiaratamente lesbica e per questo boicottata dagli uomini che, anche nella controcultura, detenevano il potere.
Nel 1966 ha scritto il racconto autobiografico Come conquistare la classe agiata. Prontuario per fanciulle, in cui la protagonista vive di accattonaggio e taccheggio, per contribuire alla “causa socialista”, mettendo alla berlina il variegato mondo di maschi che incontra.
Nel 1967 ha redatto la prima edizione dello SCUM Manifesto, frutto di due anni di lavoro, che attacca in maniera feroce il patriarcato e la figura maschile. Vendeva le copie per strada, a 25 centesimi alle donne e a un dollaro agli uomini. SCUM letteralmente significa feccia e si riferiva a coloro che, come lei, vivevano di accattonaggio e prostituzione, sperimentando il peggio della vita. Queste donne, considerate il rifiuto della umanità, dovevano essere artefici della rivoluzione per cambiare il mondo, eliminando i maschi, responsabili della costruzione di un modello economico e sociale che porta verso la distruzione.
In quegli anni orbitava, anche se mai accettata davvero, intorno alla Factory di Andy Warhol. All’artista aveva consegnato l’unica copia del suo dramma Up Your Ass che lui aveva promesso di far pubblicare per poi cambiare idea ritenendolo troppo scurrile, rifiutandosi di restituirgliela. Successivamente le aveva offerto il ruolo di comparsa in I, A Man e utilizzato sue frasi senza mai citarla in una serie di film da lui prodotti (in particolare Women in Revolt) nonostante lei gli avesse chiesto più volte di non farlo.
Il 3 giugno 1968, nauseata da quel mondo e da come veniva trattata, ha compiuto il gesto che, più del suo lavoro, l’ha consegnata alla storia, ha sparato a Andy Warhol, riducendolo in punto di morte.
Al processo si era difesa da sola sostenendo che Warhol esercitava un eccessivo controllo su di lei con l’intento di rubarle il lavoro. Giudicata colpevole, era stata condannava a tre anni. Gli esami psichiatrici diagnosticarono che il suo gesto era stata una reazione schizofrenica di tipo paranoico con un’accentuata depressione. Venne, così, rinchiusa nell’ospedale psichiatrico femminile di Matteawan, noto per gli abusi perpetrati sulle prigioniere; trasferita nella divisione psichiatrica di Bellevue, era stata sottoposta a isterectomia.
Della risonanza mediatica della sparatoria ne aveva approfittato l’editore Maurice Girodias, dell’Olympia Press (con cui Valerie Solanas aveva già firmato un contratto per la pubblicazione di un romanzo) che, nell’agosto del 1968, aveva pubblicato il Manifesto trasformando SCUM nell’acronimo S.C.U.M., ovvero Manifesto per l’Eliminazione Fisica dei Maschi, manipolando il testo senza il consenso dell’autrice.
Negli anni successivi è entrata e uscita da varie istituzioni psichiatriche, continuando a combattere strenuamente per l’integrità e il controllo delle sue opere e il riconoscimento dei diritti d’autrice, per i quali non ha mai percepito compensi.
Tra un ricovero e un altro, ha vissuto a Washington in una comune per sole donne, poi a New York, è stata trovata senza vita e in avanzato stato di decomposizione, il 25 aprile 1988, nel Bristol Hotel di San Francisco. I suoi effetti personali, compresi gli scritti, sono stati bruciati con lei, per volere di sua madre.
Dileggiata in vita, si è teso a cancellarne il ricordo da morta, solo dopo molti decenni dalla sua dipartita, si è cominciato a rileggere la sua opera con uno sguardo diverso.
Il suo femminismo violento e radicale ha attribuito al potere maschile ogni cosa negativa sulla terra. Per prima ha attaccato Freud sull’invidia del pene, ribaltandone il punto di vista.
Ha auspicato l’eliminazione degli uomini per rimettere in senso la società e ridisegnare le città, convinta di poter risolvere i più grandi problemi esistenziali.
Nell’atto unico Up Your Ass, messo in scena per la prima volta solo dopo trentacinque anni, l’ironia è la cifra dominante di una commedia esilarante che non risparmia niente e nessuno.
Nonostante siano passati più di cinquant’anni, i testi di Valerie Solanas sono ancora perturbanti, e colpiscono, oltre che per l’assenza di qualsiasi forma di vittimismo, per la lucidità e la lungimiranza di questa donna controversa, a cui va riconosciuto il merito di mettersi in gioco fino in fondo, in una spietata coerenza tra idee e vita che ha pagato a caro prezzo.
La sua figura è talmente potente e la sua opera così divisiva che è stata a lungo cancellata in quanto facilmente strumentalizzabile come stereotipo della lesbica pazza e della femminista che odia gli uomini.
Il suo nome, ancora oggi, segna il limite di rispettabilità e ragionevolezza che il femminismo deve osservare per essere tollerato, la lettura delle sue opere è ancora un atto eversivo.
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Bernini e Velasquez: gli autoritratti in mostra a Perugia, dal 22 giugno al 22 ottobre. Per celebrare l'incontro tra i due artisti secenteschi
#BerniniVelasquez #autoritratti #Perugia
Bernini e Velasquez saranno in mostra dal 22 giugno al 22 ottobre a Perugia. Tema dell’evento: l’autoritratto. L’esposizione verrà allestita nel Nobile Collegio del Cambio: l’edificio, risalente alla metà del XV secolo, occupa una parte del Palazzo dei Priori ed è noto per la Sala delle Udienze, affrescata dal Perugino. La mostra comprenderà vari autoritratti di Bernini e Velasquez.
Biografie in…
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Ferrara Expo: al via la XXVIII edizione del Salone Internazionale del Restauro
Ferrara Expo: al via la XXVIII edizione del Salone Internazionale del Restauro. Prima e unica in Italia, la manifestazione, quest’anno alla 28esima edizione, è il punto di riferimento a livello mondiale nell’ambito dei beni culturali e luogo d’incontro di aziende, istituzioni e mondo della ricerca che contribuiscono alla tutela della storia e alla valorizzazione della cultura tangibile. Il quartiere fieristico della città estense è pronto ad ospitare tre intense giornate di manifestazione che vedono confermata la collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, Agenzia ICE grazie alla quale saranno presenti, durante le tre giornate di manifestazione, oltre 50 delegati provenienti da 8 Paesi: Arabia Saudita, Giordania, Iran, Iraq, Israele, Kosovo, Libano e Turchia. Stand espositivi, tecnologie all’avanguardia, imprese d’eccellenza, esempi virtuosi, business meetings, mostre, premi, incontri B2B con operatori italiani e stranieri, momenti convegnistici e molto altro: la XXVIII edizione di Restauro – Salone Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali, dei Musei e delle Imprese si preannuncia un appuntamento da non perdere sia per gli addetti ai lavori che per un pubblico più ampio di appassionati e curiosi. Numerose saranno le presenze istituzionali di prestigio come quella di Assorestauro – associazione italiana per il restauro architettonico, artistico, urbano – partner storico del Salone, che parteciperà con le proprie aziende associate tra le quali produttori di materiali, attrezzature e tecnologie e i fornitori di servizi e imprese specializzate. Per la prima volta al Salone Internazionale del Restauro di Ferrara parteciperà il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC) che approfondirà attraverso un convegno l’importanza della valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale per lo sviluppo sostenibile. Presente anche l’ente di formazione Formedil che l’11 maggio si collegherà in diretta con l’area del restauro dei palchi storici del Palio di Siena. Il MiC – Ministero della Cultura sarà come sempre presente in manifestazione con un’importante area istituzionale che, oltre ad ospitare 40 tra Istituti, Direzioni Generali, Segretariati, Musei e Soprintendenze ospiterà una serie di Laboratori Didattici che vedranno il coinvolgimento di numerosi studenti liceali e universitari, il nostro futuro prossimo. Anche la convegnistica sarà di tutto rispetto, ospitata in una sala appositamente realizzata che vedrà interessanti seminari svolgersi a ciclo continuo durante le tre giornate di manifestazione. Tanti inoltre saranno i temi approfonditi grazie al ricco programma convegnistico: dalla digitalizzazione dei beni culturali alla sicurezza sismica degli edifici storici fino ad arrivare alla transizione ecologica e al