#carta per pastello
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Esecuzione di un piccolo ritratto...
Non amo lavorare troppo in piccolo , ho accettato , visto che per settembre ho lanciato uno sconto su vari formati anche piccoli…Lavorare su un piccolo ritratto a pastelli può essere veramente sfidante per via delle dimensioni ridotte appunto, che richiedono ancora più precisione nei dettagli. Ecco alcune delle difficoltà che ho affrontato. Dettagli limitati: è difficile catturare tutti i…
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LUCƎ di D1S7OP1A: pt. II (con Dario De Pol, ƎᴅᴠⒶᴙᴅ project)
Il tramonto in scala di grigi, voi, non mi crederete, ne ora ne poi
perchè nemmeno io me lo sarei mai aspettato dai miei neuroni (che figata)
l'ho vista e quasi ne percepivo, i colori... quanti colori:
lilla, giallo pastello, verde acido e militare, bianco distopico
azzurro marcio, rosa salmone fluo, viola shock, rosso elettrico
apparsa in un riflesso di luce tra nelle mie dimenticanze
e diventata 'na nuvola nera, questa, nostra, in ciclostilo, stampa mentale
che solo tu potevi trasmetter col pensiero, amante, la mia miseria
pensata seria, su carta forata e oscurata come specchi, di ossidiana,
o gli schermi, spenti, dei nostri telefoni, androide, replicante:
la nostra assurda connessione, nei, nostri assurdi corridoi
(e ne faccio necessità di virtù)
La voglia di tamburellare coi polpastrelli e gli artigli
su qualcosa di matrice, superfice di strato duro ma dal sonor tonfo
per ascoltarne il micro-profondo, come il capitombolo tuo,
resisti, cipiglio terrorizzato, lungo la parete vertiginosa
dello scapicollo della mia ossessione per te.
e lasciartici ruzzolare, è come il lasciare
il proprio cibo preferito nel piatto,
per voglia di alzarsi da tavola
per il sonno e andare a stordire e svenire, in quella sensazione
di cader nel vuoto lasciando che ci inganni il cervello
con immagini random e frasi sconclusionate,
poi scriverci questo, scriverci un pezzo, scrivere un sogno
Rit.
sulle orbite atrofizzate, che graffiano l'interno-palpebra
cavità oculari con iridi del colore impressionate
ormai toccate, apatiche nella riccorrente distopia
Luce di distopìa, nella tua gravità: orbite atrofizzate
come nervi bluacei, d'un blu elettrico, in luce di distopìa
mi fa male non averti fra le mie braccia,
faccio per distrarmi in mille diavolerie che studio
per far passare il tempo come fosse una botta.
un livido che guarisce lento come il mio bacino
che spinge la mia eccitazione dentro le tue pupille,
per rompere la stasi del rimanere incantati tra noi
e spaccarsi in un imprinting impossibile da 'solvere,
poi veloce come il nostro infarto, e quanto ti amo
tanto forte lo respirerò sul tuo viso, canterò un rantolio,
isolandolo dal mio udito, per dar spazio, al tuo dolce, (dolce... dolce. dolcissimo) lamento
orgasmo, che sfocia, in un singhiozzo disumano pianto,
cui ogni lagrima, ogni mia, sintassi intridono, mi rassomiglia
(e ne faccio necessità di virtù)
scivolando lungo, i muri di tutto, ciò che d'esser m'illudo
truce, giù mi ci ammollo, se tra le rughe, delle lenzuola, ti cerco
viepiù, non scriverò, il solito banal iglù, sulla mia perdita di te,
anzi stretta ti terrò, a costo di legarti alla spalliera del letto.
Stai con me, tutta la vita, dillo, dillo di nuovo, ripetilo, ripetilo
ancora, ripeti. che questa frase mi fa impazzire, e lo, sai.
Non rinuncerò a questa mia nuova versione di perfezione,
che è la tua esistenza su sto pianeta, perfetta, non sei, mai,
ma ogni ora, sei, 'na ferita che brucia e scopro idratarsi in diletto,
Di nuovo, ripetilo ancora... ogni giorno, ogni giorno.
(Ogni mese) di ogni vi... (ta) intro, a cui son rassegnato a far storno
crepuscolare assillo, d'una cosa mai iniziata: parte 2, senza parte 1
Rit.
sulle orbite atrofizzate, che graffiano l'interno-palpebra
cavità oculari con iridi del colore impressionate ormai toccate, apatiche nella riccorrente distopia Luce di distopìa, nella tua gravità: orbite atrofizzate come nervi bluacei, d'un blu elettrico, in luce di distopia
2/8/'24
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Pasta sfoglia: non è così difficile farla in casa!
