#cicciona
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home alone, eating my roommates food because i have no control over my pig instincts
in the meantime watching a movie with beautiful skinny naked girls while feeling my gut explode from the amount of food
now i think its time to take off my panties and play a little (;
#fat piggy#degrade and humiliate me#fat belly#fatty#obese piggy#fat slob#fat cow#meanspø#fat girls#fat kink#fat humiliation#gluttonous piggy#feedee piggy#obesa#cicciona#oink oink
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youtube
Buon pomeriggio Miei Cari,
Il 4 agosto di dott. Cionci, del quale recensii il libro "Il Codice Ratzinger", ha pubblicato un video che mi ha lasciato basita ... in un delirio di lettura deviata della Cerimonia di Apertura delle Olimpiadi 2024 (che ha per altro invaso il web e YouTube), ha consapevolmente offeso le Donne, la Grande Madre e la Madonna ....
Non potevo non rispondere.
Un sorriso
Debora
#deboramenozzi #AndreaCionci #grandemadre #paganesimo #cristianesimo #olimpiadiparigi2024 #cerimonia2024 #cicciona #dicolamia
#deboramenozzi#religione#bologna#youtube#cicciona#andrea cionci#olimpiadi 2024#bodyshamers#great mother#wiccan
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Di solito qui le ragazze scoprono molto di più le gambe rispetto a petto/seno/spalle/pancia come fanno le bianche a casa loro.
Io che metto dei pantaloncini cortissimi perché non mi andava di cambiarmi: TUTTI GLI OCCHI ADDOSSO.
#ma percheeeeee#sono bianca va bene??? BASTA#non ce la faccio a vivere così#manco avessi delle belle gambe#sono pure cicciona#pls basta
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i hate interacting with boomers literally one of the worst generation to ever walk on earth, just give me money and go away for fucks sakes i can't deal with your shit jokes and judging personality anymore
#sempre a blaterare di qualcun altro quando siete la generazione più CESSA e CICCIONA del mondo#letteralmente un miracolo che abbiate procreato altre generazioni#voi e i vostri atteggiamenti di merda che fanno esaurire qualsiasi umano nel raggio di 3 km vi prego andate da uno psichiatra#prince.txt
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𝗕𝘂𝗼𝗻 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗝𝗮𝗻𝗶𝘀
Janis Joplin non desiderava altro che essere accettata.
Già alle superiori, i compagni della Thomas Jefferson High School di Port Arthur, un’orrenda cittadina texana, la evitavano.
Era un tipo particolare Janis, vestiva in modo strano, fumava, beveva e dipingeva.
Le notti passate a piangere nel buio della sua stanza in compagnia del cibo, l’unico amico che aveva, l’avevano fatta diventare la classica “cicciona” che i ragazzi prendevano in giro con epiteti come “porco”, “mostro” “nigger lovers”.
Il suo diciassettesimo compleanno fu una liberazione.
Appena diplomata scappò via da quell’orrenda cittadina e dai compagni che per anni l’avevano bullizzata, per iniziare con entusiasmo l’Università del Texas, ad Austin.
E al college si fece subito notare.
Camminava scalza, indossava i jeans a lezione, portava sempre con sé il suo autoharp (strumento simile ad un dulcimer, usato nella musica folk tradizionale) non indossava mai il reggiseno, lasciando intravedere quei capezzoli che anni dopo avrebbero incantato il pubblico del Monterey Pop.
Nell’ottobre del 1962 le confraternite più note dell’università indissero due concorsi ispirati alla “bella e la bestia” per assegnare il titolo di “Miss Tette” e “Mister Mostro”, la ragazza con il seno più bello e il ragazzo più brutto del campus.
Ogni confraternita aveva il proprio concorrente: i ragazzi per farsi votare indossavano vestiti appariscenti e volgari, le ragazze ampie scollature a V.
I nomi dei finalisti sarebbero stati scritti su una lavagna enorme posta per l’occasione nel mezzo del campus.
E fu lì che Janis scoprì il suo nome.
Ma non fra le candidate a “Miss Tette”; tra i candidati a “Mister Mostro”, a gareggiare per il titolo di ragazzo più brutto dell’università.
Fu quella sera che Janis conobbe altri due nuovi amici, che le avrebbero fatto compagnia per tutta la vita:
la droga e l’alcol, che nel giro di pochi anni metteranno a tacere per sempre la voce graffiante di un’artista ribelle che non chiedeva altro che essere accettata.
Janis Lyn Joplin nasce a Port Arthur il 19 Gennaio 1943
Racconti da vinile
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uomo chiamerà una ragazza cicciona nel mezzo di una festa e poi riderà con i suoi amici, ma lei avrà le crisi tutta la nottata e non dormirà :)
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Milano - La sinagoga avvisa, non portate segni distintivi del fatto che siete ebrei. Avendo frequentato a lungo i pressi di una delle vie a più alta densità ebraica della città (non diciamo quale, per protezione dai magrechad), mi chiedo se avranno sarti e barbieri a sufficienza.
Dal faceto al serio, la domanda vera è: in che razza di mondo rovesciato siamo precipitati, se le vittime non ottengono alcuna solidarietà anzi, raccolgono al più indifferenza se non sospetti bavosi e manifestazione di antichi, mai sopiti livori infami ereditari e ora si devono pure travisare.