ruolo strategico del patrimonio culturale. Appuntamento quindi a Ferrara Expo per conoscere le ultime novità del settore con particolare riguardo all’innovazione dei materiali, ai software e alle nuove tecnologie, all’impiantistica, allo sviluppo sostenibile ed ecologico, al restauro architettonico e archeologico. Al Salone saranno inoltre presentati alcuni importanti progetti virtuosi di restauro come quello del Palazzo dei Diamanti di Ferrara o delle opere artistiche del Perugino del Nobile Collegio del Cambio. Grande novità di questa edizione è la costituzione di un prestigioso Advisory Board: un Tavolo Tecnico Operativo composto da realtà e professionisti che sono massima espressione delle attività di tutela, recupero e conservazione dei Beni culturali e ambientali, allo scopo di favorire la condivisione delle opportunità e le interlocuzioni fra tutti gli stakeholders che compongono la filiera. Grazie al loro fattivo supporto la manifestazione sarà luogo di nuovi approfondimenti e potrà contare sulla massima diffusione presso tutte le realtà partecipanti al Tavolo. Una sinergia trasversale e costruttiva, generatrice di contenuti e volano della comunicazione che porterà al Salone grandi novità e interessanti collaborazioni. Si riconferma inoltre il lavoro dell’autorevole Comitato Tecnico-Scientifico del Salone Internazionale del Restauro il quale riunisce un team di esperti del settore che indirizzano le attività presenti e future della manifestazione e promuovono l’innovazione nel mondo del restauro artistico e architettonico Made in Italy. “Il lavoro del Comitato parte dalla consapevolezza del primato che il Restauro Made in Italy ha nel mondo grazie alla capacità di unire consapevolezza metodologica, sensibilità interpretativa e innovazione operativa" queste le parole del Presidente Prof. Arch. Alessandro Ippoliti. Anche per l’edizione 2023 il Salone Internazionale del Restauro presenta un ricco palinsesto convegnistico, dove i contenuti sono espressione delle tematiche e delle tecnologie che costituiscono la vera avanguardia del settore. Saranno approfonditi infatti temi di estrema attualità attraverso la partecipazione di importanti istituzioni e imprese, punti di riferimento del settore: in programma mercoledì 10 maggio 2023 è il convegno organizzato dal Comitato Tecnico Scientifico congiunto di Assorestauro e del Salone sul tema “Restauro e Archeologia”. Il seminario intende presentare le diverse modalità degli interventi di prevenzione, dallo scavo alle operazioni di manutenzione e restauro dei complessi archeologici. Il tema sarà sviluppato attraverso la presentazione di alcuni casi esemplificativi, che focalizzano diversi aspetti quali ad esempio la prevenzione da rischi idro-geologici, la messa in sicurezza di aree a rischio, la mitigazione dei rischi derivanti dal cambiamento climatico, la conservazione preventiva dal cantiere di scavo a quello di restauro. “Il patrimonio culturale come risorsa strategica per la transizione ecologica” è il titolo del convegno presentato dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC) del 12 maggio 2023. La transizione ecologica, resa urgente dal cambiamento climatico, è tra le priorità del PNRR ed il settore della cultura può rappresentare un elemento fondamentale nel raggiungimento di questo importante obiettivo. Il principio dello sviluppo sostenibile è la chiave di lettura per affrontare il rapporto tra la tutela-valorizzazione del patrimonio culturale e gli interessi pubblici. Confermata la presenza della Regione Emilia-Romagna che al Salone Internazionale del Restauro porterà due importanti convegni in programma l’11 maggio 2023: “La ricostruzione dei beni culturali” organizzato dall’Agenzia per la Ricostruzione Sisma 2012 della Regione Emilia-Romagna; “La strategia regionale per il patrimonio culturale” dedicato alla valorizzazione e conservazione dei paesaggi culturali del territorio regionale. Sulla digitalizzazione delle lettere di Lucrezia Borgia, una delle nobildonne più famose del Rinascimento italiano, sarà dedicato il convegno in programma il 10 maggio 2023, organizzato da Haltadefinizione in collaborazione con l’Archivio di Stato di Modena e il Centro Interdipartimentale di Ricerca sulle Digital Humanities dell’Università di Modena e Reggio Emilia (DHMoRe). Il carteggio della duchessa è una fonte di grande importanza per comprendere la quotidianità della sua figura e la digitalizzazione ha permesso di avere una panoramica più completa e dettagliata dello stato conservativo. Ad arricchire il programma convegnistico saranno inoltre le best practice relative ai progetti afferenti alle opere artistiche del Perugino del Nobile Collegio del Cambio nell’anno delle celebrazioni del cinquecentenario approfondite nel convegno “Digitalizzazione 3D e indagini diagnostiche: il Nobile Collegio del Cambio di Perugia” in programma l’11 maggio 2023, organizzato da Archimede Arte. Tre infine sono i convegni organizzati grazie alle idee e riflessioni emerse durante le riunioni del nuovo Advisory Board del Salone: Mercoledì 10 maggio il convegno dal titolo “Le Indagini di Conoscenza ed il nuovo Codice Appalti – dalla definizione del piano delle indagini alla esplicitazione del quadro economico per indagini, ricerche, prove e controlli: come cambia la disciplina a seguito del dlgs 36/2023” organizzazo dall’Associazione Codis in collaborazione con ISI Ingegneria Sismica Italiana, IBIMI buildingSMART Italy e Assorestauro, Giovedì 11 maggio mattina “InFormazione&Restauro” organizzato da IGIIC, dove si affronterà la tematica della formazione nell’ambito del restauro. Giovedì 11 maggio 2023 nel pomeriggio “La sicurezza sismica del patrimonio edilizio storico italiano dalla conoscenza alla digitalizzazione” organizzato da ISI Ingegneria Sismica Italiana in collaborazione con Associazione Codis e IBIMI buildingSMART Italy. In questa occasione saranno approfonditi alcuni dei capitoli di spesa previsti dal PNRR, dal recupero del patrimonio all’adeguamento degli edifici con funzione pubblica. Particolare attenzione sarà, infatti, posta all’edilizia storica, con le sue necessità di tutela da un lato e gli alti livelli di rischio e la elevata vulnerabilità dall’altro. La partecipazione alle sessioni convegnistiche è gratuita previa pre-registrazione sul sito www.salonedelrestauro.com... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Celestino Cominale (1722-1785), l'uggianese che osò sfidare Newton
di Armando Polito
Isaac Newton in una stampa del XIX secolo (disegno di Joseph Théodore Richomme (1785-1849), incisione di Ephraïm Conquy (1809-1843) e Celestino Cominale in una incisione di P. Iore tratta da Domenico Martuscelli (a cura di), Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli, tomo IX, Gervasi, Napoli, 1822.
Probabilmente le giovani generazioni, salentine e non, di Newton (1642-1726) non conoscono nemmeno il famoso aneddoto della mela, e non per colpa loro …
Taglio la testa al toro ricordando solo che Isacco Newton godette ai suoi tempi di tanto prestigio che, riferito a lui, si può benissimo usare l’ipse dixit (l’ha detto lui), che aveva sancito prima l’autorità di Pitagora (VI-V secolo a. C.) e, poi, nel Medioevo, quella di Aristotele (IV secolo a. C.).
Forse, e ripeto forse …, la scienza è l’unico campo in cui il successo non suscita invidia e, con l’invidia, l’antipatia. Tutti, o quasi tutti, si rassegnano all’ipse dixit e si guardano bene dal dire la loro, anche quando, magari, sono attrezzati a farlo.
Con Newton, però, Celestino Cominale non si tirò indietro, attrezzato com’era, anche caratterialmente.
Nato a Uggiano la Chiesa (LE), Aveva iniziato gli studi letterari e filosofici a Lecce nel Collegio dei Padri Gesuiti. Continuò poi con la fisica, la matematica, la botanica, l’astronomia e la medicina, studi che perfezionò a Napoli. Esercitò la professione di medico con maestria tanto da essere chiamato anche a Roma per ragioni professionali. Insegnò nelle Università di Roma, Bologna, Padova e Pisa. Nel 1770 ritornò ad Uggiano continuando i suoi studi fino alla morte.
La poliedricità del suo ingegno e l’ampio spettro degli studi fatti si riflettono nelle sue pubblicazioni:
Anti-newtonianismi in quattro tomi pubblicati da Benedetto Gessari a Napoli nel 1754, nel 1756, nel 1769 e nel 1770.
