#che mi faccia dimenticare di essere viva!
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"Dovremmo fare l'amore ora,
addormentarci nudi
l'uno nelle braccia dell'altro,
svegliarci nel mezzo della notte,
sentire la nostra pelle l'uno sull'altro...e ricominciare "
. . .
#me soltanto me#poco prima di stringerti a me#che mi faccia dimenticare di essere viva!#ti sto ancora aspettando#a te che non esisti#tienimi
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"Perchè tornare?" e "Il sacro vincolo".
Non è per trarne una morale qualsiasi, o per una qualche forma di ripicca, ma forse solo per sgravarmi un po' del peso di una pesante tristezza, e in qualche modo dimenticare, che racconto queste due piccole storie. Storie qualsiasi, verosimili se non vere, se non altro perchè sono sicuramente storie un po' di tutti. La prima la intitolerei "Perchè tornare?". Inizia a metà dicembre, su un altro social, un social specificamente dedicato all'ampio catalogo delle perversioni sessuali. Lei l'avevo già intravista, e mi ricordavo bene di averla conosciuta, a più riprese, anni addietro, qui su Tumblr, con tutta una serie di confidenze e intimità virtuali che non avevano mai portato a nulla di concreto. Si parlava di 5, 6 anni fa, forse anche 7: una serie di tira e molla, di scuse, di improvvisi ricominciamenti, sicchè di lei ricordavo molti dati di fatto, nome cognome indirizzi studi e molti dettagli dell'immagine del suo corpo, e anche una sorta di linguaggio che avevamo costruito, con cui condividere produzione di fluidi corporei e fantasie irrealizzabili e frustrate.
Fatto sta che mi vede anche lei, a un tratto, e mi scrive. Finge di non essere sicura, "mi sembra di riconoscerti", io vado più dritto al sodo, invece, anche perchè mi accorgo, dal suo profilo, che ora dichiara di vivere molto più vicino a dove mi trovo anche io, quindi, forse, questa potrebbe essere la volta buona, o la peggiore delle volte: comunque una volta diversa. Insiste, lei, perchè la conversazione prosegua su Telegram, e in effetti la conversazione si infittisce, torna su binari che sembrano quelli di un tempo, se non altro sembra esserci da parte sua un interesse personale, autentico, e da parte mia per varie ragioni almeno la curiosità di capire cosa potrebbe essere cambiato.
Si arriva a Natale, poi, o poco prima. Ci sono delle necessità familiari, c'è anche una moltitudine di virus che gira, fra un virus e una tombola scostumata lei sparisce, non si fa più viva. Inizia il 2024 però, ed ecco, ancora, l'ennesima volta: torna. In sostanza lei è fatta così, devo capire, ma il suo interesse per me è speciale, è diverso... Parliamo, ancora, della nostra vita, delle nostre porcherie, anche, del fatto che più che il sexting entrambi abbiamo bisogno di un contatto concreto, ancorchè non necessariamente esclusivo. Ebbene, mi dice: la sua frequentazione di quel social ha dato subito i suoi frutti, c'è un evento, in una villa esattamente a metà strada fra me e te, uno di quegli eventi in cui si va vestiti di nero, di lattice, con le pilloline blu in tasca magari, io vado con una coppia di amici, perchè non vieni anche tu? Il fatto è che io proprio non ho interesse in queste cose, dico. Il gioco come a un asilo di zozzoni, i seminari con l'espertone di turno, il mischione di odori di fumo, di fiche nude e di precum nei pantaloni di lattice....Divertiti, però, divertiti sul serio, non divertirti anzi, fatti scopare sul serio, che ne hai bisogno... Il giorno dopo quel poco che mi scrive è che è arrabbiata, e poi che ha riportato dei danni fisici, anzichè divertirsi. Cerco di capire, non riesco a capire, quasi nulla. Dice e non dice, scrive e non scrive. Si sente poco bene, eppure deve lavorare tanto. Mi preoccupo per lei, e allora sminuisce. Però poi dice di star male ancora. L'ultimo contatto è il 10 gennaio. Scrivo del mare, del tramonto, del mio cazzo e di dove dovrebbero finire le sue mutandine, e di altro ancora, una mossa un po' disperata, un tentativo di risvegliare una comunicazione qualsiasi, almeno. Risponde: che le mie parole la rendono felice, che non desidera altro se non quello che scrivo, che non desidera altro che me. Il tramonto passa in fretta, le rispondo, dopo ti butto un po' d'acqua di mare in faccia.
Ed è così, con questa frase, che tutto finisce, per l'ennesima volta.
Perchè tornare, per sparire ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora, anche dopo 5 anni dall'ultima volta che già era sparita, sempre nello stesso modo?
(Continua con la prossima puntata, "Il sacro vincolo", nel prossimo post).
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Vorrei tanto parlarti, sfogarmi e dirti quello che provo ogni volta che mi guardi. C’è un turbinio di emozioni, dalla più bella alla più dolorosa, tutte contemporaneamente. E quella che ricordavo essere felicità, adesso è solo tachicardia e voglia di piangere, perché so, sono consapevole di star mandando via l’amore della mia vita senza far nulla per farlo restare. Per trattenerlo ancora un po’.
Sai, da quando ci siamo lasciate, non vivo più. Forse ti sembra strano e stupido da dire, mi vedi quasi sempre felice. Però come te lo spiego che ho perennemente un peso sul petto? Non posso soffermarmi più di due minuti a guardarti o mi viene una nostalgia tale da bloccarmi il respiro; non posso più ascoltare le nostre canzoni, sono inorecchiabili adesso; non posso fare, dire o guardare nulla perché tutto mi ricorda te o qualcosa che abbiamo fatto insieme. Sei sempre con me, lo sai? Per quanto tutto questo faccia male, penso a te per sollevarmi il morale, stringo il tuo codino, levo e rimetto il tuo anello come se potessi farlo tu al posto mio. Dormo tutte tutte le notti con Super Fuffi, ormai senza non riesco più. Una sera mi sono addirittura addormentata abbracciandolo mentre piangevo, immaginavo di avere te al suo posto. Ho pianto un po’ più forte, un po’ per quello che era successo e un po’ perché per un attimo mi sono sentita tra le tue braccia e c’è stato odore di casa, il tuo. Delle volte vorrei dirti che vorrei dimenticare tutto, vorrei dimenticare tutto quello che mi fai provare, vorrei dimenticare quanto mi fai felice facendo una minima stronzata, dimenticare quanto io sia gelosa perché tu sei proprietà mia e questo non cambierà mai, dimenticare quanto io ogni giorno abbia voglia di baciarti e accarezzarti, vorrei poter dimenticare quanto mi piaccia sospirare il tuo nome mentre mi dici che sono bella. Ho tante cose da dirti, te l’avevo già detto, da quando non ci sei io non parlo più con nessuno. Non mi fido, non ci riesco. E non riesco nemmeno più con te. Forse ogni tanto mi esce qualche frase, ma il quadro completo non lo dirò mai. Non puoi vedermi così debole, non me lo posso permettere. Non adesso. Non più. L’orgoglio mi mangia viva da quando ci siamo lasciate ed io non faccio altro che peggiorare. Tu mi facevi bene, mi hai migliorata tanto.
Sai, vorrei tu sapessi quanto mi siano piaciuti questi due anni e mezzo insieme, non mi pento di nulla. Sono stata davvero felice, mi hai resa la persona più felice del mondo con poco e nulla. E ti ringrazio, ti ringrazio tanto perché mi hai fatto capire davvero cos’è l’amore. Non avrei mai immaginato che il mio primo vero amore fossi tu. Ci vorrà tanto per farti uscire da questo cuoricino. Me lo son fatta a pezzi da sola e adesso vorrei solo vedere te felice senza avere me in testa. Vorrei vederti andare avanti con un’altra persona, vorrei tu mi dimenticassi per poter tornare a stare bene. Lo vedi, la tua felicità viene sempre sempre prima della mia. È sempre stato così e sarà così a vita.
Non so se tutto questo vuol dire dirti addio per sempre o realizzare di volerti tener stretta il più possibile, so che avevo bisogno di “parlarti” e dirti almeno un minimo di quello che mi dicono testa e cuore.
L’ultima cosa, criaturè.. ho tanto bisogno di fare l’amore con te. Io sono tua, lo sono sempre stata e come andranno andranno le cose tra noi, sarò sempre la tua principessa. Questo non cambierà mai. Appartengo sempre a te.
Un giorno ci arriveremo a vivere insieme, a Londra o in Germania, come preferisci tu. Avremo una casa tutta nostra, dei bambini e un cane, come piace a noi. Ci sveglieremo ogni mattina insieme e capiremo i drammi di ogni genitore con i propri figli. Sarò tua moglie, posso giurarlo su Dio. Ed io posso dirti che solo in quell’istante capirò cosa vuol dire seriamente toccare il cielo con un dito. Mi piacerebbe addormentarmi stanotte e svegliarmi domani mattina con te accanto, darti il bacino del buongiorno e alzarmi per andare a scuola, non prima di averti svegliata con i bacini ovunque e il caffè a letto. Invece stanotte mi toccherà sognare di nuovo, con la mente che forse cadrà ancora e mi farà fare altri incubi, chi lo sa. Mi dispiace per tutto questo, piccrè.
Voglio solo che tu capisca che l’ho fatto per noi, perché sono convinta che ritorneremo. Non so tra quanto, ma sarà così. Perché io e te siamo fatte per stare insieme, per essere una coppia.
Ti amo dal 20 Febbraio 2021, ti amerò sempre.
Per sempre tua, Ale.
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Oggi sono 30 anni ❤️
Quest’anno, per il mio compleanno scrivo a me, e ci metto lo stesso impegno che userei per scrivere una lettera alla persona che sento più vicina al mio cuore. Lo stesso affetto, amore, calore. Allungo la mia stessa mano in una abbraccio che possa circondarmi d’affetto e ricordarmi che, se non mi voglio bene io, il circolo dell’amore fatica ad ingranare! Qualcuno penserà che sia una cosa stupida, ma non mi interessa, mi va.
A te, che oggi sono 29 e senza rendertene conto domani saranno già 30.
A te, che stai imparando “l’arte della leggerezza” ma, ammettilo, non è semplice per una “pesante” di natura.
A te, che ti scatti una foto anche quando non riesci a sorridere, per ricordarti che i giorni tristi sono come i tasti neri di un pianoforte, senza i quali non ci sarebbe la stessa armonia.
A te che non ammetti di sbagliare e quando ti irrigidisci col mondo è solo perché ce l’hai a morte con te stessa.
A te che ci pensi sempre troppo prima di agire e nel frattempo perdi ogni genere di mezzo, mannaggia a quel blocco mentale del “sarà la cosa giusta”!
A te, che hai amato tanto, poche volte, ma non dimentichi di farlo un poco ogni giorno, perché confidi nella forza della costanza.
Buon compleanno a te che sei la stessa me. Ho auguri e consigli da darti. Lo sai che sono brava con le parole ma conto su di te per renderle reali.
Prima di tutto sappi che credo molto in te e sono fiera per come in questi anni hai affrontato le sfide della vita e, quando era necessario, hai saputo cadere con la grazia di chi è consapevole che avrà lividi marcati, che qualcosa non tornerà com’era in principio e che va bene così. Perché solo i soprammobili hanno più probabilità di restare intatti. Ma tu sei viva, ami la vita, anche quando ti vorrebbe un pò meno forte e un pò più arrabbiata. Ma non ti scomponi mai, neanche quando dovresti. Se devi cedere lo fai con te stessa, perchè non darai mai agli altri il piacere di vederti così.
Cara me, vivi, sempre, continuamente, con la consapevolezza che coltivare bene porta sempre da qualche parte, anche se ti può sembrare tutto un caso. Pure se a volte la strada si allunga e la meta cambia. Mica puoi sapere tutto in anticipo!
Fidati e affidati a chi ti ispira fiducia, che il tuo sesto senso è ancora un aiuto infallibile. E impara a lasciare andare qualche pezzo se è necessario, capirai solo dopo il valore di quello spazio vuoto.
Quando sei stanca riposati, ma non far passare mai troppo tempo prima di rimetterti in cammino, che l’abitudine arriva in fretta ed è una cattiva bestia da cacciare.
Quando hai paura di voltare l’angolo perchè non sai cosa ti aspetta, aguzza la vista e accelera il passo e se ne hai bisogno allunga la mano. Togliti questo vizio che devi affrontare per forza tutto da sola!
Accontentati, ma non troppo. Regalati quel giusto tanto di soddisfazione che può essere la molla per desiderare e ottenere di più. Puoi e devi sempre migliorare qualcosa nella tua vita.