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INGREDIENTI:
Per il pastello di farina:
150 g di farina “0”
25 g di burro morbido
60 g di acqua
10 g di aceto di vino bianco
Per il burro da incasso:
125 g di burro
PROCEDIMENTO:
In una ciotola, o su un piano di lavoro, disponi la farina a fontana e metti al centro il burro morbido, l’acqua e l’aceto;
Amalgama il burro ai liquidi e poi inizia a incorporare la farina pian piano fino a formare un impasto e lavoralo per circa cinque minuti. Poi forma una pallina leggermente schiacciata, avvolgilo nella pellicola e mettilo in frigorifero per almeno una notte;
Tirate fuori dal frigo il burro e fatelo ammorbidire per cinque minuti, poi disegnate un quadrato di 14 cm per lato su un foglio di carta da forno;
Tagliate il burro a pezzi e disponeteli sulla carta da forno nel perimetro del quadrato. Poi ripiegate la carta da forno sul burro e stendete il burro fino a ottenere un quadrato dello spessore di un paio di millimetri. Poi mettete il burro in frigorifero per una notte;
Il giorno dopo riprendete l’impasto di farina e fategli un’incisione a croce, ripiegate poi i lembi verso l’esterno e stendete la pasta per formare un quadrato grande il doppio del panetto di burro (25/28 cm per lato);
Girate il quadrato di pasta per avere davanti a voi un rombo e mettete al centro il quadrato di burro, poi ripiegate gli angoli della pasta per chiudere il burro all’interno;
Stendete il tutto per formare un rettangolo poi giratelo in orizzontale e fate la prima piega da tre: prendete il lato sinistro della pasta e ripiegatelo un po’ oltre la metà del rettangolo, poi prendete l’altro lembo di pasta e ripiegatelo sopra;
Mettete il tutto su un vassoio infarinato, coprite bene con la pellicola e fate riposare per 5 minuti in freezer e per 55 minuti in frigorifero;
Quando l’impasto sarà riposato dovrete fare la piega da 4: stendete l’impasto avendo cura di tenere la parte aperta sul lato destro e formate un rettangolo e giratelo in orizzontale facendo attenzione a tenere il lato dell’apertura verso l’alto. Poi prendete un lembo e piegatelo un po’ oltre la metà e unite l’altro facendoli combaciare perfettamente. Ripiegate poi il tutto chiudendo a libro.
Avvolgete tutto nella pellicola e fate riposare, come prima, in freezer e in frigorifero.
Passato il tempo di riposo ripetete la piega da tre e poi, sempre dopo il riposo, la piega da 4. Fate riposare altre 3 ore e a questo punto potrete utilizzare la sfoglia.
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Marc Camille Chaimowicz
L’opera di Marc Camille Chaimowicz si distingue a prescindere dalla pratica artistica: da oltre cinquant’anni, questo artista coniuga la scultura, la performance, l’installazione, l’architettura, la pittura, il video, la fotografia e il design con le arti della moda, del tessuto e dell’arredamento. A partire dagli anni ’70, si dedica all’allestimento del suo appartamento londinese per farne un’opera in situ. Rivendica allora il privato come spazio di costruzione del sé, rispetto a un ambiente percepito come alienante. Simile a un’oasi sognata, questa dimensione fittizia viene di volta in volta rivelata nelle sue mostre, condivisa con lo spettatore. Paraventi, mobili da toeletta, vasi e console dai toni pastello, il cui repertorio formale evoca frutti, fiori e parti del corpo, rimandano a un tabù sociale, mentre le arti applicate e gli interni domestici sono considerati minori o femminili.
Offuscando i confini tra arte e design, sollevando questioni legate all’identità e al genere, Marc Camille Chaimowicz trasforma l’intimità in uno spazio politico.
Nato dopo la Seconda guerra mondiale da padre polacco e madre francese, Marc Camille Chaimowicz si trasferisce da bambino nel Regno Unito. Studia a Ealing, Camberwell e alla Slade School of Art di Londra. In una nuova epoca artistica che si preoccupa di avvicinare l’arte alla vita spesso mediante le performance, l’esistenza di Marc Camille Chaimowicz si trasforma in una specie di grande laboratorio. L’artista vive infatti negli spazi espositivi, arreda le hall degli alberghi, decorandole con i propri oggetti, in cui serve il tè agli ospiti con tanto di sottofondo musicale. Abbandona la performance allorché questa viene identificata come pratica ufficiale dell’arte, troppo poco sovversiva. Allora, tra il 1975 e il 1979, allestisce il proprio appartamento in Approach Road. Carta da parati, tende e video di sé in azione: tutto è immaginato, disegnato, progettato su misura per trasformare questi interni in un luogo propizio alle fantasticherie. A partire dagli anni ’80, oggetti e mobili prendono posto nei musei all’interno di scenografie quasi teatrali. Da allora, le centinaia di mostre su questo artista internazionale organizzate a Londra, New York e Basilea ‒ solo per citarne alcune ‒ propongono una successione di interni.
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La sua storia è quella che rivela con meno facilità e spiega, forse, perché lavora nelle rifrazioni. È nato nella Parigi del dopoguerra, da padre polacco e madre francese. Non hanno mai parlato della guerra. “Non ne parliamo. Non l'abbiamo mai fatto", dice, come se i suoi genitori fossero vivi e tutte le regole familiari fossero ancora in vigore. Suo padre, che aveva una laurea in matematica, ottenne un lavoro all'Institut Curie di Parigi e in seguito fu coinvolto nella prima elettronica. Quando Chaimowicz, che ha due sorelle più giovani, aveva circa 8 anni, la famiglia si trasferì nel Regno Unito. "Vedi, i miei genitori erano molto ingenui", spiega con il suo sorriso astulo. “Avevo sentito che il sistema educativo inglese era molto buono. Non avevano sentito parlare del sistema di classe”.
