#castello delle fiabe
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Castello di Neuschwanstein: Il Castello delle Favole che Ha Ispirato Disney. Un viaggio nel cuore della Baviera alla scoperta del castello più romantico del mondo
Neuschwanstein: Dove la realtà incontra la magia
Neuschwanstein: Dove la realtà incontra la magia Incastonato tra le montagne bavaresi, come un sogno sospeso tra cielo e terra, sorge il Castello di Neuschwanstein. Questa maestosa costruzione, voluta dal re Ludovico II di Baviera, è diventata nel corso degli anni un’icona mondiale, ispirando generazioni di sognatori e diventando il modello per il castello della Bella Addormentata nel mondo…
#Alpi bavaresi#Architettura#architettura neogotica#Arte#Arte e Cultura#attrazioni turistiche#Baviera#Bella Addormentata#Biglietti#castelli disney#castelli medievali#castello delle fiabe#Castello di Neuschwanstein#castello romantico#consigli di viaggio#Cultura#Curiosità Storiche#destinazioni romantiche#Disney#Favole#Fiabe#Foto#Germania#ISPIRAZIONE#Leggende#Ludovico II#luoghi da visitare in Europa#luoghi magici#Natura#paesaggi montani
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Raccontereste ai vostri figli una fiaba in cui una madre diventa così gelosa della bellezza della figlia di sette anni da chiedere a un cacciatore di condurla nel bosco e ucciderla e portarle fegato e polmoni da cucinare, con sale e pepe? E poi, visto che la piccola si è salvata, la madre snaturata tenta due volte di ucciderla, con un pettine avvelenato e poi con una mela avvelenata? E quando la povera ragazzina giace come morta, passa un principe che chiede ai suoi custodi, sette nani, di portarsi a casa il cadavere? E quando al castello i servitori del principe, stanchi per le continue richieste di spostare avanti e indietro la bara, tirano fuori il corpo della poveretta e lo pigliano a calci, e così facendo fanno saltare via dalla gola il pezzo di mela avvelenato? Ebbene, questa è la versione originaria della favola di Biancaneve e i sette nani, così scritta dai fratelli Jacob e Wilhelm Grimm nel 1812, basandosi su elementi e intrecci della tradizione orale popolare.
Dite che non ve la ricordavate così? Certo che no. La versione del 1812 venne cambiata più volte, nelle successive sette (ripeto, sette), fino a quella del 1857. Spariti la madre degenerata, il cannibalismo, la necrofilia del principe (non tutta, in effetti), la cattiveria profanatrice dei servitori. Secondo il ben noto meccanismo di “ingentilimento” dello sfondo cupo e brutale che accomuna alcune delle fiabe più antiche, note e amate.
@Anna Mallamo
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Skumè
Ecco la Sirena di Taranto, Skumè (Schiuma), mentre ruba il fiore "Più Bello" dal giardino delle sirene. La sua fiaba "la sposa sirena"/"storia di una sirena" è tratta dalla raccolta di Giuseppe Gigli "Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d'Otranto" e poi inserita da Italo Calvino nelle sue "Fiabe Italiane". È ispirata alla leggenda (più tragica) della Monacella del Castello Aragonese, contenuta nel libro di Arcangelo Valente "Case vecchie e case nuove". Ho usato il tutorial di @gretlusky su Deviantart per fare questo disegno.
Here's the Siren of Tarent, Skuma ("Foam" or "Froth"), as she's stealing "the Fairest of them All" from the sirens' garden. Her tale, "the Siren wife", comes from Giuseppe Gigli's "Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d'Otranto" (superstitions, prejudices and traditions in the Land of Otranto), which was included in Italo Calvino's "Italian Folktales". It's based on the more tragic legend around the Monacella at the Castello Aragonese, included in Arcangelo Valente's book "Vase vecchie e case nuove" (old houses and new houses). I used @gretlusky's tutorial on Deviantart for this picture.
Hier ist die Sirene von Tarent, Skuma (Schaumkrone), während sie "die Schönste von Allen" aus dem Garten der Nixen stiehlt. Ihr Märchen, "Meine Frau, die Sirene", stammt aus Giuseppe Giglis Buch, "Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d'Otranto" (Aberglaube, Vorurteile und Traditionen aus dem Land von Otranto), und wurde von Italo Calvino in seiner Sammlung "Italienischer Märchen" aufgenommen. Ursprünglich hatte die Sage ein tragisches Ende, wie in Arcangelo Valentes Buch "Case vecchie e case nuove" (Alte Häuser und neue Häuser) von der Monacella im Castello Aragonese erzählt wird. Ich hab für dieses Bild @gretlusky 's Tutorial auf Deviantart benutzt
#Skumè#Skuma#Spuma#Foam#seafoam#shaum#Schaumkrone#Sirena#siren#sirene#mermaid#mermay#mermay 2022#Taranto#tarent#italian fairy tales#folklore#folk tales#italian folklore#Froth#Coral#flowers#Coral flower#Flower#Fiore#Corallo bianco#digital drawing#digital art#digital illustration#my art
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cosa consigli di vedere o di fare al di fuori delle solite cose?