Mentre i fan dei decapitatori si fanno riconoscere senza alcun problema e incassano la solidarietà degli studenti medi bimbiminkia (le loro future prime vittime), sventolando bandiere per le strade, celebrando felici l'orrore (una cicciona inchiavabile in chador che ulula: "non è vero che le donne e i bambini ebrei uccisi non erano colpevoli"). Questo è degrado da fogna.
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L'oppio delle minoranze𖥸
Il 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜 vieterebbe di dire ad una persona grassa di essere cicciona: la censura dei perbenisti, però, non cambia di fatto la realtà: una balena spiaggiata resta, comunque!, una balena spiaggiata - anche quando nessuno può farglielo notare, perché il 𝙲𝚘𝚖𝚒𝚝𝚊𝚝𝚘 𝚀𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚗𝚘𝚗 𝚜𝚒 𝚍𝚒𝚌𝚎 🤬 non si occupa di problemi di salute e non conosce umorismo e satira, ma il suo compito da clero religioso sta solo nello sdoganare formalità vittoriane 🎠
Il politicamente corretto è l'oppio delle minoranze: quella droga fatta di vocabolario scelto dai radical chic che fa sembrare ai 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖 di vivere in un mondo migliore - così che la politica non debba più occuparsi della sostanza: di riconoscere e far rispettare Diritti Civili e Sociali.
#politicamente corretto#oppio#minoranze#diversi#mondo#migliore#politica#sostanza#diritti#diritti civili#diritti sociali#politically correct#𝕸𝖎𝖈𝖍𝖊𝖑𝖑𝖊 ♡#L'oppio delle minoranze𖥸#grasso#ciccione#censura#perbenisti#realtà#balena spiaggiata#𝙲𝚘𝚖𝚒���𝚊𝚝𝚘 𝚀𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚗𝚘𝚗 𝚜𝚒 𝚍𝚒𝚌𝚎 🤬#salute#umorismo#satira#clero#clero religioso#sdognare#formalità#formalità vittoriane
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Il "politicamente corretto", vieterebbe di dire ad una persona grassa che è cicciona: la censura dei perbenisti, però, non cambia, di fatto, la realtà: una balena spiaggiata, resta, comunque!, una balena spiaggiata - anche quando nessuno può farglielo notare, perché il Comitato "Questo non si dice 🤬", non si occupa di problemi di salute, e non conosce umorismo e satira, ma il suo compito, da clero religioso, sta solo nello sdoganare formalità vittoriane 🎠
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L’ULTIMA VOLTA (non penso sia un racconto erotico)
Si girò di lato raggiungendo il bordo opposto del letto. Era tutto sudato e respirava velocemente mentre il cuore piano piano tornava al suo ritmo normale dopo la corsa in crescendo per seguire il crescendo del piacere. Anche Sonia respirava affannosamente mentre nella stanza si spargeva l’odore di seme e sudore. Chiuse gli occhi e gli sembrò di galleggiare sulla superfice del mare mentre la sua coscienza lentamente si spegneva facendolo sprofondare in un assoluto nulla. Perse il senso del tempo e restò così, non capì per quanti secondi o minuti.
In fondo era per questo che faceva sesso con lei, per stordirsi, dimenticare tutto senza sensi di colpa e sentirsi bene nel nulla in cui scompariva.
Ad un certo punto Sonia, con la lentezza dovuta alla sua stazza, si spostò nel letto. Si sentì addosso il suo grosso seno che schiacciava metà del suo corpo. Aprì gli occhi e vide i suoi occhi nocciola, tondi e grandi come quelli di una bambina. Vide il piccolo naso e le labbra allargate in un sorriso simile a quello della Gioconda.
“Ciccino, si sempri u megghiu”
Le rispose con un sorriso. Poteva essere un complimento ma lui era sicuro che lei lo diceva a tutti i suoi amanti.
Le labbra di Sonia baciarono velocemente le sue
“Pero ora sbrigati che dopo il rosario mio marito rientra”
Il materasso incominciò a muoversi nuovamente come se fosse un canotto nel mezzo dei cavalloni. Lei si stava girando per alzarsi e fare la doccia.
Chiuse gli occhi
“Ogni volta mi dici la stessa cosa. Tanto prima delle otto non rientra”
Sonia recuperò la sua vestaglia rosa e la indossò.
“Questa sera torna prima, perché deve andare alla Confraternita”
La sentì andare verso il bagno, ma non si mosse.
Aspettò cinque minuti per evidenziare la sua indipendenza, poi ubbidiente, si alzò. Non per la paura del marito, che era una brava e santa persona, ma per non creare imbarazzo mostrandosi e confermando cose che tutti e tre preferivano restassero nascoste per continuare a recitare la loro commedia esistenziale di coniugi felici e studente di medicina modello.
La loro non era ipocrisia, si disse, ma solo pigrizia di dover affrontare il peso che cade addosso a chi infrange convenzioni che tutti considerano come assolute ma che nessuno rispetta. E quindi, se nessuno era disposto a rinunciare alla propria maschera, perché dovevano essere loro a doversi fare carico di questa antipatica incombenza. L’eventuale problema si risolveva facilmente non facendolo nascere.