Lasciati stupire anche dalle cose più semplici, fin quanto ci riuscirai sarà come avere con te un pezzo della bimba che eri.
Smettila di lamentarti, che non è di certo la soluzione ai problemi!
Ridi e piangi ogni volta che ti va, lascia che gli altri ti giudichino o delle volte non ti comprendano. Ma se sono persone care, non lasciare che questo le allontani. Farsi capire è importante, anche quando un dolore ti fa chiudere al mondo.
Impara a prendere da tutti quel pizzico prezioso che possono darti e non aspettarti che d’improvviso cambino: sai quante delusioni ti risparmi!
Guarda al futuro, so che fai fatica a chiudere le porte del passato, ma te lo voglio dire con franchezza: perdi tempo!
Prega e non vergognarti di farlo. Io lo so che ogni giorno, appena sveglia, subito dopo il primo “uff mattutino”, è “grazie” la parola che ti viene in mente.
Scrivi, l’hai capito anche tu che non c’è cosa che ti faccia sentire meglio e riesca a farti dimenticare ogni problema. Allora scrivi ancora, pure fino a tarda notte come facevi una volta, ed emozionati delle tue stesse parole.
Sogna con ragion di causa e impegnati se ci tieni davvero. Realizzare un sogno può essere semplice, come molto complicato, dipende tutto da te. Ricordi cosa ti disse quell’amica? “Ci vuole metodo”. Trova il tuo.
Ama te stessa prima di tutto, non venderti mai per poche lire. E non aver paura di ascoltare quel che dice il tuo cuore, è già troppo tempo che lo ignori!
A te, che sei la stessa me, auguri di vero cuore, che tu non smetta mai di credere alla bellezza della vita e alla fortuna degli incontri. Che scelga sempre la strada più sicura e onesta per realizzare ogni cosa. Che riesca ad addolcire certi spigoli di te, altrimenti finirai per farti male da sola. Che ogni tanto sappia abbandonare la tua compostezza e possa lasciarti andare ad un gesto d’affetto. Che l’ironia sia la tua arma, assieme ai sorrisi accoglienti e al tuo briciolo di follia inaspettato. E ogni tanto ricorda anche di essere meravigliosamente imprevedibile, ma conserva questo tuo lato solo per chi dimostra di volerlo vedere davvero.
Cara me, ti auguro di cambiare ancora tante volte, che “restare così” non è mai la cosa giusta mentre le stagioni si alternano. Per il resto, non avere paura, non sei sola, hai me, che sono la stessa te.
Con leggerezza, ricordalo, il segreto è affrontare tutto con un pò più di leggerezza!
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Guardavo la mia pagina .
Sono in psichiatria attendo di entrare in comunità e cara noia ho deciso di fare di meglio che annoiarmi aspettando il messaggio di qualcuno che non arriverà ho deciso di fare di meglio che torturarmi con aspettare qualcosa quel qualcuno che fin ora ha. Deciso di non arrivare.
Ho deciso di non aspettare perché aspettare è per persone deboli e di non usare i deboli come scusa per dire che io sono forte.
Cosa voglio?
Intanto io non voglio,io "vorrei"
Un "vorrei"che scende dolcemente giù come fiocchi di neve come stelline brillantinate come gocce imperfette di pioggia
Che bagnano e scendono dentro il collo facendomi rabbrividire un brivido che mi mette il sorriso e gentile.
Vorrei,essere,
Essere ascoltata
Ma essere prima di tutto prima di essere ascoltata,
Perché ciò che sono adesso è parte di ciò che ho visto ciò che ho fatto ciò che ho dovuto .......
:vedere, lottare ,schivare ,schiantare ,accusare, colpire fermare ,buttare ,servire,sentire,dolore,ancora dolore,fa male,non farlo, dimenticare,non sono un oggetto da male,annuire ,acconsentire,piangere,soffrire,di nascosto, nascondere,confondermi con le la gente senza mostrare,confonderti, piegarmi ,obbligarmi ,abbassarmi,obbligata a farlo mi sono poi obbligata a farmi, soddisfare ferire ferirmi,dopo le bugie non f era più niente che i tagli, sanguinare sanguinare ,amare sanguinare .amare amare più forte più forte fa male vai vicino alla morte se vedi chi resta resti da sola e alla tua sorte, il tuo tempo lo vedi e già lassù che vola,non avrai più lacrime da piangere quando sarà qua quaggiù ,violento dicendo vedendo pensando stavo facendo in un futuro senza appiglio senza consiglio lo vedo adesso vicina scongiura che questa violenza prega sia stavolta meno dura ,stanotte ancora dormirai con lui ti stringerà come non fosse successo nulla di nulla ,di niente,con queste sostanze con lui ci resti sposa ma sposa cadavere, cadavere per sempre.
tu sarai viva ma ora vorrai morire forza angelo non ti potrai tirare indietro me pentire vola da sola ancora una volta adesso è l ora della tua svolta.
continuamente amare da sola provare emozioni troppo forti. il petto mi scoppia il petto mi scoppia .in ambulanza un altra volta da sola un altra volta non piango nemmeno QUESTA di volta non so più piangere poi sono solo lacrime. poi piango nel letto con lui che mi odia mi dice che sono una bambina mi sento distante. da mamma e vicina. poi lui mi ama poi lui mi sposa dopo mi colpisce e mi ricolpisce ora la mia faccia sbra nuova
ho un occhio viola Giulia ora e sola un altra volta guardo i miei lividi sollevo i capelli come farò a nasconderlo io scelgo la vita io scelgo la vita questa fatica non l avevo mai sentita non ho più la forza ma questa sostanzi fa sentire pieno il vuoto che ormai ho dentro almeno abbastanza.
Lui mi trattiene mi scoppiano le vene .
di rabbia lui mi colpisce più forte, stavolta ero già pronta scappo dalla porta ,lui mi insegue corri sta volta corri più forte Giulia corri corri o sei morta.
Silenzio
Vorrei avere una virgola e un po' di respiro per riprendermi per la prossima volta scusatemi ancora mi hanno insegnato sempre a chiedere scusa con lo sguardo basso e la testa bassa . scusami ancora caro lettore non sono più la preda di quel predatora scusami ancora caro lettore se ti ho portato via il tempo ti donerò delle viole , ma a volte per poco tempo di più a volte si muore caro lettore.
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Voi due poveri cristi che parlate italiano ignoratemi perché da qualche parte io mi devo sfoga ma deve anche rimanere nei secoli prima che me lo dimentico come sempre
perché hanno ragione che devo rimuovere il mio concetto di perdono e a volte passarci sopra non mi deve bastare e lo sanno loro che me ne dimentico ma porca troia sta cosa che ho realizzato solo stanotte di quanti mesi sono passati, quante cose che amo e momenti belli che non mi riesco ancora a campare bene perché manca il pezzo fondamentale e sono sempre esausta e distrutta dagli incubi e dagli attacchi di panico ogni fottuto giorno più volte al giorno e non c'è una sola cosa nella vita che non me la faccia dimenticare per più di un'ora, quando comunque non ci si mettono i sentimenti e la voglia di andare e riabbracciarla e dire stronzate e lamentarci della vita in compagnia buttate sul letto e fare programmi e progetti che anche se non abbiamo niente vaffanculo ancora scrivo al presente. Anche se non avevamo niente riuscivamo perché ci bastava poco finché non le è bastato nient'altro che sentirti forte. E io sono una testa di cazzo perché mi ci sto impegnando una cifra a rimanere forte e a ricordarmi che me l'ha ribadito chiaro e tondo che l'importante non era non ferirmi ma fare e dire il cazzo che voleva ma mi bastebbe mezzo 'prometto' che starei già su quel cazzo di treno porcoddio. E invece me lo devo ricordare, che ha scelto di proposito la cattiveria, una, due e tre volte e alla fine quando io ho detto basta la colpa era mia.
Non ho mai sofferto così tanto e così a lungo in vita mia. Prima che l'ennesimo cazzo di incubo stanotte mi svegliasse avrei giurato fosse ancora inizio marzo. Non campo più. Sono circondata da amici stupendi che non mi stanno facendo mancare niente, dal piatto in tavola al tetto sulla testa, dalla compagnia alla privacy, e adesso anche un lavoro. Fanno i cazzo di turni per non lasciarmi sola più di mezza giornata, anche persone che chi cazzo avrebbe mai pensato e vorrei saperglielo esprimere quanto sono grata e quanto mi stiano salvando troppo letteralmente, ma l'apatia mi sta mangiando l'anima. E ogni volta che prendo il telefono l'istinto è di scriverle. Perché mi odio più di tutto, ma non me lo riesco nemmeno a tenere a mente che cazzo è successo, perché comunque è la persona a cui voglio più bene di tutte e forse allora me le merito le bastonate. Perché dopo averci messo tutto l'impegno non bastava e me lo meritavo che mi parlasse male dietro ed era colpa mia che me la prendevo ed è colpa mia che decido di non tenermi vicino una persona che non sapeva più come essere semplicemente cortese, e non lo so a sto punto se è così che si sente chi esce da una relazione tossica di propria scelta so solo che ho dovuto chiudere fuori la mia migliore amica dalla mia vita dopo aver tirato giù non solo una porta ma tutto il muro pur di aggiustare le cose e dio mio non ricordo l'ultima volta che sono stata anche solo non triste di essermi svegliata la mattina eppure l'istinto è quello di tornare indietro e magari 'se sopportavi ancora poi migliorava' anche se lo sapevo che non migliorava e io l'ho vista che nei mesi ha raccolto tutto quello che le è stato tirato addosso e non ha fatto altro che metterseli da parte e tenerlo come colpo di riserva, e diventava sempre più come tutto quello che il giorno prima odiava e si teneva stretta quello che non le andava bene e io ho aspettato perché magari poi cambia ancora perché è il momento passiamo tutto non c'è problema magari cambio anche io e ci incontreremo a metà strada.
E l'ho visto addosso a chi invece è rimasto e ci ha messo l'impegno perché l'importante in fondo è che se ci tieni vuol dire che l'impegno non pesa e io per gli altri lo so ma non per me stessa e poi l'ho visto negli occhi di chi c'è mentre mi hanno dato un piatto in tavola e un tetto sopra la testa lontano da quello che mi faceva vivere male, che anche se nessuno ha mais aputo niente perché non lo so realizzare nemmeno io che questo trauma è più profondo di quanto pensavo potesse arrivare, che la paura che stavolta fossi io quella che non rispondeva era tanta. Perché su fanno i turni e io ci provo a non farlo pesare, che adesso tutti volevano sapere i nomi degli altri e non mi lasciano mai sola e ho sempre un messaggio alla mattina presto e uno alla sera tardi e chiedono fammi vedere i capelli e se esco fammi vedere il trucco perché se vedono una faccia anche se non sorride lo sanno per certo che anche oggi sono viva. Anche se ci sono andata vicina e dal dolore due volte ho rischiato di non decidere io se non risvegliarmi e una volta alcuni l'hanno saputo e non volevo caricarli di sto peso. Perché sono un peso morto e mi spezza il cuore perché vorrei dirglielo quanto mi stanno aiutando, con la compagnia e con la privacy e con lo spazio e la vicinanza e adesso un lavoro e io non riesco nemmeno a dire grazie perché l'anima non sa manco che cazzo pensare perché la vita girava attorno alla mia migliore amica e il cervello non è d'accordo con quello che è successo e io nemmeno ma non me lo devo dimenticare ma è difficile. Anche se ho tantissimi motivi per farlo che nemmeno mi aspettavo, che non ho chiesto niente ma se ne sono accorti e non hanno chiesto niente manco loro però chi è qui non manca mai e fanno i turni perché dai adesso che possiamo ma lo vedo che hanno da fare, li sento al telefono che girano la loro vita attorno al mio spazio che però io non voglio riempire perché fa male anche solo realizzare che è vuoto. Perché già una volta ho buttato via quello che sapevo della mia vita perché ci credevo e poi chi doveva essere il centro del mio mondo stava scomodo ma comunque non usciva dai bordi ma non sono accomodante quindi la cosa spontanea è stata accartocciare via pure quella vita lì e il prima durante e dopo e il passato tutti messi insieme non si avvicinano al dolore di questa volta e non so che fare non ero pronta non avrei mai dovuto preparami e non l'ho fatto. E ho gli amici che mi tirano su e mi spingono le gambe così faccio qualche passo che non fa niente cosa è successo, adesso facciamo qualcosa di meglio, e "una non può morire se l'altra sopravvive" e dopo una vita intera insieme lei lo sa come strapparmi una promessa e anche i bricioli di vita stracciata rimasti sono insistenti e stiamo al telefono e la mattina lo sai che mi sveglio presto una, e l'altro che sono due anni che non usciamo che mi tiene per il polso perché così se incontriamo uno carino non si fa strane idee e mi tiene al telefono quando devo dormire dei miei e mi racconta di storia moderna e del libro in tedesco che non sapeva leggere e lo sai al lavoro chi ho visto e devi venire qui che dopo quattrocento chilometri il pride è mezzo vuoto ci servi tu ma non lo fanno lo fanno l'anno prossimo e un'altra promessa. Che io non ho mai voluto infrangere ma li ho fatti spaventare non perché ho fatto qualcosa anzi proprio perché non mi ricordo nemmeno più come essere io perché non ci riesco a pensare senza che comunque tutto quel pezzo lì pesi più di tutto il resto perché alla fine ci avevo costruito intorno non del tutto ma ora non c'è più e sto scoperta e loro ci provano a tappare i buchi e farmi riposare e ricaricare l'anima e basta un messaggio in meno che c'è la fila ma non Sanna più a che aggrapparsi per tirarmi su
E io non so più che cazzo mi sveglio a fare poi che sti incubi cambiano solo e non finiscono
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-TRATTO DAL DIARIO DEL DOLORE
In genere scrivere mi fa bene. Ma non so se ancora è così. Non scrivo da tanto, ho paura di non ricordarmi come si fa.