passeggiata con lo scopo di perdersi nei vicoletti che si diramano dal royal mile. il castello lo salterei a piedi pari. la mia cosa preferita è andare a victoria street a fumare il narghilè oppure bere la cioccolata a portobello guardando il tramonto. consiglio assolutamente il royal botanic garden anche se d’inverno forse non è il massimo!! giro rigoroso di tutti i parchi da princes street a holyrood e un salto alla national gallery è d’obbligo. è una città meravigliosa, magica, piena di segreti e posticini che sembrano usciti dalle fiabe. goditela anon e trattala bene 🦋
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BUONGIORNO Amici di #borghiemeraviglieitaliane, oggi visiteremo insieme Trieste e dintorni (FRIULI VENEZIA GIULIA)
Trieste e dintorni: le tappe da non perdere
- #PiazzaUnitàMoloAudace
Motivo di vanto per i triestini in quanto considerata la piazza più estesa in Europa affacciata sul mare, su questa piazza si affacciano vari palazzi storici, dal Palazzo della Lungotenenza austriaca (attualmente sede della prefettura) a Palazzo Modello dove ha sede il municipio, per arrivare infine a #PalazzoPitteri, il più antico di tutti. Mi raccomando: fermatevi un secondo ad osservare con attenzione anche la Fontana dei Quattro Continenti, costruita intorno alla metà del Settecento e raffigurante, appunto, i quattro mondi allora conosciuti.
- #CattedralediSanGiusto
Chiesa più importante di #Trieste posta sull’omonimo colle, la cattedrale della città è il risultato dell’unione tra due chiese, quella di #SantaMaria e quella di #SanGiusto, avvenuta nel 1300. Semplice nella facciata e impreziosita da un meraviglioso rosone gotico, all’interno di essa troviamo splendidi affreschi romanici e mosaici meravigliosi.
- #CastellodiMiramare
Tra i principali simboli della città di Trieste grazie alla sua storia e alla sua bellezza, si trova a picco sul golfo della città circondato da ampi spazi verdi. Questa imponente costruzione è magnifica sia all’esterno, visto che ricorda un castello delle fiabe, sia all’interno: ai piani più bassi sono presenti infatti gli alloggi reali che ospitavano i nobili proprietari del Castello. L’immenso parco è un luogo incantevole per passeggiare.
- #FarodellaVittoria
Già dal nome si può ben capire il periodo storico in cui fu costruito: con in tipico richiamo patriottico, il monumento fu costruito negli anni del fascismo per commemorare i marinai italiani caduti durante la prima guerra mondiale. Al culmine del faro c’è la Vittoria Alata, una maestosa statua alta sette metri. Dalla cima di questo monumento è possibile godersi la vista di tutta la Citta di Trieste e del #mareAdriatico.
- #RisieradiSanSabba
Per chi vuole non solo rilassarsi e godersi panorami ma anche ripercorrere e riflettere sul passato, la Risiera è una tappa irrinunciabile. In origine fabbrica per la pilatura del riso (da cui il nome), con l’avvento del #Nazismo la struttura fu presto trasformata in un campo di concentramento e di deportazione, il primo in Italia: oggi l’edificio ospita un museo che ricorda e commemora quegli anni terribili.
Non solo spettacolari paesaggi quindi, ma anche storia e cultura: Trieste, nel suo piccolo, sa essere tutto questo.
FONTE: https://ritaglidiviaggio.it/2019/07/19/5-cose-da-vedere-assolutamente-a-trieste-e-dintorni/
FOTO: https://ritaglidiviaggio.it/2019/07/19/5-cose-da-vedere-assolutamente-a-trieste-e-dintorni/ e @joe.henryy
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ALLA PROSSIMA...CON TANTI ALTRI POST!
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(a cura di) Antonella Castello L'ALTRA META' DELLE FIABE 2016 ABEditore
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Finalmente è disponibile in italiano il romance storico Romancing the duke di Tessa Dare
La mia recensione del libro Romancing the duke, di Tessa Dare, pubblicato in italiano col titolo INNAMORARSI DI UN DUCA
Link: https://amzn.to/4aKDGD7
Trama: Figlia di un famoso autore di favole, Isolde Ophelia Goodnight era cresciuta ascoltando storie di cavalieri coraggiosi e belle fanciulle. E non aveva mai dubitato che anche nel suo futuro ci sarebbe stata una grande storia d'amore. I libri di fiabe dopotutto offrivano infinite possibilità. Ma crescendo si è resa conto che nessuna per lei si era avverata. Il brutto anatroccolo è diventato cigno? No, era ancora il brutto anatroccolo. Rapita da un bel bandito? No. Salvata dal principe azzurro? No, mai successo. E così Izzy aveva rinunciato a tutti i suoi sogni romantici. Quello che sognava al momento era un tetto sopra la testa poichè stava per perderlo. Ma ecco che a 26 anni avviene il miracolo e erredita un castello. Un vero catello, proprio come quello delle principesse. Solo in rovina, e occupato da un duca burbero e sfigurato.... che si rifiuta di cederle quello che lui considera il suo castello.
Questo romanzo è il primo della serie Castles Ever After, composta dai libri:
1. Innamorarsi di un duca (Romancing the Duke)
2. Say Yes to the Marquess
Link: https://amzn.to/3hOQXzx
3. When a Scot Ties the Knot
Link: https://amzn.to/3vpcBFj
4. Un cuore senza scandalo (questo libro, in originale intitolato Do You Want to Start a Scandal, è anche il quinto libro della serie Spindle Cove della stessa autrice che lo ha inserito in sue due serie, perciò è già stato pubblicato in Italia diversi anni fa).