Si alzò e si sedette su water per fare due gocce ed osservarla. Sul suo corpo correvano infiniti rivoli d’acqua sottili, mentre lei lo ricopriva di un profumato bagnoschiuma, il cui sentore di mughetto e tuberosa, intenso e delicato, galleggiava persistente nel bagno. Era una cicciona, si disse sapendo di mentire perché il sovrappeso che allargava la sua sagoma, era perfettamente distribuito lungo il suo corpo soffice, mostrando un seno importante, un ventre piatto con la vita stretta e un sedere perfettamente tondo su cosce larghe che erano, come lui ben sapeva, profumate e delicate. Era il corpo ben proporzionato e gioioso di una soprano o di una giunonica divinità. Anche se era in quella età che sta lasciando la giovinezza ma non era ancora maturità aveva la freschezza della primavera e la pienezza interiore dell’autunno. Questa sua età indefinita, quel suo essere piacevolmente abbondante e il suo volto da bambina, gli facevano sangue ogni volta che la vedeva, gli scaldavano la carne rendendolo arso di lei. Lo eccitava pensare che ogni parte di quell’innocente, soffice corpo era dedicata al piacere, per inventarlo, rubarlo e donarlo. Con Carmen, la sua fidanzata, era tutto diverso. Il suo corpo nudo, essenziale e rustico, gli faceva nascere una intensa tenerezza. Avrebbe voluto cullarlo, accarezzarlo prima di santificarlo nel sesso. Con Sonia invece ammirare il suo corpo (e lei sapeva bene come e quanto farsi ammirare e desiderare) voleva dire trasformarsi in cantori del piacere carnale, in maratoneti insaziabili del semplice godimento.
Dalla doccia lei gli fece segno di raggiungerla. Lui seguì la sua amicante richiesta e una volta dentro l’abbracciò, lasciando che le mani di lei scivolassero esperte sul suo corpo. Anche lui accarezzò tutta quella calda pelle che fino a poco prima avevano esplorato con labbra avide e una lingua complice. Le sue braccia lo strinsero in modo che ogni sua parte fosse immersa nella sua piacevole e peccaminosa sofficità
“Saresti capace di rincominciare”
“perché no? Sei stanco?”
“Anche se fossi morto sapresti resuscitarmi”
“Sicuro …”
lo baciò liberando la lingua a caccia della sua.
Ricordò che era iniziato tutto così. Gli stava mostrando la casa dove avrebbe affittato una camera. Dopo aver visto la cucina e il bagno, gli mostrò la stanza grande e comoda che voleva affittargli.
“Ecco vede, la camera è ampia ed i mobili sono un po' datati ma li ho fatti riprendere da un ebanista di mia fiducia. Mi raccomando: come glieli do li rivoglio, senza graffi o rotture. Se qualcosa non funziona me lo dice ed io mando l’operaio a sistemarli.”
Chiuse le ante dell’armadio con cautela.
“La raccomandazione vale anche per il letto: non ci salti sopra come un selvaggio e non si butti a peso morto come fanno i lazzaroni”
Sistemò la coperta e si avvicinò a lui guardandolo seria e sottovoce aggiunse
“e per favore non incominci a portare avanti e indietro ragazze che poi i condomini si lamentano con mio marito che sta più tempo in chiesa che a casa sua.”
Lo guardò attentamente negli occhi
“ma lei non mi sembra il tipo che corre dietro alle ragazze…”
“è che non ho tempo signora, con tutti gli esami che ho da fare è già tanto se posso respirare”
Lei sorrise divertita e si avvicinò ancor di più così che il suo profumo dolce lo assalisse e percepisse la sua sensualità come un’onda calda dal sapore speziato, delicata ma nello stesso tempo, aggressiva. I suoi occhi lo trafissero e il loro colore cioccolato lo ingolosì. Il delicato fucsia con riflessi setacei del rossetto, la scollatura ampia, a mostrare una pelle chiara, senza alcuna imperfezione, il seno dominante, sfacciatamente invitante, tutta la sensualità che fino a quel momento aveva ignorato gli esplose davanti, e sentì, dentro di lui, il fuoco impetuoso del sesso bruciare ogni altro ragionevole pensiero. I suoi capelli ondulati, di un nero corvino intenso e naturale, sembravano la corona fiammeggiante di una oscura sacerdotessa e davano ai suoi occhi un riflesso magnetico, mentre la sua voce bassa, calda, vellutata, scivolava sensualmente a rimproverarlo
“Fa male! Una ragazza ci vuole sempre: stimola, soddisfa, motiva, giustifica! – ogni parola era accompagnato da un lampo dei suoi occhi e dal suo respiro che gli arrivò profumato, sottile, invitante - E poi lei è un bel ragazzo: scommetto che bacia molto bene”
“non lo so signora, finora nessuna si è lamentata”
Fece sorridendo nervosamente perché sentì che qualcosa stava succedendo ma non riusciva a capire bene che cosa stesse accadendo
“Vediamo”
Fece lei improvvisamente guardandolo dritto negli occhi, e mentre lui era ancora con il suo sorrisino in bocca, lei superò con un passo la poca distanza che divideva i loro corpi , gli mise un braccio intorno al collo, lo stringe tirandolo a se tenendo fissi gli occhi nei suoi, esitando quando le loro labbra stavano quasi toccandosi, ma solo per far aumentare il desiderio ed il prossimo piacere, poi fece combaciare le loro bocche, violando la sua con la lingua, una lingua decisa, dominante, lasciva, liquida di voglia.