Mi sono persa un po' in questo periodo, le mie amiche dicevano "non sei tu, non ti abbiamo mai vista così". Io mi piacevo com ero. Sarò cambiata oppure sotto sotto sono ancora io? Io sento che sotto questo vuoto e questo peso che sento dentro ci sono ancora io. E sono io quando sono con i miei amici. E non mi sento me quando invece sono da sola.
Non dovrebbe essere il contrario? Non so in che direzione andare, che strada devo prendere.
Perché ti sto aspettando ancora?
Dopo tutto il dolore che mi hai dato senza nemmeno rendertene conto. Avrei voluto buttartelo in faccia, per farti capire. Sono ancora due settimane, pensavo fosse passato più tempo, forse perché ho troppa voglia di dimenticare. Dicevi di essere una persona empatica, proprio come me, ma non lo sei mai stato. Mi fai schifo. Tantissimo, giuro. Eppure ancora ti voglio, ancora ti cerco nei pensieri. Ancora immagino di guardare la Polaroid sotto a tutte le cose che mi hai regalato e che ho buttato nell angolo della stanza. Le foto incastrano i ricordi, e quando ci scattammo quelle foto ero felice. Felice perché mi sembrava che quella foto in qualche modo potesse davvero "intrappolare" qualcosa, una parte della mia vita che mi sembrava in qualche modo piena e completa. Sentivo che quella foto in qualche modo potesse essere una piccola cosa che stava diventando una costante. Una parte della mia vita su cui potevo contare e stare tranquilla.
E la guardavo costantemente, e quando studiavo la guardavo, sorridevo e continuavo a ripetere. Mi faceva sentire un po' completa. Come se per una volta nella mia vita non fossi stata ancora solo io e me stessa. Sentivo in qualche modo di essere legata a qualcuno, e mi sentivo estremamente bene. Mi sentivo bene solo al pensiero che una persona che amavo aveva me nei suoi pensieri e a cuore il mio bene.
Ma in realtà non era così, e ti sei rivelato diverso, eri Tu solo scena e superficie. Quella foto fa male, anche solo al pensiero di avere una foto così bella con una persona così orribile. Non trovo modo per descriverti in una sola parola. Ci ho pensato parecchio e alla fine ho scritto orribile. Ma avrei voluto scrivere il dolore che provo. È passato troppo poco tempo per essere arrabbiata con te. Perché penso al tuo viso, al tuo sorriso, ai tuoi occhi quando li guardavo e mi piaceva pensare che guardassero solo me. Quando guardo quella foto con l'occhio della mente mi sembra ancora che ci sia qualcosa. Che non tutto sia finito.
In questo periodo ho messo da parte troppe cose. Ho messo al primo posto lo studio. Giravo per la stanza ripetendo le frasi e i concetti dei libri cercando di tenere solo quelli in mente. E quando camminando per sbaglio abbassavo lo sguardo verso quell'angolo e tutto mi saliva velocemente, cercavo di trattenere. Provavo a disinnescare. Cercavo di tenere chiuse con forza in quel barattolo le emozioni che avevano bisogno di uscire, come quando la valigia è piena e non si chiude, e tu ti ci siedi sopra perché entri tutto fino a chiudere la zip. E invece ingoiavo sempre un boccone amaro e facevo un gran respiro, "okay", continuando a ripetere per quell'esame. E ho fatto bene. Non mi pento. Già per colpa tua ho saltato una data in cui potevo dare quest'esame. Perché mi facevi stare male, e facevo finta di niente con te, e invece passavo i pomeriggi a piangere. Ti ho dato troppo. Mi hai prosciugata. E più ti davo più tu prendevi, e più cercavo di continuare a tenere con me quella me che amavo tanto nei suoi modi di essere. Penso sia giusto scavare dentro di sé.
Oggi ho dato questo esame, e speravo di tirare un sospiro di sollievo e liberarmi di quel peso che sentivo costante.
Invece non so se è per il voto che non mi ha soddisfatta, ma non penso, quel peso è ancora lì. È ancora qui con me.
È il peso di tutto quello che ho accumulato, è il peso dei bocconi amari che ho ingoiato in tutto questo tempo ogni volta che guardavo quell'angolo e decidevo di non pensarci. E adesso è il momento di lasciare che quel tappo si alzi e che quel barattolo di svuoti.
La cosa che più mi frena, che non mi lascia andare avanti è la speranza. Una speranza nutrita dai bellissimi ricordi che ho con te, di quelle bellissime ultime giornate che abbiamo passato insieme che mi facevano sentire libera, e che adesso mi bruciano forte addosso, fuori e dentro. Perché quando guardo a quei ricordi mi sembra di averli vissuti con una persona diversa, una persona che non sei tu. Non il tu che eri con me. Mi sei sembrato un'altra persona. Ecco perché ho speranza. Perché spero che quella persona che conosco torni da Livorno e venga da me. E vorrei vederti e dimenticare tutto quello che mi hai fatto e tutto quello che mi stai facendo ogni giorno. Vorrei vederti come niente fosse successo. Vorrei che mi abbracciassi come solo tu mi abbracciarvi e vorrei mi stringessi forte a te facendomi sentire solo tua, e tu solo mio. Ma vorrei che da me venisse quel bravo ragazzo che ho salutato prima che partisse, quello a cui ho portato l'Oki per il mal di testa e una fetta di torta pan di stelle. Vorrei lui. Perché io il ragazzo che mi ha fatto tutto questo non lo conosco.
Vorrei odiarti, vorrei davvero odiarti ma non ci riesco. E spero che un giorno lo farò. Voglio odiarti a tal punto da non volerti nemmeno più sentire se un giorno tornerai con i sensi di colpa, quando potrei sentire viva la soddisfazione sulla pelle che alla fine sei davvero tornato. E invece vorrei così tanto odiarti e provare una tale e reale indifferenza da accennare un minimo di sorriso e continuare dritto nella mia direzione.
Io mi sento una bella persona, ma mi sento svuotata. E ho bisogno di riempirmi. Penso che sarà il tempo a farlo, e non il cercare qualcuno che colmi quello che devo colmare da sola.
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14 febbraio 2021
Che succede? Ultimamente non credo di saperlo neanche io. Nell’ultimo anno, tutte le mie certezze sono andate lentamente distrutte, e la mia fiducia piano piano si è affievolita sempre di più.
Perché non sono in grado di amare? Perché continuo a vivere l’amore come se fosse una punizione? Perché non riesco ad accettare l’affetto degli altri?
Se potessi essere sincera con te, se in questo momento tu ti sentissi come mi sento io e volessi davvero conoscermi meglio, ti direi che mi sento davvero sola. Ed è strano perché sono stata sola per la maggior parte della mia vita. All’inizio pensavo che sarebbe andato tutte bene se solo fossi stata come gli altri mi volevano, e ho fatto tante cose di cui non vado fiera, e anche se adesso non è più così, non riesco a smettere di nascondere me stessa. Ti ho pensato tutto il giorno, e non te l’ho detto, e so che tu non hai pensato a me. Mi fa sentire sola, ma non ho alcun diritto di desiderare altro.
Raccolgo i fiori per farli essiccare, tenerli nascosti tra le pagine di un libro o in una bottiglia di vetro. Non pensi sia crudele? aggrapparsi a ciò che muore?
Continuo a scrivere della mia solitudine sperando che qualcuno se ne accorga, ma in realtà non voglio che sia una persona qualunque. Sto continuando a chiedere aiuto, nella speranza di trovare qualcuno abbastanza avventato da volermi amare, nella speranza che quel qualcuno sia tu.
Pensi che se iniziassi a dimenticare sarei più felice?
Ho paura che se smettessi di ricordare, perderei quel briciolo di umanità che mi resta. Cos’altro sarei? Il presente mi attraverserebbe come un soffio di vento, e io rimarrei un involucro vuoto, niente di quello che sono, niente di quello che è stato.
Mi dici che chiedere aiuto è qualcosa di buono, eppure tu non vuoi che i tuoi problemi pesino sui miei. Allora come faccio io a dirti i miei? Con quale coraggio posso passarti questo macigno, anche solo per un attimo?
Stare con me significa essere destinati all’infelicità, perché io non potrò essere mai felice, perché felice non mi appartiene.
Mentre scrivo mi tornano in mente decine di poesie che nascondono tutto quello che sto dicendo, e nessuno ha ancora messo insieme i pezzi.
Qualche giorno fa ho sognato, no, ho desiderato di soffocare. Volevo disperatamente mettermi un cuscino sulla faccia e vedere quanto avrei potuto resistere prima di morire. Pensavo che sarei più amabile da morta che da viva, ma non ne godrei i risultati. Come potrei mai dirti una cosa del genere?
Però mi piacerebbe lo stesso poterti abbracciare...
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È un periodo strano, non rispondo a nessuno da giorni e quando lo faccio, capita solo perchè presa dal dispiacere verso le persone che mi scrivono. Apro whatsapp, chiudo whatsapp. E può capitare che le chat rimangano lì a fissarmi, senza la voglia di darle ascolto; le guardo con aria di sfida, come guardo mia madre mentre mi rimprovera per non aver preso la giacca la sera, o quando non mi sveglio mai al mattino. Quelle chat mi rimproverano con lo stesso tono polemico e fastidioso di mia madre, mi dicono che è l’ora di smettere di ignorare e di affrontare i discorsi, mi sbattono in faccia con franchezza ciò che mi sta succedendo, o peggio, cosa non va. Molto spesso evito di rispondere perché voglio evitare di parlare. Mi devo chiudere in me stessa per ritrovare serenità interiore, scombussolata continuamente da un’imperterrita realtà esterna nervosa. Mi isolo come gli eremiti, che si possono permettere di impegnare tutta la vita a pensare, che cercano dentro una soluzione interiore e non una soluzione per un problema esteriore. Ho bisogno di farlo perché anche se odio stare da sola (la paura della solitudine è collocata al secondo posto nella mia lista delle paure), la mia stessa compagnia è quella che più accetto tra tutte le altre che trovo al di fuori. Può risultare molto cinico, ma sono l’unica persona per la quale dovrei dare tutto. Perché il mio io mi compatisce, mi lascia spazio a terra quando non voglio sollevarmi, non cerca di spronarmi e non usa frasi fatte, ma accetta semplicemente il mio dolore e lo lascia entrare. Lascia che possa usurarmi e insegnarmi qualcosa, che rimanga impregnato dentro di me per non far si che io possa dimenticare senza aver imparato. Poi, una volta che ho fatto l'amore con il dolore, sembra quasi incredibile la forza che trova per aiutarmi e tirarmi sù, perchè mi prende dolcemente e mi raccoglie, mi permette di stare dolorante nelle sue braccia ancora per un po’. Mi culla come una madre, senza avere fretta di farmi diventare grande. Alche, io recupero le forze, attraversando il dolore in tutte le sue salite e in tutte le sue sfumature, apprendendo tutti gli insegnamenti possibili.Questo non fa si che io non soffra nuovamente, perché il dolore non è inversamente proporzionale all’esperienza e ai lividi sul cuore, come molti vanno dicendo. Semplicemente vivo l’esperienza della sofferenza consapevole che essa non mi vincerà, non mi sbranerà viva, perche la paura non può far altro che alimentare il patimento. La consolazione alquanto rincuorante è che tornarò a sorridere, prima o poi, senza essere più condizionata dal turbamento.Questa è la vittoria che il dolore mi e ci concede, perché non è vero che prende senza dare.Insegna ad apprezzare il benessere, l'amore e l'affetto quando ci sono, la bellezza dello stare insieme. Ho capito quanto vale un sorriso spuntato dopo giorni vuoti pieni di coperte usurate da pianti e libri o cuscini volati per aria, ancora a terra. Li risolleverò con più attenzione, la stessa che non essendoci stata, ha provocato in me un’ira tale da voler spaccare il mondo con un solo dito. Mi sollevo ogni volta con un amore sempre più riguardevole e attento, faccio attenzione a tutto quello che prima ho lasciato che mi sfiorisse, e mi concedo una risata. Penso che sia così stupido soffrire, ma è anche appagante, liberatorio, necessario.Odio quelle chat sospese, perché in esse non trovo nulla di tutto ciò. Chiedo venia ai miei affetti, ma quando riesco ad amarmi così tanto, questo affetto riesce a battere tutto il resto. Molti dicono che non so amarmi, e fino a quando non riuscirò a farlo non incontrerò mai nessuno che a sua volta ci possa riuscire. Ma curarsi non lo è già? Accettarsi ed rispettarsi nel dolore, è molto più difficile che sopportare la propria semplice solitudine. Io sono l’unico rifugio, l'unico porto sicuro, dove posso approdare presa della confusione, e mi accolgo a cuore aperto. Lascerò quelle chat da visualizzare e non mi sentirò in colpa, perché non è mai abbastanza il tempo che mi dedico per rifiorire. Voglio avere cura di splendere.