Chaimowicz, che non parlava inglese, arrivò nel dopoguerra quando il sistema educativo britannico a due livelli lasciò gli alunni meno accademici al freddo. Armato, a 16 anni, con pochissime qualifiche, andò all'Ealing Art College, poi alla bohémien Camberwell School of Art, e fece una laurea post-laurea in pittura alla famosa Slade School of Fine Art. Quando arrivò, aveva bruciato tutti i suoi dipinti. Rispettava teorici e artisti concettuali come Victor Burgin e Gustav Metzger, ma non riusciva a identificarsi con nessuno di loro. Simpatico per le correnti emergenti nel femminismo, ha trovato quel mondo dell'arte intellettuale molto maschile. "La mia mente era attratta dall'ideologia di sinistra", ricorda. "Ma la pratica di sinistra ha prodotto un'arte che non potevo godere. Mancava di piacere, colore e sensualità. Tutte le cose che contano per me”. A Slade, la premessa classica che devi soffrire per la tua arte era pervasiva, ma Chaimowicz non ne aveva niente. “Le persone che stavo guardando non sembravano aver sofferto fino a quel punto. Fragonard sembrava divertirsi. Ho pensato: voglio essere come Fragonard!” Dopo la laurea, Chaimowicz è stato premiato con uno spazio studio a East London da Acme, un programma senza scopo di lucro che collabora con le scuole d'arte di Londra per concedere agli artisti in erba un posto sovvenzionato per creare, e si è offerto volontario in uno studio di design di tessuti a Lione. Man mano che il suo interesse per le arti applicate si evolveva, è emerso anche il suo senso del lavoro come evoluzione della sua vita. Bonnard e Vuillard erano una luce guida. “È stato un periodo molto ricco in termini di pratica. Penserei: voglio un po' di carta da parati, ma non c'è niente che mi piaccia e non posso davvero permettermelo comunque. Forse potrei fare la mia carta da parati”, dice. “Stavo dando la priorità al mio stile di vita, nella misura in cui c'erano lamentele su di me alla sede centrale. Altri artisti stavano camminando lungo la strada vedendomi al piano terra del mio studio con tende floreali, bevendo il tè con gli amici e socializzando, e dicevano: 'Questo ragazzo non sta lavorando! È fraudolento, sta sprecando spazio prezioso!' ” Da quella stessa trasgressione, Chaimowicz ha costruito una carriera.
(via Close Watch | Frieze) + Via + Via
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L'induzione ipnotica con il “contrasto dei colori”
Il metodo del “contrasto dei colori”, ideato da B. Stokvis, permette di percepire il manifestarsi delle prime fasi della “trance” ipnotica. Nell’immagine, in formato elettronico, ma può essere stampata anche su carta, sono riportate delle figure geometriche in diversi colori pastello: il grigio (per lo sfondo), il celeste e il giallo (per i due rettangoli). L’immagine…
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Don't Worry Darling, la caduta del velo di Maya
ALERT: QUESTO POST POTREBBE CONTENERE SPOILER!
Vi ricordate di Olivia Wilde, quella deliziosa attrice che ha interpretato sia film di fantascienza blockbuster (vedi alla voce: Tron: Legacy) che piccoli film "d'autore" (Her di Spike Jonze) con la medesima credibilità?
Ci siete? Beh, sappiate che la ragazza è ormai cresciuta e tre anni fa ha fatto il suo esordio come regista. Il suo primo film si chiama La rivincita delle sfigate e ammetto di non averlo ancora visto. Il suo secondo e ultimo film (finora) è Don't Worry Darling.
Una pellicola originale e succulenta, dal retrogusto spiccatamente femminista, che rievoca grandi film come The Truman Show e grandi storie come Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood. Il perché vi verrà spiegato presto.
La storia va in scena nella communità fittizia di Victory, una florida cittadina circondata da un arido deserto che solo gli uomini a bordo delle loro Cadillac in colori pastello possono valicare.
DON'T WORRY DARLING: ALICE E LE ALTRE
Partiamo dalla protagonista assoluta della nostra storia: Florence Pugh, un'ottima attrice inglese che ha la capacità unica di essere sia luminosissima che oscura (guardate Lady Macbeth e Midsommar per capire cosa intendo).
Non poteva esserci scelta migliore per il personaggio di Alice: una biondina dal nasino all'insù che passa le sue giornate tra faccende casalinghe, shopping, chiacchere con le amiche, e drink a bordo piscina.
Al marito Jack, invece, è dedicata tutta la seconda parte della giornata: dalla preparazione di deliziosi arrosti di carne al sesso post cena, a volte ricevuto dal maritino sempre voglioso.
La vita perfetta. Ma scopriremo presto che anche la perfezione ha le sue crepe.
Come lei, anche le altre donne che animano questo racconto cinematografico: Bunny, Shelley, Violet e tutte le altre.
Una comunità di casalinghe perfette che sembrano più massaie anni Cinquanta che donne del nostro millennio.
Evidentemente oppresse dal patriarcato, che ne controlla gli spostamenti (ricordiamo che a Victory le donne non possono attraversare il deserto) e le occupazioni. Sulla carta le residenti nella cittadina sono libere di godere del proprio tempo libero, ma la libertà, a volte, è solo prigionia narrata con astuzia.