All’inizio restò sorpreso, non dal suo seducente gesto, ma dal piacere che provava, un’onda di miele che lo sommergeva risvegliando ogni suo muscolo con una intensa vibrazione vitale di puro desiderio. Poi reagì assecondando il suo gioco orale per stringerla e attirarla a sé, sentendo il corpo di lei premere contro il suo. L’abbracciò e succhiò la lingua che aveva dischiuso le sue labbra a trattenerla giocandoci vorticosamente, mentre le sue mani esploravano quel corpo tondo, pieno, morbido, così come lei stava facendo con il suo, senza alcuna vergogna e con tanta inarrestabile voglia.
La sua mano scese a stringere la sua virilità e sentendolo pronto, disse solo
“dammilla”
Quella parola, detta in un modo volgare, popolare, oscena, fù l’unica che si scambiarono nel silenzio della stanza, nella sua complice penombra, tra l’ondeggiare ritmico delle tende e le voci lontane dei bambini che giocavano felici nel cortile.
Solo quella parola l’eccitò, più del suo tastare e dell’intrecciarsi delle loro lingue.
Capì il motivo della sua richiesta di non buttarsi a peso morto sul letto. Capì che fino ad allora, malgrado le sue esperienze fugaci e mercenarie, non aveva mai fatto veramente l’amore, non aveva mai morso e leccato come lei aveva fatto e preteso, non aveva conosciuto la passione, la forza, il desiderio, che un corpo poteva dare e ricevere. Un’oretta dopo mentre si rivestiva, gli disse di uscire per primo e di passare domani da casa sua per firmare il contratto. In quel momento ebbe la certezza che tutto si sarebbe ripetuto come in quel pomeriggio forse con ancor più passione, con meno paure o freni e che quella signora pacifica e neutrale che lo aveva divorato, bruciando ogni sua forza, saziando ogni suo desiderio, gli era entrata nel sangue e lì sarebbe rimasta per molto, moltissimo tempo da padrona esigente e serva devota, abisso profondo e dominante bisogno.
Staccò la bocca sfuggendo alle sue esperte e golose labbra.
“Devo andare, tra venti minuti arriva la corriera di Carmen devo prenderla per fare delle spese”
“Ah, va bene … salutala”
Disse ironicamente e staccandosi uscì dalla doccia. Fini di levarsi la schiuma dal corpo ed uscì anche lui
“Ti ho portato il mensile”
Le disse mentre di asciugava ed incominciava a vestirsi
“In ritardo come al solito”
“sono stato preso … comunque, ti lascio l’appartamento. Vado via, ad Aosta a fare la specialistica … Per qualche anno non ci sarò”
Lo guardò seria mentre in vestaglia si spazzolava i capelli.
“Dovevi dirmelo prima, così ci perdo il mese: come faccio ad affittarlo adesso che siamo a fine mese, - il suo volto si irrigidì - mi devi pagare anche il mese prossimo come è scritto nel contratto”
“È stata una occasione improvvisa, l’altro ieri mi ha chiamato un collega che avevano bisogno e giusto oggi ho avuto la conferma – sorrise nel modo che a lei piaceva per addolcire la bugia – e poi, pensavo che visto il nostro rapporto, avresti lasciato stare questa cosa dei soldi”
Si avvicinò e gli sistemo il colletto della camicia e con voce delicata, come se parlasse ad un bambino, sottolineò
“Ciccino, noi non abbiamo un rapporto, facciamo sesso e basta, per sfogarci, per distrarci o solo perché ci piace, punto. Tu sei in affitto e io sono la padrona come sono la padrona di un'altra decina di case, e tu per me fuori dal letto, sei uno dei tanti studenti a cui affitto le case e basta: non ti far venire strane idee alla “futtemu-futtemu”. Devi pagarmi il prossimo mese! c’è scritto nel contratto … o vuoi che ne parli con tuo padre, o con … Carmen”
La guardò con la faccia seccata
“ni sarivi capaci!”
“lo sai che non farei mai del male a qualcuno, ma quel che è scritto, è scritto”
rispose sorridendo. Aveva sempre quei modi da bambolina con cui smorzava ogni conflitto. Era così che lo fregava sempre.
Si rilassò e dalla tasca della giacca tirò fuori una busta bianca
“Sapevo che quando si tratta di soldi non guardi nessuno. Ti ho messo pure i soldi del mese prossimo”
Buttò la busta sul tavolino a cui era solita sedersi per truccarsi. Sonia si chiuse la vestaglia e avvicinandosi a lui, lo abbracciò
“Ciccino te l’ho detto dall’inizio: ne amore, ne sentimento, solo sesso finché ne abbiamo voglia e poi basta, ognuno per la sua strada, e tu hai risposto “mi va bene così” e da allora, così siamo rimasti. Questo non vuol dire non rispettarsi: a modo nostro un po' di bene ce lo vogliamo”
E gli sorrise
“Si l’ho detto, ma a volte mi sembrava che ci fosse qualcosa in più del semplice “un po' di bene””
“Ah si e quando ti è venuta questa strana idea?”