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Asterisco.
Scritto da: Nuées
IG: @euforia_degenere
“*”
Davanti alla Legge sta un guardiano.
Sono chius* nella mia camera, sedut* a terra, in silenzio. Rifletto. Ho chiamato un avvocato. Io, un avvocato. Non ho mai infranto la legge, mai. Mai passat* col rosso, mai rubato niente, mai fatto male a nessuno, credo.
“Non si va in tribunale solo per questioni penali”, mi fa notare qualcuno. Lo so. Eppure, sono sotto accusa.
“Sei chi dici di essere?” Dipende. “Dimostralo.” Come?
“Sei uomo abbastanza?”
Rido. No, certo che no. Cosa vuol dire poi, essere uomo abbastanza? Non sono niente, non ho intenzione di uscire da una gabbia per chiudermi in un’altra. La mia identità non si può restringere in una visione binaria che non ho mai sentito mia. Eppure, fingo, mi cucio addosso una narrativa che non mi appartiene. Sarò il vostro ometto modello, integrato, assimilato, eteronormativo, mutilato. Sostituite i miei asterischi con delle o, fate quello che volete. Non c’è altro modo, tanto, no?
Davanti alla legge sta un guardiano, scrive Kafka, e oltre quel guardiano ne sta un altro, e poi un terzo, ancora più spaventoso. Io, invece, vedo un Giudice, gigantesco sul suo trono, sepolto sotto la sua parrucca e la sua mantella scura. “Non sono così, in Italia.” Che importa? Il Giudice, con la sua faccia grinzosa, plastica, mi guarda con occhietti scuri, lucidi, infossati. “Sei uomo abbastanza?” Mi chiede di nuovo. “Dimostramelo.” E l’Accusa si volta verso di me. Non ci sarà davvero l’accusa, quando sarò veramente davanti a un giudice, ma so che me l’immaginerò comunque. Un volto vuoto, bucato, che conterrà al suo interno centinaia di piccoli uomini e donne, ognuno con qualcosa da dire. Chi odia, chi non capisce e ci tiene a fartelo sapere, chi pensa che qualsiasi cosa io faccia, non sarà mai abbastanza. L’Accusa muove le sue dita lunghe e ossute, fremendo. La voragine del suo volto in mostra, pronta a divorarmi qualora dovessi fare un passo falso.
Condisco la mia storia col dolore, un dolore che ho sicuramente provato, ma che con gli anni ho imparato a tenere a bada, a non renderlo una parte attiva della mia identità. E invece lo rivitalizzo, come un mostro di Frankenstein fatto di pezzi di me che avrei preferito dimenticare. Eccolo, il mio dolore, siete soddisfatti? Prendetelo, rendetelo tutto ciò che conta. Espongo la mia carne viva, fatene ciò che volete. Il tribunale è un tempio, adesso, il martello del Giudice (ma ce l’hanno un martello i giudici, in Italia?) si trasforma in un coltello. Il banco dell’imputato un altare sacrificale. Sono abbastanza? Ditemelo voi, non m’importa. Estraggono il mio dolore dalle mie costole e lo osservano, attentamente. L’Accusa se lo rigira tra le mani, avvicinando la sua voragine ad esso, inglobandone un po’. E mentre lo ingoia, sento dei sospiri provenire dal suo interno. Sono sospiri di sollievo: alcuni di loro hanno compreso. Perché è più facile fare capire la mia sofferenza che la mia gioia? Il Giudice si sporge dal suo banco, prende il dolore dalle mani dell’Accusa e lo pesa su una bilancia. Mi guarda, mentre la bilancia si inclina. Mi giudica idone*, o meglio, idoneo, ho lasciato perdere gli asterischi, a loro non sarebbero piaciuti.
Davanti alla Legge c’è un guardiano, e il passaggio è solo mio. Posso attendere mesi, anni, tutta la vita, ma la porta sarà sempre qui ad attendermi. E allora entro, per quanto questo mi faccia sentire inadeguat*, per quanto vorrei che non fosse necessario. Sto entrando, a fatica, con la rabbia contenuta, i pugni tesi. Lascio da parte una parte di me (perché qualsiasi cosa faccia devo sempre lasciare da parte una parte di me?) per ottenerne un’altra. È un compromesso, io mi piego ad esso per sopravvivere, ma mi batterò affinché nessun altro debba farlo, questo compromesso. E so che alla fine, non sarà l’Accusa ad avere l’ultima parola. Non sarà il Giudice, non sarà il Guardiano, non sarà la Legge. Dico al mio asterisco di aspettarmi, di non preoccuparsi. Tornerò a riprenderl*.
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Un bacio deve toglierti sempre due cose: il fiato e ogni dubbio. E quando succede non sei più la stessa persona.
V. Cannova
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Come faccio a rinunciare alla sensazione di cuore che si riempie, respiro che si calma, occhi che si riempiono di bellezza quando ti guardo? o il tuo sorriso che non importa da cosa sia scaturito, ma che inevitabilmente si riflette nel mio, diventa il mio? perchè mi è impossibile non sentirmi felice se ti vedo felice.. e la gioia che provo se quella felicità riesco a procurartela io..
Come faccio a rinunciare al suono della tua voce? Che non importa cosa mi dica o racconti ma mi fa ogni volta venir voglia di ascoltarti e parlarti per ore di qualsiasi argomento, in qualsiasi modo, basta che la sento e io mi sento bene.
Come faccio a rinunciare alla pace, al sollievo che provo quando faccio qualcosa per te? che sia anche solo coccolarti, accarezzarti, fare qualcosa che ti faccia piacere e ti faccia sentire amata? Mi fa più felice di ricevere perchè vederti abbandonata all’amore che posso darti è allo stesso modo amore che mi ritorna e non mi importa nient’altro, non desidero nient’altro, in quei momenti sento di avere tutto ciò che potrei desiderare.
Come faccio a rinunciare all’amore che sento e la voglia che sento nel volerlo donare come se non potessi fare diversamente? quella voglia di fare di tutto, quell’ambizione positiva in tutto che mi viene inspiegabilmente se si tratta di qualcosa che include te. Quel bisogno di donare.. che sia protezione, dolcezza, amore incondizionato che ho solo verso di te in questo modo e mi trasforma e fa sentire una persona migliore di quella che sono in altri momenti da sola.
Come faccio a dimenticare e guardare da un’altra parte rinunciando a sentire tutte queste cose che mi fanno sentire così viva? che mi fanno tremare e battere il cuore ed emozionare ogni volta come se fosse la prima volta. Perchè è vero che io dopo più di sei anni mi imbarazzo ancora a un tuo sguardo, mi vengono ancora le farfalle (o meglio gli elefanti) allo stomaco se solo ci prendiamo la mano, ancora rido come una scema innamorata persa per i tuoi modi di fare. Perchè è così, mi sembra di scoprire di innamorarmi di te ogni volta come la prima volta... quelle sensazioni che sembra svaniscano dopo un po’ che conosci bene una persona e poi ti “abitui”.. io con te non mi abituo mai, e la trovo una cosa così speciale e bella.
Anche quando ti scrivo, ora.. che ti parlo dell’amore che provo io.. sento una forza dentro, sento questo amore che spinge forte, che mi fa sopravvivere perchè non dipende da ciò che ricevo in cambio ma da quello che semplicemente sento per te.. e io per te mi sento così.. VIVA e piena di un amore che mi fa provare la gioia più grande che io possa provare, il sorriso più vero che possa comparire sul mio viso se ti guardo anche in una foto e la voglia di fare e di dare, e la forza che mi da, che mi fa diventare migliore, che tira fuori il meglio che posso.
Rinunciare a tutto questo, non avere questo, non avere te significa non avere queste cose, non sentirmi così.
L’amore vero tira fuori il meglio di te, ti fa sentire viva la parte migliore di te, ti sprona a ricercarla sempre e riuscire a donarlo è la cosa che ti rende più felice. Non dovrebbe essere diverso da così, e il mio amore per te è esattamente così.. tu sei il mio amore vero..
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I just found this and wanted to share. Might delete later:
Sai cosa desidero ultimamente? Che tu possa magicamente fermarti in ciò che fai e voltarti verso di me, tendere l'orecchio e metterti comodo ad ascoltare ciò che ho da dirti da mesi ormai, che però solo ora è maturato al punto di essere un pensiero quasi lineare.
La primissima cosa da cui partirei è col dirti che mi piaci, ora forse in maniera più razionale e calma, ma, fidati, qualche mese fa ero completamente pazza di te! Avrei fatto di tutto pur di passare del tempo con te, per ricevere un tuo tocco o un semplice sguardo. Sarei stata disposta a tutto, e avresti potuto farmi tutto, sarei stata completamente al tuo servizio perché avevo un sentimento fortissimo per te, e ne ero totalmente travolta.
Poi continuerei col dirti che però questo fermento emotivo così forte è andato a sbattere con una realtà non così tanto felice: il tuo atteggiamento, incorente, inconcludente e sconnesso. All'inizio non volevo darci peso, cercavo di sorvolare su cose che adesso non accetterei perché non volevo mandare a monte quel già tremolante incerto rapporto che avevamo, ma così facendo ti ho lasciato fare e dire tutto ciò che volevi senza realmente farti rendere conto che certe cose mi hanno segnato e ferito nel profondo. Ecco, quello che ti direi in modo serio e a cui tengo davvero che tu capisca è che, non intenzionalmente lo so, mi hai mandato in crisi. Scomposta in frammenti. Confusa così profondamente da azzerare tutto ciò che mi circondava e che, con enorme sforzo, in questi miei anni di vita ero riuscita a costruire e accettare.
Ho allontanato tutti intorno a me, si è creato un vuoto in me che ancora oggi non riesco a riempire, mi sono sorti dei dubbi e delle incertezze così forti da bloccarmi e da annerire la mia vista, cedendo così al pessimismo e al vittimismo. Piango spesso e forte, mi sento sola ma soprattutto fatico molto a stare al passo con il mondo e fare in modo che non mi affligga già più di quanto non faccia.
E, vedi, la cosa che mi dà più rabbia è che tu ignori assolutamente tutto questo, non hai idea di come la tua presenza nella mia vita abbia creato un vortice confuso autodistruttivo. Vorrei che per una volta mi chiedessi "come stai?" in modo onesto, e vorrei avere la forza, e anche la strafottenza di poterti rispondere con la verità, questa verità. So che facendolo riuscirei finalmente a togliere il peso più incisivo che continua a farmi stare nel fondo e forse chissà, potrebbe aprirti un po' gli occhi e farti comprendere che il modo che hai di vivere e di rapportarti con me mi è dannoso.