Chi si oppone alla visione viene fatta passare per pazza o psichicamente fragile, come accadrà a Margaret, una vicina di Alice.
IL MONDO MASCHILE COME CLUB ESCLUSIVO
Dall'altra parte ci sono loro: gli Uomini. Gli unici a poter valicare il deserto e a lavorare. Anche se sulle loro mansioni vige un estremo riserbo: si fa riferimento a un vaghissimo "sviluppo di materiali innovativi". Che siano armi o altro, non è dato saperlo né alle loro donne né agli spettatori.
L'ignoranza è potere, si sa: questo determina un primo vantaggio degli uomini di Victory sulle donne. Certamente, è facile esercitare la propria influenza su cagnolini che hanno i soli compiti di farsi belle e di mettere in tavola una cena prelibata.
Victory è un mondo fittizio pensato solo ed esclusivamente per loro. Ma questo lo scopriremo solo più avanti.
UN MONDO DI FINZIONE
A Victory, tutto è finto: persino le uova, che sono gusci vuoti privi di un ripieno. Lo si capisce fin dall'undicesimo minuto del film.
E sarà Alice a sollevare il velo di Maya. Fino alle estreme conseguenze.
I DIFETTI
Se c'è un difetto che si può trovare, in questo film al mio avviso piuttosto ispirato e curato, anche sul piano simbolico, è il mancato approfondimento di alcuni personaggi interessanti, come Bunny.
Il finale, né consolatorio né risolutivo, invece, funziona alla perfezione.
#don't worry darling#olivia wilde#florence pugh#cinema#cinema americano#film usciti nel 2022#recensioni#femminismo
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Amoreamaro. La raccolta di Piero Meli sull’amore. Coppie di innamorati - o che almeno lo sono stati nel tempo - i personaggi di Amoreamaro, il libro di Piero Meli. L’amore è l’argomento principale su cui si posano i pilastri della raccolta. Amore vissuto, amore consumato, amore ammuffito dal tempo, amore non corrisposto, amore mai dichiarato. Sono molte le facce raccontate da P. Meli, ognuna fra le quali presenta una storia sensazionale in cui lettori/lettrici di ogni età non faranno fatica nel rivedersi in quei ruoli. Il testo di Meli è una raccolta di racconti sentimentali, che tuttavia non cadono nel genere rosa; al contrario, mostrano la vera faccia dell’amore contemporaneo. Un amore 2.0 in cui vengono ripercorse le relazioni moderne e la precarietà in cui esse sono costrette a vivere. L’autore tira le somme ad un vero e proprio resoconto di vita, i personaggi da lui descritti accompagnano il lettore/lettrice in un mondo “in movimento”, in cui l’amore è in scena o sta per essere interrotto. All’interno del testo si troveranno amori negati, amori interrotti, amori lasciati scorrere nel tempo ma svuotati della loro enfasi. Verso la metà del testo, invece, il lettore si imbatterà nell’immediatezza dei social, nella rapidità con cui si comunica un no e un sì, fino a giungere ai sentimenti cosiddetti “liquidi”, già preannunciati dal grande sociologo Zygmunt Bauman (1925-2017). Lo stile di Meli ben si rifà a quello di Charles Bukowski (1920-1994): immediato, diretto, ma soprattutto con una dialettica tale da toccare argomenti ad alto contenuto sensibile in maniera leggera. Un approccio, quello di Meli, che esalta i sentimenti e che, nello stesso tempo, sottolinea la nostalgia emozionale, senza dimenticare la giusta dose d’ironia. Il libro di Meli potrebbe essere definito “tridimensionale”, poiché ogni storia sembra abbandonare la carta stampata, per lasciare fluire profumi, colori, forme. Un testo in grado di accompagnare i suoi lettori soprattutto nella città di Bari, pregna delle sue bellezze. Una forte suggestione giunge ai lettori, con descrizioni sensoriali di luci ed ombre. È Bari la protagonista indiscussa, con le fresche note di fiori d’arancio, gli squarci dell’alba e la brezza marina, elementi pronti a condire le fattezze e gli eventi che Meli magistralmente crea di volta in volta. Ogni racconto assume le sembianze di un quadro perfetto, dove sullo sfondo l’azzurro tinge a colori pastello ogni coppia di sfortunati amanti. Di grande impatto le citazioni autoprodotte, che Meli fa dire a “Il tizio dell’alba”. Egli, capitolo dopo capitolo, precede gli eventi, regalando un aforisma in grado di anticipare i sentimenti che di lì a poco si dispiegheranno. L’amore raccontato da P. Meli è sensuale, vorace, talvolta incapace di riprendersi dalla mareggiata della vita. Un libro che fonde il rosa con i toni crudi della realtà, dove, presto o tardi, è opportuno fare a pugni con l’imprevedibilità delle cose. Amoreamaro di Piero Meli, pubblicato da Secop Edizioni - genere: narrativa; pp. 144 - è disponibile in libreria e online da dicembre 2023 (seconda edizione)
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Parliamo di carta...