“ti ricordi il professor Santoro, quando mi bocciò all’esame di anatomia e sono venuto qui tutto incazzato? “
“si mi ricordo, eri nero dalla rabbia, ti ho preso e ti ho portato a letto per parlare. Sarà stata l’unica volta che non abbiamo fatto l’amore…”
“È vero, mi hai chiesto perché ero rabbioso come un cane randagio chiuso in una gabbia e io te l’ho spiegato. Allora tu ti sei messa a ridere e hai detto che ogni cristiano ha una porta da cui si arriva al suo cuore. Bastava conoscerla e quell’uomo avrebbe fatto quello che gli chiedevi. Per trovare la porta però bisogna, frequentare, conoscere, condividere, partecipare. Il professore Santoro mi aveva bocciato perché mi ero messo in testa tutto a memoria. Lui aveva capito che pensavo solo a superare l’esame anche con un diciotto. Allora mi avevi suggerito di andare a trovarlo, di chiedergli spiegazioni, libri, appunti, insomma di mostrarmi appassionato alla sua materia”
“Infatti, hai fatto così e hai preso trenta”
“Si ed ero contentissimo. Ricordo che ero venuto felice a portati una rosa per ringraziarti per il suggerimento”
“Questo lo ricordo, e mi ricordo anche cosa abbiamo fatto dopo”
Fece ridendo maliziosamente
“hai preso la rosa e l’hai buttata dicendo che i fiori si portano ai morti, poi mi hai stretto come fai adesso e mi hai detto “Ciccino, per premio fammi tutto quello che vuoi””
“Si, si questo me lo ricordo … e tu lo hai fatto … Ciccino porcellino”
Ricordò con imprevisto piacere, la sua schiena, lucida di sudore, larga e pallida, distesa davanti a lui, i fianchi stretti, il sedere meravigliosamente tondo.
Ricordò l’urto ripetuto del corpo di lei contro il suo mentre le stringeva i capelli con la destra, facendogliela piegare all’indietro e con l’altra mano sul fianco di lei, l’attirava con forza verso di se. La sentiva ansimare di gioia in quell’osceno dondolare, in quel lasciarla andare per allontanarla da lui, per poi tirarla ancora a se, con più forza, quasi con rabbia, e nel suo tornare a colpirlo con il suo tondo, enorme posteriore, sentire il suo respiro più forte, ogni volta sempre più forte, sentire il suo eccitante lungo lamento e il corpo vibrare per la sua intensa estasi, e colpirla con una manata sul sedere, per farla sentire schiava di quel suo piacere e punirla per questo. Alla fine lei si distaccò, si sdraiò sul letto, stanca, stordita da quanto provava, restò ferma qualche secondo, ansimando, poi si voltò sulla schiena e allungando le braccia, con il volto rosso e le labbra socchiuse, gli implorò
“Vieni”
Raccogliendolo tra le sue braccia mentre le sue gambe si allargavano per poi stringerlo nel nido del suo piacere, ed ancor di più stringerselo con le braccia al cuore, come fosse il bene più grande che avesse.
Ricordò quel suo continuare a darle piacere, colpo dietro colpo, convito che niente lo avrebbe fermato e provare per questo inarrestabile dominio del suo corpo, una forza degna di un dio, finché d’improvviso ogni suo muscolo si sciolse, diventando liquido e inutile, ed il suo corpo affondò in lei come un ferro rovente buttato sulla neve, mentre ogni sua forza vitale scompariva nel candore immenso del suo corpo, in cui stava inabissandosi, raffreddandosi, appassendo e planando nel nulla assoluto. Si girò di lato per respirare, per lasciar volare via con il sudore anche la sua anima liberandola da quel debole involucro carnale.
Ricordò lei, che ansimando si avvicino in quell’enorme letto in cui era disteso guardando senza vederlo il soffitto. Ricordò che lei lo osservò per poi baciarlo e quindi alzarsi sul letto inginocchiata su di lui, guardandolo negli occhi per scendere lentamente con il suo sesso sulla sua bocca, chiedendogli con lo sguardo, di darle quello che il resto del suo corpo non era riuscito a farle provare. Lì, circondato dalle sue cosce, meravigliosamente prigioniero di quell’intimo, liquido sapore di miele, ricordò il suo lento pendolare ritmato dal crescendo lamentoso del piacere che provava; ricordò le sue piccole dita tra i suoi capelli, il suo spingere delicatamente, ma con decisione, la sua testa verso il centro del suo godere, a guidarlo in quel crescente ondeggiare che la stava bruciando.
Ricordò l’effluvio liquido che accompagnò il suo improvviso ed ultimo lamento e lo stordimento che la prese lasciandola esausta, mentre si accasciava lontano da lui, senza forze. Subito però lo raggiunse, strisciando e ansimando l’abbracciò e con il lenzuolo gli pulì il volto dagli umori del suo paradiso e lo baciò, intensamente, perdutamente, appoggiando poi il capo sul suo petto, lasciando che il respiro si calmasse, che le loro anime tornassero in quel mondo, che il tempo tornasse a scorrere, lì dove erano morti e rinati nel mezzo dell’immenso candido letto. Tornò a guardarlo negli occhi ed improvvisamente, come presa da una necessità inevitabile, sembrò che gli volesse dire qualcosa
“io ….”