Ma la cosa più assurda o magari la più affascinante è che sebbene tutto questo malessere, e tutto questo risentimento nei tuoi confronti, tu mi piaci ancora. Tu sei ancora nei miei pensieri, insieme alle cose che abbiamo fatto e alle cose che mi hai fatto sentire per la prima volta in assoluto. E nonostante siano stati pochissimi attimi rubati e forse per te di normale amministrazione o di poco conto, per me sono perle che custodisco gelosamente, perché (e mi emoziona solo scriverlo) in quei momenti mi sono sentita apprezzata, considerata, viva. E di questo non posso che ringraziarti.
Perciò non so che pieghe prenderà il nostro rapporto nel prossimo futuro ma spero nel rileggere questo testo di fare in modo di non dimenticare tutto ciò che ho scritto e in una piccola remota parte di me voglio ancora credere in quello che mi hai detto e scritto anche se non (ancora) dimostrato, perché so che sei una persona dall'animo buono, e che non desideri il mio male, e che sei capace di tanto se ti lasciassi andare, ma questo non posso deciderlo io.
Di una cosa sono certa però, ahimè, che avrò sempre pronta un'altra possibilità per te, anzi, infinite possibilità, perché al momento non posso dimenticarti, nel bene e, soprattutto, nel male. Quindi ti prego solo di sorprendermi. In positivo stavolta.
29/01/20
#memories#deep thoughts#pensieri#amore#frasi#frasi sulla vita#riflessioni#thinking out loud#talking to you
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18.02.19
Sei mesi. SEI MESI. Ci credi? Per te magari non sono nulla, hai avuto storie molto più lunghe ma io ancora mi chiedo se non sto sognando, sai non ho mai condiviso un periodo così lungo della mia vita con qualcuno. La 'relazione' che mi é durata di più é stata di circa un mese e mezzo, poi mi stufavo e mi facevo mandare a fanculo oppure li mandavo io, dipende come mi girava. Ma con te é diverso. Sei quello che, se mando a fanculo, corro a riprendere l'attimo dopo aver finito di pronunciare quella parola..e quello che se mi mandasse a fanculo, io davvero morirei.
Con te presente nelle mie giornate è tutto più bello, con te presente nella mia vita io mi sento più bella (non esteticamente), più viva diciamo, allegra, serena..felice. Si con te sono felice anche se ci sono 300km di mezzo, anche se non posso averti qui, io sono davvero felice, perché sei tu che riesci a rendermi tale. Certo, c’è anche il male e lo sappiamo entrambi però non è una cosa di cui voglio parlare in sto momento, penso di avertelo già ‘rinfacciato’ abbastanza..che poi non è proprio un rinfacciarti le cose il mio, è più un cercare di spiegarti cosa provo e per quale motivo.
Tu immagini mai come potrebbe essere se mi avessi lì in carne ed ossa? Io si, sempre. È bello e doloroso allo stesso tempo sai? È bello perché star qui ad immaginarti sdraiato sul letto, con i capelli un po’ qui e lì e quel sorriso stampato in faccia è un’emozione unica. Immaginarti con la mano che mi accarezzi i capelli e io con la testa appoggiata sul tuo petto ad ascoltare come ti batte il cuore. Immaginarti mentre ti bacio, mentre ti abbraccio, mentre mi guardi..immaginarci mentre facciamo l’amore.. Immaginarti mentre sei concentratissimo a guidare e io che come il mio solito parlo e parlo alla cazzo. Immaginarti mentre ti prepari, mentre ti spogli, mentre ti lavi i denti, mentre ti guardi allo specchio e ti sistemi, mentre parli..insomma, immaginare una vita con te è la cosa più bella che ci sia, davvero. Ma ho detto pure che è doloroso, si lo è perché posso solo immaginare come potrebbero essere stati sti sei mesi, perché se mi giro nel letto, tu non sei qui e mi si mozza il fiato e inizio a piangere come una stupida. Ma quando mai io non piango? Sono un cancro di merda, carattere forte quanto sensibile.
Sei entrato nella mia vita per caso, per un like su Ask, UNO capisci? E mi chiedo se non lo avessi messo a me, se io non avessi ricominciato ad usare spesso Ask e quindi passare tra gli interessanti, noi ci saremo mai conosciuti? Bella domanda..però della risposta non mi importa poi così tanto perché mi ritrovo qui oggi, ad averti presente nella mia vita giorno per giorno. Abbiamo i nostri alti e bassi, più bassi che alti ultimamente, ma ricordati che sono un cancro e quando credo in una cosa lotto anche fino a vomitare l’anima, a sputar sangue proprio. Diciamo che sono un po’ una piccola guerriera, non mollo mai se voglio una cosa, anche se sto male, se sono a terra o se non ho più niente per rialzarmi, trovo sempre il modo di farmi forza e andare avanti. Tante volte ho pensato di lasciar tutto, dopo angelica, dopo le tue amicizie io davvero mi son sentita stupida, ingenua..che poi tanto ingenua non lo sono visto dove sono arrivata da sola. Però poi ho voluto riprovarci. Non ero molto intenta all’inizio, sarei falsa a dirti il contrario..ma nella vita tutti sbagliano, o no? Non è una giustificazione e lo so, perché odio le bugie, ma nella mia vita ho sbagliato tanto, ho fatto male a tante persone (non mentendogli, ma in altre maniere) e alla fine di tutto sono stata perdonata, nessuno mi ha uccisa. E se non l’hanno fatto con me, dovevo farlo io con te? No. Io ti voglio davvero e ho deciso di andare oltre a tutto quello che è successo..di ricominciare da zero come avevi detto. Ovvio che non dimentico, ma ci sono passata sopra e ho deciso di darti fiducia di nuovo, mi è stato difficile all’inizio, ma poi con il passare dei giorni non c’hai messo nulla a riprendermi..mi ritrovo qui ora che non posso dire di fidarmi ancora al 100%, ma nemmeno che non mi fido. Sto sempre con l’ansia e con le paranoie, é vero..ma poi cerco di pensare che se hai fatto di tutto per ricominciare un motivo ci sarà. Non penso che se non t’importava niente cercavi di rimediare, no non lo penso proprio, perché ormai ti conosco..so che non sono la persona più importante della tua vita (ed è normale) ma penso anche di non essere nemmeno quella di cui non t’importa praticamente niente perché il senso di voler rimediare non ci sarebbe allora. Ma infondo lo so che per quanto sembri indifferente a volte, comunque a me ci tieni. E io mi fido di te, dio se mi fido. Sono solo paranoica a 1000 con tutto e tutti, penso sempre che prima o poi le persone se ne vadano perché non sono niente, non sono nessuno. Non ho un lavoro, non ho soldi, non sono bella, non sono magra, non ho un bel sorriso, non ho davvero niente..e basta girare l’angolo o uscire di casa o entrare in un bar che tutte quelle che trovi saranno sempre un passo avanti a me, in tutto e per tutto, e io mi sento sempre meno, sempre non abbastanza.
Tu hai un potere su di me che mi fa paura, fidati. Riesci a farmi sorridere per poi farmi piangere il secondo dopo. Mi basta un tuo messaggio un po’ più freddo che mi faccio di quei viaggi mentali allucinanti, che a volte pure io mi sento ridicola..è solo che ogni volta ho paura che torniamo in quei periodi di merda che tanto odio. Ti sento distante, non mio, ed é la sensazione più brutta.
Io ti amo, ti amo con tutta me stessa davvero. É con te che ho scoperto cosa sia davvero l'amore. Pensavo di amare una persona prima di te, ma mi sono accorta che quello che provo quando ti sento, quando mi parli, quando ridi, quando mi dici qualcosa che mi fa sentire bene, non l'ho mai provato prima. Sentimenti così forti non pensavo esistessero, davvero, tu mi hai stravolto. E mi stravolgi sempre come la prima volta. Mi fai perdere la testa, tu non immagini, e non ho intenzione di ritrovarla. A volte mi fai impazzire, ti giuro, che se ti avessi davanti non so quanta merda ti urlerei. Ma so per certo che poi inizierei a piangere chiedendoti scusa di quelle parole, e cercando un modo per baciarti e farti dimenticare tutto..per poi finire a fare l'amore come se non fosse mai successo niente. Io con te voglio che sia sempre come se fosse la prima volta in tutto. Quando ti bacio, quando ti abbraccio, quando facciamo l'amore..quando mi guarderai..si perché spero che ogni volta che mi guarderai, sarà come la prima volta che mi vedrai. Perché é una cosa bellissima.
Non voglio mai farti perdere ciò che provi per me. Hai detto che mi ami, CHE MI AMI, capisci? Non ci credevo quando l'ho letto, mi sembrava impossibile, nemmeno ci speravo perché sapevo che a te ci voleva tempo, e con il fatto che non ci vediamo non pensavo arrivassi a provarlo. Ricordo la prima volta che me l'hai detto al telefono, mi sono scese le lacrime ma non volevo farmi sentire e sono stata tipo zitta all'inizio..finché ho iniziato a parlare, ma tipo ho balbettato due o tre parole confuse e poi ho detto 'anche io'. Penso che quel momento non lo dimenticherò mai, é stato qualcosa di unico, di magico. Avevo il cuore fuori dal petto.
Tu mi regali emozioni uniche anche da li, sai come prendermi, come farmi stare tranquilla..hai la pazienza di ascoltarmi quando ho i miei momenti di merda soprattutto, che li sono una sclerata del cazzo e davvero non so come fai a starmi vicino..due ore ti ho tenuto al telefono l'ultima volta e non facevo altro che piangere e lamentarmi..e tu sei rimasto comunque li, ad ascoltare i miei lamenti, i miei pianti e a dirmi di star tranquilla..mi sento ancora una merda per quel pomeriggio, ti giuro, avresti potuto farti gli affari tuoi e invece sei rimasto sempre lì al telefono con me.
Giuro che ti dico l'ultima cosa e smetto, penso che sto iniziando a fare un casino, quando piango troppo non riesco più a concentrarmi.
Tu rendi tutto più bello, tutto più allegro, più felice, La mia voglia di voler morire sta sparendo, a me, CHE NON HO MAI AVUTO VOGLIA DI STARE IN STO MONDO DI MERDA, MI STA VENENDO VOGLIA DI VIVERCI INVECE, SE CI SEI TU CON ME, che se te ne vai tutto perde il senso, e io davvero mi sento morire. Non voglio che mi prometti che resterai con me per sempre, fare sto giuramento secondo me é come mettere un punto a tutto, una sorta di sfiga. Voglio solo che tu ci sia giorno per giorno fino alla fine, senza nessuna promessa..anche se non sono nessuno, anche se ti faccio andare via di testa, anche se a volte mi manderesti a fanculo, anche se non sono nessuno tu resta perché sono in grado di amarti come poche riescono, e sono disposta a darti pure tutto quello che non ho, perché per me vieni prima di qualsiasi persona, anche prima di me.
Ti amo, ti amo da morire, e non smetterò.
+6 amore mio..ed é già metà anno di noi..quanto vorrei averti qui con me.