Link: https://amzn.to/38irICm
Se questo video vi è piaciuto vi piaceranno anche:
Video dedicato agli altri libri della serie Castle ever after: https://youtu.be/0gRWmzCZfrg
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Le lucine di Leggiuno 2023
Fino al 7 gennaio 2024 le Lucine di Natale tornano a brillare a Leggiuno, in provincia di Varese, per uno spettacolo da favola ricco di luci colorate per vivere a pieno lo spirito del Natale. Leggiuno torna a vivere il periodo più bello dell’anno con 700mila luci LED, 200mila in più rispetto all’edizione del 2022, mentre la suggestive installazioni sono state ideate interamente a mano dalla squadra di Lino Betti, ideatore della manifestazione. Gli animaletti del bosco, i fiori variopinti come tutte le creazioni fantastiche del percorso sono tutte realizzate artigianalmente utilizzando materiali di recupero, come plastiche riciclate e scarti edili. Inoltre, la manifestazione è ancora più sostenibile grazie a un partner tecnico che ha permesso all’organizzazione di potenziare l’infrastruttura fotovoltaica, per un Natale ancora più green. Il percorso, che quest’anno supera il chilometro, è ricco di sorprese dai mille colori, dove le 23 installazioni luminose porteranno grandi e piccini in un paese delle fantasie a cielo aperto. Tra le novità assolute dell’edizione 2023 ci sono il Campo di Lilium, il Lago dei Desideri e il Cappello Dell’Elfo ricavato da un abete alto 25 metri, mentre si confermano le attrazioni che nelle scorse edizioni hanno fatto sognare i visitatori, come il Bosco Incantato, il Castello e la Carrozza delle Fiabe. A questo si aggiunge un calendario eventi particolarmente ricco, nel quale spiccano gli grandi appuntamenti in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica di Milano, che sono il 23 dicembre con il concerto Arpa e Oboe e il 6 gennaio 2024 con il concerto per Viola sola. Immancabili anche cioccolata calda e vin brulé per scaldarsi anche nelle giornate più fredde, oltre allo stand gastronomico. Con soli due giorni di chiusura previsti per il 24 e il 31 dicembre, le Lucine di Natale a Leggiuno rimarranno accese fino a domenica 7 gennaio 2024, dal lunedì alla domenica dalle 17:30 alle 22:30. L’ingresso è solo su prenotazione e i biglietti sono acquistabili online sul sito www.lucinedinatale.it con, come novità di quest’anno, il biglietto Open che consente di organizzare la propria visita in totale libertà. L’iniziativa delle Lucine nasce da un’idea di Lino Betti, che racconta di aver acquistato le prime lucine in una città del Brasile, paese d’origine della moglie, nel 1999 e da quel giorno la collezione ha continuato a crescere e ad arricchirsi, fino a toccare 700mila Led. Dal primo fascio di lucine, oggi la manifestazione è un appuntamento irrinunciabile per grandi e piccini, una tradizione consolidata per regalare l’emozione di un magico Natale. Read the full article
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Amore
Quando ti innamori di qualcuno iniziano a capitarti strane cose.
Prima sei perfezionista, puntuale, precisa ed egoista.
Poi inizi a perdere le chiavi della macchina, a far tardi la sera, dimenticare passaggi che a lavoro fai da sempre.
Inizi a depilarti di più, ad incremarti e improfumarti ogni volta che esci.
Quando ti innamori tutto il tempo che prima dedicavi a te e ai tuoi amici, ad un tratto, sembra sempre troppo poco e vuoi spenderlo per lui o con lui, ogni secondo.
Quando ti innamori vedi e senti diversamente le cose, i sensi e le tue percezioni cambiano, gira tutto attorno a lui.
È tutto più dolce, più passionale, le mani più calde, i profumi più inebrianti, il suo fascino ti toglie il fiato e la bellezza della serenità alleggerisce i problemi che avevi.
Quando ti innamori inizi a sognare in grande, viaggi con la fantasia come un bambino nel paese dei balocchi, ogni cosa è poesia e il tuo cuore batte in sinfonia.
Quando ci si innamora, si costruisce un castello e tra le sue mura si vive una fiaba.
Poi il tempo passa e dopo essersi innamorati, la magia inizia a perdere i suoi primi effetti e si inizia ad atterrare dolcemente nella realtà.
Dopo che ci si innamora svanisce l’idea del castello delle fiabe e si inizia a porre mattone dopo mattone, le fondamenta di una casa per costruire le basi della relazione.
Dopo che ci si innamora, un mattoncino che si posa è d’affetto, uno di scontro, uno di idee condivise e un altro di esperienze vissute insieme.
Dopo che ci si innamora arriva l’amore, non sempre, ma quando arriva travolge lentamente, senti qualcosa con una grande carica emotiva, ma che cresce gradualmente, che ha bisogno dei suoi tempi e dei suoi spazi.
Quando arriva l’amore le fiamme impetuose diventano fuoco che brucia lentamente la legna, la casa si scalda e si è alla ricerca della temperatura perfetta.
Quando arriva l’amore si inizia a scendere a compromessi e a vedere i difetti dell’amato, tuttavia si inizierà a perseguire la felicità dell’altro come scopo della propria esistenza.
Quando arriva l’amore, arriva il momento delle scelte, scegliere il bene e il male, scegliere le risate e i pianti, i punti di forza e quelli di debolezza.
Quando arriva l’amore i momenti elettrizzanti saranno alternati a quelli di noia e arriverà il dialogo costruttivo ad armonizzare le note stonate.
Quando arriva l’amore, arriva la confidenza e ci si spoglia dal proprio pudore emotivo, la bilancia penderà alle nostre fragilità più profonde. Si scopriranno cicatrici o ferite ancora aperte, di cui si imparerà a prendersene cura, l’uno dell’altro.
Ma quando l’amore finisce, i piedi che prima avevi appoggiato a terra lentamente, iniziano a sprofondare rapidamente in una crepa buia e profonda. Inizi a cadere, cadere giù nel vuoto rotolando nel nulla senza un paracadute, senza riuscire a frenarti, con una velocità disarmante.