Historia physico-medica epidemiae neapolitanae anni MDCCLXIV, Francesco Morello, Napoli, 1764
Nel frontespizio della prima, sulla quale torneremo subito, si legge Anti-newtonianismi pars prima, in qua Newtoni de coloribus sistema evertitur, et nova de coloribus theoria luculentissimis experimentis demonstratur opera ac studio Caelestini Cominale m(edicinae) D(octoris) in Regio Archi-gymnasio Neapolitano Philosophiae Professoris (Prima parte dell’Antinewtonianismo, nella quale a Newton in base alla geometria viene demolito a partire dai propri principi il sistema sui colori e una nuova teoria sui colori viene dimostrata con eccellenti esempi dall’opera e dallo studio di Celestino Cominale Dottore di Medicina, Professore di Filosofia nel Regio Archiginnasio napoletano).
In quello della seconda: Historia Phisico-medica e pidemiae neapolitanae an(no) MDCCLXIV opera ac studio Caelestini Cominale in Regio Archi-gymnasio neapolitano Philosophiae, et Matheseos Professoris elucubrata ( Storia fisico-medica dell’epidemia napoletana nell’anno 1764 elaborata ad opera e cura di Celestino Cominale Professore di Filosofia e Matematica nel Regio Archiginnasio napoletano).
Il lettore avrà già capito che connessa col titolo di questo post è la prima opera nella quale già dal titolo traspare una coraggiosa vis polemica nei confronti delle teorie dello scienziato inglese.
L’ugentino appartiene alla ristrettissima schiera di antinewtoniani1, ma è l’unico a dichiararlo senza mezzi termini a partire dal titolo. Dovette vedersela, fra l’altro, anche con un conterraneo, Oronzo Amorosi di Galatone, newtoniano sfegatato, come all’epoca erano, l’ho già detto, i più. Dello scontro tra i due nulla sapremmo, se nel 1821 Vincenzo Lillo non avesse copiato l’autografo del galatonese e se Gabriella Guerrieri non ne avesse curato la pubblicazione (titolo: Gara letteraria inedita tra i signori Oronzo Amorosi di Galatone e Celestino Cominale di Uggiano della Chiesa copiata dall’autografo di esso Amorosi da Vincenzo Lillo, 1821) per i tipi di Conte a Lecce nel 1999.
Bisogna dire, però, che pur nella marea di critiche2 al nostro basate sulla cieca fiducia nell’Anglo che tanta ala vi stese (Ugo Foscolo, Dei sepolcri, 163), si levò qualche voce più prudente, invocando per lui una sorta di beneficio d’inventario.
La più autorevole fu senz’altro quella dell’abate Giovanni Antonio Battarra3 di Rimini in una lettera del 22 luglio 16704: … Vengo in secondo luogo a dirvi, come nel Settembre del 1754 io mi ritrovava una mattina in Cagli presso Monsig. Bertocci Vescovo degnissimo di quella Città, e che, a dirvela senza adulazione, è uno di quei Vescovi , che mi piace, perché oltre molte belle sue doti , ha quella di esser molto portato per la buona letteratura, e stima molto le persone di lettere. Discorrendo pertanto insieme di cose erudite, in compagnia dell’Abate Agostini mio amicissimo, Prevosto di quella Cattedrale, presso del quale io mi trattenni alcuni giorni, esso Monsignore mi comunicò un articolo delle Novelle Letterarie di Venezia5, in cui si dava ragguaglio, che un certo Dottor Celestino Cominale Lettor di Fisica nell’Università di Napoli aveva pubblicato il primo Tomo d’una sua Opera intitolata Anti-Newtonianismi Pars prima, in qua Newtoni de Coloribus systema ex propriis principis geometrice evertitur, et nova de Coloribus historia luculentissimis experimentis demonstratur, etc.
In questo articolo si riferivano tutti i Capitoli dell’opera, dove con mia maraviglia veniva attaccato il Newton nelle dottrine più sode e più sublimi, e corroborate anche colle più decisive sperienze, che ha nell’opere sue. A tale avviso mi voltai a quel Prelato sorridendo e dissi: -Potrebbe il Cominale aver addentato un osso più duro de’ suoi denti? -. Due anni dopo l’Autore pubblicò la seconda Parte di questa sua opera spiritosa, e con un cambio della mia operetta de’Funghi6 feci acquisto fra altri libri anche di quest’opera da me cotanto desiderata. La lessi, e rilessi, con attenzione; e se debbo dirvela schietta, è vero che l’Autore si conosce che è un giovane intraprendente e pien di fuoco, e un po’ troppo Metafisico, che non lascia nemmeno sulle spalle del Newton fermar le mosche; tuttavia vi ho lette molte buone cose, et quidem7 molto ben ragionate, e se si fosse contentato di distruggere soltanto, e di non edificare altrimenti, avrebbe fatto miglior colpo. Io qui mi protesto in quanto al merito della causa di parlare in aria, perciocché, come sapete, io mi trovo in una Città, che è senza presidii di macchine fisiche,e non ho potuto aver il contento di rifar quelle sperienze, che son contrarie alle conclusioni del Newton. Ho tentato di farle rifare nelle più culte Università d’Italia, e toltone una, che a stento mi è riuscito di avere per la parte di Bologna, per cui il Cominale parmi che vada al di sotto, io non ho potuto aver altro. Anzi consultati vari Lettori primari di Fisica di queste più celebri Università d’Italia per opera de’ miei amici, quattro anni dopo che l’opera del Cominale era alle stampe, chi mi facea dire che il Cominale non l’avea incentrata, chi mi dicea che, avendo letto l’uno e l’altro Autore, non cessava d’esser Newtoiiano, e chi perfino ebbe il coraggio di asserire che ancorché le sperienze del Cominale fossero vere, tanto la dottrina del Newton non sarebbe a terra; ma a certi dubbi proposti a questa assertiva, da due anni in qua, ho ancora d’aver risposta.
Ora dico io: la nostra Italia, che è la madre della Letteratura Europea, che bella figura farà presso gli Oltramontani nel lasciar correre quest’opera ingiudicata? Io ho sempre creduto che fosse principalmente dovere de’ Professori delle Università nostre esaminare somiglievol causa, e riconoscendola trattata con imposture, e vaniloqui, castigarne l’Autore con la dovuta censura; e se il Sig. Cominale è veridico nelle sue sperienze, e non sono soggette a critica, perché non inalzarlo all’onor della palma8 sopra un Eroe, le cui dottrine vengono tanto venerate da tutto il mondo letterario? Vedete un poco di risvegliare questa premura in codesti vostri Fisici, che son quasi i soli, che mi restano da stimolare in Italia. Addio.
Ci fu pure chi stigmatizzò in versi l’audacia di Celestino. Di seguito un sonetto del salentino Leonardo Antonio Forleo9, con cui chiudo questo lavoro.
– L’Anglo paventia – ardito uomb dicea
– che leggi imporre all’universo ardisce:
vedrà, vedrà se il labbro mio mentisce
e il gran valor di mia sublime idea -.
– Ferma! – disse ragion. Ma quei volgea
la penna incauta, che sistemi ordisce;
ma credendo ferir ei non ferisce,
creduto vincitor vinto cadea.
Quest’inutili assalti espose al riso:
segni di suo valor furono allora,
ma d’un valor dalla ragion diviso.
Musac abbenchéd perditore l’onora,
che ad Annibale ugual vinto, e conquisof,
nelle perditeg sue fu grande ancora.
a Newton tema
b Celestino Cominale
c la poesia
d sebbene
e perdente
f conquistato, sconfitto
g sconfitte
__________
1 Prima di lui Giovanni Rizzetti aveva pubblicato il De luminibus affectionibus (Gli stati della luce) per i tipi di Bergamo a Travisio e di Pavino a Venezia nel 1726; dopo di lui Ignazio Gajone il Nuovo sistema fisico universale per i tipi della Stamperia Raimondiana a Napoli nel 1779 e Tommaso Fasano l’Esame della compenetrabilità della luce esposto in dialoghi, per i tipi di Raimondi a Napoli nel 1870. Una recensione dell’opera del Fasano è in Efemeridi letterarie di Roma, tomo IX, Zempel, Roma, 1780, pp. 299-301, dove alla fine si legge: Ci giova sperare che la nuova Reale Accademia delle scienze dissiperà finalmente tutti questi filosofici sogni, de’ quali sembra che siansi un po’ troppo finora pasciuti i belli, e vivaci, ma alcune volte un po’ troppo fervidi ingegni Partenopei, e che farà un po’ meglio rispettare nell’avvenire le sublimi scoperte dell’immortale Newtono (sic), troppo indegnamente state finora attaccate dall’Anti-Newtonianismo del Sig. Cominale, dal Nuovo Sistema Fisico del Sig. Gajone, dalla nuova penetrabilità della luce, e da altrettali filosofiche stravaganze.