Anni fa acquistai della carta fatta a mano, durante un palio medioevale, dove si riproponevano gli antichi lavori, fu interessante vederne il processo, quei fogli li misi da parte….per me molto preziosi… Non mi ritenevo ancora in grado di utilizzarli al meglio, “li ho dimenticati” e mi sono focalizzata sull’uso del pastello e dell’olio. Decido di riprendere in mano gli Acquerelli, e…
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Pochi giorni fa mi sono imbattuta in questo splendido libro. Dato che di indole sono un po' fifona :) comprendo appieno i bimbi che hanno paura del buio; anch'io da piccola avevo grande difficoltà ad addormentarmi, infatti mia madre mi lasciava sempre un lumino accesso per fare in modo che mi addormentassi con serenità. Sinceramente ancora oggi non ho capito a cosa fosse dovuta questa mia paura. Sono tanti i bambini che hanno paura del buio, della notte e difficilmente sanno ricondurre questa paura ad una cosa sola. Paura dei mostri, di oggetti misteriosi che prendono vita, paura che mamma e papà ci abbandonino ecc. queste possono essere alcune delle cause delle paure dei bambini, ma come far passare questa paura? Questo libro può sicuramente aiutare ogni bambino a cercare di superare le proprie paure. "Via buio, togliti!", edito nel 2016, è la storia di Oscar un piccolo coniglietto a cui la notte non piace; la famiglia di Oscar ha appena finito di cenare e Oscar si accorge che fuori dalla finestra è scesa l'oscurità, così Oscar si mette ad urlare che vuole giocare, mangiare, fare il girotondo, saltare la corda, andare ai giardini e ascoltare le storie, tutto pur di non andare a dormire. La mamma gli fa notare che è tardi, è arrivata l'ora di andare a nanna, ma Oscar non ne vuole sapere: "Via buio, togliti!..." La mamma, sfinita dalla giornata, dice a Oscar che addormentarsi è facile, basta chiudere gli occhi, ma questo non serve perché Oscar comincia a giocare, si mette le mani sugli occhi e... "Apro, chiudo. Apro, chiudo. Apro, chiudo la notte fuori dalla finestra". La mamma di Oscar perde la pazienza così Oscar si mette a piangere e dice alla mamma che ha paura del buio, sentendo queste parole la mamma si siede sul letto vicino a Oscar, intanto papà prepara una camomilla calda. Oscar è veramente spaventato, la mamma cerca di tranquillizzarlo dicendogli che la notte non si può togliere, però nella notte si possono costruire capanne, contare le pecore, si può ascoltare il rumore delle automobili che passano in strada, si possono inventare le storie e si possono scoprire tutti i colori che ci sono nel nero, il nero infatti è fatto di mille sfumature, come lo è la notte; la mamma spegne la luce e Oscar comincia ad osservare il nero, così si addormenta ed inizia a sognare. Questo libro mi ha colpito molto, in primis per le illustrazioni molto semplici ma di grande effetto, sia la carta utilizzata, sia la tecnica rendono bene ed esaltano i disegni. L'altra cosa, a parer mio, interessante è la presenza del padre di Oscar, il quale non pronuncia una parola ma è sempre presente, pronto ad intervenire a supporto della madre. Sia la mamma, sia il papà di Oscar sono molto comprensivi nei suoi confronti, rispettano le sue emozioni, Oscar sa che mamma e papà ci sono e gli sono vicino. Penso che questo sia l'approccio educativo giusto, essere presenti senza cedere a soluzioni alternative, infatti Oscar si addormenta tranquillamente nel suo lettino. Lo consiglio per una lettura serale, le illustrazioni trasmettono calma attraverso l'uso di colori pastello. Consigliato per bambini d'età 2/3 anni. Buona lettura e buona notte :) Per acquistare Via buio, togliti! clicca qui.
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CLIENTE: quanto costa quest' oggetto? ARTISTA: partiamo da €40 CLIENTE: cosa?? è troppo caro!!! ARTISTA: quale pensi sarebbe il prezzo giusto? CLIENTE: non più di €10 ARTISTA: Mi dispiace ma non rientrerei nelle spese per così poco! CLIENTE: voi artisti fate prezzi troppo alti! ARTISTA: mi dispiace che la vedi così, perché non provi a farlo tu? CLIENTE: ma io non l'ho mai fatto! ARTISTA: per 100€ posso insegnarti a farlo e in più avrai le conoscenze per rifarlo. CLIENTE: affare fatto! ARTISTA: per iniziare avrai bisogno di vari libri, dal quale imparare varie tecniche, e materiale di consumo. CLIENTE: ma io non ho tutto questo... ARTISTA: per €120 puoi comprare i libri base che ti servono e il necessario per partire. CLIENTE: sono molti soldi ma va bene.. farò l'acquisto. ARTISTA: ok, allora ci vediamo venerdi alle 8 di sera! CLIENTE: alle 8 di sera?? è troppo tardi per me! e poi il venerdì sera vado a cena con la mia famiglia, ma va bene sacrificherò il tempo. ARTISTA: si, anche io, allora porta libri, carta, matite, grafite, gessetti, gomma, matite pastello, carboncino, sanguigna... CLIENTE: ma io non ho tutte queste cose! ARTISTA: per 50€ puoi comprarle. CLIENTE : ma così non mi rimane niente!!! CLIENTE: ummm... sai, ho pensato che forse è meglio se lo fai tu...preferisco pagare te piuttosto che fare tutti questi sforzi! QUESTA È LA REALTA Quando scegli un artista non paghi solo il lavoro, ma anche: conoscenza attrezzi esperienza mano d'opera tempo professionalità eccetera eccetera eccetera …supporta gli artisti, chiunque essi siano COPIA E INCOLLA... DIAMO VOCE ALL' ARTE! ❤️ C’è tanto dietro ad una realizzazione... il TEMPO è prezioso per tutti e niente lo ripaga, soprattutto il denaro! https://www.instagram.com/p/Cn-S-5CobsK/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Carino questo "carta da zucchero"! 😂
Hai scelto un celestino per niente disturbante. Anzi, adesso addirittura rilassa. Ho appena chiuso un libro e come mio solito do uno sguardo al cellulare, curiosando sono tornata e un grazie per il gesto (e la gentilezza) mi pare di dovere. Data l'ora e la lettura ultimata ho la vista un pochino stanca, buttare un occhio sulle bacheche altrui però ora sarà più facile. 😂
Come mai hai scelto proprio questo colore? Secondo me hai digitato qualcosa tipo "colori rilassanti alla vista" perché, da quel che so e ricordo, il blu, il marrone e le loro tonalità pastello sono quelle più rilassanti per la mente. C'è una teoria dei colori sorprendente. Conosci la cromoterapia?