Quando l’amore finisce risenti i profumi dell’inizio, l’intensità del tuo cuore che batte, riperdi le chiavi della macchina e riperdi il senso del tempo. Ma non ti senti più viva come prima.
Quando l’amore finisce arrivano i sensi di colpa, arrivano le nuvole e la tempesta. Ti chiedi cosa avresti dovuto fare, cosa avresti dovuto cambiare.
Quando l’amore finisce vivi nel passato e nell’idealizzazione di quel che avresti voluto che fosse.
Quando l’amore finisce è una caduta lunga, sembra quasi infinita, con le lacrime che non riescono a fermarsi, il cuore che orbita intorno a te in mille pezzi, e la tua anima che vorrebbe solo urlare il tuo dolore.
Prima o poi ritoccherai terra, ti rimetterai in piedi e quando il tempo, così dicono, avrà ricucito e ricomposto il tuo malessere, ricomincerai tutto da capo, il ciclo dell’amore.
Mi auguro però, se sarai fortunata, prima che arrivi un’altro principe azzurro a spezzarti il cuore e a scombussolarti l’anima, che la prossima prima fase dell’innamoramento la vivrai con te stessa.
- Siria Carito
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Milano intorno
Oh, aria condizionata e moriamo di caldo Diamanti veri ma sorriso falso Ormai reggo meno la gente che l'alcol
Odio le feste, indosso il VR Non guardo modelle Non mangio la carne ma ho sedili in pelle
A casa del magnate russo vado in panico di brutto Tutti nudi come a Woodstock dentro l'attico di lusso A metà tra un lager e un castello delle fiabe Tu sei collassata bella addormentata nel bosco verticale
Principessa da svegliare con un bacio Ma forse chiuso in questa torre sono diventato il drago Quindi ignoro lo skyline, guardo l'America in TV Più che non dormire mai la mia città non sogna più
Dove si va dove, si andrà? Se non ci danno da bere qua e nemmeno al bar Vorrei guardarti ancora ballare se lo stereo è spento Voglio una GIF del tuo movimento
Non ho l'età e non ho le tag Io per amare e scriverti là la verità E mentre passa già la prima metro sotto il pavimento Sopra ci sei te e tutta Milano intorno
Eh sì, il cane è di razza ma sono un bastardo Vite che passano sempre in ritardo Se bevo non devo se bevo straparlo
Che basa il cervello s'intasa la testa Che sfasa e ho perso più chance che chiavi di casa Il tempo che scorre dentro le mie vene con donne più condivise di un Meme Chiedere scusa non sempre conviene, ho tanti difetti ma li porto bene
Mentre la mattina aspetta un'altra birra e sigaretta Non andiamo da nessuna parte ma siamo di fretta Le nostre vite semplici senza salsa piccante Io credo nella gente ma non sono praticante
Geloso anche del vento che ti accarezza Se vieni dal basso hai sempre paura di non essere all'altezza
Dove si va, dove si andrà? Se non ci danno da bere qua e nemmeno al bar Vorrei guardarti ancora ballare se lo stereo è spento Voglio una GIF del tuo movimento
Non ho l'età e non le tag Io per amare e scriverti là la verità E mentre passa già la prima metro sotto il pavimento Sopra ci sei te e tutta Milano intorno
È già arrivato il domani Noi con gli occhiali e due amari Oh, è già arrivato domani, domani, domani, domani
Dove si va, dove si andrà? Se non ci danno da bere qua e nemmeno al bar Vorrei guardarti ancora ballare se lo stereo è spento Voglio una GIF del tuo movimento
Non ho l'età e non ho le tag Io per amare e scriverti là la verità E mentre passa già la prima metro sotto il pavimento Sopra ci sei te e tutta Milano intorno
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Castello di Hohenzollern
I castelli hanno sempre un certo fascino, soprattutto se sono disposti su un’altura e se la loro struttura architettonica ci ricorda il famoso “castello delle fiabe”. Oltre al celebre castello di Neuschwanstein, anche il Castello di Hohenzollern (Germania) rientra in questa categoria.
La prima costruzione del castello risale alla prima metà dell'XI secolo ma successivamente venne modificato più volte fino a giungere all’attuale struttura in stile neo gotico voluta dal re Federico Guglielmo IV.
Dato che è tuttora una residenza della famiglia Hohenzollern, alcune aree del castello non sono visitabili, non è possibile fare fotografie all’interno e sarete costretti ad indossare enormi pantofole per non rovinare i pavimenti. Durante il percorso vedrete ricche sale affrescate ed ammobiliate, le cappelle, le cantine ed ovviamente la Stanza del Tesoro dove sono custoditi vestiti d’epoca, medaglie, porcellane e la corona del re di Prussia.