— @fuckproblems18
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! Que viva Camilo ! Camilo Cienfuegos, la imagen del pueblo Camilo Cienfuegos è forse l'unico eroe più popolare di Ernesto "Che" Guevara a Cuba. Non c'è casa, negozio, ufficio, scuola, laboratorio a Cuba senza il ritratto del héroe sonriente. Camilo Cienfuegos Gorriaràn, meglio conosciuto popolarmente come "Camilo" appare nelle tante fotografie e ritratti sempre sorridente e gioviale con una folta e lunga barba, quasi che sprizzasse simpatia da ogni pelo. L' espatrio negli Usa Camilo era un uomo del popolo, un habanero doc, di umili origini, nato nel quartiere popolare di l'Avana vecchia e lì tra quella gente rimane per antonomasia il più grande ed indimenticato eroe cubano di tutti i tempi (più del Che e dello stesso Josè Martì). Mentre Che Guevara ha avuto un'indiscutibile "internazionalizzazione" della sua figura, del suo pensiero, delle sue idee, Camilo Cienfuegos ha attecchito popolarmente, è rimasto un eroe su scala nazionale: la imagen del pueblo. Ogni guerrigliero latino americano potrebbe facilmente riconoscersi nella sua figura. Alto, bruno, magro perennemente mostratoci con una barba bruna ed un cappello a metà strada tra il cow-boy statunitense ed il guajiro caraibico e con gli occhi protesi ad una genuina risata. La firma di K100 Camilo nella sua prima gioventù fu un serio ed umile lavoratore, si impegnò in mille attività e mestieri. Si distinse soprattutto negli Stati Uniti dove fu costretto ad espatriare per problemi economici e politici nei primi anni 50. Le foto del giovane Camilo nel periodo nordamericano sono diametralmente opposte a quelle stereotipate del Comàndante guerrigliero; infatti appare molto più conformista e curato con la sua faccia smilza, sbarbata con dei piccoli baffetti a rigo, sempre elegante, incravattato ed impegnato a fianco della dissidenza cubana antibatistiana. Fu proprio in quel periodo che Camilo sviluppò un grande senso dell'ironia e dell'autoironia, iniziò a firmare le sue missive ai familiari ed agli amici con un sarcastico "K100", che in spagnolo si pronuncia "Ca Cien". Sorsero negli Usa altri problemi al giovane Camilo, che fu costretto ad espatriare in Messico, dove fu poi scelto come ultimo (o forse penultimo) membro della spedizione del"Granma" da Fidel Castro. Camilo sarà poi tra i pochissimi sopravvissuti all'imboscata batistiana di Alegria del Pio e si distinguerà per le sue notevoli doti di coraggio e abnegazione alla causa della guerriglia sulla Sierra Maestra così da essere nominato Comandante di una delle più importanti colonne della guerriglia che libereranno la regione centrale dell'isola caraibica. Il bimotore scompaso L' eroe sorridente esprimerà il suo più alto capolavoro a Yaguacay, nel versante nord della parte centrale di Cuba, dove al comando di un manipolo di uomini costringerà alla resa lo stratega batistiano Jabon Lee ed i suoi soldati asserragliati nel famoso "cuartel". Questa superlativa azione congiuntamente con la straordinaria impresa di Che Guevara a Santa Clara costringerà Batista alla capitolazione definitiva e determinerà quindi l'ingresso vittorioso dei barbudos ad ovest sino a l'Avana. Dopo una serie di incarichi temporanei politici e militari all'interno della giovane giunta rivoluzionaria, il comandante Cienfuegos scomparirà misteriosamente il 28 ottobre 1959. Infatti dopo aver sedato una rivolta organizzata dal comandante Hubert Matos, lasciò l'aeroporto di Camaguey su di un piccolo bimotore diretto a L'Avana e scomparve per sempre. Probabilmente l'aereo precipitò a causa di un improvviso maltempo. Sono state avanzate varie ipotesi ed illazioni sulla sua scomparsa. C'è chi attribuisce alla Cia l' organizzazione di un attentato al bimotore, c'è chi parla solo di tragica fatalità, mentre sembrano solo baggianate le voci fatte circolare dai circoli controrivoluzionari secondo le quali Camilo si troverebbe sbarbato ed in incognita negli Usa o addirittura l' aereo in questione sarebbe stato sabotato dagli stessi vertici rivoluzionari. Questa serie di illazioni sono forse sorte dal fatto che il corpo di Cienfuegos e del pilota non furono mai rinvenuti, come i resti dello stesso apparecchio. Nel momento in cui Camilo scompare nasce il suo mito, la sua leggenda il suo eterno ricordo; addirittura Che Guevara chiamerà uno dei suoi figli Camilo. Fiori dal malecon A Yaguacay oggi vi è uno stupendo monumento dedicato all'eroe sorridente, proprio di fronte al mitico "cuartel" e sotto la statua bronzea di Camilo è situato un museo dedicato all'eroe habanero. In questo museo sono contenuti molti reperti e documenti, sicuramente quelli più interessanti sono costituiti dalla corrispondenza tra Che Guevara e Camilo, dove emerge un grande rispetto reciproco e soprattutto l'aspetto ironico ed ottimista di Camilo che unico tra i baburdos poteva permettersi di sfottere il severissimo comandante Guevara firmandosi con degli tu eterno chicharron (chicharron è un termine confidenziale per carinerie intime tra due persone). L'eroe di Yaguacay, scomparso a soli 27 anni viene celebrato ogni 28 ottobre da tutti i cubani, che si recano lungo i "malecon" (i lungo-mare) con stupendi mazzi di fiori e vassoi colmi di petali, che all'unisono vengono lanciati in mare. Quello stesso mare che è oggi beffarda illusione per molti caraibici e che tiene distanti... molto distanti i latino americani dagli statunitensi. Eugenio Lorenzano (Liberazione) William Galvez parla di Camilo Cienfuegos (intervista di Marco Papacci dell'Ass-Italia-Cuba) VEDI tutto il lungo TESTO INTEGRALE DELL'INTERVISTA SUL SITO SEGUENTE: http://web.tiscali.it/ItaliaCuba/galvez.htm D: I giovani italiani conoscono il Che per la sua storia politico-militare, di dirigente e di combattente internazionalista, però non conoscono Camilo Cienfuegos. Puoi raccontarci brevemente chi era EL SENOR DE LA VANGUARDIA? R: Per prima cosa voglio dirti che lui proveniva da una famiglia umile, operaia, di genitori spagnoli. Camilo era il terzo di tre fratelli. Don Ramon e sua moglie Emilia educarono i figli in maniera esemplare. Ossia rispettosi del prossimo, amore per lo studio, per la famiglia e propensi alla solidarietà. Nella casa della famiglia Cienfuegos Gorrarian si respirava un’aria di gente onesta, seria sotto tutti i punti di vista. Gli altri fratelli si chiamavano Humberto, che è scomparso recentemente e Osmany, entrambi hanno lottato per la rivoluzione. La difficile situazione economica della famiglia li portò spesso a cambiare casa. Possiamo dire che il giovane Camilo crebbe con delle difficoltà, ma non arrivò mai all’eccesso di fare l’elemosina né il lustrascarpe, cosa molto corrente tra i giovani cubani dell’epoca pre-rivoluzionaria. Era un giovane con molti interessi, gli piaceva molto praticare lo sport e divertirsi con i suoi amici. Un giovane sano ma con una inquietudine di carattere sociale e politico. Prima del golpe del 1952 partecipa ad una manifestazione contro l’aumento del biglietto per i mezzi di trasporto. Partecipa alla manifestazione dove vengono inumati i resti del leader sindacale assassinato a Santiago de Cuba, Jesus Menendez. Voglio ancora tornare sul periodo giovanile. Quando era studente della scuola primaria, veniva sempre scelto per le attività di carattere patriottico. Quando passò all’ottavo grado, aveva una certa inclinazione per le arti plastiche, voleva essere uno scultore. Si iscrisse ad una scuola vicina alla San Alejandro. Con l’aggravarsi della situazione economica della famiglia inizia a lavorare come commesso in un negozio d’abbigliamento maschile e di conseguenza abbandona gli studi. Questa cosa lo segnerà per tutta la vita. Camilo si conquista subito il posto fisso, per i suoi modi di fare, simpatici e coinvolgenti. Quando si producono gli scontri del 10 di marzo, gli studenti universitari diffondono un appello per difendere l’università, Camilo si schiera immediatamente al lato degli studenti. D: E’ in questo periodo che emigra verso gli Stati Uniti? R: Si. Per aiutare economicamente ancora di più la sua famiglia, decide di emigrare insieme ad un suo amico d’infanzia negli States. Gli concedono un visto turistico per soli 29 giorni. Passati questi, risiede illegalmente come clandestino. Il fatto di essere negli USA non gli fa dimenticare quanto sta succedendo a Cuba. Inizia così a scrivere degli articoli su un giornale sostenuto da un gruppo patriottico. Viene intervistato da una radio locale, partecipa a picchetti di protesta contro le visite dei tiranni sudamericani negli Stati Uniti e manifesta in favore della richiesta di amnistia per i prigionieri politici a Cuba. Il fatto di essere illegale, lo preoccupava. Fortunatamente parlava un discreto inglese e per questo motivo spesso lo scambiavano per un portoricano. Dal 1953 fino al 1955, quando viene arrestato, risiede negli States, successivamente viene espulso. Camilo prende coscienza che bisognava lottare contro la dittatura di Batista, però non ha chiaro il metodo e non conosce bene i fatti del Moncada. Quando torna a Cuba, si rende conto che i fratelli e gli amici più stretti stavano lottando contro la dittatura. Durante la sua permanenza sull’isola, legge LA STORIA MI ASSOLVERA’ e ascolta la denuncia che Fidel fa all’uscita dal carcere. Già in questo momento ha capito quale sarà la sua forma di lotta. Il 7 dicembre del 1955 viene ferito durante una manifestazione studentesca. Il 22 gennaio 1956 partecipa ad un'altra manifestazione per ricordare Josè Martì, viene malmenato e arrestato dalla polizia. A questo punto non gli interessa più risolvere i suoi problemi economici, vuole unirsi alla causa di Fidel Castro. Ritorna negli Stati Uniti per guadagnare un po’ di soldi, per poi trasferirsi in Messico. Il suo dovere adesso è quello di lottare per la liberazione di Cuba, compiere con la lotta, quel cammino educativo che la sua famiglia gli ha dato. D: Cosa succede dopo questa presa di coscienza? R: Dagli Stati Uniti si dirige in Messico e qui prende contatto con un suo amico che aveva preso parte al Moncada, si chiamava Reynaldo Benitez. Non fu facile farsi accettare nel gruppo dei partenti perché lui non militava in nessuna organizzazione antibatistiana. Reynaldo Benitez e altri due amici riescono a farlo accettare. Nel mese di novembre del 1956 si imbarca insieme ad altri 82 uomini nel Granma, come semplice soldato. Dopo lo sbarco è tra quelli che si salvano dopo la battaglia di Alegria de Pio. Nel suo gruppo erano presenti Juan Almeyda, Ramiro Valdez, Pancho Gonzales, il Che e Reynaldo Benitez ed altri che ora non ricordo. Successivamente si riorganizzano e il 24 dicembre insieme ad altri venti combattenti salgono sulla Sierra Maestra. Nel frattempo Mongo Perez e Faustino sono incaricati da Fidel di prendere contatto con Frank Pais per riattivare il M26/7. Quando si produce il primo scontro armato de La Plata, Camilo si distingue come un gran combattente. Mano a mano che l’Esercito Ribelle si organizza, Camilo va sempre all’avanguardia del suo gruppo, in esplorazione. Nonostante non avesse un gran fisico, riesce ad adattarsi bene alla vita di montagna, come fece lo stesso Che nonostante la malattia di cui soffriva. Con l’arrivo dei rinforzi inviati da Frank Pais l’Esercito Ribelle va ingrandendosi e diversi sono gli scontri e le battaglie vinte. Camilo è già il SENOR DE LA VANGUARDIA. Il CHE ricorda CAMILO: VAMOS BIEN " Y la seguridad, expresarles la seguridad de que aquel ¿"voy bien"? de Fidel cuando le preguntara a Camilo, en la Ciudad Militar a los primeros días o el primer día de su llegada a La Habana, no significa la casualidad de una pregunta hecha, a un hombre que de casualidad estuviera a su lado, era la pregunta hecha a un hombre que merecía la total confianza de Fidel, en el cual sentía, como quiz��s en ninguno de nosotros, una confianza y una fe absoluta". CHE Fonte sito cubano: http://www.tribuna.islagrande.cu/Camilo/camilo1.htm Camilo, un capo alla testa degli invasori Generale di Brigata ritirato William Gálvez Il 10 agosto del 1958 Camilo venne chiamato dal Comandante in Capo che si trovava a Las Mercedes. Eravamo in tre lungo il percorso della bella zona di montagna e si notavano le tracce della guerra. Nel batey c’erano Fidel, Celia, il Che e altri compagni. Stavano discutendo con un colonnello del regime sulla consegna dei prigionieri, anche se l’obiettivo reale di quell’incontro era sondare le disposizioni del capo dei ribelli sull’accettazione di un golpe militare per sostituire Batista. Il Comandante in Capo - che si opponeva in maniera categorica a questa possibilità ideata nelle più alte sfere dell’esercito - esigeva categoricamente che il governo passasse alla guida dei dirigenti rivoluzionari. Una diCamilo Nel luogo delle riunione ci