Ma si fermò a pensare e fu incapace di continuare, fissando i suoi occhi, la sua bocca ed ancora i suoi occhi, incapace di confessare quello che sentiva e che lui doveva assolutamente sapere. Alla fine si arrese appoggiando il suo capo sul suo petto e chiudendo gli occhi, lunghe lacrime le scivolarono sulle gote a dire più di quanto lei stessa volesse dire. Vi fu solo un silenzio che sembrava quello che segue l’ultima rima di una poesia d’amore, l’ultima onda, prima della quiete assoluta ma che in fondo riassumeva il loro rapporto fatto solo di piacere da rubare e di silenzi in cui immaginare il prossimo godere. E nulla di più. Tutto questo ricordò con inesauribile, indomabile gioia.
“ho fatto alla fine tutto quello che piaceva a te”
“… e a te, Ciccino, anche a te, non dimenticarlo: nel sesso ci vuole eguaglianza se no è violenza”
“e sei stata tenera, come non lo eri mai stata, lì ho pensato che per me avevi un sentimento particolare”
Lei sorrise
“volevo solo premiarti per il trenta”
Lui la guardò in silenzio
“Era un premio che agli altri non hai mai dato”
“Ne sei sicuro?”
La guardò negli occhi cercando la sua sincerità
“Si, per questo ho pensato in quel momento che non era solo il sesso ad unirci, che anche tu provavi quello che io sentivo, una intensa complicità, che era un amore che non avevamo il coraggio di confessare”
Sul volto di lei tornò il solito sorriso della gioconda
“Ciccino, mi dispiace contraddirti ma non era così. Se avevi qualcosa per me, dovevi dirmelo o venirmelo a cercare. Ora non ha più senso a parlarne. Tu si zitu, io sono sposata non siamo soli e indipendenti: abbiamo dei doveri che non sono più, solo formali”
La guardò negli occhi
“Ma tu non ti sei mai innamorata?”
Sorrise divertita. Si staccò da lui e andò a sedersi al suo tavolino di bellezza incominciando a spazzolarsi.
“All’inizio, come tutte le ragazze ingenue, anch’io mi ero innamorata. Poi quando ho saputo che mio marito non voleva figli perché non poteva farli, mi sono detta che l’amore è solo uno stordimento temporaneo, creato per motivare due persone a rinunciare alla loro libertà. Allora l’ho messo da parte e mi sono dedicata solo alle cose che contano: il sesso e i soldi.”
“Ma i soldi, non li aveva tuo marito”
Scoppiò a ridere
“Gustavo non ha niente, ha speso quel poco che aveva per diventare santo. Io sono partita affittando la casa di mia madre ed ora, visto il numero, il prezzo che faccio per le mie stanze, vale per tutta la città. Per questo non può dirmi niente, perché posso divorziare quando voglio e avere l’annullamento alla Sacra Rota perché lui non poteva consumare il matrimonio e non me lo ha detto. Lo butterebbero fuori anche dalla confraternita. Ma ora non voglio scandali, non mi servirebbero. Dai Ciccino, si sta facendo tardi, vai per favore.”
Fece preoccupata simulando con le labbra da bambolina un piccolo broncio, e si alzò per accompagnarlo alla porta
Lui la guardò serio
“Tra sei mesi mi sposo….”
Lei si fermò e batté gli occhi come faceva quando qualcosa la prendeva in contropiede
“… Non ci vedremo più Sonia. Dopo Aosta, andrò a lavorare all’ospedale di Taormina e andremo a stare a Letoianni, nella casa di Carmen.”
“E che cosa cambia Ciccino? Anche adesso stai andando a prenderla, ad abbracciarla, a chiamarla “Amore” con sulla schiena i segni delle mie unghie e del mio piacere.”
“Cambia che lei mi vuole bene ed io ne voglio a lei. Fino adesso era solo un sentimento minore perché stavamo bene insieme, ma ora che abbiamo deciso, che dobbiamo programmare una vita nuova, non voglio più giocare.”
Si avvicinò guardandola negli occhi.
“Tu sei pericolosa, mi piaci, mi sei sempre piaciuta, ma con te non c’è futuro. Carmen forse a letto non sa fare tutti i tuoi giochetti, ma mi ama, mi considera il centro del suo mondo ed abbiamo fatto progetti per il domani. Con te vicino non durerei molto come marito. Per questo non ti vedrò più”
lei sorrise
“… non ci indurre in tentazione… non è vero Ciccino? Perché anche tu non resisteresti, e non per colpa mia, ma per quel piacere, quel serpente oscuro che dentro di te si contorce quando mi vedi. Invece di liberarlo e dargli quello che vuole preferisci accecarlo, negargli l’esistenza. Ad un certo punto ti si rivolterà contro perché lui è più forte di te e ce ne saranno altre come me che distruggeranno quello che adesso pensi di provare”
La prese per le braccia
“Tu non sei bella, non sei socievole, non sei simpatica, ma leghi tutti a te semplicemente dandogli quello che vogliono, quello che in loro nasce al vederti. Io non voglio più dipendere da te. La vita con te si ferma in uno stato di continuo desidero che la soffoca. Io voglio tornare a vivere, ad avere progetti, a costruire un domani con Carmen, perché la vita non è solo futtiri e futtiri, almeno non per me. Ho provato ad amarti, ma tu non sai amare nessuno o forse non vuoi amare nessuno perché se no diventeresti debole, vulnerabile e allora se non puoi stare con me, è meglio trovare un'altra strada.”