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📜 C’era una volta … 👉🏻 #labellaelabestia In un paese molto lontano vive un mercante con sei figli e sei figlie. Un giorno la sua fortuna viene meno, la casa prende fuoco e a causa dei naufragi e dei pirati, il mercante perde le sue navi. Alla famiglia non resta che ritirarsi in una piccola casa in campagna, unico possedimento che resta al mercante. Tra tutti, l’unica che non si abbatte è Bella, la figlia più giovane e anche la più gentile. Affascinante, di buon cuore, generosa e sensibile. Dopo due anni, giunge una notizia: una delle navi del mercante è arrivata in porto. Lui corre a vedere portando con sè le mille richieste dei figli. L’unica a non appesantire il padre è Bella, chiede solo una rosa. Al porto le cose non vanno come previsto e il mercante torna a casa piu povero di prima. Sulla via del ritorno rimane intrappolato in una bufera di neve ma trova rifugio in un castello magico. Purtroppo, raccoglie una delle rose del giardino per Bella e un’enorme Bestia compare. Il mercante deve scegliere: o la morte o una delle sue figlie. 👍🏻 La storia è diversa dal cartone che conosciamo. Dettaglio che salta subito all’occhio è la mancanza dei personaggi come la teiera, l’orologio e il candelabro. Gli abitanti del castello sono stati semplicemente tramutati in statue. 👍🏻 La Bestia ha le sembianze di una cinghiale misto uomo. Nella fiaba comprare solo a cena. 👍🏻 Il castello è magico, in base alle finestre che apre, Bella può guardare un’opera italiana o vedere le strade di un’altra nazione. I pappagalli parlano con lei e le scimmie le fanno da corteo. 👍🏻 Nel libro viene raccontata anche la storia del padre di Bella e della Bestia. In particolare la fata narra come si è giunti alla trasformazione della Bestia e come ha risolto. 👍🏻 È una fiaba piena di intrecci, più storie si incrociano tra loro. 👍🏻 Ciò che mi ha colpito di più è la vittoria della riconoscenza sull’amore, proprio questo porterà la felicità là dove era venuta a mancare. 👍🏻 A fine libro c’è anche una seconda versione della fiaba. Simile alla prima ma in versione ridotta. ❓La vostra fiaba preferita? #storiemeravigliose #fiabe #fiabeillustrate #libriclassici https://www.instagram.com/p/Cj4_YPCsiln/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Il festival I Teatri del Mondo approda a Macerata con la rassegna “Il cortile delle storie”
Il festival I Teatri del Mondo approda a Macerata con la rassegna “Il cortile delle storie”. Confermata la sezione dedicata al teatro per l'infanzia all'interno di Buon'Estate 2023, la rassegna di spettacoli che si sta svolgendo presso il cortile di Palazzo Buonaccorsi promossa dal Comune di Macerata con l'Amat e il contributo della Regione Marche e del Ministero della Cultura. Proprio grazie alla sinergia venutasi a creare fra il Comune, con l'assessore alla Cultura Katiuscia Cassetta, l'Amat, con il presidente Piero Celani e il direttore Gilberto Santini, e l'associazione Lagrù, con il direttore artistico del festival I Teatri del Mondo Oberdan Cesanelli, venerdì 7 e sabato 8 luglio, nella splendida location nel cuore del centro storico di Macerata, spazio alla rassegna “Il cortile delle storie. I Teatri del Mondo alla ribalta”, una sorta di prologo del festival internazionale del teatro per ragazzi I Teatri del Mondo di Porto Sant'Elpidio che dal 15 al 22 luglio vivrà la sua 34esima edizione. La kermesse maceratese prevede in totale quattro spettacoli, due al giorno, che prenderanno il via alle 17:45 e alle 21:15. Si parte venerdì 7 luglio con “Le avventure di Sganapino” della compagnia I Burattini di Massimiliano Venturi (Ravenna). Partendo dal patrimonio drammaturgico del teatro dei burattini tradizionale, con riferimenti alla letteratura colta e ai repertori popolari, Massimiliano Venturi porta in scena un programma sempre nuovo e differente di sketch e situazioni, debitamente rivisitate e attualizzate, calando lo spettatore in un’atmosfera senza tempo, con divertimento assicurato per il pubblico di ogni età. Alle 21:15 in scena la compagnia Lagrù Ragazzi con “Storie nell'armadio”. Due attori, spaventati ma curiosi, si avvicinano a uno strano armadio comparso all’improvviso, chiedendosi cosa ci sarà dentro: vecchi costumi teatrali? Polverose parrucche? E cosa si nasconde nell’armadio di ogni bambino? Mostri, streghe, marmocchi dispettosi, draghi, principi, fate? A causa di un lupo alquanto dispettoso, i protagonisti sono costretti ad aiutare le misteriose creature che si nascondono nell’armadio e magicamente prendono vita, in un esilarante carosello di storie vecchie e nuove che tentano di spaventare, ma fanno solo divertire. Occhio al gran finale con un’esaltante battaglia di cuscini tra gli spettatori. Attraverso il racconto di fiabe tradizionali e di storie moderne, lo spettacolo esorcizza la paura e fa tremare ma dalle risate. La giornata di sabato 8 luglio, partirà sempre alle 17:45 con “Pulcinella e il castello misterioso”, un classico del teatro dei burattini messo in scena dalla Compagnia degli Sbuffi di Castellammare di Stabia. Pulcinella Citrullo e il suo inseparabile amico Tore Fasolo raggiungono, dopo un susseguirsi di colpi di scena e una girandola di avvenimenti mozzafiato, il Castello Misterioso dove è stata rinchiusa dal perfido Marchese di Scalezza e dal suo infimo consigliere Ghigo la bella principessa Eloisa, promessa sposa del Principe Lorenzo. Quale spaventoso arcano si cela oltre le mura della dimora del Marchese? In serata, alle 21:15, spazio alla compagnia