sono una cassa di bibite e una scatola di sigari che hanno sull’anello la propaganda di Rivero Agüero, un candidato alla tirannia della Repubblica. Con il suo forte senso dell’umorismo Camilo prende alcuni sigari e dopo averli ripartiti esclama sorridendo: “ Bene adesso mandiamo in fumo Riverito...” Fidel lo informa sul piano di invasione dell’occidente e Camilo chiede che la colonna porti il nome di Osvaldo Herrera, per ricordare un eroico rivoluzionario morto in combattimento. Fidel gli spiega però che è già stato scelto il nome di Antonio Maceo e Camilo comprende che ricordare le pagine più gloriose della guerra del ‘95 è più adeguato, poichè Maceo era il più geniale tattico e stratega mambi. Il comandante Guevara aveva la missione di condurre una seconda colonna di invasori sino a Las Villa. L’offensiva ribelle Una volta sconfitta l’offensiva nemica, il Comandante in Capo, convinto dalla necessità di intensificare la guerra al di là dell’oriente, come nella guerra di indipendenza, sino a raggiungere le province occidentali considera che è giunto il momento. Il recente successo militare offre l’opportunità unica per realizzare l’offensiva dei ribelli. Le colonne ribelli avanzeranno in tutte le direzioni nel resto del territorio senza che nulla o nessuno le possa fermare, annuncia Fidel nella sua relazione sull’offensiva. In oriente le basi delle operazioni delle forze ribelli sono ferme e invulnerabili. Oltre alla Sierra Maestra, centro e avanguardia eroica del Primo Fronte José Martí, c’erano anche il Secondo e il Terzo Fronte. Non sono pochi coloro che conoscendo l’importanza del nuovo impegno pensano che le truppe selezionate possono condurre la guerra sino all’estremo occidentale dell’Isola, ma perseguitate dalle forze superiori del nemico, verranno distrutte e annichilite. Il grande ottimismo di Fidel davanti alle situazioni cosi difficili gli ha permesso di vincere e anche stavolta non ci saranno eccezioni. La guerra nel suo impetuoso sviluppo offre la possibilità a molti compagni di rendere manifeste le loro capacità eccezionali per il comando e per la guerra. Camilo è uno dei primi ed è a lui che Fidel assegna la missione storica di dirigere l’invasione sino a Pinar del Río. L’ordine del massimo leader della Rivoluzione non è impossibile da compiere, ma è molto rigoroso e difficile per il ungo percorso da compiere da parte delle truppe degli invasori, in un terreno praticamente sconosciuto e piano nella sua maggior parte della sua estensione. Non si devono ignorare le potenti risorse che il nemico concentrerà contro le colonne in marcia verso occidente, quando scoprirà la loro presenza. È a El Salto che inizia la selezione di coloro che faranno parte della colonna degli invasori. Il 17 Camilo, il nostro capo marcia va a ricevere le ultime istruzioni per l’invasione e il 18 ritorna all’accampamento e ci fa vedere la storica credenziale: “ Si affida al Comandante Camilo Cienfuegos la missione di condurre una colonna ribelle dalla Sierra Maestra sino alla provincia di Pinar del Río per compiere il piano strategico dell’esercito ribelle. La colonna Antonio Maceo, poichè si chiamerà così la forza degli invasori in omaggio al glorioso guerriero dell’indipendenza partirà da El Salto il prossimo mercoledì 20 agosto del 1958. Al Comandante della colonna degli invasori si concedono tutte le facoltà di organizzazione di unità di combattimento ribelle nel territorio nazionale sino a che i comandanti di ogni provincia arriveranno con le loro colonne alle loro rispettive giurisdizioni, egli potrà applicare il codice penale e le leggi agrarie dell’esercito ribelle nei territori conquistati, ricevere i contributi stabiliti con le disposizioni militari, combinare operazioni con tutte le forze rivoluzionarie che incontrerà e in settori determinati, stabilire un fronte permanente nella provincia di Pinar del Río, che sarà la base delle operazioni definitive della colonna degli invasori e designare per tutti questi fini ufficiali dell’esercito ribelle, sino al grado di comandante di colonna. La colonna degli invasori ha l’obiettivo primordiale di combattere una guerra di liberazione sino all’occidente dell’Isola e a questo si dovrà posporre ogni questione tattica e ci si batterà contro il nemico in tutte le occasioni che si presenteranno durante il percorso. Le armi che si prenderanno al nemico verranno destinate alle organizzazioni delle unità locali. Per premiare, segnalate e stimolare gli atti di eroismo nei soldati e negli ufficiali della Colonna degli Invasori No.º 2 Antonio Maceo si crea la medaglia al valore Osvaldo Herrera, capitano di questa colonna, che perse la vita nelle prigioni di Bayamo dopo una coraggiosa ed eroica resistenza, subendo le torture degli sbirri della tirannia. Firmato Fidel Castro Ruz, Comandante in Capo. Le piogge torrenziali, che provocarono la crescita del fiume Yara impedendo il passaggio, permisero l’inizio della storica invasione solo il 21 agosto. A 26 anni il giovane guerrigliero Camilo Cienfuegos Gorriarán è uno dei più importanti capi dell’esercito ribelle ed ha la responabilità di una delle più importanti e rischiose missioni di tutta la guerra di liberazione cubana: L’INVASIONE
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Analisi del capitolo 108 di Attack on Titan - Sound Argument
Siamo nel cuore ardente di agosto, qui le alte temperature non mollano, io muoio un po' ogni giorno e mi ero ripromessa di aspettare il capitolo in italiano per non incappare in eventuali incomprensioni con l'inglese. Poi, con la stessa coerenza di un pollo arrosto con patate, ho deciso che l'analisi andava fatta oggi, prima dell'autocombustione delle ore diciassette. Quindi via, al galoppo verso il tramonto e gli spoiler: come sempre, se non volete ricorrere nel futuro più immediato alla rimozione delle memorie ad opera di un Reiss o di un Fritz, fermatevi alla gif!
Iniziamo questo capitolo incontrando la banda degli avvinazzati, ossia i bravi gendarmi del corpo di polizia di qui Nile Dok è fiero esponente. E anche se Nile ci è sempre sembrato molto impegnato a badare ai propri affari ed alla propria serenità (c'ha una faccia, Nile, che non sembra proprio abbia avuto successo negli anni, in questo), devo dire che in questo scambio di battute è in grado di farci cambiare parzialmente idea.
Mentre gli alti graduati sbevazzano e si sbronzano con il vino Marlean, ricordandoci molto i tronfi Nazisti sicuri della propria potenza bellica (ieri era Marley a ricordarceli, come cambiano le cose, eh!), Nile sembra non solo piuttosto sobrio ma anche preoccupato. E fa bene, visto quello che è appena successo e che molto probabilmente loro non sanno, ossia dell'intervento di Pixis contro Yelena e i suoi uomini. Il gruppo della polizia militare non è contento, sembra che si beva per dimenticare che la loro regina, a quanto si mormora, se l'è intesa con un signor nessuno, un ex ragazzino cattivo che le tirava i sassi da piccola, è rimasta incinta (senza nemmeno sposarsi, sciagurata!) e si fa manovrare come un bambolotto dal corpo di ricerca. Con la scusa dell'essere un po' alticci, le parole fluiscono e i sentimenti emergono nella loro forma più sanguigna: c'è preoccupazione fra i soldati e gli alti gerarchi. E c'è paura. Una paura legata alla presenza di uno Zeke Jaeger Fritz non in catene, bendato e imbavagliato ma libero e difficilmente rintracciabile visto che Levi s'è curato di nasconderlo per bene (e per il bene di tutti, suppongo). Fa paura il potere di Zeke e del suo sangue reale di potersi "impossessare" della mente delle persone e fa paura sapere che il piano di prenderlo appena sbarcato e darlo in pasto alla Regina Historia sia andato un po' in vacca. C'è una sorta di consapevole amarezza nelle parole del militare che retoricamente fa presente quanto la Regina Historia abbia agito (sembra) per essere al sicuro da questo giochetto, quanto sia una signora "nessuno" e una regina solo di nome, senza alcun potere. Nile difende il potere di scelta della Regina ma non possiamo non concordare con il militare dal nome sconosciuto che fa presente quanto questa "scelta" di Historia appaia strana: insomma, parliamo da lettori. Historia ama Ymir, Ymir le lascia una lettera struggente e Historia, suo malgrado, diventa regina. Il carico di responsabilità che le crolla sulle spalle è enorme e benchè sia circondata da persone qualificate per supportarla, questa non è una Repubblica Democratica ma una Monarchia sul cui vertice siede solo lei. Appare piuttosto anomalo che improvvisamente Historia decida di iniziare una relazione con "quel ragazzino che mi tirava i sassi da piccola". E chi è? Perchè? Addirittura restarne incinta? E' evidente che l'abbia fatto per seguire il piano di Zeke in qualche modo e, a questo punto, ci dobbiamo domandare: chi era la figura "ammantata ed irriconoscibile" che ha avvertito Historia e il suo "compagno" sui propositi della polizia?
La conclusione a cui arrivano i soldati è che si trattasse di Yelena e la sua fisionomia potrebbe anche corrispondere. Ma perchè non Nile stesso? Se dopo tanto aver avversato Erwin e il corpo di ricerca non avesse iniziato ad aprire la sua mente, rendendosi conto di quanto marciume si annidasse proprio sotto il suo naso?
Mentre si discute di un fatto a cui ho pensato tantissimo anche io, ossia: se una donna diventa titanshifter mentre è incinta, cosa succede? Cosa succede a lei? Cosa succede al bambino? Per meglio dire, cosa accade ad una donna incinta a cui viene iniettato il siero per diventare mindless? Sappiamo che i giganti posseggono tutti gli organi interni ma che sono privi di genitali. Nell'immagine qui sotto, Rod Reiss ci aiuterà con uno schema semplice, mostrandoci come nel suo gigante ci fosse davvero tutto, intestino compreso (ma sappiamo che quell'intestino non esce da nessuna parte).
Possibile quindi che un mindless possa mantenere anche l'utero? E il feto, a quel punto? Questa domanda mi tormenta, lo so che è un po' weird ma dopo essermi domandata cosa ne sarebbe stato dell'economia mondiale di pellicce se il Beast Titan avesse potuto lasciare il suo morbido pelone dopo essere stato smontato tutte le volte, direi che possiamo andare avanti.
Insomma, si beve, ci si fa domande esistenziali, si cerca di convincersi di contare qualcosa nella storia mentre si ordina un'altra, dannata bottiglia di questo vinello che va giù tanto bene. E non so voi, ma che qui fuori ci sia proprio Nikolo e che abbia QUESTA faccia colpevole, mi dà forse l'idea che Yelena se l'aspettasse di essere bloccata da qualche parte. Nella mia testa c'è un'eco che fa, più o meno "The Jaegers send their regards!".
Passiamo ai nostri ragazzi che, purtroppo, devono starsene in un salottino con le pive nel sacco: mentre loro erano a diventar matti a Marley per salvare Eren e correre dietro forzatamente al suo piano, Pixis aveva già deciso tutto, in patria. Da una parte abbiamo Eren che non parla con nessuno che non sia Zeke e dall'altra abbiamo chi ha il legittimo terrore di far incontrare i due fratelli perchè, l'abbiamo capito tutti (anche Nile, penso), il solo contatto fra i due sarebbe in grado di generare una serie di reazioni incontrollabili se non dai due protagonisti. Come dice Jean "solo loro due sanno come stanno le cose". E io credo che abbia parzialmente ragione ma che, in realtà, la verità sia solo nella testa di Zeke che ha ancora troppe carte nascoste.
Notiamo un particolare interessante: un close up sui volti dei quattro ragazzi presenti, Jean, Mikasa, Armin e Connie. Tuttavia Connie è di spalle, si taglia volontariamente fuori dal gruppo di discussione, guarda fuori dalla finestra, guarda il suo nero riflesso nel vetro e nessuno di noi lo riconosce più tanto quanto lui non riconosce più Eren. E pone una domanda che sembra ingenua ma non lo è, perchè ce la siamo fatta tutti: ma questo tizio senza espressione, chi è? Perchè Eren non era così. Chi è questo bastardo senza sentimenti? E se dovessimo appurare che lavora col nemico? Dovremmo farlo fuori. A questa considerazione fatta freddamente a voce alta, Mikasa reagisce con sgomento ma la sua espressione viene rimbalzata dal DEATH STARE più potente di tutto il manga, anche Lady Tyber si sarebbe inchinata di fronte a questo sguardo.
Connie. Connie che ha perso l'altra metà di sé stesso per colpa di Eren (inutile girarci attorno, Sasha sarebbe ancora viva): Connie non fa più parte del trio dei "ragazzi normali", Connie non si capacita di come sia diventato Eren, di come ora si fidi solo dell'uomo che ha trucidato il suo villaggio e trasformato i suoi genitori e, presumibilmente, i suoi fratelli, dell'uomo che ha macinato il corpo di ricerca un sasso alla volta, che ha ucciso Erwin e tutti gli altri senza pietà. E che rideva nel farlo.