Solo il Rizzetti era stato difeso a spada tratta dalla voce isolata di Iacopo Riccati in due sue lunghe lettere (Opere del conte Jacopo Riccati, Rocchi, Lucca, 1765, pp. 109-122).
2 In Storia letteraria d’Italia, Remondini, Modena, 1757, v. X, le pp. 143-153 sono dedicate ad un’analitica recensione dell’opera del Cominale. Fin dall’inizio appare chiara la posizione decisamente newtoniana: Noi ci congratuliamo col dotto Professore del Collegio romano [Carlo Benvenuti, convinto newtoniano, autore di Synopsis physicae generalis, e di De lumine dissertatio physica usciti entrambi per i tipi di Antonio de’ Rossi a Roma nel 1754], a cui però non è ne’ sentimenti a Newton favorevoli conforme un professore di Napoli, il quale, anziché ammirare e seguire il Newton, impugnalo con tutte le forze sue. Seguono gli estremi bibliografici della pubblicazione del Cominale del 1754 e, punto per punto, la contrapposizione tra le tesi del Newton e quelle del Cominale (con prevalenza assoluta delle prime ). Una nota (la 37 alle pp. 152-153), tuttavia, costituisce una sorta di riconoscimento delle potenziali (se indirizzate diversamente …) capacità del nostro: Preghiamo per ultimo il Nostro Autore che non voglia offendersi, se noi con filosofica libertà abbiamo alcune cose nel suo libro notate, e diciamo ingenuamente, essere presso noi di maggior peso le dottrine dei Newtoniani, che le sue impugnazioni, benché non siamo tra quelli, che credono impossibili gli errori del Newton. Se non altro varranno a meglio rischiarare la verità, e a dare al fervido ingegno del Nostro Autore campo d’esercitarsi. E Celestino nella prefazione della terza parte dei suoi Anti-newtonianismi (Morelli, Napoli, 1769) replicò allo Zaccaria (autore della Storia insieme con Leonardo Ximenes, Domenico Troili e Gioacchino Gabardi) dicendo che egli non poteva ergersi a giudice in questa materia e che non aveva letto neppure i titoli delle sue opere.
3 (1714-1789) Naturalista micologo, autore di Fungorum agri Ariminensis historia, Ballante, Faenza, 1755; Pratica agraria distribuita in vari dialoghi,Casaletti, Roma, 1778; Naturalis historiae elementa, Marsonerio, Rimini, 1789.
4 In Novelle letterarie pubblicate in Firenze l’anno MDCCLX, Albizzini, Firenze, 1760, tomo XXI, colonne 570-573.
5 Novelle della repubblica letteraria per l’anno MDCCLV, Occhi, Venezia, 1755, pp. 260-263. Fra l’altro vi si legge: Se tanto romore fece il nuovo sistema Neutoniano circa la luce ed i colori, non minor grido ottener dovrebbe la nuova confutazione data al medesimo dal Sig. Cominale, il quale nulla paventando la gran turba de’ ciechi seguaci dell’Inglese Filosofo, si protesta di atterrar colle stesse macchine o arme Neutoniane il preteso sistema de’ Colori.
6 È la prima opera citata nella nota n. 2.
7 certamente
8 vittoria.
9 Era nato a Francavilla Fontana (BR). Il sonetto è in Vari ritratti poetici storici critici di alcuni moderni uomini di lettere sul gusto di Agatopisto Cromaziano e per servire di prosieguo all’opera del medesimo di Leonardo Antonio Forleo, Raimondi, Napoli, 1816, p. 32. Agatopisto Cromaziano è il nome pastorale del monaco celestino Appiano Bonafede che fu socio dell’accademia romana dell’Arcadia a partire dal 1791. Il Forleo, che era socio dell’Accademia Pontaniana di Napoli, fu autore prolificissimo. Si riportano qui solo alcune delle altre pubblicazioni: Amenità dell’etica, Rusconi, Napoli, 1827; 1827; Ragionamento critico intorno alla moderna comedia, Rusconi, Napoli, 1830; La lira Iapigia, Società Filomatica, Napoli, 1831; I politici, Cataneo, Napoli, 1832; Il manoscritto di Sterne, Cataneo, Napoli, 1832; Manfredi, Rusconi, Napoli, 1833; Certamen ad cathedram archeologiae, poesis Romamaeque eloquentiae in Regio Neapolitano Archigymnasio obtinandam perfectum, Russo, Foggia, 1834; Il Colombo, ovvero l’America ritrovata, Russo, Foggia, 1834; La statua del grande, Russo, Foggia, 1835; Il racconto di una vedova, Agianese, Lecce, 1836; L’arpa cristiana, Agianese, Lecce, 1839; Cause e ragioni che fanno classico il poema di Dante, Cannone, Bari, 1842; Liceo dantesco, Petruzzelli, Bari,1844; Napoli nel XVI secolo. S. Sebastiano, Migliaccio, Cosenza, 1846.
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Moira Millán è una pluripremiata sceneggiatrice, autrice e attivista argentina di fama internazionale. È una delle leader del movimento mapuche, che si batte per recuperare le terre ancestrali del suo popolo, è inoltre fondatrice e ideologa del Movimento delle donne indigene per “Buen Vivir”, che sostiene uno stile di vita in armonia con la natura. Nel suo ruolo di weychafe (guardiano tradizionale, difensore), ha sostenuto le vittime di un’incursione della polizia nella comunità mapuche di Vuelta del Río, in una protesta pacifica presso il palazzo di giustizia nella vicina Esquel. Il 26 giugno 2018, è stata accusata di “doppia coercizione aggravata” per la protesta di Esquel. Il processo si è tenuto il 21 febbraio(QUINDI COSA HANNO DELIBERATO?? non ho trovato info). Se la giudicheranno colpevole potrebbe prendere dai due ai quattro anni di prigione.
Per oltre 400 anni, il mio popolo, insieme agli altri popoli indigeni dell’Argentina, ha affrontato e combattuto un’importante lotta per l’autodeterminazione. Ancora oggi, persiste nella memoria dei nostri ül, canzoni, nüxam e racconti, il coraggio dei nostri antenati che hanno sconfitto il più grande impero dell’epoca. Dopo la sconfitta, la corona spagnola firmò un trattato con i mapuche nel primo parlamento di Quillín, riconoscendo la sovranità della nostra nazione (Mapuche).
Il nostro Wallmapu, territorio Mapuche, si estende dall’Oceano Pacifico all’Oceano Atlantico, in quella che ora è la Repubblica del Cile, il cui nome in Mapudugun (ossia in lingua Mapuche) sarebbe: Ngulumapu (Terre d’Oriente). Mentre l’attuale Argentina è denominata Puelmapu (Terre d’Occidente). Il nostro territorio comprende quasi la metà di quella che ora è l’Argentina: dal sud della provincia di Mendoza a ovest, al centro sud della provincia di Buenos Aires a est, fino alla provincia di Santa Cruz a sud. Si stima che che la presenza del popolo mapuche in queste terre risalga a circa 12 mila anni fa, in base a scoperte archeologiche e studi linguistici.
È stato il primo grande tentativo di sterminio – quello che abbiamo subito sulla nostre pelle; i mapuche subirono un’enorme perdita di terreni, oltre ad un elevatissimo numero di vittime a fronte di un processo di colonizzazione che era appena iniziato.
Dopo la nostra sconfitta, lo stato argentino ha imprigionato migliaia di famiglie Mapuche e li ha messi all’asta nella piazza pubblica, dividendo per sempre le famiglie. Nel suo libro “La Historia de la Crueldad Argentina”, lo storico argentino Osvaldo Bayer racconta come lo Stato abbia messo all’asta migliaia di famiglie Mapuche che furono imprigionate durante l’occupazione di Puelmapu. Venne pubblicato anche un annuncio ufficiale sul quotidiano El Nacional, che affermava: «Oggi si consegneranno alle famiglie benestanti che lo richiedono degli indios, un uomo indios come bracciante, una giovane come domestica e un ragazzino come fattorino».
Il termine “china” probabilmente è riferito alla Cina, nel senso che, credo, venivano chiamati cinesi come insulto. quindi come lo mettiamo? o omettiamo?