perugina Tieffeu - Teatro di figura umbro con “Biancaneve”. Un grande libro fa da cornice alla storia, dove gli scenari si aprono a pop up e danno vita alle ambientazioni e alle figure da tavolo. I personaggi della fiaba rivelano la contrapposizione tra i vizi e le virtù: la Regina che si camuffa in perfida strega per riconquistare il primato della bellezza; Biancaneve, pura d'animo ma non abbastanza forte da resistere alla tentazione di gustare una bella mela; il Principe, stanco della vita e dei convenevoli di corte che si innamora delle virtù di Biancaneve. Con loro i nani del bosco che cercano di aiutare e proteggere la protagonista dalle tentazioni che sono sempre in agguato e a portata di mano. I biglietti, al costo di 3 euro, possono essere acquistati presso la Biglietteria dei Teatri (piazza Mazzini, Macerata tel. 0733.230735), online su http://www.vivaticket.it o presso la biglietteria di Palazzo Buonaccorsi (aperta il giorno di spettacolo da un'ora prima dell'inizio). Per informazioni: Biglietteria dei Teatri, Amat (071.2072439).... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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IL CASTELLO DI BARBABLÙ
Se fosse stato Bob Dylan a scrivere “Il Castello di Barbablù” anzichè Béla Bártok su libretto di Béla Bálazs, forse si sarebbe potuto intitolare “I Contain Multitudes” perché , l’opera breve andata in scena sabato scorso al Teatro Coccia in prima nazionale, è una specie di seduta psicanalitica, dove il Principe Barbablù cerca in tutti i modi di convincere Judit della propria malvagità (e alla fine ci riesce). L’opera, scritta nel 1911, non poteva certo essere immune dalle influenze che la psicanalisi avrebbe avuto in quegli anni su arte, musica, letteratura. Credo quindi occorra tenersi lontani dalla tendenza manichea che porta ad identificare Barbablù come un bieco assassino (e nelle letture contemporanee un autore seriale di femminicidi), a vantaggio di una lettura più complessa e ricca. Del resto non dimentichiamo che il canovaccio dell’opera proviene direttamente dalla fiaba di Charles Perrault e sappiamo bene, grazie alla elaborazione di Vladimir Propp, che vale per le fiabe russe, ma certamente anche per molte altre, che la fiaba contiene verità e funzioni psicanalitiche codificate. Conteniamo moltitudini, proprio come canta Bob Dylan in una delle sue più recenti fatiche musicali e Barbablù lo dimostra ampiamente. Solo due i personaggi sulla scena, Barbablù interpretato dal baritono Andrea Mastroni e la di lui moglie, Judit, il soprano Mary Elizabeth William con al centro la sala a pianta circolare del castello misterioso e cupo, ma non meglio identificato né nello spazio, né nel tempo, con le sette porte che una dopo l’altra disvelano alla malcapitata Judit i segreti del principe Barbablù: ogni stanza contiene un passato di nefandezze e di crudeltà, ma anche di meraviglie e di segni del potere. L’ultima porta è però la vera chiave di volta di tutta la vicenda, perché è dietro quella porta che Barbablù tiene nascoste (sepolte?) le altre mogli, adesso ricordate con nostalgia e tristezza dallo stesso principe, ed è proprio seguendo chi l’ha preceduta che anche Judit viene inghiottita da un crudele destino.
Molto brava Mary Elizabeth William e calata nel ruolo di Judit, più algido il basso Andrea Mastroni, regia “dinamica” di Deda Cristina Colonna che ha ben interagito con le scenografie e i costumi del novarese Matteo Capobianco che ha costruito con gusto un ambiente neutro, non connotato stilisticamente nel tempo e nello spazio, e non era affatto scontato riuscirci. Sul podio il giovane direttore Marco Aliprando alla testa di una altrettanto giovane ma attenta orchestra, quella del Teatro Coccia di Novara. Una partitura tutt’altro che semplice, nonostante la stringatezza dell’opera, con molta politonalità e più di un cromatismo. Scritta per un’orchestra dotata di un organico molto più ampio, l’Orchestra del Teatro Coccia si è fatta apprezzare anche per la capacità di adattarsi a questa esigenza di un organico ridotto. Proprio per la complessità della partitura, la direzione del teatro ha ritenuto opportuna una presentazione al pubblico che ha preceduto lo spettacolo. Forse un’iniziativa utile, ma a mio modo di vedere un po’ troppo didattica.
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“Da bambino divoravo gli atlanti”. Fosco Maraini, dalle segrete del Tibet al mignolo mozzato
Siamo un paese di avventurieri – che trovano scrittura nell’avventatezza. Mi è capitato un libro di spudorata bellezza, Afghanistan, ultimo silenzio. Lo firma Riccardo Varvelli per De Donato nel 1966: stile schietto ma con il gusto per il dettaglio, fotografie magnetiche, il viaggio come eccidio del sé, intrusione in una saggezza pietrificata. “È l’enigma dell’alpinismo. Si soffre, si rischia la vita per un risultato di cui, appena acquisito, ci si sente incapaci di gioire”; “Se sapere di vivere è più importante che vivere bisogna ogni tanto fermarsi. Stare con il cuore seduto di fronte a un paese silenzioso per misurare se stessi in rapporto a una realtà sconosciuta. Raccogliere il nan e la luce, la fatica e la neve, il deserto e la folla, ma senza mai perdere il filo. Perché esistere vuol dire tornare”. Perché non si stampano più questi libri, che consentono alla mente – quindi, al corpo – di andare in terre incognite? La letteratura italiana nasce raccontando i viaggi di questo – Marco Polo – e altri – Dante – mondi: perché ci siamo ridotti a narrare la periferia del nostro io?