Si liberò dalla stretta e lo guardò con occhi di fuoco, ma al solito la sua voce era lenta, mielosa, sinuosa, come lo scivolare tra l’erba di un serpente
“Ciccino, queste sono parole da maschio che ha paura di perdere il controllo della situazione e cita l’amore a giustificare i suoi presunti diritti. Perché non usi i concetti giusti? Io sono libera! E grazie a quel Dio a cui mio marito è devoto, non dipendo da nessuno, perché a nessuno do il vantaggio di ricattarmi sentimentalmente.”
Si avvicinò guardandolo dritto negli occhi con aria quasi di sfida
“Parli di amore…. Che non so amare…. Ma quando sei venuto a parlarmene, a dichiararlo, a darmi il tuo sentimento oltre quel pezzo di carne che mi mettevi tra le gambe? Mi hai mai chiesto di vedermi fuori da un letto? Di incontrarci su un lungomare per prendere il sole insieme o mangiare due cose allo stesso tavolo? Hai mai detto qualche frase affettuosa dopo ogni scambio carnale che abbiamo avuto? No, solo silenzio e la fretta di andartene. Cosa ti aspetti allora? Che ogni volta che venivi a trovarmi mi buttavo ai tuoi piedi ad onorarti come la statua di un santo perché così tu vedi l’amore? – lo guardò con occhi di fuoco – Perché poi? visto che te ne sei venuto a sfidarmi, ad umiliarmi, dicendomi che ti eri fidanzato con quell’ingenua di Carmen, che di te conosce solo la facciata, il sorriso da primo della classe e non sa ancora l’ipocrisia con cui sei vissuto in tutti questi mesi, quando la baciavi con ancora in bocca il gusto della mia.”
Si allontano risiedendosi al suo tavolino
“Ciccino, vattene per favore, stiamo degenerando e anche se non era una gran cosa, non è giusto buttare via la nostra storia in questo modo. Non lo merita. Vai per favore, e auguri per la tua nuova vita. Cosa ho provato per te, se ho provato qualcosa, a te non è mai interessato. Ormai è solo cosa mia, e qualsiasi cosa fosse, grande o piccola, vera o falsa … Ciccino non te lo meritavi. Se volevi farmi uscire dalla tua vita non c’era bisogno di darmi della Messalina e considerarmi una puttana. Fai il maschio: salutami con rispetto, girati e vai senza tornare più. Non nasconderti dietro a scuse o risentimenti”
Lui sistemò nervosamente il giubbotto e si avviò verso la porta
“Non di là, esci di dietro, vieni ti accompagno”
Attraversarono le stanze del grande appartamento per arrivare in corridoio che dava su una porta secondaria, il vecchio accesso di uno dei due appartamenti che Sonia aveva unito. Lei aprì la porta e guardò sulle scale se vi fosse qualcuno.
“Puoi andare.”
Uscì sul pianerottolo
“Aspetta – gli disse – mi devi dare l’ultimo bacio”
Si voltò a guardarla
“Vuoi cercare di svegliare il serpente?”
“Non c’è bisogno, si sveglierà da solo, quando l’amore per Carmen di oggi diventerà obblighi, doveri, rinunce. Malgrado la tua paura delle mie voglie, io ti ho fatto felice: devi ringraziarmi con un attimo di tenerezza: almeno per questo, Ciccino”
Sorrise pensando che la cicciona aveva un po' di ragione. Lei dischiuse le labbra, lui si avvicinò e le guardò quelle labbra con cui tutto era iniziato. Poi si abbassò e la baciò sulla guancia, fece un sorriso di circostanza, si voltò e se ne andò giù per le scale.
Restò ad osservarlo, poi, chiusa la porta, se ne tornò lentamente nella sua stanza da letto con la sua andatura leggera e sensuale.
“Ipocrita, come tutti i maschi: se amore era, e se per te aveva un qualche valore, dovevi insistere nel farmelo accettare, pretendendo il mio malgrado, anche se sono una donna sposata e più vecchia: dovevi contagiarmi con la tua incoscienza e farmi credere in quanto provavi e in un possibile futuro.”
Spalancò la finestra per far cambiare l’aria alla stanza e tornò a sedersi al tavolino con i suoi prodotti di bellezza. Aprì la busta con i soldi e li contò, prese da un cassetto un quaderno con la copertina nera l’aprì ad una pagina piena di nomi e di numeri e dopo aver cercato quello di lui, scrisse in linea i due mensili.
Guardò la pagina studiando chi ancora doveva pagare, poi chiuse il quaderno e lo ripose nel cassetto.
Aprì un grande portagioie e levò il primo ripiano fatto a scacchiera colmo di orecchini e bracciali. Dal doppio fondo tirò fuori una rosa ormai secca e scura con ancora attaccato un nastrino rosso con il suo nome. La osservò facendo ruotare il gambo.