L’Argentina ha anche istituito dei collegi come parte di un piano di assimilazione che è stato inserito nella Costituzione del 1853. Come gli istituti stanziati in Canada e negli Stati Uniti, i convitti in Argentina sono stati progettati come un’arma di eliminazione culturale e disintegrazione della famiglia. Ai bambini mapuche era proibito parlare la loro lingua, il mapudungun; furono costretti ad assumere una nuova identità imposta, quella argentina; e sono stati sottoposti a numerosi abusi e violazioni. A seguito di ciò, a partire dal 1960, le comunità mapuche hanno cominciato a richiedere la costruzione di scuole nei loro territori, per non mandare i loro figli nei collegi.
Questa situazione è durata fino al 1994 quando l’Argentina ha sostituito la sua politica di assimilazione indigena con una legge che riconosceva “la preesistenza etnica e culturale delle popolazioni indigene”, così come “la proprietà della comunità e la proprietà delle terre che tradizionalmente occupano”.
La riforma costituzionale è stato un passo nella giusta direzione, tuttavia, lo stato argentino ha una lunga strada da percorrere prima di potersi separare dalla sua crudele eredità.
«La mia gente sta lottando per trainare l’Argentina verso la giusta direzione», ricorda Moira
In un momento in cui sta emergendo in Argentina un grande movimento di lotta delle donne, spero di riuscire ad avvicinarle a questa complessa situazione politica che vede come protagoniste le donne madri, vittime di molteplici e oppressive situazioni.
Milioni di compagne femministe rivendicano i loro diritti come donne nella lotta parallela a quella di una nazione per la sua autodeterminazione. Ma devo chiedere qual è il ruolo delle donne mapuche in questo processo? C’è sorellanza verso le donne mapuche? Il nostro diritto alla maternità secondo la nostra visione del mondo è schiacciato nel nostro territorio.
L’oppressione multipla a cui sono sottoposte le donne indigene, inizia a essere vociferata, raccontata e ascoltata da piccole ridotte risacche che lottano contro la società egemonica; tuttavia, il mondo sa ancora poco o niente di noi.
Ecco perché, in tempi di così tanta persecuzione e morte, è necessario raccontare, spiegare e districare i vari dubbi. Vi invito ad entrare nelle umili rukas, nelle case, e ascoltare donne che tessono la ribellione in questi luoghi nel sud del mondo.
Tre generazioni, la stessa attesa
In questo contesto, ho incontrato Segunda Huenchuano, una pillankushe, o autorità spirituale della Lof Mapuche Vuelta del Río, che confina con il ranch Benetton, nel dipartimento di Cushamen, provincia di Chubut. Il Lof, o comunità, è attraversato dal fiume Chubut, in un paesaggio semi-arido.
*** Foto Segundo Huenchuano, un pillankushe, o autorità spirituale della Lof Mapuche Vuelta del Río, con sua nipote, Antu.
Segunda Huenchuano, di circa 70 anni, mi riceve tenendo per mano sua nipote, con un ampio sorriso che mi invita ad andare nella sua casa di fango e pietra, spaziosa e minimalista, quasi senza mobili. Prepara alcuni mate per noi, mentre alimenta il fuoco in cucina con legna secca, e estrae quanto segue dal baule dei suoi ricordi. «Negli anni ’60, a Vuelta del Río e in altre comunità mapuche decisero di non voler più mandare i propri figli nei collegi finanziati dal governo». E continua «ricordo che la scuola è stata chiesta nel ’62 o ’63, in quegli anni c’erano circa 30 ragazzi, una decisione presa dai nonni di quei giovani, si sono messi insieme, hanno discusso, di come poter costruire un luogo dove farli studiare.
*** Foto Segunda Huenchuano, a sinistra, con sua figlia, Inés Huilinao, e la nipote, Antu.
Segunda fa una pausa e beve dalla cannuccia il suo mate, continua: «Andarono a fare i mattoni, mescolarono erba e fango e tagliarono più di tre mila mattoni. Con questi mattoni costruirono la casa vicino alla sponda del Rio. Dato che in quel periodo tutti avevano animali, vendettero gli animali, li barattarono con lastre di metallo e pali, portarono la legna per il tetto. Una volta terminato l’edificio, hanno richiesto un insegnante al governo, che però non è mai arrivato».
L’attesa è durata talmente tanto fino a che i muri sono crollati. Sono poi tornati a internare i loro figli.
Le giovani coppie che non volevano mandare i loro figli nei collegi furono costrette a trasferirsi nelle città più vicine per assicurargli almeno l’istruzione di base. Alla fine, le madri decisero di convocare l’assemblea del Lof e proposero di provare ancora una volta a costruire una scuola nel Lof.
L’iniziativa è stata accolta, hanno raccolto fondi per i materiali e nel 2016 hanno costruito un bellissimo edificio scolastico, ottenendo il supporto dei professionisti educativi Mapuche, che hanno redatto una proposta di educazione culturale bilingue.
** foto Segunda Huenchuano e sua figlia e nipote, di fronte alla scuola costruita dai membri della Lof Vuelta del Río.
Hanno presentato il progetto allo stato provinciale. Per essere ascoltati, hanno dovuto occupare le strutture del ministero dell’educazione della provincia. Nonostante tutta questa battaglia, non hanno ottenuto risposta; al contrario, lo stato argentino finanziò la costruzione e avviò una scuola elementare, dentro la estancia di Benetton, non solo, il governo si accollò tutte le spese, avvantaggiando la grossa multinazionale, che non ebbe alcun costo, in cambio dell’assistenza e dell’istruzione gratuita ai figli dei braccianti. Questo pretesto si utilizzò come strumento di propaganda a favore di Benetton.
«Provarono ad indottrinare i nostri figli, coltivando un sentimento di gratitudine e amore verso il padrone», ha detto Segunda.
Ines Huilinao, la figlia più giovane di Segunda, si unisce alla conversazione. Ha dovuto sopportare il doloroso sradicamento dalle sue origini per andare a scuola in un collegio. Ora è la madre di una bambina di cinque anni e mi dice che per mandare la sua bambina a scuola, ha dovuto lasciare la sua casa e trasferirsi in una stanza del pronto soccorso, che si trova sulla strada d’ingresso alla comunità, ed è l’unico posto a cui può accedere al Trafic, un piccolo scuolabus che viene a prendere tutti i bambini che vanno a scuola.
Quando ho chiesto a Inés Huilinao, perché il governo non abilita la scuola costruita dalla comunità, ha risposto, «secondo me i Benetton vogliono allontanarci dal nostro territorio con ogni mezzo perché lo ritengono loro dal momento che ci hanno recintati».
Per Inés Huilinao, non solo è un disagio trasferirsi dal lunedì al venerdì nella stanza del pronto soccorso per mandare la figlia a scuola, ma aggiunge che per un’ora sua figlia e altri bambini sono esposti al pericolo, e che la gendarmeria e la polizia provinciale hanno militarizzato il posto, commettendo in totale impunità abusi e violenze contro i membri della comunità.
Il rischio che la violenza istituzionale venga dispiegata contro i bambini è latente. Molti genitori hanno preferito non educare i propri figli, poiché non sono disposti a lasciare la comunità, né a esporli a rischi o disordini non necessari.
Ines racconta cosa è successo il 17 settembre 2017, quando il giudice Guido Otranto ha ordinato la perquisizione di diverse case nella comunità, un apparente tentativo di localizzare il giovane artigiano Santiago Maldonado, che era scomparso, dopo essere stato inseguito dalla gendarmeria durante una protesta mapuche, nelle vicinanze del territorio del Lof Resistencia di Cushamen.
«Ricordo che era mattino presto, in primavera», ha detto Inés. «Eravamo tutti a letto, non era ancora chiaro. Abbiamo iniziato a vedere aerei, elicotteri, luci e rumori che volavano su tutto. Eravamo tutti e tre a letto. Ho detto alla mia bambina di non alzarsi, che non è successo niente, ma si è accorta che c’era qualcosa di strano, c’erano luci ovunque che illuminavano le nostre case».
Gli elicotteri atterrarono e scesero dozzine di gendarmi, i quali, dando calci alle porte precarie delle case, trascinarono fuori i loro occupanti, senza permettere loro di vestirsi o di scaldarsi, tenendo presente che le temperature qui sono sotto lo zero.
In quei giorni di violenze dispiegate contro la comunità, una famiglia che abitava vicino a Ines fu vittima del rogo della loro casa. Ci sono testimoni che affermano che la gendarmeria la bruciò. La vicina è Veronica Fermin; suo marito, Marcelo Callfupan, è il werkén o portavoce della comunità. Hanno tre figli di 8, 10 e 12 anni, che non erano all’interno della casa perché tutta la famiglia stava tornando dalla città di Esquel, da una protesta. Avrebbero potuto morire arsi vivi, dato che la casa era stata bruciata nel tardo pomeriggio. Dopo questo episodio, la famiglia si è trasferita nella città di El Maitén.