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Un giorno dovrò filare la storia di Giovanni Battista Cerruti, “l’uomo che era diventato re dei terribili Sakai”, morto nel 1914 “in un piccolo ospedale di Penang, in Malesia, per una banale appendicite… il capitano che nell’illusione di compiere l’impresa risolutiva della propria esistenza aveva solcato mari, esplorato foreste, raccolto esemplari sconosciuti di fauna e flora per i musei, fondato imprese commerciali fallimentari, scoperto miniere”, questa specie di incrocio tra il Kurtz di Conrad e il Fitzcarraldo di Herzog, di cui l’editore Ecig, tre decenni fa, ripropose il leggendario romanzo-reportage, Tra i cacciatori di teste. Ecco: tre quarti di narrativa attuale andrebbe decapitata, in virtù di questi scoordinati, scriteriati, sgrammaticati, straordinari narratori di viaggio.
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Torno in me. Nella stessa collana De Donato in cui è pubblico Varvelli, “All’insegna dell’orizzonte”, ci sono i libri di Ettore Biocca – Yonoama, sugli indios dell’Amazzonia – di Gianni Roghi – I selvaggi – di Folco Quilici – I mille fuochi, Sesto continente. Li ristamperei tutti, sono più utili di un documentario – gli occhi si accontentano di guardare ciò che trasmette la superficie dello schermo, le parole portano nella quarta dimensione dell’immaginare. De Donato – già Leonardo da Vinci – pubblicava i grandi libri di Fosco Maraini. Nel libro che possiedo ne promuovono quattro: G 4. Baltoro Karaorum, Ore giapponesi, Paropàmiso, Segreto Tibet. Nel ‘Meridiano’ Mondadori, Pellegrino in Asia (2007; a cura di Franco Marcoaldi), si riproducono i libri maggiori – Segreto Tibet, Ore giapponesi – e una manciata di “Scritti scelti”; La Nave di Teseo ha ripubblicato, lo scorso anno, Case, amori, universi e Gnosi delle fànfole. Qualche anno fa l’istrione Claudio Cardelli, presidente dell’Associazione Italia-Tibet, passionaccia per i Beatles, amico di Maraini, mi ha concesso l’edizione Dren-Giong, “il primo libro di Fosco Maraini” (il primissimo è la Guida dell’Abetone per lo sciatore del 1934), nell’edizione Corbaccio del 2012, con “i ricordi dei suoi amici”.
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Fosco Maraini unisce diversi talenti: la rapacità linguistica – pari a un Gianni Brera per estro –, l’istinto narrativo, la sapienza da “etnologo poeta”. Si diceva Clituvit, “Cittadino-Luna-Visita-Istruzione-Terra”, era qualcosa tra Indiana Jones e Jack London – in realtà, deve l’amore per l’Asia a due libri particolari: Three Years in Tibet del monaco giapponese Ekai Kawagchi e With Bayonets to Lhasa dell’ufficiale inglese Sir Francis Younghusband. Era un estraneo che incontrava dei diversi, studiandoli con il rigore dello scienziato e la curiosità dello scrittore: questo lo rende, ai miei occhi, più accattivante, più spigliato di Bruce Chatwin, impegnato nella bizantina narrazione del proprio io.
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Un paio di eventi su tutti. Il viaggio come esito del fantasticare. Il viaggio, prima di tutto, lo si custodisce, lo si prepara, lo si ama nella testa, nell’ardore metafisico dell’impossibile. “Ero un adoratore, un divoratore e naturalmente un distruttore di atlanti… Isole, penisole, continenti, laghi, bracci di mare suggerivano coi loro profili personaggi, cose, favole”, ricorda Maraini. Il mondo va divorato immaginando il seguente, incendiando mappe. Il tormento enigmatico di una carta geografica è proprio quello: alla foce di un nome si elevano fiabe, sotto una macchia marrone s’ipotizzano civiltà, lotte, eresie, si vede perfino quel piccolo volto che sporge da un castello sui giunchi.
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Secondo episodio. Fosco Maraini è in Giappone. È nata da poco l’ultima figlia, Antonella. È da poco uscito il primo studio sugli Ainu. La Seconda guerra impedisce allo studioso il ritorno in Italia; dopo l’Otto settembre, l’arresto. “Rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò, Fosco e Topazia, dopo un breve periodo di arresti domiciliari a Kyoto, vengono trasferiti insieme alle figlie nel campo di internamento Tempaku a Nagoya” (Marcoaldi). “Tolte alcune piccolezze, l’inizio parve buono”, attacca Fosco. Le cose procedettero in modo meno buono. Il 18 luglio del 1944, vista la scarsità di cibo, i prigionieri iniziano uno sciopero della fame. Il capo dei poliziotti accusa di tradimento i prigionieri. Fosco – così nel racconto della moglie, Topazia Alliata – “afferra l’accetta (della cucina), si taglia il dito mignolo della mano sinistra, lo raccatta e lo getta al terrorizzato Kasuja gridando… gli italiani non sono dei bugiardi. Tutti fuori di sé: terribile impressione”. Iosif Brodskij direbbe, “La più sicura difesa contro il Male è un individualismo estremo, l’originalità di pensiero, la bizzarria, perfino – se volete – l’eccentricità”. Cioè: sorprendere con una scelta superiore; capire il nemico, essere spietati con ciò che si ha – la presa psichica.