“Eri il migliore a letto Ciccino, ma nel mio cuore eri l’unico! Non hai mai avuto ne l’intenzione né coraggio di esserlo per sempre. Avevi già avuto tutto e subito, senza fatica e non hai capito che questo era stato il mio primo dono d’amore. Non hai mai fatto nulla per tenertelo o ricambiarlo. Stupido, nessuna potrà mai darti la felicità che provavo per tè e parlartene sarebbe stato inutile: avresti raccontato al bar del paese della cicciona che si era innamorata di te e a cui facevi fare a letto tutte le porcate che volevi”
Diceva così alla rosa mentre la faceva girare su sé stessa e osservava rapita il suo ruotare. La ripose delicatamente nel portagioie e con ancor più delicatezza la copri con il ripiano a scacchiere.
“Ciccino l’amore rende deboli ma non perché rende vulnerabile chi ama, ma perché rende debole chi non ama abbastanza per accettare i sacrifici che l’amore impone. Il tuo amore Ciccino, era sempre debolissimo, perché vi cercavi solo il piacere e non i sacrifici, i problemi, le contraddizioni e le spine che avrebbero reso il tuo sottile sentimento forte ed invincibile.”
Restò a guardarsi allo specchio mentre gli occhi si inumidirono.
“Io, quei sacrifici, per te li avrei accettati, ma tu hai avuto paura di quello che avrebbero detto gli altri a vederti con una grassona più vecchia di te. Sapevi che per me eri speciale e l’unica cosa che hai fatto è stato cercare di non pagare una rata d’affitto. Ciccino, mi hai deluso. Ti sei trasformato in un maldestro cigolò anche se nei tuoi momenti bui sono stata io la tua unica forza”
Prese un fazzolettino e si soffiò il naso. Raccolse il cellulare e compose un numero
“Si, signora, buonasera sono la signora Loiacono, come sta …. Bene grazie… volevo dirle, mi si è liberata una camera, … si una camera, se a suo nipote interessa…. E che vuol fare, se ne è andato senza avvertirmi prima, così sono i ragazzi … inaffidabili. Non sanno capire che tra il rispetto che si riceve e quello che si dà deve esserci un equilibrio che loro purtroppo, non sanno ancora raggiungere, … bisogna aver pazienza perché a volte si perdono dietro ai loro stessi capricci … Comunque signora, mi mandi domani suo nipote che gli faccio vedere l’appartamento … le mando l’indirizzo per Whats Up. Se è suo nipote, sarà sicuramente un bravo ragazzo? … Ah l’ho già visto? … Quello alto si, me lo ricordo …. Un bel ragazzo …. Va bene, va bene a domani la saluto buonasera.”
Guardò lo specchio sorridendo e mordendosi il labbro inferiore come faceva quando le venivano strane voglie. Osservò un sopracciglio e preoccupata incominciò a cercare la pinzetta per risolvere una terribile asimmetria.
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Quando parlo dei problemi sociali di cui soffre il Giappone, ma che ci sono ancora in qualsiasi parte del mondo (tipo gender gap, razzismo, violenza sulle donne, etc.), la gente non mi crede che qui le cose sono proprio SU UN ALTRO PIANO (ovviamente in peggio).
Oggi ho un esempio lampante che spero riesca a chiarire quanto stanno messi male.
Si sa che i giapponesi per una serie di ragioni sono "naturalmente" (tra mille virgolette) magri. Per cui pure le femmine, anche se con un poco di ciccetta, sono comunque piccoline e minute.
Una mia coinquilina giapponese è esattamente così: bassina, piccolina e magra. Letteralmente magra. Non da fare schifo, per carità, ma magra.
Ieri cosa ha detto:"Una volta un mio collega, quando ero ancora più magra di così, mi ha proprio detto "ma per caso sei ingrassata?"... i ragazzi giapponesi sono un sacco severi su queste cose".
Io ora non voglio dire che in Europa non si dice mai una cosa del genere, ma ad una persona che PESA 40KG SCARSI?!?!?
Poi la frase "i ragazzi giapponesi sono severi" significa che se non sei magra da fare schifo, non ti si piglia nessuno, perché sei cicciona.
Loro, ovviamente, dall'altro canto possono fare quello che vogliono col loro corpo che nessuna donna gli dirà MAI una cosa del genere (anche se lo pensano e magari non se lo prende nessuno pure lui) + finché sono giovani spesso sono pure magri, poi si sposano e cominciano a fa na panza di birra che non vi sto a dì.
Le donne sposate? RIMANGONO SEMPRE MAGRE. Chissà perché.
Ora venitemi a dire che questo non è il medioevo.
#ovviamente ci sono le eccezioni sia chiaro#ho visto mamme più piene e meno magre#che per me sono assolutamente okay#ma mi rendo conto che per la società jap sono proprio GRASSE#e questa è solo una delle mille cose#ci sarebbe da scrivere 30mila post al giorno#Giappone#società#società giapponese#magrezza#donne#my life in tokyo
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che poi poverino ovviamente lui l’ha fatto ingenuamente ma la mamma non si è nemmeno scusata con me se l’è solo portato via e bo delle scuse mi avrebbero fatto sentire meno cicciona che poi in realtà penso che credesse che ero incinta perché avevo la pancia gonfia dal ciclo e faceva contrasto con il resto del corpo ma rip ora mi sento obesa
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