Stati feudali post moderni
A prima vista, Benetton può sembrare un benefattore involontario della generosità dell’Argentina. Tuttavia, la compagnia di moda globale ha un ruolo chiaro da recitare nel futuro della regione ricca di risorse della Patagonia, vale a dire del territorio mapuche. Benetton è il più grande proprietario terriero in Argentina e ha trascorso decenni a contrastare i diritti mapuche nelle loro terre.
Negli ultimi decenni, la Patagonia è stata anche popolata da altri vicini miliardari, tra cui Joe Lewis, con oltre 11.000 ettari; l’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim Bin Hamad Al Thani, con 28.000 ettari; e Ted Turner con 36.942 ettari. Questo gruppo di élite ricche ha creato qui una sorta di stato feudale postmoderno, in cui il loro potere decide sulla sopravvivenza o meno dei mapuche.
Benetton, tuttavia, è in una classe a parte. La compagnia non incide solo sull’amministrazione della giustizia, come dimostra il caso di Santiago Maldonado. Anche come ci racconta Segunda Huenchunao e sua figlia Ines Huilinao, impone la politica educativa che vuole. Hanno influenzato l’Argentina in modo tale che di fronte ai loro possedimenti è stato costruito un commissariato, con una struttura sofisticata di comunicazione e sicurezza. Lo stato argentino mette le sue forze al servizio della sorveglianza privata della multinazionale. Il comune di El Maitén, una città circondata dai fili spinati di Benetton, protegge anche gli interessi dell’azienda.
Il potere della compagnia è sentito in tutte le proprietà. Nonostante ciò, il Lof mapuche di Vuelta del Rio resiste, specialmente le donne, che non si lasciano sottomettere. A 35 km da lì, c’è il Lof mapuche di Cañio. Sebbene la Comunità di Cañio non sia una vicina di Benetton, ha subito persecuzioni e discriminazioni da parte dei settori del potere che sostengono la multinazionale della moda. Dal momento che questa comunità è sempre stata solidale con i membri delle comunità colpite dalle politiche persecutoria dello stato argentino, che appoggiano le “proprietà di Benetton”.
Mentre mi avvicino al Lof Cañio, la steppa si affievolisce, l’ocra gialla dell’erba scompare e mi ritrovo avvolta in una rigogliosa vegetazione verde. Sono arrivata quasi all’imbrunire, mi avvicino alla casa della famiglia Cañio, dalla cima della collina ho visto come gli ultimi bagliori del giorno hanno tinto il cielo di arancio e colori rossastri. Lì mi hanno accolto con affetto e intorno al tavolo le donne della famiglia mi hanno raccontato la loro storia.
Questa famiglia subisce la persecuzione del governo municipale di El Maitén, che cerca di installare un centro sciistico sulle loro terre. Ciò significherebbe radere le montagne, danneggiare la foresta e gli spazi sacri spirituali della comunità.
Gli ecosistemi della catena delle Ande sono fragili dinanzi all’avvampato avamposto del capitalismo. Ma sono rimasti forti e fermi nella difesa del Mapu, la Terra.
Questo naturalmente non è gradito ai governanti o agli imprenditori. Come risultato degli eventi che hanno avuto luogo nelle terre in conflitto con la Compagnia Benetton, l’intendente e gli uomini d’affari approfittano del conflitto per accusare Javier Cañio, un giovane membro della comunità, come presunto aggressore e rapitore di un dipendente Benetton. Gladys Millane, sua madre, con gli occhi bagnati e lucidi di lacrime che arrivano e non riesce a trattenere, racconta quello che è successo il giorno in cui la polizia è arrivata a casa loro in cerca di Javier.
*** foto Famiglia Cañio: Gladys Millane, Monica e Marilyn Cañio con Virginio Cañio e Nahuel, il bambino di tre anni.
«Eravamo sole io e Marilyn, mia figlia e mio nipote. Arrivarono dicendo che dovevano portare Javier in ospedale per fargli un prelievo di sangue. Successe che un bracciante di Benetton, che aveva subito il rapimento, riuscì a tagliare uno dei rapitori con il suo coltello, e volevano vedere se mio figlio aveva un taglio sul suo corpo per incastrarlo. Avevo paura che lo prendessero e lo ferissero o scomparisse. Sono sempre angosciata, se uno dei miei figli è in ritardo, sono già preoccupata pensando che le sia successo qualcosa di brutto, non ho più pace, ho paura per i miei figli».
Marilyn, la figlia più piccola, interviene nella conversazione per aggiungere: «Mi chiedo se a quei tempi mio fratello si fosse fatto del male o si fosse tagliato, lavorando sul campo, lo avrebbero incolpato lo stesso di un crimine che non aveva commesso? Perché lavorando nei campi sei sempre a rischio di farti male, fortunatamente – quella volta – stava bene, e non aveva cicatrici o ferite».
Mónica Cañio, sua sorella maggiore, denuncia che ha portato il figlio di tre anni dal dottore all’ospedale di El Maitén e, dandole il suo cognome, si sono rifiutati di aiutarlo. È molto preoccupata per la salute di suo figlio. È molto importante per lei crescere nel suo territorio senza perdere la sua identità, ma lei teme per la sicurezza e la vita del bambino e del resto della famiglia, dal momento che gli assassinii del governo contro il popolo Mapuche sono rimasti impuniti.
Infanzia svalutata
Il 23 novembre 2017, di fronte al Lago Mascardi, il Lof Lafken Winkul Mapu ha subito una sanguinosa repressione da parte di membri della polizia federale che hanno arrestato diverse donne Mapuche con i loro bambini.
Questa comunità mapuche, composta da circa quattro famiglie, si stabilì in una proprietà territoriale che è sotto il controllo dello stato argentino, attraverso i parchi nazionali. I funzionari denunciano i membri della comunità come usurpatori, dando così inizio a un caso giudiziario ancora in corso e che ha tentato due volte di sfrattarli con la forza per ordine del tribunale. Gli eccessi e gli abusi associati al caso hanno raggiunto un livello di insolita violenza, che ha portato all’omicidio di Rafael Nahuel, un giovane mapuche di 22 anni, tra i diversi crimini.
Mariel Bleger, antropologa e insegnante di scuola elementare, arrivata quel giorno per esprimere solidarietà, mi testimonia, anche lei con gli occhi inumiditi dalle lacrime, cosa è successo. Mariel è la madre di un bambino di cinque anni ed era incinta del suo secondo figlio. Ha accompagnato le giovani madri mapuche che hanno preso parte alla decisione di riprendersi le loro terre, recuperando questo appezzamento di terra sotto il controllo dei parchi nazionali argentini.
Mariel andò nell’area della comunità e lì, dopo circa cinque posti di blocco lungo il percorso, trovò uno spiegamento di polizia molto grande. C’erano almeno otto furgoni e più di sei auto della polizia all’ingresso del territorio, dove all’epoca c’erano circa cinque donne e due uomini con alcuni ragazzi e ragazze.
«Ho riconosciuto rapidamente sulla strada giocattoli e vestiti dei ragazzi e delle ragazze con cui ho lavorato a scuola per diversi anni», ha detto Mariel. «C’erano due scatole di frutta e verdura calpestate e buttate sulla strada».
«Ho chiesto immediatamente dei bambini. Nessuno degli ufficiali che erano lì voleva darmi informazioni su dove si trovassero loro o le loro madri. Uno dei furgoncini più lontani accese le sirene e percorse la distanza che la separava dal cordone della polizia. Ho visto che c’era uno dei bambini che conoscevo e stavo cercando».
Mariel mi dice che, senza rendersi conto del pericolo, indignata e angosciata dal destino dei bambini, salì in macchina e seguì il furgone della polizia, tenendosi in contatto con varie organizzazioni per i diritti umani e sindacati. I bambini sono stati arrestati e portati alla polizia federale, situata nelle strade di Tiscornia e Morales nella città di San Carlos de Bariloche.
Mariel continua la sua storia, ricordando a uno a uno i dettagli di quella dolorosa giornata: «Ho chiesto di entrare per vedere come stavano i bambini, mi sono presentata come la loro insegnante. Mi è stato permesso, ho trovato cinque donne arrestate e cinque minori. I bambini erano ancora sotto shock a causa della terribile situazione che stavano vivendo. Alcuni di loro erano in età di allattamento, altri vagavano per quella stanza e molte delle donne erano ferite dalle percosse della polizia. Ho chiesto loro se avessero dato loro acqua o cibo. Niente di tutto ciò era successo. Era da più di sei ore che non avevano notizie o avessero ricevuto alcuna informazione, incapaci di comunicare con un avvocato, senza neppure avere il permesso che i bambini andassero in bagno o mangiassero qualcosa».