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L’effetto che ti fa leggere Maraini: partire! Segui il primo sfarfallio azzurro all’orizzonte, piglialo per l’Himalaya, parti! Ogni tigre, sembra dire l’infaticabile Fosco, in fondo, giace nella gabbia delle tue costole. Segreto Tibet è il suo libro più sgargiante, forse è uno dei romanzi più belli del Novecento italiano. Qui un cammeo che ritrae Giuseppe Tucci: “Non so perché, Tucci d’un tratto s’è immusonito. Ha l’aria di cercare qualcosa che non trova. Osserva, annota, torna sui suoi passi, ma non parla più… Ormai so che in simili frangenti occorre tacere, possibilmente cancellarsi per un poco dal paesaggio. Ho per compagno un uomo dalla mente eccelsa, ma dal carattere d’infinita complessità, tutto trabocchetti e botole nascoste. Del resto lo ripete sovente lui stesso: ‘Odio gli uomini, amo invece gli animali! Mi piacciono i puniti dal karma, non i premiati! Magari i Budda fanno eccezione… Ma noi li vediamo solo in arte’. Tucci ha in sé qualcosa di notturno, di felino, di tantrico della mano sinistra. Ed è gelosissimo della propria cittadella interiore!”.
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Uno dei libri remoti di Maraini: Gli ultimi pagani (l’ho in edizione Bur 2001). Raccoglie alcuni studi straordinari di Fosco: quello sugli Ainu, gli indigeni giapponesi, di cui racconta lo iyomande, l’uccisione rituale dell’orso; quello sui Cafiri, “gli infedeli, cioè non-cristiani e non-ebrei, in pratica i pagani, i primitivi rimasti ancora fuori dal campo dell’azione missionaria islamica”, tra i picchi di Pakistan e Afghanistan. Maraini sonda le stirpi estirpate, gli ultimi sussulti di culture travolte dal sopruso, dalle avversità della storia, dalla sfortuna; censisce le patrie perdute, gli dèi al tramonto, col cranio mozzo, l’eroismo degli inflessibili – altro che infedeli.
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A una delle sue spedizioni himalayane, sul Saraghrar, cima dell’Hindu Kush, fino ad allora inviolata, è il 1959, Maraini dedica Paropàmiso (1963). La spedizione, coordinata dalla sezione CAI di Roma, conta anche Franco Alletto e Giancarlo Castelli Gattinara. Quest’ultimo, nel 2007, con Marietti, pubblica la sua versione dell’impresa, Viaggio in Himalaya, che nel sottotitolo (“Un agnostico, un comunista, un cattolico discutono durante un’ascensione nelle montagne dell’Hindu Kush”) tradisce lo stile: è una specie di libro ‘platonico’, dove l’ascesa coincide con la disciplina del capire. Maraini, in questo concerto di voci, è l’agnostico; e dice, tra l’altro. “È l’uomo l’eterno soggetto, il centro da cui tutto parte e il nucleo in cui tutto si risolve. L’altro termine è il Mistero, la comoedia della vita e della morte. Le religioni sono la somma dei messaggi che l’uomo legge in questo Mistero… Le religioni servono all’uomo, non viceversa. Il cristianesimo ha percorso il suo arco naturale di secoli, forse è tempo di riporlo, con tutto il rispetto per le grandi cose del passato, in un museo. Quante religioni non ha creato e lasciato lungo la sua strada, l’uomo!”. In montagna per sfracellare le idee di Dio.
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Se nel 1937 Maraini ha il fegato e il sale di proporsi a Tucci, in preparazione per l’ennesimo viaggio verso il Tibet, “come fotografo”; se alla fine della sua vita – nel 2004 – confessa, “ho optato per la Rivelazione Perenne, cioè il regime religioso in cui Dio parla, per chi vuole ascoltarlo, non attraverso messaggi singolari concessi in punti particolari dello spazio e in momenti particolari del tempo (Rivelazione Puntuale), bensì sempre e ovunque, nella natura e nella vita umana intorno a noi”, sarà anche perché nella villa di famiglia a Poggio Imperiale passeggiavano Bernard Berenson e D.H. Lawrence, H.G. Wells e Aldous Huxley (quello della Filosofia Perenne), Ardengo Soffici e Norman Douglas. Certo, Fosco era piccino e scatenato, me certe cose restano, tra le ciglia e sotto le unghie. Tutto, d’altronde, è letteratura, parola che fonda sedie e tavoli. (d.b.)
*In copertina: una fotografia “giapponese” di Fosco Maraini
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per il nostro anno insieme siamo scesi giù a Perugia in un viaggio di due giorni. avevo bisogno di evadere dalla malinconia e macinare chilometri è sempre stata la cura migliore per me. abbiamo dormito in un castello del 1200 e tutto quanto era intorno sembrava uscito fuori come per magia. fa bene credere, anche solo per un pochino, di far parte del mondo delle fiabe. alla sera mentre le ombre scendevano lunghe, ho trovato una perla nel cofanetto bianco legato ad un biglietto. “non tutti sanno che le perle sono come lacrime dell’ostrica. producono bellezza proprio là dove sono state ferite” mi sono commossa pensando alla storia dei vasi rotti in Giappone perché anche lì l’oro viene fatto passare tra le fratture per costruire una nuova, preziosa opera d’arte. tutto quanto si spezza trova poi la forza di rinascere con più slancio. a quel punto mi sono concessa di piangere dopo quanto era stato: il funerale, il vuoto, il sonno perso e le parole sospese. in cambio ho trovato uno sguardo ugualmente umido e delle braccia che non mollano mai la presa quando cado. mi sono sentita parte di una famiglia anche lì, a chilometri di distanza dalla mia in un luogo che non avevo mai visto. il giorno dopo, uscendo dalla fabbrica della Perugina, tenevo stretta tra le dita la frase trovata dentro il cioccolatino al fondente. era di Marco Aurelio e diceva: “qualcuno ha paura del cambiamento? cosa c'è allora di più consono alla natura universale? puó qualsiasi cosa che sia utile essere ottenuta senza cambiamento?”
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