Non per caso il rosso era fastidioso perché non solo era bello accesso e faceva a pugni con i miei occhi, ma il rosso la mia mente credo lo associ automaticamente all'agitazione, all'ansia, ai divieti, agli errori e a tante altre cose su questa linea... anche se in realtà può essere tutt'altro: energia, eccentricità, rabbia, aggressività, competitività, ecc...
Secondo te come mai tu inizialmente hai scelto quello? Hai scritto di averlo associato ad un periodo se non ricordo male.
Perdona la poca celerità nel rispondere. Innanzitutto devo dirti che trovo il tuo modo di scrivere vagamente familiare e che se ne hai voglia mi piacerebbe poter scambiare due chiacchiere.
Detto ciò sono ben lieto che ora i tuoi momenti trascorsi qui siano più rilassanti e che i tuoi occhi non siano messi più a dura prova.
Comunque no, non è stata fatta nessuna ricerca specifica per l'occasione. Ci sono stati studi pregressi non inerenti a questo che mi hanno dato la possibilità di conoscere quale sensazione generava ogni tonalità.
Avevo scelto il rosso perché era un colore particolarmente vivido e carico come me nel periodo in cui ho messo su il blog, che teoricamente dovrebbe darti sensazioni abbastanza forti ma consapevole che alla lunga potrebbe stancare. Quindi stringendo è stato scelto quel colore per disincentivare chi non fosse interessato realmente a la visione di ciò che pubblico.
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...i velieri fatti con i gusci di noce, carta colorata per le vele, stuzzicadenti per albero maestro, il mare disegnato sul foglio con un pastello a cera azzurro, e per qualche minuto sono di nuovo un bambino...
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Nuovo post su https://is.gd/ce8lDz
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina,
Giorgio Cretì
Poppiti (Il Rosone, 1996) è un romanzo moderno che ha sapore d’antico.
Ne è autore Giorgio Cretì (1933-2003), scrittore salentino, nato a Ortelle, in provincia di Lecce, ma trasferitosi presto a Pavia. Autore di vari racconti pubblicati su “Il Rosone”, la rivista dei pugliesi di Milano, e su altri periodici, Cretì, membro dell’Associazione Stampa Agroalimentare, ha dedicato i propri interessi di studio prevalentemente al settore della gastronomia e della cucina, dando alle stampe pregevoli testi come: Erbe e malerbe in cucina (Sipiel, 1987), il Glossario dei termini gastronomici, compresi i vocaboli dialettali, stranieri e gergali, annesso al volume I grandi menu della tradizione gastronomica italiana (Idea Libri, 1998), Il Peperoncino (Idea Libri, 1999), La Cucina del Sud (Capone Editore, 2000), A tavola con don Camillo e Peppone (Idea Libri, 2000), La Cucina del Salento (Capone, 2002), ed altri.
Il romanzo narra una storia d’amore che si volge nella campagna salentina, a Masseria Capriglia, fra Santa Cesarea Terme e Vignacastrisi, dove vivono i protagonisti del racconto, Poppiti appunto (o, nelle varianti Ppoppiti, con rafforzamento della lettera iniziale, o ancora Ppoppeti).
Varie le etimologie di questo termine gergale, ma la più accreditata è quella che lo fa risalire al latino post oppidum, ossia “fuori dalle mura del borgo”, ad indicare nell’antica Roma coloro che abitavano fuori dalle mura fortificate della città, dunque i contadini.