Mariel ha chiesto il permesso di uscire e comprare cibo e acqua. Ci sono volute più di due ore per consegnargli le cose che aveva recuperato per loro.
Solo verso tarda sera, alle 11 circa, sera partirono i bambini e le loro madri. In nessun momento i bambini hanno ricevuto un’attenzione particolare perché erano minorenni, infatti, erano costantemente molestati e limitati nella mobilità all’interno del recinto.
Nonostante le numerose lamentele che, da parte delle organizzazioni per i diritti umani, delle scuole e dell’unione degli insegnanti della città di San Carlos de Bariloche, sono sorte per chiedere spiegazioni su un tremendo atto di illegalità e violazione dei diritti dei bambini e degli adolescenti non hanno avuto risposta.
«Due giorni dopo questo evento, le forze di sicurezza sono tornate nel territorio selvaggiamente bonificato, commettendo l’omicidio del giovane Rafael Nahuel, che come molti di noi stava aspettando il rilascio di donne e bambini detenuti illegalmente».
L’elenco di tragedie e abusi sembra continuare senza fine. Poco dopo la sanguinosa repressione dispiegata su Mapuche Wof Maf Lafken, le autorità hanno arrestato e rinchiuso i bambini, Awkan Colhuan di un anno, Kalfu Ray Colhwan Rosas, due anni, Calfulikan Colwan Jaramillo, 3 anni, e Daiana Antimilla 10 anni. Tutti i bambini sono stati rinchiusi in una cella per almeno sei ore.
Giovedì 23 novembre 2017, l’Associazione degli avvocati della Repubblica argentina ha presentato un esposto al procuratore della provincia di Rìo Nero per chiedere dei chiarimenti sulla vicenda che, come in altre situazioni, ha cercato di spezzare la volontà di un popolo alla ricerca della sua libertà, ma che solo ha mostrato la ferocia e il razzismo senz’anima del potere.
Sfortunatamente, le massicce mobilitazioni scatenate per sostenere il giovane argentino Santiago Maldonado non sono state ripetute per il giovane Rafael Nahuel, né per nessuna delle donne e dei giovani mapuche costretti a subire così tanti abusi da parte del governo e dei loro compari.
Ma non tutto è perduto. Nel sud del mondo, noi donne mapuche, stiamo scoprendo noi stessi come esseri radicati nel nostro Ñuke Mapu (Madre Terra), e nutriti dal suo potere. Il processo di decolonizzazione ci vede rimuovere le recinzioni non solo del territorio usurpato, ma anche delle nostre menti, delle nostre coscienze, in particolare della coscienza della maternità mapuche. Abbiamo soppesato l’efficacia della medicina ancestrale, prefigurando un’educazione all’identità e una dieta naturale e sovrana.
È solo una questione di tempo prima che lo stato riconosca che aumentando i diritti, si amplificano i mondi.
Fino a quel giorno, resisteremo.
Testo e foto di Moira Millán
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Alfonsina Strada, 130 anni fa nasceva la prima donna a correre il Giro d’Italia: “Gareggiava per pagare il manicomio del marito” “Alfonsina Strada cadde fulminata da sincope (in realtà era un infarto, ndr) mentre cercava di avviare la sua pesante moto dopo aver assistito alla Tre Valli Varesine”. Così scriveva La Stampa il 14 settembre 1959. Questa la fine di una vita iniziata il 16 marzo 1891, 130 anni fa. “La sua è una storia erculea, un simbolo di conquista e di libertà”, racconta lo scrittore per ragazzi Tommaso Percivale che ha dedicato il libro Più veloce del vento (Einaudi ragazzi) alla prima e unica donna a partecipare al Giro d’Italia: Alfonsina Strada, appunto. Nata a Castelfranco Emilia (Modena) da due braccianti analfabeti, è la seconda di dieci fratelli. E proprio “tenendo in collo i bambini che nascevano di anno in anno” – scriveva La Stampa citando la stessa Strada – diventa una donna “di costituzione fortissima”. A 10 anni, scopre la sua passione. Racconta Percivale: “Il padre compra una bicicletta molto vecchia e arrugginita dal dottore in cambio di qualche lavoretto nel suo giardino”. Ma non può darla alla figlia durante il giorno perché la usa per andare nei campi. Per questo Alfosina “la ruba per allenarsi di notte”. Il padre non vuole però che le donne vadano in bicicletta anche perché “sui giornali si scriveva che la sella era nociva per la loro salute”, spiega lo scrittore classe 1977. Allora “appende la bici nella stalla così che lei non ci arrivi”. Il primo uomo a capirla nel profondo è Luigi Strada, il suo primo marito (rimasta vedova, sposerà il ciclista emiliano Carlo Messori). “È un genio sia dal punto di vista tecnico-meccanico che dal punto di vista artistico. Lavora come cesellatore ma anche come inventore. Ha brevettato una macchina per il caffè espresso ma non è riuscito a monetizzarla”, racconta Percivale. Strada sostiene la moglie nella sua passione, ma poi “il suo carattere fragile ha la peggio e cade in depressione”. È anche per mantenerlo nel manicomio che Alfonsina decide di iscriversi al Giro d’Italia del 1924 dopo aver partecipato a due Giri di Lombardia. Il direttore e l’amministratore della Gazzetta dello Sport acconsentono alla sua richiesta. E proprio il giornale sportivo milanese la descrive così: “Nel gruppo c’è anche una vispa donnina, coi capelli tagliati alla bébé e i calzoncini corti, da cui scendono con impertinenza i lembi della camicia. Pedala con disinvoltura e allegria, tal quale un ragazzino che abbia marinata la scuola”. La ciclista taglia il traguardo in ogni tappa anche se la maggior parte delle volte con alcune ore di ritardo. È la stessa Morini, questo il suo nome da nubile, a raccontare dopo la penultima tappa (con arrivo a Fiume) al Guerin Sportivo: “I pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo”. Il successo le permette di pagare le rate del manicomio del marito e il collegio dove studia una nipote (“non ha mai avuto figli”, diversamente da quanto scritto su Wikipedia, racconta Percivale). E la necessità economica è uno dei motori della sua bicicletta, come racconta rispondendo all’intervistatore del Guerin: “Sono una donna, è vero. E può darsi che non sia molto estetica e graziosa una donna che corre in bicicletta. Vede come sono ridotta? Non sono mai stata bella, ora sono… un mostro. Ma che dovevo fare? La puttana?”. Emerge così tutta la sua voglia di ribellarsi: “Ha una rabbia incanalata in modo costruttivo. Non si è lasciata andare soffrendo per l’incapacità del mondo di accettare quello che lei voleva essere”, spiega Percivale. Una rottura a cui non ha mai voluto dare una patina politica: “Voleva ‘semplicemente’ diventare una star dello sport per realizzare il suo sogno da bambina”. FRANCESCO ZECCHINI
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Vaccini in Lombardia, posti a rischio in Sicilia: un nuovo scandalo per Aria, l’agenzia benedetta da La Russa
Oltre mille lavoratori sperano in una proroga del contratto in scadenza contro le pressioni della Lega che vuole riportare a casa i call center decentrati nel catanese
di Gianfrancesco Turano
Il committente è Aria, la famigerata azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti responsabile di gravi ritardi nella campagna vaccinazioni prima che il suo consiglio di amministrazione fosse sciolto il 24 marzo su disposizione del presidente della giunta Attilio Fontana e della sua vice con delega al Welfare, Letizia Brichetto Moratti. Al contrario di quanto accade nelle squadre di calcio, da Aria sono stati mandati tutti via tranne il manager, Lorenzo Gubian, nominato direttore generale a metà febbraio e rimasto al suo posto con l’incarico provvisorio, ma rafforzato, di amministratore unico.
Sempre in via provvisoria, dato che una proroga senza gara non si nega a nessuno in tempi pandemici, anche l’appalto per i call center catanesi di Aria, affidato alla trentina Gpi e in scadenza il 31 luglio, dovrebbe essere rinnovato di un anno.
Nella vicenda dei telefonisti di Biancavilla e Paternò non c’è bisogno di tirare in ballo l’effetto farfalla e nemmeno l’eterogenesi dei fini per un’iniziativa clientelare nata quindici anni fa sotto l’occhio benevolente di un politico di destra e diventata oggi una battaglia occupazionale bipartisan.