Eppure Mikasa ci prova a ricordare loro quanto Eren li ami (o li abbia amati) ma nel suo sguardo c'è un tentativo disperato in cui inizia a non credere più neppure lei. L'espediente di Isayama di raccontarci la storia dei quattro anni che non conosciamo con una serie di flashback mirati è molto efficace e ci rende sempre più curiosi visto che smaniamo per arrivare al "punto di rottura", a dove Eren cambia, smette di essere il ragazzo impulsivo ma fondamentalmente buono e "shonen" che conoscevamo. Vediamo i ragazzi costruire una ferrovia in campagna, con Mikasa che come sempre gira in mezzo al gruppetto sfiancato con sulle spalle tipo seicento chili in traversine di legno. Sono giornate faticose ma loro sono insieme, Sasha è viva, sono bei momenti.
Mentre Jean si sta trasformando sempre di più nel nuovo Kenny Ackerman e dopo aver visto come Isayama non abbia idea di come si maneggi un rastrello (eppure è cresciuto in campagna!) o del fatto per costruire una ferrovia che non sia un modellino ci vogliano più di cinque ragazzi (lo dico con infinito affetto, adoro questi piccoli inciampi del nostro Yams, come le zampe dei cavalli messe al contrario <3), andiamo tutti sul treno per tornare a casa.
Una delle immagini chiave di questi numeri è il sole. Nel numero scorso, Historia fissa un tramonto da far west, qui i ragazzi tornano a casa nello stesso concept da prateria americana, quasi ci si aspetta che una mandria di bisonti attraversi al galoppo tanto è forte la sensazione di essere lontani dai muri, dai tempi in cui tutta quell'isola apparteneva ai Mindless.
Mentre i ragazzi lavorano, comunque, arrivano Hanji e Levi che riferiscono loro come gli accordi fra Paradis e Hizuru non stiano andando bene: miss Kiyomi con la sua espressione da Maneki Neko non è proprio una filantropa ma è interessata unicamente ad avere un'esclusiva per il proprio paese sulle risorse di Eldia e, soprattutto, di accaparrarsi Mikasa, l'erede dello Shogun più potente di Hizuru. Piccola nota: Kiyomi Azumabito viene spesso disegnata con occhi "stretti" molto orientali (e poco manga) e con un accenno di mano destra solllevata, per questo motivo molti la chiamano "Maneki Neko", ossia simile alla famosa statuetta giapponese del gattino con la zampa alzata. Nella credenza popolare, il Maneki Neko con la zampina destra alzata attirerebbe fortuna per gli affari e salute per la famiglia e... beh, proprio quello che si augura Kiyomi, si direbbe! Che bello Yams che ci insegna un po' di cultura giapponese, adoro questi particolari!
Sembra quindi che, un anno fa, la situazione non fosse felice per i nostri ragazzi e Eren, suo malgrado, sembra dover restringere le scelte: usare il Rumbling e domandarsi se esista un modo per non sacrificare Historia. Hizuru aveva chiaramente spinto perchè Paradis minacciasse l'umanità e si preparasse con "il piano B" fornito da Historia con i suoi eredi di sangue reale, pronti a prendersi il Beast Titan (e qui torniamo al fatto che Zeke ha pilotato questa decisione sin dall'inizio). E' frustrante per i ragazzi ragionare contro forze estere che non hanno mai visto né conosciuto e che vogliono solo spazzare via gli Eldian pur senza conoscere le loro intenzioni reali: per il mondo gli Eldian sono diavoli pericolosi e divoratori di uomini, vanno sterminati e basta. Ma Hanji è propositiva e anche se la sua autostima fa schifo, io penso che sia un validissimo comandante: siamo degli Scout? E allora facciamo gli Scout. Infiltriamoci, incontriamo, esploriamo. Impariamo e conosciamo. Questa è la sua strategia. Marley compresa.
Il primo ad arrivare alla conclusione, banale eppure non scontata, è come sempre Armin: se il mondo ci conoscesse e conoscesse il nostro desiderio di pace, forse qualcosa cambierebbe. Nel close up dei protagonisti vediamo una Mikasa speranzosa, un Armin pensieroso e un Eren, purtroppo, disilluso perchè non sono loro ad avere poco tempo. Eren oramai conta quello che resta a lui e soprattutto quello che resta a Zeke: c'è da designare un erede qui. E torniamo a Mikasa che ha ricordato questa scena proprio per tenere vivo nel suo cuore e in quello dei suoi amici quanto Eren tenga a loro, quanto non abbia mai voluto constringere nessuno di loro ad attraversare il livido inferno che è stata la sua vita di Shifter. Ma non solo Mikasa non fa breccia in Connie, perde anche l'appoggio (se mai c'è stato) di Jean che non parla più di Eren ma di "quel tizio". Un tempo, forse, si è preso cura della nostra sicurezza, ma ora? La disamina di Jean è lucida e fredda: un tempo Eren ha tenuto i suoi amici al sicuro, lontani addirittura dalla prima linea contro i giganti (vi ricordate la bellissima scena durante Return to Shiganshina quando l'esplosione causata da Bertholdt spazza via letteralmente ogni cosa, uccidendo il povero Moblit? Vi ricordate la cura con cui Eren all'interno del gigante protegge i suoi amici? Vi ricordate di Jean, sulla sua spalla? Ecco. Se lo ricorda anche lui) mentre ora cosa fa? Ha costretto Armin a distruggere il porto e una quantità di vite umane incalcolabile (ad Armin che ha vomitato l'anima dopo aver ucciso uno degli uomini di Kenny) e ha costretto Mikasa ad intervenire sul campo, mettendola potenzialmente di fronte a due shifter molto pericolosi: Galliard e Pieck, con giganti mobilissimi e decisamente anti-uomo.
Mikasa continua a perorare un po' meccanicamente la causa di Eren ma la sua difesa è sempre più fiacca finchè Connie, il più motivato degli oppositori, le fa presente cosa sia accaduto dopo la morte di Sasha: Eren non ha pianto o si è arrabbiato. No. Eren ha riso. Noi che conosciamo tutta la storia, sappiamo che Eren ha riso istericamente come è successo al suo secondo, terribile incontro con Dina Fritz e la sua incapacità di salvare Hannes, divorato lì di fronte. Eren ride come un pazzo quando è frustrato, ride e piange insieme. Lo sappiamo. E' stata la prima reazione genuina che abbiamo visto in lui dopo l'atarassico arco di Marley e l'attacco al Festival di Willy Tyber. Ma a Connie non frega più niente, lui sa che la sua amica del cuore non c'è più, che le hanno sparato in pancia e che è morta di emorragia in poco tempo, soffrendo, soffocando nel suo sangue. Questo sa, Connie. E non gli interessa se Eren ha vari modi di gestire la frustrazione. C'è una palpabile tensione fra i ragazzi e Armin, per evitare che suddetta tensione trascenda, prova a giocarsi la carta dell'incontro con Eren: Armin ci sa fare con le parole e forse, incontrandolo, potrebbe convincerlo a parlare e a spiegarsi. Forse l'attuale portatore del Colossal vuole tranquillizzare i suoi amici ricordando loro che quando Eren ha toccato Dina e ha potuto utilizzare la coordinata, è stato comunque Eren a gestire l'ordine impartito, ossia quello dato ai giganti di divorare Dina. Ma Armin è davvero convinto di ciò che dice? Dina era di sangue reale ma era un Mindless, forse, in cuor suo, desiderava morire. Siamo davvero sicuri che quando Zeke ed Eren accenderanno la coordinata... sarà Eren a comandare?
Siamo sicuri che Zeke abbia solo fatto un gran lavaggio del cervello ad Eren e sia pronto a giocarsi il tutto e per tutto, sapendo quanto Eren ami i suoi amici e abbia fiducia in loro, quanto sia soggetto a pazzeschi colpi di testa? Siamo sicuri che non abbia solo lasciato credere ad Eren di poter avere il comando ma che invece, alla fine, il comando l'avrà lui e sarà di nuovo un vero, unico Re Fritz a dirigere l' Earth Rumbling?
Ma Armin è andato anche oltre: se Eren dovesse rivelarsi davvero essere andato giù di testa o essere dalla parte di Zeke (e la parte di Zeke) dovesse rivelarsi non del tutto a favore di Eldia, Armin è pronto a far divorare Eren per avere un nuovo Founding Titan. Mikasa ha tipo un colpo quando lo sente. Armin spera con tutto il cuore che Eren dimostri le sue buone intenzioni. Ma visti quegli occhi freddi in cella, non ci scommetterei del tutto. Di fronte ad un altro sorgere o tramontare del sole, Levi e Zeke aspettano, seduti uno di fronte all'altro, separati solo da un fuoco da campo. Zeke sta perdendo ogni traccia di quell'aria un po' tenera, un po' stordita del turista tedesco che s'è perso all'ombra del Colosseo. Il suo sguardo è sempre più attento, il suo corpo è teso, preparato. E' passato un altro giorno e il suo piano non si è fermato con la cattura di Yelena, secondo me. Tutto sta procedendo alla perfezione.
Forse non distante, Gabi e Falco stanno continuando la loro fuga: non sanno dove sono, non sanno cosa fare, però, almeno, son fuori dalla cella. Un particolare importante della loro conversazione è nel momento in cui Falco le strappa dal braccio la fascia da Eldian e Gabi reagisce con furia omicida. "Se me la togli DIVENTERO' uguale ai diavoli di quest'isola! Io sono un'eldian buona!" dice Gabi. Le sfumature di grigio nel mondo di Isayama sono sempre di più, non esistono davvero buoni o cattivi, solo persone con il loro vissuto e la loro missione, con i loro sogni, amori, desideri e speranze. Mentre i due bambini si accapigliano vediamo comparire un'altra ragazzina che sembra molto la sorella acquisita di Sasha, ossia la famosa bambina salvata dal gigante e adottata dalla famiglia Blouse. Per fortuna che c'è Falco, altrimenti avremmo avuto un nuovo trauma cranico ad opera di Cavallo Pazzo Braun (e non stiamo parlando, purtroppo, di Reiner. A lui ci arriviamo subito.)
A Marley si recuperano i corpi dei morti, genitori in lacrime, bambini maciullati sotto le macerie, è uno scenario impressionante, dominato ad imperitura memoria dall'albero e dallo scheletro, dal campo chiodato creati da Lady Tyber durante il combattimento contro Eren.
Magath sta resocontando ai suoi Warrior rimasti quel che è successo e come, secondo le deduzioni di Pieck (che sappiamo, ha sempre ragione), Zeke li stia tradendo da almeno quattro anni. In tutto questo, una piccola parentesi su Willy Tyber: alcuni dicono che sia stato una semplice pedina nel grande gioco degli Azumabito ma io credo che in realtà lui sia stato una pedina inconsapevole nell'ancora più grande gioco di Zeke. Prima ha saputo la sconcertante verità sulla sua famiglia, che un secolo prima veniva acclamata come eroica salvatrice degli eldian "buoni" contro le manipolazioni del Re Fritz. Oggi, dopo un secolo, Willy Tyber Martire offre al mondo intero la possibilità di vedere la pericolosità degli Eldian e di dare addirittura un nome al loro nemico: Eren Jaeger. Poi muore, da eroe. E sua sorella, portatrice del Martello da Guerra, muore con lui.
Non solo ha riabilitato il nome della sua famiglia, probabilmente la piazza principale di tutte le città Marlean (se Marley avrà un futuro, s'intende) porterà il loro nome.
Magath propone nel frattempo ai suoi warrior di ristabilirsi per bene e aspettare che la grande alleanza voluta proprio da Lord Tyber si mobiliti e si prepari a fare guerra a Paradis ma questo vorrebbe dire lasciare Gabi e Falco nelle mani del nemico, chissà in quali pericoli (si noti che Gabi ha fatto più morti nelle file di Paradis di chiunque altro fino adesso...).
Ma questo piano è quello che anche Zeke auspica seguirà Marley e Reiner lo immagina. Zeke ha poco da vivere ed è pronto a vivere la sua poca vita a Paradis mentre il suo Grande Progetto procede macinando tutto sotto le sue ruote dentate. L'unica cosa da fare, secondo Reiner, è colpire rapidamente e immediatamente Paradis facendo così collassare il piano di Zeke prima che sia pronto.
Reiner è distrutto. Ma riesce a mettere da parte ogni dolore e ogni privazione perchè ha di nuovo qualcosa e qualcuno da difendere. Io non vedo l'ora di rivederlo sul campo di battaglia anche se sono sempre più convinta che stiamo andando verso un grande Armageddon in cui vedremo tutti i giganti sul campo di battaglia e che ben pochi dei nostri amati beniamini ne usciranno interi.
Prossima uscita, il nove settembre, quindi sempre su questi canali speriamo un po' più freschini, per l'analisi e le gif divertenti!
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