Questo termine è passato ad indicare la gente del Salento e in particolare dell’area più meridionale, ovvero di un territorio caratterizzato fino a cinquant’anni da un paesaggio prevalentemente agricolo e dominato dalla civiltà contadina.
ph Giorgio Cretì
La storia si svolge all’inizio del secolo Novecento e gli umili contadini del racconto sono Ia e Pasquale, il quale è chiamato alla guerra di Libia del 1911 ed è così costretto a lasciare soli la moglie ed il bimbo appena nato. L’assenza di Pasquale si protrae a lungo perché in guerra egli viene fatto prigioniero. Quando ritorna nel Salento, con grandi progetti per la sua famiglia, Pasquale non trova però la situazione ideale che aveva immaginato ma anzi incombe sulla Masseria Capriglia una grave tragedia.
Del romanzo è stato tratto un adattamento teatrale dalla compagnia “Ora in scena”, per i testi della scrittrice Raffaella Verdesca e la regia dello studioso Paolo Rausa. La rappresentazione teatrale è stata portata in vari teatri e contesti culturali a partire dal 2013 con un discreto apprezzamento di critica e di pubblico. In particolare, fra il maggio ed il giugno del 2014, ad Ortelle, città natale dello scrittore, nell’ambito della manifestazione “Omaggio a Giorgio Cretì”, venne allestita in Piazza San Giorgio, la mostra di pittura Ortelle. Paesaggi Personaggi … con gli occhi (e il cuore) di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello, presso Palazzo Rizzelli. Ortelle commemorava così un suo figlio illustre, con una serie di incontri e conferenze e con la messa in scena dello spettacolo teatrale, a cura di Raffaella Verdesca e Paolo Rausa. Le parole del romanzo di un cultore di storia patria si intrecciavano ai colori e alle immagini di due artisti del pennello, anch’essi ortellesi. La mostra pittorica di Casciaro e Chiarello ha portato alla pubblicazione di un catalogo dallo stesso titolo della mostra, con doppia speculare copertina, realizzato con il patrocinio del Comune di Ortelle, dell’Università del Salento, del CUIS e della Fondazione Terra D’Otranto.
Sulla copertina, in una banda marrone nella parte superiore, si trova scritto: “Per un antico (pòppitu) eroe. Omaggio a Giorgio Cretì”. Nella parte centrale, la foto di un bellissimo antico portale del centro storico di Ortelle. All’interno del volumetto, Casciaro e Chiarello si dividono equamente gli spazi: da un lato le opere dell’uno e dal lato opposto quelle dell’altro, realizzando una sorta di residenza artistica o casa dell’arte su carta. Il catalogo è introdotto da una bellissima poesia di Agostino Casciaro, dedicata proprio ad Ortelle e da una Presentazione della critica d’arte Marina Pizzarelli.
uno dei dipinti di Carlo Casciaro
Quindi troviamo i volti di Carlo Casciaro, fra i quali il primo è proprio quello dello Pòppitu Cretì, in un acrilico su tela del 2014; poi quello di Agostino Casciaro, tecnica mista 2014, e quello del pittore Giuseppe Casciaro (1861-1941), ch’è forse la maggior gloria ortellese, pittore di scuola napoletana, del quale Carlo è pronipote. Inoltre, l’opera Ortelle, acrilico su tela 2012, con una citazione di Franco Arminio; Capriglia, acrilico su tela 2014, con una citazione dal romanzo di Cretì; Largo Casciaro, acrilico su tela 2013, e infine una scheda biografica di Carlo Casciaro. Di Carlo ho già avuto modo di scrivere che dalla fotografia alla pittura, egli comunica attraverso la sua arte totale. (Paolo Vincenti, L’arte di Carlo Casciaro in “Il Galatino”, 14 giugno 2013).
Laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha vissuto a lungo a Milano prima di ritornare nel borgo avito e qui ripiantare radici. L’oggetto privilegiato della sua pittura è il paesaggio salentino. Il suo è un naturalismo che richiama quello dei più grandi maestri, come Vincenzo Ciardo. È un paesaggismo delicato, fuori dal convenzionale, dal naif. Nelle sue tele, dai vivaci colori, in cui vengono quasi sezionati i reticolati urbani dei nostri paesini, più spesso le aree della socialità come le piazze, gli slarghi, le corti, si ammirano animali quali pecore, buoi, galline, gazze, convivere in perfetta armonia con oggetti e persone, in un’epoca ormai lontana, fatta di ristrettezze e di fatica, quella della civiltà contadina del passato. Il segno colore di Casciaro dà ai suoi paesaggi un’immagine di gioia temperata, di una serenità appena percepita, cioè non un idillio a tutto tondo, tanto che il cielo incombente sulle scene di vita quotidiana sembra minaccioso e il sole non si mostra quasi mai.
Nel microcosmo di una piccola e fresca cantina nella quale ha ricavato il suo studio, oggi Carlo fotografa vecchi e vecchine, parenti, amici, personaggi schietti e spontanei di quella galleria di tipi umani che offre la sua comunità, li immortala nei suoi ritratti a matita e pastello e li appende con le mollette a dei fili stesi nella cantina a suggellare arte e vita, sogno e contingenza. Una delle sue ultime realizzazioni infatti è Volti della Puteca Disegni-Foto-Eventi, Minervino Ortelle Lecce 2016 (Zages Poggiardo, 2017).