I call center Aria-Gpi in Sicilia sono soltanto un pasticcio all’italiana ambientato in una zona economicamente depressa dove una volta si era ricchi con i feudi, come gli Uzeda dei Vicerè di Federico De Roberto. Lungo i lembi delle sciare etnee al posto degli agrumi adesso si possono piantare una dozzina di bandierine a indicare i palazzi dove convergono le telefonate non solo dei lombardi in attesa di vaccino o di visita specialistica ma anche di clienti di Tim, di Sky, dell’Enel o di pensionati dell’Inps e dell’Inail. Cuffiette e microfoni hanno sostituito le macchine agricole come mezzo di produzione non solo a Paternò e Biancavilla, ma anche a Misterbianco, Adrano, Belpasso, Santa Maria di Licodia, Motta Sant’Anastasia.
«I lavoratori di Paternò e Biancavilla sono giovani e qualificati», dice Concetta La Rosa di Filcams-Cgil. «Il sistema sanitario lombardo è complesso, bisogna avere conoscenza di una rete molto ampia. In vista di rinnovo della gara, che sia quest’anno o l’anno prossimo, chiederemo il mantenimento delle condizioni salariali e il vincolo territoriale per mantenere gli occupati attuali da parte di chiunque dovesse aggiudicarsi l’appalto dalla Regione, come consentono le linee guida dell’Anac. Internalizzare il servizio non sarebbe un risparmio per i lombardi».
Il rischio di riportare i call center nel perimetro pubblico e di tagliare fuori dalla sanità lombarda Paternò e Biancavilla non sembra più dietro l’angolo ma di recente i rapporti fra le componenti della giunta lombarda sono stati messi a dura prova più volte, con la sanità sempre in mano ai berlusconiani, la Lega spaccata fra giorgettiani e salviniani e Fratelli d’Italia, partito cofondato dal paternese Ignazio La Russa, che si trova al governo a palazzo Lombardia e all’opposizione a Roma. A marzo del 2018 il vicerè di Paternò e vicepresidente del Senato è stato rieletto nel quarto collegio di Milano, dove esercita la professione di avvocato, e ha lasciato il suo posto nelle liste siciliane all’ex sindaco di Catania Raffaele Stancanelli, che ha perso ma si è rifatto l’anno dopo con il seggio a Strasburgo. PATERNESI D’ASSALTO L’avventura della sanità lombarda in Sicilia inizia nel 2005 quando la giunta allora guidata con polso fermo e ampio consenso dal Celeste Roberto Formigoni spinge sull’acceleratore delle privatizzazioni e dei decentramenti a scopo di efficienza. A luglio 2005 si apre il call center di Paternò destinato alle prenotazioni telefoniche dei cittadini lombardi. Il tutto avviene sotto l’ombrello di Lombardia call, partecipata da Lombardia informatica e guidata da Giovanni Catanzaro, numero uno degli stipendi pubblici lombardi con 270 mila euro annui.
Il manager nato a Paternò fa parte di un gruppo di compaesani molto influenti, come gli imprenditori Antonino Ligresti (cliniche) e suo fratello maggiore Salvatore (finanza ed edilizia), ex datore di lavoro di Catanzaro alla Sai assicurazioni.
Altri due fratelli paternesi sono impegnati in politica nelle file di Alleanza nazionale: Ignazio e Romano La Russa il cui padre Antonino è molto amico dei Ligresti. Cinque anni dopo, con Silvio Berlusconi per la quarta volta a palazzo Chigi, Ignazio La Russa diventa ministro della Difesa e il minore, Romano, assessore all’industria al Pirellone. Anche il call center di Paternò vede nascere un fratello pochi chilometri a nord, a Biancavilla.
La Lega accoglie male la delocalizzazione del servizio tra gli amati meridionali. Il premio di consolazione è un terzo call center regionale da cento dipendenti e 3,5 milioni di spesa insediato stavolta a Milano. Ma ai leghisti non basta e a marzo del 2014 Roberto Maroni, eletto un anno prima presidente dai lombardi dopo diciassette anni di formigonismo, si scatena sulle onde di Radio Padania dicendo che bisogna riportare i call center regionali dov’è giusto che stiano cioè 1.300 chilometri più a nord.
Il “prima i lumbard” del segretario leghista rimane senza effetto anche con l’avvento alla segreteria di Matteo Salvini. Per stroncare le polemiche, a giugno del 2015 si fa un passo verso un’ulteriore privatizzazione. I call center regionali vengono ceduti al gruppo trentino Gpi per 12,5 milioni di euro con un’operazione “a leva” quasi interamente finanziata da Unicredit. In cambio il compratore ottiene l’appalto dei call center regionali per 6 anni a 25 milioni di euro l’anno.
Non sembra un cattivo affare, tanto più che i lavoratori di Paternò e Biancavilla nel 2018 si vedono cambiare il contratto da commercio a multiservizi, quello che inquadra i dipendenti delle ditte di pulizie. «Su base oraria è 1,60 euro l’ora in meno», dice Antonio Santonocito, segretario regionale del sindacato autonomo Snalv-Confsal che dichiara molti iscritti nei due call center siciliani. «Anche se la differenza è stata compensata come ad personam, si parla di oltre 200 euro per gli addetti che ne guadagnano in media 800 al mese e che sono in larga parte in smart working dall’inizio della pandemia. Proprio per questo mi chiedo che senso e che vantaggi può avere trasferire il servizio a Como oppure a Brescia». Le trasformazioni societarie, per un rinnovamento di facciata che l’emergenza sanitaria ha bocciato, continuano fino al 2019 quando le controllate regionali Lombardia informatica, Arca e Infrastrutture si fondono nella nuova Aria, affidata al presidente imprenditore Francesco Ferri, talent scout di nuovi politici per conto del cavaliere Berlusconi. BOOM IN BORSA Sullo sfondo ma con un ruolo da protagonista nella vicenda dei call center siciliani c’è la società che nel 2015 ha vinto l’appalto con la Regione Lombardia. La Gpi ha tutt’altra solidità rispetto a realtà come la Qe del bresciano Patrizio Argenterio, che gestiva a Paternò un call center fallito nel 2017 con cento lavoratori licenziati, un buco da 14 milioni di euro e conseguente processo penale.
La Gpi fa capo alla famiglia di Fausto Manzana, presidente degli industriali di Trento. Suo figlio maggiore Sergio, 37 anni, si occupa specificamente del settore “Care” e ha lavorato sul servizio tamponi “drive through” nel Lazio. La holding trentina è quotata in borsa sul segmento Mta dove è cresciuta di oltre il 50 per cento negli ultimi dodici mesi e di oltre il 30 per cento soltanto dall’inizio del 2021. I dati economici dell’anno 2020 sono in crescita da 240 a 271 milioni di ricavi e un profitto netto vicino ai 10 milioni di euro. Nonostante gli ottimi risultati, l’azienda ha scelto di non anticipare la cigs quando lo scorso aprile i call center hanno lavorato a ranghi ridotti per il Covid-19.
Gpi svolge servizio di Cup (centro unico prenotazioni) in Trentino e in altre nove regioni d’Italia. Soltanto nel giro degli ultimi sei mesi si è assicurata gare d’appalto per 33 milioni di euro dalla Basilicata, dalla Liguria, dalla Campania, dalla Puglia e dall’Emilia Romagna.
Secondo quanto dichiarato da Gpi, il servizio dedicato all’emergenza sanitaria non ha riguardato le vaccinazioni della Lombardia, anche se i rappresentanti sindacali dei call center siciliani affermano il contrario. Di sicuro, la holding che è fra gli sponsor del Trentino volley, arrivata alle semifinali dei playoff, sta continuando a puntare sul mercato del lavoro in Sicilia, dopo avere assorbito 73 lavoratori per una piccola gara scaduta con un altro committente.
Il tema di fondo è se Aria continuerà a puntare, e per quanto tempo, su uno schema così complicato. Il conto economico della società regionale viaggia intorno ai 200 milioni di euro e nella contabilità 2021 bisognerà inserire, oltre ai 25 milioni dati a Gpi e alle migliorie degli stabili in affitto in Sicilia, anche l’avventura del portale per le vaccinazioni dove le spese di call center pesavano per 11 milioni sui 18,5 complessivi. Ragioni contabili potrebbero suggerire un taglio delle commesse e sarebbe una sconfitta per tutti.
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