Mutando verso del catalogo, si ripetono la poesia di Agostino Casciaro e la Presentazione di Pizzarelli, e poi troviamo le opere di Antonio Chiarello. Fra i versi di Antonio Verri e Vittorio Bodini, sette acquerelli con una piantina turistica di Ortelle, cartoline e vedute panoramiche della città di San Vito e di Santa Marina e una Vecchia porta + vetrofania, L’uscio dell’orto (…e lucean le stelle), tecnica mista del 2011. Quindi, la scheda biografica di Antonio Chiarello. Anche di Antonio, fra le altre cose, ebbi a scrivere che egli, laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, utilizza, per le sue Pittoriche visioni del Salento, le tecniche più svariate con una certa predilezione per l’acquerello. (Paolo Vincenti, Da Sant’Antonio ad Antonio Chiarello in “Il Paese Nuovo”, 18 giugno 2011).
Nel 2005 Chiarello ha realizzato per la prima volta la mostra devozionale “San’Antonio giglio giocondo…”, con “tredici carte devozionali” dedicate al suo santo onomastico ed ha portato questo progetto- ex voto in giro per la provincia di Lecce in tutti i paesi dove vi sia il protettorato o almeno una devozione per il santo. Visceralmente legato alla patria salentina, Chiarello ne ha dipinto le grotte, i millenari monumenti, gli alberi, i suoi borghi incantati, le bellezze di Castro e di Porto Badisco, di Santa Cesarea e di Otranto, di Muro Leccese, di Poggiardo e di tutta la costa adriatica leucadense.
Autore anche di svariate realizzazioni grafiche e di manifesti, nella sua avventura umana ed artistica, ha interagito con amici quali Antonio Verri, Pasquale Pitardi, Donato Valli, Antonio Errico, Fernando Bevilacqua, Rina Durante. All’epopea degli ppoppiti, Chiarello e Casciaro confessano di sentirsi intimamente vicini per cultura, formazione e scelta sentimentale.
Ecco allora, nell’ideale ricerca di un’identità salentina, la pittura dei due artisti poppiti salentini intrecciarsi, in fertile connubio, con la scrittura di uno poppitu di ritorno quale Giorgio Cretì.
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina, in Identità Salentina 2020, Salento Quale identità quale futuro? Contributi e testimonianze per la cultura e il governo del territorio, Italia Nostra sezione Sud Salento, a cura di Marcello Seclì, Collepasso, Tip. Aluisi, 2021
Su Giorgio Cretì vedi:
Giorgio Cretì – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
L’omaggio di Ortelle a Giorgio Cretì con la presentazione del volume antologico delle opere – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
Giorgio Cretì come uno sciamano – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
Storia di guerra e passione nel Salento rurale – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
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Hovia presenta la prima carta da parati a realtà aumentata
Si chiama Boogie, la prima carta da parati a realtà aumentata di Hovia. Attraverso vari personaggi e le loro abili mosse di danza, il design combina le ultime tendenze décor con la tecnologia, dando così vita ad un prodotto interattivo e giocoso.
Come nasce la carta da parati in realtà aumentata?
Per realizzare Boogie, Hovia ha utilizzato la tecnica di animazione del rotoscopio, visualizzata tramite un effetto Instagram su misura costruita in Meta Spark . Il rotoscopio è il processo di suddivisione dei filmati video in singoli fotogrammi, che vengono proiettati e ricalcati, generando così un'animazione realistica. La sequenza di animazione completa ha richiesto 5 settimane e consisteva in 645 disegni individuali . La designer di Boogie, Jessica, ha studiato Illustrazione e Animazione all'università e adora unire la tecnologia all'interior design. “Aiutare le persone a creare spazi che portino la loro gioia è la missione di Hovia e, per noi, Boogie è l'inizio di qualcosa di incredibile. Vorrei creare carte da parati per bambini con un elemento interattivo, e la realtà aumentata si presta perfettamente a questo tipo di prodotto: mi piace l'idea di un rivestimento murale che, grazie ad un iPad, prende vita davanti ad un bimbo.” Jessica Lee, Creative Designer di Hovia
Realtà aumentata e interior design
Secondo WGSN , il mercato della realtà estesa, che comprende la realtà virtuale, la realtà aumentata e la realtà mista, è in piena espansione. Valeva quasi 28 miliardi di dolla ri nel 2021 e si stima che genererà più di 250 miliardi di dollari entro il 2028. La realtà aumentata è diventata un pilastro dell'interior design e non solo, consentendo ai designer e agli architetti di comunicare attraverso esperienze immersive. Ne è un esempio la nuova linea di Hugo Boss, Techtopia, presentata alla Settimana della Moda di Milano: uno sguardo agli uffici del futuro. Hovia studia come la tecnologia può offrire nuove opportunità per l'arredamento residenziale, ecco allora che nasce Boogie, la prima carta da parati a realtà aumentata
Come funziona la carta da parati a realtà aumentata Boogie
Se ti stai chiedendo come funziona, ecco di seguito le istruzioni che ti permetteranno di vedere i personaggi ballare! - Utilizza il tuo telefono o tablet per visitare l' account Instagram di Hovia - Vai a tutta la scheda Effetti (✨) - Apri "Boogie effect" e clicca " Prova " - Inquadra la carta da parati Boogie (o il campione) - Balla con Boogie! Il disegno è disponibile in tre colorazioni: in bianco e nero , in colori vivaci o pastello , esclusivamente su Hovia.com . Read the full article
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